RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 215 - Testo della trasmissione di lunedì 2 agosto
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq ucciso un
ostaggio turco, liberati un camionista somalo e un uomo di affari libanese
Il governo israeliano ha approvato la costruzione di
altre 600 abitazioni in Cisgiordania.
2 agosto 2004
IL
PAPA E’ VICINO AI CRISTIANI DELL’IRAQ COLPITI DALLA VIOLENZA DEL TERRORISMO. IN
UN TELEGRAMMA AL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI, IL SANTO PADRE AUSPICA CHE
LA POPOLAZIONE IRACHENA RITROVI QUANTO PRIMA
LA VIA
DELLA CONCORDIA
- A cura di Alessandro Gisotti -
“In quest'ora di prova sono
spiritualmente vicino alla Chiesa ed alla società irachene e rinnovo
l’espressione della mia commossa solidarietà
a pastori e fedeli assicurandoli della mia preghiera e del mio costante impegno
perché quanto prima si instauri in Iraq un clima di pace e di riconciliazione”. Sono le parole commosse di
Giovanni Paolo II dopo gli attacchi terroristici che ieri hanno colpito le “comunità
cattoliche” di Baghad e Mossul, causando almeno 17 morti e decine di
feriti. In un messaggio inviato stamani al patriarca di Babilonia dei Caldei, e
presidente dell'assemblea dei vescovi cattolici dell’Iraq, Emmanuel III Delly,
il Papa si unisce al dolore di quanti sono stati colpiti dalla violenza del terrorismo.
Auspica, inoltre, che “tutti i credenti nell'unico Dio clemente e
misericordioso si uniscano nel deplorare ogni forma di violenza e cooperino per
il ritorno della concordia nella tribolata terra irachena”.
Sentimenti
ribaditi in una nota della Sala Stampa Vaticana. “Giovanni
Paolo II – afferma in
una dichiarazione il vicedirettore,
padre Ciro Benedettini - ha incaricato il Patriarca Emmanuel Delly “di
manifestare a Pastori e fedeli dei vari riti tutta la sua solidarietà in
quest’ora di sofferenza, deplorando vivamente le ingiuste aggressioni verso chi
solo intende collaborare per la pace e la riconciliazione del Paese”. Il Papa, pur in un momento di profondo dolore,
conferma, dunque, il massimo impegno della Chiesa e di tutti i fedeli per la
pace in Iraq. Un appello raccolto dal patriarca Emmanuel Delly,
che al microfono di Jean-Charles
Putzolu, parla di perdono e riconciliazione:
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La situazione è un po’ tesa tra
la nostra gente, dopo questi massacri che sono accaduti ieri. Speriamo che sia
l’ultima cosa. Ma l’unica cosa che possiamo fare è pregare. Da tanti anni
viviamo insieme e dobbiamo continuare questa vita insieme e perdonare quelli,
non diciamo nemici, che fanno del male ai loro confratelli nella stessa
famiglia irachena. Li perdoniamo e preghiamo il Signore affinché illumini la
loro mente e si impegnino a lavorare per il loro Paese e per i loro confratelli
nelle stessa famiglia irachena.
**********
Intanto, la massima autorità
religiosa sciita
irachena, ayatollah Ali Sistani, ha condannato
duramente gli attentati contro la comunità cristiana irachena definendoli
“crimini terribili”. L’ayatollah ha anche sottolineato “la necessità di rispettare i diritti dei
cristiani in Iraq e quelli delle altre religioni, cosi come il loro diritto a
vivere in casa loro, in Iraq, in pace”. Dal canto suo, il governo provvisorio
di Baghdad ha accusato il gruppo del terrorista al Zarqawi, alleato di Al
Qaeda, responsabile degli attentati alle chiese cristiane. Ma come si è
risvegliata stamani la comunità cristiana irachena, dopo la terribile giornata
di ieri? Ecco la testimonianza dell’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako,
raggiunto telefonicamente nella città irachena del nord da
Alessandro Gisotti:
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R. – E’ un momento tragico,
perché tutta questa gente era nelle chiese a pregare per la pace, per la
stabilità del Paese! Comunque, questo è stato un atto di terrorismo, non ha niente
a che fare con la resistenza e questa è tutta gente che viene da fuori, perché
non è nella natura irachena: non è mai stato così! Uccidono chiunque senza
guardare chi colpiscono né perché, per intralciare il cammino dell’Iraq verso
la democrazia.
D. – Mons. Sako, ma i rapporti
tra la comunità cristiana e la popolazione musulmana sono comunque buoni,
nonostante questa recrudescenza degli attacchi terroristici?
R. – Sono buoni e non hanno
nulla a che vedere con la religione musulmana. Sono gli estremisti! Gli imam, i
capi religiosi anche oggi sono venuti da me, per presentare le loro condoglianze.
D. – Eccellenza, lei pensa che
l’obiettivo sia proprio quello di cacciare la comunità cristiana dall’Iraq,
nonostante che sia presente da secoli?
R. – Non è solo questo, ma anche
il fatto che non vogliono vedere un Iraq moderno, democratico, pluralista. Lo
scopo è questo.
D. – Quale può essere il ruolo
della Chiesa? Cosa può fare la Chiesa di fronte a questi attacchi?
R. – Io ho fatto una
dichiarazione alla televisione nazionale, chiedendo unità nazionale,
riconciliazione ... ma abbiamo anche bisogno dell’aiuto degli altri Paesi. Non
so perché gli americani non abbiano controllato o perché non controllino anche
le frontiere. Adesso l’Iraq è diventato un campo fertile per il terrorismo mondiale!
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I cristiani dell’Iraq vivono,
dunque, tra tensioni, paure e speranze questa fase drammatica della propria
storia secolare. Sulla comunità cristiana irachena, la scheda di Alessandro
Gisotti:
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I cristiani in Iraq sono
discendenti di quelle popolazioni che non si convertirono all’Islam nel VII
secolo. Il 70 per cento di essi appartiene alla Chiesa caldea. In tutto –
rileva l’Agenzia Fides – i cristiani iracheni sono circa 800 mila, pari al 3
per cento della popolazione, suddivisi in cattolici ed ortodossi. Le comunità
cattoliche irachene sono di quattro riti: i caldei, oltre 700 mila,
costituiscono la larga maggioranza dei cristiani locali. La comunità caldea
assiste numerose famiglie povere, cristiane e musulmane, distribuendo cibo,
vestiario e aiuti di vario genere. Nella liturgia caldea, la lingua ufficiale è
l’aramaico, in quanto già lingua liturgica, teologica e classica del
Cristianesimo di tradizione semitica. Per numero, ci sono poi i siro-antiocheni:
si tratta di una comunità di circa 75 mila fedeli, divisi in due
diocesi fra Baghdad e Mosul. Nell'Iraq, i siro-cattolici sono sparsi dal sud al
nord del Paese: a Bassora si trova una piccola comunità; a Bagdad risiedono
circa 30 mila fedeli. C’è quindi la comunità armena che – ricorda Fides -
proviene dall’emigrazione e dalle deportazioni forzate delle popolazioni armene
avvenuta dopo il 1915, in seguito ai massacri subiti dal regime turco. In Iraq erano
fra 20 e 30 mila, ma nell’ultimo decennio la comunità si è assottigliata per
l’emigrazione dovuta alla povertà. Oggi sono circa 2 mila. Da circa tre secoli, infine, un gruppo di
missionari latini lavora in Iraq: religiosi e religiose sono impegnati nella
pastorale in parrocchie locali e nelle attività di solidarietà verso i poveri.
In tutto i cattolici di rito latino sono circa 2500.
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In Iraq proseguono le trattative per la liberazione
dei sette camionisti, tre keniani, tre indiani e un egiziano, ancora in mano ai
guerriglieri. E’ stata infatti smentita la notizia del loro rilascio data ieri
dal ministro degli Esteri del Kenya. E nella complessa vicenda dei sequestri
continuano ad alternarsi notizie di esecuzioni e liberazioni. Ce ne parla
Amedeo Lomonaco:
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Nel giorno del 14.mo anniversario dell’invasione
del Kuwait da parte delle forze irachene, un sito integralista islamico ha
mostrato, stamani, una drammatica sequenza di fotografie che documentano
l’uccisione di un ostaggio turco da parte di militanti iracheni. La televisione
araba al Jazeera ha riferito, inoltre, che è stato liberato il camionista
somalo sequestrato la scorsa settimana nel Paese arabo. Ed una fonte del
ministero degli Esteri di Beirut ha confermato il rilascio, ieri, di uno dei
due uomini d’affari libanesi rapiti due giorni fa. Cresce, intanto, l’allarme
terrorismo negli Stati Uniti: lo stato di allerta è passato da giallo ad
arancione dopo nuove minacce contro istituzioni finanziarie a New York e a Washington,
dove ulteriori misure di sicurezza sono state predisposte per le sedi della
Borsa, della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Ed un gruppo
terroristico legato ad Al Qaeda ha minacciato di colpire anche l’Italia con
un’ondata di attacchi se il governo del premier Silvio Berlusconi non ritirerà,
entro 15 giorni, le proprie truppe dall’Iraq.
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E in
Iraq è alto lo sgomento per i sanguinosi attentati avvenuti ieri davanti a quattro
chiese di Baghdad ed una di Mossul. Sulle ragioni degli attacchi che hanno
colpito la comunità cristiana nel Paese arabo ascoltiamo Guido Olimpio, esperto
di terrorismo del Corriere della Sera:
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R. – I cristiani, al pari delle
truppe della coalizione o degli sciiti, sono visti come dei nemici, e, colpendo
anche le chiese, si vuole allargare ulteriormente il caos, il disordine.
D. – Quali pericoli ci sono?
R. – Il governo iracheno non
riesce ad assumere il controllo della situazione; il secondo elemento è
caratterizzato da una continua frammentazione del tessuto sociale iracheno.
D. – Perché questa tattica di
colpire quasi in modo sincronizzato?
R. – Diciamo che tale strategia
rievoca l’effetto ‘11 settembre’. A partire da quegli attacchi perpetrati negli
Stati Uniti, i gruppi terroristici hanno cercato di colpire in maniera simultanea,
con più attacchi per dare una proiezione anche militare delle loro azioni.
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IL “PROFONDO DOLORE” DI GIOVANNI PAOLO II ALLA
“TRISTE NOTIZIE” DELL’INCENDIO CHE HA CAUSATO IERI LA MORTE DI 30 PERSONE
ALLA PERIFERIA DI ASUNCION, IN PARAGUAY
Giovanni Paolo II ha accolto con
“profondo dolore” la “triste notizia” dell’incendio che ha causato ieri la
morte di circa 300 persone in un centro commerciale alla periferia di Asunción,
in Paraguay. In un telegramma inviato a nome del Papa dal cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, all’arcivescovo di Asunción, mons. Eustaquio Pastor
Cuquejo Verga, Giovanni Paolo II ha espresso le proprie sentite condoglianze ai
familiari delle vittime, per le quali ha offerto la sua personale preghiera.
Quella verificatasi ieri è la tragedia più grave nella storia del Paraguay,
dopo le guerre. Il presidente della Repubblica, Nicanor Duarte Frutos, ha
escluso che l’incendio e le esplosioni siano frutto di un attentato. Il servizio
di Maurizio Salvi:
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Dopo le esplosioni, circa 800
persone che affollavano il centro commerciale si sono precipitate verso le
uscite, mentre parte del soffitto dell’ultimo piano rovinava sulla gente in
fuga. Molti ce l’hanno fatta a raggiungere l’esterno, ma molti altri, sono
rimasti intrappolati all’interno dell’edificio. Questo perché, incredibilmente,
qualcuno dei responsabili del supermercato ha dato l’ordine di chiudere tutte
le uscite per impedire il furto di prodotti. L’arcivescovo di Asunción, mons. Pastor Cuquejo, ha messo a disposizione la chiesa della
Santissima Trinità per assistere i familiari delle vittime ed ha chiesto a
tutti i sacerdoti del Paese di mobilitarsi per alleviare il dramma vissuto
dalle famiglie.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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IL PRIMATO DI DIO NELLA NOSTRA VITA CI INDICA LA
VIA MAESTRA
PER
SCOPRIRE LA VERA RICCHEZZA
- Intervista con il cardinale Ersilio Tonini -
“Riconoscere il primato di Dio
sulla nostra vita lasciandoci condurre, per ogni scelta quotidiana dal suo
Vangelo” è l’insegnamento di Gesù ripreso dal Papa ieri all’Angelus. Ha indicato
“quale sia la vera ricchezza: non quella costituita dai beni materiali, ma
quella spirituale”. Ma come restare fedeli nella vita di ogni giorno a questo
difficile insegnamento e come vincere le lusinghe che comporta la ricchezza,
soprattutto nei tempi odierni dove tutto sembra incentrato a rincorrere il
possesso di qualcosa? Roberta Gisotti lo ha chiesto al cardinale Ersilio Tonini:
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R. – Io suggerirei una cosa
sola: le preghiere del mattino. Perché l’insegnamento sta bene, l’esortazione
sta bene, però bisogna fare esperienza di quel che il Papa ha detto. Cosa
voglia dire esperienza? Io mi chiedo: “Dio, come entra nella mia vita?”. La
gran parte pensa: “Entra nella mia vita perché io ho bisogno di Lui!”. Ci si
dimentica un’altra cosa: che Lui è già entrato nella mia vita! Chi sono, lo
devo a Lui. Non c’ero e ci sono! Questo è un discorso che i papà e le mamme
sono in grado di fare perché loro, stranamente, si accorgono di una verità che
avevano dimenticato: quando nasce loro un figlio, assistono al miracolo! Arriva
un figlio che è nato da te ma non è fatto da te, che è uno stupore infinito e
che è proprio la prova del grande mistero! Il capire i valori della vita, cioè
che le cose di questo mondo contano assai poco, lo si può soltanto quando si è
trovato qualcosa di meglio e il meglio si trova quando tu sei un regalo, un
regalo di qualcuno! Io sono il bene di Dio: questa è la grande cosa, enorme,
che dobbiamo ripetere. Allora nasce la tensione verso il futuro, allora le
altre cose contano poco! L’essere ‘velina’ o ‘velona’ è una stupidaggine
infinita, ma soltanto se ti accorgi che c’è qualcosa di più grande!
D. – Eminenza, vuol dire che i
valori evangelici debbono essere trasmessi anzitutto dalla famiglia, fin dalla
primissima infanzia?
R. – Chiaro! Con la nascita,
legati alla nascita. Io ho 90 anni, ma quando mi sveglio al mattino, anche
questa mattina, mi viene voglia di gridare: “Ci sono!”. Perché sono contento di
essere al mondo? Non perché posso girare o sentirmi dire “cardinale”: questo
non conta niente. Ma perché mi rendo conto che c’erano delle intenzioni di Dio
su di me!
D. – Eminenza, ma come è
possibile trasmettere, appunto, questo concetto?
R. – Ci vuole un’arte educativa.
E’ inutile che la mamma dica al bambino: “Guarda, che questo è brutto, è
brutto, è brutto!”. Il bambino lo capirà se ha trovato qualcosa di bello. Quando
tu hai provato un gusto molto più alto, capisci che il resto è stupidità. Ma
perché capisca che è stupidità, bisogna che abbia trovato qualcosa di meglio, altrimenti
i nostri sono lamenti, sono solo discorsi lamentosi. E’ inutile dire: “Un tempo
... un tempo ... un tempo ...”. E’ quando tu hai sperimentato il bene che
capisci cosa è il male!
D. – Ecco, eminenza, restando
alle parole di Gesù: Lui spiega alla folla che è stolto “chi accumula tesori
per sé e non arricchisce davanti a Dio”. Questo significa anche che, forse, non
dobbiamo demonizzare la ricchezza in sé ma l’uso sbagliato che spesso ne facciamo?
R. – E’ chiaro, Sant’Agostino
ripeteva sempre: “Alcuni dicono: ‘Via l’oro, buttiamo via l’oro, perché provoca
tanto male!’. Lui rispondeva: ‘Un momento: in mano ai buoni, può servire a fare
tante, tante cose straordinarie, l’oro. E’ in mano ai cattivi che l’oro serve
soltanto a opprimere, a sfruttare, a creare ingiustizie, eccetera.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “14 e 15 agosto - 5 settembre 2004: due luminosi itinerari
mariani per una primavera di grazia e di impegno”. Il Papa a Lourdes per
chiedere la grazia alla santità per tutti i credenti. L’eccezionale
appuntamento di Loreto per l’Azione Cattolica: un nuovo inizio nel solco di una
storia mariana e petrina.
Sempre
in prima il telegramma di cordoglio del Santo Padre dopo i tragici attacchi di
ieri, a Baghdad e a Mossul, contro varie comunità cattoliche raccolte in
preghiera nei rispettivi luoghi di culto.
Il
telegramma di cordoglio del Papa per le vittime del tragico incendio in un
centro commerciale, in Paraguay.
Nelle
vaticane, il messaggio del Santo Padre al presidente della Città di Varsavia,
in occasione delle celebrazioni del sessantesimo anniversario dell’insurrezione.
Nelle
estere, terrorismo: elevato il livello di allarme a New York e a Washington.
Nella
pagina culturale, un articolo di Gaetano Vallini in merito ad un volume sui 40
anni del Policlinico Universitario Agostino Gemelli.
Nelle
pagine italiane, in rilievo i temi delle riforme e dei conti pubblici.
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2 agosto 2004
L’UNIVERSO DELLE
ADOZIONI A DISTANZA AL CENTRO DI UN CONVEGNO PROMOSSO,
DI RECENTE A ROMA, DALL’ASSOCIAZIONE GUEST HOUSE
- Intervista con Silvia Vesce e padre Paolo Serra
-
Nelle adozioni a distanza e
nelle differenti forme di solidarietà nei confronti dei minori occorrono
trasparenza e chiarezza. E’ quanto ribadito nel convegno organizzato, di
recente a Roma, dall’associazione culturale Guest House, al quale hanno preso
parte numerosi esponenti del mondo giudiziario e medico. E’ stato sottolineato
che resta fondamentale non sradicare i bambini dai Paesi d’origine, ma portare
loro aiuto per farli crescere tra la loro gente. Il servizio di Marina Tomarro.
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Un bambino è un bene prezioso e
a distanza si diventa genitori ancora più riflessivi: è la convinzione di chi
ha fatto questa scelta, come conferma Silvia Vesce della Guest House:
“Si è pieni d’amore, perché s’immagina questo bambino.
Molte volte sono orfani, molte volte sono bambini anche disabili perché hanno
vissuto la guerra oppure hanno avuto delle malattie. Io ho cominciato con il
desiderio di averne uno ed oggi ne ho sette. Oggi quindi sono felicissima
perché poi, nel cammino con questi bambini, ho cominciato a conoscere le loro
madri nelle case dei missionari in cui questi bambini sono accolti. Cerco di
essere il più vicina possibile a tutti”.
Di come vengono gestiti i
proventi delle adozioni a distanza, ci parla padre Paolo Serra, missionario
comboniano in Uganda:
“In Uganda, su diciotto milioni di abitanti, quasi tre
milioni sono orfani. Ci sono delle famiglie in Uganda che, pur avendo molti
altri figli, sarebbero disposte a prendere uno, due o tre bambini ai quali
darebbero un tetto, cibo e una famiglia. Però non possono sostenere le spese
scolastiche. Ecco perché noi abbiamo fatto questa scelta di aiutare quelle famiglie
attraverso il supporto a distanza. Noi non mandiamo i soldi alle famiglie ma
provvediamo all’educazione scolastica. Tra le famiglie qui in Italia e i
bambini c’è una corrispondenza due volte all’anno. C’è sempre anche un
resoconto dettagliato delle spese necessarie. Noi riusciamo a provvedere le
spese per trecento bambini e vogliamo allargare il numero”.
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DA SABATO SCORSO DELEGAZIONI DI GIOVANI DI
TUTTI I PAESI EUROPEI
SONO
IN MARCIA ATTRAVERSO LA SPAGNA, IN OCCASIONE
DEL
“PELLEGRINAGGIO EUROPEO DEI GIOVANI CRISTIANI”
NELL’ANNO
SANTO COMPOSTELANO. A SANTIAGO DE COMPOSTELA
LE
CELEBRAZIONI CONCLUSIVE IL 7 E 8 AGOSTO
Da sabato scorso delegazioni di
giovani di tutti i Paesi europei sono in marcia attraverso la Spagna, in
occasione del “Pellegrinaggio Europeo dei giovani cristiani”. Dopo giorni di
cammino, i giovani arriveranno a Santiago de Compostela per prendere parte alle
celebrazioni del 7 e 8 agosto. Previsto un incontro sul tema: “Testimoni di
Cristo per un’Europa della Speranza”, promosso dalla Conferenza episcopale
spagnola. Il servizio di Francesca Fialdini:
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(musica)
Incontrarsi a Santiago, in terra
di Galizia, alla scoperta della propria identità, del volto storico, culturale
e spirituale di questa vecchia Europa, sempre più nuova, sempre più grande.
Ritrovarsi a Santiago nel primo Anno Santo compostelano del millennio, per diventare
uomini e donne di speranza. Attesi in 30 mila al “Pellegrinaggio europeo dei giovani
cristiani”, che si incontreranno ai piedi della tomba di San Giacomo. Scopo:
riflettere insieme sulle sfide politico-culturali di inizio secolo, nell’anno
dell’ampliamento dell’Unione, seguendo l’appello europeista di Giovanni Paolo
II, lanciato proprio da Santiago nel 1982: “Europa rincontrati, sii te stessa,
scopri le tue radici, ravviva le tue radici. Ma perché essere pellegrini
oggi? Risponde Padre Alberto Tortelli:
“E’ una scelta legata a un
desiderio che è insito in ogni uomo. Il pellegrino ha anche un qualcosa di più,
alcune idee chiare: sa da dove parte, ha una mappa, quindi ha un itinerario e
ha una guida che è il Signore. Avere una meta significa avere nel cuore
richieste ben precise. Sempre chi fa un pellegrinaggio ha un Dio cui rivolgersi,
non vaga nel nulla”.
(musica)
Tutto ebbe inizio nella prima metà del XX secolo, dopo la
scoperta della tomba dell’apostolo Giacomo, anno 829, da allora un fluire
continuo di pellegrini affronta un viaggio lungo e faticoso che neppure i
moderni mezzi di trasporto hanno mutato. Partendo dal paesino francese di San
Giampier de Port alla riscoperta dell’essenziale come racconta Giorgio in
cammino in questi giorni:
“Non ero abituato al freddo e
all’inizio c’erano anche preoccupazioni del tipo:”dove andiamo a dormire, cosa
facciamo, chissà che posti troviamo”. Poi, però, quando vedi la disponibilità
da parte d alcune persone che capiscono lo spirito del pellegrinaggio passa ogni
dubbio. Per esempio, capita che arrivi in albergo distrutto dopo sette o otto
ore di camminata e trovi l’ospitalero,
così si chiama, che ti prende addirittura lo zaino e te lo poggia sul letto”.
(musica)
Nel messaggio del 31 dicembre scorso, in occasione
dell’inizio dell’Anno Santo compostelano, Giovanni Paolo II ha ribadito la
necessità di riaffermare il Vangelo quale riferimento fondamentale per l’intero
continente. Nei tre giorni di dibattito, catechesi e tavole rotonde, sotto la
guida di rilevanti personalità ecclesiali dei diversi Paesi, i giovani europei
riscopriranno il senso della proposta cristiana per ripartire da Santiago su
solide basi in vista del prossimo Incontro Mondiale della Gioventù, a Colonia
nel 2005. Sabato 7 agosto, nel corso della veglia sul monte del Goso, verrà
presentata la lettera dei giovani cristiani d’Europa, manifesto programmatico
per diventare costruttori di un continente della speranza.
(musica)
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2 agosto 2004
SONO SEI MILIONI LE DONNE NEL MONDO VENDUTE OGNI
ANNO
A FINI
DI PROSTITUZIONE, SCHIAVITU’ O MATRIMONIO. DI QUESTE, LA MAGGIOR PARTE PROVIENE
DALL’EUROPA DELL’EST.
SONO
ALCUNI DATI CONTENUTI NEL DOSSIER
DIFFUSO
IERI DALL’AGENZIA FIDES SUL DRAMMATICO FENOMENO
ROMA.
= Sono 4 milioni le donne vendute ogni anno a fini di prostituzione, schiavitù
o matrimonio e 2 milioni le bambine, tra i 5 ed i 15 anni, che vengono
introdotte nel “mercato” del sesso. Secondo le Nazioni Unite, fonte di queste
stime, la tratta femminile è la terza attività illecita, dopo traffico di armi
e droga, più redditizia al mondo, capace di generare guadagni che si avvicinano
ai 12 miliardi di dollari l’anno. Parte da questi dati un dossier elaborato e
diffuso ieri dall’agenzia Fides, nel quale si sottolinea anche la diminuzione
dell’età media delle donne avviate alla prostituzione, che si aggira tra i 18
ed i 24 anni. Tradizioni sociali, abitudini culturali, contesti politici ed
economici sono i fattori alla base del fenomeno individuati dallo studio. Tra
le cause principali, però, Fides indica innanzitutto l’indigenza che “impedisce
alle donne di soddisfare le esigenze vitali nei Paesi di origine e le spinge a
fuggire verso il mondo del benessere”. “Il cliente – sottolinea Fides - è uno
dei punti chiave, dal momento che è colui che alimenta questa industria. Si
dimentica spesso che il mercato del sesso si avvale di esseri umani non per
soddisfare la domanda dei trafficanti, ma quella dei clienti”. Ricorrenti le modalità
d’ingresso delle vittime nelle reti della tratta: i membri di un’organizzazione
di trafficanti viaggiano fino ai Paesi d’origine e – si legge nel documento -
entrano in contatto con le donne mediante inserzioni pubblicitarie o avvicinandole
direttamente nei quartieri più degradati, dove dilaga la miseria, le famiglie sono
numerose e le speranze di futuro pressoché nulle. (D.G.)
“LA MISSIONE E L’EUROPA
DEL FUTURO” E’ IL TEMA DELLE GIORNATE MISSIONARIE
NAZIONALI 2004 IN PROGRAMMA A
FATIMA, IN PORTOGALLO, DAL 17 AL 19 SETTEMBRE
LISBONA. = Le radici cristiane dell’Europa, la nuova
evangelizzazione del Continente, l’accoglienza dei profughi e degli immigrati:
questi, i temi oggetto delle Giornate Missionarie Nazionali 2004 che si
terranno dal 17 al 19 settembre a Fatima, in Portogallo, presso il Centro
Pastorale Paolo VI. L’iniziativa, dal titolo “La Missione e l’Europa del
Futuro”, è promossa dalla Commissione episcopale delle missioni della
Conferenza Episcopale Portoghese (Cep), dalle Pontificie Opere Missionarie e
dalle Commissioni per le Missioni degli istituti religiosi maschili e
femminili. Tra i diversi interventi, è previsto anche quello di mons. Damião
Antonio Franklin, arcivescovo di Luanda, in Angola, per una riflessione sul
contributo che le giovani Chiese africane possono offrire all’evangelizzazione
dell’Europa. (R.P.)
LA QUESTIONE AMBIENTALE AL CENTRO
DELLA SETTIMANA DI DIBATTITI
NEL MONASTERO DI CAMALDOLI, IN
TOSCANA, DAL 29 AGOSTO AL 4 SETTEMBRE. L’INIZIATIVA RIENTRA NELLE “SETTIMANE DI
CAMALDOLI”
ORGANIZZATE DALLA FUCI PER I
GIOVANI
CAMALDOLI. = Riflettere sulle tematiche ambientali e
studiare le misure necessarie alla salvaguardia della Terra. Questo il duplice
obiettivo della settimana d’incontri con esperti di ecologia, che si svolgerà a
Camaldoli, in provincia di Arezzo, dal 29 agosto al 4 settembre, dal titolo “La
Carta della Terra”. L’iniziativa rientra nell’ambito delle “Settimane di
Camaldoli”, organizzate dalla Fuci. Si tratta di settimane durante le quali
giovani provenienti da tutt’Italia si confrontano su argomenti, prevalentemente
di carattere teologico. Ciascuna prevede due relatori che introducono e
approfondiscono una determinata materia, proponendo degli spunti di riflessione
sui quali si sviluppa il dibattito. A caratterizzare questa esperienza è la condivisione della stessa vita dei monaci camaldolesi, che ospitano i
ragazzi nella foresteria del monastero. Il titolo della settimana dedicata all’ambiente, “La Carta della Terra”,
s’ispira a quello che nelle intenzioni della Croce verde internazionale,
organismo orientato all’ecologia e guidato dall’ex presidente dell’Unione sovietica,
Mikhail Gorbachev, avrebbe dovuto essere un “patto tra i popoli”, attento alle
osservazioni dei comitati nazionali, che attualmente sono 53. (D.G.)
NASCE,
ALL’INTERNO DEL PENITENZIARIO MINORILE DELL’ISOLA DI NISIDA,
VICINO
NAPOLI, LA BIBLIOTECA “ELSA MORANTE RAGAZZI”
NAPOLI. = L’associazione culturale Premio Elsa
Morante ha fondato una nuova sezione all’interno della biblioteca “Dumas” del
carcere minorile di Nisida, a Napoli, che verrà dotata di libri di letteratura
contemporanea per ragazzi e di volumi in lingua, in particolare arabo e
albanese. In riferimento all’iniziativa, Gianluca Guida, direttore del
penitenziario, ha sottolineato “quanto sia importante per gli adolescenti la
possibilità di leggere libri per migliorarsi, per nutrire la propria anima a
volte stordita da esperienze di vita troppo difficili”. “Per i giovani – ha
detto - soprattutto per quelli che vivono disagi, la letteratura sarà matrice
di stimoli ed interessi nuovi”. Il presidente dell’associazione culturale Premio Elsa Morante, Tjuna Notarbartolo, ha, inoltre, osservato che “si
tratta di un’operazione molto “morantiana”. La scrittrice romana, infatti, ha
sempre avuto molta attenzione per i giovani, soprattutto per quelli difficili,
alcuni dei quali hanno lasciato tracce indelebili nelle pagine dei suoi
romanzi. “Mettere a disposizione di questi ragazzi testi che li possano interessare
vuol dire nutrirli di esperienze positive e dar loro la possibilità di
affacciarsi ad un altro tipo di finestre spalancate sul mondo”, ha commentato
Notarbartolo. (D.G.)
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2 agosto 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il premier israeliano Ariel
Sharon ed il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, hanno approvato in segreto,
due mesi fa, un piano di espansione dell'insediamento ebraico di Maale' Adumim,
in Cisgiordania, con la costruzione di
600 nuovi appartamenti. La notizia, pubblicata oggi dal quotidiano
Maariv, ha trovato conferma negli ambienti del ministero della Difesa. Sul
terreno, intanto, tre militanti palestinesi e una donna sono rimasti uccisi in
distinti episodi avvenuti nella Striscia di Gaza.
Almeno 38 morti e 15 feriti è il drammatico
bilancio di un incidente avvenuto questa notte in Perù quando un autobus della
compagnia di trasporti peruviana, in servizio fra Chacas e Lima, è caduto in un
burrone profondo 300 metri.
Un
accordo che potrà cambiare i rapporti di forza economici e commerciali tra
mondo industrializzato e Paesi in via di sviluppo. E’ questa la positiva
conclusione del vertice di Ginevra dell’Organizzazione Mondiale per il
Commercio. Ieri la firma dell’accordo che rilancia i negoziati sulla
liberalizzazione degli scambi internazionali. Il servizio di Mario Martelli:
**********
Il Consiglio generale dell’Organizzazione mondiale del Commercio
ha tenuto a Ginevra una vera e propria maratona di negoziati, anche in sedute
prolungatesi oltre 24 ore consecutive, per raggiungere un accordo di
compromesso destinato a rilanciare la liberalizzazione degli scambi commerciali
mondiali. Solo alla fine della settimana, le 147 delegazioni degli altrettanti
Paesi membri dell’Organizzazione, inclusi numerosi ministri, sono giunti nella
notte all’approvazione del documento che dovrebbe consentire di superare il
fallimento della Conferenza ministeriale dell’anno scorso a Cancun, in Messico.
Un documento di una ventina di pagine che scende nei dettagli dei negoziati
avviati a Doha, nel Qatar, nel novembre del 2001 e che stabilisce, in
particolare, impegni precisi nel settore agricolo. Si tratta di eliminare,
quanto prima, le sovvenzioni alle esportazioni agricole, di ridurre quelle
interne e di facilitare l’accesso ai mercati anche con la riduzione dei diritti
doganali. Un compromesso è stato trovato, poi, per l’accesso sui mercati dei
prodotti industriali e si auspica, ora, un’accelerazione del ritmo dei
negoziati per la liberalizzazione dei servizi e per facilitare gli scambi. Da
parte della delegazione degli Stati Uniti si definisce positivo l’accordo per
tutti, inclusi esportatori, consumatori, Paesi sviluppati e Stati in via di
sviluppo. Soddisfazione è stata espressa anche dall’Unione Europea. Altre delegazioni
hanno affermato di aver accettato l’accordo di Ginevra, nonostante il documento
approvato non soddisfi tutte le loro rivendicazioni. La prossima Conferenza
ministeriale dell’Organizza-zione mondiale del Commercio dovrebbe svolgersi ad
Hong Kong nel dicembre del 2005.
Da Ginevra, Mario Martelli, per
la Radio Vaticana.
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La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla
regione sudanese del Darfur equivale a una ''dichiarazione di guerra''. Lo ha
detto il portavoce dell'esercito di Khartoum, il generale Suleiman, sostenendo
che il limite di 30 giorni stabilito dal Palazzo di Vetro per disarmare le
milizie arabe Janjaweed, colpevoli di atrocità nel Darfur, è difficile da rispettare
per il governo sudanese. Ma qual è dunque ora la linea seguita dalle autorità
di Khartoum? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Cesare Mazzolari, vescovo di
Rumbek, nel sud Sudan:
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R. –
Dalle ultime dichiarazioni da parte del governo, sembra che il Sudan rifiuti la
condizione posta dall’Onu, cioè 30 giorni per il disarmo dei miliziani. Ci
sarebbe quindi una resistenza nei confronti di quanto deciso dalla comunità
internazionale. È però difficile capire cosa faranno le autorità di Khartoum.
D. –
A questo punto l’esercito sudanese potrebbe intervenire nella crisi?
R. –
Non è da escludere che siano le milizie a voler reagire. A noi
risulta che i Janjaweed,
che stanno causando questa tragedia umanitaria di crimini ed uccisioni, siano
stati armati da Khartoum. Ma le autorità lo negano, come non ammettono che sia
in atto una violazione dei diritti umani.
D. – Qual è la situazione nel
Darfur in questi giorni?
R. – Non potrebbe essere
peggiore, perché manca la possibilità di muoversi, a causa delle piogge che
quest’anno sono molto abbondanti. Inoltre il cibo scarseggia, le stragi da
parte dei Janjaweed continuano e le medicine non sono sufficienti ad affrontare
l’ultima emergenza: il colera.
D. – Al confine tra Ciad e Sudan
si è schierata una missione francese per permettere il passaggio degli aiuti
per i disastrati del Darfur. Quanto potrà servire questa mobilitazione?
R. – Senz’altro proteggerà i
profughi che sono riusciti a riparare in Ciad e io penso che molti degli
abitanti del Darfur continueranno ad arrivare anche qui al sud, nelle diocesi
di Rumbek e di Wau. In quest’ultima arrivano ormai da gennaio e sono già più di
duecentomila.
D. – Qual è la speranza della
Chiesa allora?
R. – Che si riesca a controllare
la situazione nel Darfur e che la pace prevalga davvero.
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Diplomazia
ancora al lavoro per cercare uno sbocco alla crisi nucleare nordcoreana. A
Seul, capitale della Corea del Sud, sono iniziati stamattina i colloqui fra gli
ambasciatori cinese e sudcoreano a Pyongyang. I due Paesi stanno cercando di
preparare un quarto round di negoziati a sei da tenersi in settembre. Una
soluzione sembra meno lontana, dopo la disponibilità mostrata dagli Stati Uniti
ad aiutare economicamente la Corea del Nord in cambio della rinuncia al
programma atomico.
In Italia, sono partiti questa
mattina da Lampedusa, con la motonave di linea diretta a Porto Empedocle, i
primi cento clandestini giunti nell'isola nella notte tra venerdì e sabato.
Dopo il loro arrivo, previsto in serata, saranno smistati verso altri Centri di
trattenimento temporaneo del sud Italia. Nel Centro di prima accoglienza
dell'isola, gestito dall'associazione La Misericordia, restano ancora 241
immigrati. Nell'ultima settimana sono giunti complessivamente a Lampedusa oltre
mille clandestini. Gli oltre 300 immigrati approdati nella notte tra venerdì e
sabato provengono dai Paesi dell’Africa subsahariana e del Maghreb. Ascoltiamo
don Bruno Mioli, responsabile della Fondazione Migrantes della Conferenza
episcopale italiana, intervistato da Stefano Leszczynski:
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R. – Innanzitutto bisogna
sottolineare che c’è una inesorabile, irrefrenabile spinta ad uscire dalla
disperazione. Finché non si prendono provvedimenti per frenare questa spinta ad
uscire, migliorando le condizioni socio-economiche di quei Paesi, sarà fatale
che avvenga questo approdo sulle coste italiane. E quando parlo di responsabilità
non parlo solo dell’Italia, ma parlo dell’Unione Europea.
D. – Queste persone rischiano la
vita sfidando il mare. Una volta arrivati, trovano un sistema di accoglienza
che non si può definire appropriato …
R. – E non parliamo soltanto
dell’Italia, ma c’è la Grecia, c’è Malta, c’è la Spagna che sono direttamente
interessate. Bisognerebbe dare atto anche all’Italia che una primissima
accoglienza di solito viene data. Ecco, il problema però fondamentale è se
questa gente disperata, che approda sulle coste dell’Unione Europea, abbia un
titolo, se non per l’asilo politico, almeno per la protezione umanitaria.
D. - Una forte polemica,
comunque, che sta interessando anche l’Unione Europea, riguarda il caso,
parecchi giorni fa, della nave tedesca Cap Anamur. Il Tribunale di Roma ha dichiarato
illegittime le espulsioni …
R. – Sarebbe ingeneroso puntare
il dito soltanto sull’Italia, perché sia Malta che la Germania hanno risposto
in modo così sbrigativo e tassativo: “Noi non c’entriamo”. Prendiamo atto che
alla fine è stata l’Italia quella a piegarsi, potremmo dire, ad una ragione umanitaria,
anche se poi, diciamo, l’Italia non si è comportata di conseguenza, ma ha usato
quel discutibilissimo sistema del rimpatrio che ora è stato sconfessato anche
dal Tribunale.
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