RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 254 - Testo della
Trasmissione giovedì 11 settembre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Giovanni Paolo
II a Bratislava, per la terza volta in Slovacchia. Il suo primo messaggio alla
cerimonia di benvenuto: nella costruzione della nuova Europa, portate il
contributo della vostra ricca tradizione cristiana. Il commento del cardinale Roberto
Tucci.
OGGI IN PRIMO PIANO:
11 settembre 2001: un
giorno buio nella storia dell’umanità. L’America ricorda oggi la terribile
ferita inferta dal terrorismo con l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono.
Ai nostri microfoni, il politologo
americano Benjamin Barber, l’arcivescovo
Renato Martino e padre James
Martin.
Trent’anni fa, il colpo di Stato militare segnava un drammatico 11 settembre per il Cile. Oggi il tempo per risanare le ferite ancora aperte. Con noi, Horacio Duran e l’ambasciatore José Gogni.
CHIESA E SOCIETA’:
Svezia in lutto per la morte del suo ministro
degli Esteri, Anna Lind.
Il nuovo premier palestinese Abu Ala presenterà,
sabato prossimo, il suo Gabinetto.
Non si interrompono, a Cancún, le proteste no
global nella seconda giornata del Vertice del Wto.
LA GRATITUDINE DEL PAPA AL SIGNORE PER LA SUA
TERZA VISITA IN SLOVACCHIA:
IL PAESE PORTI ALL’EUROPA UNITA IL CONTRIBUTO DELLA SUA
RICCA TRADIZIONE CRISTIANA
PER
COSTRUIRE UNA SOCIETA’ CHE NON SI ACCONTENTI DEI SOLI VANTAGGI ECONOMICI.
LO HA DETTO
GIOVANNI PAOLO II, DA STAMANI A BRATISLAVA, PRIMA TAPPA DEL SUO 102.MO VIAGGIO
APOSTOLICO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Una
società che sia per la vita e il bene comune, e non solo motivata dagli
interessi economici. E’ il primo chiaro messaggio che Giovanni Paolo II lancia
pochi istanti dopo il suo terzo ritorno nella Repubblica Slovacca.
Dall’aeroporto internazionale di Bratislava, dove l’Airbus dell’Alitalia con a
bordo il Pontefice è atterrato intorno alle 11 di questa mattina, il Papa ha
subito toccato uno dei leit-motiv di questo 102.mo viaggio apostolico:
“l’identità della nuova Europa” in rapporto alla tradizione cristiana della
quale, ha affermato, la Slovacchia “è molto ricca”.
(canto)
Durante
il volo - iniziato alle 9.35 dall’aeroporto romano di Fiumicino, dove il Papa
era giunto in auto da Castel Gandolfo, salutato al suo arrivo, in
rappresentanza del governo italiano, dal sottosegretario alla presidenza del
Consiglio, Gianni Letta - Giovanni Paolo II ha avuto il consueto scambio di
telegrammi augurali con il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio
Ciampi. Al Pontefice, che ha impartito al popolo italiano una benedizione
apostolica “propiziatrice per tutti di pace e di serena prosperità”, il capo
dello Stato ha risposto indicando nei “frequenti e ispirati” interventi del
Papa in favore dell’integrazione europea il “grande merito di consolidare nelle
coscienze la necessità di compiere un decisivo avanzamento attraverso il
completamento del processo costituzionale in corso. La sua parola ed il suo
apostolato – ha proseguito Ciampi - sono anche essenziali per richiamare la
centralità dei valori spirituali ed etici che costituiscono il nucleo
dell'identità europea e il fondamento del suo consolidamento”.
Sole e
vento hanno accompagnato l’esordio di questo viaggio pontificio, che si
concluderà domenica 14 settembre, dopo innumerevoli spostamenti interni in
molte città del Paese. Ma torniamo intanto alla cronaca dell’arrivo, cedendo la
parola alla nostra inviata a Bratislava, Giada Aquilino:
**********
Con la
forza che lo sostiene in questo suo 102° viaggio apostolico, Giovanni Paolo II
– appena sceso all’aeroporto internazionale di Bratislava - ha ringraziato il
Signore per la nuova visita in Slovacchia. Sentiamo le parole del Pontefice:
ĎAKUJEM PANOVI, ZE MU DOPRIAL UZ PO TRETI ...
“Ringrazio
il Signore che mi concede di calcare per la terza volta il suolo dell’amata
Terra slovacca. Vengo come pellegrino del Vangelo, per portare a tutti un
saluto di pace e di speranza”.
Il
discorso del Pontefice è stato poi letto da un collaboratore, mons. Rober
Urland, officiale della Segretaria di Stato, perché – ha spiegato il direttore
della Sala Stampa vaticana, Navarro Valls, riferendosi al Papa – “se si può
alleviare in qualche modo il suo sforzo in questo viaggio” lo si fa. Nelle
parole lette da mons. Urland, il pensiero del Santo Padre è andato al futuro
della Slovacchia, con un auspicio e insieme con un monito: alla vigilia
dell’ingresso ufficiale del Paese nell’Unione Europea, il 1°maggio 2004, “non
ci si accontenti unicamente della ricerca di vantaggi economici”, perché “una
grande ricchezza - ha sottolineato il Santo Padre - può creare anche una grande
povertà”. D’altro canto la Slovacchia, come molti altri Paesi che vivono delle
trasformazioni politiche, si ritrova al giorno d’aggi ad affrontare i
rischi del consumismo e della laicizzazione della società.
In questo Paese è giunto Giovanni Paolo II,
accompagnato tra gli altri dal cardinale slovacco Jozef Tomko. Ad attendere il Santo Padre
all’aeroporto internazionale di Bratislava, c’erano il presidente della
Repubblica Rudolf Schuster, con tutte le autorità politiche e civili del Paese,
il nunzio apostolico mons. Henryk Jozef Nowacki, il presidente della Conferenza
episcopale mons. Frantisek Tondra, il coordinatore nazionale per la visita
papale mons. Rudolf Balaz e tutti i vescovi della Slovacchia, accompagnati dal
cardinale Jan Chryzostom Korec, vescovo di Nitra. In segno di benvenuto sul
suolo slovacco, due giovani in costume tipico hanno poi offerto in dono al
Pontefice pane e sale. A seguire, il discorso del presidente slovacco Schuster,
che ha sottolineato l’importanza di questa visita del Papa, “in quanto – ha
detto – si realizza nel periodo del venticinquesimo anniversario” del
pontificato e perché alimenta nei cuori degli slovacchi “speranza, amore e
umiltà”, valori che il Pontefice professa e realizza “da tutta una vita”.
Nel
salutare ancora “tutti gli uomini e le donne che vivono, lavorano, soffrono e
sperano in questa Terra slovacca”, in vista dunque dell’adesione del Paese
all’Unione europea, il messaggio di Giovanni Paolo II agli slovacchi è stato:
“alla costruzione dell'identità della nuova Europa portate il contributo della
vostra ricca tradizione cristiana”, perché “solo edificando, pur con sacrificio
e nelle difficoltà, una società che rispetti la vita umana in tutte le sue
espressioni, che promuova la famiglia come luogo dell'amore reciproco e della
crescita della persona, che ricerchi il bene comune e sia attenta alle esigenze
dei più deboli, si avrà - ha aggiunto il Papa - la garanzia di un futuro
fondato su solide basi e ricco di bene per tutti”.
Il Santo Padre, ancora coadiuvato da mons. Urland, ha
infine ricordato le visite di questi giorni nelle diocesi di Bratislava-Trnava,
Banská Bystrica e Rožňava e la beatificazione domenica dei due testimoni
della fede del XX secolo, il vescovo greco cattolico Vasil’ Hopko e suor Zdenka
Schelingova, figli della storia di questa Terra che si presenta - agli occhi
del Pontefice - “come storia di fedeltà a Cristo e alla Chiesa”, anche grazie
all’impegno dei santi Cirillo e Metodio, apostoli dei popoli slavi e compatroni
d’Europa.
Infine
l’abbraccio spirituale del Papa a tutti i figli della Slovacchia, insieme ai
rappresentanti delle minoranze nazionali e di altre religioni, abbraccio per il
quale Giovanni Paolo II ha voluto parlare personalmente:
RAD BY SOM SA STRETOL
A ROZPRAVAL ...
“Mi piacerebbe poter incontrare e parlare con tutti e con
ciascuno, visitare ogni famiglia, percorrere il vostro bel territorio, venire
in tutte le comunità ecclesiali di questa amata Nazione! Sappiate, carissimi,
che il Papa pensa a ciascuno di voi e per tutti prega”.
Con il saluto del popolo slovacco nel cuore, il Pontefice
si è trasferito alla nunziatura apostolica di Bratislava, per l’incontro con il
presidente della Repubblica Schuster, il presidente del Parlamento Pavol
Hrusovsky e il primo ministro Mikulas Dzurinda. Nel corso di tali incontri, il
papa ha donato una copia in argento della scultura di Alonso Cano, che si trova
nella cattedrale di Granada e ha ricevuto una composizione dell’artigianato
locale raffigurante il volto di Cristo. Nel pomeriggio, la visita alla
cattedrale di Trnava.
Da Bratislava Giada Aquilino, Radio Vaticana.
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Domenica
prossima, ultimo giorno di viaggio, Giovanni Paolo II presiederà nella spianata
di Petržalka, a Bratislava, quella che è annunciata ed è attesa come la
cerimonia più significativa della visita pontificia: la beatificazione di due
martiri slovacchi, entrambi vittime della sanguinosa repressione comunista
negli anni Cinquanta. Due testimoni della fede del ventesimo secolo, il vescovo
greco-cattolico Vasil’ Hopko e la religiosa dell’istituto di Carità della Santa
Croce, suor Zdenka Schelingová. Un profilo del presule è tracciato da Giovanni
Peduto:
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Basilio Hopko nacque il 21 aprile 1904 a Hrabske
(Slovacchia) da Basil e Anna Petrenk, secondo di tre figli. La sua famiglia
apparteneva alla Chiesa cattolica di rito bizantino. Entrato nel seminario
eparchiale di Prešov, il suo vescovo lo inviò a Roma per gli studi teologici.
Dopo il secondo anno, fu chiamato alle armi e prestò servizio come assistente
cappellano militare, terminando gli studi nel 1928. Il 3 febbraio 1929 fu
ordinato sacerdote dal vescovo Paolo P. Gojdič – oggi beato, allora
amministratore apostolico di Prešov. Incaricato di costruire una nuova
parrocchia a Praga, fece della chiesa di San Clemente un centro spirituale per
i fedeli ruteni della Boemia. Nel 1936 venne nominato direttore spirituale del
seminario eparchiale a Prešov e ottenne i dottorato in Sacra Teologia nel 1940
dall’Università Komensky di Bratislava. L’11 maggio 1947 fu ordinato vescovo
titolare di Midila e ausiliare di Prešov.
Con il regime comunista in Cecoslovacchia, anche la Chiesa
greco-cattolica venne soppressa, il vescovo imprigionato e il suo ausiliare
messo sotto sorveglianza dalla polizia. Rifiutato ogni tentativo fatto dai
comunisti di farlo entrare nella Chiesa ortodossa, anche il servo di Dio fu
messo in prigione, il 18 ottobre 1950, e subì gravi torture. Per la sua fedeltà
alla Chiesa cattolica, fu condannato, a Bratislava, dalla Corte Suprema
Slovacca, a 15 anni di prigione per ‘attività sovversiva’ e ‘per aver
intrattenuto contatti con uno Stato estero’ (il Vaticano).
Con la cosiddetta ‘Primavera di Praga’, nel 1968, anche
alla Chiesa greco-cattolica fu dato il permesso di ristabilire le sue
strutture. Liberato dal carcere per motivi di salte, mons. Hopko si mise a
riordinare la diocesi di Prešov e collaborò poi con il nuovo amministratore
apostolico nominato da Paolo VI. Basilio Hopko morì il 23 luglio 1976 a Prešov,
nella casa delle Ancelle di Maria Immacolata che l’avevano curato durante la
malattia. Date le difficoltà di natura politica e accogliendo la richiesta
dell’arcivescovo metropolita di Pittsburg di rito bizantino, la Congregazione
per le Cause dei Santi trasferì la competenza di istruire la causa di
beatificazione del servo di Dio dalla diocesi di Prešov all’arcidiocesi di
Pittsburg, con rescritto del 27 maggio 1986. Il nulla osta per iniziare la
causa fu dato il 17 dicembre 1994. A seguito degli ultimi eventi politici, la
causa è tornata di competenza della diocesi di Prešov, dove è felicemente
terminata l’inchiesta diocesana.
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Le figure dei due prossimi Beati slovacchi sono
emblematiche dal punto di vista della riconciliazione con il passato, in un
Paese che il prossimo anno volterà totalmente pagina con l’ingresso nell’Unione
Europea. Ecco spiegata l’importanza data alla testimonianza dei due Servi di
Dio come uno dei temi centrali del viaggio, ma non solo: lo ribadisce il
cardinale Roberto Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone:
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R. - Il Papa onora questa fede martire, ma poi c’è anche
la preoccupazione per la fede, per l’Europa, per le radici cristiane
dell’Europa… Il fatto che il Papa vada in un Paese che con il suo referendum ha
detto di sì all’entrata nell’Unione Europea, anche questo ha la sua importanza.
Credo, inoltre, che siano al centro del viaggio il problema della pace, della
rinascita religiosa, della nuova evangelizzazione.
D. – Questa visita riveste un significato anche per quel
che riguarda la nuova Costituzione dell’Unione Europea. Lei sottolineava che
parlare di valori religiosi non deve essere legato soltanto alla libertà
privata religiosa, ma invece ad una libertà di entità religiose, di
organizzazioni religiose…
R. –
La libertà religiosa non riguarda solamente gli individui e il culto, ma anche
l’espressione, da parte degli individui, della loro fede in ambito sociale e
politico. C’è anche la comunità cristiana che ha una sua personalità, una sua
struttura giuridica. Mi pare che sul piano europeo questo sia poco considerato.
Mi domando perché tanta paura di riconoscere un dato di fatto - che non è un
atto di fede - attraverso il riconoscimento storico delle radici cristiane,
oltre ad altre radici, naturalmente. Si è preferito cancellare tutto, pur di
non parlare delle radici religiose cristiane dell’Europa. Questa grande paura,
secondo me, viene anche dal fatto che non c’è un riconoscimento, nell’Unione
Europea, dell’importanza di queste comunità cattoliche - protestanti, ortodosse
- sia nei Paesi che già ne fanno parte, sia in quelli che prossimamente ne
diverranno membri. Mi pare che ciò sia molto grave.
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Nel
pomeriggio, Giovanni Paolo II, attraverserà alcuni villaggi dell’hinterland di
Bratislava per raggiungere Trnava, una delle più antiche località del Paese. Il
Papa si soffermerà in preghiera nella cattedrale cittadina dedicata a San
Giovanni Battista – fatta costruire dai Gesuiti a cavallo tra il Sei-settecento
- e saluterà con un discorso i fedeli, prima di far ritorno alla nunziatura
apostolica della capitale slovacca.
Il
Santo Padre ha nominato vescovo di Tiruvalla dei Siro-Malankaresi, in India, il
presule Isaac Mar Cleemis Thottunkal, finora ausiliare di Trivandrum.
In Bolivia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Oruro, presentata dal vescovo Braulio Sàez Garcìa,
di 61 anni, appartenente all’Ordine dei Carmelitani Scalzi, in conformità alla
norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”.
Lo stesso mons. Braulio Sàez Garcia è stato nominato dal
Papa ausiliare dell’arcidiocesi boliviana di Santa Cruz de la Sierra.
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Un passaggio del discorso del
Papa, durante la cerimonia di benvenuto a Bratislava, è il contenuto della
testatina dal titolo “L’Europa o è cristiana o non è Europa”.
Spicca poi il titolo “Una
storia di fedeltà a Cristo e alla Chiesa”: il primo abbraccio di Giovanni Paolo
II al popolo slovacco “Vengo come pellegrino del Vangelo, per portare a tutti
un saluto di pace e di speranza”.
Nelle
vaticane, il resoconto dettagliato dei diversi momenti della visita del Santo
Padre. Gli articoli dell'inviato Giampaolo Mattei; la rassegna della stampa
internazionale.
Due pagine sulle iniziative
pastorali promosse nelle diocesi italiane.
Nelle estere, l’America ricorda
nella preghiera le vittime dell’11 settembre. Ricompare in video Osama bin
Laden.
Svezia: assassinato il ministro
degli Esteri.
Nella pagina culturale, un
contributo di Anna Bujatti sulla rete di manieri medioevali, rinascimentali e
neogotici che impreziosisce la Slovacchia.
Nelle pagine italiane, in primo
piano i temi della finanziaria e delle pensioni.
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11 settembre
2003
11 SETTEMBRE: 2 ANNI FA L’INCUBO DI GROUND ZERO. L’AMERICA
RICORDA.
CON
NOI L’ARCIVESCOVO RENATO MARTINO,
BENJAMIN BARBER, E PADRE JAMES MARTIN
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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“Un
giorno buio nella storia dell’umanità, un terribile affronto per la dignità
dell’uomo”. Così due anni fa Giovanni Paolo II definiva la tragedia che l’11
settembre vedeva due aerei schiantarsi
contro le Torri Gemelle di New York. Un altro velivolo colpì invece il Pentagono
di Washington. “Se anche la forza delle tenebre sembra prevalere – diceva il
Papa all’udienza generale di mercoledì
12 settembre – il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima
parola”.
Oggi
l’America ricorda quella terribile ferita. Il presidente Bush ha fatto
sapere che non parteciperà in prima persona alle commemorazioni per non voler
dare l'impressione di politicizzare l'evento. Presenti a New York ci saranno
invece il sindaco della città, Michael Bloomberg, e il governatore dello Stato
George Patagi. Saranno i bambini a leggere i nomi delle 2792 vittime innocenti
morte nei grattacieli. Un minuto di
silenzio sarà osservato alle 8:46, ora dello schianto del primo aereo. Intanto ieri, proprio ad un giorno
dal secondo anniversario di quell’orrenda carneficina nel cuore di New York, la
tv panaraba Al Jazeera ha diffuso un nuovo video di Osama Bin Laden, leader
dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda, responsabile degli attentati. Da New
York, Paolo Mastrolilli.
“Bin
Laden e il suo vice, Ayman Al-Zawahri, sono apparsi in un video sugli schermi
della tv araba Al Jazeera, che ha trasmesso anche un audio in cui parlano
entrambi. Le immagini, secondo la tv, sono state girate tra l’aprile e il
maggio scorso, probabilmente nella zona montagnosa, al confine tra Pakistan e
Afghanistan. Mostrano Osama che cammina dietro al suo vice lungo un sentiero
sassoso, con un mitragliatore sulla spalla sinistra. Sul video si sente la sua
voce e poi quella di Al-Zawahri. Il capo di Al Qaeda esalta i kamikaze dell’11
settembre, quindi il vice incita i terroristi che stanno colpendo in Iraq. Gli
analisti della Cia pensano che le immagini siano vecchie, perché darebbero
indizi su dove si nasconde Osama, ma le parole del messaggio registrato
sarebbero autentiche e recenti. Subito dopo la trasmissione il presidente Bush
ha tenuto un discorso alla scuola della Fbi: “Al Qaeda – ha detto – complotta
ancora contro di noi. Le forze globali del terrore non possono essere placate o
ignorate, dobbiamo cacciarle, trovarle e le sconfiggeremo”.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli”.
Per un commento sugli attentati dell’11 settembre
ascoltiamo ora Benjamin Barber, politologo americano, docente all’Università
del Maryland, già consigliere dell’ex presidente Bill Clinton. L’intervista è di Fabio Colagrande.
R. – I THINK SEPTEMBER, 11…
Io credo che l’11 settembre sia stato un brusco
risveglio per l’America e per il mondo intero. Questi attacchi terroristici
hanno colpito gli USA dall’interno, non dall’esterno, colpendo il quartier
generale della potenza militare più potente del mondo, usando i nostri stessi
aerei. L’11 settembre non è stato perciò solo un attacco terroristico brutale e
orrendo, ma ha dimostrato una nuova realtà e cioè l’interdipendenza del mondo,
anche per quanto riguarda le questioni della sicurezza. Il terrorismo è una
patologia, un sintomo che ci fa capire come tutto il corpo del mondo sia
malato, a causa delle questioni legate alla povertà, all’esistenza di nazioni
emarginate e umiliate in un sistema internazionale che favorisce solo alcuni a
scapito degli altri. Io non voglio dire che i terroristi siano persone che
hanno motivi che giustificano la loro follia, ma il male è coltivato in un
contesto di disperazione. Inoltre, queste occasioni aumentano quando la gente
sente che la propria cultura, la propria religione è sotto attacco e non viene
accettata dal mondo moderno. Nel mondo islamico molti musulmani sentono che la
loro religione sta subendo l’assalto del materialismo occidentale. Perciò credo
che per creare un clima che scoraggi l’integralismo religioso e il terrorismo,
dobbiamo creare un ambiente in cui la gente si senta libera di professare la propria
fede, senza sentirsi sopraffatta dal consumismo, dal mercato, dal materialismo
globale.
E
domani Benjamin Barber a Philadelfia, città della dichiarazione d’Indipendenza
(1776) e della Costituzione americana (1787) proporrà un’iniziativa molto
significativa per i nostri tempi: L’“Interdipendence Day”, una giornata per
prendere coscienza dell’interdipendenza che lega i popoli e per le
responsabilità civili che ne derivano.
Ma, torniamo alla rievocazione dell’attacco alle Torri
Gemelle: com’è cambiato il mondo dopo gli attentati dell’11 settembre? Lo abbiamo
chiesto all’arcivescovo Renato Martino, per molti anni osservatore della Santa
Sede presso l’Onu e attualmente presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace. L’intervista è di Fabio Colagrande.
R. – Ci si è resi conto che qualcosa è cambiato, che il
terrorismo può colpire ovunque, anche in quei Paesi che si credevano immuni da
questi attacchi, e questo ha creato un’atmosfera di insicurezza.
D. – E qual è la strada per dare sicurezza al mondo?
R. –
Bisogna combattere il terrorismo e bisogna ricercare le cause. Solo eliminando
le cause si può dichiarare il cessato pericolo. E’ un lavoro improbo perché
allora ci confrontiamo con tutte le crisi, le frustrazioni dei Paesi poveri che
non ricevono quanto è stato loro promesso, ma soprattutto con questa povertà
abominevole, questa estrema povertà che colpisce la metà degli abitanti della
terra. La Santa Sede, il Papa credono in un ruolo mondiale delle Nazioni Unite:
è questo che bisognerebbe appoggiare in ogni modo.
E sono tante le testimonianze di chi ha vissuto in prima
persona, e non da spettatore televisivo come la maggior parte della gente,
quelle ore di angoscia che hanno cambiato la storia contemporanea. Degne di
nota le esperienze di numerosi
sacerdoti, che in mezzo a panico e confusione, hanno saputo infondere speranza
e conforto a quanti quella mattina sono stati sconvolti nella loro quotidiana
certezza di vivere in un America invulnerabile. Esperienze raccolte nel volume We
were there, volumetto pubblicato dal segretariato per le vocazioni e la
formazione dei sacerdoti negli Stati Uniti. Il testo al momento è disponibile
solo in inglese. Abbiamo
raggiunto telefonicamente il padre gesuita James Martin, editore della rivista
America Magazine, la cui redazione è sita proprio nel cuore di Manhattan.
L’esperienza di padre Martin è raccolta nel testo We were there.
“MOST OF
MY WORK WAS DONE IN THE SITE OF THE FORMER WORLD TRADE ...
La
maggior parte del mio lavoro l’ho svolto lì dove una volta sorgeva il World
Trade Centre, insieme ai vigili del fuoco e ai poliziotti. Sono un prete e come
tanti altri ho lavorato nelle parrocchie, con le famiglie delle vittime. Ho
lavorato con i soccorritori e devo dire che si è trattato di un’esperienza
profonda, abbiamo sentito la presenza dello Spirito Santo. Di fronte a questa
immane tragedia, tanta gente che si è offerta di lavorare con i soccorritori;
era molto facile per me pensare al brano evangelico che riguarda chi da la
propria vita per il fratello ... Noi c’eravamo, sul posto, quando i vigili del
fuoco ed i poliziotti hanno dato la loro vita per il prossimo, e poi quando i
loro sostituti sono venuti a lavorare in una situazione molto pericolosa ... In
questo momento di grande carità io ho sentito questo forte senso di speranza ed
ho percepito fortemente lo Spirito tra di noi”.
**********
TRENT’ANNI FA IL DRAMMATICO 11 SETTEMBRE DEL
CILE,
CON
L’AVVENTO DELLA DITTATURA MILITARE. OGGI IL TEMPO DI RISANARE LE FERITE:
CON
NOI, HORACIO DURAN E L’AMBASCIATORE JOSE’ GOGNI
- A
cura di Paolo Salvo e Fausta Speranza -
Alleviare
le ferite appare l’obiettivo di fondo, sul piano umano, di un altro 11 settembre,
quello di 30 anni fa, quando l’11 settembre appunto del 1973, il legittimo
presidente del Cile, Salvador Allende, primo marxista al mondo a raggiungere
costituzionalmente i vertici di uno Stato, morì nell’attacco militare al
Palazzo della Moneda, con il golpe guidato dal generale Augusto Pinochet, che
inaugurò una catena di eventi brutali. “Nunca mas”, “mai più”, è una delle
parole ricorrenti, nel doloroso ricordo delle migliaia di vittime di
sparizioni, esecuzioni extragiudiziali e uccisioni in seguito alle torture
sotto il regime militare. La dittatura durò 17 anni. La democrazia tornò,
pacificamente, nel 1990. Per molti, tuttavia, la ferita è ancora aperta. Più
che un dibattito per gli storici, l’11 settembre cileno si presenta come un
tema politico e umano ancora vivo. “Verità”, “giustizia” e “riconciliazione”
appaiono come tre anelli indissolubili, secondo una noto di Amnesty International,
che oltre a considerare “preoccupanti” le questioni connesse all’impunità per
gli autori di gravi violazioni dei diritti umani commesse sotto la dittatura, rilancia
in particolare la richiesta di piena riparazione per le vittime e le loro
famiglie. Le commemorazioni dell’anniversario intanto sono state caratterizzate
ieri da un momento significativo, come ci riferisce dalla capitale cilena Maurizio
Salvi.
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Proprio alla vigilia dell’anniversario del golpe contro
Salvador Allende, la vedova Hortensia Bussi ha varcato la soglia del Palazzo
della Moneda, un gesto che non compiva da anni. E la donna, 90enne e di salute
cagionevole, non si è limitata ad un mero atto di presenza, perché ha anche
parlato e ricordato come la democrazia in Cile debba ancora fare molta strada,
perché – ad esempio – il presidente Ricardo Lagos oggi non può ancora
sostituire i vertici delle forze armate se lo ritiene opportuno. All’esterno,
al lato della statua che sulla Plaza de la Constitucion ricorda il leader di
Unidad Popular e dove i cileni hanno deposto rose e garofani rossi, qualcuno ha
lasciato un petardo – che la polizia ha fatto esplodere – in un gesto avvertito
nitidamente all’interno della Moneda. Il ministro dell’Interno, José Miguel
Insulsa, ha sdrammatizzato l’atto ma in tutte queste ore nessuno esclude che vi
possano essere violenze interessate soprattutto nei quartieri periferici della
capitale.
Durante le commemorazioni dell’anniversario, comunque, ha
colpito l’insistenza con cui molti intervenuti hanno provato a sottolineare i
valori di giustizia e democrazia, passando in secondo piano odio e violenze. In
giugno, tra l’altro, il comandante dell’esercito Juan Elilio Ceire, ha
pronunciato un insolito “nunca mas” e non è un caso che oggi nella scuola
militare di Santiago sia stata programmata una Messa per tutte le vittime del
golpe. Lo stesso socialista Lagos ha invitato i cileni a mettere una pietra sul
passato senza però per ora riuscirvi veramente.
Da Santiago del Cile, Maurizio Salvi per la Radio
Vaticana.
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A 30 anni da quel giorno che cambiava la storia del Cile,
un ricordo e una riflessione sul Paese oggi, nel servizio di Fausta Speranza:
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Colpi d’arma da fuoco ovunque, i proclami militari,
l’imposizione del golpe e le minacce a Salvador Allende, che rispondeva: “Solo
morto uscirò dalla Moneda!”. E poi i razzi, proprio contro il palazzo
presidenziale. Santiago del Cile presidiata, il coprifuoco ad inaugurare anni
di dittatura. Tutto questo lo vivevano da lontano gli Inti Illimani, che si
trovavano a Roma e che a Roma sono rimasti. Horacio Duran, fondatore dello storico
gruppo musicale, simbolo dell’opposizione a Pinochet, oggi racconta:
“Non solo gli Inti Illimani sognavano un Cile diverso, lo
sognavano milioni di persone in Cile, magari nel mondo intero. Il Cile, oggi, è
un Paese democratico, con una democrazia molto forte, è uno Stato di diritto
che è importantissimo, condizionato ancora da alcune leggi di Pinochet. E noi
avremmo voluto qualcosa di più!”.
La democrazia ha fatto fare al Paese un notevole passo in
avanti, ma la ricostruzione del tessuto sociale e civile non può che essere
lenta, come sottolinea l’ambasciatore del Cile in Italia José Gogni:
“Stiamo parlando di una dittatura terminata solo 14 anni
fa. Purtroppo, essa ha lasciato un segno molto profondo nella nostra società:
vi sono molte famiglie che hanno perso un loro membro, e risanare queste ferite
richiede molto tempo. La società deve compiere un cammino all’interno di se stessa,
per capire innanzitutto cosa sia accaduto, come sia stato possibile arrivare ad
una situazione così drammatica; poi, è necessario capire cosa sia veramente
accaduto in questo periodo. Molta gente, durante il periodo della dittatura,
non voleva sapere delle violazioni dei diritti umani che erano in corso, e
questa è una situazione che si è venuta a conoscere solo negli ultimi tempi, in
particolare nel mese scorso, quando in Cile si è avuta una fortissima
discussione proprio sulla commemorazione del 30.mo anniversario di questa
data”.
(musica)
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11 settembre
2003
GIORNATA CELEBRATIVA A FIRENZE, IL 19
SETTEMBRE, PER LA FIRMA UFFICIALE DELLA “CARTA DELLE REGIONI D’EUROPA”,
INCENTRATA
SUL RUOLO FONDAMENTALE DEGLI ENTI TERRITORIALI PER LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA
EUROPA,
QUALE
ESPRESSIONE DI UNITA’ NELLA DIVERSITA’
FIRENZE.
= Vedrà la luce a Firenze, il 19 settembre, la ''Carta delle Regioni
d'Europa'': a sottoscrivere il documento saranno i presidenti dei Parlamenti
regionali dei Paesi europei. La Carta è incentrata sul fondamentale ruolo degli
Enti territoriali per la costruzione della nuova Europa, quale espressione di
unità nella diversità su: principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti
umani e dello stato di diritto, tutela dei cittadini, delle formazioni sociali,
del pluralismo, delle identità in quanto eredità comune dei popoli europei. La
Giornata celebrativa sarà aperta al mattino dal saluto del sindaco di Firenze,
Leonardo Domenica, e del presidente della Regione Toscana, Claudio Martini;
seguirà la relazione introduttiva di
Riccardo Nencini, presidente della Conferenza delle Assemblee
legislative regionali europee (Calre), che raggruppa 74 'Parlamentini' della
Unione Europea; quindi interverranno Joan Colom i Naval, vicepresidente del
Parlamento europeo; Jean-Claude Eeckhout, direttore generale onorario della
Commissione; Umberto Eco, presidente dell'Istituto italiano di Scienze
umane; Giorgio Napolitano, presidente
della Commissione Affari costituzionali del Parlamento Europeo; Michel Barnier,
commissario europeo per le Politiche regionali. I lavori continueranno nel
pomeriggio con Giovanni di Stasi,
presidente della Camera delle Regioni del Consiglio d'Europa; Albert Bore,
presidente del Comitato delle Regioni
ed Elena Nemirovskaya, direttrice della Scuola politica di Mosca; a tirare le conclusioni sarà Enrico
La Loggia, ministro per gli Affari regionali. (R.G.)
INTEGRARE GLI STUDENTI DISABILI
NELLE SCUOLE PUBBLICHE DEL GOVERNO:
CON
QUESTO OBIETTIVO I FRATELLI MARITISTI HANNO APERTO UNA SCUOLA CATTOLICA IN
CAMBOGIA
PER
MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DI QUESTI BAMBINI E RAGAZZI ED OFFRIRE LORO LE
STESSE OPPORTUNITÀ DEGLI ALTRI GIOVANI
PHNOM
PENH. = I fratelli Maritisti hanno aperto, nei pressi della capitale della
Cambogia, un scuola cattolica per l’educazione dei bambini disabili.
L’istituto, “Lavalla School”, si occupa della formazione e dell’educazione di
circa 95 bambini disabili dai 6 ai 16 anni. Lo scopo prefissato è quello di far
raggiungere a questi piccoli allievi un livello d’istruzione che permetta loro
di accedere alla scuola secondaria, di sostenere gli studenti più grandi ed
offrire a questi giovani in difficoltà un’assistenza attraverso la
fisioterapia, l’idroterapia e l’approvvigionamento di protesi e sedie a
rotelle. Questi ragazzini, per lo più orfani abbandonati, sono vittime delle
mine, della polio e di malattie congenite; alcuni non hanno le capacità per
accedere ad un grado di istruzione normale, altri ancora hanno le famiglie
incapaci di provvedere alle cure fisiche adeguate ai loro problemi. Dello staff
che lavora in questo istituto fanno parte anche sette insegnanti disabili. Il
progetto, lanciato e sostenuto dalla Provincia australiana dei Maritisti di
Sidney, è nato nel 1998 quando il Paese era attraversato da un conflitto civile
che ha distrutto molte infrastrutture nazionali e impoverito ulteriormente la
popolazione. I fratelli Maritisti, Congregazione laicale nata in Francia nel
1817, hanno come missione proprio la cura dei giovani poveri e abbandonati ed
operano in oltre 74 Paesi del mondo, curando in particolare l’educazione con scuole, associazioni e centri giovanili
e coinvolgendo le famiglie alla realizzazione dei loro progetti. (M.R.)
CRISTIANI, MUSULMANI E BUDDISTI
DELLA THAILANDIA UNITI CONTRO L’AIDS.
CON
QUESTO SCOPO SI SONO RIUNITI NELLA CAPITALE THAILANDESE
I
RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE RELIGIONI
PER CONFRONTARSI SULLA LOTTA AL VIRUS DELL’
HIV
BANGKOK.
= Si sono da poco concluse due giornate di convegno in Thailandia tra
rappresentanti di religione cristiana, musulmana e buddista sulla piaga
dell’Aids che travaglia il Paese asiatico. I delegati di queste confessioni
hanno attentamente ascoltato il parere e le considerazioni degli specialisti
intervenuti, pianificando strategie per arginare la diffusione di questo virus.
Si è dato risalto, infatti, al ruolo delle comunità religiose di fronte
all’imponenza delle cifre emerse da un recente documento del Ministero della
Sanità thailandese: nel Paese ci sono 217 mila sieropositivi, 300 mila orfani e
il 15 per cento dei minori è costretto a lasciare la scuola per assistere i
familiari malati. La situazione si aggrava ulteriormente guardando le cause di
questa spaventosa diffusione: prostituzione, turismo sessuale e sfruttamento
dei bambini nel mercato del sesso sono i veicoli con i quali questo virus miete
vittime. Da qui nasce l’impegno delle istituzioni religiose, unite nella lotta
contro l’Aids. Proficuo è stato lo
scambio di esperienze: i monaci buddisti hanno organizzato presso un
tempio un ostello per il ricovero dei malati, i protestanti promuovono corsi di
formazione a livello scolastico mentre i cattolici, dopo aver lanciato una
campagna contro l’ Aids nel 1991, continuano il loro lavoro nelle dieci diocesi
presenti sul territorio thailandese. Il compito principale delle comunità
religiose è, da una parte, quello di coltivare il senso morale soprattutto nei
giovani con un’attenta educazione anche alla castità, dall’altra difendere con
forza e decisione la dignità della persona umana offrendo il dovuto soccorso ai
malati. (M.R.)
LA PIOGGIA COPIOSA ABBATTUTASI IN QUESTI
GIORNI NEL MALI, PAESE DELL’AFRICA SAHARIANA,
HA
DISTRUTTO LE COSTRUZIONI DI FANGO ESSICCATO NELLA MITICA CITTÀ DI TIMBUCTÙ,
DICHIARATE
DALL’ UNESCO PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
TIMBUCTÙ
(MALI). = Molti tra gli edifici di fango essiccato di Timbuctù, dichiarati
patrimonio dell’umanità dall’Unesco, sono andati distrutti in seguito alle
forti piogge che nei giorni scorsi si sono abbattute sul Mali. La città sorge
in una zona in corso di desertificazione ed è per questo che i trenta
millimetri di acqua caduti hanno messo in crisi il pessimo sistema di
drenaggio. Non avendo vie di sbocco, la pioggia ha ristagnato all’interno degli
edifici, infiltrandosi nelle strutture. In questo modo 180 edifici sono
crollati. Le autorità di Timbuctù sono preoccupate per il pericolo di altre
inondazioni: il fiume Niger, lungo il quale si trova la città, potrebbe
straripare di nuovo. La popolazione è stata esortata a rinforzare gli argini
con i sacchi di sabbia e a tenersi il più lontano possibile dalle zone a
rischio. Lo straripamento del Niger ha causato, infatti, almeno quattro
vittime, costringendo il governo ad istituire una unità di crisi. La città di
Timbuctù, fondata intorno al 1100 dopo Cristo, è stata fino alla fine del
Medioevo uno dei centri più ricchi del mondo, crocevia commerciale situata
sulla rotta del sale e dell’oro ed importante centro islamico. Qui, infatti, ci
sono alcune tra le più antiche moschee del mondo, tra cui quella di Jingereber.
Dal Cinquecento Timbuctù ha iniziato una lunga decadenza che l’ha portata a
diventare una delle città più povere del Mali, che a sua volta è uno dei Paesi
più poveri dell’Africa. (M.R.)
“VIVERE SENZA RADICI E’ COME
VIVERE MUTILATI”:
COSI’
L’ARCIVESCOVO DI VALENCIA, MONS. GARCIA-GASCO VICENTE,
SOSTENENDO
LA VALORIZZAZIONE DELLA TRADIZIONE CRISTIANA
MADRID. = “L’essere umano ha bisogno di tenere
vive le proprie radici per poter vivere pienamente la sua esistenza. Quando, al
contrario, si chiude nel suo presente, diventa incapace di dare risposte
efficaci ai tanti interrogativi che pone la storia, la cultura e il futuro
della stessa umanità”. Con queste parole l’arcivescovo di Valencia, mons.
Agustin Garcia-Gasco Vicente, ribadisce la propria posizione a sostegno
della valorizzazione e del rilancio della tradizione cristiana, attraverso un
documento ufficiale intitolato “Rafforzare le nostre radici”. “Non si
può negare che la Chiesa ha dato un forte impulso agli aspetti umani delle
culture - spiega mons. Garcia-Gasco Vicente nella nota - la fede ha sempre
illuminato grandi questioni che oggi sono al centro di confronti in tutto il
Vecchio continente. Tra queste il superamento della disgregazione sociale, la
difesa della vita, la famiglia, la formazione, la libertà d’opinione, la religione,
al solidarietà, la tutela dell’individuo, il bene comune, il lavoro e così
via”. L’arcivescovo di Valencia si dice, inoltre, convinto che “vivere senza
radici è come vivere mutilati; si rischia di dimenticare nella propria biografia
la verità e la libertà”. Infine una proposta: “E’ auspicabile che il rilancio
di questa tradizione parta dalla scuola e diventi parte integrante dei
programmi pastorali”. (D.D)
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11 settembre
2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
La Svezia è stata duramente colpita dalla follia della
violenza. Anna Lindh, ministro degli Esteri svedese,
accoltellata ieri al braccio e al ventre da uno sconosciuto, è morta. Il
premier scandinavo Goran Persson lo ha annunciato in lacrime, questa mattina,
in una conferenza stampa aggiungendo che il referendum
sull’adesione della Svezia all’Euro si svolgerà, come previsto, domenica
prossima. Il servizio, da Stoccolma, di Vincenzo Lanza:
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La Svezia è costernata per la morte del ministro degli
Esteri, la 46.enne Anna Lindh. Il decesso è avvenuto stamani alle 5.29, dopo
che i chirurghi dell’ospedale Karolinska hanno fatto l’impossibile per salvarle
la vita dopo otto ore di intervento sul tavolo operatorio. La signora Lindh era
stata aggredita ieri pomeriggio, mentre stava facendo degli acquisti in un
grande magazzino di Stoccolma. Un individuo di un metro e ottanta, giacca
militare con cappuccio, sui 30-40 anni, le ha sferrato dei pugni in testa e ha infierito
sulla signora Lindh, chinata a terra, colpendola più volte con un coltello,
ferendola al petto, alle braccia e all’addome. Le ferite al fegato sono quelle
che hanno provocato il decesso dopo una serie di emorragie interne. Il ministro
degli Esteri Lindh era impegnata al massimo nella campagna per l’adesione della
Svezia all’euro, di cui era convinta sostenitrice. Il referendum dovrebbe
svolgersi domenica 14 settembre e le previsioni danno negli ultimi mesi una
prevalenza dei ‘no’ all’adesione e, quindi, la campagna di dibattiti e comizi
era andata accentuandosi ed inasprendosi nelle ultime settimane. Da qualche
minuto i leader dei partiti, in una riunione straordinaria, hanno deciso di
tenere comunque il referendum domenica 14 settembre e di attenersi a quelli che
saranno i risultati delle urne per il ‘sì’ e per il ‘no’ per l’euro.
Per la Radio Vaticana, da Stoccolma, Vincenzo Lanza.
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Come abbiamo già ascoltato sono passati due anni
dall’11 settembre 2001 quando morirono, in seguito agli attacchi terroristici
al World Trade Center, al Pentagono e nei cieli della Pennsylvania, circa 2800
persone. Ma oltre
agli Stati Uniti, c’è un altro Paese che oggi ricorda il suo 11 settembre. È il
Cile, dove trent’anni fa – l’11 settembre del 1973 – i militari guidati dal
generale Augusto Pinochet rovesciarono con un golpe il presidente Salvador
Allende, che rimase ucciso negli scontri. Su questa drammatica pagina della
storia cilena potrete ascoltare un approfondimento al termine di questa
rubrica.
Situazione
ancora critica in Medio Oriente, dove le violenze si susseguono di ora in ora.
L’esercito israeliano ha demolito, la scorsa notte, alcune case palestinesi in
Cisgiordania, ed i soldati hanno preso posizione in vari edifici attorno alla Muqata,
il quartier generale di Arafat a Ramallah. Il premier palestinese, Abu Ala,
sciolta la riserva e comunicata la composizione del suo governo, ha intanto rinviato
a sabato la presentazione del suo esecutivo, originariamente prevista per oggi,
al parlamento palestinese a Ramallah. Da parte israeliana il premier dello
Stato ebraico, Ariel Sharon, rientrato dall’India dove si trovava in visita
ufficiale, ha convocato oggi il Gabinetto di sicurezza. Ce ne parla Graziano
Motta:
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All’ordine
del giorno innanzitutto la risposta agli ultimi due attentati terroristici
rivendicati da Hamas e la prosecuzione ad oltranza della lotta per la decapitazione
dei vertici del movimento islamico; ieri, ha fallito a Gaza il tentativo di
uccidere uno dei suoi principali esponenti, il chirurgo Mahmud Al Zahar. Nella
distruzione della sua casa ad opera di elicotteri è rimasto ferito, ma ci sono
stati tre morti tra cui uno dei suoi figli. Sarà poi definito l’atteggiamento
verso il primo ministro palestinese, Abu Ala, che presenta stamani al Consiglio
legislativo un governo di crisi composto, come indica il giornale ufficiale Al
Ayam, da soli sette ministri. Il dicastero per la sicurezza sarà mantenuto da
Mohamed Dahlan, vicino al dimissionario premier Abu Mazen, che aveva escluso la
sua partecipazione al nuovo governo.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Le sanzioni dell’Onu alla Libia sono ormai in via
di rimozione. E’ prevista per oggi, infatti, la firma tra il governo di Tripoli
e la Francia di un accordo sul risarcimento per le 170 vittime di un aereo francese,
abbattuto in Niger nel 1989, del quale la Libia si è assunta la responsabilità.
Contestualmente alla firma, Parigi ritirerà la sua minaccia di veto.
La guerriglia torna a colpire in Colombia. Una
bomba legata sul dorso di un cavallo è esplosa in un affollato mercato,
uccidendo almeno otto persone e ferendone altre venti a Chita, 200 chilometri a
Nord dalla capitale Bogotà. L’attentato non e' stato rivendicato, ma la polizia
ritiene che sia opera dei guerriglieri delle Forza armate rivoluzionarie della Colombia (Farc).
A due
anni di distanza da uno dei più gravi crack finanziari della storia,
l’Argentina può tornare a sperare in una rapida ed efficace ripresa economica.
Il Fondo monetario internazionale ha infatti concesso al Paese nuovi
finanziamenti per 21 miliardi di dollari. L’accordo, annunciato questa notte
dal presidente argentino Nestor Kirchner, consentirà di ridurre
considerevolmente l’ammontare dei rimborsi dovuti dall’Argentina agli organismi
finanziari internazionali.
In
Messico, l’apertura del Vertice di Cancún per la quinta Conferenza ministeriale
dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) è stata segnata ieri dalle
proteste culminate con il suicidio di un manifestante coreano sulle barricate
erette dalla polizia. Il servizio da Cancún, di Elena Molinari:
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All’interno del blindato centro conferenze, a cui i no
global non sono peraltro riusciti ad avvicinarsi, la protesta ha preso la forma
di slogan scanditi durante l’inaugurazione. “Vergogna” hanno urlato una
cinquantina di membri di organizzazioni non governative. Ma in realtà il fronte
dei Paesi ricchi, a differenza di quanto pensino i no global, è tutt’altro che
compatto. Usa ed Unione Europea hanno presentato sì una piattaforma comune, ma
per ora è del tutto vaga e le differenze emergeranno sicuramente quando
bisognerà definire numeri e date. Gli Stati Uniti sembrano decisi a mosse
radicali, come il taglio drastico di dazi e sussidi in tutto il mondo. L’Europa
è molto più cauta. I Paesi in via di sviluppo invece vogliono che siano solo le
nazioni già industrializzate a tagliare. “La posta in gioco di Cancún è alta”,
hanno ribadito ieri in tanti, compreso il segretario generale dell’Onu, Kofi
Annan. Ma la strada da fare, a quanto pare, è tutta in salita.
Da Cancún, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
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Un grave episodio di violenza si deve purtroppo
registrare in Burundi dove sono state assassinate almeno 17 persone. Le vittime
erano a bordo di un autobus, che è stato assalito da un gruppo di ribelli a
circa 80 chilometri dalla capitale Bujumbura. Notizie preoccupanti giungono
anche dal fronte diplomatico: è saltato infatti l’incontro in programma oggi a
Kampala, in Uganda, tra il presidente del Burundi, Ndayizeye, ed il capo del
principale gruppo di guerriglieri, Nkurunziza.
Tra
canti patriottici e retorica nazionalistica, la Corea del nord ha celebrato, oggi,
i suoi 55 anni di comunismo. Nella grande parata militare per le strade di
Pyongyang non sono apparsi i nuovi armamenti, e ciò è stato interpretato come
un segnale distensivo nei confronti della comunità internazionale, in apprensione
per la crisi nucleare ancora in corso.
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