RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 256 - Testo della
Trasmissione sabato 13 settembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
E’ iniziato
a Ginevra, nella sede dell’Onu, il Vertice su una nuova risoluzione per l’Iraq
Il monito di non espellere Arafat, lanciato dalle
Nazioni Unite e dall’Unione Europea, è stato rigettato da Tel Aviv
La rimozione dei sussidi continua a dividere, a
Cancun, il Wto
13 settembre 2003
CON IL
VOSTRO STILE CRISTIANO, TESTIMONIATE IL VANGELO NEL MONDO DI OGGI,
CHE HA
BISOGNO DI GIUSTIZIA E FRATERNITA’.
E’
L’ESORTAZIONE DEL PAPA ALLE DECINE DI MIGLIAIA DI FEDELI SLOVACCHI,
NELLA
MESSA DI OGGI A ROŽŇAVA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
“Siate
il terreno fertile e buono che, con l'abbondanza dei suoi frutti, consola le
attese della Chiesa e del mondo”. E lo “stile” del vostro essere cristiani
semini il Vangelo nel mondo di oggi, che ha bisogno di società più giuste e
fraterne. Il terzo giorno della visita in Slovacchia ha condotto Giovanni Paolo
II in una nuova località - Rožňava, antica città di 20 mila abitanti - a
una nuova esortazione all’indirizzo della Chiesa locale, impegnata a consolidare
le proprie radici nel Paese.
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(canto)
**********
Il
Papa ha parlato di unità ecclesiale in una città dove è forte la presenza di
altre popolazioni, come l’ungherese. Ma non si coglievano distinzioni, questa
mattina, nel grande Campo di Podrákoš, dove 150 mila fedeli si sono stretti
attorno al grande e simbolico palco – raffigurante un’ostia su una patena – per
partecipare alla Santa Messa presieduta dal Pontefice. A raccontarci l’evento
di stamani è, come di consueto, la nostra inviata a Bratislava, Giada Aquilino:
**********
Contribuite con “lo stile della
vostra vita cristiana all’evangelizzazione del mondo contemporaneo e alla
costruzione di una società più giusta e fraterna”. Con questa esortazione,
Giovanni Paolo II ha inaugurato la sua terza giornata in Slovacchia, celebrando
la Santa Messa al campo di Podrákoš, distesa collinare alla periferia di Rožňava, nella
Slovacchia orientale, dopo essere atterrato all’aeroporto della vicina Košice.
(musiche-canti)
Nel giorno dedicato alla memoria liturgica di San Giovanni
Crisostomo, considerato ponte tra Oriente e Occidente, e in una mattinata
ventosa che non ha impedito a 150 mila persone di radunarsi nella spianata, il
pensiero del Santo Padre è andato ai fedeli ungheresi, “costante arricchimento”
per tutta la Slovacchia. E nella loro lingua li ha salutati:
MOST A MAGYAR NYELYU ...
“Un particolare pensiero desidero rivolgere alla comunità di lingua
ungherese, così numerosa in questa regione e parte integrante di questa
diocesi”.
In
Slovacchia, vivono infatti 500 mila abitanti di origine ungherese e atri 15
mila sono giunti stamani dalla terra magiara, assieme a 10 mila pellegrini
provenienti dalla Polonia. Ad assistere alla cerimonia, anche il capo dello
Stato slovacco, Rudolf Schuster, e il presidente del Parlamento di Bratislava,
Pavol Hrusovsky. L’invito del Pontefice agli ungheresi, consegnato alle parole
di mons. Vladimir Filo, vescovo coadiutore di Rožňava, è stato quello a mantenere
“salda la fede e viva la speranza, traendo forza dall’attaccamento a Cristo e
alla sua Chiesa”. “So - ha aggiunto - che i pastori di questa Chiesa locale
hanno cura di venire incontro alle vostre aspirazioni spirituali, salvaguardando
sempre l’unità ecclesiale, fattore di crescita umana e spirituale per l’intera
società slovacca”.
Affidando poi la lettura del
suo discorso al cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei popoli, il Pontefice ha salutato quanti sono impegnati
nell’agricoltura, in una zona - come quella di Rožňava -
dalle vaste distese coltivate. Facendo cenno alla parabola evangelica in cui
Gesù è paragonato al seminatore che sparge il seme della sua Parola nel terreno
dei cuori umani, Giovanni Paolo II ha spiegato che “il frutto non dipende
unicamente dal seme, ma anche dalle diverse situazioni del terreno, e cioè da
ognuno di noi”. Esiste un seme senza radici, che “descrive la situazione nella
quale la Parola viene accettata solo esteriormente”, ed uno soffocato, che
“rimanda alle preoccupazioni della vita presente, all’attrazione esercitata dal
potere, al benessere, all’orgoglio”. Ma, in fondo, “il seme deposto nei diversi
terreni è Gesù stesso”. Quindi il Papa, definitosi “seminatore fiducioso”, ha
affidato ai fedeli “il tesoro di questa Parola”. Infine un ultimo pensiero alla
Slovacchia e ai suoi figli, con l’invito a rimanere fedeli a Dio e alla Chiesa:
BEZ BOZIEHO POZEHNANIA ...
“'Inutili sono gli sforzi degli uomini quando sono benedetti da Dio',
recita un vostro saggio proverbio. Invoco, perciò, su di voi e sul vostro
impegno di vita cristiana le più copiose benedizioni dell’Altissimo”.
E l’impegno di vita cristiana
sollecitato dal Papa è stato testimoniato dagli slovacchi con un piccolo gesto,
tanto spontaneo quanto toccante: due bambine, gemelle siamesi separate con
un’operazione all’anca nel Duemila, hanno regalato al Pontefice le loro bambole
in costume locale.
(canto)
Al termine della celebrazione, il Pontefice ha salutato i
fedeli greco cattolici di lingua ungherese e i suoi connazionali presenti alla
Messa. Ed ha pure bene-detto gli oggetti devozionali, portati dai presenti, e
le prime pietre delle chiese che prossimamente si costruiranno.
Infine,
ultimo appuntamento a Rožňava, il pranzo all’episcopio con i vescovi locali, che alla
celebrazione di Podrákoš - con mons. Eduard Kojnok - hanno ringraziato il
Pontefice per la visita alla diocesi.
Da
Bratislava, Giada Aquilino, Radio Vaticana.
**********
In una terra come la Slovacchia, dove il 25 per cento
della popolazione appartiene a comunità cristiane di altre confessioni, non
mancano le occasioni di incontro e di dialogo ecumenico. Ed è ciò che è
accaduto ieri pomeriggio quando, prima di lasciare Banská Bystrica, Giovanni
Paolo II si è intrattenuto con i rappresentanti delle altre Chiese e
confessioni cristiane del Paese. A seguire l’incontro, nel Seminario cittadino,
c’era il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:
**********
Il
grande seminario di Banská Bystrica, sulle colline vicino alla città, è
dedicato a San Francesco Saverio ed è stato costruito negli anni Novanta con il
generoso aiuto delle Chiese occidentali - con abbondanza di spazio e con belle
opere d’arte sacra contemporanea - per educare i giovani ospiti non solo alla
scienza, ma anche alla bellezza spirituale. E’ pronto per ospitare fino a cento
seminaristi: speriamo che gli attuali 60 possano ancora crescere.
Qui, si sono svolti gli appuntamenti del Santo Padre del
pomeriggio di ieri, dopo il pranzo, con i vescovi slovacchi. Pranzo festoso,
per commemorare i dieci anni della Conferenza episcopale slovacca, istituita
dal Papa contestualmente all’indipendenza del Paese. Se si pensa che gli
slovacchi sono stati per circa mille anni dipendenti dagli Ungheresi e poi
uniti ai Cechi, si può intuire il significato di questa istituzione. I vescovi
hanno ascoltato il messaggio del Papa, letto dal cardinale Tomko, e hanno
cantato con entusiasmo inni augurali tradizionali.
Nel pomeriggio, nell’atrio del Seminario, ha avuto luogo
l’incontro del Papa con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane –
sette – a cui si è unito anche il rabbino ebreo. Momento cordiale, con belle
parole del vescovo evangelico in risposta al saluto pronunciato dal cardinale
Tomko a nome del Papa. Alla fine, come d’abitudine, il Papa ha invitato tutti a
recitare insieme il Padre Nostro.
Poi, il Pontefice è passato nella cappella: questa è
dominata da un grande mosaico dell’artista gesuita Marko Rupnik, autore dei
mosaici della Cappella Redemptoris Mater in Vaticano. Una scena di
ispirazione trinitaria, con al centro il Crocifisso e, ai lati, Maria e
Francesco Saverio. Qui, il Papa ha incontrato i seminaristi: otto di essi hanno
potuto realizzare la loro vestizione, cioè ricevere ed indossare la veste
talare alla presenza e con la benedizione del Papa. Sappiamo quanta attenzione
il Papa abbia sempre avuto per il clero e la sua formazione: questo breve
momento di incontro affettuoso e di preghiera ha avuto quindi un significato
non secondario tra i diversi aspetti di una visita che vuole incoraggiare la
ricostruzione della Chiesa nella Slovacchia di oggi.
Poi, il ritorno a Bratislava, nella sera. Il secondo
giorno era compiuto; il Papa sorrideva.
Per la Radio Vaticana, padre Federico Lombardi.
**********
Manca ormai un giorno alla conclusione del 102.mo viaggio
apostolico e alla sua celebrazione più importante: la beatificazione dei due
martiri slovacchi, il vescovo greco-cattolico Vasil’ Hopko e suor Zdenka
Schelingová. La cerimonia si volgerà sulla spianata di Petržalka, a Bratislava,
zona della capitale dove risiede don Giuseppe Kovacic, sacerdote e giornalista,
impegnato in questi giorni nel commento della visita pontificia per la
televisione statale slovacca Stv. Giada Aquilino lo ha incontrato e gli ha
chiesto di descrivere il clima di attesa alla vigilia dell’arrivo del
Pontefice, nel cuore di un quartiere dove non mancano, specialmente tra i
giovani, i segni del disagio sociale:
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R. –
C’è una grandissima attesa, perché la gente aspetta un uomo che porta la
verità. Abbiamo molto bisogno di sentire un incoraggiamento a proclamare la
verità, cosa che va facendosi difficile, giacché oggi c’è un grande dibattito
sui temi morali qui in Slovacchia. Noi, quindi, ci aspettiamo che il Papa dia
peso alla ragione e alla verità che egli ha sempre portato ovunque si è recato.
D. – Quali sono questi dibattiti aperti su temi morali?
R. – La discussione riguarda specialmente l’interruzione
delle gravidanze, gli aborti. La relativa legge è arrivata al Parlamento per la
seconda volta. Adesso si dovrà votare a favore o contro questa legge. Speriamo
che la visita del Papa dia ragione a quelli che lottano per la vita.
D. – Tu vivi a Petržalka: mi puoi dire qualcosa su questo quartiere?
R. – E’ il tipico quartiere ancora comunista. Nato negli
anni Sessanta, le sue abitazioni sono anonime e la gente si sentiva come
distaccata dalla vita, le persone non si conoscevano tra di loro. La
costruzione della chiese del quartiere – ora si sta erigendo la terza - ha dato
una forte spinta alla vita comune e non soltanto religiosa. Questo è
importante. La gente della parrocchia si conosce, si visita, si aiuta. La
parrocchia, dunque, ha una funzione sociale, non solo religiosa.
D. – Quali sono i problemi della gente che abita qui?
R. – Le famiglie, specialmente quelle venute negli anni
Sessanta, oggi hanno ragazzi di 16-20 anni tra i quali, ad esempio, vi sono
molti problemi con la droga. Ma esiste anche il problema dell’isolamento,
perché i giovani si conoscono magari tra di loro ma non si conoscono le
famiglie. Tutto questo porta a una delusione della vita stessa.
D. – Eppure questi giovani, nonostante questi problemi,
stanno aspettando il Papa. Ha sentito una frase particolare detta dai giovani
sul Papa?
R. – Dai giovani sì, poiché essi saranno qui già questa
sera per prepararsi, attraverso un programma-spettacolo, a conoscere il Papa
tramite le sue lettere, gran parte delle quali dedicate proprio ai giovani. Ci
sarà un concerto, offriranno le loro testimonianze. Molti di loro sono ex
tossicodipen-denti. Credo che avremo una testimonianza molto forte, che potrà
essere ascoltata anche da chi verrà dalle altre regioni della Slovacchia.
*********
L’attenzione dei media locali e internazionali, durante i
giorni della visita in Slovacchia, si è soffermata a lungo e ripetutamente
sulle condizioni di salute di Giovanni Paolo II. I giornalisti presenti a
Bratislava hanno domandato al direttore della Sala Stampa della Santa Sede,
Joaquín Navarro Valls, se esistano e quali siano le prossime mete dei viaggi
apostolici. Ecco la sua risposta:
*********
R. – E’ vero che questo è l’ultimo viaggio programmato del
Santo Padre, ma è anche vero che ci sono almeno quattro diversi Paesi che hanno
invitato il Papa a far loro visita. La mia opinione, per quello che può valere,
è che ritengo che tutte o alcune di queste visite si faranno, anche se ancora
non abbiamo tradotto in un programma di viaggio tali inviti.
D. – Quali sono questi quattro Paesi e quali criteri usa
la Santa Sede per decidere in merito all’invito da scegliere?
R. - Gli inviti vengono sottoposti al Santo Padre, il
quale decide personalmente. Per quanto riguarda i Paesi, essi non hanno ancora
reso noto l’invito fatto al Papa: io mi ricordo soltanto della Francia.
*********
Mentre andiamo in onda, Giovanni Paolo II è a pranzo con i
vescovi della diocesi di Rožňava. Alle 17.15, il corteo papale
ripartirà per l’aeroporto di Košice, da dove il Pontefice farà ritorno a
Bratislava.
MESSAGGIO DEL PAPA ALLA “SEMPRE CARA AZIONE
CATTOLICA”,
IN
OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA STRAORDINARIA, APERTA IERI A ROMA,
SUL
TEMA “LA STORIA SI FA PROFEZIA”
- A cura di Roberta Gisotti -
“Con gioia vedo crescere la vicinanza dei vescovi e di
tutta la Chiesa nei confronti dell’Azione Cattolica: siete un’autentica nota di
grazia, caratterizzata dalla fiducia e dalla speranza”. Con queste espressioni
di stima del cardinale vicario Camillo Ruini si è aperta stamane a Roma la
seconda giornata dell’Assem-blea straordinaria dell’Azione Cattolica,
imperniata sul tema “La storia si fa profezia”, che avrà l’importante compito
di rinnovare l’attuale Statuto, che risale al 1969. In questa singolare
occasione il Papa ha inviato un Messaggio a tutti i partecipanti. Il servizio
di Roberta Gisotti:
**********
“La Chiesa non può fare a meno dell’Azione Cattolica”: lo
ripete ancora una volta Giovanni Paolo II con parole affettuose nel Messaggio
d’incoraggiamento e rinnovata fiducia all’Associazione, che si appresta a
varare un nuovo Statuto. Oltre 130 anni di storia alle spalle, per l’Azione
cattolica, fondata da Mario Fani e Giovanni Acquaderni, attraverso un cammino
costellato di personalità forti come i beati Pier Giorgio Frassati, Gianna
Beretta Molla, Luigi e Maria Beltrame-Quattrocchi, “che hanno vissuto – osserva il Papa – con straordinaria
normalità una fedeltà eroica alle promesse battesimali”, così come “tanti e
tanti altri laici”, che in questa associazione “hanno incontrato una scuola
di santità”, “hanno imparato a vivere la radicalità del Vangelo nella
normalità quotidiana”.
“Il nuovo Statuto – scrive il
Papa agli 800 delegati convocati a Roma per l’Assemblea straordinaria – dirà la
vostra anima e le mete alte che vi proponete” tenuto conto del “volto
inconfondibile” dell’Azione cattolica, che vanta una “singolare collocazione –
sottolinea Giovanni Paolo II - nel panorama delle aggregazioni laicali”, per
cui è stata scelta dalla Conferenza episcopale italiana “per essere più
strettamente unita al suo ufficio apostolico”.
Missionarietà, diocesanità, unitarietà, laicità: dal nuovo
Statuto il valore queste caratteristiche uscirà vivificato. “La Chiesa ha
bisogno di voi” – dice il Papa chiaramente “perché avete scelto il servizio
alla Chiesa particolare” e “perché avete fatto della parrocchia il luogo in
cui giorno per giorno esprimere una dedizione fedele e appassionata”; “ha
bisogno di voi perché l’Azione Cattolica è ambiente aperto e accogliente”;
“ha bisogno di voi, perché non smettete di guardare al mondo con lo sguardo
di Dio”.
Se “la storia si fa profezia” Giovanni Paolo raccomanda
infine “di rileggere con sapiente discernimento” il passato dell’Azione
cattolica, “distinguendo ciò che è frutto del tempo da ciò che è dono dello
Spirito e porta i germi di un futuro nuovo già cominciato”.
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PROVVISTA
DI CHIESA E RINUNCIA CON SUCCESSIONE NELLE FILIPPINE
Il Papa
ha nominato vescovo della prelatura di Batanes, nelle Filippine, il presule
mons. Camilo D. Gregorio, di 64 anni, finora vescovo emerito di Bacolod.
Sempre nelle Filippine, il
Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Lucena, presentata dal vescovo mons. Ruben T. Profugo, 65enne, in conformità
alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”. Al suo posto
succede mons. Emilio Z. Marquez, di 62 anni, finora vescovo coadiutore della
stessa diocesi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Un passo dell'Angelus del 24
agosto è il contenuto della testatina dal titolo “L’Europa o è cristiana o non
è Europa”.
Il titolo d'apertura è “Il
seminatore fiducioso della Parola”: Giovanni Paolo II, testimone appassionato
del Vangelo in terra slovacca, chiama ogni cristiano a farsi discepolo e
apostolo per l'evangelizzazione del mondo.
Nelle vaticane, il dettagliato
resoconto delle varie fasi che hanno scandito la visita. Gli articoli
dell'inviato Giampaolo Mattei; la rassegna della stampa internazionale.
Nel messaggio ai partecipanti
all'Assemblea straordinaria in corso a Roma sul tema “La storia si fa
profezia”, il Papa auspica che l’Azione Cattolica ridiventi la grande scuola
della spiritualità laicale e dell'’apostolato associato.
Nelle estere, Medio Oriente:
corale opposizione internazionale all’espulsione di Arafat dai Territori.
Nucleare: ultimatum dell’Aiea
al governo di Teheran.
Nella pagina culturale, un
contributo di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Ancora il cieco arbitrio
della forza”: sessant’anni dal bombardamento aereo di Avellino.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle riforme costituzionali.
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13 settembre
2003
A DIECI ANNI DAGLI ACCORDI DI OSLO,
VIOLENZA,
TENSIONI E INCERTEZZE IN MEDIO ORIENTE
-
Intervista con Janiki Cingoli -
Ha
sollevato un’ondata di ‘no’ nel mondo
intero il via libera – in linea di principio anche se ancora non operativo – all’espulsione del
presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, dai territori
occupati. L’annuncio, fatto due giorni fa dal governo israeliano,
preoccupa soprattutto per il pericolo di vedere completamente
annullata la “road map”, cioè il piano messo a punto dal cosiddetto
quartetto, Usa, Ue, Onu e Russia, con l’obiettivo di far nascere entro
il 2005 uno stato palestinese indipendente e sovrano, in pace con Israele. Ma come valutare l’ipotesi
dell’espulsione di Arafat? Fausta Speranza lo ha chiesto al direttore del Centro
italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:
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R. – La
questione è che, in sé, la risposta di Israele sarebbe una risposta sbagliata
perché non è che espellendo Arafat risolva nessun problema. Anzi, Arafat
all’estero probabilmente potrebbe influire sull’opinione pubblica mondiale ed
avere una voce più forte di quanto non l’abbia chiuso nel palazzo della Mukata.
D’altra parte, forse il governo israeliano pensa che così potrebbe influenzare
meno direttamente gli apparati sul posto, soprattutto gli apparati di sicurezza
che loro ritiene essere strettamente intrecciati con le stesse attività
terroristiche, soprattutto alcuni. Quello che gli israeliani rimproverano ad
Arafat è la sua doppiezza, la sua incapacità di scegliere tra opzione diplomatica
ed opzione terroristica. In questo momento è molto alto l’allarme per il fatto
che è ripresa la stagione del terrore, con Hamas, e quindi il tentativo
coraggioso di Abu Mazen è sostanzialmente fallito, cioè il tentativo di rilanciare
la scelta diplomatica, ponendo un termine al terrorismo. In questa
recrudescenza del terrorismo di Hamas ha avuto probabilmente un ruolo molto
pesante la scelta israeliana di riprendere gli omicidi mirati contro i leader
delle organizzazioni terroristiche. Anche questa è una soluzione che – certo –
non porta molto lontano perché innesca di nuovo una spirale violenza-terrore.
D. – Da
parte della comunità internazionale, quale impegno è possibile oltre a questo
‘no’ all’ipotesi dell’espulsione di Arafat?
R. – In
questo momento ho l’impressione che si debba andare in doppia direzione. Se i
palestinesi non riescono a fermare l’escalation terroristica e se i palestinesi
continuano a tollerare l’esistenza di diversi eserciti, di diverse bande
armate, oltre a quelle ufficiali dell’Autorità palestinese, questa situazione
non durerà a lungo. E’ molto probabile che si possa ritornare alla situazione
di occupazione totale preesistente agli Accordi di Oslo. D’altra parte, questo
rappresenterebbe un costo terribile per gli stessi israeliani, anche in termini
economici. Diventerebbero essi responsabili di quella popolazione palestinese.
Quindi, la pressione va fatta sugli israeliani perché non facciano precipitare
la situazione, ma contestualmente va fatta sui palestinesi perché facciano
scelte adeguate alla gravità del momento, uscendo dalla doppiezza che fino
adesso ha contraddistinto l’attività e l’azione della loro leadership.
D. –
Gli Accordi di Oslo sono stati firmati il 13 settembre del 1993: a dieci anni
di distanza, che cosa sopravvive di quel tentativo?
R. –
Credo che sopravviva il percorso fatto e poi credo che le due parti abbiano
imparato a conoscersi molto meglio. Sopravvive ancora qualche barlume
dell’Autorità nazionale palestinese e inoltre non è totalmente annullata l’acquisizione
di capacità autonoma di dirigere se stessi nella leadership palestinese. Credo
che tutti siano consapevoli che sarà ad un certo momento necessario tornare al
punto in cui si è arrivati a Camp David e a Taba. Il problema è se le parti
decidono di spargere un bel po’ di sangue in più per sedersi più forti al
tavolo delle trattative: questo è il dubbio terribile che ci attanaglia.
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INIZIA OGGI A CATANIA LA 55.MA EDIZIONE DEL PRIX
ITALIA,
CONCORSO
INTERNAZIONALE DI RADIO,TELEVISIONE E INTERNET
-
Servizio di padre Ignazio Arregui -
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Lungo una settimana, saranno presentanti circa 190
programmi di radio e televisione tra i migliori del mondo, più 35 siti
internet. I programmi radiofonici e televisivi sono classificati in 6 generi
diversi.Tutto questo materiale, con un totale di 224 produzioni, sarà esaminato
da 7 giurie, che avranno la responsabilità di decidere sui premi finali.
Anche l’organismo cattolico per la radio e la televisione,
Signis, nato dalla fusione tra l’Unda e l’Ocic, è presente qui al Premio Italia
e darà il suo premio alla migliore produzione di televisione nell’ambito dei
valori umani e spirituali.
Durante i prossimi giorni il Prix Italia diventerà anche
un interessante foro di dibattito, sempre a livello internazionale, su alcune
delle questioni che interessano oggi le comunicazioni sociali in tutto il
mondo.
Sabato prossimo, con una grande cerimonia che avrà come
scenario la piazza del Duomo di Catania, si terrà la chiusura di questa 55.ma
edizione del Prix Italia con la proclamazione dei vincitori tra i concorrenti
per la radio, la televisione ed internet provenienti da tutto il mondo.
Questa sera, invece, il concorso si sposta a Siracusa
dove, alla presenza delle massime autorità culturali dei governi dell’Unione
Europea, si terrà un concerto di musica classico con la partecipazione
dell’orchestra del Teatro Bellini di Catania ed il soprano Mirella Freni.
Da Catania, Ignazio Arregui.
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13 settembre 2003
ATTUALITA’ ED UTILITA’
DEGLI INSEGNAMENTI DELLA PACEM IN
TERRIS
DI GIOVANNI XXIII NEL DRAMMATICO CONTESTO DELLE
MINACCE ALLA PACE OGGI,
EVIDENZIATE IN UNA PUBBLICAZIONE DELLA LIBRERIA
EDITRICE VATICANA
A CURA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E
DELLA PACE.
IL TESTO RIPROPONE ALLA LETTURA E ALLA RIFLESSIONE
DI TUTTI
IL CELEBRE DOCUMENTO PONTIFICIO A 40 ANNI DALLA
SUA USCITA,
INSIEME AL COMMENTO CONTENUTO NEL MESSAGGIO
DI GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE DI QUEST’ANNO
- A cura di Paolo Scappucci -
CITTA’
DEL VATICANO. = Le esigenze ineludibili per la costruzione del nuovo ordine
sociale nell’era della globalizzazione, attingendo all’insegnamento quanto mai
attuale della Pacem in Terris di
Giovanni XXIII, vengono rilevate in un
volumetto della Libreria Editrice Vaticana a cura del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace, che ripropone alla lettura e alla riflessione di
tutti gli uomini di buona volontà la celebre enciclica pontificia a 40 anni
dalla sua pubblicazione, come il punto più alto della sintesi
sull’approfondimento relativo alla pace e alla necessità di una cultura della
pace. Il testo giovanneo è introdotto da una prefazione del cardinale
Segretario di Stato, Angelo Sodano, e da una presentazione dell’arcivescovo
Renato Raffaele Martino, presidente del dicastero, ed è seguito dal Messaggio
di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della Pace 2003, che ne
costituisce il più autorevole commento.Nella prefazione del cardinale Sodano si
evidenzia tra l’altro l’elemento che accomuna il tempo della Pacem in Terris e quello attuale, cioè
il diffuso senso di paura, allora determinato dalla corsa agli armamenti e
dalla minaccia nucleare, oggi dal “fenomeno del terrorismo esploso in tutto il
suo orrore”. Si ricorda anche la insostituibile portata dei quattro pilastri
giovannei per la costruzione della pace – verità, giustizia, amore, libertà –
che esigono il rispetto della dignità
della persona e dei suoi diritti,
l’osservanza dei doveri, la consapevolezza dell’appartenenza alla
comunità mondiale e la necessità di un’autorità sovranazionale, non imposta con
la forza ma istituita di comune accordo e in rapporto di sussidiarietà con le
autorità nazionali. Mons. Martino, dal canto suo, sottolinea altri elementi di
grande attualità della Pacem in Terris, come
le analisi e riflessioni sullo spreco delle risorse impiegate negli armamenti,
sulla giustizia sociale in una prospettiva mondiale, sull’interdipendenza dei
popoli, sui rapporti di sfruttamento
tra Nord e Sud del mondo, sulla necessità di rafforzare le Nazioni Unite, sul
diritto dei popoli all’indipendenza. In definitiva, una rilettura della Pacem in Terris, quella proposta dalla
pubblicazione della Libreria Editrice Vaticana, quanto mai utile e necessaria,
nel segno della speranza e dell’ottimismo cristiano.
UNA COMUNITÀ
DI POPOLI IN CERCA DI SPERANZA. SU QUESTO TEMA STANOTTE
A LORETO LA NOTTE EURHOPE 2003: GIOVANI EUROPEI PROVENIENTI DAI PAESI
DEL MEDITERRANEO PREGANO E FANNO FESTA
SOTTO LO
SGUARDO MATERNO DI MARIA
- A cura di Paolo Ondarza -
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LORETO.= La convivenza tra i
popoli non solo è possibile, ma è anche bella e felice. Certi di questa
speranza numerosi giovani riuniti a Loreto 47 delegati dei Paesi che si
affacciano sul Mediterraneo concludono questa sera la settimana di incontri e
riflessioni Eurhope 2003. Si tratta di
una risposta all’invito del Papa a restare in clima di preghiera e di interiore
ascolto nell’attesa dell’incontro mondiale di Colonia 2005: “Desidero che
quella Giornata – ha detto il Papa ai giovani lo scorso 13 aprile, domenica
delle Palme – venga fin da oggi preparata con la preghiera costante che dovrà
elevarsi da tutta la Chiesa e dal Santuario mariano di Loreto”. E proprio la
comune consacrazione a Maria, voluta dal Santo Padre, accomuna i giovani
d’Europa convenuti nella città marchigiana. Certi che ne’ l’odio ne’ la povertà
potranno mai scardinare le ragioni della speranza, questa notte le sentinelle
del mattino rinnoveranno il loro “Sì” a Maria per la pace e la libertà dei
giovani del Vecchio Continente. Ad aiutare la riflessione dei partecipanti a
questa notte di spiritualità, gioia e comunione si susseguiranno significative
testimonianze: Elisa Sprinter, una delle ultime sopravvissute viventi della
tragedia dell’olocausto nazista detenuta ad Auschwitz, Bergen Belsen e Terezin; mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni,
Premio Gandhi per la Pace, da sempre impegnato sul fronte del dialogo ecumenico
e interreligioso; l’arcivescovo di Tripoli Giovanni Martinelli, protagonista
del riavvicinamento tra Libia e Vaticano. Ma Eurhope 2003 non è solo
riflessione. Questa sera i giovani assisteranno in Piazza della Madonna allo
spettacolo “Madre Teresa, il musical”. Subito dopo sarà la volta della veglia
notturna, in cui a tutti sarà data l’occasione di accedere al sacramento della
riconciliazione. Nella notte mons. Martinelli presiederà la celebrazione
eucaristica al termine della quale saranno raccolti fondi di solidarietà per
l’Algeria, recentemente colpita dal terremoto. Domani mattina, dopo una colazione
ristoratrice in piazza, i giovani faranno ritorno a casa, nei loro Paesi di
provenienza.
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IL 19 OTTOBRE 2003, GIORNO DELLA BEATIFICAZIONE DI
MADRE TERESA, IN ALBANIA CON OGNI PROBABILITA’ SARA’ FESTA NAZIONALE. E’ QUANTO
DECISO DAL GOVERNO
DI TIRANA. PER UNA CONFERMA DEFINITIVA SI DOVRA’
ATTENDERE ORA SOLO IL VOTO DEL PARLAMENTO. IL PAESE INTANTO SI PREPARA A
FESTEGGIARE LA NUOVA BEATA
CON UNA SERIE DI INIZIATIVE CULTURALI E SPORTIVE
TIRANA.
= Il 19 ottobre prossimo, giorno della beatificazione di Madre Teresa, in
Albania potrebbe essere festa nazionale. L’idea è del governo di Tirana ed ora
dovrà esser sottoposta al voto del parlamento. Sempre in memoria della religiosa,
fondatrice delle missionarie della Carità, il cui nome di battesimo era Agnese
Gonxhe Boiaxhiu, l´Albania proclamerà l’anno di Madre Teresa nel periodo dal 19
ottobre 2003 allo stesso giorno del 2004. Nata a Skopje nel 1910 da una
famiglia di albanesi la suora raggiunse l’India nel 1929, ma è stata sempre
ritenuta ”un´illustre figura del popolo albanese”. In prossimità della data
della beatificazione le autorità di Tirana hanno organizzato una serie di
iniziative sportive, culturali e scientifiche: tra queste, la `maratona dei
popoli´ e l´inaugurazione di un monumento a lei dedicato. Il caloroso affetto
goduto da madre Teresa presso il popolo albanese è anche dimostrato dalle opere
civiche tributatele: portano il suo nome una della principali piazze della
capitale, il più importante centro ospedaliero del Paese e l´aeroporto
internazionale. (P.O.)
IL DRAMMA UGANDESE INTERPELLA TUTTO IL MONDO. E’
L’ACCORATO APPELLO
ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE DEI VESCOVI
DELL’UGANDA, A ROMA IN ATTESA
DI ESSERE RICEVUTI DAL PAPA PER LA LORO VISITA AD
LIMINA:
VITTIME PRINCIPALI DELLA POVERTA’, SECONDO I
PRESULI, I BAMBINI E GLI ANZIANI
ROMA.
= “Rinnoviamo l’appello alla comunità internazionale: la guerra nel nord e
nell’est dell’Uganda non è una questione interna, ma interpella tutta
l’umanità”. Così l’arcivescovo di Gulu
mons. John Baptist Odama, in questi giorni a Roma in visita ad limina insieme
ai presuli del Paese africano, in un’intervista all’agenzia missionaria Misna.
“Questo conflitto dura da 17 anni, ha provocato moltissime vittime e centinaia
di migliaia di persone vivono da sfollati. Le sofferenze più grandi si
abbattono su anziani e bambini. Agli italiani – continua mons. Odama – dico:
voi avete un rapporto speciale con noi, grazie alla presenza dei missionari,
soprattutto comboniani, e agli interventi socio-sanitari realizzati con la
collaborazione del vostro governo attraverso la cooperazione. Non lasciateci
soli!”. Si tratta di una vera e propria “tragedia umanitaria”, secondo il
presule, che ha come scenario i distretti settentrionali ed orientali del suo
Paese, dove i ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore
infieriscono sulle popolazione Acholi, Teso e Lango, uccidono e rapiscono
centinaia di minori destinati a diventare bambini-soldato o, le bambine,
concubine dei comandanti. “Mi hanno riferito che alcune persone sono
letteralmente morte di fame – dice ancora alla Misna il presule – questo non
deve più accadere. Bisogna far sapere che in questi distretti le strutture
sanitarie sono distrutte, i bambini non possono frequentare le scuole”. E ancora:
“L’85-90 per cento dei ribelli è composto da persone che non hanno scelto di
combattere, ma sono state sequestrate. Insieme agli altri leader religiosi di
Gulu, abbiamo chiesto che la comunità internazionale si attivi per creare delle
‘zone di pace’ dove questi ragazzini-soldato possano sfuggire ai ranghi dei
ribelli, essere rieducati e reintegrati nella società”. I 27 presuli ugandesi,
giunti in vaticano da 19 diocesi, incontreranno nei prossimi giorni il Papa,
che all’inizio di luglio aveva richiamato il mondo “all’impegno affinché le
care popolazioni africane ritrovino pace e sicurezza, e non venga loro negato
il futuro a cui hanno diritto”. (P.O.)
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13 settembre 2003
- A
cura di Amedeo Lo Monaco -
Nella lacerante spirale di odio e di insidie che continua
a martoriare l’Iraq, anche la giornata di ieri è stata macchiata da una
drammatica scia di violenze. Le truppe statunitensi hanno infatti ucciso, per
errore, 9 poliziotti iracheni ed una guardia giordana a Falluja, città ad Ovest
di Baghdad. Gli agenti stavano inseguendo una macchina sulla quale si trovavano
presunti criminali ma una pattuglia li ha scambiati per nemici ed ha aperto il
fuoco compiendo la strage. I soldati della coalizione sono stati inoltre
sottoposti a grandi tensioni nella zona nota come il triangolo sunnita: a
Ramadi, 2 militari statunitensi sono morti ed altri 7 sono rimasti feriti in un
agguato perpetrato dalla guerriglia irachena. E sempre ieri, in un’altra sparatoria
avvenuta nella via centrale di Falluja è rimasto ucciso un bambino iracheno.
Proprio per arginare l’orrore di queste violenze e per discutere la nuova risoluzione
proposta dagli Stati Uniti, si è aperta oggi, nella sede di Ginevra delle
Nazioni Unite, un
Vertice tra i ministri degli esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza. Sulle finalità di questo importante incontro ci
riferisce, da New York, Paolo Mastrolilli:
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Oggi la sede di Ginevra dell’Onu ospita un Vertice tra i
ministri degli esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
L’obiettivo è discutere una risoluzione proposta da Washington, che dovrebbe
approvare la nascita di una forza multinazionale, aprendo la porta ai contributi economici e militari di più Paesi
per la stabilità e la ricostruzione. Francia e Germania, però, chiedono che in
cambio gli Stati Uniti cedano l’autorità civile sull’Iraq, conservando invece
il comando delle forze sul terreno. Secondo le tappe, indicate dal ministro De
Villepin, bisognerebbe creare un nuovo governo locale provvisorio entro un
mese, scrivere la Costituzione entro la fine dell’anno e tenere le elezioni la
prossima primavera. Ma il presidente Bush ieri ha lanciato un monito dicendo
che nessun Paese può restare neutrale nella lotta tra la civiltà e il caos,
mentre il segretario di Stato Powell ha detto che l’Onu non è pronta a guidare
la transizione e gli Stati Uniti non si faranno da parte.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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La
paura di una seconda sindrome del Golfo incombe sul Pentagono. Una violenta e
misteriosa polmonite ha infatti colpito diciannove soldati americani che si
trovavano in Iraq, Uzbekistan e Gibuti. A riferire la notizia è il quotidiano
statunitense Washington Post, che affronta questo complesso tema in un
articolo pubblicato ieri. Le cause della malattia sono tuttora un mistero ed i
nuovi casi di polmonite riportano alla luce l’incubo della sindrome che colpì i
soldati americani dopo la guerra del 1991 contro l’Iraq. In quella occasione il
Pentagono venne accusato di aver iniettato ai militari un vaccino sperimentale.
La
voce attribuita ad Osama bin Laden nel video trasmesso dalla tv araba Al
Jazeera alla vigilia dell’anniversario degli attentati dell’11 settembre era
“probabilmente” proprio quella del leader di Al Qaeda. Lo hanno annunciato ieri
fonti dell’Intelligence americana, dopo ulteriori analisi della registrazione.
In
Medio Oriente la sorte di Arafat è il tema centrale su cui si sta concentrando
il confronto tra la comunità internazionale ed Israele che, nei giorni scorsi,
ha annunciato l’intenzione di espellere dai Territori il leader palestinese. Il
Consiglio di sicurezza dell’Onu ha chiesto allo Stato ebraico di rivedere la
misura dell’espulsione ribadendo il suo appoggio alla road map e
affermando che il provvedimento non aiuterebbe affatto il processo di pace. Per
ora, Israele ha dato risposte negative, anche se non ufficiali. Ce ne parla
Giancarlo La Vella:
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Il
commento odierno della radio israeliana, che cita fonti anonime vicine al
premier Sharon, non lascia adito a dubbi: per ora Israele rifiuta l’invito
dell’Onu e non rinuncia all’ipotesi di esiliare Arafat, considerato troppo
vicino all’estremismo islamico. Ieri il Consiglio di Sicurezza aveva confermato
l’appoggio al piano diplomatico che dovrebbe portare allo Stato palestinese nel
2005. E su questa linea, mai come questa volta, la comunità internazionale è
stata così compatta. A riassumere il comune orientamento è il presidente
italiano Ciampi che ieri ha ricevuto il capo dello Stato egiziano Mubarak:
“La road
map è il solo strumento capace di far prevalere il dialogo e la
riconciliazione fra israeliani e palestinesi per impedire che la spirale di
violenza su accentui con esiti imprevedibili e con nuovi strazianti lutti.”
Fermezza
è stata espressa innanzitutto dagli Stati Uniti, per i quali esiliare
nuovamente Arafat sarebbe un passo grave che cancellerebbe, senza possibilità
di ritorno, qualsiasi ipotesi di dialogo. Washington, con una motivazione, che
appare più strumentale che reale, dice che non bisogna concedere al rais un
palcoscenico mondiale che danneggerebbe prima di tutto Israele, ma di fatto c’è
la consapevolezza che l’allontanamento di Arafat, considerato dalla sua gente
il padre della causa palestinese - sentimenti espressi anche oggi a Ramallah in
un’affollata dimostrazione - destabilizzerebbe la base palestinese con
conseguenze non prevedibili e ancora più gravi di quelle attuali.
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Il
Kashmir, regione contesa da India e Pakistan, è stato oggi colpito da
un’ennesima ondata di violenze. Almeno 11 persone, tra cui sei presunti
militanti islamici e cinque uomini delle forze di sicurezza indiane sono
infatti rimaste uccise negli scontri scoppiati oggi nell’area del Kashmir indiano.
La
costa sudorientale della Corea del Sud è stata devastata, all’alba, dal tifone
Maemi che ha causato - secondo un bilancio non ancora definitivo - almeno 42
morti e 24 dispersi. L’area più colpita è stata la provincia di Kyeongsang Sud,
dove almeno 15 persone sono morte annegate.
Sono
state revocate le sanzioni alla Libia. La decisione è stata presa ieri dal
Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che ha votato con 13 voti a favore e 2 astenuti.
Ad aprire la strada alla fine delle imposizioni contro il Paese sono stati gli
accordi con Tripoli sui risarcimenti ai parenti delle 270 vittime di Lockerbie
e delle 170 dell’attentato all’aereo francese Uta, avvenuto nel 1989.
Con l’ingresso di Nepal e Cambogia, ratificato
ieri, si allarga a 148 il numero di Paesi membri dell’Organizzazione mondiale
del commercio (Wtro). Ma i negoziati in corso a Cancun, in Messico, fanno
registrare ancora numerose difficoltà, soprattutto in campo agricolo. Il
servizio di Elena Molinari:
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Se l’agricoltura è il nodo del Wto di Cancun il cotone ne
è diventato il simbolo. La richiesta, lanciata da Burkina Faso, Benin, Mali e
Ciad di abolire tutti i sussidi alla produzione del cotone nei Paesi ricchi sta
già raccogliendo consensi. Le quattro nazioni africane hanno il sostegno di
Paesi come l’Argentina, l’Australia, l’India ed il Bangladesh, che formano uno
schieramento più potente e più ampio, ma appare già chiaro che, sul fronte
opposto, l’Europa non ha intenzione di concedere molto. La posizione americana
è più sottile. Il negoziatore statunitense offre almeno di esaminare la
questione in un contesto più ampio e di fare concessioni se troverà
flessibilità dall’altra parte. Ma i Paesi poveri non si fidano. Gli Usa sono infatti
il produttore numero uno al mondo di cotone e la lobby dei loro agricoltori è
molto potente. Per noi – sostengono i Paesi africani – è questione di vita o di
morte. Se non otterremo niente sul cotone siamo pronti ad abbandonare il WTO.
Da Cancun, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
**********
Alla
vigilia del referendum di domani sull’adesione della Svezia alla moneta unica
europea si sono svolte, ieri, in tutto il Paese scandinavo toccanti manifestazioni
per rendere omaggio al ministro degli Esteri, Anna Lindh, assassinata mercoledì
scorso, a Stoccolma, da un uomo non ancora identificato.
Ed un
altro importante referendum si svolgerà domani in Estonia: la repubblica
baltica è infatti chiamata a pronunciarsi sull’ingresso nell’Unione europea. I
sondaggi prevedono una netta affermazione del sì, che dovrebbe ottenere
tra il 60 ed il 70 per cento dei consensi. Domenica prossima, 20 settembre, toccherà
invece alla Lettonia.
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