RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 218 - Testo della trasmissione di giovedì 5 agosto 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I giovani valorizzino le radici cristiane del vecchio continente: sull’appello del Papa ieri all’Udienza generale, la riflessione di mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa

 

OGGI IN PRIMO PIANO

E’ in corso a Ginevra l’annuale Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale: del razzismo nel mondo ci parla Riccardo Noury, rappresentante di Amnesty International

 

In attesa del cambio di consegne alla presidenza della Commissione, Romano Prodi riflette con noi sulla situazione internazionale, tra timori e speranze

 

La storia della Grande Guerra nei racconti diretti dei testimoni: intervista con Pietro Scoppola

 

Si celebra oggi, la Festa di Santa Maria della Neve nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore: ai nostri microfoni, l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Gli elettori del Missouri, a larghissima maggioranza, hanno approvato la proposta referendaria per modificare la Costituzione del loro Stato per introdurre il divieto di matrimoni omosessuali

 

Dal 22 al 27 agosto, a Torre Pellice, il sinodo delle Chiese valdesi e metodiste, cui parteciperà, in veste di osservatore, anche un delegato della Conferenza episcopale italiana

 

Il governo giapponese ha annunciato oggi l’invio, in Corea del Nord, di aiuti umanitari per 125 mila tonnellate di derrate alimentari e sette milioni di dollari in farmaci e attrezzature mediche

 

Stamani la Duma, il Parlamento russo, ha stabilito che gli spot televisivi della birra andranno in onda solo a tarda sera. Vietate anche le pubblicità sulle prime pagine di quotidiani e periodici

 

Nuovo appello della Caritas italiana al governo per un impegno maggiore a tutela dei diritti degli immigrati e dei rifugiati.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq: morti per un’autobomba a sud di Baghdad, per aspri combattimenti a Najaf e per un attacco nel nord del Paese

 

Sono almeno 42 le vittime dei violenti scontri nello Yemen, tra le forze armate locali e i seguaci di un leader estremista islamico.

 

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha sospeso le attività nel sud est dell'Afghanistan, in seguito all'uccisione di due suoi operatori: ai nostri microfoni la portavoce dell’organismo ONU, Laura Boldrini

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 agosto 2004

 

 

 

I GIOVANI VALORIZZINO LE RADICI CRISTIANE DEL VECCHIO CONTINENTE:

SULL’APPELLO DEL PAPA IERI ALL’UDIENZA GENERALE, LA RIFLESSIONE

 DI MONS. ALDO GIORDANO, SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“Europa sii te stessa”. All’udienza generale di ieri, Giovanni Paolo II ha rinnovato, ancora una volta, l’appello ai cittadini europei, finalmente riuniti sotto un’unica bandiera, a non dimenticare le proprie radici, radici cristiane. Il Papa si è rivolto, in particolare, ai ragazzi del Vecchio Continente in cammino verso Santiago de Compostela, significativa cornice, in questi giorni, del Pellegrinaggio europeo dei giovani, incentrato sul tema: “Testimoni di Cristo per un’Europa della speranza”. Sull’esortazione del Papa ai giovani europei, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, raggiunto telefonicamente a Lourdes:

 

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R. – Viaggiando per l’Europa mi accorgo che i giovani sono meno condizionati dalle ideologie. Questo può renderli anche più disorientati ma, dall’altra parte, dona loro una nuova libertà. Hanno un cuore aperto alla dimensione spirituale. Tante volte ci mostrano che non si accontentano di una vita che non sia anche uno spazio di senso. E’ interessante, allora, guardare questa nuova generazione e sentire la responsabilità che, come adulti, come Chiesa, abbiamo verso di loro. Andare a Santiago, naturalmente, significa ripercorrere delle orme che già altri hanno percorso, andare a capire che questo cammino guarda al futuro dell’Europa.

 

D. – Proprio a Santiago de Compostela, nel 1982, il Papa pronunciò un memorabile discorso esortando l’Europa a riunirsi in nome della sua identità cristiana. Parlava di un Continente diviso dalla Cortina di Ferro, furono davvero parole profetiche …

 

R. – Sì. Io mi convinco sempre di più che il Papa è veramente il profeta di questa nostra Europa nuova. Con il 1° maggio abbiamo vissuto, in qualche maniera, un concretizzarsi di queste parole del Papa perché è finita un’Europa divisa ideologicamente da un muro. Adesso, però, questa nuova Europa va costruita. Allora capisco come il Papa ritorni insistentemente su questo e dica: “L’Europa si poggia su una visione, su un’idea, si poggia su un’anima, ha una luce e allora l’Europa saprà dove andare”.

 

D. – Mons. Giordano, lei si trova a Lourdes dove Giovanni Paolo II si recherà in pellegrinaggio fra pochi giorni. Il Papa ha messo più volte in luce proprio l’importanza dei santuari, memoria viva di ciò che siamo e di un’Europa che è cristiana o non è …

 

R. – Mi vengono in mente le parole di Goethe che diceva: “l’Europa è nata pellegrinando e la sua lingua madre è il cristianesimo”. Quindi, questi santuari sono raggiunti attraverso un pellegrinaggio, esigono un cammino, esigono una partenza, esigono delle conversioni. Questi santuari diventano anche delle case, case che l’uomo sta cercando, dimore. Il cuore dell’uomo è inquieto, è inquieto finché non trova una dimora. Qui a Lourdes sono colpito, in questi giorni, ovviamente, della presenza degli ammalati. C’è tutta un’umanità che soffre, un’umanità che si domanda sulle questioni fondamentali della vita. Lourdes e i santuari diventano spesso casa per questa umanità e questo è anche un segno per le politiche, per le Chiese, di prendere sul serio quest’umanità che è più fragile, che è più ai margini.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq dove non si fermano le violenze.

Sempre in prima un articolo di Andrea Riccardi a 40 anni dall’ “Ecclesiam Suam” di Paolo VI.

All’interno due pagine dedicate alla figura e alla testimonianza del Pontefice.

 

Nelle vaticane, l’Immacolata e San Giuseppe celebrati a Gozo, Malta, con la partecipazione del cardinale Agostino Cacciavillan.

Una pagina incentrata sulla Trasfigurazione del Signore.

 

Nelle estere, Medio Oriente: nuova giornata di sangue nei Territori palestinesi.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Matthew Forde dal titolo “Gloria e decadenza di una lingua”: in margine ad un volume pubblicato in Gran Bretagna.

In evidenza la notizia della morte di Henry Cartier-Bresson, uno dei grandi maestri della fotografia.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema delle riforme.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 agosto 2004

 

 

IL RAZZISMO, UNA PIAGA ANCORA DRAMMATICAMENTE PRESENTE

 IN VARIE ZONE DEL MONDO

- Intervista con Riccardo Noury -

 

Il razzismo è una piaga ancora diffusa in varie parti del mondo, una piaga sotterranea anche in molti Paesi a regime democratico. Dal 2 sino al 20 agosto Ginevra ospita i lavori del Comitato dell’Onu per l’eliminazione della discriminazione razziale, un incontro periodico per fare il punto sulle iniziative a livello internazionale. Sulla situazione del fenomeno nel mondo, Giancarlo La Vella ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

 

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R. – La situazione è negativa. Il fenomeno della discriminazione razziale è un fenomeno diffuso nei confronti di singole categorie di persone, come ad esempio i rifugiati politici, i migranti per ragioni economiche ... All’interno di singoli Paesi vi è una forte discriminazione nei confronti di gruppi etnici, pensiamo ad alcuni Paesi dell’America Latina come il Messico, ad altri in Asia come il Myanmar. In generale, la situazione del rispetto dei diritti umani per le minoranze etniche è complessivamente negativo per quanto riguarda il continente africano e il Medio Oriente.

 

D. – Secondo lei, la legislazione internazionale deve apportare delle modifiche? Ad esempio, nella Carta dell’ONU un intervento può realizzarsi solo in caso di attentato alla pace ...

 

R. – Probabilmente sì. E’ chiaro che oggi le moderne forme di violazione dei diritti umani diffuse avvengono in contesti diversi da quelli del conflitto internazionale vero e proprio o della cosiddetta ‘minaccia alla pace’. Quello che è successo in Rwanda nel 1994, un genocidio che è stato quasi portato a compimento da parte di un gruppo etnico nei confronti dell’altro, è una situazione che ha posto le Nazioni Unite in un’autentica paralisi. Bisogna insomma che le Nazioni Unite si dotino di strumenti ovviamente non soltanto di natura militare, ma anche di pressione politica: l’invio di missioni di osservatori sui diritti umani è una richiesta che Amnesty fa sempre più spesso ed è valutata come una delle possibili opzioni da parte della comunità internazionale.

 

D. – Il fenomeno del razzismo non è soltanto una realtà dei Paesi del Terzo Mondo, ma spesso si ritrova anche in Paesi occidentali ...

 

R. - E’ vero. In Europa, soprattutto negli ultimi anni, le politiche sull’immi-grazione sono entrate in una sorta di corto circuito con sensazioni di xenofobia da parte dell’opinione pubblica, per cui il fenomeno è presente nell’Europa dei 25. Quello che devono fare gli Stati è non consentire, da un lato, l’adozione di legislazioni che possano presentare degli elementi di discriminazione razziale e questo vale molto spesso, in Europa, per le legislazioni in materia di immigrazione e asilo politico. Occorrono, poi, prese di posizione da parte delle autorità e occorrono punizioni nei confronti dei responsabili. Il razzismo è un crimine odioso e non va tollerato. Le autorità devono comunicare a chiare lettere che ogni forma di abuso, di tortura, di arresto arbitrario, di comportamento intimidatorio nei confronti di una persona soltanto perché ha la pelle diversa, è un crimine che va perseguito penalmente.

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IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ROMANO PRODI,

CHE AD OTTOBRE PASSERA’ LE CONSEGNE

ALL’EX PREMIER PORTOGHESE, JOSÉ MANUEL BARROSO,

ILLUSTRA AI NOSTRI MICROFONI

LE PRINCIPALI SFIDE E PRIORITÀ PER L’UNIONE EUROPEA

- A cura di Aldo Parmeggiani e di Amedeo Lomonaco -

 

Il completamento del processo di allargamento, la promozione di una globalizzazione equa e la necessità di una Costituzione. Sono questi alcuni degli obiettivi più importanti per l’Europa, che ha allargato i confini lo scorso maggio, superando le divisioni del secolo scorso, causata dalla guerra e dai regimi totalitari, che segue le divisioni del secolo scorso, causate dalla guerra e dal comunismo. In un mondo interdipendente l’Europea vuol promuovere uno sviluppo sostenibile. Proprio sul fenomeno della mondializzazione Aldo Parmeggiani ha intervistato il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, che alla fine di ottobre passera le consegne all’ex premier portoghese José Manuel Barroso.

 

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R. – Sono vissuto augurandomi, per tutta la mia vita, che i Paesi poveri si svegliassero. Adesso metà del mondo si sta svegliando: la Cina, l’India, l’Asia costituiscono metà dell’umanità. Per favore, non pensiamo che questa sia una disgrazia. La vera disgrazia è che l’Africa non esca dalla miseria. Quindi la vittima vera della globalizzazione in questo momento è l’Africa. Chi ha paura è l’Occidente, che invece dovrebbe avere meno paura dopo la fine della divisione del mondo in due blocchi.

 

D. – Lei spesso parla dell’Africa, presidente, e dice che promuovere lo sviluppo in questo Continente è la nostra grande responsabilità…

 

R. – E’ inutile pensare che gli Stati Uniti o qualche altro Paese possano risolvere i problemi dell’Africa, che invece è nostra responsabilità sotto i profili economico e politico. Dobbiamo capire ed aiutare soprattutto l’Unione Africana. Capisco che questo rappresenta un sogno, ma se vogliamo risolvere o diminuire i conflitti africani, dobbiamo fare in modo che sia l’Africa stessa a trovare la soluzione per i propri problemi.

 

D. – Presidente Prodi, quali sono i suoi timori e quali le sue speranze sul quadro internazionale …

 

R. – I miei timori sono tantissimi. Abbiamo avuto dietro alle spalle un anno e mezzo terribile, perché la guerra dell’Iraq ci è passata dentro, portando con sé due concezioni concezioni del mondo. Non è un problema di guerra soltanto. Si tratta di una visione del futuro basata sull’unilateralismo tradizionale, che guarda il passato, e di una visione, invece, che cerca soluzioni multilaterali che guardano al futuro, puntando ad una mediazione, una presenza dell’ONU, che è così importante. E, mentre avevamo questa guerra in Iraq, si è anche aggravato il caso più grave di tutti: la madre di tutte le tragedie che è il Medio Oriente. Abbiamo fatto passi indietro in Medio Oriente, non passi avanti. Questa è una grande preoccupazione. Sono due realtà che nascono da un’idea sbagliata del mondo. La mia speranza è che sangue dopo sangue, tragedia dopo tragedia, come è successo nei Balcani, si impari qualcosa.

 

D. – La democrazia, secondo lei, si è può esportare?

 

R. – Si può esportare con il tempo, con il sacrificio, con condivisione. Credo che l’Unione Europea abbia esportato democrazia. Con l’allargamento a Paesi che erano stati vittime della dittatura, noi abbiamo esportato democrazia senza imporre il nostro sistema. Ma abbiamo cominciato a vedere cosa bisognava cambiare. Ed i Paesi che hanno aderito al progetto europeo, hanno provveduto a realizzare diversi cambiamenti. Questo, secondo me, significa esportare democrazia.

 

D. – Cosa e come fare per incentivare l’interesse del cittadino europeo per la Costituzione?

 

R.– Spiegare i passi in avanti e la garanzia che la Costituzione offre per quanto riguarda i diritti fondamentali. Si devono poi illustrare i principi di solidarietà. La Costituzione di un’istituzione che ci ha portato 50 anni di pace è la migliore garanzia per chiedere ai nostri figli di proseguire questo progetto nella stessa direzione.

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LA STORIA DELLA GRANDE GUERRA NEI RACCONTI DIRETTI DEI TESTIMONI.

L’INIZIATIVA È DI UN PICCOLO COMUNE DEL NORD ITALIA.

- Intervista con lo storico Pietro Scoppola -

 

Volti, luoghi, personaggi della Grande guerra raccontati dalla viva voce di chi c’era. Accade nella provincia italiana di Trento, nella piccola Vermiglio, su iniziativa dei responsabili della biblioteca comunale e del Comitato Forte Strino. Il paese, che nel 1915 vide sfollare la sua popolazione verso Mitterndorf, vicino Vienna, scava nella sua memoria e diventa polo di attrazione per i curiosi di ogni età. Ma che valore hanno, per lo studioso, i racconti dei testimoni? Risponde, nell’intervista di Rosa Praticò, lo storico Pietro Scoppola:

 

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R. - La storia vista da uno è sempre una storia parziale. E’ un documento. I documenti sono le tracce del passato. Ma la verità storica è una conquista faticosa, difficile, che si deve servire di tutta la documentazione disponibile e che ha bisogno di grande senso critico.

 

D. – Questa è la valutazione dello storico e poi c’è il piano emotivo di chi ascolta il racconto di vita…

 

R. – Naturalmente il racconto diretto ha un suo fascino, il  fascino del vissuto. Il racconto del testimone  attrae, suscita consenso. Il che può essere pericoloso perché si rischia di costruire tante storie parallele che non fanno mai sintesi fra di loro, perché se lei sente il vissuto di chi ha passato la guerra a Stalingrado dalla parte dei russi, ha evidentemente un ricordo; se  la sente da chi stava dalla parte dei tedeschi, il ricordo è diverso. Allora, per rifare la storia di Stalingrado, di questo momento tremendo, drammatico, della seconda guerra mondiale, bisogna sentire le testimonianze degli uni e le testimonianze degli altri, sforzandosi di arrivare alla completezza della documentazione. Ad ogni modo è bene che chi ha avuto delle esperienze importanti le lasci, le racconti scrivendo o registrando.

 

D. – Perché si avverte il bisogno crescente di ascoltare direttamente la storia dai testimoni?

 

R. – La storia recente, la storia del dopo guerra, la storia dell’Italia repubblicana è ancora una storia molto controversa, molto discussa. Non siamo giunti ancora ad avere una visione che si avvicini ai traguardi di obiettività e di serenità da sempre ricercati e mai raggiunti dagli studiosi. Quindi, poiché gli storici sono un po’ noiosi quando scrivono e l’argomento è ancora oggetto di grandi controversie, la gente e i giovani dicono: “Va beh, lasciamo perdere gli storici. Sentiamo chi l’ha vista”. Fanno bene, perché le testimonianze sono una cosa viva. Però, siccome la storia è sempre conflittuale, il punto di vista di uno deve essere integrato con quello che stava dall’altra parte e per far questo ci vuole un lavoro, un lavoro difficile, un lavoro delicato che è il lavoro degli storici.

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SI CELEBRA OGGI, LA FESTA DI SANTA MARIA DELLA NEVE

NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA MAGGIORE

- Intervista con l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo -

 

La Festa è stata preparata da un triduo, iniziato domenica scorsa. Ieri, inoltre, i Primi Vespri, alla presenza del neo Arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Law. Oggi, le celebrazioni conclusive: prima la Santa Messa Pontificale, quindi la recita del Santo Rosario e i Secondi Vespri, infine l’Eucaristia che sarà officiata dal vescovo emerito Luigi Belloli, canonico del capitolo liberiano. Ma sul significato profondo di questa ricorrenza ascoltiamo l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, al microfono di Dorotea Gambardella.

 

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R. – Occorre conoscere bene la storia. Nell’anno 358 Papa Liberio ebbe una visione: la Madonna gli chiese di costruire una chiesa su un’area dove in pieno agosto sarebbe caduta la neve nella zona di Roma, fatto di per sé piuttosto miracoloso ed eccezionale. Cadde la neve sull’Esquilino e questa fu l’indicazione chiara che la Vergine Santissima desiderava una chiesa in quella zona. Fu così iniziata e costruita questa chiesa che divenne poi, con il tempo, una delle quattro più importanti basiliche patriarcali romane, che sono praticamente le quattro cattedrali del Papa in Roma.

 

D. – Che cosa rappresenta questa basilica per i romani?

 

R. – E’ una chiesa molto cara ai romani, non soltanto per la sua bellezza artistica, perché è stata con il tempo e nei secoli arricchita: non solo di aspetti architettonici piuttosto grandi e imponenti e di diverse opere d’arte nell’interno, in cui si raccolgono anche reliquie di una certa importanza. Vi è anche una famosa cappella, la Cappella Borghese, dove sono stati celebrati diversi avvenimenti legati anche alla storia: il Papa Pio XII vi celebrò la prima messa. Quindi è diventata nella tradizione romana una chiesa molto ricercata, dove si celebrano liturgie che la popolazione segue sempre con molta emozione ed attenzione.

 

D. – Lei prima ha parlato appunto del miracolo della neve. Viene ricordato questo miracolo e in che modo?

 

R. – Nel giorno della festa, simbolicamente, si fa cadere dalla cupola una cascata di petali di fiori per ricordare questo avvenimento, assolutamente eccezionale, della neve caduta in pieno agosto su un colle di Roma.

 

D. – Vuol fare una riflessione su questa ricorrenza?

 

R. - E’ una delle manifestazioni più belle nella tradizione romana per quanto riguarda il culto della Vergine Santissima.

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CHIESA E SOCIETA’

5 agosto 2004

 

 

GLI ELETTORI DEL MISSOURI A LARGHISSIMA MAGGIORANZA

 HANNO APPROVATO LA PROPOSTA REFERENDARIA PER MODIFICARE LA COSTITUZIONE DEL LORO STATO PER INTRODURRE IL DIVIETO DI MATRIMONI OMOSESSUALI.

SALGONO A 5 GLI STATI CHE SI SONO ESPRESSI IN TAL SENSO,

MENTRE ALTRI 12 CHIAMERANNO ALLE URNE NEI PROSSIMI MESI I LORO CITTADINI

- A cura di Roberta Gisotti –

 

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SAINT LOUIS. = Gli elettori del Missouri hanno approvato ieri a larga maggioranza (circa il 75 per cento) la proposta referendaria per introdurre nella Costituzione dello Stato federale il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il Missouri, dove le unioni omosessuali erano già proibite per legge, intende impedire in maniera inequivocabile i matrimoni gay e lesbici, dopo che questi sono diventati legali, dal maggio di quest'anno, per i residenti nel Massachusetts. Una modifica della Costituzione viene considerata, dagli oppositori ai matrimoni omosessuali, l'unico modo sicuro per proibirli, evitando eventuali ricorsi, come è successo oltre che in Massachusetts anche in California, dove migliaia di coppie omosessuali - nonostante la legge non lo permetta - si sono sposate all'inizio della primavera, rivolgendosi ai Tribunali per invocare il rispetto della Costituzione dello Stato, che garantisce stessi diritti a tutti i cittadini. Ora almeno 12 altri Stati hanno avviato l'iter per modificare la propria Costituzione, definendo il matrimonio ''un’unione tra un uomo e una donna'', mentre i repubblicani hanno presentato, anche se con poche possibilità di successo, un emendamento per modificare in questo senso la Costituzione Federale degli Stati Uniti. Il prossimo referendum di questo tipo si svolgerà in Lousiana il 18 settembre, mentre otto altri Stati li organizzeranno in coincidenza con le elezioni presidenziali del 2 novembre: Arkansas, Georgia, Kentucky, Mississipi, Montana, Oklahoma, Oregon e Utah. Tre altri Stati infine, Michigan, North Dakota e Ohio, intendono farlo nei prossimi mesi. Con il Missouri, salgono a cinque gli Stati che hanno proibito, attraverso la Costituzione, le unioni omosessuali. Alaska, Hawaii, Nebraska e Nevada avevano già preso iniziative di questo tipo prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni in Massachusetts. (R.G.)

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DAL 22 AL 27 AGOSTO, A TORRE PELLICE,

 IL SINODO DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE,

CUI PARTECIPERA’ IN VESTE DI OSSERVATORE

ANCHE UN DELEGATO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

 

TORRE PELLICE. = Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pelice, in provincia di Torino, il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste, significativo appuntamento nell’ambito del Protestantesimo italiano. All’Assemblea parteciperanno 180 membri con diritto di voto, più osservatori dall’Italia e dall’estero, tra i quali mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e presidente della Commissione CEI per l'ecumenismo e il dialogo. Tra i principali argomenti che saranno affrontati, quello della vocazione oltre a temi di attualità che attraversano la società italiana e gli scenari internazionali. (R.G.)        

 

 

Il GIAPPONE RENDE ONORE ALLE PROMESSE FATTE NEL VERTICE DI MAGGIO

CON IL GOVERNO DI PYONGYANG: ANNUNCIATO OGGI L’INVIO DI AIUTI

ALLA COREA NORD PER 125 MILA TONNELLATE DI DERRATE ALIMENTARI

E 7 MILIONI DI DOLLARI IN FARMACI E ATTREZZATURE MEDICHE

 

TOKYO. = Il governo giapponese ha annunciato oggi l’invio in Corea del Nord di aiuti umanitari per 125 mila tonnellate di derrate alimentari e 7 milioni di dollari in farmaci e attrezzature mediche, mentre i due Paesi si preparano a tenere colloqui sul destino di 10 giapponesi rapiti dai Servizi segreti di Pyongyang negli anni ‘70 e ‘80 e dichiarati morti o dispersi dalle autorità nordcoreane. Lo ha reso noto stamani il portavoce ufficiale del governo, Sonoda, precisando che gli aiuti sono il primo passo dell'assistenza umanitaria promessa nel vertice del maggio scorso a Pyongyang, tra il leader nordcoreano Kim Jong-il e il primo ministro Junichiro Koizumi. Previste 250 mila tonnellate di riso ed altre derrate alimentari e 10 milioni di dollari in medicinali. ''E’ un’assistenza umanitaria attraverso gli organismi internazionali, senza alcuna relazione con eventuali colloqui sui rapiti ed altri problemi bilaterali'', ha detto Sonoda, smentendo seccamente le critiche di speculazione fatte dalla stampa giapponese su aiuti decisi appositamente per ‘comprare’ l'assenso di Pyongyang ad ulteriori concessioni sui rapiti.  Nel vertice del maggio scorso, Koizumi aveva ottenuto il ricongiungimento definitivo delle famiglie di cinque rapiti sopravvissuti ma aveva chiesto informazioni più precise su altri 10 rapiti dichiarati morti o dispersi da Pyongyang in base a documenti che i familiari giudicano inattendibili o che in alcuni casi sono palesemente falsi. Kim Jong-il aveva promesso nuove indagini sul destino dei 10 rapiti. Secondo la stampa, i due Paesi potrebbero tenere nuovi colloqui sulla vicenda la settimana prossima a Pechino.  (R.G.)        

 

 

IN RUSSIA, sPOT in tv DELLA BIRRA SOLO A TARDA SERA,

vietate anche le pubblicita’

sulle prime pagine dei quotidiani e sulle copertine dei periodici:

 LO HA deciso STAMANE il Parlamento,

per contrastare il crescente abuso di alcoOl, specie tra i giovani

 

MOSCA. = Spot televisivi della birra solo a tarda sera. Lo ha stabilito stamane la Duma, il Parlamento russo, con un provvedimento approvato all’unanimità. Le pubblicità della bevanda alcoolica saranno confinate nella fascia tra le 22.00 e le 7.00 e non potranno contenere immagini di esseri umani e di animali. Vietate anche le promozioni della birra sulle prime e ultime pagine dei quotidiani e sulle copertine e controcopertine dei periodici. L’obiettivo dei 439 deputati presenti in seduta è di frenare il crescente consumo di birra fra i giovani evitando che sia considerato importante per conseguire il successo pubblico, atletico o personale. (R. P.)

 

 

 

nuovo appello della Caritas italiana al Governo per un impegno maggiore

a tutela dei diritti degli immigrati e dei rifugiati

 

ROMA. = Più accoglienza e diritti per gli immigrati e maggiore cooperazione tra gli Stati europei nel dare accoglienza ai rifugiati: è questo l’appello rivolto dalla Caritas italiana al Governo. “Negli ultimi 10 giorni sono sbarcate sulle coste della Sicilia oltre 1000 persone, 284 solo ieri. Un fatto che chiede di moltiplicare gesti e segni di tutela”, ha dichiarato monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana. L’organismo pastorale già impegnato in oltre 40 diocesi in attività di assistenza ai richiedenti asilo e alle loro famiglie, chiede anche la compiuta realizzazione del regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione. (R.P.)

 

 

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                                  24 ORE NEL MONDO

5 agosto 2004

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

E’ salito a 42 vittime e un’ottantina di feriti il bilancio dei violenti combattimenti in corso nello Yemen, tra l’esercito regolare ed i seguaci di un leader estremista islamico, Hussein Badr Elddin Al Huthi, ex parlamentare e guida di un movimento radicale. I militari di Sana’a hanno sferrato un attacco contro tremila miliziani asserragliati nel distretto montuoso nordoccidentale di Maran. Sul perché di questi scontri, Giada Aquilino ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera:

 

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R. – Gli scontri non sono cominciati in queste ultime ore, ma all’inizio di giugno. Il predicatore Hussein Badr Elddin Al Huthi, che appartiene ad un gruppo moderato sciita, mentre lo Yemen è a maggioranza sunnita, in fondo, con la sua predicazione, ha sfidato l’autorità centrale ed è diventato il collettore di tutto un fenomeno di contestazione al regime di Sana’a. Credo che la frase più interessante, pronunciata da Al Huthi alla radio nelle ultime settimane, sia quella in cui ammette di essere “contrario alla politica filoamericana del governo”.

 

D. – In questo contesto di instabilità, in Yemen c’è pericolo di infiltrazioni terroristiche?

 

R. – Credo che lo Yemen abbia scelto questa linea molto vicina agli Stati Uniti o comunque molto critica nei confronti delle forze estremiste del mondo arabo e musulmano, in generale proprio per tale ragione. Non dimentichiamo, infatti, che alcuni importanti attentati sono avvenuti al largo delle coste dello Yemen ed anche all’interno del Paese stesso.

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Non c’è tregua alle violenze in Iraq. È salito a nove, il bilancio ancora provvisorio delle vittime dell’esplosione di un’autobomba avvenuta stamani, dinanzi ad una stazione di polizia a Mahawil, 75 chilometri a sud di Baghdad. Una ventina i feriti. Intanto Najaf è teatro, dalla scorsa notte, di violenti scontri tra esercito americano e guerriglieri sciiti. Il nostro servizio.

 

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Stando a fonti del ministero dell’Interno iracheno, l’attacco a sud di Baghdad è stato condotto in due fasi. Prima un gruppo di uomini a bordo di un’auto si è avvicinato e ha sparato contro l’edificio delle forze dell’ordine, che hanno risposto al fuoco, mettendo in fuga gli assalitori; quindi, dopo qualche minuto, un kamikaze si è schiantato con un minibus, carico di tritolo, contro il commissariato. Sangue anche nella città santa di Najaf, dove in combattimenti tra esercito statunitense e sostenitori del leader religioso radicale sciita, Moqtada al Sadr, sono rimasti uccisi un civile iracheno e due guerriglieri. Inoltre, un medico è morto dopo che cinque razzi sono stati lanciati contro l’ospedale principale della città santa, nei cui cieli è stato abbattuto anche un elicottero militare americano. Feriti i due occupanti del velivolo. A Bassora, l’esercito di Mehdi, fedele ad al Sadr, ha dichiarato guerra al contingente britannico dispiegato nella zona, in seguito all’arresto di quattro guerriglieri. In un agguato nel nord dell’Iraq, un camionista turco è stato assassinato e altri due sono stati rapiti da uomini armati. Nonostante ciò, il ministro del Commercio estero di Ankara, Kursat Tuzmen, ha dichiarato che gli scambi commerciali tra i due Paesi devono continuare e ha aggiunto che sono state adottate delle misure di sicurezza per proteggere i connazionali che lavorano in Iraq.

 

Medio Oriente. Il ritiro dell’esercito israeliano da Beit Hanoun, località della striscia di Gaza occupata dal 29 giugno, non ha smorzato la tensione nei Territori. Sempre nella Striscia, è morto un ragazzino di 12 anni, ferito due giorni fa negli scontri, mentre in Cisgiordania l’esercito ha demolito la casa di un esponente delle Brigate dei martiri di Al Aqsa. Sul piano diplomatico, l’addetto della Casa Bianca per il Medio Oriente, Elliot Abramas, si è incontrato a Gerusalemme con il premier palestinese, Abu Ala. Al centro dei colloqui: la situazione nei Territori e all’interno dell’Autorità nazionale palestinese.

 

L'Alto Commissariato ONU per i rifugiati, l’ACNUR, ha deciso di riorganizzare il proprio assetto operativo nel sud est dell’Afghanistan. In seguito all’uccisione, martedì scorso, di un funzionario della ONG tedesca ‘Ordine di Malta’ e del suo autista, avvenuta tra Zurmat e Gardez, il personale dell’ACNUR è stato trasferito in zone più sicure del Paese. Alla fine del mese scorso, l’organizzazione Medici senza frontiere aveva sospeso le proprie attività in Afghanistan a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Ma perché ora la decisione anche dell’Acnur? Risponde Laura Boldrini, portavoce dell’ufficio italiano dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, al microfono di Giada Aquilino:

 

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R. – Quello che è stato deciso a seguito dell’uccisione dei due operatori della ONG ‘Ordine di Malta’, avvenuta il 3 agosto, è di sospendere gli spostamenti dello staff dell’ufficio di Gardez nella zona sud orientale del Paese. Ma le attività continueranno anche se, evidentemente, la sicurezza rappresenta una grave preoccupazione. Io vorrei pure ricordare che lo scorso anno, a novembre, abbiamo perso una collega di 29 anni in un attentato in un mercato nei pressi di Gardez.

 

D. – Quali sono le emergenze umanitarie oggi, in Afghanistan?

 

R. – L’Afghanistan è un Paese che crede nel processo di pace in corso e la prova è che la gente ritorna a casa. E’ uno dei più massicci rimpatri: degli ultimi decenni. Da quando è crollato il regime dei Taleban, oltre due milioni di persone sono tornati nelle proprie case. Questo significa che, nonostante le difficoltà e i sacrifici, comunque gli afghani credono nella pace. C’è comunque da rimettere in piedi un Paese: c’è da ricostruire abitazioni, fornire acqua potabile, bonificare le terre dalle mine, assicurare assistenza medica. Molto è stato fatto in questi ultimi tre anni, ma veramente c’è moltissimo ancora da fare. La cosa più importante è non abbassare la guardia, continuare a dare sostegno politico e finanziario all’Afghanistan.

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L’esecutivo sudanese comincerà la settimana prossima il disarmo della milizia araba Janjawieed, accusata di avere compiuto un genocidio nella regione occidentale del Darfur. Ad annunciarlo è stato il capo della polizia della regione del Darfur, il generale Jamal al Hueres. Intanto, in un’intervista pubblicata dal Wall Street Journal, il segretario di Stato americano, Colin Powell, ha invitato il governo di Khartoum a rimuovere gli ostacoli all’intervento delle organizzazioni umanitarie. Mentre ieri, ad Addis Abeba, il portavoce dell’Unione africana, Adam Ntiam, ha dichiarato che l’organismo panafricano potrebbe elevare il proprio contingente per il Darfur da 300 a 2 mila soldati, inviati in numero uguale da Nigeria e Rwanda.

 

Alla borsa di New York, ieri il petrolio ha toccato il massimo degli ultimi 21 anni e oggi continua la sua corsa sui mercati europei. Il Brent, il greggio di riferimento per il Vecchio continente, è scambiato sopra i 40 dollari al barile. E proprio le continue violenze in Iraq, gli attentati ed i sabotaggi agli oleodotti, stanno pesando moltissimo sul prezzo dell’oro nero, come spiega, al microfono di Massimiliano Menichetti, Tonino Bigi responsabile comunicazione dell’Unione petrolifera italiana:

 

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R. – Siamo di fronte a dei fenomeni spiegabili, anche se del tutto eccezionali. Esiste un contesto geopolitico caratterizzato ancora da molto incertezza. Le situazioni, sia in Iraq che in altri Paesi prossimi come l’Arabia Saudita, rimangono ancora molto instabili, per cui qualsiasi altro avvenimento, anche di piccola portata, fosse il sabotaggio come avvenuto l’altro giorno di un oleodotto in Iraq, ha delle risonanze estreme e questo si riverbera ovviamente nelle quotazioni di borsa.

 

D. – Una situazione che danneggia consumatori e governi. Qual è la posizione delle compagnie petrolifere?

 

R. – Le compagnie petrolifere sono, esse stesse, vittima di questa situazione, una situazione cioè internazionale. Non si tratta di una situazione provocata dalla compagnie petrolifere. In questo contesto hanno agito con estrema prudenza, cautela e responsabilità. Le compagnie hanno fatto tutto quanto potevano fare per limare, ritardare, per attutire al massimo queste ricadute. Credo che, comunque, questa attenzione alle conseguenze dell’aumento dei prezzi petroliferi continuerà nel futuro.

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Trasferiamoci in Gran Bretagna. Grazie alle informazioni dei servizi segreti pakistani, è stato arrestato Abu Eisa Al Hindi, impegnato a preparare la fase finale di un attacco terroristico sul principale aeroporto di Londra, Heathrow. Stando, inoltre, agli elementi raccolti dai servizi segreti, la rete terroristica “al Qaeda” dispone di piani per attaccare navi mercantili al fine di compromettere gli scambi mondiali. Lo ha denunciato l’ammiraglio sir Alan West, capo di Stato maggiore della Marina britannica.

 

Ha confessato uno degli assassini di Maria Grazia Cutuli, l’inviata del quotidiano “Il Corriere della Sera” uccisa nel novembre 2001 sulla strada che dalla città afghana di Kabul porta in Pakistan. Reza Khan, già indagato dalla procura di Roma, ha rivelato alla tv afghana di aver fatto parte del commando che assaltò il convoglio su cui la giornalista italiana viaggiava con altri tre colleghi ed, in particolare, di aver ucciso lo spagnolo Julio Fuentes. Si trattò – ha spiegato – di un agguato a scopo di rapina.

 

Due tragedie aeree, nello spazio di poche ore. La prima è avvenuta in Siberia occidentale: un elicottero da trasporto è precipitato al confine con il Kazakistan. Tutti morti i 15 passeggeri: tre membri dell’equipaggio e 12 vigili del fuoco, impegnati in una missione di pattugliamento forestale. Sciagura analoga in Pakistan: in una zona montuosa del nordovest è precipitato un elicottero militare con 13 soldati a bordo. Anche qui, purtroppo, nessun superstite.

 

Una notizia preoccupante giunge dall’Indonesia, dove oggi sono riprese le esecuzioni capitali, sospese da tre anni. A Medan, nella provincia di Sumatra del nord, è stato fucilato un cittadino indiano accusato di narcotraffico: condannato nel ’95 per aver tentato di far entrare nel Paese 12 chilogrammi di eroina, si era sempre detto innocente. A nulla sono valsi gli appelli rivolti alla presidente, Megawati Sukarnoputri, dall’Unione europea e da varie organizzazioni umanitarie.

 

È stato riconosciuto colpevole nella pianificazione del colpo di Stato del 2000 il vicepresidente delle isole Fiji, Jope Seniloli. Un tribunale di Suva ha, infatti, riconosciuto che l’uomo aiutò l’autore del golpe, George Speight, a formare un governo dopo aver rovesciato quello legittimo dell’arcipelago del Pacifico. Domani saranno pronunciate le condanne definitive. Il vicepresidente rischia l’ergastolo.

 

Tragedia in Savoia: sette adolescenti di età compresa tra i 13 e i 15 anni sono morti nell’incendio che ha devastato, nella notte, un centro equestre a Lescheraines, piccola località a circa 30 chilometri dal capoluogo della regione, Chambery. Ancora da chiarire le cause del rogo.

 

Nella regione del Kashmir, nove agenti di polizia indiani sono rimasti uccisi e otto feriti in un attacco suicida compiuto da due separatisti islamici in un accampamento delle forze dell’ordine.

 

 

 

 

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