RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
218 - Testo della trasmissione di giovedì 5 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
La storia della Grande Guerra nei racconti
diretti dei testimoni: intervista con Pietro Scoppola
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq: morti per un’autobomba
a sud di Baghdad, per aspri combattimenti a Najaf e per un attacco nel nord del
Paese
Sono almeno 42 le vittime dei violenti scontri nello Yemen, tra le forze
armate locali e i seguaci di un leader estremista islamico.
L’agenzia
delle Nazioni Unite per i rifugiati ha sospeso le attività nel sud est
dell'Afghanistan, in seguito all'uccisione di due suoi operatori: ai nostri
microfoni la portavoce dell’organismo ONU, Laura Boldrini
5 agosto 2004
I GIOVANI VALORIZZINO LE RADICI CRISTIANE DEL VECCHIO CONTINENTE:
SULL’APPELLO DEL PAPA IERI
ALL’UDIENZA GENERALE, LA RIFLESSIONE
DI MONS. ALDO GIORDANO, SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO
DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI D’EUROPA
- A cura di Alessandro
Gisotti -
“Europa sii te stessa”. All’udienza generale di ieri, Giovanni Paolo II
ha rinnovato, ancora una volta, l’appello ai cittadini europei, finalmente
riuniti sotto un’unica bandiera, a non dimenticare le proprie radici, radici
cristiane. Il Papa si è rivolto, in particolare, ai ragazzi del Vecchio
Continente in cammino verso Santiago de Compostela, significativa cornice, in
questi giorni, del Pellegrinaggio europeo dei giovani, incentrato sul tema: “Testimoni
di Cristo per un’Europa della speranza”. Sull’esortazione del Papa ai
giovani europei, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Aldo
Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa, raggiunto telefonicamente a Lourdes:
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R. –
Viaggiando per l’Europa mi accorgo che i giovani sono meno condizionati dalle
ideologie. Questo può renderli anche più disorientati ma, dall’altra parte,
dona loro una nuova libertà. Hanno un cuore aperto alla dimensione spirituale.
Tante volte ci mostrano che non si accontentano di una vita che non sia anche
uno spazio di senso. E’ interessante, allora, guardare questa nuova generazione
e sentire la responsabilità che, come adulti, come Chiesa, abbiamo verso di
loro. Andare a Santiago, naturalmente, significa ripercorrere delle orme che
già altri hanno percorso, andare a capire che questo cammino guarda al futuro
dell’Europa.
D. –
Proprio a Santiago de Compostela, nel 1982, il Papa pronunciò un memorabile discorso
esortando l’Europa a riunirsi in nome della sua identità cristiana. Parlava di
un Continente diviso dalla Cortina di Ferro, furono davvero parole profetiche
…
R. – Sì. Io mi convinco sempre di più che il Papa è
veramente il profeta di questa nostra Europa nuova. Con il 1° maggio abbiamo
vissuto, in qualche maniera, un concretizzarsi di queste parole del Papa perché
è finita un’Europa divisa ideologicamente da un muro. Adesso, però, questa
nuova Europa va costruita. Allora capisco come il Papa ritorni insistentemente
su questo e dica: “L’Europa si poggia su una visione, su un’idea, si poggia su
un’anima, ha una luce e allora l’Europa saprà dove andare”.
D. –
Mons. Giordano, lei si trova a Lourdes dove Giovanni Paolo II si recherà in
pellegrinaggio fra pochi giorni. Il Papa ha messo più volte in luce proprio
l’importanza dei santuari, memoria viva di ciò che siamo e di un’Europa che è
cristiana o non è …
R. –
Mi vengono in mente le parole di Goethe che diceva: “l’Europa è nata pellegrinando
e la sua lingua madre è il cristianesimo”. Quindi, questi santuari sono
raggiunti attraverso un pellegrinaggio, esigono un cammino, esigono una
partenza, esigono delle conversioni. Questi santuari diventano anche delle
case, case che l’uomo sta cercando, dimore. Il cuore dell’uomo è inquieto, è
inquieto finché non trova una dimora. Qui a Lourdes sono colpito, in questi
giorni, ovviamente, della presenza degli ammalati. C’è tutta un’umanità che
soffre, un’umanità che si domanda sulle questioni fondamentali della vita.
Lourdes e i santuari diventano spesso casa per questa umanità e questo è anche
un segno per le politiche, per le Chiese, di prendere sul serio quest’umanità
che è più fragile, che è più ai margini.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq dove non si fermano le violenze.
Sempre
in prima un articolo di Andrea Riccardi a 40 anni dall’ “Ecclesiam Suam”
di Paolo VI.
All’interno
due pagine dedicate alla figura e alla testimonianza del Pontefice.
Nelle
vaticane, l’Immacolata e San Giuseppe celebrati a Gozo, Malta, con la
partecipazione del cardinale Agostino Cacciavillan.
Una
pagina incentrata sulla Trasfigurazione del Signore.
Nelle
estere, Medio Oriente: nuova giornata di sangue nei Territori palestinesi.
Nella
pagina culturale, un articolo di Matthew Forde dal titolo “Gloria e decadenza
di una lingua”: in margine ad un volume pubblicato in Gran Bretagna.
In
evidenza la notizia della morte di Henry Cartier-Bresson, uno dei grandi maestri
della fotografia.
Nelle
pagine italiane, in rilievo il tema delle riforme.
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5 agosto 2004
IL RAZZISMO, UNA PIAGA ANCORA
DRAMMATICAMENTE PRESENTE
IN VARIE ZONE DEL MONDO
- Intervista con Riccardo Noury -
Il
razzismo è una piaga ancora diffusa in varie parti del mondo, una piaga sotterranea
anche in molti Paesi a regime democratico. Dal 2 sino al 20 agosto Ginevra
ospita i lavori del Comitato dell’Onu per l’eliminazione della discriminazione
razziale, un incontro periodico per fare il punto sulle iniziative a livello
internazionale. Sulla situazione del fenomeno nel mondo, Giancarlo La Vella ha
intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:
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R. – La situazione è negativa.
Il fenomeno della discriminazione razziale è un fenomeno diffuso nei confronti
di singole categorie di persone, come ad esempio i rifugiati politici, i
migranti per ragioni economiche ... All’interno di singoli Paesi vi è una forte
discriminazione nei confronti di gruppi etnici, pensiamo ad alcuni Paesi
dell’America Latina come il Messico, ad altri in Asia come il Myanmar. In generale,
la situazione del rispetto dei diritti umani per le minoranze etniche è
complessivamente negativo per quanto riguarda il continente africano e il Medio
Oriente.
D. – Secondo lei, la
legislazione internazionale deve apportare delle modifiche? Ad esempio, nella
Carta dell’ONU un intervento può realizzarsi solo in caso di attentato alla
pace ...
R. – Probabilmente sì. E’ chiaro
che oggi le moderne forme di violazione dei diritti umani diffuse avvengono in
contesti diversi da quelli del conflitto internazionale vero e proprio o della
cosiddetta ‘minaccia alla pace’. Quello che è successo in Rwanda nel 1994, un
genocidio che è stato quasi portato a compimento da parte di un gruppo etnico
nei confronti dell’altro, è una situazione che ha posto le Nazioni Unite in
un’autentica paralisi. Bisogna insomma che le Nazioni Unite si dotino di
strumenti ovviamente non soltanto di natura militare, ma anche di pressione
politica: l’invio di missioni di osservatori sui diritti umani è una richiesta
che Amnesty fa sempre più spesso ed è valutata come una delle possibili opzioni
da parte della comunità internazionale.
D. – Il fenomeno del razzismo
non è soltanto una realtà dei Paesi del Terzo Mondo, ma spesso si ritrova anche
in Paesi occidentali ...
R. - E’ vero.
In Europa, soprattutto negli ultimi anni, le politiche sull’immi-grazione sono
entrate in una sorta di corto circuito con sensazioni di xenofobia da parte
dell’opinione pubblica, per cui il fenomeno è presente nell’Europa dei 25.
Quello che devono fare gli Stati è non consentire, da un lato, l’adozione di
legislazioni che possano presentare degli elementi di discriminazione razziale
e questo vale molto spesso, in Europa, per le legislazioni in materia di
immigrazione e asilo politico. Occorrono, poi, prese di posizione da parte
delle autorità e occorrono punizioni nei confronti dei responsabili. Il
razzismo è un crimine odioso e non va tollerato. Le autorità devono comunicare
a chiare lettere che ogni forma di abuso, di tortura, di arresto arbitrario, di
comportamento intimidatorio nei confronti di una persona soltanto perché ha la
pelle diversa, è un crimine che va perseguito penalmente.
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IL
PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ROMANO PRODI,
CHE AD
OTTOBRE PASSERA’ LE CONSEGNE
ALL’EX
PREMIER PORTOGHESE, JOSÉ MANUEL BARROSO,
ILLUSTRA AI NOSTRI MICROFONI
LE PRINCIPALI SFIDE E PRIORITÀ PER L’UNIONE EUROPEA
- A
cura di Aldo Parmeggiani e di Amedeo Lomonaco -
Il
completamento del processo di allargamento, la promozione di una globalizzazione
equa e la necessità di una Costituzione. Sono questi alcuni degli obiettivi più
importanti per l’Europa, che ha allargato i confini lo scorso maggio, superando
le divisioni del secolo scorso, causata dalla guerra e dai regimi totalitari,
che segue le divisioni del secolo scorso, causate dalla guerra e dal comunismo.
In un mondo interdipendente l’Europea vuol promuovere uno sviluppo sostenibile.
Proprio sul fenomeno della mondializzazione Aldo Parmeggiani ha intervistato il
presidente della Commissione europea, Romano Prodi, che alla fine di ottobre
passera le consegne all’ex premier portoghese José Manuel
Barroso.
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R. – Sono
vissuto augurandomi, per tutta la mia vita, che i Paesi poveri si svegliassero.
Adesso metà del mondo si sta svegliando: la Cina, l’India, l’Asia costituiscono
metà dell’umanità. Per favore, non pensiamo che questa sia una disgrazia. La
vera disgrazia è che l’Africa non esca dalla miseria. Quindi la vittima vera
della globalizzazione in questo momento è l’Africa. Chi ha paura è l’Occidente,
che invece dovrebbe avere meno paura dopo la fine della divisione del mondo in
due blocchi.
D. – Lei spesso parla dell’Africa,
presidente, e dice che promuovere lo sviluppo in questo Continente è la nostra
grande responsabilità…
R. – E’ inutile pensare che gli
Stati Uniti o qualche altro Paese possano risolvere i problemi dell’Africa, che
invece è nostra responsabilità sotto i profili economico e politico. Dobbiamo
capire ed aiutare soprattutto l’Unione Africana. Capisco che questo rappresenta
un sogno, ma se vogliamo risolvere o diminuire i conflitti africani, dobbiamo
fare in modo che sia l’Africa stessa a trovare la soluzione per i propri problemi.
D. – Presidente Prodi, quali
sono i suoi timori e quali le sue speranze sul quadro internazionale …
R. – I
miei timori sono tantissimi. Abbiamo avuto dietro alle spalle un anno e mezzo
terribile, perché la guerra dell’Iraq ci è passata dentro, portando con sé due
concezioni concezioni del mondo. Non è un problema di guerra soltanto. Si
tratta di una visione del futuro basata sull’unilateralismo tradizionale, che
guarda il passato, e di una visione, invece, che cerca soluzioni multilaterali
che guardano al futuro, puntando ad una mediazione, una presenza dell’ONU, che
è così importante. E, mentre avevamo questa guerra in Iraq, si è anche
aggravato il caso più grave di tutti: la madre di tutte le tragedie che è il
Medio Oriente. Abbiamo fatto passi indietro in Medio Oriente, non passi avanti.
Questa è una grande preoccupazione. Sono due realtà che nascono da un’idea
sbagliata del mondo. La mia speranza è che sangue dopo sangue, tragedia dopo
tragedia, come è successo nei Balcani, si impari qualcosa.
D. – La democrazia, secondo lei,
si è può esportare?
R. – Si può esportare con il tempo,
con il sacrificio, con condivisione. Credo che l’Unione Europea abbia esportato
democrazia. Con l’allargamento a Paesi che erano stati vittime della dittatura,
noi abbiamo esportato democrazia senza imporre il nostro sistema. Ma abbiamo
cominciato a vedere cosa bisognava cambiare. Ed i Paesi che hanno aderito al
progetto europeo, hanno provveduto a realizzare diversi cambiamenti. Questo,
secondo me, significa esportare democrazia.
D. – Cosa e come fare per
incentivare l’interesse del cittadino europeo per la Costituzione?
R.– Spiegare i passi in avanti e
la garanzia che la Costituzione offre per quanto riguarda i diritti
fondamentali. Si devono poi illustrare i principi di solidarietà. La
Costituzione di un’istituzione che ci ha portato 50 anni di pace è la migliore
garanzia per chiedere ai nostri figli di proseguire questo progetto nella
stessa direzione.
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LA STORIA DELLA GRANDE GUERRA NEI RACCONTI
DIRETTI DEI TESTIMONI.
L’INIZIATIVA
È DI UN PICCOLO COMUNE DEL NORD ITALIA.
- Intervista con lo storico Pietro Scoppola -
Volti,
luoghi, personaggi della Grande guerra raccontati dalla viva voce di chi c’era.
Accade nella provincia italiana di Trento, nella piccola Vermiglio, su iniziativa
dei responsabili della biblioteca comunale e del Comitato Forte Strino. Il
paese, che nel 1915 vide sfollare la sua popolazione verso Mitterndorf, vicino
Vienna, scava nella sua memoria e diventa polo di attrazione per i curiosi di
ogni età. Ma che valore hanno, per lo studioso, i racconti dei testimoni? Risponde,
nell’intervista di Rosa Praticò, lo storico Pietro Scoppola:
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R. - La storia vista da uno è
sempre una storia parziale. E’ un documento. I documenti sono le tracce del
passato. Ma la verità storica è una conquista faticosa, difficile, che si deve
servire di tutta la documentazione disponibile e che ha bisogno di grande senso
critico.
D. – Questa è la valutazione
dello storico e poi c’è il piano emotivo di chi ascolta il racconto di vita…
R. – Naturalmente il racconto
diretto ha un suo fascino, il fascino
del vissuto. Il racconto del testimone
attrae, suscita consenso. Il che può essere pericoloso perché si rischia
di costruire tante storie parallele che non fanno mai sintesi fra di loro,
perché se lei sente il vissuto di chi ha passato la guerra a Stalingrado dalla
parte dei russi, ha evidentemente un ricordo; se la sente da chi stava dalla parte dei tedeschi, il ricordo è
diverso. Allora, per rifare la storia di Stalingrado, di questo momento
tremendo, drammatico, della seconda guerra mondiale, bisogna sentire le
testimonianze degli uni e le testimonianze degli altri, sforzandosi di arrivare
alla completezza della documentazione. Ad ogni modo è bene che chi ha avuto
delle esperienze importanti le lasci, le racconti scrivendo o registrando.
D. – Perché si avverte il
bisogno crescente di ascoltare direttamente la storia dai testimoni?
R. – La storia recente, la
storia del dopo guerra, la storia dell’Italia repubblicana è ancora una storia
molto controversa, molto discussa. Non siamo giunti ancora ad avere una visione
che si avvicini ai traguardi di obiettività e di serenità da sempre ricercati e
mai raggiunti dagli studiosi. Quindi, poiché gli storici sono un po’ noiosi
quando scrivono e l’argomento è ancora oggetto di grandi controversie, la gente
e i giovani dicono: “Va beh, lasciamo perdere gli storici. Sentiamo chi l’ha
vista”. Fanno bene, perché le testimonianze sono una cosa viva. Però, siccome
la storia è sempre conflittuale, il punto di vista di uno deve essere integrato
con quello che stava dall’altra parte e per far questo ci vuole un lavoro, un
lavoro difficile, un lavoro delicato che è il lavoro degli storici.
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SI
CELEBRA OGGI, LA FESTA DI SANTA MARIA DELLA NEVE
NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA
MAGGIORE
- Intervista con l’arcivescovo
Andrea Cordero Lanza di Montezemolo -
La Festa è stata preparata da un
triduo, iniziato domenica scorsa. Ieri, inoltre, i Primi Vespri, alla presenza
del neo Arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Law. Oggi, le celebrazioni
conclusive: prima la Santa Messa Pontificale, quindi la recita del Santo Rosario
e i Secondi Vespri, infine l’Eucaristia che sarà officiata dal vescovo emerito
Luigi Belloli, canonico del capitolo liberiano. Ma sul significato profondo di
questa ricorrenza ascoltiamo l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo,
al microfono di Dorotea Gambardella.
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R. – Occorre conoscere bene la
storia. Nell’anno 358 Papa Liberio ebbe una visione: la Madonna gli chiese di
costruire una chiesa su un’area dove in pieno agosto sarebbe caduta la neve
nella zona di Roma, fatto di per sé piuttosto miracoloso ed eccezionale. Cadde
la neve sull’Esquilino e questa fu l’indicazione chiara che la Vergine
Santissima desiderava una chiesa in quella zona. Fu così iniziata e costruita
questa chiesa che divenne poi, con il tempo, una delle quattro più importanti
basiliche patriarcali romane, che sono praticamente le quattro cattedrali del
Papa in Roma.
D. – Che cosa rappresenta questa
basilica per i romani?
R. – E’ una chiesa molto cara ai
romani, non soltanto per la sua bellezza artistica, perché è stata con il tempo
e nei secoli arricchita: non solo di aspetti architettonici piuttosto grandi e
imponenti e di diverse opere d’arte nell’interno, in cui si raccolgono anche
reliquie di una certa importanza. Vi è anche una famosa cappella, la Cappella
Borghese, dove sono stati celebrati diversi avvenimenti legati anche alla
storia: il Papa Pio XII vi celebrò la prima messa. Quindi è diventata nella
tradizione romana una chiesa molto ricercata, dove si celebrano liturgie che la
popolazione segue sempre con molta emozione ed attenzione.
D. – Lei prima ha parlato
appunto del miracolo della neve. Viene ricordato questo miracolo e in che modo?
R. – Nel giorno della festa,
simbolicamente, si fa cadere dalla cupola una cascata di petali di fiori per
ricordare questo avvenimento, assolutamente eccezionale, della neve caduta in
pieno agosto su un colle di Roma.
D. – Vuol fare una riflessione
su questa ricorrenza?
R. - E’ una delle manifestazioni
più belle nella tradizione romana per quanto riguarda il culto della Vergine
Santissima.
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5 agosto 2004
GLI ELETTORI DEL MISSOURI A LARGHISSIMA
MAGGIORANZA
HANNO APPROVATO LA PROPOSTA REFERENDARIA PER
MODIFICARE LA COSTITUZIONE DEL LORO STATO PER INTRODURRE IL DIVIETO DI
MATRIMONI OMOSESSUALI.
SALGONO
A 5 GLI STATI CHE SI SONO ESPRESSI IN TAL SENSO,
MENTRE
ALTRI 12 CHIAMERANNO ALLE URNE NEI PROSSIMI MESI I LORO CITTADINI
- A cura di Roberta Gisotti –
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SAINT LOUIS. = Gli elettori del
Missouri hanno approvato ieri a larga maggioranza (circa il 75 per cento) la
proposta referendaria per introdurre nella Costituzione dello Stato federale il
divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il Missouri, dove le
unioni omosessuali erano già proibite per legge, intende impedire in maniera
inequivocabile i matrimoni gay e lesbici, dopo che questi sono diventati
legali, dal maggio di quest'anno, per i residenti nel Massachusetts. Una modifica
della Costituzione viene considerata, dagli oppositori ai matrimoni omosessuali,
l'unico modo sicuro per proibirli, evitando eventuali ricorsi, come è successo
oltre che in Massachusetts anche in California, dove migliaia di coppie
omosessuali - nonostante la legge non lo permetta - si sono sposate all'inizio
della primavera, rivolgendosi ai Tribunali per invocare il rispetto della
Costituzione dello Stato, che garantisce stessi diritti a tutti i cittadini.
Ora almeno 12 altri Stati hanno avviato l'iter per modificare la propria
Costituzione, definendo il matrimonio ''un’unione tra un uomo e una donna'',
mentre i repubblicani hanno presentato, anche se con poche possibilità di
successo, un emendamento per modificare in questo senso la Costituzione Federale
degli Stati Uniti. Il prossimo referendum di questo tipo si svolgerà in
Lousiana il 18 settembre, mentre otto altri Stati li organizzeranno in
coincidenza con le elezioni presidenziali del 2 novembre: Arkansas, Georgia, Kentucky,
Mississipi, Montana, Oklahoma, Oregon e Utah. Tre altri Stati infine, Michigan,
North Dakota e Ohio, intendono farlo nei prossimi mesi. Con il Missouri,
salgono a cinque gli Stati che hanno proibito, attraverso la Costituzione, le
unioni omosessuali. Alaska, Hawaii, Nebraska e Nevada avevano già preso
iniziative di questo tipo prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni
in Massachusetts. (R.G.)
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DAL
22 AL 27 AGOSTO, A TORRE PELLICE,
IL SINODO DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE,
CUI PARTECIPERA’ IN
VESTE DI OSSERVATORE
ANCHE UN DELEGATO DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
TORRE
PELLICE. = Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pelice, in provincia di
Torino, il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste, significativo appuntamento
nell’ambito del Protestantesimo italiano. All’Assemblea parteciperanno 180
membri con diritto di voto, più osservatori dall’Italia e dall’estero, tra i
quali mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e presidente della Commissione
CEI per l'ecumenismo e il dialogo. Tra i principali argomenti che saranno
affrontati, quello della vocazione oltre a temi di attualità che attraversano
la società italiana e gli scenari internazionali. (R.G.)
Il
GIAPPONE RENDE ONORE ALLE PROMESSE FATTE NEL VERTICE DI MAGGIO
CON IL
GOVERNO DI PYONGYANG: ANNUNCIATO OGGI L’INVIO DI AIUTI
ALLA
COREA NORD PER 125 MILA TONNELLATE DI DERRATE ALIMENTARI
E 7
MILIONI DI DOLLARI IN FARMACI E ATTREZZATURE MEDICHE
TOKYO.
= Il governo giapponese ha annunciato oggi l’invio in Corea del Nord di aiuti umanitari
per 125 mila tonnellate di derrate alimentari e 7 milioni di dollari in farmaci
e attrezzature mediche, mentre i due Paesi si preparano a tenere colloqui sul
destino di 10 giapponesi rapiti dai Servizi segreti di Pyongyang negli anni ‘70
e ‘80 e dichiarati morti o dispersi dalle autorità nordcoreane. Lo ha reso noto
stamani il portavoce ufficiale del governo, Sonoda, precisando che gli aiuti
sono il primo passo dell'assistenza umanitaria promessa nel vertice del maggio
scorso a Pyongyang, tra il leader nordcoreano Kim Jong-il e il primo ministro Junichiro
Koizumi. Previste 250 mila tonnellate di riso ed altre derrate alimentari e 10
milioni di dollari in medicinali. ''E’ un’assistenza umanitaria attraverso gli
organismi internazionali, senza alcuna relazione con eventuali colloqui sui
rapiti ed altri problemi bilaterali'', ha detto Sonoda, smentendo seccamente le
critiche di speculazione fatte dalla stampa giapponese su aiuti decisi appositamente
per ‘comprare’ l'assenso di Pyongyang ad ulteriori concessioni sui rapiti. Nel vertice del maggio scorso, Koizumi aveva
ottenuto il ricongiungimento definitivo delle famiglie di cinque rapiti
sopravvissuti ma aveva chiesto informazioni più precise su altri 10 rapiti
dichiarati morti o dispersi da Pyongyang in base a documenti che i familiari
giudicano inattendibili o che in alcuni casi sono palesemente falsi. Kim
Jong-il aveva promesso nuove indagini sul destino dei 10 rapiti. Secondo la
stampa, i due Paesi potrebbero tenere nuovi colloqui sulla vicenda la settimana
prossima a Pechino. (R.G.)
IN RUSSIA, sPOT in tv DELLA BIRRA SOLO A TARDA SERA,
vietate anche le pubblicita’
sulle prime pagine dei quotidiani e sulle copertine
dei periodici:
LO HA deciso
STAMANE il Parlamento,
per contrastare il crescente abuso di alcoOl, specie
tra i giovani
MOSCA.
= Spot televisivi della birra solo a tarda sera. Lo ha stabilito stamane la Duma,
il Parlamento russo, con un provvedimento approvato all’unanimità. Le
pubblicità della bevanda alcoolica saranno confinate nella fascia tra le 22.00
e le 7.00 e non potranno contenere immagini di esseri umani e di animali.
Vietate anche le promozioni della birra sulle prime e ultime pagine dei
quotidiani e sulle copertine e controcopertine dei periodici. L’obiettivo dei
439 deputati presenti in seduta è di frenare il crescente consumo di birra fra
i giovani evitando che sia considerato importante per conseguire il successo
pubblico, atletico o personale. (R. P.)
nuovo appello della Caritas italiana al Governo per
un impegno maggiore
a tutela dei diritti degli immigrati e dei rifugiati
ROMA. =
Più accoglienza e diritti per gli immigrati e maggiore cooperazione tra gli Stati
europei nel dare accoglienza ai rifugiati: è questo l’appello rivolto dalla
Caritas italiana al Governo. “Negli ultimi 10 giorni sono sbarcate sulle coste
della Sicilia oltre 1000 persone, 284 solo ieri. Un fatto che chiede di
moltiplicare gesti e segni di tutela”, ha dichiarato monsignor Vittorio Nozza,
direttore della Caritas Italiana. L’organismo pastorale già impegnato in oltre
40 diocesi in attività di assistenza ai richiedenti asilo e alle loro famiglie,
chiede anche la compiuta realizzazione del regolamento di attuazione della
legge Bossi-Fini sull’immigrazione. (R.P.)
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5
agosto 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
E’
salito a 42 vittime e un’ottantina di feriti il bilancio dei violenti combattimenti
in corso nello Yemen, tra l’esercito regolare ed i seguaci di un leader estremista
islamico, Hussein Badr Elddin Al Huthi, ex parlamentare e guida di un movimento
radicale. I militari di Sana’a hanno sferrato un attacco contro tremila
miliziani asserragliati nel distretto montuoso nordoccidentale di Maran. Sul perché
di questi scontri, Giada Aquilino ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale
del Corriere della Sera:
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R. – Gli scontri non sono
cominciati in queste ultime ore, ma all’inizio di giugno. Il predicatore
Hussein Badr Elddin Al Huthi, che appartiene ad un gruppo moderato sciita,
mentre lo Yemen è a maggioranza sunnita, in fondo, con la sua predicazione, ha
sfidato l’autorità centrale ed è diventato il collettore di tutto un fenomeno
di contestazione al regime di Sana’a. Credo che la frase più interessante,
pronunciata da Al Huthi alla radio nelle ultime settimane, sia quella in cui
ammette di essere “contrario alla politica filoamericana del governo”.
D. – In questo contesto di
instabilità, in Yemen c’è pericolo di infiltrazioni terroristiche?
R. – Credo che lo Yemen abbia
scelto questa linea molto vicina agli Stati Uniti o comunque molto critica nei
confronti delle forze estremiste del mondo arabo e musulmano, in generale
proprio per tale ragione. Non dimentichiamo, infatti, che alcuni importanti
attentati sono avvenuti al largo delle coste dello Yemen ed anche all’interno
del Paese stesso.
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Non
c’è tregua alle violenze in Iraq. È salito a nove, il bilancio ancora
provvisorio delle vittime dell’esplosione di un’autobomba avvenuta stamani, dinanzi
ad una stazione di polizia a Mahawil, 75 chilometri a sud di Baghdad. Una
ventina i feriti. Intanto Najaf è teatro, dalla scorsa notte, di violenti
scontri tra esercito americano e guerriglieri sciiti. Il nostro servizio.
**********
Stando
a fonti del ministero dell’Interno iracheno, l’attacco a sud di Baghdad è stato
condotto in due fasi. Prima un gruppo di uomini a bordo di un’auto si è
avvicinato e ha sparato contro l’edificio delle forze dell’ordine, che hanno risposto
al fuoco, mettendo in fuga gli assalitori; quindi, dopo qualche minuto, un
kamikaze si è schiantato con un minibus, carico di tritolo, contro il
commissariato. Sangue anche nella città santa di Najaf, dove in combattimenti
tra esercito statunitense e sostenitori del leader religioso radicale sciita,
Moqtada al Sadr, sono rimasti uccisi un civile iracheno e due guerriglieri.
Inoltre, un medico è morto dopo che cinque razzi sono stati lanciati contro
l’ospedale principale della città santa, nei cui cieli è stato abbattuto anche
un elicottero militare americano. Feriti i due occupanti del velivolo. A
Bassora, l’esercito di Mehdi, fedele ad al Sadr, ha dichiarato guerra al
contingente britannico dispiegato nella zona, in seguito all’arresto di quattro
guerriglieri. In un agguato nel nord dell’Iraq, un camionista turco è stato
assassinato e altri due sono stati rapiti da uomini armati. Nonostante ciò, il
ministro del Commercio estero di Ankara, Kursat Tuzmen, ha dichiarato che gli
scambi commerciali tra i due Paesi devono continuare e ha aggiunto che sono
state adottate delle misure di sicurezza per proteggere i connazionali che
lavorano in Iraq.
Medio Oriente. Il ritiro
dell’esercito israeliano da Beit Hanoun, località della striscia di Gaza
occupata dal 29 giugno, non ha smorzato la tensione nei Territori. Sempre nella
Striscia, è morto un ragazzino di 12 anni, ferito due giorni fa negli scontri,
mentre in Cisgiordania l’esercito ha demolito la casa di un esponente delle
Brigate dei martiri di Al Aqsa. Sul piano diplomatico, l’addetto della Casa
Bianca per il Medio Oriente, Elliot Abramas, si è incontrato a Gerusalemme con
il premier palestinese, Abu Ala. Al centro dei colloqui: la situazione nei
Territori e all’interno dell’Autorità nazionale palestinese.
L'Alto
Commissariato ONU per i rifugiati, l’ACNUR, ha deciso di riorganizzare il proprio
assetto operativo nel sud est dell’Afghanistan. In seguito all’uccisione,
martedì scorso, di un funzionario della ONG tedesca ‘Ordine di Malta’ e del suo
autista, avvenuta tra Zurmat e Gardez, il personale dell’ACNUR è stato trasferito
in zone più sicure del Paese. Alla fine del mese scorso, l’organizzazione
Medici senza frontiere aveva sospeso le proprie attività in Afghanistan
a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Ma perché ora la decisione
anche dell’Acnur? Risponde Laura Boldrini, portavoce dell’ufficio italiano
dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, al microfono di Giada Aquilino:
**********
R. –
Quello che è stato deciso a seguito dell’uccisione dei due operatori della ONG
‘Ordine di Malta’, avvenuta il 3 agosto, è di sospendere gli spostamenti dello
staff dell’ufficio di Gardez nella zona sud orientale del Paese. Ma le attività
continueranno anche se, evidentemente, la sicurezza rappresenta una grave
preoccupazione. Io vorrei pure ricordare che lo scorso anno, a novembre,
abbiamo perso una collega di 29 anni in un attentato in un mercato nei pressi
di Gardez.
D. –
Quali sono le emergenze umanitarie oggi, in Afghanistan?
R. – L’Afghanistan è un Paese che
crede nel processo di pace in corso e la prova è che la gente ritorna a casa.
E’ uno dei più massicci rimpatri: degli ultimi decenni. Da quando è crollato il
regime dei Taleban, oltre due milioni di persone sono tornati nelle proprie
case. Questo significa che, nonostante le difficoltà e i sacrifici, comunque gli
afghani credono nella pace. C’è comunque da rimettere in piedi un Paese: c’è da
ricostruire abitazioni, fornire acqua potabile, bonificare le terre dalle mine,
assicurare assistenza medica. Molto è stato fatto in questi ultimi tre anni, ma
veramente c’è moltissimo ancora da fare. La cosa più importante è non abbassare
la guardia, continuare a dare sostegno politico e finanziario all’Afghanistan.
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L’esecutivo sudanese comincerà la
settimana prossima il disarmo della milizia araba Janjawieed, accusata di avere
compiuto un genocidio nella regione occidentale del Darfur. Ad annunciarlo è
stato il capo della polizia della regione del Darfur, il generale Jamal al
Hueres. Intanto, in un’intervista pubblicata dal Wall Street Journal, il
segretario di Stato americano, Colin Powell, ha invitato il governo di Khartoum
a rimuovere gli ostacoli all’intervento delle organizzazioni umanitarie. Mentre
ieri, ad Addis Abeba, il portavoce dell’Unione africana, Adam Ntiam,
ha dichiarato che l’organismo panafricano potrebbe elevare il proprio contingente
per il Darfur da 300 a 2 mila soldati, inviati in numero uguale da Nigeria e
Rwanda.
Alla borsa di New York, ieri il petrolio ha toccato il massimo degli ultimi
21 anni e oggi continua la sua corsa sui mercati europei. Il Brent, il greggio
di riferimento per il Vecchio continente, è scambiato sopra i 40 dollari al barile.
E proprio le continue violenze in Iraq, gli attentati ed i sabotaggi agli oleodotti,
stanno pesando moltissimo sul prezzo dell’oro nero, come spiega, al microfono
di Massimiliano Menichetti, Tonino Bigi responsabile comunicazione dell’Unione
petrolifera italiana:
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R. –
Siamo di fronte a dei fenomeni spiegabili, anche se del tutto eccezionali. Esiste
un contesto geopolitico caratterizzato ancora da molto incertezza. Le situazioni,
sia in Iraq che in altri Paesi prossimi come l’Arabia Saudita, rimangono ancora
molto instabili, per cui qualsiasi altro avvenimento, anche di piccola portata,
fosse il sabotaggio come avvenuto l’altro giorno di un oleodotto in Iraq, ha
delle risonanze estreme e questo si riverbera ovviamente nelle quotazioni di borsa.
D. –
Una situazione che danneggia consumatori e governi. Qual è la posizione delle
compagnie petrolifere?
R. –
Le compagnie petrolifere sono, esse stesse, vittima di questa situazione, una
situazione cioè internazionale. Non si tratta di una situazione provocata dalla
compagnie petrolifere. In questo contesto hanno agito con estrema prudenza,
cautela e responsabilità. Le compagnie hanno fatto tutto quanto potevano fare
per limare, ritardare, per attutire al massimo queste ricadute. Credo che, comunque,
questa attenzione alle conseguenze dell’aumento dei prezzi petroliferi continuerà
nel futuro.
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Trasferiamoci in Gran Bretagna.
Grazie alle informazioni dei servizi segreti pakistani, è stato arrestato Abu
Eisa Al Hindi, impegnato a preparare la fase finale di un attacco terroristico
sul principale aeroporto di Londra, Heathrow. Stando, inoltre, agli elementi
raccolti dai servizi segreti, la rete terroristica “al Qaeda” dispone di piani
per attaccare navi mercantili al fine di compromettere gli scambi mondiali. Lo
ha denunciato l’ammiraglio sir Alan West, capo di Stato maggiore della Marina
britannica.
Ha confessato uno degli assassini
di Maria Grazia Cutuli, l’inviata del quotidiano “Il Corriere della Sera”
uccisa nel novembre 2001 sulla strada che dalla città afghana di Kabul porta in
Pakistan. Reza Khan, già indagato dalla procura di Roma, ha rivelato alla tv
afghana di aver fatto parte del commando che assaltò il convoglio su cui la
giornalista italiana viaggiava con altri tre colleghi ed, in particolare, di
aver ucciso lo spagnolo Julio Fuentes. Si trattò – ha spiegato – di un agguato
a scopo di rapina.
Due tragedie aeree, nello spazio
di poche ore. La prima è avvenuta in Siberia occidentale: un elicottero da
trasporto è precipitato al confine con il Kazakistan. Tutti morti i 15
passeggeri: tre membri dell’equipaggio e 12 vigili del fuoco, impegnati in una
missione di pattugliamento forestale. Sciagura analoga in Pakistan: in una zona
montuosa del nordovest è precipitato un elicottero militare con 13 soldati a
bordo. Anche qui, purtroppo, nessun superstite.
Una
notizia preoccupante giunge dall’Indonesia, dove oggi sono riprese le esecuzioni
capitali, sospese da tre anni. A Medan, nella provincia di Sumatra del nord, è
stato fucilato un cittadino indiano accusato di narcotraffico: condannato nel
’95 per aver tentato di far entrare nel Paese 12 chilogrammi di eroina, si era
sempre detto innocente. A nulla sono valsi gli appelli rivolti alla presidente,
Megawati Sukarnoputri, dall’Unione europea e da varie organizzazioni
umanitarie.
È stato riconosciuto colpevole
nella pianificazione del colpo di Stato del 2000 il vicepresidente delle isole
Fiji, Jope Seniloli. Un tribunale di Suva ha, infatti, riconosciuto che l’uomo
aiutò l’autore del golpe, George Speight, a formare un governo dopo aver
rovesciato quello legittimo dell’arcipelago del Pacifico. Domani saranno
pronunciate le condanne definitive. Il vicepresidente rischia l’ergastolo.
Tragedia in Savoia: sette
adolescenti di età compresa tra i 13 e i 15 anni sono morti nell’incendio che
ha devastato, nella notte, un centro equestre a Lescheraines, piccola località
a circa 30 chilometri dal capoluogo della regione, Chambery. Ancora da chiarire
le cause del rogo.
Nella regione del Kashmir, nove
agenti di polizia indiani sono rimasti uccisi e otto feriti in un attacco
suicida compiuto da due separatisti islamici in un accampamento delle forze dell’ordine.
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