RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 252 - Testo della
Trasmissione martedì 9 settembre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Annunciati a Milano i
vincitori del Premio Balzan 2003.
CHIESA E SOCIETA’:
Abu Ala ha accettato l’incarico di formare il
nuovo governo palestinese.
Il discorso di Bush alla Nazione ha ricevuto dure
critiche.
L’Aiea ha chiesto all’Iran di chiarire tutti gli
aspetti del suo programma nucleare.
9 settembre 2003
IL “SOGNO DI ASSISI” PER VINCERE “L’INCUBO
DELLE TORRI GEMELLE”.
VASTA
ECO AL MESSAGGIO DEL PAPA PER IL 17.MO MEETING INTERNAZIONALE “UOMINI E
RELIGIONI”,
PROMOSSO
DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO, SUL TEMA “TRA GUERRA E PACE: RELIGIONI E CULTURA
S’INCONTRANO”.
CON
NOI, IL VESCOVO VINCENZO PAGLIA
-
Servizio di Roberta Gisotti e Francesca Sabatinelli -
“Non è più sopportabile lo scandalo della divisione: è un
‘no’ ripetuto a Dio e alla pace”: il monito del Papa all’intera umanità, nel
suo messaggio al Meeting, ha colpito i cuori e le menti di quanti da ogni parte
del mondo sono arrivati ad Aquisgrana (Aachen), da Paesi, culture, religioni
diverse per realizzare la grande visione del profeta Isaia, richiamata da
Giovanni Paolo II e ben presente a Giovanni XXIII quando scrisse la Pacem in
terris: “tutti i popoli del mondo in cammino dai diversi punti della Terra
per raccogliersi attorno a Dio come un’unica grande e multiforme famiglia”.
Ma “troppo poco in questi anni - lamenta il Santo Padre - si è investito per
difendere la pace e per sostenere il
sogno di un mondo libero dalle guerre.” Si è invece preferita “la via degli
interessi particolari, profondendo ingenti ricchezze in altro modo, soprattutto
per spese militari. Tutti abbiamo assistito - sottolinea ancora il Papa - allo sviluppo
di passioni egocentriche per i propri confini, per la propria etnia e per la
propria nazione.”
E se oggi a due anni dal
“tragico attentato alle Torri Gemelle sembrano essere crollate anche molte
speranze di pace”; se “guerre e conflitti continuano a prosperare e ad
avvelenare la vita di tanti popoli”, specie i più poveri in Africa, Asia,
America Latina, e se il terrorismo è così diffuso, “quando potranno cessare
tutti i conflitti? quando i popoli potranno finalmente vedere un mondo
pacificato?”, si chiede Giovanni Paolo II, e non nasconde la responsabilità di
quanti “con colpevole incoscienza” lasciamo “prosperare” “ingiustizie e
disparità nel nostro Pianeta”. E “per questo ci chiediamo - aggiunge Giovanni
Paolo II – che fare? E soprattutto che cosa possono fare i credenti? Come
affermare la pace in questo tempo pieno di guerre?” Ebbene, “una risposta
concreta a queste domande” - osserva il Papa - sono già queste Giornate di
Aachen, tappa preziosa nel cammino intrapreso 17 anni fa dalla Comunità di
Sant’Egidio per rispondere all’impellente “bisogno dei popoli di riprendere a
sognare un futuro di pace e prosperità per tutti”. E ad Aachen, città nel cuore
dell’Europa, l’attenzione è puntata sul ruolo di questo Vecchio Continente, che
nei secoli - ricorda il Papa - ha
accumulato “sapienza religiosa ed umana”, “un patrimonio” che oggi può spendere
“per l’intera umanità”, nella “consapevolezza delle sue radici più profonde”,
“a cominciare - insiste Giovanni Paolo II - da quelle cristiane, che hanno
armonizzato e consolidato anche le altre”. “Non una memoria di esclusivismo
religioso”, le radici cristiane, “ma un fondamento di libertà”, che rende
l’Europa un “crogiuolo di culture e di esperienze differenti”. “Dimenticarle
–avverte il Santo Padre – non è salutare. Presupporle semplicemente, non basta
ad accendere gli animi. Tacerle, inaridisce i cuori”.
Il Papa si rivolge infine a
tutte le genti, perché c’è urgente bisogno di unità” in un mondo sempre più
diviso da “separazioni e particolarismi”. “Unità” - spiega Giovanni Paolo II –
non è uniformità”, ma “dialogo” e “incontro”, superando la “mutua ignoranza”,
così come avviene ad Aachen: questo è il segreto e su questa strada “la pace
tra i popoli – rassicura il Papa - non
è un’utopia remota”, come ci dimostra anche la cronaca di quest’ultimo febbrile
giorno di lavori ad Aachen. La parola alla nostra inviata Francesca
Sabatinelli.
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“Il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa non
è mai stato interrotto. Con nessun’altra Chiesa, la Chiesa cattolica ha tenuto
un dialogo altrettanto stabile e continuato”. Kyrill, metropolita di Smolensk e
Kaliningrad, affronta direttamente i giornalisti, in molti ad assistere alla
sua conferenza stampa. E’ dai difficili anni Novanta, che segnarono quella che
lui definisce una ‘guerra calda’ in Ucraina occidentale tra ortodossi e
greco-cattolici, che ogni anno si tengono incontri ufficiali e non tra Chiesa
ortodossa russa e Chiesa cattolica. Anche qui ad Aachen, conferma Kyrill,
stiamo lavorando.
E in
effetti, questo 17.mo incontro di “Uomini e Religioni” sembra proprio segnare
un momento importante tra Vaticano e Mosca, che ufficialmente non si
incontravano da anni. Ieri pomeriggio, alla stessa tavola rotonda, seduti allo
stesso tavolo, il metropolita ed i cardinali Etchegaray e Kasper, presidente
del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. Che si stia entrando in una
stagione diversa nel rapporto tra Chiesa cattolica e Patriarcato ortodosso di
Mosca, lo conferma Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio. L’incontro di
Aachen – dice Riccardi – raffredda le tensioni. Il rapporto è una necessità
interna per la Chiesa cattolica, continua, citando poi il cardinale Kasper: la
separazione impedisce a noi di realizzare la piena cattolicità. Mosca,
sottolinea Kyrill, é pronta ad andare in qualsiasi punto del globo per
incontrare qualsiasi rappresentante della Chiesa cattolica, per risolvere i
problemi concreti che esistono, senza condizioni preliminari.
Su un punto però insiste: “Non c’è bisogno di mediazioni –
si rivolge direttamente, senza fare nomi, a quelle personalità che definisce di
altissimo livello politico che si sono offerte di fare da intermediarie – non
abbiamo bisogno di mediatori”. Il problema principale, spiega poi ancora il
metropolita, é realizzare concretamente gli accordi. Non c’è alcuna
divaricazione nel sistema di valori, ma nella vita reale a volte avviene tutto
il contrario. Da una parte quindi pieno accordo con Roma sull’importanza di non
dimenticare le radici cristiane dell’Europa nella Costituzione dell’Unione
Europea, dall’altra il punto dolente, come lo definisce lui, dell’attività
missionaria dei preti cattolici in Russia. Guariti i punti dolenti, conclude,
si potrà passare ad un altro livello di relazione, e sarebbe un bellissimo
segno che questa nuova pagina fosse sfogliata assieme dal Papa e dal Patriarca,
a Roma, a Mosca o in un altro posto.
Da Aachen, Francesca Sabatinelli, Radio Vaticana.
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Come abbiamo ascoltato ieri
pomeriggio c’è stata una Tavola rotonda cui hanno partecipato i cardinali Roger
Etchegaray e Walter Kasper, insieme con il metropolita ortodosso russo di
Smolensk e Kaliningrad, Kyrill, di cui ci parla il vescovo di Terni Vincenzo
Paglia, tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio.
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R. – Certamente è stato molto importante, non solo
l’incontro tra il cardinale Kasper e il metropolita Kyrill, ma tra Kyrill, che
è una delle maggiori autorità della Chiesa ortodossa di Mosca, e il
cristianesimo, il cattolicesimo, in questa vasta rappresentanza, come è appunto
qui ad Aachen. Io posso dire che l’incontro è sempre positivo, perché, se fatto
con lo spirito di Gesù, avvicina sempre, fa comprendere, fa superare
incomprensioni. E, anche se ci sono
momenti dialettici, come ci sono stati ieri durante la tavola rotonda, tutto
ciò favorisce la crescita dei rapporti. Non c’è dubbio che un passo importante
sia stato fatto ieri nell’incontro tra i due rappresentanti della Chiesa
ortodossa russa, Kyrill, e della Chiesa cattolica, il cardinale Kasper.
D. – Questo è un momento preciso in cui si intendono
superare gli ostacoli e le difficoltà. C’è la presa d’atto di questa volontà?
R. – Non c’è dubbio, perché ieri, anche pubblicamente,
Kyrill ha parlato della importanza dell’incontro
tra lo stesso Papa e il patriarca di Mosca. Questo richiede naturalmente di
togliere degli ostacoli che ancora ci sono, rendere questo incontro il più
efficace possibile. Pubblicamente, ancora una volta, Kyrill ha dato la sua
disponibilità a parlare con la Chiesa cattolica, a risolvere i problemi, ad
avvicinare le due Chiese, anche perché ci sono problemi internazionali come la
pace, la scristianizzazione, i problemi della povertà, che non possono
sopportare la divisione delle Chiese. Più le Chiese sono unite e più è forte la
loro voce, più sono divise e meno ovviamente è efficace il loro messaggio anche
in questi campi. Nei rapporti ecumenici conta anzitutto l’amore, la comunione,
la fiducia reciproca, e questa non è possibile né con le lettere, né con i
libri, ma è possibile solo nell’incontro.
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Apre la prima pagina un
articolo di presentazione dell’imminente viaggio apostolico di Giovanni Paolo
II in Slovacchia.
Allegato al giornale, un
inserto speciale di 24 pagine - a cura di Giampaolo Mattei - dedicato
all’evento.
Sempre in prima, sul tema
“L’Europa o è cristiana o non è Europa”, un articolo di Mario D'Erme dal titolo
“I segni concreti originati dalle radici cristiane”.
Nelle vaticane, una nota della
Santa Sede in preparazione della Conferenza Ministeriale di Cancun:
“Orientamenti etici per il Commercio internazionale”.
Un
articolo dell’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi, dal titolo “Un grande
Pontefice, difensore della verità: 9 settembre, san Sergio I, Papa”.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: Abu Ala propone una tregua nei Territori; Israele ed Usa chiedono al
nuovo premier palestinese un significativo impegno contro il terrorismo.
Iraq: Kofi Annan auspica “unità
di intenti” per sostenere il processo di ricostruzione.
Per l'Atlante geopolitico, un
articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Il Brasile sulla via delle
riforme”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giancarlo Galeazzi dal titolo “Filosofia e scienza nell’era
tecnologica”: il convegno per i cent’anni della Società Filosofica Italiana.
Per l’“Osservatore libri”, un
approfondito contributo di Biagio Buonomo dal titolo “Cristianesimo e storia.
Rapporti e percorsi”: un volume di saggi a cura di Paolo Siniscalco.
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema delle pensioni e l’inchiesta Telekom Serbia.
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9 settembre 2003
IL DRAMMA DELLE MINE NEL
MONDO:
LA
SITUAZIONE MIGLIORA, MA NON BISOGNA ABBASSARE LA GUARDIA.
PRESENTATO
OGGI A ROMA IL RAPPORTO ANNUALE DELLA CAMPAGNA ITALIANA CONTRO LE MINE
-
Intervista con Nicoletta Dentico -
A quasi cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di
Ottawa per la messa al bando delle mine, 82 Paesi al mondo sono ancora
inquinati da questi ordigni, che si calcola mietano ogni anno circa 20 mila
vittime, nell’85 per cento dei casi civili. E’ quanto rivela la quinta edizione
del “Landmine Monitor Report”, rapporto annuale a livello globale sul problema
delle mine in tutti i suoi aspetti, presentato oggi a Roma. A questo proposito,
Barbara Castelli ha raccolto il commento di Nicoletta Dentico, presidente della
Campagna Italiana contro le mine.
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R. - Il
rapporto segnala dei dati incoraggianti, ma anche dei dati di profonda
preoccupazione. Sicuramente registriamo con soddisfazione il fatto che stanno
diminuendo le vittime delle mine: oggi non siamo più alle 26 mila vittime
annuali che si contavano quando cominciammo questa battaglia, ma siamo intorno
alle 15 mila, 20 mila al massimo. Si registra poi una diminuzione della
produzione di mine e una diminuzione dei Paesi che fanno ricorso a queste armi.
Stiamo, però, ancora parlando di un problema che colpisce 82 Paesi nel mondo,
quindi, di una geografia troppo estesa per cantare vittoria.
D. - Segni, quindi, sicuramente incoraggianti. La
convenzione di Ottawa del ‘97, inoltre, sul divieto delle mine antiuomo è stata
ratificata ormai da 136 Paesi, ma molto ancora resta da fare …
R. - Da un punto di vista diplomatico va sicuramente
segnalato il fatto che l’adesione al Trattato di Ottawa sia un successo.
Tuttavia, il fatto che, nonostante tutta la mobilitazione internazionale,
nonostante l’impegno della comunità dei Paesi, dei governi, oggi ancora 82
Paesi vedono la presenza di mine o di ordigni inesplosi, e che di questi 82 ci
siano ancora 16 Paesi in cui non è stato attivato nessun programma di bonifica,
ci sembra che rappresenti un dato di grave preoccupazione. Convivere con le
mine è un esercizio durissimo, un esercizio nefasto per milioni di persone,
bambini, donne, civili, che ancora oggi sono le principali vittime di
quest’arma. Le vittime non sono i militari, ma le popolazioni che vogliono
vivere una vita normale.
D. - Sul problema delle mine, qual è stato l’impegno
dell’Italia e quali sono le sfide a cui deve rispondere, alla luce soprattutto
del semestre di presidenza europea?
R. - Sicuramente l’Italia racconta, nel caso delle mine,
una storia di successo di impegno. In poco più di dieci anni l’Italia, che era
uno dei principali produttori ed esportatori di mine anti-persona, ha saputo
posizionarsi in prima linea nella battaglia globale contro questi ordigni. L’Italia,
tuttavia, ha un ruolo da giocare ancora molto importante. A nostro avviso, non
si tratta soltanto di fare tutti gli sforzi necessari affinché l’Unione Europea
arrivi in quanto tale ad una generale adesione al Trattato di Ottawa entro la
fine del 2004, quando ci sarà la Conferenza di revisione a Nairobi, per
rivedere il testo del Trattato. A nostro avviso l’Italia oggi può svolgere un
ruolo chiave, e deve svolgere questo ruolo, soprattutto con gli Stati Uniti ed
anche nei confronti dell’amministrazione del governo Putin. La Cecenia,
infatti, resta il Paese dove, nell’ultimo anno, si è registrato il maggior
numero di vittime, 5.695 persone. E’ evidente che il governo Putin su questo ha
una responsabilità della quale deve rendere conto alla comunità internazionale.
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ANNUNCIATI A MILANO I VINCITORI DEL PREMIO BALZAN
-
Servizio di Fabio Brenna -
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Sono quattro i vincitori del Premio Balzan 2003. Per
questa edizione i riconoscimenti riguardano: la storia europea dal 1900; la
psicologia sociale; la genetica ed evoluzione ed infine l’astronomia
infrarossa. Ogni premio è dotato di 1 milione di franchi svizzeri, circa 650
mila euro, di cui la metà deve essere destinata dal vincitore alla ricerca,
favorendo soprattutto i giovani scienziati.
Il
premio Balzan per la storia europea dal 1900 è andato al prof. Eric Hobsbawm,
nato nel 1017, della University London and New York “per – si legge nella
motivazione – la sua brillante analisi della dolorosa storia dell’Europa nel
ventesimo secolo”.
Il prof. Serge Moscovici, 78 anni, della Maison des
Sciences de l’homme di Parigi, è il vincitore del premio per la psicologia
sociale. “I lavori di Moscovici – si legge nella motivazione – “sono
caratterizzati dalla loro grande novità: hanno ribaltato i paradigmi canonici
della disciplina, rinnovato i suoi metodi di ricerca e i suoi orientamenti. In
tale settore, prosegue, Moscovici occupa ormai il posto eminente che fu, fino
alla fine degli anni ’60, di Jean Piaget”.
Il riconoscimento per la genetica ed evoluzione è andato
al taiwanese prof. Wen-Hsiung Li, 60 anni, dell’Università di Chicago. Il
riconoscimento è dovuto al suo contributo fondamentale alla genetica evolutiva,
sviluppando metodi che permettono di identificare le relazioni filogenetiche
tra i differenti organismi. Questi metodi – si legge nella motivazione – sono
largamente applicati dalla comunità scientifica ed hanno permesso di misurare
il tasso delle mutazioni genetiche nel mondo vivente”.
Premio per l’astronomia infrarossa al prof. Reinhard
Genzel, 51 anni, dell’Istituto Max Planck per la fisica extraterrestre di
Garching, in Germania. Fondamentale il suo contributo alla disciplina,
soprattutto per quelle strumentazioni da lui sviluppate che hanno permesso fra
l’altro di scoprire un buco nero di enorme massa nel centro della nostra
galassia.
I premi Balzan, emanazione dell’omonima fondazione
italo-svizzera, devono il loro prestigio certo all’ammontare del premio, ma
anche alla garanzia di un Comitato formato da 18 studiosi e accademici europei,
presieduti da Sergio Romano, che valuta ogni anno centinaia di candidature
provenienti da tutto il mondo. Le discipline premiate inoltre, ruotano ogni
anno, favorendo così anche ambiti di ricerca nuovi oppure settori importanti ma
trascurati da altri premi.
La solenne cerimonia di premiazione si terrà il 7 novembre
prossimo a Berna, nel Palazzo Federale.
Fabio Brenna, per la Radio Vaticana.
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RIFORMA DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU
E NUOVA UNITA’ DI INTENTI DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE.
COSI’
KOFI ANNAN NEL RAPPORTO ANNUALE SULLA DICHIARAZIONE DEL MILLENNIO
-
Servizio di Elena Molinari -
“E’ di
vitale importanza che la comunità internazionale” trovi una nuova “un’unità di
intenti intorno a una comune agenda per la sicurezza”. E’ la sostanza
dell’appello che ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
ha indirizzato alla comunità internazionale, presentando a New York il Rapporto
annuale sull’attuazione della Dichiarazione del Millennio, sottoscritta nel
Duemila dai capi di Stato del mondo. Kofi Annan ha sviluppato il suo intervento
alla luce delle lacerazioni createsi nell’Onu alla vigilia del conflitto in
Iraq e dell’attuale necessità di riformare le strutture degli organismi
sovranazionali. Ma se il Consiglio di sicurezza, secondo il segretario
dell’Onu, ha bisogno di rinnovarsi per “riguadagnare la fiducia degli Stati e
dell’opinione pubblica mondiale”, ciò ha senso se porterà le Nazioni Unite a
centrare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, quali, ha ricordato Annan,
“il dimezzamento della povertà estrema e della fame” entro il 2015. E ciò, in
un quadro di difesa della democrazia e di consolidamento dei diritti umani. Il
servizio da New York di Elena Molinari:
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Il
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha rilanciato oggi la necessità di
riformare il Consiglio di sicurezza per renderlo più efficace: “Bisogna
aumentarne – ha detto – il numero dei membri. Siamo nati come un’organizzazione
di 51 membri, adesso siamo in 191”. Secondo Annan, dunque, la struttura del Consiglio
deve cambiare e il cambiamento implica un’espansione. Il commento di Annan è
arrivato nel contesto più ampio della ridefinizione degli Obiettivi per il millennio,
stabiliti nel 2000. “Le priorità su cui i Paesi ricchi devono lavorare – ha
detto il segretario generale – sono la sicurezza e l’unità internazionale”. Un
appello forte quello venuto dal capo del Palazzo di Vetro di New York,
soprattutto perché pronunciato all’indomani delle fratture causate dalla guerra
in Iraq e anche, soprattutto, a poche settimane dall’attacco alla sede Onu a
Baghdad, che ha ucciso 22 suoi impiegati e che Annan vede come una minaccia a
tutto ciò che le Nazioni Unite rappresentano, soprattutto collaborazione
internazionale e stabilità.
“I
Paesi più sviluppati, quindi, non devono dimenticare – ha ribadito Annan – gli
impegni presi nei confronti dei più poveri” In particolare, l’istruzione, che
rimane ancora un privilegio del nord del mondo e che impedisce a decine di
milioni di persone di sollevarsi al di sopra della soglia della povertà.
“Inoltre, è di vitale importanza che le divisioni degli ultimi mesi – ha detto
il segretario generale – vengano messe da parte a favore del perseguimento di
obiettivi comuni. Per questo – ha aggiunto – occorre rinforzare e dare maggiore
fiducia ad organizzazioni e istituzioni internazionali”. E un allarme accorato
Annan lo ha lanciato anche sul fronte dei diritti umani. “C’è il pericolo – ha
detto – di arretrare rispetto ai passi avanti fatti negli anni ’90 se si
abbassa il livello di attenzione internazionale”.
Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
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9 settembre 2003
NEI
SEI MESI DI PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA L’ITALIA
PRENDA IN CONSIDERAZIONE
L’EREDITA’ CRISTIANA DEL VECCHIO CONTINENTE.
E’ L’APPELLO DEI VESCOVI POLACCHI
AL PRESIDENTE DI TURNO UE, BERLUSCONI
- A
cura di Paolo Ondarza -
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VARSAVIA.
= “Non si può costruire il futuro dell'Europa senza quel fondamento spirituale
che è la verità sul suo passato e sul suo presente”. Così la Conferenza episcopale
polacca al presidente di turno dell’Unione Europea, Silvio Berlusconi, in un
messaggio datato 3 settembre 2003. “I vescovi polacchi – si legge nel documento
- ascoltando attentamente gli appelli ripetuti negli ultimi tempi dal Santo
Padre, chiedono energicamente che gli autori del futuro Trattato Costituzionale
dell'Unione Europea prendano chiaramente in considerazione l'eredità cristiana
del continente”. I vescovi della Polonia, nazione a maggioranza cattolica che
entrerà a far parte dell’Unione Europea nel maggio 2004, sottolineano il peso
determinante della Costituzione per il futuro dei popoli d’Europa e ricordano
le parole del Papa pronunciate all’Angelus del 20 luglio scorso: “la fede
cristiana ha plasmato la cultura europea e si è intrecciata inseparabilmente
con la sua storia. Il cristianesimo ha acquisito un posto permanente come
religione degli Europei. Il suo influsso è stato considerevole anche nell'epoca
moderna e in quella attuale”. “Escludere questo fatto dal testo – conclude la
Conferenza episcopale polacca – sarebbe incomprensibile.
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ANALIZZARE LA SITUAZIONE DELLE ZONE PROTETTE DEL
PIANETA
PER
GUIDARNE LA GESTIONE. È QUESTO IL COMPITO DEGLI STUDIOSI PRESENTI ALLA QUINTA EDIZIONE
DEL CONGRESSO MONDIALE
SULLA
DIFESA DEI PARCHI NATURALI, OSPITATO PER LA PRIMA VOLTA NEL CONTINENTE AFRICANO
DURBAN
(SUD AFRICA). = Sarà la città sudafricana di Durban ad ospitare la quinta edizione
del “World Park Congress”, il più importante meeting mondiale sulla
salvaguardia dei parchi naturali, organizzato e patrocinato dalla World Conservation Union. Il tema
proposto è “Benefits Beyond Boundaries”, benefici senza confini, che
esprime l’intento di progettare un “piano ecologico” per il prossimo decennio,
tracciando le linee basi alle quali i governi dovranno attenersi. Durante il
simposio, che si protrarrà fino al 15 settembre, gli oltre 2500 scienziati
presenti analizzeranno i dati relativi alla conservazione della fauna e della
flora: le zone protette del pianeta sono circa 44 mila e coprono il 12,7 per
cento della superficie terrestre. Proprio la vasta estensione di queste aree
rende difficile un controllo costante da parte degli studiosi, soprattutto per
la presenza in queste zone di conflitti che ne rendono difficile il
monitoraggio. Il segretario generale del congresso, David Scheppard, ha
previsto che entro il 2040, oltre il 30 per cento della foresta pluviale è
destinata a scomparire, a meno che non ci sia una coscienziosa presa di
posizione da parte dell’opinione pubblica mondiale. Anche il ministro
dell’ambiente sudafricano, Valli Moosa, ha sottolineato l’importanza di questo
congresso che ritiene fondamentale per la situazione attuale del continente africano.
Purtroppo non sempre le casse dei paesi africani consentono interventi per i
parchi naturali, per questo sarebbe necessaria la creazione di un organismo
preposto al finanziamento di una politica ecologica nei paesi in via di
sviluppo. Promossa Sotto l’egida dell’ex presidente del Sud africa Nelson
Mandela, della regina di Giordania Nur, l’iniziativa vede la partecipazione di
molti leader indigeni, del premio Nobel Roberta Menchu e di molti nomi
importanti del mondo dello spettacolo come Harrison Ford, l’attivista verde
keniano Richard Leakey e il direttore esecutivo dell’autorità ambientalista
delle Nazioni Unite Klaus Toepfer. (M.R.)
PADRE
WERENFRIED: EREDITA’ E MISSIONE. A ROMA DALL’11 AL 14 SETTEMBRE
UN CONVEGNO MONDIALE RICORDA IL
CARISMA E L’ATTUALITA’
DEL FONDATORE DELL’OPERA “AIUTO
ALLA CHIESA CHE SOFFRE”
ROMA. =
A pochi mesi dalla scomparsa di padre Werenfried van Straaten, “Aiuto alla
Chiesa che Soffre”, l’opera da lui fondata organizza dall’11 al 14 settembre a
Roma il suo primo convegno mondiale. I lavori, incentrati sul tema “Padre
Werenfried: eredità e missione”, vedranno la partecipazione di oltre 150
collaboratori provenienti da 16 Paesi e si svolgeranno nel Centro Mariapoli di
Castel Gandolfo: gruppi di lavoro si soffermeranno su percorsi e forme di
realizzazione in piena “fedeltà creativa” delle direttive del fondatore. Questi
gli appuntamenti più interessanti nel calendario: venerdì 12 settembre saranno
presenti il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e il cardinale
Jean Marie lugister, arcivescovo di Parigi. Domenica sarà la volta
dell’intervento del cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della
congregazione per il clero. Questi i temi di primo piano offerti alla
riflessione: i tratti distintivi dell’Opera nel panorama mondiale delle
associazioni caritative, l’essere eredi del coraggio profetico di padre
Werenfried nel soccorso alla chiesa povera e perseguitata e la necessità di
essere presenti con la preghiera,
l’informazione e l’azione. Concluderà le giornate di lavoro la relazione di
Antonia Willemsen, segretaria generale di Aiuto alla Chiesa che soffre, opera
che si contraddistingue come uno dei pochi osservatori al mondo sulla libertà
religiosa e che ogni anno provvede alla realizzazione di circa 6mila progetti
in 130 Paesi in cui la pastorale della Chiesa incontra difficoltà. (P.O.)
A LORETO
FINO AL 13 SETTEMBRE IL MEETING DELL’AGORA’,
APERTO AI GIOVANI DEI PAESI AFFACCIATI
SUL MEDITERRANEO.
L’INCONTRO, ORGANIZZATO DALLA CEI,
PROPORRA’ NUMEROSI INTERVENTI
E TESTIMONIANZE SUGLI ASPETTI
SOCIALI E RELIGIOSI CHE INTERESSANO L’AREA
LORETO. = "Beati coloro che sono nella tristezza: Dio
li consolerà": è il titolo e la chiave di riflessione dell’Agorà dei
Giovani del Mediterraneo, il meeting dei giovani provenienti dai Paesi che si
affacciano nel Mar Mediterraneo, in programma a Loreto dall’8 al 13 settembre e
organizzato dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, in
collaborazione con il Centro Giovanni Paolo II di Loreto, diretto da padre
Alfredo Ferretti. Il meeting si aprirà con una preghiera e il saluto di
benvenuto ai partecipanti da parte dell’arcivescovo Angelo Comastri, delegato
pontificio per la Santa Casa di Loreto. Tra i relatori, è atteso Camille Eid,
giornalista libanese e collaboratore di Avvenire,
esperto di problemi mediorientali. Suo l’intervento in programma per il 9
settembre su “Le ferite del Mediterraneo”. Tra i relatori illustri anche il cardinale
Ersilio Tonini, che intratterrà i giovani con una riflessione su "I luoghi
della consolazione nel Mediterraneo”. Tra il 13 e il 14 settembre i giovani
parteciperanno ad EurHope 2003. Nel
pomeriggio del 13 settembre si terrà un incontro col vescovo di Terni, Vincenzo
Paglia, sul tema “I poveri in Occidente”, al quale seguirà una fiaccolata verso
la Basilica della Santa Casa di Loreto. Qui i giovani rimarranno in veglia
tutta la notte pregando e ascoltando alcune testimonianze: di Elisa Sprinter,
ultima sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, del vescovo di
Tripoli, Giovanni Martinelli, e di un gruppo di giovani provenienti dagli Stati
del bacino mediterraneo. (A.D.C.)
RESTA DRAMMATICA LA SITUAZIONE
UMANITARIA IN LIBERIA.
“LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE NON
ABBANDONI IL PAESE AFRICANO”:
LA DENUNCIA DI UN MISSIONARIO,
PADRE MAURO ARMANINO
MONROVIA. = “La bufera della guerra è passata ma le
violenze continuano, per non parlare della miseria che è stampata sul volto
della gente”. La denuncia è di padre Mauro Armanino, superiore regionale della
Società delle Missioni Africane (Sma), rilasciata all’agenzia Misna. “Nella
capitale - ha dichiarato il missionario 51.ne - la situazione generale è
certamente migliorata anche se la popolazione è senza soldi, essendo ogni
attività lavorativa ancora paralizzata”. Durante la notte, inoltre, continuano
a verificarsi episodi di saccheggio da parte di malviventi i quali, ha spiegato
padre Armanino, “sbarcano il lunario derubando le abitazioni private”. Nell’entroterra
la situazione non è affatto migliore. “Da oltre una settimana decine di
migliaia di profughi ospiti dei campi di Tototà, circa 80 chilometri a
nordovest di Monrovia, stanno continuando a fuggire in direzione della capitale
liberiana, temendo di finire vittima di nuovi attacchi e violenze tra
governativi e ribelli”. Secondo il superiore della Sma è necessario un
dispiegamento più capillare della forza di pace, per garantire l’incolumità dei
civili e intensificare la distribuzione delle derrate alimentari. “Non posso
prevedere quali saranno i tempi di ripresa necessari per risollevare questo
Paese”, ha concluso padre Armanino, sottolineando la scarsa attenzione che la
stampa internazionale sta dando alla crisi liberiana. “È vero che qui a
Monrovia non si sentono più tuonare i cannoni, ma mai come in questi momenti è
necessaria la solidarietà della comunità internazionale e delle Chiese sorelle
africane e di altri continenti”. (B.C.)
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9 settembre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
La situazione del Medio Oriente è sempre più
delicata. Un ragazzo palestinese di 13 anni è morto, stamani, sotto i colpi
dell’esercito israeliano a Hebron, in Cisgiordania, mentre a Gerusalemme è
scattato lo stato di massima allerta. Sul fronte politico Abu Ala ha intanto
accettato l’incarico di formare il prossimo governo che succederà a quello del
dimissionario Abu Mazen. “Israele mi deve aiutare”, ha chiesto Abu Ala in un
messaggio inviato al premier israeliano, Ariel Sharon, che invece vuole un più
rigido isolamento del presidente palestinese, Yasser Arafat. Il servizio di
Graziano Motta:
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Stati Uniti ed Europa reagiscono alla richiesta di
sostegno che Abu Ala ha loro rivolto, quando ha sciolto la riserva di accettare
l’incarico di formare entro tre settimane il nuovo governo palestinese. Il
portavoce del dipartimento di Stato ha detto che il sostegno ci sarà se Abu Ala
riuscirà a migliorare lo stato della sicurezza e agirà contro i gruppi
terroristici. Anche il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, ha
assicurato sostegno a nome dell’Unione Europea di cui è presidente di turno.
“L’Unione – ha precisato – è favorevole a riforme dell’autorità palestinese ed
auspica una lotta al terrorismo”. Abu Ala, oltre a chiedere garanzie a Stati
Uniti ed Europa sull’applicazione della road map ha sollecitato Israele
sia ad un cambiamento della sua politica verso Arafat, ponendo fine al suo
isolamento a Ramallah, sia alla definizione di un cessate il fuoco, senza
tuttavia esplicitare come intenda porsi nei confronti delle organizzazioni
armate, in particolare di quelle di Hamas e della Jihad islamica.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, è in
visita ufficiale in India, la prima di un capo di governo israeliano
dall’allacciamento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi avvenuto nel
1992. La lotta al terrorismo e la cooperazione militare ed economica sono i
temi centrali dei colloqui previsti oggi tra il premier israeliano e diverse
autorità indiane, tra le quali il capo di Stato, Abdul Kalam, il primo
ministro, Atal Behari Vajpayee, il ministro degli Esteri, Yashwant Sinah, ed il
consigliere per la sicurezza nazionale, Brajesh Mishra.
Ha ricevuto un’accoglienza contraddittoria il
discorso alla Nazione nel quale il presidente americano, George Bush, ha
definito l’Iraq come “il fronte centrale della guerra al terrorismo” dando
ampio risalto ai successi finora ottenuti nella campagna irachena. Alla
definitiva caduta del regime di Saddam Hussein si contrappongono, infatti, la
complessa gestione del dopoguerra ed il mancato ritrovamento delle armi di
distruzione di massa. Su questo delicato tema è intervenuto, ieri, l’ex capo degli ispettori del disarmo dell’Onu, Hans Blix,
affermando che “l’Iraq
probabilmente ha detto la verità quando affermò al Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite di non possedere armi chimiche, biologiche o nucleari”. La
dichiarazione irachena, un dossier di circa 12 mila pagine consegnato dal governo
di Saddam Hussein lo scorso 7 dicembre, venne respinta come falsa ed incompleta
da Stati Uniti e Gran Bretagna che accusarono Baghdad di non avere disarmato il
proprio arsenale. La perdurante assenza di prove sulla presenza di armi di
distruzione di massa in Iraq e gli interminabili attacchi contro le truppe
della coalizione hanno provocato negli americani, ai quali Bush ha chiesto di
sopportare nuovi sacrifici economici per stabilizzare il Paese arabo, una
costante e significativa diminuzione di consensi nei confronti
dell’amministrazione statunitense. Ce lo conferma, da New York, Paolo
Mastrolilli:
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Con la popolarità del capo della
Casa Bianca in calo nei sondaggi, i candidati presidenziali democratici più in
vista hanno detto che il fallimento in Iraq non è un’opzione contemplabile ora
che le truppe sono sul terreno, e quindi il Congresso deve stanziare i fondi.
Ma hanno criticato il capo della Casa Bianca, sostenendo che ha scelto fin dal
principio la linea sbagliata. Parlando con la Radio Vaticana l’ex comandante
della Nato, Wesley Clark, che forse si prepara ad annunciare la sua candidatura
alla presidenza, ha dichiarato che l’approccio dell’amministrazione è stato un
errore, ma almeno per ora gli americani accetteranno i sacrifici perché non è
possibile ritirarsi. Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha convocato
per sabato a Ginevra una riunione dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza
per discutere la nuova risoluzione sulla forza multinazionale e si è detto disposto
a svolgere un ruolo politico per accelerare la nascita di un governo iracheno.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Restiamo
in Iraq dove non si arresta la drammatica spirale di odio. Tre soldati
americani sono rimasti feriti stamani, a Falluja, per lo scoppio di un ordigno.
Nella giornata di ieri le violenze hanno riguardato anche i soldati italiani
che sono stati coinvolti nei violenti scontri scoppiati nello stadio di
Nassirya, dove durante le operazioni di pagamento degli stipendi agli ex
militari iracheni è rimasto ucciso un interprete locale. Nessun soldato
italiano, fortunatamente, è rimasto ferito. I ministri
degli esteri della Lega Araba hanno intanto deciso di ammettere anche un
rappresentante del governo provvisorio dell’Iraq alla loro riunione in
programma domani al Cairo. La decisione, annunciata dal ministro degli esteri
saudita principe Saud Al Faisal, è stata presa al
termine di un incontro preliminare durato diverse ore e conclusosi, la scorsa
notte, nella capitale egiziana.
“L’Iran
dovrà chiarire tutti gli aspetti del suo programma nucleare”. Sono queste le
parole con le quali il direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia
atomica (Aiea), Mohamed El Baradei, ha aperto ieri a Vienna la riunione del
Consiglio dei governatori dell’Agenzia dell’Onu. In un recente rapporto, gli
ispettori avevano rilevato in due impianti iraniani tracce di uranio fortemente
arricchito, del tipo utilizzabile per la costruzione di bombe atomiche. Una
scoperta che fa discutere, come conferma Alberto Zanconato, corrispondente Ansa
da Teheran, intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Per un programma nucleare a scopo di produzione di
energia, un programma nucleare pacifico, l’uranio è arricchito normalmente non
oltre il 5 per cento, mentre per produrre armi nucleari l’uranio deve essere
arricchito almeno al 40 per cento, se non di più. Sembra che queste tracce
ritrovate siano tracce di uranio altamente arricchito, che sarebbero
incompatibili con un programma nucleare pacifico. L’Iran ha risposto dicendo
che questa contaminazione, questo inquinamento, era già presente in macchinari
portati dall’estero.
D. – Di fatto però i dubbi non sono soltanto degli Stati
Uniti, ma sono anche dell’Europa, ad esempio…
R. – E’ un dato di fatto che l’Unione Europea negli ultimi
mesi abbia espresso preoccupazioni molto profonde, molto serie, riguardo a
questo punto, manifestando in questo una unità di opinioni con gli Stati Uniti
quale non c’era stata per esempio sull’Iraq.
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La Gran Bretagna chiederà oggi al Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite di votare la fine delle sanzioni contro la Libia,
imposte nel 1992 a seguito delle accuse per la strage di Lockerbie: lo ha
annunciato l’ambasciatore britannico al Palazzo di Vetro, Emyr Jones Parry, presidente
di turno per il mese di settembre del Consiglio di sicurezza.
Torna
l’incubo Sars. Le autorità sanitarie di Singapore hanno, infatti, confermato
oggi che il paziente di 27 anni ricoverato ieri è affetto dalla sindrome respiratoria
acuta. Le autorità della città, inoltre, hanno aggiunto che, sebbene la
malattia del giovane appaia come un caso isolato, sono state poste in
quarantena 25 persone in relazione con il nuovo caso di polmonite atipica.
Alla vigilia della quinta riunione ministeriale
dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) che si aprirà domani a Cancún,
in Messico, una schiera di attivisti tra i quali l’economista indiana, Vandana
Shiva, hanno fatto sentire ieri, durante una conferenza stampa, la loro voce
contro la globalizzazione. Il denominatore comune degli interventi è uno solo:
tutti chiedono maggiore democrazia nelle decisioni sulle regole del commercio
internazionale.
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