RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 257 - Testo della Trasmissione domenica 14 settembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce, beatificati dal Papa a Bratislava il vescovo Vasil Hopko e la suora Zdenka Schelingova, martiri del comunismo. Stasera il congedo di Giovanni Paolo II dalla Slovacchia e il rientro nella residenza pontificia di Castel Gandolfo. Con noi, padre Federico Lombardi e mons. Marian Gavenda.

 

Il cordoglio del Pontefice per le vittime del ciclone in Corea del Sud.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nel Monastero di Bose, in Piemonte, da oggi l’11.ma edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa. L’evento, con il patrocinio del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca. Intervista con il priore Enzo Bianchi.

 

Un’esperienza di dialogo tra cristiani e musulmani in Algeria, attraverso una comunità del Movimento dei Focolari. L’iniziativa avviata 30 anni fa da Ulisse Caglioni, recentemente scomparso. Con noi, il musulmano Sidi Ahmed Benchouk e il focolarino Giorgio Antoniazzi.

 

Oggi in Estonia il referendum sull’ingresso in Europa, nel maggio 2004. Ai nostri microfoni, il prof. Vittorio Strada.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La decisione israeliana di espellere Arafat e gli sforzi della comunità internazionale per salvare il piano di pace, nodi cruciali dell’attuale scenario mediorientale.

 

Festeggiati 35 anni di vita dall’associazione dei cattolici chin di Yangon, in Myanmar.

 

In Svezia si sono aperti i seggi per il referendum sull’adesione del Paese all’euro.

 

Elogiate dal primo ministro del Kashmir le scuole cattoliche.

 

La Guinea Bissau è stata colpita da un golpe militare.

 

La televisione araba al Jazeera trasmetterà una serie di documentari dei frati cappuccini sulle guerre dimenticate in Africa.

 

L’Iran sta valutando se proseguire nella cooperazione con l’Aiea.

 

                                                                                    

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 settembre 2003

 

 

NELLA FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE, BEATIFICATI DAL PAPA A BRATISLAVA

IL VESCOVO VASIL HOPKO E LA SUORA ZDENKA SCHELINGOVA, MARTIRI DEL COMUNISMO.

STASERA IL CONGEDO DI GIOVANNI PAOLO II DALLA SLOVACCHIA E IL RIENTRO NELLA RESIDENZA DI CASTEL GANDOLFO.

CON NOI, PADRE FEDERICO LOMBARDI E MONS. MARIAN GAVENDA

 

In un clima di solennità, di festa e di commozione, Giovanni Paolo II ha proclamato beati stamani a Bratislava due eroici figli della terra slovacca, il vescovo Vasil Hopko e la suora Zdenka Schelingova, vittime del passato regime comunista. Due martiri, coraggiosi testimoni della fede nel secolo 20.mo, “esempi luminosi di fedeltà – come li ha definiti il Papa – in tempi di dura e spietata persecuzione religiosa”. Un evento che ha coronato l’intero viaggio pastorale del Santo Padre nella Repubblica Slovacca, in felice coincidenza con la festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce, “luogo privilegiato” dove “si incontrano la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio”. L’evento culminante di quattro intense giornate, nelle quali parole e segni hanno delineato per il popolo slovacco un orizzonte grandioso, che abbraccia passato, presente e futuro. Come un dono, Giovanni Paolo II ha offerto la sua presenza che ha assunto agli occhi di tutti il valore di toccante testimonianza, per portare nel nome del Signore crocifisso e risorto “il messaggio di amore e di salvezza”. Ma sulla Messa per la proclamazione dei due nuovi beati slovacchi, seguita dalla recita dell’Angelus domenicale, ecco il servizio della nostra inviata a Bratislava, Giada Aquilino.

 

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La Croce, “segno dell’amore infinito di Dio per l’umanità”, il Vangelo, “tesoro più prezioso”, Vasil Hopko e Zdenka Schelingova, “esempi luminosi di fedeltà”. Sono questi i riferimenti dai quali attingere vigore e speranza nella vita di tutti i giorni, riferimenti che Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare oggi di fronte all’“amato popolo slovacco”. In una domenica assolata, in cui la Chiesa festeggia l’Esaltazione della Santa Croce, il Papa ha raggiunto i 250mila fedeli radunatisi già da ieri sera nella spianata di Petrzalka, popoloso quartiere alla periferia di Bratislava, per la Santa Messa di beatificazione dei due testimoni della fede del XX secolo, appunto il vescovo greco cattolico Vasil Hopko e suor Zdenka Schelingova, perseguitati dal regime comunista.

 

(Canti e musica)

 

E il saluto del Papa, sorridente e in buona forma, è andato subito al popolo della Slovacchia, presente a Petrzalka o in collegamento radiotelevisivo:

 

Vzdavam vd’aky...

“Rendo grazie a Dio perché hai saputo conservare, anche in momenti difficili, la tua fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. E ti esorto: non ti vergognare mai del Vangelo! Custodiscilo nel tuo cuore come il tesoro più prezioso dal quale attingere luce e forza nel pellegrinaggio quotidiano della vita”.

 

Nel giorno in cui “siamo invitati a guardare alla Croce”, “luogo privilegiato in cui si rivela e manifesta a noi l’amore di Dio”, il Pontefice - come aveva fatto nei giorni scorsi - ha affidato le proprie parole alla lettura del cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, per ricordare che proprio alla Croce “hanno guardato con fede incrollabile” Vasil e Zdenka.

 

Pochi minuti prima, l’eparca di Presov per i cattolici di rito bizantino, mons. Jan Babjak, e l’arcivescovo di Bratislava-Trnava, mons. Jan Sokol, avevano chiesto di procedere alla beatificazione dei due servi di Dio. E il Pontefice ha pronunciato la formula:

 

My, prijimajuc zelanie...

 

Il vescovo Vasil Hopko (1904-1976) fu arrestato dal regime comunista, al potere in Slovacchia dal ’48 all’89, e morì a causa delle sofferenze subite, prima e dopo la prigionia. Suor Zdenka Schelingova (1916-1955), della Congregazione delle Suore di Carità della Santa Croce, lavorò come infermiera; curò alcuni sacerdoti arrestati e perseguitati dal regime; li aiutò a fuggire, ma in un tentativo di far scappare altri religosi fu catturata e sottoposta a torture che la condussero a una morte prematura.

 

La Croce, ha sottolineato il Santo Padre, è divenuta per i due Beati “il cammino che li ha condotti alla vita, sorgente di fortezza e di speranza, prova di amore per Dio e per l’uomo. O Crux, ave spes unica”. Proprio di Vasil e Zdenka aveva parlato, nel suo saluto, anche mons. Sokol, definendoli “modelli di fede, di eroismo e di perseveranza fino alla fine”, un esempio insomma per il futuro della Chiesa e di tutta la Slovacchia.

 

E al domani di questo Paese, che a maggio entrerà ufficialmente nell’Unione europea, il Pontefice ha riservato personalmente una speciale benedizione, invocando la Vergine Addolorata, patrona della Slovacchia, che domani si ricorderà nella Liturgia:

 

Jej zverujem sucasnost ...

“A lei affido il presente e il futuro della Chiesa e della Nazione slovacca, perché crescano sotto la Croce di Cristo e ne sappiano sempre scoprire ed accogliere il messaggio di amore e di salvezza”.

 

Il messaggio del Pontefice è stato accolto da una folla di slovacchi profondamente commossi, giovani, anziani, malati, a cui si sono uniti il presidente della Repubblica, Rudolf Schuster, il premier Mikulas Dzurinda, il presidente del Parlamento, Pavol Hrusovsky, e tanti pellegrini provenienti da Polonia, Ungheria, Canada, Repubblica Ceca, Austria, Italia.

 

Il Papa, all’Angelus, li ha salutati nelle rispettive lingue, quindi ha rivolto ancora un pensiero alla terra slovacca:

 

Spolocne s novymi...

“Insieme con i nuovi Beati, chiediamo a Maria che con la sua intercessione ottenga alla comunità cristiana che vive in Slovacchia di essere una Chiesa ricca in santità, audace nel bene e forte nella testimonianza”.

 

Infine, prima del congedo da Petrzalka e il trasferimento del Santo Padre alla Nunziatura di Bratislava per il pranzo con i vescovi locali e il seguito papale, le parole accorate del Pontefice - sempre lette dal cardinale Tomko - sono state per la gioventù slovacca, “speranza della Chiesa e della società; voi - ha concluso Giovanni Paolo II - siete la speranza del Papa! Non abbiate paura di diventare veri amici di Gesù”, per costruire “la civiltà dell’amore”.

 

(Canti e musica)

 

Con la collaborazione tecnica di Sandro Danieli e Vincenzo Proto, da Bratislava Giada Aquilino, Radio Vaticana.

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Tra la folla che ha partecipato alla cerimonia di beatificazione, la nostra Giada Aquilino ha raccolto alcune testimonianze. Ecco le voci di due giovani, che esprimono i loro sentimenti sulla presenza di Giovanni Paolo II nella loro terra.

 

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Parole in slovacco

 

R. – Il Papa ha avuto due doni: sapeva parlare e poteva muoversi. Ora il Signore gli ha tolto questi doni e adesso ci parla in modo diverso ma forse più forte con la sua sofferenza. Con questo Dio vuole dirci qualcosa.

 

D. – Come ti chiami?

 

R. – Imro.

 

D. - Che cosa significa, Imro, avere il Papa qui in Slovacchia?

 

R. – E’ un grande avvenimento. Egli è venuto a testimoniare la fede; è il testimone dell’esistenza di Dio, dell’amore e degli autentici valori.

 

D. - Che cosa vorresti dire al Papa?

 

R. – Che è il nostro Papa e ci incoraggia a credere in questi valori. Grazie per questo perché è proprio di questo che abbiamo bisogno.

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Questa terza visita di Giovanni Paolo II in terra slovacca offre interessanti spunti di riflessione. Particolarmente ricca di significati, la beatificazione dei due martiri Vasil Hopko e Zdenka Schelingova, come ci riferisce il nostro direttore dei programmi, padre Federico Lombardi, che si trova in Slovacchia al seguito del Santo Padre.

 

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Beatificazione dei martiri nella festa liturgica  dell’esaltazione della Santa Croce in una nazione che venera come protettrice la madonna Addolorata, presente appunto sotto la Croce, e che porta nella bandiera la croce piantata sulle montagne. Difficile pensare ad una sintesi più forte e più ricca di significati. I martiri sono di tempi recenti. Qui la gente si interroga su che cosa provino oggi i non pochi che sono stati corresponsabili della loro indicibile tortura e sofferenza. Forse si sono pentiti; almeno avranno capito che servivano una ideologia ingannatrice, ma soprattutto è importante che i credenti ricordino e coltivino il valore della testimonianza di fedeltà a Cristo e che questo valore si proietti in un presente e in un futuro in cui le proposte della modernità secolarizzata tentano le giovani generazioni di dimenticare troppo presto.

 

Le melodie della tradizione orientale sono particolarmente struggenti. Dicono una fede radicata nel profondo, la sensibilità credente di un popolo. Qui la gente è stata educata a capire l’importanza e il valore cristiano del sacrificio, della fatica e anche della sofferenza. L’impegno del Papa per venire da loro, stare e pregare con loro è evidente e lo comprendono subito senza bisogno di molti discorsi. Si stabilisce come una sintonia tra il popolo e il Papa che lo aiuta a pronunciare con voce forte e chiara la formula di beatificazione e i passi essenziali dell’omelia e delle preghiere liturgiche.

 

Possiamo ben dire che questi giorni sono trascorsi in un crescendo e che con la celebrazione di oggi il viaggio del Papa ha raggiunto pienamente il suo culmine e il suo scopo: conferma e sostegno della rinascita della Chiesa in Slovacchia tra la sofferenza del passato e le sfide insidiose del futuro.

 

Anche l’atteggiamento dei media e dell’opinione pubblica è rapidamente cambiato e l’ostilità dei mesi scorsi ha lasciato posto al rispetto.

 

Ancora un servizio prezioso di questo irriducibile Papa pellegrino nel cuore dell’Europa, mentre si avvicina il compimento del suo 25.mo anno di Pontificato.

 

Da Bratislava, padre Federico Lombardi, Radio Vaticana.

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“Fedeli a Cristo, fedeli alla Chiesa”. E’ all’insegna di questo motto che si è sviluppata questa visita pastorale di Giovanni Paolo II in terra slovacca. Un tema nel quale, a ben vedere, si riassume la storia della Chiesa locale, disseminata di prove dolorose dal tempo della seconda guerra mondiale fino crollo del regime comunista nel 1989. Per i cattolici slovacchi, che costituiscono il 74,7 per cento della popolazione, la fedeltà a Cristo e alla Chiesa rimane una sfida anche oggi, nei tempi nuovi attraversati dal vento della libertà e insieme dal soffio dello Spirito. Un tema, quello scelto dai vescovi slovacchi, quanto mai attuale, dunque, come ci spiega al microfono di Giada Aquilino il portavoce della Conferenza episcopale, mons. Marian Gavenda.

 

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R. – Qui il cattolicesimo è rimasto integro. Ci sono - è vero - fedeli poco praticanti ed anche atei, ma i cattolici accettano il complesso della fede, non ci sono polemiche interne alla Chiesa, speculazioni dogmatiche o sulla prassi sacramentale. I vescovi hanno compreso che, nella nuova situazione dell’Europa, va mantenuta l’integrità della fede; solo così potremo servire gli altri, con la freschezza e la forza della fedeltà al Vangelo.

 

D. – A Banská Bystrica, c’è stato l’incontro del Papa con la Conferenza episcopale slovacca a dieci anni dalla sua nascita: com’è cambiata la Chiesa in questi anni?

 

R. – La Chiesa ha subito cambiamenti esterni ed interni. Negli scorsi 40 anni, qui è stato proibito quasi tutto, soprattutto la costruzione delle chiese, mentre gli ordini religiosi si sono mantenuti in vita solo con la formazione clandestina. Poi c’è stato grande fervore nella ricostruzione delle strutture necessarie, compresa la ricostruzione di grandi quartieri nei quali vive la maggior parte della popolazione. Le città erano tutte senza chiese: in questo decennio sono state costruite più di 300 chiese, con centri pastorali e parrocchiali. Grande manifestazione del soffio dello Spirito sono i centri pastorali universitari: negli ultimi cinque anni sono nati 10 centri con presenza attiva, dove i giovani si preparano ai sacramenti, dove i ragazzi cercano anche di avvicinare alla fede i loro amici. Ciò che è un po’ allarmante è la diminuzione delle vocazioni: negli ultimi quattro anni, il numero delle vocazioni si è ridotto alla metà. Le cause sono diverse, ma tra le principali figurano la diminuzione delle nascite, tanto che nelle città si devono chiudere molte scuole perché non ci sono bambini. E ciò si rispecchia anche nel numero delle vocazioni.

 

D. – Qual è la posizione della Chiesa proprio su questo problema del calo delle nascite?

 

R. – Subito dopo il novembre ’89, il governo ha bloccato quasi completamente la costruzione degli appartamenti e questo stato di cose continua da 13 anni. Le famiglie composte da giovani che non possono essere sostenuti dai genitori hanno enormi difficoltà a trovare un appartamento, anche piccolo ed anche dopo anni di risparmio. Influisce pure la propaganda da parte dei mass media commerciali a favore di una vita consumistica, egoistica, all’insegna del godimento personale e nel rifiuto di ogni responsabilità, in testa a tutte quella per i figli. La Chiesa reagisce presentando un altro modello di vita, proponendo programmi di sostegno alle famiglie numerose e contesta la legislazione che consente l’aborto e che in campo sociale non è aperta alle nuove famiglie.

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Il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II si conclude così, oggi pomeriggio, con la cerimonia di congedo in programma per le 17.45 all’aeroporto internazionale di Bratislava. Per le ore 20.00 è previsto l’arrivo dell’aereo papale all’aeroporto romano di Ciampino. Il Papa si trasferirà quindi nella residenza pontificia di Castel Gandolfo, dove rimarrà fino a sabato 27 settembre.

 

 

IL PAPA HA ESPRESSO IL PROPRIO CORDOGLIO PER LE VITTIME DEL TIFONE

CHE IERI HA DEVASTATO L’AREA MERIDIONALE DELLA COREA DEL SUD

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il Papa ha espresso in un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano ed indirizzato all’arcivescovo di Kwangju, mons. Andreas Choi Chang-mou, il suo profondo dolore per le vittime del tifone che ieri ha devastato la costa meridionale della Corea del Sud causando la morte di almeno 74 persone. Giovanni Paolo II si è detto “profondamente rattristato” ed ha assicurato “la sua solidarietà alle famiglie delle vittime, alle autorità civili e a tutti coloro che sono coinvolti nell’opera di soccorso e di ricostruzione”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 settembre 2003

 

 

DA OGGI, PER TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA, PRESSO IL MONASTERO DI BOSE

IN PIEMONTE, SI TIENE L’11.MA EDIZIONE DEL CONVEGNO ECUMENICO INTERNAZIONALE DI SPIRITUALITA’ ORTODOSSA,

CON IL PATROCINIO DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI E DEL PATRIARCATO DI MOSCA.

CON NOI, IL PRIORE ENZO BIANCHI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Due i temi principali in esame: ‘I Padri del deserto di Gaza: Barsanufio, Giovanni e Doroteo’ (i primi tre giorni) e ‘Il grande Concilio di Mosca 1917-1918’ nei susseguenti tre giorni. Si tratta di un importante appuntamento ecumenico, incentrato su alcuni nodi cruciali del mondo ortodosso contemporaneo, dal Medio Oriente alla Russia e ai Balcani, come ora ci illustra il priore della Comunità monastica di Bose, fra Enzo Bianchi:

 

R. – Sarà un Convegno profondamente ecclesiale. Ci saranno 25 vescovi, tra vescovi ortodossi e vescovi cattolici e poi studiosi provenienti da diverse università, sia del mondo ortodosso che del mondo occidentale. E’ una maniera, innanzitutto, di fare ecumenismo, di incontrarsi, di cercare di vedere anche in faccia i problemi che esistono tra le Chiese, in una maniera che sia davvero il più possibile fraterna, e poi di sondare due grandi temi: il primo quello della spiritualità del deserto di Gaza, soprattutto incentrato sulla ricerca della figura del padre spirituale, una figura che oggi è rinata all’interno dell’ortodossia e che è molto presente nel rinnovamento, ma nello stesso tempo, alcune volte desta dei problemi. Si tratta, dunque, di rivisitarla per andare alle radici e vedere come questo ministero, oggi, può essere rinnovato e riconfermato nella Chiesa. L’altro grande tema è quello del grande Concilio di Mosca, celebrato proprio nel momento della Rivoluzione bolscevica, un Concilio che voleva portare un rinnovamento alla Chiesa, un Concilio non concluso, proprio per la Rivoluzione, ma un Concilio che ha posto anche dei grossi temi come quello della sinodalità e della conciliarità. Dunque, un tema che non è neppure estraneo alla ricerca che attualmente fa la Chiesa cattolica. Ecco, questi sono i due temi, ma l’evento in sé è soprattutto un incontro di monaci. Ci saranno monaci dell’Atos, monaci dei monasteri russi, monaci d’Occidente e poi i rappresentanti delle varie Chiese cristiane.

 

D. – Nei vostri incontri avete sempre un occhio all’ortodossia mediterranea, chiamiamola così, ed un altro al mondo russo: come mai?

 

R. – C’è da dire che, se è vero che ci sono difficoltà di dialogo tra cattolici, Occidente e Oriente-ortodosso, è anche vero che sovente c’è una difficoltà all’interno della stessa ortodossia, tra quella che è l’ortodossia mediterranea, greco-bizantina, e l’ortodossia russa. Allora, i due Convegni sono accostati in modo che possano incontrarsi, anche tra di loro, rappresentanti delle Chiese, studiosi, monaci sia del mondo slavo-ortodosso, sia del mondo bizantino, greco-ortodosso più mediterraneo.

 

D. – Colpisce la presenza a Bose di tanti esponenti del mondo ortodosso a questi Convegni: come si colloca la sua Comunità nel dialogo ecumenico?

 

R. – In una maniera, oserei dire, molto elementare e anche molto povera, cioè noi siamo un monastero, quindi non abbiamo nessuna politica ecumenica da svolgere tra le Chiese. Offriamo uno spazio, un quadro per l’incontro su dei temi di spiritualità tra Oriente ed Occidente, tra Chiese ortodosse, Chiesa cattolica e anche alcune Chiese come la Chiesa anglicana che vi partecipa e qualcuna delle Chiese della Riforma. Ma noi non abbiamo un compito preciso se non quello di apprestare un luogo in cui si prega, un luogo in cui si pratica l’accoglienza, un luogo che è una comunità ecumenica e che vuole soprattutto che si prosegua il lavoro per l’unità della Chiesa e una vera comunione tra tutti i cristiani.

 

D. – Fra Enzo, un accenno al processo costitutivo di Bose …

 

R. – Bose ha una storia semplice, senza pretese. Il primo di noi è venuto a questo villaggio di Bose alla fine del Concilio, nel ’65, pensando ad una vita monastica e cercando di viverla, poi sono arrivati altri fratelli e nel ’73 i primi hanno emesso la professione monastica definitiva. Oggi siamo quasi 90 di diverse Chiese cristiane: ortodossi, cattolici e alcuni protestanti e facciamo una vita monastica nella tradizione, a servizio delle Chiese, per l’unità della Chiesa, ma è tutto molto semplice.

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L’ALTRO VOLTO DELL’ISLAM:

L’ESPERIENZA DI DIALOGO SPIRITUALE ISLAMO-CRISTIANO IN ALGERIA

INIZIATO 30 ANNI FA DA ULISSE CAGLIONI CHE, INSIEME A DUE COMPAGNI DAVA VITA

ALLA PRIMA COMUNITA’ FOCOLARINA IN UN PAESE MUSULMANO

 

Dialogo islamo-cristiano, un dialogo possibile? Sono in molti a porsi questo interrogativo di fronte all’immagine a senso unico data dai media: un islam fondamentalista e violento. Ma non è questo il suo vero volto. Proprio dall’Algeria, Paese musulmano, percorso per anni da un’ondata di violenza che ha colpito a morte, anche i cristiani, come i 7 monaci trappisti, il vescovo di Orano, Claverie, giunge la testimonianza di un dialogo spirituale profondo proprio tra cristiani e musulmani. Viene alla luce della cronaca, in occasione della dipartita, a causa di una lunga malattia, di un focolarino italiano, sacerdote, Ulisse Caglioni,  che ha vissuto per oltre 30 anni proprio nei pressi di Orano, a Tlemcen. Sono ora molte le manifestazioni in programma in Algeria che vedranno riuniti cristiani e musulmani attorno ai vescovi di Algeri e Orano per ricordare la sua figura. Il servizio di Carla Cotignoli:

 

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“E’ stata la fedeltà di Ulisse all’amore evangelico del prossimo - ha scritto di lui l’arcivescovo di Algeri, Henri Teissier - che ha permesso di scoprire e di vivere profonde amicizie islamo-cristiane, ponendo  su questo cammino un segno di Dio”. Ed ora la voce di un musulmano:

 

“IL EST VENU, LUI, VERS NOUS ...

Sei venuto verso di noi sciogliendo un mare di ghiaccio e distruggendo i muri che ci separavano per costruire un ponte indistruttibile”.

 

Queste sono parole di Sidi Ahmed Benchouk, musulmano, già prefetto di Bedjaya, nel nord dell’Algeria, che aveva voluto dare la sua testimonianza al momento dell’ultimo saluto a Castel Gandolfo. Ulisse Caglioni era giunto a Tlemcen, nella regione occidentale dell’Algeria, nei pressi di Orano,  nel 1966, a soli 23 anni. Insieme ad altri due compagni aveva dato vita alla prima comunità focolarina in un Paese arabo. Avevano trasformato un antico monastero benedettino messo a disposizione del Movimento dei Focolari “in un luogo di incontro, di dialogo, di spiritualità, in un’oasi di pace”, come lo definisce ancora Sidi Ahmed Benchouk.

 

“Abbiamo imparato ad ascoltare, senza pregiudizi, senza giudizio alcuno. Ulisse ci ha insegnato a fare tutto per amore, ci ha insegnato ad essere l’amore”. Così scrivono gli amici musulmani del Movimento dei Focolari dell’Algeria a Chiara Lubich. E aggiungono: “Ulisse ha sempre testimoniato la sua fede. Era per noi il modello del credente. L’unità che costruiva andava oltre le differenze a tal punto che tanti dicevano: ‘Ulisse, ecco il vero musulmano’, non perché non conoscessero la sua fede e la sua vocazione, ma perché la sua vita di credente aveva fatto di lui un uomo di Dio”.

 

Come ha detto mons. Teissier, il segreto di Ulisse è stata la sua disponibilità, giorno dopo giorno, verso chiunque incontrava: il panettiere, i vicini di casa … Ma lasciamo la parola a Giorgio Antoniazzi, ora responsabile del Movimento in Algeria:

 

R. – Il suo è sempre stato un amore molto concreto, non era un uomo di molte parole, era meccanico, quindi diverse persone venivano da lui oppure chiedevano il suo aiuto, il suo consiglio per riparare le macchine; ha fatto diverse volte lavori di muratura, sapeva lavorare la terra ... Le persone in questo modo si sono sentite amate e quindi si sono interessate alla ragione profonda per la quale Ulisse viveva in questo modo. E lui ha raccontato qual era la sua fede, qual era il suo ideale: contribuire a costruire un mondo unito ... Ha parlato loro della spiritualità che cercava di vivere. E queste cose hanno interessato alcuni algerini musulmani che hanno detto: “Ma anche noi possiamo per una certa parte condividerle!”. Da lì il dialogo della vita è passato ad un dialogo spirituale nel quale insieme – quindi cristiani e musulmani – fanno un’esperienza di Dio, nel rispetto reciproco delle proprie differenze. E’ un dialogo, poi, che non rimane solo a livello spirituale, perché poi si fa servizio concreto: come per esempio un’associazione per non vedenti, e tante altre realizzazioni…

 

D. – Che cos’è in modo particolare che questi amici  musulmani condividono? Che cosa hanno ricevuto proprio da questa spiritualità che, di per sé, è una spiritualità chiaramente cristiana, quindi radicata nel Vangelo?

 

R. – C’è un imam, qui vicino, che dice che questo ideale di unità è quello che loro chiamano ‘tarika’, cioè una strada per andare a Dio che illumina anche la loro fede. Sono proprio le sue parole. E possiamo dire, dall’esperienza ormai di diversi anni dei nostri amici musulmani, che loro hanno scoperto l’amore di Dio e lo condividono pienamente con noi. Questa scoperta li spinge a rispondere a questo amore amando il prossimo.  Poi fanno anche loro, come noi, l’esperienza dell’amore reciproco, quindi della presenza di Dio, dove le persone si vogliono bene. Logicamente, condividono anche pienamente il nostro desiderio di fare la volontà di Dio. Tutti questi valori si ritrovano anche nel Corano. Si sente che questa esperienza ci unisce: si va avanti insieme.

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La condivisione della spiritualità dell'unità, in vario modo, da parte di fedeli di altre religioni,  è  un "fenomeno" che si verifica, non solo tra cristiani e musulmani, ma anche ebrei, buddisti, indù, animisti ed altre religioni, nei Paesi delle diverse culture dove si è diffuso il Movimento dei Focolari, suscitando fra fedeli delle diverse religioni il comune impegno a costruire rapporti di fraternità e di pace.

 

 

OGGI IN ESTONIA IL REFERENDUM SULL’INGRESSO IN EUROPA

NEL MAGGIO DEL 2004

 

Probabilmente saranno tre su quattro i cittadini dell’Estonia che voteranno favorevolmente all’ingresso in Europa del proprio Paese. Queste le previsioni dei sondaggi per il referendum di oggi. Un risultato, dunque, scontato, grazie al quale l’Estonia entrerà nell’Unione europea nel maggio del 2004 insieme ad altri nove Paesi. Ma quale apporto potrà dare all’Europa il Paese baltico, tra i primi a dichiarare la propria indipendenza dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Vittorio Strada, docente all’Università di Venezia, esperto dei Paesi dell’area ex sovietica:

 

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Le Repubbliche Baltiche, tra cui l’Estonia naturalmente, sono quelle che più già erano in un certo senso vicine all’Europa Occidentale. Quindi, questo ritorno all’Europa, un ritorno che è avvenuto con l’emancipazione dall’Unione Sovietica e quindi con l’indipendenza raggiunta, viene in un certo senso rafforzato con la partecipazione alla Comunità Europea.

 

D. – Spesso sono state sollevate perplessità sull’allargamento dell’Unione a causa dell’economia debole dei nuovi Paesi è questo il caso anche dell’Estonia?

 

R. – Sì, questo ampliamento all’Est dell’Europa ha come sempre profitti e perdite, difficoltà economiche che si sobbarcherà in parte, ma non direi in modo catastrofico, la Comunità Europea però, in prospettiva naturalmente non immediata. L’Europa ne trarrà in un certo senso vantaggio, prima di tutto direi politico, e poi anche economico naturalmente.

 

D. – L’assetto politico ed istituzionale della nuova Estonia si concilia con quello dei paesi dell’Unione Europea?

 

R. – Certamente esistono dei problemi su cui insistono soprattutto in Russia, la Federazione Russa, per lo Status delle minoranze etnicamente e linguisticamente russe che, per la lunga partecipazione di questi paesi all’Unione Sovietica, vivono anche in Estonia, oltre che negli altri Paesi Baltici. Con le loro rivendicazioni di autonomia, di riconoscimento dei loro diritti di minoranze, a volte si incontrano con legislazioni che non soddisfano del tutto. Quindi, anche in questo senso, credo che la presenza di questi paesi nell’Europa migliorerà anche i problemi dei diritti umani proprio perché l’Europa vigilerà affinché vengano rispettati da tutti i suoi membri e quindi anche da questi nuovi membri che entrano, in questi ultimi mesi, a far parte dell’Europa.

 

D. – Si usa parlare dell’Estonia insieme alle altre due Repubbliche Baltiche, Lettonia e Lituania, ci sono invece delle particolarità da evidenziare per questo paese?

 

R. – Certamente l’Estonia, da un punto di vista linguistico, ha una sua autonomia maggiore, una sua singolarità, una sua specificità, anche culturale oltre che linguistica. Le tradizioni culturali di questi paesi, secondo me, dovrebbero essere messe in rilievo nella loro specificità.

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CHIESA E SOCIETA’

14 settembre 2003

                                                                                                             

 

LA DECISIONE ISRAELIANA DI ESPELLERE IL PRESIDENTE PALESTINESE,

YASSER ARAFAT, E GLI SFORZI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

PER SALVARE IL PIANO DI PACE. SONO QUESTI I NODI FOCALI DELL’ATTUALE SCENARIO MEDIORIENTALE

 

TEL AVIV. = “Uccidere il presidente palestinese, Yasser Arafat, è una delle ‘opzioni’ con cui Israele potrebbe liberarsi di colui che considera un ostacolo alla pace”. E’ la minacciosa dichiarazione fatta dal vicepremier dello Stato ebraico, Ehud Olmert, alla radio israeliana spiegando la decisione del governo di Tel Aviv “di espellere in via di principio” il presidente dell’Autorità nazionale palestinese. La decisione di Tel Aviv si ripercuote soprattutto sul nuovo governo guidato da Abu Ala e sul futuro dei Territori. “Se Israele non cambierà atteggiamento – ha affermato il nuovo premier palestinese - è per me superfluo cercare di formare un governo”. A Ramallah, proseguono le manifestazioni di solidarietà per il raìs: sono arrivati anche molti “scudi umani”, pronti a difenderlo nel caso in cui iniziasse l’attacco dei reparti speciali israeliani. Per cercare di trovare una soluzione alla crisi mediorientale si sono intanto intensificati gli sforzi della comunità internazionale. I cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ritengono “essenziale continuare ad applicare” la road map e ricordano che “le due parti hanno dei doveri” in base al tracciato di pace che “devono rispettare”. Lo ha detto ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, al termine della riunione, a Ginevra, con i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna, Cina, Stati Uniti e Russia. (A.L.)

 

 

L’ASSOCIAZIONE DEI CATTOLICI DI ETNIA CHIN DEL MYANMAR HA FESTEGGIATO,

ALLA PRESENZA DELL’ARCIVESCOVO DI YANGON, MONS. CHARLES MAUNG BO, 35 ANNI DI VITA

 

YANGON. = “Continuate ad essere modello di unità e di amore per le altre minoranze, preservando la vostra cultura e la vostra tradizione”. Con queste parole l’arcivescovo salesiano di Yangon, mons. Charles Maung Bo, si è rivolto lo scorso 7 settembre, nella chiesa di Nostra Signora di Fatima, all’Associazione dei cattolici Chin in occasione del 35.mo anniversario della comunità. Fondata nel 1968 da cinque esponenti di etnia Chin, l’associazione è arrivata a contare oggi un migliaio di persone, dislocate nelle varie aree del Paese. La maggior parte di queste sono originarie della diocesi di Hakha, nella regione montuosa a Nord-Ovest di Myanmar, ai confini con l’India ed hanno deciso di incontrare per la prima volta, nel giorno del loro anniversario, il nuovo arcivescovo. Con loro anche 18 suore e 13 aspiranti presbiteri Chin del Seminario maggiore nazionale San Giuseppe. L’associazione garantisce assistenza spirituale e materiale a tutti i membri. (D.D)

 

 

OGGI IN SVEZIA, PAESE SCONVOLTO DALL’ASSASSINIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ANNA LINDH,

SI VOTA PER IL REFERENDUM SULL’ADESIONE ALL’EURO

 

STOCCOLMA. = A soli tre giorni dalla morte del ministro degli esteri della Svezia, Anna Lindh, accoltellata mercoledì scorso da uno sconosciuto, oltre sette milioni di svedesi hanno cominciato, questa mattina, a votare per il referendum sull’adesione del Paese scandinavo all’euro. Il voto di oggi, in seguito al grave episodio di violenza che ha coinvolto una figura politica di primissimo piano come la Lindh, appare in bilico. Per la prima volta da aprile, infatti, un sondaggio ha dato il numero di svedesi favorevoli alla moneta europea in vantaggio rispetto a quelli contrari. Le urne resteranno aperte fino alle otto di questa sera e poco più tardi si saprà se l’euro approderà anche in Svezia. Se dovessero vincere i “si” si tratterebbe dell’ultima grande vittoria postuma della Lindh, convinta europeista. L’esito del referendum potrebbe avere riflessi anche sulla Gran Bretagna, che deve decidere quando indire un’analoga consultazione, e sulla Danimarca, che ha già bocciato una volta l’adesione alla moneta unica. (A.L.)

 

 

IL PRIMO MINISTRO DEL KASHMIR ELOGIA LE SCUOLE CATTOLICHE:

“L’ISTRUZIONE IMPARTITA DAI MISSIONARI E DAGLI ISTITUTI CATTOLICI

E’ UN PUNTO DI ECCELLENZA DELLA CHIESA INDIANA”

 

SRINAGAR. = In Kashmir le scuole cattoliche hanno ricevuto un pubblico elogio dal primo ministro dello Stato indiano, Mufti Mohammad Syeed. Nel discorso inaugurale dell’anno scolastico il premier ha rivolto parole di apprezzamento per l’alta qualità dell’educazione impartita nelle scuole cattoliche e negli istituti gestiti dai missionari e  per la capacità di “guarire le ferite fra la popolazione”, fornendo “la migliore istruzione possibile a persone di tutte le classi sociali”. Mufti Mohammad Syeed ha poi rimarcato il sevizio reso ai poveri e agli emarginati. La comunità cattolica in Kashmir, dove vivono circa 9 milioni di persone, conta oltre 12 mila fedeli. La Chiesa è impegnata soprattutto nel campo dell’istruzione e le scuole cattoliche sono frequentate ed apprezzate anche da famiglie musulmane ed indù. “Costruire scuole nei villaggi è un modo per avere la fiducia della gente e stabilire buone relazioni, in quanto lavoriamo per il futuro dei giovani”, ha detto all’Agenzia Fides il vescovo di Jammu-Srinagar, mons. Peter Celestine Elampassery,. “E’ il nostro modo – ha aggiunto - di evangelizzare: aiutare la crescita e la dignità della persona, come ha fatto Madre Teresa nel suo servizio agli ultimi”. (A.L.)

 


IN GUINEA BISSAU I MILITARI HANNO PRESO IL POTERE CON UN GOLPE

ED HANNO ARRESTATO IL PRESIDENTE KUMBA YALA

 

BISSAU. = Kumba Yala, il presidente della Guinea Bissau, ex colonia portoghese dell’Africa occidentale, è detenuto dai militari che hanno preso il potere con un golpe. Il capo di Stato maggiore delle forze armate ha chiesto alla popolazione, con un comunicato, di evitare atti di violenza e di vandalismo. Secondo l’agenzia portoghese, Lusa, i militari starebbero cercando di porre agli arresti anche il primo ministro, Mario Pires, che si trova nel Sud della Guinea Bissau. Nel comunicato i militari affermano che sono stati costretti a prendere il potere perché Yala si è dimostrato “incapace di risolvere i problemi del Paese, peggiorati da quando il presidente ha sciolto il parlamento, nel novembre del 2002”. La Guinea Bissau è uno tra i Paesi più poveri al mondo ed è abitato da circa un milione di persone la cui aspettativa di vita è di 39 anni. (A.L.)

 

 

LA RETE TELEVISIVA ARABA, AL-JAZEERA, TRASMETTERÀ DOCUMENTARI

DEI CAPPUCCINI PIEMONTESI SULLE GUERRE DIMENTICATE IN AFRICA

 

TORINO. = La televisione araba al-Jazeera trasmetterà sei documentari dei frati cappuccini del Piemonte della serie “Le guerre dimenticate dell’Africa”. Ventuno anni di storia, otto dipendenti, cinquemila ore di filmati realizzati in quaranta Paesi, un archivio sterminato ed una produzione che varia dalle tragedie del Sud del mondo alla vita della Chiesa: questa – in sintesi – la carta d’identità della società di produzione televisiva, ‘Nova T’ di Torino, di cui padre Mario Durando è l’amministratore delegato. “All’estero – rivela all’Agenzia missionaria Misna - apprezzano il nostro approccio, che si sforza di coniugare qualità e neutralità di fronte a certi temi complessi come le guerre dimenticate dell’Africa ma il Sud del mondo non è ugualmente preso in considerazione sui media italiani”. Padre Durando lamenta, inoltre, che il settore audiovisivo religioso sta conoscendo una significativa crisi ma rimarca come “i reportage sulle tragedie delle periferie del pianeta realizzati da ‘Nova T’ trovino molti consensi perché offrono una finestra su mondi dimenticati e trascurati”. Ed i manager dell’emittente satellitare del Qatar, famosa per alcuni scoop su Osama Bin Laden, non hanno esitato ad acquistarli. (A.L.)

 

 

LA COOPERAZIONE TRA L’AGENZIA INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA ATOMICA

E L’IRAN POTREBBE TERMINARE: TEHERAN SOSTIENE CHE L’AGENZIA DELL’ONU

“E’ UTILIZZATA DA STATI CHE VOGLIONO PRIVARE IL PAESE DEL GOLFO PERSICO DEL DIRITTO DI ACQUISIRE TECNOLOGIA NUCLEARE”

 

TEHERAN. = L’Iran sta valutando se e come continuare la cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dopo che questa ha chiesto a Teheran, entro il prossimo 31 ottobre, di fare piena luce sul suo programma nucleare. “Stiamo considerando la natura della nostra cooperazione con l’Aiea - ha detto in una conferenza stampa il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hamid Reza Asefi - e la nostra decisione sarà resa pubblica in futuro”. Asefi ha inoltre ribadito che “sin dall’inizio la Repubblica islamica ha dichiarato che l'Aiea deve agire in modo professionale” ed ha rimarcato come “l’Agenzia dell’Onu sia stata utilizzata da alcuni Paesi, in particolare dagli Stati Uniti, che vogliono privare l’Iran del suo naturale e legittimo diritto di acquisire tecnologia nucleare”. (A.L.)

 

 

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