RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 247 - Testo della
Trasmissione giovedì 4 settembre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Migliaia di liberiani in fuga dal Nord verso la capitale
Monrovia, nel timore di nuove violenze.
Nella
riunione del parlamento palestinese, a Ramallah, il premier Abu Mazen ha
chiesto, stamani, la fine dell’isolamento di Arafat.
Il
ruolo vitale delle Nazioni Unite e gli sforzi per la ricostruzione dell’Iraq:
sono i punti centrali della risoluzione presentata dagli Stati Uniti all’Onu.
Si
è svolto ieri, a Strasburgo, un dibattito dell’Europarlamento incentrato sui
risultati raggiunti dalla Convenzione.
4 settembre 2003
I CRISTIANI
EUROPEI, D’ORIENTE E D’OCCIDENTE,
EREDI DI UNA LUNGA FEDELTA’ AL VANGELO,
CHE DEVE TROVARE ECO NELLE NUOVE STRUTTURE
CONTINENTALI.
QUESTO UNO DEI SIGNIFICATI DI FONDO DELL’IMMINENTE
VIAGGIO DEL PAPA
NELLA REPUBBLICA DI SLOVACCHIA
- Intervista con mons. Renato Boccardo -
Tra un passato di persecuzioni,
che ancora ferisce la memoria, e un presente di transizione che già guarda al
futuro prossimo dell’ingresso nell’Unione Europea. La Slovacchia dell’ultimo
quindicennio è racchiusa tra questi due argini storici. Ed è questa la
Slovacchia che tra una settimana Giovanni Paolo II incontrerà per la terza
volta nel pontificato. Evento centrale, la beatificazione del vescovo greco
cattolico Basile Hopko e della suora Zdenka Schelingova. Un viaggio in uno
Stato dell’Europa orientale, le cui nazioni si preparano ad un ingresso
scaglionato nelle strutture comunitarie, ma anche un ritorno in un’area
geografica dove si percepisce con più intensità il respiro spirituale dei “due
polmoni” continentali: le Chiese cristiane d’Oriente e d’Occidente. A mons.
Renato Boccardo, organizzatore dei viaggi pontifici, Giada Aquilino ha chiesto
di spiegare i motivi di questo terzo ritorno di Giovanni Paolo II in terra
slovacca:
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R. – Il Santo Padre ritorna
rispondendo ad un invito della Conferenza episcopale e del governo slovacchi.
Ritorna anche in occasione della beatificazione di due figli della Chiesa
slovacca entrambi martiri del regime comunista. E torna, infine, sulle vie di
questo pellegrinaggio attraverso l’Europa, che Giovanni Paolo II sta compiendo
in questi anni, non soltanto per richiamare ma per mettere in rilievo e per
dare visibilità alla ricca e feconda tradizione cristiana di questo continente.
Tutti i viaggi degli ultimi anni mi sembra abbiano avuto, tra l’altro, questo
denominatore comune: quello di ricordare ai cristiani che essi sono gli eredi
di una lunga tradizione di fedeltà al Vangelo, e di ripetere alla società
attuale, moderna, che vive di corsa,
l’importanza e la ricchezza di questa presenza evangelica all’interno della
storia, della cultura, delle tradizioni del continente europeo.
D. – La Slovacchia nel maggio
2004 entrerà nell’Unione Europea. Il Papa, quest’estate, e non solo, ha
ricordato le radici cristiane dell’Europa. Questo viaggio quindi può essere
letto in quest’ottica?
R. – Certamente, come i viaggi
fatti in Croazia, in Bosnia Erzegovina qualche mese fa, come i viaggi dello
scorso anno: tutti conoscono la preoccupazione del Papa perché si riconosca ciò
che esiste. Non si tratta di inventare nulla di nuovo, ma si prenda coscienza e
si valorizzi tutto questo patrimonio che viene da una storia di secoli.
D. – In questo quadro, quale
messaggio porterà il Papa al Paese?
R. – Riprenderà il tema che i
vescovi slovacchi hanno scelto per il viaggio pontificio: “Fedeli a Cristo,
fedeli alla Chiesa”. Un richiamo a tutti i figli della Chiesa - a questa
fedeltà che non è mai fuori moda - e una proposta rispettosa ma chiara per
tutti coloro che non si riconoscono nella vita, nei valori della Chiesa
cattolica: una proposta per vedere come anche la Chiesa cattolica abbia dato un
contributo e possa contribuire ancora oggi alla costruzione della nuova Europa.
D. – Il Pontefice ha sempre
seguito con attenzione i problemi della Slovacchia, fin dall’epoca del regime
comunista...
R. – Il Papa ha ricordato più
volte, nel corso dei suoi viaggi, quello che lui ha vissuto durante gli anni
del comunismo. Ha saputo mettere in guardia i Paesi ex-comunisti dall’illusione
della vita facile, una volta finito il regime comunista. Dunque, non è che una
volta finito il governo comunista, tutto ciò che viene dall’Occidente è buono.
Mi sembra che, proprio per la sua esperienza personale, il Papa può mettere in
guardia dai pericoli che esistono anche in un altri modi di vita sociale.
D. – La beatificazione di due
figli della Nazione slovacca quale contributo vuole dare al Paese e alla
Chiesa?
R. – La figura del martire
richiama sempre necessariamente la fedeltà. Non tutti siamo chiamati al
martirio, tutti siamo chiamati ad essere fedeli al nostro battesimo. Mi sembra
che ricordare la figura, la presenza e la vita di un martire diventi stimolo
per tutti e per ciascuno a vivere con fedeltà gli impegni della propria vita
cristiana.
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Nel corso della mattinata,
Giovanni Paolo II ha ricevuto, nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, sei
vescovi dell’India in visita ad Limina.
Successivamente, il Papa ha
ricevuto un gruppo di sette nunzi apostolici: l’arcivescovo Fortunato Baldelli,
in Francia, l’arcivescovo Giacinto Berloco, in El Salvador e in Belize,
l’arcivescovo Luigi Bonazzi, in Haiti, l’arcivescovo Joseph Chennoth, nella
Repubblica Centroafricana e in Ciad, l’arcivescovo George Panikulam, in
Mozambico, l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, in Angola e in Sao Tomé e
Principe, e l’arcivescovo Tschang-In-Nam, in Bangladesh.
Sono 174 gli Stati che
attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. Nel
corso del 2002, sono state stabilite relazioni diplomatiche con la Repubblica
di Timor Est (il 20 maggio) e con lo Stato di Qatar (il 18 novembre). A questi
174 Stati vanno aggiunti le Comunità Europee ed il Sovrano Militare Ordine di
Malta e due Missioni a carattere speciale: la Missione della Federazione Russa,
retta da un Ambasciatore, e l’Ufficio dell’Organizzazione per la Liberazione
della Palestina (Olp), guidata da un Direttore.
Il Santo
Padre ha nominato 21 nuovi consultori della Congregazione per il Clero. Si
tratta di vescovi, sacerdoti e laici di varie nazionalità, in maggioranza
rettori e docenti di atenei pontifici.
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La situazione relativa all’Iraq apre la prima pagina: gli
Usa chiedono la guida di una futura forza Onu.
Nelle vaticane, dichiarazione del Consiglio permanente
della Conferenza episcopale peruviana: difendere la sacralità della vita umana
dinanzi ai tentativi di violazione e di manipolazione.
Un
articolo di Marco Tonacini Tami dal titolo “Giovanni Paolo I ha saputo parlare
alla Chiesa e agli uomini con linguaggio semplice e nuovo”: un ricordo del
“Papa del sorriso”.
Nelle
pagine estere, Medio Oriente: per Colin Powell, Yasser Arafat “non è un
interlocutore per la pace” (dopo le dichiarazioni del presidente dell’“Ap”
sulla “Road Map”).
Corea del Nord: il Parlamento minaccia lo sviluppo di armi
atomiche.
Nella pagina culturale, un ampio stralcio
dall’introduzione di Franco Patruno alla mostra – della quale è curatore –
dedicata al tema “L’Arte-Messaggio di pace” ed allestita nell’isola di San
Giorgio a Venezia.
Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle
pensioni.
Inchiesta Telekom Serbia: si accentuano gli inviti alla
moderazione.
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4 settembre 2003
STAMANE AL
FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA L’ASSEGNAZIONE DEL PREMIO
“ROBERT
BRESSON” AL REGISTA KRZYSZTOF ZANUSSI. IL RICONOSCIMENTO
VIENE ASSEGNATO OGNI ANNO DALL’ENTE DELLO
SPETTACOLO, CON IL PATROCINIO
DEI
PONTIFICI CONSIGLI DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI E DELLA CULTURA
- Servizio di Luca Pellegrini -
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“Essere
un regista cattolico non rende facile la vita, anzi a volte costituisce un
grave ostacolo. Avrei preferito ricevere questo Premio all’età di de Oliveira,
ma lo considero non già come un bacio di addio ma come un invito a continuare a
fare cinema”. Così si è espresso il regista polacco Krzysztof Zanussi ricevendo
questa mattina il Premio Bresson dalle mani del cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Giunto al suo quarto anno, e
dopo essere stato assegnato a Giuseppe Tornatore, Manoel de Oliveira e Theo
Anghelopoulos, il Premio Bresson conferma la presenza della Chiesa e della
Santa Sede nel mondo della cultura cinematografica al fine di instaurare un
dialogo sincero e proficuo con le diverse realtà artistiche e produttive che
compongono il pianeta cinema. Inoltre è la seconda volta che il cardinale
Poupard giunge al Festival veneziano. Gli chiediamo qual è esattamente il
significato della sua presenza?
R. – Vorrei dire semplicemente che la Mostra del Cinema è
un avvenimento divenuto d’obbligo nella nostra Cultura. E come potrebbe il
Pontificio Consiglio per la cultura rimanere fuori da una manifestazione come
questa? Il Cinema, ormai, nel nostro tempo, occupa un posto di rilievo nella
nostra cultura, in tutti i suoi aspetti, e così la Chiesa si dimostra molto
attenta non solo come spettatrice ma come attrice. Questa mattina ho avuto il
privilegio di consegnare il Premio “Robert Bresson” al maestro e amico
Krzysztof Zanussi, a testimonianza della sua opera che mostra veramente con le
immagini – e questo è il privilegio del cinema che ci affascina tanto! - una
visione dell’uomo e del mondo riassunta nella dedica a Robert Bresson, grande
regista francese che, attraverso opere così diverse – penso al condannato a
morte che riesce a fuggire, alla passione di Giovanna d’Arco – proposte con
grande economia di mezzi, illustra un’immagine dell’uomo nel nostro mondo, nel
suo travagliato cammino quotidiano.
D. – Conferire un premio dedicato a Bresson al regista
Zanussi è rendere testimonianza ad un Cinema capace di attenzione ai valori ed
alla promozione di un’autentica cultura umana. Quali sono realisticamente le
strade che la Chiesa può oggi percorrere per dialogare con il mondo del cinema?
R. – Sono principalmente, come in ogni ambito del campo
della cultura, la via privilegiata del dialogo e si tratta di un dialogo
veramente molto sincero, molto aperto che consente di intrattenere rapporti di
fiducia. I rapporti iniziano con la conoscenza reciproca, con il dialogo, ed è
il dialogo che ci aiuta a capire prima di tutto la ‘grammatica’ del Cinema.
Perché come per ogni espressione della cultura, che sia la scultura, la musica,
l’arte nelle sue diverse espressioni, esiste anche un linguaggio del Cinema. E
allora, bisogna conoscere, amare questo linguaggio e nutrire rapporti di
fiducia sia con i produttori, sia con i registi, sia con i critici
specializzati, insomma: essere presenti dall’interno. Questa è la via. La
Chiesa, oggi, non può più fare il mecenate, come nei secoli scorsi, ma può
ancora suscitare qualche capolavoro.
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LA FORTE DENUNCIA DEL FUTURO PIO XII CONTRO
IL NAZISMO,
IN
DOCUMENTI EMERSI DAGLI ARCHIVI AMERICANI
-
Intervista con padre Vincent O’Keefe -
Pubblicate nei giorni scorsi dalla rivista dei gesuiti
“America” le parole di dura critica verso il nazismo usate da Papa Pacelli,
quando era ancora segretario di Stato vaticano. A riportarle due documenti
diplomatici ritrovati dallo storico gesuita Charles R. Gallagher negli archivi
di Joseph Kennedy. A lui è rivolto uno dei documenti, un memorandum del ’38 in
cui il futuro Papa Pio XII afferma che con il nazismo non si può scendere a
compromessi, così come nell’altro, un rendiconto stilato da un console
americano, Pacelli definisce Hitler una persona fondamentalmente malvagia.
Quale l’importanza di questo ritrovamento? Debora Donnini lo ha chiesto allo
storico gesuita padre Vincent O’Keefe.
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R. – In
questo rapporto del cardinale Pacelli si vede il suo parere fondamentale sul nazismo.
La sua opinione critica fortemente il nazismo e Hitler stesso. Questo è molto
importante oggi, perché esiste una letteratura terribile che critica il Papa
Pio XII di non avere fatto abbastanza contro il nazismo, anzi di averlo
favorito. Lo hanno giudicato addirittura antisemitico, che è falso. Si vede
quindi in questo rapporto il vero pensiero di Pacelli.
D. – Quindi, ormai questi documenti dovrebbero sgombrare
definitivamente il campo dalle critiche che alcuni hanno mosso a Papa Pacelli …
R. – Sì, perché
si discute oggi fortemente su quale fosse l’atteggiamento vero del Papa. Noi
diciamo che si deve capire lo stile diplomatico di quel momento, di
quell’epoca, che favoriva la diplomazia provvidenziale tra i diplomatici. E
questo è in contrasto con le illazioni pubbliche che sono state fatte con molta
prudenza. Non ha voluto far passare un attacco contro tutti i cattolici, che
erano quasi 20 milioni in Germania. Una dichiarazione pubblica, infatti, avrebbe
potuto causare una reazione terribile contro questi cattolici.
D. – Tra l’altro in uno di questi documenti si parla
praticamente del nazismo come atteggiamento pagano …
R. – Proprio così. Il rapporto che il cardinale Pacelli
aveva fatto doveva influenzare la politica. Pacelli aveva detto in questo
rapporto: “Non si deve fare nessun compromesso con il nazismo”. Era una cosa a
livello diplomatico, per influenzare il modo di agire di un governo. E il modo
di agire secondo Pacelli non doveva dare fiducia al nazismo e doveva combattere
contro quella che era una cosa pagana e malvagia.
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LA FEDE CHE TRASFORMA LA VITA E UNISCE I
CREDENTI.
TEMA
EMERGENTE AL SIMPOSIO INTERCRISTIANO IN GRECIA
-
Servizio di padre Egidio Picucci -
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Al Simposio intercristiano che si tiene in questi giorni a
Ioannina, capoluogo dell’Epiro in Grecia, si è parlato unicamente di
spiritualità, nel senso escatologico della vita cristiana, di apocalisse e
spiritualità, della teologia crucis come caratteristica della
spiritualità occidentale. L’insistenza sulla spiritualità, tema del Simposio,
ha una ragione particolare che padre Luigi Padovesi, uno degli audaci
ispiratori di questi Simposi, ha ripetutamente sottolineato, dicendo che gli
incontri ecumenici organizzati dall’Istituto francescano di spiritualità e
dall’Università di Tessalonica sono stati sempre guidati dalla persuasione che
il cristianesimo non è una ideologia, ma un cammino verso Dio, e che per questo
si è preferito soffermarsi non sulle questioni teologiche che possono dividere,
come insegna la storia, ma anche sulla fede, soprattutto sulla fede, che
trasforma la vita e che avvicina e unisce. Citando il monaco Giovanni Cassiano,
caro anche agli orientali, egli ha detto che più ci si avvicina a Dio e più ci
si avvicina fra noi.
Tra i contributi più originali di ieri e di oggi piace
sottolineare la riflessione sulla venuta del Signore di cui, sia in Oriente che
in Occidente, si è forse smarrito il senso escatologico che ha galvanizzato
invece la prima generazione cristiana e che bisognerebbe recuperare. L’attesa
del ritorno del Signore, invocato con il famoso “maranatà”, è un punto di
partenza teologico ed esistenziale che colloca i credenti nel tempo, nella
Chiesa e nel mondo, secondo il progetto di umanità nuova propria del Regno di
Dio.
La novità assoluta di questo ottavo Simposio sta comunque
nell’alto numero dei partecipanti, quasi tutti ortodossi. Oltre ai professori
dell’Università di Tessalonica, si è notata infatti la partecipazione di una
ventina di sacerdoti diocesani, di alcuni monaci e di vari studenti della
locale facoltà teologica, segno che il problema dell’unità interessa ed è
un’evidente conferma che la spiritualità unisce realmente.
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LA GLOBALIZZAZIONE E LA SPERANZA INDIVIDUALE E COLLETTIVA
AL
CENTRO DELL’INCONTRO ANNUALE DELLE ACLI AD ORVIETO, IN UMBRIA
-
Intervista con Luigi Bobba -
“Vivere
la speranza nella società globale del rischio”: da domani a domenica
appuntamento ad Orvieto per il Convegno nazionale delle Acli, Associazioni cristiane lavoratori italiani,
che quest’anno pone l’attenzione sui processi di globalizzazione, cercando le
strade individuali e collettive della responsabilità e della condivisione.
Quattro i piani di riflessione proposti: bioetico, mediatico, economico,
multiculturale. Ci si interrogherà sulla libertà della ricerca e sull’etica
della vita, sulle minacce alla libertà dell’informazione, sulla destinazione
dei beni comuni del Creato, sulle possibilità del dialogo tra Islam e Occidente.
Interverranno, fra gli altri, il cardinale Esilio Tonini, l’arcivescovo Renato
Martino, il rappresentante dell’Onu in Libano, Staffan De Mistura, il padre
Kizito Sesana, missionario in Sudan, il sociologo Giuseppe De Rita,
l’ambientalista Ermete Realacci, il politologo Massimo Cacciari, i giornalisti
Gad Lerner ed Enrico Mentana.
La
parola speranza sarà il filo conduttore di questo Convegno, così come al recente
Meeting di Rimini lo è stata la parola felicità. Dunque un invito all’ottimismo
dell’associazionismo laico cattolico italiano? Luca Collodi del nostro
programma “One o five live” lo ha chiesto a Luigi Bobba, presidente nazionale
delle Acli.
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R. –
Direi che la speranza più che una porta per l’ottimismo è il senso del realismo
cristiano. Il realismo cristiano è capace di grandi visioni. E’ capace, dunque,
di guardare ad un orizzonte largo e allo stesso tempo di fare i conti con la
realtà, e soprattutto di far tesoro dei doni stupendi che, comunque, abbiamo
ricevuto e proprio attraverso questi doni stupendi saper trasformare la vita
degli uomini. Se il cristiano rinuncia a questo, rinuncia al cuore della sua
esperienza, della sua testimonianza e del suo annuncio. Abbiamo voluto mettere
la speranza al centro in un tempo di disorientamento, di precarietà e di
incertezza per dire che, forse, oggi, questa virtù è la virtù più difficile, ma
anche forse la più importante e viverla dentro la società globale del rischio.
L’espressione dello studioso Ulrich Beck ci dice appunto che siamo sottoposti
ad avvenimenti che sono lontanissimi dalle nostre esistenze quotidiane, ad una
incertezza continua, ed ogni mese dobbiamo affrontare in qualche modo qualcosa
di non previsto, di non calcolato.
D. – Lei parla di speranza, ma dobbiamo anche dire che
buona parte dei cittadini italiani, forse anche cittadini che hanno un buon
senso religioso, hanno paura. Quindi, c’è un contrasto verso il messaggio di
speranza che voi volete ricordare o di felicità, che ha ricordato anche il
Meeting di Cl a Rimini. Ci sono purtroppo oggi molte paure che bloccano la
crescita della società, non soltanto italiana ma globale, ed anche del proprio
senso religioso.
R. – Quando vengono meno dei costumi sociali consolidati,
quando vengono meno le certezze della tradizione, quando un Paese diventa
‘rimescolato’, com’è diventata rapidamente l’Italia in questi ultimi anni, e
dove convivono anche culture, esperienze religiose, modi di vedere la vita
diversi, è inevitabile in qualche modo che sorgano delle paure. Il problema
credo che per dei cristiani, soprattutto dei cristiani impegnati nel sociale,
sia quello di non chiudere gli occhi di fronte a queste paure, di non essere
dei ‘buonisti’, ma piuttosto di assumere queste paure e ciò che sta dietro, e
cioè la difficoltà a costruire dialoghi, e guardare verso un orizzonte
positivo, pensare che il nostro destino e anche quello dell’istituzione del
nostro Paese, e non solo del nostro Paese, dipendono anche da noi. Insomma,
evitare che ci sia una specie di rassegnazione, di rinuncia o, peggio ancora,
di sentirsi semplicemente ‘turisti’ degli avvenimenti della storia, ma
rimettersi dentro a questi avvenimenti e cercare con l’intelligenza che ci è
stata data di orientarli verso quei valori che sono il fondamento della nostra
speranza.
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4 settembre 2003
SI AGGRAVA IL
BILANCIO DELLE VITTIME IN CINA,
FLAGELLATA IN QUESTE GIORNI DA TIFONI E INONDAZIONI:
PIU’ DI 80 I MORTI,
MENTRE SONO QUASI 200 MILA GLI SFOLLATI
PECHINO. = Sono più di 80 le vittime del tifone e
delle inondazioni che negli ultimi giorni hanno devastato numerose regioni
della Cina. Secondo i mezzi d' informazione cinesi, decine di persone sono date
per disperse e i danni materiali
ammontano, secondo le prime valutazioni a due miliardi di reminbi (circa 240
milioni di euro). Funzionari locali hanno affermato che 38 persone sono morte e
34 sono disperse nella provincia nordoccidentale del Shaanxi, dove il fiume
Weihe, un affluente del fiume Giallo, è straripato in almeno cinque punti. La
situazione è grave anche al sud, nella provincia del Guangdong, colpita ieri
dal tifone “Dujuan”, il più violento degli ultimi 25 anni, che ha provocato la
morte di almeno 38 persone. Secondo il sito Internet “sina.com”, sette persone
sono morte e tre sono disperse dopo le alluvioni nella provincia dell’Hubei,
nel centro del Paese. L’agenzia d’informazione “Nuova Cina” sostiene che almeno
180 mila persone, in diverse zone del Paese, hanno abbandonato le loro case
temendo che vengano sommerse dalle acque. (A.G.)
ANNUNCIATA PER FEBBRAIO 2006,
A PORTO ALEGRE,
LA PROSSIMA ASSEMBLEA GENERALE DEL CONSIGLIO
MONDIALE DELLE CHIESE
GINEVRA. = “Dio, nella Tua
grazia, trasforma il mondo!” sarà il tema della prossima assemblea generale del Consiglio mondiale
delle Chiese (Coe/Wcc) che si svolgerà a Porto Alegre, in Brasile, nel febbraio
2006. La decisione è stata presa in questi giorni durante i lavori del Comitato
Centrale del Consiglio, riunito dal 26 agosto a Ginevra. La formulazione
definitiva del tema nelle varie lingue sarà annunciata il prossimo novembre.
L’Assemblea di Porto Alegre, la nona, riunirà per una decina di giorni 700
delegati in rappresentanza delle 342 denominazioni cristiane membri del
Consiglio, di cui non fa parte la Chiesa cattolica. (L.Z.)
IN LIBERIA, MIGLIAIA DI
PROFUGHI, TEMENDO NUOVE VIOLENZE,
SONO IN FUGA DAL NORD VERSO LA CAPITALE MONROVIA
MONROVIA. = Decine di
migliaia di profughi ospiti dei campi di Totota (circa 80 chilometri a
nordovest di Monrovia) stanno fuggendo in direzione della capitale liberiana,
temendo di finire vittime di nuovi attacchi e violenze. La notizia, diffusa da
alcune agenzie internazionali, è confermata alla Misna da padre Mauro Armanino,
superiore regionale della Società missioni africane (Sma), uno dei pochi
occidentali rimasto a Monrovia durante il conflitto civile. “Questo è il tempo
della vendetta, sono stato domenica scorsa a Totota - dice il religioso - e già
migliaia di persone stavano cominciando a fuggire. La gente scappava per timore
di essere uccisa, maltrattata o sequestrata, scappava per paura di ritorsioni e
vendette”. Padre Armanino spiega che nell’area intorno a Totota, che da tempo
ospita tra i 40 e i 45 mila profughi, alcuni villaggi erano stati incendiati e
diverse persone si erano date alla fuga. Il missionario ritiene che, con ogni
probabilità, i profughi si stiano dirigendo verso Salala - circa 25 chilometri
a sud di Totota e intorno ai 70 chilometri a nord di Monrovia - dove sono stati
costruiti campi di accoglienza, sebbene privi di servizi. (A.G.)
SALVARE
IL POLMONE VERDE DEL PIANETA: CON QUESTO OBIETTIVO E’ INIZIATA
A SAN PAOLO
LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE IN FAVORE DELL’AMAZZONIA,
PROMOSSA DAL
FOTOGRAFO BRASILIANO SEBASTIAO SALGADO
SAN PAOLO. = È stata lanciata ieri a San Paolo, su iniziativa del celebre
fotografo Sebastiao Salgado, la campagna internazionale a favore della “Mata
Atlantica”, termine che indica le foreste vergini del Brasile. Il fotografo
brasiliano è rientrato da tre anni, dopo una lunga assenza, nel Paese natio. Di
fronte al triste spettacolo della giungla ormai ridotta a terra bruciata senza
più sorgenti né animali selvatici, ha deciso assieme alla moglie Leila, di
tornare sulle montagne dove è venuto al mondo, a 750 chilometri a nord di Rio
de Janeiro. In tre anni sono riusciti a recuperare una “fazenda” di famiglia ad
Amoires, trasformando questo centro di miseria in un esperimento di
rinnovamento ambientale, punto di riferimento mondiale per il recupero delle
selve tropicali. Sono stati piantati circa 470 mila alberi di 130 specie
diverse, che ricostruiscono la foresta amazzonica originaria. Loro intento è
quello di far crescere circa trenta milioni di alberi in tutto il Brasile nei
prossimi trent’anni. Sull’onda di
questa esperienza, Salgado e la moglie hanno fondato l’istituto “Terra”, per
diffondere innovazioni agricole a quanti desiderassero partecipare al progetto
di rinnovamento. Grazie all’appoggio di sponsor che sono accorsi da tutto il
mondo per sostenere questo progetto, si sta pianificando l’apertura di una
banca di semi autoctoni della flora della “Mata Atlantica”. Tra i più fervidi
sostenitori ci sono il presidente del Brasile Lula, l’attore americano Robin
Williams e molti “amici” italiani che, come ha sottolineato lo stesso Salgado,
sono stati tra i primi ad appoggiarlo in questa sua battaglia ecologista.
(M.R.)
I PAESI DEL CORNO
D’AFRICA SI PREPARANO AL PROSSIMO VERTICE ANNUALE DELL’IGAD,
IN PROGRAMMA AD OTTOBRE, PER LA PRIMA VOLTA IN
UGANDA
KAMPALA. = Si terrà a Kampala,
in Uganda, dal 19 al 25 ottobre 2003, il vertice annuale dell’Igad, l’autorità
intergovernativa per lo sviluppo che riunisce sette Paesi del corno d’Africa.
Saranno presenti le delegazioni dei Paesi aderenti: Gibuti, Eritrea, Etiopia,
Kenya, Somalia, Sudan e Uganda. I lavori del meeting saranno presieduti dal presidente
ugandese, Yoweri Museveni. L’organismo, fondato nel 1996, ha preso il posto
della Igad, l’autorità intergovernativa per lo sviluppo, nata nel 1986 per
volontà di sei Paesi dell’Africa orientale per contrastare la siccità, fenomeno
che colpisce spesso questa regione. Nella metà degli anni ’90, è arrivata la
ristrutturazione che ha portato l’organismo ad assumere la nuova nomenclatura,
Igad appunto, e a focalizzare l’attenzione su tre aree di cooperazione: la
prevenzione, la gestione e la risoluzione dei problemi umanitari; lo sviluppo
delle infrastrutture; la sicurezza del cibo e la protezione ambientale. Il
meeting è preceduto da un incontro del Cewarn, l’ente dell’Igad che si occupa
del monitoraggio dei conflitti, in programma - sempre a Kampala - il 17
settembre. In questo momento, l’Igad è impegnato nella mediazione tra il
governo di Khartoum e i ribelli dell’esercito di liberazione popolare del
Sudan. (M.R.)
CRESCE IL NUMERO DEI POVERI
NEGLI STATI UNITI: A LANCIARE L’ALLARME
E’ L’UFFICIO
DEL CENSIMENTO DI WASHINGTON. OLTRE IL 12 PER CENTO
DELLA
POPOLAZIONE AMERICANA VIVE SOTTO IL LIVELLO DI SUSSISTENZA
WASHINGTON. = La ripresa dell’economia americana
sembra ancora incerta, mentre continua a crescere il numero dei poveri negli
Stati Uniti. Il numero di persone che vivono al di sotto il livello di
sussistenza è, infatti, aumentato di oltre 1,3 milioni di unità nel 2002,
secondo l’ufficio di censimento. I poveri americani rappresentano quindi il
12,4 per cento della popolazione, rispetto al 12,1 per cento nel 2001, ossia
34,8 milioni di persone. Nello stesso periodo, il numero di famiglie che vivono
in condizioni di povertà è aumentato da 6,8 milioni a 7 milioni. Purtroppo è
cresciuto anche il numero di bambini poveri: tra il 2001 e il 2002, sono
entrati a far parte di questa categoria 300 mila minori americani, arrivando ad
una cifra complessiva di 12,2 milioni. Il tasso di bambini poveri sotto i
cinque anni è salito di un intero punto percentuale: il 19,6 per cento vive
oggi sotto il livello di sussistenza. “Queste cifre forniscono un quadro che
colpisce dei cambiamenti nella popolazione”, ha detto Stephen Buckner,
portavoce dell’ufficio di censimento, citato dall’agenzia Ansa. “Avere le cifre aggiornate - ha aggiunto -
dovrebbe consentire ai politici di trarre giudizi più consapevoli”. (A.G.)
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4 settembre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In un Medio Oriente ancora lontano dalla pace l’uccisione
di un israeliano a Jenin, avvenuta questa mattina all’alba e rivendicata da due
gruppi estremisti palestinesi, costituisce un’ulteriore minaccia per l’itinerario
di pace della Road Map. Il clima di
forte incertezza si è ripercosso anche sulla riunione del parlamento
palestinese, durante la quale il premier Abu Mazen ha ribadito la propria
richiesta, rivolta ai gruppi armati, di sospendere gli attacchi e ha accusato
Israele “di aver rotto la tregua”. Sul significato del discorso rivolto,
stamani, dal primo ministro al Comitato legislativo palestinese, ci riferisce
Andrea Sarubbi:
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“Se non siete disposti a
concedermi un maggiore appoggio, allora potete ritirare il mio mandato”.
Davanti ad un Parlamento non ostile, ma comunque più vicino ad Arafat, Abu
Mazen ha scelto i toni dell’aut aut. Lo ha fatto, però, nella maniera più
morbida possibile, evitando ogni contrapposizione con il presidente dell’Autorità
nazionale palestinese (Anp): “I problemi tra noi esistono – ha ammesso – ma
vanno corretti”. Per questo, si è rivolto direttamente agli Stati Uniti, che lo
avevano fortemente voluto sulla poltrona di premier: “L’isolamento di Arafat
deve terminare al più presto, perché viola la dignità del popolo palestinese”.
E soprattutto – ma questo Abu Mazen non lo ha detto – non dà risultati sul
piano politico, visto che il primo ministro – l’uomo che aveva firmato la Road
Map – è stato costretto a nominare capo delle negoziazioni con Israele Saeb
Erekat, uomo vicinissimo al presidente dell’Anp. Come un anno fa, insomma,
quando il piano di pace del Quartetto non esisteva ancora. Proprio le diverse
opinioni sulla Road Map confermano, comunque, quanto i due leader
palestinesi siano distanti. Arafat ieri l’ha definita “morta”, provocando la dura
reazione della Casa Bianca. Abu Mazen oggi ha cercato di riportarla in vita,
invitando la comunità internazionale a raddoppiare gli sforzi per salvarla.
Parallelamente, il premier ha chiesto agli attivisti di “abbandonare le forme
di lotta che colpiscono gli interessi nazionali ed isolano il popolo
palestinese”. Ma contro Hamas e Jihad islamica, ha concluso, non verrà usata la
forza.
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Nell’area meridionale del Libano, caccia-bombardieri
israeliani hanno colpito e distrutto, ieri, postazioni dei guerriglieri
filoiraniani degli Hezbollah. A riferirlo è stata la Radio israeliana,
precisando che l’attacco è stato sferrato qualche ora dopo che gli Hezbollah
avevano aperto il fuoco della contraerea contro velivoli israeliani che
avrebbero violato lo spazio aereo
libanese.
La posizione dell’amministrazione statunitense nei confronti di un intervento dell’Onu in Iraq ha fatto registrare, ieri, un radicale cambiamento. Dopo avere a lungo resistito alla richiesta di concedere un maggiore ruolo militare e politico alle Nazioni Unite, il presidente americano, George Bush, ha infatti dato mandato al segretario di Stato, Colin Powell, di avviare negoziati diplomatici al Consiglio di sicurezza per arrivare ad una risoluzione che autorizzi, sotto comando statunitense, l’invio di una forza multinazionale nel Paese arabo. I punti fermi della bozza di risoluzione, che oggi verrà discussa anche dal ministro degli Esteri italiano, Frattini, in visita al Palazzo di Vetro, sono: la riaffermazione del “ruolo vitale” delle Nazioni Unite, l’avallo a “sforzi comuni” dell’Onu e della coalizione guidata dagli Stati Uniti per la democratizzazione dell’Iraq, l’appello perché altri Stati diano un contributo di truppe e l’accelerazione degli sforzi per la ricostruzione del Paese arabo. Il servizio, da New York, di Paolo Mastrolilli:
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Le continue violenze delle ultime settimane ed in
particolare gli attentati contro la sede dell’Onu a Baghdad e la moschea di
Najaf, hanno convinto il presidente Bush a mutare atteggiamento e chiedere più
aiuto al Palazzo di Vetro. Proprio ieri è uscito un rapporto degli Stati
maggiori americani che critica la pianificazione del dopoguerra, mentre
l’ufficio del Congresso per il bilancio ha pubblicato un documento secondo il
quale gli Stati Uniti non hanno gli uomini ed i soldi per continuare
l’occupazione nella forma attuale. Entro marzo dovrebbero cominciare a ritirare
i soldati e quindi hanno bisogno di contributi esterni. Gli americani ieri
hanno ceduto ai polacchi il controllo della zona centrale dell’Iraq e Paesi
come Francia e Germania hanno commentato in maniera positiva l’idea della nuova
risoluzione, anche se attendono chiarimenti.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E’ stato arrestato ad Amburgo, in Germania, il presunto
capo operativo della più recente rete di Al Qaeda scoperta in Italia. E’ un
estremista algerino, che era stato intercettato dalla polizia di Milano, poco
prima dello scoppio della seconda guerra del Golfo, mentre organizzava l’invio
di volontari in Kurdistan.
Sulla
Costituzione europea è stato incentrato ieri, a Strasburgo, un dibattito
dell’Europarlamento nel quale sono stati analizzati i risultati raggiunti dalla
Convenzione. In primo piano anche la Conferenza intergovernativa, in programma
a Roma il prossimo 4 ottobre. Sugli aspetti salienti del dibattito, ci
riferisce Gianandrea Garancini:
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Il presidente della convenzione Valery Giscard d’Estaing è
intervenuto affermando che la bozza di Costituzione può essere migliorata,
completata, ma in nessun caso rimessa in discussione. A suo parere, infatti,
esiste il rischio concreto di andare incontro ad un fallimento della Conferenza
intergovernativa (Cig) se non si riconosce che l’attuale proposta di
Costituzione rappresenta il limite massimo oltre al quale la politica, la
società e la cultura dell’Europa di oggi non consentono di spingersi. Il
presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha invece affermato che se
la Cig si dovesse limitare ad approvare senza modifiche la bozza di
Costituzione, si assisterebbe ad un mero atto notarile privo di responsabilità
politica. A nome della presidenza dell’Unione, i ministri Gianfranco Fini e
Franco Frattini hanno confermato l’intenzione dell’Italia di rispettare il
calendario e concludere la Cig a dicembre. Non saranno invece accettati nuovi
compromessi che potrebbero tradursi in un passo indietro rispetto al testo
licenziato dalla convenzione.
Da Bruxelles, per Radio Vaticana, Gianandrea Garancini.
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In Russia due bombe, pari a 5
chilogrammi di tritolo, poste sui binari, sono esplose, ieri, al passaggio di
un treno suburbano mentre il convoglio, con a bordo oltre 700 passeggeri, si
trovava nei pressi della località di Pyatigorsk. L’attentato di ieri, costato
la vita a sei persone e perpetrato nella regione meridionale di Stavropol,
sembra confermare i timori di una nuova strategia dei guerriglieri ceceni che
mira a portare lo scontro oltre i confini del Caucaso.
Le Nazioni Unite sono
profondamente preoccupate per la situazione creatasi in Myanmar e dovuta al
“prolungarsi della detenzione in un luogo segreto della leader dell’opposizione
birmana, Aung San Suu Kyi”. Sono le parole del relatore speciale della
Commissione Onu sui diritti umani in Myanmar, Paulo Sergio Pinheiro, che da
Ginevra ha lanciato un appello alle autorità di Rangoon per la liberazione
immediata della leader della Lega nazionale per la democrazia birmana. La
premio Nobel per la pace, arrestata dalla giunta militare birmana il 30 maggio
scorso, starebbe ora portando avanti un drammatico sciopero della fame in
carcere.
Approvata ieri dal neo-eletto parlamento della Corea del
Nord la decisione di “mantenere e sviluppare la propria forza nucleare di
deterrenza”. La dura presa di posizione del regime di Pyongyang segue i
colloqui a sei della settimana scorsa a Pechino in cui – secondo i delegati
nordcoreani – “gli Stati Uniti hanno dimostrato che non intendono abbandonare
la loro politica aggressiva verso la Repubblica democratica di Corea”.
Nella regione dell’Ituri, ad
Est della Repubblica democratica del Congo, è iniziato il dispiegamento dei
Caschi Blu dell’Onu che hanno preso il posto dei soldati francesi dell’Unione
Europea. La presenza delle forze delle Nazioni Unite dovrà garantire, nel Paese
africano, l’incolumità della stremata popolazione civile.
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