RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 257 - Testo della
Trasmissione domenica 14 settembre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Nella festa
liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce, beatificati dal Papa a Bratislava
il vescovo Vasil Hopko e la suora Zdenka Schelingova, martiri del comunismo.
Stasera il congedo di Giovanni Paolo II dalla Slovacchia e il rientro nella
residenza pontificia di Castel Gandolfo. Con noi, padre Federico Lombardi e mons. Marian Gavenda.
Il cordoglio del Pontefice per le vittime del
ciclone in Corea del Sud.
OGGI IN
PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Festeggiati 35 anni di vita
dall’associazione dei cattolici chin di Yangon, in Myanmar.
In
Svezia si sono aperti i seggi per il referendum sull’adesione del Paese all’euro.
Elogiate dal
primo ministro del Kashmir le scuole cattoliche.
La Guinea Bissau è
stata colpita da un golpe militare.
L’Iran sta
valutando se proseguire nella cooperazione con l’Aiea.
NELLA FESTA
DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE, BEATIFICATI DAL PAPA A BRATISLAVA
IL VESCOVO VASIL HOPKO E LA SUORA ZDENKA
SCHELINGOVA, MARTIRI DEL COMUNISMO.
STASERA IL CONGEDO DI GIOVANNI PAOLO II DALLA
SLOVACCHIA E IL RIENTRO NELLA RESIDENZA DI CASTEL GANDOLFO.
CON NOI, PADRE FEDERICO LOMBARDI E MONS. MARIAN
GAVENDA
In un clima di solennità, di festa e di commozione,
Giovanni Paolo II ha proclamato beati stamani a Bratislava due eroici figli
della terra slovacca, il vescovo Vasil Hopko e la suora Zdenka Schelingova,
vittime del passato regime comunista. Due martiri, coraggiosi testimoni della
fede nel secolo 20.mo, “esempi luminosi di fedeltà – come li ha definiti il
Papa – in tempi di dura e spietata persecuzione religiosa”. Un evento che ha
coronato l’intero viaggio pastorale del Santo Padre nella Repubblica Slovacca,
in felice coincidenza con la festa liturgica dell’Esaltazione della Santa
Croce, “luogo privilegiato” dove “si incontrano la miseria dell’uomo e la
misericordia di Dio”. L’evento culminante di quattro intense giornate, nelle
quali parole e segni hanno delineato per il popolo slovacco un orizzonte
grandioso, che abbraccia passato, presente e futuro. Come un dono, Giovanni
Paolo II ha offerto la sua presenza che ha assunto agli occhi di tutti il
valore di toccante testimonianza, per portare nel nome del Signore crocifisso e
risorto “il messaggio di amore e di salvezza”. Ma sulla Messa per la
proclamazione dei due nuovi beati slovacchi, seguita dalla recita dell’Angelus
domenicale, ecco il servizio della nostra inviata a Bratislava, Giada Aquilino.
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La
Croce, “segno dell’amore infinito di Dio per l’umanità”, il Vangelo, “tesoro
più prezioso”, Vasil Hopko e Zdenka Schelingova, “esempi luminosi di fedeltà”.
Sono questi i riferimenti dai quali attingere vigore e speranza nella vita di
tutti i giorni, riferimenti che Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare oggi
di fronte all’“amato popolo slovacco”. In una domenica assolata, in cui la
Chiesa festeggia l’Esaltazione della Santa Croce, il Papa ha raggiunto i
250mila fedeli radunatisi già da ieri sera nella spianata di Petrzalka,
popoloso quartiere alla periferia di Bratislava, per la Santa Messa di
beatificazione dei due testimoni della fede del XX secolo, appunto il vescovo greco
cattolico Vasil Hopko e suor Zdenka Schelingova, perseguitati dal regime
comunista.
(Canti
e musica)
E il
saluto del Papa, sorridente e in buona forma, è andato subito al popolo della
Slovacchia, presente a Petrzalka o in collegamento radiotelevisivo:
Vzdavam vd’aky...
“Rendo grazie a Dio perché hai saputo conservare,
anche in momenti difficili, la tua fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. E ti
esorto: non ti vergognare mai del Vangelo! Custodiscilo nel tuo cuore come il
tesoro più prezioso dal quale attingere luce e forza nel pellegrinaggio
quotidiano della vita”.
Nel
giorno in cui “siamo invitati a guardare alla Croce”, “luogo privilegiato in
cui si rivela e manifesta a noi l’amore di Dio”, il Pontefice - come aveva
fatto nei giorni scorsi - ha affidato le proprie parole alla lettura del
cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei popoli, per ricordare che proprio alla Croce “hanno
guardato con fede incrollabile” Vasil e Zdenka.
Pochi
minuti prima, l’eparca di Presov per i cattolici di rito bizantino, mons. Jan
Babjak, e l’arcivescovo di Bratislava-Trnava, mons. Jan Sokol, avevano chiesto
di procedere alla beatificazione dei due servi di Dio. E il Pontefice ha
pronunciato la formula:
My, prijimajuc zelanie...
Il
vescovo Vasil Hopko (1904-1976) fu arrestato dal regime comunista, al potere in
Slovacchia dal ’48 all’89, e morì a causa delle sofferenze subite, prima e dopo
la prigionia. Suor Zdenka Schelingova (1916-1955), della Congregazione delle
Suore di Carità della Santa Croce, lavorò come infermiera; curò alcuni
sacerdoti arrestati e perseguitati dal regime; li aiutò a fuggire, ma in un
tentativo di far scappare altri religosi fu catturata e sottoposta a torture
che la condussero a una morte prematura.
La
Croce, ha sottolineato il Santo Padre, è divenuta per i due Beati “il cammino
che li ha condotti alla vita, sorgente di fortezza e di speranza, prova di
amore per Dio e per l’uomo. O Crux, ave spes unica”. Proprio di Vasil e Zdenka
aveva parlato, nel suo saluto, anche mons. Sokol, definendoli “modelli di fede,
di eroismo e di perseveranza fino alla fine”, un esempio insomma per il futuro
della Chiesa e di tutta la Slovacchia.
E al
domani di questo Paese, che a maggio entrerà ufficialmente nell’Unione europea,
il Pontefice ha riservato personalmente una speciale benedizione, invocando la
Vergine Addolorata, patrona della Slovacchia, che domani si ricorderà nella
Liturgia:
Jej zverujem sucasnost ...
“A
lei affido il presente e il futuro della Chiesa e della Nazione slovacca,
perché crescano sotto la Croce di Cristo e ne sappiano sempre scoprire ed
accogliere il messaggio di amore e di salvezza”.
Il
messaggio del Pontefice è stato accolto da una folla di slovacchi profondamente
commossi, giovani, anziani, malati, a cui si sono uniti il presidente della
Repubblica, Rudolf Schuster, il premier Mikulas Dzurinda, il presidente del
Parlamento, Pavol Hrusovsky, e tanti pellegrini provenienti da Polonia,
Ungheria, Canada, Repubblica Ceca, Austria, Italia.
Il
Papa, all’Angelus, li ha salutati nelle rispettive lingue, quindi ha rivolto
ancora un pensiero alla terra slovacca:
Spolocne s novymi...
“Insieme
con i nuovi Beati, chiediamo a Maria che con la sua intercessione ottenga alla
comunità cristiana che vive in Slovacchia di essere una Chiesa ricca in
santità, audace nel bene e forte nella testimonianza”.
Infine,
prima del congedo da Petrzalka e il trasferimento del Santo Padre alla
Nunziatura di Bratislava per il pranzo con i vescovi locali e il seguito
papale, le parole accorate del Pontefice - sempre lette dal cardinale Tomko -
sono state per la gioventù slovacca, “speranza della Chiesa e della società;
voi - ha concluso Giovanni Paolo II - siete la speranza del Papa! Non abbiate
paura di diventare veri amici di Gesù”, per costruire “la civiltà dell’amore”.
(Canti e musica)
Con
la collaborazione tecnica di Sandro Danieli e Vincenzo Proto, da Bratislava
Giada Aquilino, Radio Vaticana.
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Tra la folla che ha partecipato
alla cerimonia di beatificazione, la nostra Giada Aquilino ha raccolto alcune
testimonianze. Ecco le voci di due giovani, che esprimono i loro sentimenti
sulla presenza di Giovanni Paolo II nella loro terra.
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Parole in slovacco
R. – Il Papa ha avuto due doni:
sapeva parlare e poteva muoversi. Ora il Signore gli ha tolto questi doni e
adesso ci parla in modo diverso ma forse più forte con la sua sofferenza. Con
questo Dio vuole dirci qualcosa.
D. – Come ti chiami?
R. – Imro.
D. - Che cosa significa, Imro,
avere il Papa qui in Slovacchia?
R. – E’ un grande avvenimento. Egli è venuto a testimoniare la fede; è il
testimone dell’esistenza di Dio, dell’amore e degli autentici valori.
D. - Che cosa vorresti dire al
Papa?
R. – Che è il nostro Papa e ci
incoraggia a credere in questi valori. Grazie per questo perché è proprio di
questo che abbiamo bisogno.
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Questa terza visita di Giovanni
Paolo II in terra slovacca offre interessanti spunti di riflessione.
Particolarmente ricca di significati, la beatificazione dei due martiri Vasil
Hopko e Zdenka Schelingova, come ci riferisce il nostro direttore dei
programmi, padre Federico Lombardi, che si trova in Slovacchia al seguito del
Santo Padre.
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Beatificazione dei martiri nella
festa liturgica dell’esaltazione della
Santa Croce in una nazione che venera come protettrice la madonna Addolorata,
presente appunto sotto la Croce, e che porta nella bandiera la croce piantata
sulle montagne. Difficile pensare ad una sintesi più forte e più ricca di
significati. I martiri sono di tempi recenti. Qui la gente si interroga su che
cosa provino oggi i non pochi che sono stati corresponsabili della loro
indicibile tortura e sofferenza. Forse si sono pentiti; almeno avranno capito
che servivano una ideologia ingannatrice, ma soprattutto è importante che i
credenti ricordino e coltivino il valore della testimonianza di fedeltà a
Cristo e che questo valore si proietti in un presente e in un futuro in cui le
proposte della modernità secolarizzata tentano le giovani generazioni di dimenticare
troppo presto.
Le melodie della tradizione
orientale sono particolarmente struggenti. Dicono una fede radicata nel
profondo, la sensibilità credente di un popolo. Qui la gente è stata educata a
capire l’importanza e il valore cristiano del sacrificio, della fatica e anche
della sofferenza. L’impegno del Papa per venire da loro, stare e pregare con
loro è evidente e lo comprendono subito senza bisogno di molti discorsi. Si
stabilisce come una sintonia tra il popolo e il Papa che lo aiuta a pronunciare
con voce forte e chiara la formula di beatificazione e i passi essenziali
dell’omelia e delle preghiere liturgiche.
Possiamo ben dire che questi
giorni sono trascorsi in un crescendo e che con la celebrazione di oggi il
viaggio del Papa ha raggiunto pienamente il suo culmine e il suo scopo:
conferma e sostegno della rinascita della Chiesa in Slovacchia tra la
sofferenza del passato e le sfide insidiose del futuro.
Anche l’atteggiamento dei media
e dell’opinione pubblica è rapidamente cambiato e l’ostilità dei mesi scorsi ha
lasciato posto al rispetto.
Ancora un servizio prezioso di
questo irriducibile Papa pellegrino nel cuore dell’Europa, mentre si avvicina
il compimento del suo 25.mo anno di Pontificato.
Da Bratislava, padre Federico
Lombardi, Radio Vaticana.
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“Fedeli a Cristo, fedeli alla Chiesa”. E’
all’insegna di questo motto che si è sviluppata questa visita pastorale di
Giovanni Paolo II in terra slovacca. Un tema nel quale, a ben vedere, si
riassume la storia della Chiesa locale, disseminata di prove dolorose dal tempo
della seconda guerra mondiale fino crollo del regime comunista nel 1989. Per i
cattolici slovacchi, che costituiscono il 74,7 per cento della popolazione, la
fedeltà a Cristo e alla Chiesa rimane una sfida anche oggi, nei tempi nuovi
attraversati dal vento della libertà e insieme dal soffio dello Spirito. Un tema, quello scelto dai vescovi
slovacchi, quanto mai attuale, dunque, come ci spiega al microfono di Giada
Aquilino il portavoce della Conferenza episcopale, mons. Marian Gavenda.
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R. – Qui il cattolicesimo è rimasto integro. Ci sono
- è vero - fedeli poco praticanti ed anche atei, ma i cattolici accettano il
complesso della fede, non ci sono polemiche interne alla Chiesa, speculazioni
dogmatiche o sulla prassi sacramentale. I vescovi hanno compreso che, nella
nuova situazione dell’Europa, va mantenuta l’integrità della fede; solo così
potremo servire gli altri, con la freschezza e la forza della fedeltà al
Vangelo.
D. – A Banská Bystrica, c’è stato
l’incontro del Papa con la Conferenza episcopale slovacca a dieci anni dalla
sua nascita: com’è cambiata la Chiesa in questi anni?
R. – La Chiesa ha subito
cambiamenti esterni ed interni. Negli scorsi 40 anni, qui è stato proibito
quasi tutto, soprattutto la costruzione delle chiese, mentre gli ordini
religiosi si sono mantenuti in vita solo con la formazione clandestina. Poi c’è
stato grande fervore nella ricostruzione delle strutture necessarie, compresa
la ricostruzione di grandi quartieri nei quali vive la maggior parte della
popolazione. Le città erano tutte senza chiese: in questo decennio sono state
costruite più di 300 chiese, con centri pastorali e parrocchiali. Grande
manifestazione del soffio dello Spirito sono i centri pastorali universitari:
negli ultimi cinque anni sono nati 10 centri con presenza attiva, dove i
giovani si preparano ai sacramenti, dove i ragazzi cercano anche di avvicinare
alla fede i loro amici. Ciò che è un po’ allarmante è la diminuzione delle
vocazioni: negli ultimi quattro anni, il numero delle vocazioni si è ridotto
alla metà. Le cause sono diverse, ma tra le principali figurano la diminuzione
delle nascite, tanto che nelle città si devono chiudere molte scuole perché non
ci sono bambini. E ciò si rispecchia anche nel numero delle vocazioni.
D. – Qual è la posizione della
Chiesa proprio su questo problema del calo delle nascite?
R. – Subito dopo il novembre
’89, il governo ha bloccato quasi completamente la costruzione degli
appartamenti e questo stato di cose continua da 13 anni. Le famiglie composte
da giovani che non possono essere sostenuti dai genitori hanno enormi
difficoltà a trovare un appartamento, anche piccolo ed anche dopo anni di
risparmio. Influisce pure la propaganda da parte dei mass media commerciali a
favore di una vita consumistica, egoistica, all’insegna del godimento personale
e nel rifiuto di ogni responsabilità, in testa a tutte quella per i figli. La
Chiesa reagisce presentando un altro modello di vita, proponendo programmi di
sostegno alle famiglie numerose e contesta la legislazione che consente
l’aborto e che in campo sociale non è aperta alle nuove famiglie.
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Il viaggio apostolico di
Giovanni Paolo II si conclude così, oggi pomeriggio, con la cerimonia di
congedo in programma per le 17.45 all’aeroporto internazionale di Bratislava.
Per le ore 20.00 è previsto l’arrivo dell’aereo papale all’aeroporto romano di
Ciampino. Il Papa si trasferirà quindi nella residenza pontificia di Castel
Gandolfo, dove rimarrà fino a sabato 27 settembre.
IL PAPA HA
ESPRESSO IL PROPRIO CORDOGLIO PER LE VITTIME DEL TIFONE
CHE IERI HA DEVASTATO L’AREA MERIDIONALE DELLA COREA
DEL SUD
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il Papa ha espresso in un telegramma, a firma del
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano ed indirizzato all’arcivescovo di
Kwangju, mons. Andreas Choi Chang-mou, il suo profondo dolore per le vittime
del tifone che ieri ha devastato la costa meridionale della Corea del Sud
causando la morte di almeno 74 persone. Giovanni Paolo II si è detto
“profondamente rattristato” ed ha assicurato “la sua solidarietà alle famiglie
delle vittime, alle autorità civili e a tutti coloro che sono coinvolti
nell’opera di soccorso e di ricostruzione”.
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14 settembre
2003
DA OGGI, PER TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA, PRESSO IL
MONASTERO DI BOSE
IN
PIEMONTE, SI TIENE L’11.MA EDIZIONE DEL CONVEGNO ECUMENICO INTERNAZIONALE DI
SPIRITUALITA’ ORTODOSSA,
CON IL
PATROCINIO DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI E DEL PATRIARCATO DI
MOSCA.
CON
NOI, IL PRIORE ENZO BIANCHI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Due i temi principali in esame: ‘I Padri del deserto di
Gaza: Barsanufio, Giovanni e Doroteo’ (i primi tre giorni) e ‘Il grande
Concilio di Mosca 1917-1918’ nei susseguenti tre giorni. Si tratta di un
importante appuntamento ecumenico, incentrato su alcuni nodi cruciali del mondo
ortodosso contemporaneo, dal Medio Oriente alla Russia e ai Balcani, come ora
ci illustra il priore della Comunità monastica di Bose, fra Enzo Bianchi:
R. – Sarà un Convegno profondamente ecclesiale. Ci saranno
25 vescovi, tra vescovi ortodossi e vescovi cattolici e poi studiosi
provenienti da diverse università, sia del mondo ortodosso che del mondo
occidentale. E’ una maniera, innanzitutto, di fare ecumenismo, di incontrarsi,
di cercare di vedere anche in faccia i problemi che esistono tra le Chiese, in
una maniera che sia davvero il più possibile fraterna, e poi di sondare due
grandi temi: il primo quello della spiritualità del deserto di Gaza,
soprattutto incentrato sulla ricerca della figura del padre spirituale, una
figura che oggi è rinata all’interno dell’ortodossia e che è molto presente nel
rinnovamento, ma nello stesso tempo, alcune volte desta dei problemi. Si
tratta, dunque, di rivisitarla per andare alle radici e vedere come questo
ministero, oggi, può essere rinnovato e riconfermato nella Chiesa. L’altro
grande tema è quello del grande Concilio di Mosca, celebrato proprio nel
momento della Rivoluzione bolscevica, un Concilio che voleva portare un
rinnovamento alla Chiesa, un Concilio non concluso, proprio per la Rivoluzione,
ma un Concilio che ha posto anche dei grossi temi come quello della sinodalità
e della conciliarità. Dunque, un tema che non è neppure estraneo alla ricerca
che attualmente fa la Chiesa cattolica. Ecco, questi sono i due temi, ma
l’evento in sé è soprattutto un incontro di monaci. Ci saranno monaci
dell’Atos, monaci dei monasteri russi, monaci d’Occidente e poi i
rappresentanti delle varie Chiese cristiane.
D. – Nei vostri incontri avete sempre un occhio
all’ortodossia mediterranea, chiamiamola così, ed un altro al mondo russo: come
mai?
R. – C’è da dire che, se è vero che ci sono difficoltà di
dialogo tra cattolici, Occidente e Oriente-ortodosso, è anche vero che sovente
c’è una difficoltà all’interno della stessa ortodossia, tra quella che è
l’ortodossia mediterranea, greco-bizantina, e l’ortodossia russa. Allora, i due
Convegni sono accostati in modo che possano incontrarsi, anche tra di loro, rappresentanti
delle Chiese, studiosi, monaci sia del mondo slavo-ortodosso, sia del mondo
bizantino, greco-ortodosso più mediterraneo.
D. – Colpisce la presenza a Bose di tanti esponenti del
mondo ortodosso a questi Convegni: come si colloca la sua Comunità nel dialogo
ecumenico?
R. – In una
maniera, oserei dire, molto elementare e anche molto povera, cioè noi siamo un
monastero, quindi non abbiamo nessuna politica ecumenica da svolgere tra le
Chiese. Offriamo uno spazio, un quadro per l’incontro su dei temi di
spiritualità tra Oriente ed Occidente, tra Chiese ortodosse, Chiesa cattolica e
anche alcune Chiese come la Chiesa anglicana che vi partecipa e qualcuna delle
Chiese della Riforma. Ma noi non abbiamo un compito preciso se non quello di
apprestare un luogo in cui si prega, un luogo in cui si pratica l’accoglienza,
un luogo che è una comunità ecumenica e che vuole soprattutto che si prosegua
il lavoro per l’unità della Chiesa e una vera comunione tra tutti i cristiani.
D. – Fra Enzo, un accenno al processo costitutivo di Bose
…
R. – Bose ha una storia semplice, senza pretese. Il primo
di noi è venuto a questo villaggio di Bose alla fine del Concilio, nel ’65,
pensando ad una vita monastica e cercando di viverla, poi sono arrivati altri
fratelli e nel ’73 i primi hanno emesso la professione monastica definitiva.
Oggi siamo quasi 90 di diverse Chiese cristiane: ortodossi, cattolici e alcuni
protestanti e facciamo una vita monastica nella tradizione, a servizio delle
Chiese, per l’unità della Chiesa, ma è tutto molto semplice.
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L’ESPERIENZA DI DIALOGO SPIRITUALE ISLAMO-CRISTIANO IN ALGERIA
INIZIATO 30 ANNI FA DA ULISSE CAGLIONI CHE, INSIEME A DUE COMPAGNI
DAVA VITA
ALLA PRIMA COMUNITA’ FOCOLARINA IN UN PAESE MUSULMANO
Dialogo islamo-cristiano, un dialogo
possibile? Sono in molti a porsi questo interrogativo di fronte all’immagine a
senso unico data dai media: un islam fondamentalista e violento. Ma non è
questo il suo vero volto. Proprio dall’Algeria, Paese musulmano, percorso per
anni da un’ondata di violenza che ha colpito a morte, anche i cristiani, come i
7 monaci trappisti, il vescovo di Orano, Claverie, giunge la testimonianza di
un dialogo spirituale profondo proprio tra cristiani e musulmani. Viene alla
luce della cronaca, in occasione della dipartita, a causa di una lunga
malattia, di un focolarino italiano, sacerdote, Ulisse Caglioni, che ha vissuto per oltre 30 anni proprio nei
pressi di Orano, a Tlemcen. Sono ora molte le manifestazioni in programma in
Algeria che vedranno riuniti cristiani e musulmani attorno ai vescovi di Algeri
e Orano per ricordare la sua figura. Il servizio di Carla Cotignoli:
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“E’ stata la fedeltà di Ulisse all’amore
evangelico del prossimo - ha scritto di lui l’arcivescovo di Algeri, Henri
Teissier - che ha permesso di scoprire e di vivere profonde amicizie
islamo-cristiane, ponendo su questo
cammino un segno di Dio”. Ed ora la voce di un musulmano:
“IL EST VENU, LUI,
VERS NOUS ...
Sei venuto verso di noi
sciogliendo un mare di ghiaccio e distruggendo i muri che ci separavano per
costruire un ponte indistruttibile”.
Queste sono parole di Sidi Ahmed Benchouk,
musulmano, già prefetto di Bedjaya, nel nord dell’Algeria, che aveva voluto
dare la sua testimonianza al momento dell’ultimo saluto a Castel Gandolfo.
Ulisse Caglioni era giunto a Tlemcen, nella regione occidentale dell’Algeria,
nei pressi di Orano, nel 1966, a soli
23 anni. Insieme ad altri due compagni aveva dato vita alla prima comunità focolarina
in un Paese arabo. Avevano trasformato un antico monastero benedettino messo a
disposizione del Movimento dei Focolari “in un luogo di incontro, di dialogo,
di spiritualità, in un’oasi di pace”, come lo definisce ancora Sidi Ahmed
Benchouk.
“Abbiamo imparato ad ascoltare, senza pregiudizi, senza giudizio
alcuno. Ulisse ci ha insegnato a fare tutto per amore, ci ha insegnato ad
essere l’amore”. Così scrivono gli amici musulmani del Movimento dei Focolari
dell’Algeria a Chiara Lubich. E aggiungono: “Ulisse ha sempre testimoniato la
sua fede. Era per noi il modello del credente. L’unità che costruiva andava
oltre le differenze a tal punto che tanti dicevano: ‘Ulisse, ecco il vero
musulmano’, non perché non conoscessero la sua fede e la sua vocazione, ma
perché la sua vita di credente aveva fatto di lui un uomo di Dio”.
Come ha detto mons. Teissier, il segreto di
Ulisse è stata la sua disponibilità, giorno dopo giorno, verso chiunque
incontrava: il panettiere, i vicini di casa … Ma lasciamo la parola a Giorgio
Antoniazzi, ora responsabile del Movimento in Algeria:
R. – Il suo è sempre stato un amore molto
concreto, non era un uomo di molte parole, era meccanico, quindi diverse
persone venivano da lui oppure chiedevano il suo aiuto, il suo consiglio per
riparare le macchine; ha fatto diverse volte lavori di muratura, sapeva
lavorare la terra ... Le persone in questo modo si sono sentite amate e quindi
si sono interessate alla ragione profonda per la quale Ulisse viveva in questo
modo. E lui ha raccontato qual era la sua fede, qual era il suo ideale:
contribuire a costruire un mondo unito ... Ha parlato loro della spiritualità
che cercava di vivere. E queste cose hanno interessato alcuni algerini
musulmani che hanno detto: “Ma anche noi possiamo per una certa parte
condividerle!”. Da lì il dialogo della vita è passato ad un dialogo spirituale
nel quale insieme – quindi cristiani e musulmani – fanno un’esperienza di Dio,
nel rispetto reciproco delle proprie differenze. E’ un dialogo, poi, che non
rimane solo a livello spirituale, perché poi si fa servizio concreto: come per
esempio un’associazione per non vedenti, e tante altre realizzazioni…
D. – Che cos’è in modo particolare che questi
amici musulmani condividono? Che cosa
hanno ricevuto proprio da questa spiritualità che, di per sé, è una
spiritualità chiaramente cristiana, quindi radicata nel Vangelo?
R. – C’è un imam, qui vicino, che dice che
questo ideale di unità è quello che loro chiamano ‘tarika’, cioè una strada per
andare a Dio che illumina anche la loro fede. Sono proprio le sue parole. E
possiamo dire, dall’esperienza ormai di diversi anni dei nostri amici
musulmani, che loro hanno scoperto l’amore di Dio e lo condividono pienamente
con noi. Questa scoperta li spinge a rispondere a questo amore amando il
prossimo. Poi fanno anche loro, come
noi, l’esperienza dell’amore reciproco, quindi della presenza di Dio, dove le
persone si vogliono bene. Logicamente, condividono anche pienamente il nostro
desiderio di fare la volontà di Dio. Tutti questi valori si ritrovano anche nel
Corano. Si sente che questa esperienza ci unisce: si va avanti insieme.
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La condivisione della spiritualità dell'unità, in vario
modo, da parte di fedeli di altre religioni, è un
"fenomeno" che si verifica, non solo tra cristiani e musulmani, ma
anche ebrei, buddisti, indù, animisti ed altre religioni, nei Paesi delle
diverse culture dove si è diffuso il Movimento dei Focolari, suscitando fra
fedeli delle diverse religioni il comune impegno a costruire rapporti di
fraternità e di pace.
OGGI IN ESTONIA IL REFERENDUM SULL’INGRESSO IN
EUROPA
NEL
MAGGIO DEL 2004
Probabilmente
saranno tre su quattro i cittadini dell’Estonia che voteranno favorevolmente
all’ingresso in Europa del proprio Paese. Queste le previsioni dei sondaggi per
il referendum di oggi. Un risultato, dunque, scontato, grazie al quale
l’Estonia entrerà nell’Unione europea nel maggio del 2004 insieme ad altri nove
Paesi. Ma quale apporto potrà dare all’Europa il Paese baltico, tra i primi a
dichiarare la propria indipendenza dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Vittorio Strada, docente all’Università di
Venezia, esperto dei Paesi dell’area ex sovietica:
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Le Repubbliche Baltiche, tra cui l’Estonia naturalmente,
sono quelle che più già erano in un certo senso vicine all’Europa Occidentale.
Quindi, questo ritorno all’Europa, un ritorno che è avvenuto con
l’emancipazione dall’Unione Sovietica e quindi con l’indipendenza raggiunta,
viene in un certo senso rafforzato con la partecipazione alla Comunità Europea.
D. – Spesso sono state sollevate perplessità
sull’allargamento dell’Unione a causa dell’economia debole dei nuovi Paesi è
questo il caso anche dell’Estonia?
R. – Sì, questo ampliamento all’Est dell’Europa ha come
sempre profitti e perdite, difficoltà economiche che si sobbarcherà in parte,
ma non direi in modo catastrofico, la Comunità Europea però, in prospettiva
naturalmente non immediata. L’Europa ne trarrà in un certo senso vantaggio,
prima di tutto direi politico, e poi anche economico naturalmente.
D. – L’assetto politico ed istituzionale della nuova
Estonia si concilia con quello dei paesi dell’Unione Europea?
R. – Certamente esistono dei problemi su cui insistono
soprattutto in Russia, la Federazione Russa, per lo Status delle minoranze
etnicamente e linguisticamente russe che, per la lunga partecipazione di questi
paesi all’Unione Sovietica, vivono anche in Estonia, oltre che negli altri
Paesi Baltici. Con le loro rivendicazioni di autonomia, di riconoscimento dei
loro diritti di minoranze, a volte si incontrano con legislazioni che non
soddisfano del tutto. Quindi, anche in questo senso, credo che la presenza di
questi paesi nell’Europa migliorerà anche i problemi dei diritti umani proprio
perché l’Europa vigilerà affinché vengano rispettati da tutti i suoi membri e
quindi anche da questi nuovi membri che entrano, in questi ultimi mesi, a far
parte dell’Europa.
D. – Si usa parlare dell’Estonia insieme alle altre due
Repubbliche Baltiche, Lettonia e Lituania, ci sono invece delle particolarità
da evidenziare per questo paese?
R. – Certamente l’Estonia, da un punto di vista
linguistico, ha una sua autonomia maggiore, una sua singolarità, una sua
specificità, anche culturale oltre che linguistica. Le tradizioni culturali di
questi paesi, secondo me, dovrebbero essere messe in rilievo nella loro
specificità.
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14 settembre
2003
LA DECISIONE
ISRAELIANA DI ESPELLERE IL PRESIDENTE PALESTINESE,
YASSER ARAFAT, E GLI SFORZI DELLA COMUNITÀ
INTERNAZIONALE
PER SALVARE IL PIANO DI PACE. SONO QUESTI I NODI
FOCALI DELL’ATTUALE SCENARIO MEDIORIENTALE
TEL AVIV. = “Uccidere il presidente
palestinese, Yasser Arafat, è una delle ‘opzioni’ con cui Israele potrebbe
liberarsi di colui che considera un ostacolo alla pace”. E’ la minacciosa
dichiarazione fatta dal vicepremier dello Stato ebraico, Ehud Olmert, alla
radio israeliana spiegando la decisione del governo di Tel Aviv “di espellere
in via di principio” il presidente dell’Autorità nazionale palestinese. La
decisione di Tel Aviv si ripercuote soprattutto sul nuovo governo guidato da
Abu Ala e sul futuro dei Territori. “Se Israele non cambierà atteggiamento – ha
affermato il nuovo premier palestinese - è per me superfluo cercare di formare
un governo”. A Ramallah, proseguono le manifestazioni di solidarietà per il
raìs: sono arrivati anche molti “scudi umani”, pronti a difenderlo nel caso in
cui iniziasse l’attacco dei reparti speciali israeliani. Per cercare di trovare
una soluzione alla crisi mediorientale si sono intanto intensificati gli sforzi
della comunità internazionale. I cinque Paesi membri permanenti del Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite ritengono “essenziale continuare ad applicare”
la road map e ricordano che “le due parti hanno dei doveri” in base al
tracciato di pace che “devono rispettare”. Lo ha detto ieri il segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, al termine della riunione, a Ginevra,
con i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna, Cina, Stati Uniti e
Russia. (A.L.)
L’ASSOCIAZIONE DEI CATTOLICI DI
ETNIA CHIN DEL MYANMAR HA FESTEGGIATO,
ALLA PRESENZA DELL’ARCIVESCOVO DI YANGON, MONS. CHARLES
MAUNG BO, 35 ANNI DI VITA
YANGON.
= “Continuate ad essere modello di unità e di amore per le altre minoranze,
preservando la vostra cultura e la vostra tradizione”. Con queste parole
l’arcivescovo salesiano di Yangon, mons. Charles Maung Bo, si è rivolto lo
scorso 7 settembre, nella chiesa di Nostra Signora di Fatima, all’Associazione
dei cattolici Chin in occasione del 35.mo anniversario della comunità. Fondata
nel 1968 da cinque esponenti di etnia Chin, l’associazione è arrivata a contare
oggi un migliaio di persone, dislocate nelle varie aree del Paese. La maggior
parte di queste sono originarie della diocesi di Hakha, nella regione montuosa
a Nord-Ovest di Myanmar, ai confini con l’India ed hanno deciso di incontrare
per la prima volta, nel giorno del loro anniversario, il nuovo arcivescovo. Con
loro anche 18 suore e 13 aspiranti presbiteri Chin del Seminario maggiore
nazionale San Giuseppe. L’associazione garantisce assistenza spirituale e
materiale a tutti i membri. (D.D)
OGGI
IN SVEZIA, PAESE SCONVOLTO DALL’ASSASSINIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ANNA
LINDH,
SI VOTA PER IL REFERENDUM SULL’ADESIONE
ALL’EURO
STOCCOLMA. = A soli tre giorni
dalla morte del ministro degli esteri della Svezia, Anna Lindh, accoltellata
mercoledì scorso da uno sconosciuto, oltre sette milioni di svedesi hanno
cominciato, questa mattina, a votare per il referendum sull’adesione del Paese
scandinavo all’euro. Il voto di oggi, in seguito al grave episodio di violenza
che ha coinvolto una figura politica di primissimo piano come la Lindh, appare
in bilico. Per la prima volta da aprile, infatti, un sondaggio ha dato il
numero di svedesi favorevoli alla moneta europea in vantaggio rispetto a quelli
contrari. Le urne resteranno aperte fino alle otto di questa sera e poco più tardi
si saprà se l’euro approderà anche in Svezia. Se dovessero vincere i “si” si
tratterebbe dell’ultima grande vittoria postuma della Lindh, convinta
europeista. L’esito del referendum potrebbe avere riflessi anche sulla Gran
Bretagna, che deve decidere quando indire un’analoga consultazione, e sulla
Danimarca, che ha già bocciato una volta l’adesione alla moneta unica. (A.L.)
IL PRIMO MINISTRO DEL KASHMIR ELOGIA LE
SCUOLE CATTOLICHE:
“L’ISTRUZIONE IMPARTITA
DAI MISSIONARI E DAGLI ISTITUTI CATTOLICI
E’ UN PUNTO DI
ECCELLENZA DELLA CHIESA INDIANA”
SRINAGAR. = In
Kashmir le scuole cattoliche hanno ricevuto un pubblico elogio dal primo
ministro dello Stato indiano, Mufti Mohammad Syeed. Nel discorso inaugurale
dell’anno scolastico il premier ha rivolto parole di apprezzamento per l’alta
qualità dell’educazione impartita nelle scuole cattoliche e negli istituti
gestiti dai missionari e per la
capacità di “guarire le ferite fra la popolazione”, fornendo “la migliore istruzione
possibile a persone di tutte le classi sociali”. Mufti Mohammad Syeed ha poi
rimarcato il sevizio reso ai poveri e agli emarginati. La comunità cattolica in
Kashmir, dove vivono circa 9 milioni di persone, conta oltre 12 mila fedeli. La
Chiesa è impegnata soprattutto nel campo dell’istruzione e le scuole cattoliche
sono frequentate ed apprezzate anche da famiglie musulmane ed indù. “Costruire
scuole nei villaggi è un modo per avere la fiducia della gente e stabilire
buone relazioni, in quanto lavoriamo per il futuro dei giovani”, ha detto
all’Agenzia Fides il vescovo di Jammu-Srinagar, mons. Peter Celestine
Elampassery,. “E’ il nostro modo – ha aggiunto - di evangelizzare: aiutare la
crescita e la dignità della persona, come ha fatto Madre Teresa nel suo
servizio agli ultimi”. (A.L.)
IN GUINEA
BISSAU I MILITARI HANNO PRESO IL POTERE CON UN GOLPE
ED HANNO ARRESTATO IL PRESIDENTE KUMBA YALA
BISSAU. = Kumba Yala, il
presidente della Guinea Bissau, ex colonia portoghese dell’Africa occidentale,
è detenuto dai militari che hanno preso il potere con un golpe. Il capo di
Stato maggiore delle forze armate ha chiesto alla popolazione, con un
comunicato, di evitare atti di violenza e di vandalismo. Secondo l’agenzia
portoghese, Lusa, i militari starebbero cercando di porre agli arresti anche il
primo ministro, Mario Pires, che si trova nel Sud della Guinea Bissau. Nel
comunicato i militari affermano che sono stati costretti a prendere il potere
perché Yala si è dimostrato “incapace di risolvere i problemi del Paese,
peggiorati da quando il presidente ha sciolto il parlamento, nel novembre del
2002”. La Guinea Bissau è uno tra i Paesi più poveri al mondo ed è abitato da
circa un milione di persone la cui aspettativa di vita è di 39 anni. (A.L.)
LA
RETE TELEVISIVA ARABA, AL-JAZEERA, TRASMETTERÀ DOCUMENTARI
DEI CAPPUCCINI PIEMONTESI SULLE GUERRE DIMENTICATE
IN AFRICA
TORINO. = La televisione araba al-Jazeera
trasmetterà sei documentari dei frati cappuccini del Piemonte della serie “Le
guerre dimenticate dell’Africa”. Ventuno anni di storia, otto dipendenti,
cinquemila ore di filmati realizzati in quaranta Paesi, un archivio sterminato
ed una produzione che varia dalle tragedie del Sud del mondo alla vita della
Chiesa: questa – in sintesi – la carta d’identità della società di produzione
televisiva, ‘Nova T’ di Torino, di cui padre Mario Durando è l’amministratore
delegato. “All’estero – rivela all’Agenzia missionaria Misna - apprezzano il
nostro approccio, che si sforza di coniugare qualità e neutralità di fronte a
certi temi complessi come le guerre dimenticate dell’Africa ma il Sud del mondo
non è ugualmente preso in considerazione sui media italiani”. Padre Durando
lamenta, inoltre, che il settore audiovisivo religioso sta conoscendo una
significativa crisi ma rimarca come “i reportage sulle tragedie delle periferie
del pianeta realizzati da ‘Nova T’ trovino molti consensi perché offrono una
finestra su mondi dimenticati e trascurati”. Ed i manager dell’emittente
satellitare del Qatar, famosa per alcuni scoop su Osama Bin Laden, non hanno
esitato ad acquistarli. (A.L.)
LA COOPERAZIONE TRA L’AGENZIA
INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA ATOMICA
E L’IRAN POTREBBE TERMINARE: TEHERAN SOSTIENE CHE
L’AGENZIA DELL’ONU
“E’ UTILIZZATA DA STATI CHE VOGLIONO PRIVARE IL
PAESE DEL GOLFO PERSICO DEL DIRITTO DI ACQUISIRE TECNOLOGIA NUCLEARE”
TEHERAN. = L’Iran sta valutando se e come continuare
la cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dopo
che questa ha chiesto a Teheran, entro il prossimo 31 ottobre, di fare piena
luce sul suo programma nucleare. “Stiamo considerando la natura della nostra
cooperazione con l’Aiea - ha detto in una conferenza stampa il portavoce del
ministero degli Esteri iraniano, Hamid Reza Asefi - e la nostra decisione sarà
resa pubblica in futuro”. Asefi ha inoltre ribadito che “sin dall’inizio la
Repubblica islamica ha dichiarato che l'Aiea deve agire in modo professionale”
ed ha rimarcato come “l’Agenzia dell’Onu sia stata utilizzata da alcuni Paesi,
in particolare dagli Stati Uniti, che vogliono privare l’Iran del suo naturale
e legittimo diritto di acquisire tecnologia nucleare”. (A.L.)
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