RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 260 - Testo della Trasmissione mercoledì 17 settembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il viaggio apostolico in Slovacchia ripercorso dal Papa per i pellegrini all’udienza generale in Piazza San Pietro. Un invito al mondo dello sport, perché sia luogo di formazione ai valori etici e spirituali.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Appello del custode della Basilica della Natività a Betlemme, padre Ibrahim Faltas, ai pellegrini di tutto il mondo: non abbiate paura, tornate in Terra Santa.

 

Calma in Guinea Bissau dopo il golpe, il popolo guarda alla Chiesa. Con noi, il vicario generale della diocesi di Bissau, mons. Domingos Ca.

 

Violenza sulle donne, una piaga da risanare. Presentata dall’Onu a Roma una nuova strategia.

 

Un mercato della radio e della televisione di qualità al vaglio per il Premio Italia, prestigioso concorso internazionale in corso tra Catania e Siracusa. Intervista con Carlo Sartori.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta la 58.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

I vescovi caldei chiedono una propria rappresentanza nel Consiglio governativo iracheno.

 

Chiesto dal cardinale Agnelo Majella al governo brasiliano un piano per combattere la corruzione.

 

Nuovo impulso all’annuncio del Vangelo, dialogo ecclesiale e attenzione ai poveri, priorità pastorali indicate dal nuovo arcivescovo di Manila, Gaudencio Rosales.

 

Inizia domani a Roma il seminario di studio promosso dalle Commissioni e dai Consigli episcopali europei sulle iniziative televisive dei cattolici.

 

24 ORE NEL MONDO:

Veto degli Stati Uniti alla risoluzione Onu contro l’esilio di Arafat.

 

Anche cittadini statunitensi e britannici nella resistenza irachena: la coalizione ne arresta 8.

 

In carcere il presunto assassino del ministro svedese Anna Lindh: è un 35.enne presumibilmente legato agli ambienti neonazisti.

 

        

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 settembre  2003

 

 

IL RICORDO DEL VIAGGIO APOSTOLICO IN SLOVACCHIA,AL CENTRO DELL’UDIENZA GENERALE DEL PAPA,

CHE HA ANCHE RIVOLTO UN INVITO AL MONDO DELLO SPORT

PERCHE’ SIA LUOGO DI FORMAZIONE AI VALORI ETICI E SPIRITUALI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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La Slovacchia nel cuore, con la sua gente, le sue celebrazioni “belle e suggestive”, la constatazione di una linfa evangelica che non ha smesso di scorrere nella Chiesa locale, neanche quando la storia le ha riservato persecuzione e martirio. E’ un affettuoso e ammirato apprezzamento quello che Giovanni Paolo II ha riservato oggi ai fedeli e alle istituzioni slovacche. L’udienza generale in Piazza San Pietro ha permesso al Papa di riandare con la memoria ai giorni e agli avvenimenti del 102.mo viaggio apostolico appena concluso, il terzo nel Paese appartenente al blocco di nazioni che nel maggio 2004 entrerà nell’Unione Europea. Proprio questo aspetto è stato una volta di più sottolineato dal Pontefice:

 

“Con piacere ho potuto ammirare lo sviluppo economico e sociale che è stato realizzato in questi anni (…). Grazie a Dio, (il popolo slovacco, ndr) possiede un ricco patrimonio spirituale, che, nonostante la dura persecuzione subita nel passato, ha saputo saldamente conservare”.

 

Dalla visita all’antica cattedrale di Trnava fino alla cerimonia di beatificazione del vescovo Vasil’ Hopko e di suor Zdenka Schelingova, domenica scorsa a Bratislava, Giovanni Paolo II ha ricordato tutti i singoli momenti di incontro con la comunità ecclesiale slovacca. Ed ha ribadito alcune delle affermazioni-chiave che hanno costituito la trama spirituale del viaggio: dal “coltivare, a partire dalla famiglia, una libertà matura” al restare “solidamente radicati” nella secolare tradizione cristiana del Paese. Tradizione che permetterà alla Slovacchia – si è detto convinto il Papa - di “offrire alla costruzione dell’Europa un suo valido contributo anche sul piano dei valori”. Per questo, fondamentale resta il lavoro di formazione proposto dalla Chiesa a partire dai suoi vescovi, sempre al centro dell’attenzione del Pontefice:

 

“Li ho incoraggiati a proseguire nella vasta opera di promozione della vita cristiana, dopo gli anni bui dell’isolamento e della dittatura comunista”.

 

Sulla scorta di quel passato doloroso, ha concluso Giovanni Paolo II, si misura la volontà espressa dai fedeli slovacchi di “restare fedeli a Cristo e alla Chiesa”, proposito che il Papa ha affidato alla Madonna Addolorata, principale Patrona del Paese europeo.

 

Tra le migliaia di persone radunate in Piazza San Pietro, vi erano stamani anche i dirigenti della Federazione italiana giuoco calcio insieme agli arbitri di Serie A e B. Al momento dei saluti conclusivi, Giovanni Paolo II ha voluto indirizzare un pensiero e insieme un’esortazione ai rappresentanti di uno sport molto amato in Italia, al centro, negli ultimi mesi, di una serie di vicissitudini:

 

“Carissimi, la vostra presenza mi offre l’occasione per auspicare ancora una volta che lo sport sia sempre palestra di autentica formazione umana, ispirata ai valori etici e spirituali”.

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UDIENZA PRIVATA E RINUNCIA IN BRASILE

 

Il Papa ha ricevuto stamani in udienza l’arcivescovo indiano mons. George Kocherry, nunzio apostolico in Ghana.

 

In Brasile, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Aracatuba, presentata dal vescovo mons. José Carlos Castanho de Almeida, in conformità alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Un passo della catechesi dell'odierna udienza generale è il contenuto della testatina dal titolo "L'Europa o è cristiana o non è Europa".

Il titolo d'apertura è "Cara Slovacchia, grazie per il tuo amore alla Chiesa e al Successore di Pietro!": all'udienza generale, Giovanni Paolo II ricorda il recente viaggio apostolico in una terra segnata da una lunga storia di fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

 

Nelle vaticane, l'omelia del vescovo Crepaldi durante la celebrazione Eucaristica presieduta dall'arcivescovo Martino in occasione del primo anniversario della morte del cardinale Van Thuan.

Due pagine dedicate alla figura di San Giuseppe da Copertino.

 

Nelle estere, riguardo al Medio Oriente, veto degli Usa all'Onu ad una risoluzione contro la decisione di esiliare Arafat.

Iraq: la diplomazia internazionale al lavoro per trovare soluzioni alla crisi.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Paolo Miccoli dal titolo "L'esaltante avventura di essere persona": il confronto tra uomo e natura nel pensiero contemporaneo. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i temi delle riforme e della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 settembre 2003

 

 

NON ABBIATE PAURA! TORNATE IN TERRA SANTA!

APPELLO AI PELLEGRINI DI TUTTO IL MONDO, DA PADRE IBRAHIM FALTAS,

CUSTODE DELLA BASILICA DELLA NATIVITA’

 

La drammaticità della situazione in Medio Oriente si ripercuote sui pellegrinaggi in Terra Santa. Per la paura di attentati, infatti, i luoghi santi ormai da tre anni sono disertati dai fedeli provenienti da tutto il mondo. Betlemme, che si popolava di pellegrini, sembra una città spettrale: negozi chiusi, aumento della disoccupazione ed esodo di molti cristiani. Lo conferma padre Ibrahim Faltas, custode della Basilica della Natività, intervistato a Betlemme da Roberto Piermarini.

 

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R. – I pellegrini non vengono ormai da tre anni. Il 75 per cento della popolazione di Betlemme lavora nel settore del turismo e il turismo è bloccato. Potete, dunque, immaginare la situazione, specialmente la situazione economica della gente, che è veramente drammatica.

 

D. – Com’è la situazione sociale in questo momento?

 

R. – Come vedete, in questo momento, con questi attentati, con queste reazioni di Israele, la situazione è peggiorata. Ultimamente, purtroppo, molti cristiani sono scappati via da Betlemme. Sono andati via almeno 2 mila cristiani dalla zona di Betlemme. Anche la disoccupazione è una piaga, perché il marito sta sempre a casa, 24 ore su 24. Ed in questi anni tante sono state le separazioni tra moglie e marito, proprio perché il marito sta a casa, non lavora e non può pagare per i figli. Quindi, notiamo tante separazioni, tanti problemi, che prima non accadevano, e che ci fanno male. Ma quello che ci fa davvero male sono i cristiani che se ne vanno. Abbiamo paura che nel futuro i Luoghi Santi saranno solamente musei senza cristiani locali.

 

D. – Cosa si può fare, padre Faltas, per questo?

 

R. – Come avete visto anche voi, non penso che un domani sarà peggiore di oggi, in cui siete entrati a Betlemme e l’avete visitata. Io voglio fare un appello ai cristiani di tutto il mondo, di tornare come pellegrini in Terra Santa. Questo aiuta molto ed è un grande sostegno per la gente, è un grande aiuto, è un incoraggiamento molto forte per i cristiani locali, tenendo conto che mai è successo nulla ad un pellegrino. Allora, vincete la paura e tornate come pellegrini in Terra Santa. Dovete pregare per noi e visitare i vostri figli che si trovano in difficoltà e stanno male. Quando il fratello sta male si va a visitarlo. Questo chiedo a tutti i cristiani del mondo, di tornare come pellegrini in Terra Santa, specialmente in questo momento, in questa situazione drammatica. E dico di non aver paura, perché mai succederà nulla ad un pellegrino.

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CALMA IN GUINEA BISSAU DOPO IL GOLPE,

IL POPOLO GUARDA ALLA CHIESA

- Intervista con il vicario diocesano mons. Domingos Ca -

 

La situazione sembra tranquilla in Guinea Bissau dopo il colpo di Stato militare di domenica scorsa: il presidente Kumba Yalla è tuttora agli arresti domiciliari. Ieri è stata affidata al vescovo della capitale, mons. José Câmnate na Bissign, la guida di una commissione incaricata di preparare la formazione di un governo transitorio. Nuove elezioni democratiche dovrebbero essere indette al più presto. Su quanto sta accadendo in questo piccolo Stato dell’Africa occidentale, ascoltiamo mons. Domingos Ca, vicario generale della diocesi di Bissau, intervistato da Sergio Centofanti:

 

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R. – La situazione è tranquilla, è tornata la normalità. E’ stato un colpo di Stato durato soltanto poche ore, senza versamento di sangue. Tutto è tornato alla normalità.

 

D. – Perché hanno scelto il vescovo di Bissau?

 

R. – Penso che sia per la fiducia che hanno nella Chiesa, penso che sia da parte loro un riconoscimento per quello che la Chiesa sta facendo ed ha fatto nel passato.

 

D. – Perché c’è stato questo ‘golpe’?

 

R. – Perché la situazione era tale per cui forse non c’era altra soluzione.

 

D. – Il presidente Kumba Yalla non rispettava la democrazia?

 

R. – Esattamente, proprio così. Lui stesso rappresentava l’ostacolo alla democrazia; si è messo in contrasto con tutte le istituzioni democratiche. L’unico potere che funzionava era lui ...

 

D. – La popolazione appoggia i militari in questo momento?

 

R. – Sì. Li appoggia al cento per cento.

 

D. – Qual è la situazione sociale ed economica della Guinea Bissau?

 

R. – Proprio caotica. Si parla di 11 mesi senza salario, la scuola, la salute, niente funziona ...

 

D. – C’è molta povertà?

 

R. – Molta, molta povertà! Quelli che riescono a mangiare qualcosa, mangiano una volta al giorno.

 

D. – E la Chiesa che cosa fa, in questo Paese?

 

R. – Per il popolo, l’unica speranza è proprio la Chiesa. Se c’è qualche scuola che funziona, un ospedale, un centro di salute che funziona, è proprio della Chiesa. Il popolo lo sa, e indipendentemente dalla religione e dalla razza, tutti sanno che la Chiesa può contribuire a cambiare la situazione nel Paese. E la Chiesa sta facendo quanto è nelle sue possibilità.

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VIOLENZA SULLE DONNE, UNA PIAGA ANCORA LONTANA DALL’ESSERE SANATA.

L’ONU  LANCIA UNA NUOVA STRATEGIA:

STAMANE A ROMA LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Le cifre sono drammatiche: 1 donna su 3 nel mondo avrebbe subito abusi sessuali, oltre un milione sarebbe vittima ogni anno del traffico di esseri umani, ben 130 milioni avrebbero subito mutilazioni genitali. Usiamo il condizionale perché sono stime, stime su una realtà che - a detta dell’Onu - tocca ogni Paese, ogni cultura, ogni classe sociale. Uno spaccato di questo sconcertante scenario sta emergendo nel Seminario organizzato in questi giorni dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), in collaborazione con l’Associazione donne italiane per lo sviluppo (Aidos), che ha riunito a Roma 40 donne esperte internazionali sul tema della violenza.

 

Oggi l’incontro con la stampa per presentare una nuova strategia d’intervento per lottare contro questo scandaloso fenomeno; fenomeno che trova terreno fertile nelle mancata parità - ancora cosi diffusa - tra uomini e donne e che ha radici sociali, culturali, etniche ed anche religiose, che vanno estirpate, quando ledono i diritti inalienabili delle persone. La novità dell’iniziativa riguarda il coinvolgimento del personale e delle strutture sanitarie poste in contatto quando esistono in loco con i Centri antiviolenza. Il progetto pilota è già partito da un paio di anni in 10 Paesi, in America latina, in Ecuador e Guatemala, in Asia, in Nepal e Sri Lanka, in Medio Oriente, in Libano, in Africa, a Capo Verde e in Mozambico, ed anche nell’Europa dell’Est, in Romania, Lituania e Russia. I Servizi sanitari quindi valorizzati nel ruolo di cura ma anche prevenzione: per questo sono stati avviati corsi di formazione del personale medico e paramedico per affrontare questa delicata questione non solo somministrando le necessarie terapie mediche ma anche operando assistenza alle donne sul piano psicologico, sociale e culturale.

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OCCHI PUNTATI SUL PRIX ITALIA,

CONCORSO INTERNAZIONALE PER UNA RADIO E UNA TV DI QUALITA’

- Intervista con Carlo Sartori -

 

Si svolge fino al 20 settembre tra Catania e Siracusa il Prix Italia, il più antico e prestigioso concorso internazionale per programmi radio, tv e web. La rassegna, che vede quest’anno la partecipazione di 75 enti radiotelevisivi pubblici e privati, in rappresentanza di oltre 48 Paesi dei cinque continenti, premierà programmi, documentari, film e iniziative di elevata qualità culturale. Antonella Palermo ha intervistato Carlo Sartori, segretario generale della manifestazione, giunta quest’anno alla 55.ma edizione:

 

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R. – I premi servono solo – ormai – se riescono ad inserirsi positivamente nelle strutture produttive di mercato della radio e delle televisione. E allora noi, al Prix Italia, abbiamo quest’anno creato per la prima volta sperimentalmente il ‘mercato della televisione e della radio di qualità’, che può vantarsi di avere il marchio ‘doc’ del Prix Italia che ha una storia di oltre 50 anni di perseguimento – appunto – dei criteri di qualità.

 

D. – Oggi, la qualità della televisione italiana dov’è?

 

R. – La qualità della televisione italiana è molto mista. Oggi è sempre più difficile imporre didatticamente, didascalicamente la qualità. La qualità deve nascere dal fatto che il pubblico è molto maturato. Poi, ovviamente, devono esserci delle regole che devono attraversare trasversalmente tutti i generi dei programmi e ci vuole poi il rispetto delle regole, come la protezione dei minori, la protezione della dignità umana ... Poi, però, dev’essere il pubblico che sceglie. E qui subentra il punto forse più importante, che è quello della qualità dei sistemi. Noi dobbiamo dare a tutti gli interessi socialmente rilevanti pari dignità.

 

D. – Non dimentichiamo che il Prix Italia si occupa anche di internet: quali novità, a proposito?

 

R. – Prix Italia è stato fondato nel 1948 e c’era solo la radio; nel ’57 si è aperta la televisione e nel 2000 si è aperto al web. Ovviamente si è aperto al web non in senso generale. Noi premiamo i programmi di convergenza tra radio, televisione e web che sono presentati dai broadcast. Devo dire che quest’anno il livello di tecnologismo e al tempo stesso di amichevole uso dei siti presentati dai broadcaster è cresciuto enormemente. Ormai, veramente, il web, la web-tv e la web-radio si propongono come i mezzi di contaminazione più vicini ad un uso sempre più quotidiano ed interattivo del pubblico.

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CHIESA E SOCIETA’

17 settembre 2003

 

 

DOPO UN ANNO CRITICO AVVIATA IERI A NEW YORK LA 58.MA SESSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE.

TRA I TEMI PIÙ URGENTI LA RIFORMA DELL’ORGANISMO, CHE CERCA UN RUOLO PIÙ DECISIVO

NEI GRANDI AVVENIMENTI DEL NOSTRO TEMPO

- Servizio di Elena Molinari -

 

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NEW YORK. = E’ stato un anno di dolore e discordia quello che simbolicamente si è chiuso ieri con l’avvio della 58.ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu. I lavori al Palazzo di Vetro si sono aperti con un momento di memorie dedicate all’attacco dello scorso agosto a Baghdad contro la sede delle Nazioni Unite, attacco costato la vita a oltre 20 persone tra cui l’inviato speciale Sergio Vieira De Mello. Quindi, è stato presentato l’ordine del giorno che è molto fitto. Sono ben 49 i temi da affrontare e molti hanno a che fare con la gestione della presenza Onu nelle aree più calde del mondo, dal Medio Oriente all’Iraq, all’Afghanistan. Presenti in agenda, inoltre, la gestione dei tribunali internazionali sui crimini nella ex Jugoslavia e in Rwanda. Una delle discussioni più difficili sarà proprio quella sulla riforma dell’Onu stessa per far sì che l’Organismo internazionale possa avere un ruolo più decisivo e non venga più accusato, come in passato, di irrilevanza. La presidenza della sessione dell’Assemblea è andata ad un rappresentante di Santa Lucia, piccolo stato caraibico. Il compito di guidare l’assise ruota infatti ogni anno fra gli Stati che rappresentano 5 aree geografiche nelle quali sono divisi 191 Paesi che compongono l’Assemblea. Il dibattito vero e proprio prenderà il via, invece, il 23 di settembre alla presenza di capi di Stato e di governo dei Paesi membri.

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I VESCOVI CALDEI IRACHENI CHIEDONO CHE VENGA INSERITO UN RAPPRESENTANTE CALDEO

NEL CONSIGLIO GOVERNATIVO DEL PAESE E SOTTOLINEANO

L’IMPORTANZA DELL’ETNIA NEL PROCESSO DI RICOSTRUZIONE DELL’IRAQ

 

BAGHDAD. = Un rappresentante caldeo nel Consiglio governativo iracheno è la richiesta fatta da 19 vescovi caldei all’amministratore civile in Iraq, Paul Bremer. Nel documento, diffuso lunedì, c’è la richiesta del riconoscimento dell’importante contributo della comunità caldea nella costruzione del nuovo Iraq: i cristiani sono antichi abitanti della Mesopotamia dove hanno un patrimonio di monasteri, villaggi e città. I vescovi ricordano anche che molti caldei hanno subito persecuzioni e sono stati costretti a fuggire dalle loro terre in seguito al tentativo di sopprimere la loro cultura. La popolazione caldea, l’80 per cento dei cristiani iracheni, rappresenta il terzo gruppo etnico nel Paese: una presenza importante anche in campo professionale, sociale e amministrativo. Per questo i vescovi chiedono che venga riconosciuta l’importanza del ruolo che questi cristiani ricoprono nel processo di ricostruzione dell’Iraq. (M.R.)

 

 

UN PIANO PER COMBATTERE LA CORRUZIONE E LO SPERPERO DI DENARO PUBBLICO:

QUESTA LA RICHIESTA DEL CARDINALE AGNELO MAJELLA AL GOVERNO DEL BRASILE

NEL CORSO DI UN INCONTRO CON IL CAPOGRUPPO DEL PARTITO DI MAGGIORANZA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

 

SALVADOR. = Il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici brasiliani, il cardinale Geraldo Agnelo Majella, ha invitato il presidente Luiz Inacio “Lula” da Silva a predisporre un piano per combattere la corruzione che, secondo il porporato, sta minando seriamente le istituzioni. Durante un incontro svoltosi lunedì a Salvador con il capogruppo del Partito dei Lavoratori alla Camera dei Deputati, Nelson Pellegrino, il cardinale Agnelo Majella si è detto stupefatto dagli articoli della stampa sui casi di mal utilizzo da parte dei funzionari statali dei fondi destinati a programmi sociali. “La situazione - ha detto il cardinale - è sempre più preoccupante. E’ necessario fermare la corruzione che sta penalizzando soprattutto i poveri”. Il porporato, che è anche arcivescovo di Sao Salvador do Bahia, ha inoltre confidato a Pellegrino le sue speranze affinché il governo federale promuova l’educazione primaria e si impegni nel contrastare la violenza urbana e rurale e la cattiva influenza esercitata nei giovani da alcuni programmi di cattiva qualità. Per raggiungere questi obiettivi il presidente dell’episcopato brasiliano, ha proposto di rafforzare la collaborazione della Chiesa cattolica, già presente nell’ambito di programmi sanitari, educativi e di lotta alla povertà e alla fame. (M.A.)

 

 

PRIME DICHIARAZIONI ALLA STAMPA DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI MANILA, MONS. ROSALES.

TRA I CARDINI DELLA SUA AZIONE PASTORALE PREVISTO

UN IMPULSO ALL’EVANGELIZZAZIONE E L’ATTENZIONE AI BISOGNI DELLE PERSONE POVERE

 

MANILA. = Nella sua prima intervista dopo la nomina lunedì scorso di nuovo arcivescovo di Manila, mons. Gaudencio B. Rosales ha confidato all’agenzia Fides speranze e programmi del suo servizio pastorale. “Sono piuttosto inquieto – ha detto l’arcivescovo – e mi sento come San Giuseppe quando ebbe in sogno la visione dell’Angelo che gli diceva di non preoccuparsi, mentre Maria era in attesa di Gesù”. Come Maria rimase turbata, ma fiduciosa, all’annunzio di Gabriele, anche l’arcivescovo afferma di essere in un momento cruciale della sua vita. Il presule ha detto di essere onorato che il Santo Padre lo abbia scelto per un servizio così delicato, del quale sta già definendo le linee d’azione fondamentali. L’evangelizzazione, la diffusione della buona notizia della Risurrezione di Cristo, sarà il centro del suo operare, ma anche l’impulso al dialogo tra le varie componenti della Chiesa diocesana e le opere di carità nei confronti delle persone povere saranno sicuramente inseriti tra le sue priorità. Mons. Rosales, ha ricordato inoltre il suo predecessore, il cardinale Jaime Sin, che era in carica dal 1974, dimessosi per limiti di età e motivi di salute. “Ringrazio il cardinale Sin – ha detto il nuovo arcivescovo - per tutto quello che ha dato alla Chiesa filippina e al Paese negli ultimi 30 anni. La sua eredità e il suo carisma non andranno dispersi. Durante il mio ministero lavorerò nel segno della continuità con la sua impostazione pastorale”. Mons. Rosales ha poi espresso un commento sulla situazione generale del Paese. “Attraversiamo un momento difficile – ha rilevato – e l’episcopato ha emesso di recente un comunicato che invitava politici, esercito e cittadini a lottare contro la corruzione e lavorare per l’unità e il benessere del Paese. Questo impegno resta fondamentale per la Chiesa: dobbiamo far sì che valori del vangelo siano incarnati nella società”. (M.A.)

 

 

“LE INIZIATIVE TELEVISIVE DEI CATTOLICI NEI PAESI EUROPEI:

REALTÀ E PROSPETTIVE” È L’IDEA GUIDA DEL SEMINARIO DI STUDIO

PROMOSSO DALLE COMMISSIONI E DAI CONSIGLI EPISCOPALI EUROPEI CHE SI APRIRÀ DOMANI A ROMA

 

ROMA. = Analizzare la presenza delle iniziative televisive dei cattolici nei Paesi europei è il proposito del simposio promosso dalle Commissioni e dai Consigli episcopali europei in collaborazione con la Fondazione comunicazione e cultura e la Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana (Cei). Le esperienze nazionali dei programmi cattolici sono molto variegate: in alcuni Paesi esistono emittenti private cattoliche, in altri la Chiesa ha accesso alle televisioni pubbliche, in altri ancora non si hanno programmi di questo genere. Durante il seminario si incontreranno i responsabili dei programmi religiosi delle televisioni pubbliche di circa venti Paesi per verificare le esperienze e per ipotizzare una coproduzione internazionale per accedere ai finanziamenti dell’Unione Europea. Mons. Francesco Cerotti, presidente della Fondazione comunicazione e cultura della Cei aprirà i lavori, Francesco Casetti docente dell’Università cattolica di Milano guiderà i momenti di confronto mentre Jim McDonnell del Gruppo Mass Media della Commissione degli episcopati europea presenterà le norme in materia televisiva della Comunità Europea. (M.R.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 settembre 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Medio Oriente il seme dell’odio continua, purtroppo, ad insanguinare i Territori. Un militante della Brigata dei martiri di al Aqsa è stato infatti ucciso da soldati israeliani in uno scontro armato avvenuto, la scorsa notte, nella casbah di Nablus, in Cisgiordania. Sul versante politico, è stata bloccata dal veto americano la risoluzione voluta dai Paesi arabi e presentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere ad Israele di non espellere dai Territori il presidente palestinese, Yasser Arafat. La bozza, ha spiegato il vice ambasciatore degli Stati Uniti all’Onu, James Cunningham, non ha soddisfatto Washington perché contiene solo la condanna di Israele e non un più ampio riferimento al terrorismo, come invece aveva chiesto l’amministrazione statunitense. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Vani sono stati i tentativi di compromesso tra la Siria, che patrocinava le richieste palestinesi contro Israele, e gli Stati Uniti che insistevano sull’inserimento nel testo della risoluzione di una condanna dei gruppi palestinesi estremisti, responsabili dei recenti attentati suicidi. Così il documento, che chiedeva allo Stato ebraico di astenersi da ogni proposito di espulsione di Arafat e di cessare ogni minaccia alla sicurezza del presidente eletto dell’autorità palestinese, dinanzi al voto favorevole di 11 membri del Consiglio, è stato bloccato dal veto americano e ha pure incontrato l’astensione di Gran Bretagna, Germania e Bulgaria. Si è pure vanificata la proposta palestinese di una tregua generalizzata per il rifiuto israeliano di legittimare, con una formale trattativa, i gruppi estremisti impegnati nella rivolta, dei quali esige il disarmo. Jibril Rajoub che aveva proposto il cessate-il-fuoco ha così sostenuto che Israele preferisce l’impiego della forza ad un dialogo che possa ridurre la violenza.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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In Giordania è stata annullata la decisione di congelare i conti di Hamas per bloccare le operazioni bancarie di sei capi del movimento estremista, tra i quali lo sceicco Ahmed Yassin, e di cinque associazioni palestinesi legate all’organizzazione integralista. Il provvedimento, ha spiegato il ministro giordano dell’Informazione, Nabil al Sharif, è stato revocato perché la decisione di congelare i fondi del gruppo fondamentalista è stata presa dal governatore della Banca Centrale, Umayya Touqan, senza consultare il governo.

 

Dall’Iraq giunge una notizia inattesa: anche alcuni cittadini statunitensi e britannici fanno parte della resistenza contro la coalizione angloamericana. Otto di loro – 6 statunitensi e 2 inglesi – sono stati arrestati, ieri, dalle forze della coalizione con l’accusa di aver partecipato ad azioni della guerriglia. Su questi casi, che ricordano quello del talebano americano, John Walker Lindh, arrestato durante la guerra in Afghanistan, ci riferisce da New York Paolo Mastrolilli:

 

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Il coinvolgimento di cittadini di passaporto occidentale complicherebbe ancora di più l’analisi della resistenza, a cui secondo Washington contribuiscono già diversi terroristi stranieri arrivati dai Paesi arabi vicini. Il sottosegretario degli Esteri, John Bolton, ha accusato la Siria di favorire il passaggio di questi guerriglieri e di cercare di ottenere armi proibite, dando così credito anche ai sospetti secondo cui Damasco avrebbe nascosto parte dei materiali e degli ordigni vietati iracheni, che non sono mai stati ritrovati. Ieri però l’ex capo degli ispettori Onu, Hans Blix, ha detto di ritenere ormai che Baghdad abbia davvero distrutto tutte le armi dopo la prima guerra del ’91. Sempre ieri, poi, il capo del Pentagono, Rumsfeld, ha detto di non avere conferme sul coinvolgimento di Saddam negli attentati dell’11 settembre. Sono notizie che complicano la posizione degli Stati Uniti, mentre chiedono all’Onu di approvare una nuova risoluzione per autorizzare una forza multinazionale. Sabato a Berlino si riuniranno i leader di Germania, Francia e Gran Bretagna proprio per discutere la via d’uscita dalla crisi.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Per cercare di ricomporre le divergenze emerse in Europa prima della guerra in Iraq e per definire una posizione comune sul futuro del Paese arabo si terrà sabato prossimo, a Berlino, un Vertice a cui parteciperanno leader politici di primissimo piano. Il cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, incontrerà il presidente francese, Jacques Chirac, ed il premier britannico Tony Blair, che a sua volta ha invitato per domenica prossima il primo ministro spagnolo, José Maria Aznar. A Berlino non ci sarà invece il premier italiano, Silvio Berlusconi, presidente di turno dell'Unione europea, alleato di Washington e Londra nel sostenere la necessità di ricorrere alle armi contro Saddam Hussein.

 

Nell’agenda politica di questo mese è fissato un altro importante appuntamento. Il presidente americano, George Bush, e quello russo, Vladimir Putin, si incontreranno infatti il 26 ed il 27 settembre a Camp David. Al centro dei colloqui ci saranno sia questioni bilaterali che il complesso tema della guerra al terrorismo. Il summit avverrà in occasione del viaggio di Putin negli Stati Uniti per partecipare, la prossima settimana, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

Evacuazioni, finestre sprangate, scorte di generi di prima necessità: gli Stati Uniti si blindano aspettando ‘Isabel’, l’uragano che domani dovrebbe colpire la costa orientale del Paese. “Sarà uno dei più violenti degli ultimi decenni”, ha annunciato alla Cnn il vice direttore del Centro nazionale per la previsione degli uragani (Nhc), Ed Rappaport. Se le previsioni saranno rispettate la perturbazione colpirà prima le Outer Banks, isole al largo della North Carolina, per poi puntare all’interno, verso la regione dei Grandi Laghi, coinvolgendo Washington ed altre grandi città.

 

Ed un altro ciclone, quello che ha sconvolto la Svezia in seguito alla morte del ministro degli esteri, Anna Lindh, accoltellata la scorsa settimana da uno sconosciuto, comincia ad assumere contorni più chiari. La polizia svedese ha infatti annunciato, ieri sera, di aver arrestato il presunto responsabile dell’omicidio del politico scandinavo i cui funerali si svolgeranno venerdì prossimo, a Stoccolma, alla presenza del segretario di Stato americano, Colin Powell. Su questa decisiva svolta nelle indagini ci riferisce, da Stoccolma, Vincenzo Lanza:

 

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La polizia svedese è riuscita ad individuare ed intervenire con tempestività, arrestando ieri sera nel ristorante East End Company, di fianco allo stadio Rasunda  di Stoccolma, il 35.enne svedese presunto assassino di Anna Lindh. L’individuo, frequentatore di ambienti filo-nazisti svedesi stava guardando alla tv il derby fra le due squadre di calcio più famose di Stoccolma. Non era armato e non ha fatto resistenza al blitz degli agenti in borghese. E’ stato messo in cella di isolamento nel carcere centrale di Stoccolma e dopo la visita legale di due medici, che hanno attestato le sue buone condizioni di salute, è stato interrogato per diverse ore nel corso della nottata. Gli agenti hanno inoltre trasferito alla centrale di polizia la 24.enne convivente del presunto assassino di Anna Lindh.

 

Per la Radio Vaticana, da Stoccolma, Vincenzo Lanza.

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Sarà firmato entro due giorni il piano di pace per l’area meridionale del Sudan. Lo ha annunciato ieri il ministro degli esteri sudanese, Mustafa Osmane Ismaïl, che poi ha chiesto al Senegal di “impegnarsi nel consolidamento della pace”.  

 

Restiamo in Africa. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sta per dare il suo assenso alla richiesta del segretario generale, Kofi Annan, di inviare in Liberia un contingente di 15 mila caschi blu. Il Paese, dove è già schierata la forza d’interposizione dell’Ecowas, la comunità degli Stati dell’Africa occidentale, vive ancora una situazione di estrema tensione.

 

 

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