RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 245 - Testo della
Trasmissione martedì 2 settembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
In udienza dal Santo Padre i nunzi in Ucraina e nella
Federazione Russa.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Al Festival di Venezia, omaggio ai grandi produttori del cinema italiano.
CHIESA
E SOCIETA’:
Cresce in India l’attesa per la
beatificazione di Madre Teresa di Calcutta
La Chiesa in Colombia esorta
al dialogo come via migliore per una celere soluzione del conflitto
In
un messaggio attribuito a Saddam, l’ex rais nega ogni responsabilità
nell’attentato di Najaf
Condotto
ieri, a Gaza, un nuovo raid di Israele contro un esponente di Hamas
In
Argentina disposta la scarcerazione di 39 ufficiali ed un civile per crimini
commessi durante la dittatura militare
2 settembre 2003
IL DOLORE
E LA CONDANNA DEL PAPA
PER LA
STRAGE ALLA MOSCHEA DI NAJAF
- A
cura di Alessandro Gisotti -
In un
messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa si
dice profondamente rattristato dagli “atti di violenza che continuano a mietere
vittime e causare feriti in Iraq” e “particolarmente afflitto dal recente
attacco alla moschea di Najaf che ha determinato la morte di un noto leader
religioso e numerosi fedeli”. Il Santo Padre offre ferventi preghiere per
quanti colpiti da questi atti di terrorismo. Affida quindi “le vittime
all’amore e alla pietà di Dio, invocando la divina consolazione per i
sofferenti”.
Il
Papa, si legge ancora nel messaggio, condanna “tutte le forme di violenza e
spargimenti di sangue rinnovando il suo appello ai seguaci delle religioni di
tutto il mondo e alle persone di buona volontà affinché rifiutino ogni tipo di
aggressione e lavorino assieme per entrare in un’era di pace e giustizia in cui
queste offese contro la vita umana e la dignità non abbiano più spazio”.
IN UDIENZA DAL PAPA NUNZI IN UCRAINA E FEDERAZIONE RUSSA.
VESCOVI
DELL’INDIA IN VISITA “AD LIMINA”.
NOMINA
DI AUSILIARE IN FRANCIA
Il Papa
ha ricevuto in udienza al termine della mattinata, nella residenza pontificia
di Castel Gandolfo, l’arcivescovo Nikola Eterovic, nunzio apostolico in
Ucraina, e l’arcivescovo Antonio Mennini, rappresentante della Santa Sede nella
Federazione Russa.
Mons.
Eterovic si trova in Italia in coincidenza con l’apertura della 25.ma Settimana
Europea, promossa dalla Fondazione Ambrosiana Paolo VI, insieme con
l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Villa Cagnola di Gazzada, presso
Varese, dedicata quest’anno alla “Storia religiosa dell’Ucraina”.
Mons. Mennini, nunzio apostolico, svolge la missione di
rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa dal 6 novembre 2002. Le
relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Federazione Russa risalgono al 1°
gennaio 1992. In precedenza, la Santa Sede e l’Unione Sovietica, al tempo di
Gorbaciov, avevano deciso nel marzo 1990 di scambiarsi rappresentanti
ufficiali, al rango personale di nunzio apostolico e di ambasciatore
straordinario. Infatti, Giovanni Paolo II e Gorbaciov, nell’incontro avvenuto
in Vaticano il 1° dicembre 1989, avevano convenuto di dare un carattere
ufficiale ai contatti tra la Santa Sede e l’Unione Sovietica. Ciò allo scopo di
facilitare un dialogo permanente su materie di comune interesse e di
contribuire ad un’utile cooperazione in campo internazionale. L’importante
incarico diplomatico fu allora affidato dal Papa all’arcivescovo Francesco
Colasuonno, nunzio apostolico con incarichi speciali.
Sempre questa mattina, il Pontefice ha ricevuto altri
quattro vescovi dell’India, in visita “ad Limina Apostolorum”.
In Francia, il Santo Padre ha nominato ausiliare di Gap il
presule mons. Jean Michel di Falco, finora ausiliare di Parigi.
NEL SEGNO DI UNA RINNOVATA DEVOZIONE ALLA
VERGINE, SI E’ CONCLUSO,
IERI
CON L’INCORONAZIONE DELLA MADONNA DELLE LACRIME, L’ANNO MARIANO
DI
SIRACUSA. CON NOI IL CARDINALE SALVATORE DE GIORGI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Le Lacrime della Madonna suscitano ovunque “commozione ed
entusiasmo spirituale”. Lacrime misteriose che “parlano di dolore e di
tenerezza, di conforto e di misericordia divina” e “sono il segno di una
presenza materna, un appello a convertirsi a Dio, abbandonando la via del male
per seguire fedelmente Gesù Cristo”. All’Angelus di domenica scorsa, con queste
parole ricche d’emozione, Giovanni Paolo II ha ricordato lo straordinario
evento della lacrimazione della Madonna di Siracusa, avvenuta proprio 50 anni
fa - dal 29 agosto al primo settembre del 1953 - da un quadretto di gesso
raffigurante il Cuore Immacolato di Maria. I fedeli della città siciliana hanno
vissuto con grande partecipazione questo Anno Mariano, che ieri ha avuto come
atto conclusivo l’incoronazione della Madonna da parte del cardinale Salvatore
De Giorgi, arcivescovo di Palermo, inviato speciale del Papa. E proprio il
porporato sottolinea – al micro-fono di Alessandro Gisotti – il legame
profondo, la devozione del popolo siciliano per la figura di Maria:
**********
R. - E’
stata una grande emozione, non solo per la partecipazione, numerosissima, ma
anche per la partecipazione così devota. Si vede che nel popolo siciliano
l’amore verso la Madonna è grande. E verso la Madonna delle Lacrime è ancora
più grande, proprio perché coglie i sentimenti più intimi del nostro popolo
siciliano. Posso dire che è davvero stato un richiamo forte da parte della
Madre, non soltanto per la preghiera, ma anche per l’ascolto della parola di
Dio, con il culmine poi della celebrazione eucaristica.
D. – Le
Lacrime di Maria sono lacrime di dolore ma anche di gioia. Lei ha parlato anche
di temi molto forti, legati alla Sicilia…
R. – In
questi 50 anni c’è una riflessione, che io ho cercato di condurre anche
nell’ottica della realtà presente. Certo, sono lacrime di dolore, in modo
particolare per l’aggravarsi della crisi della famiglia. Non è senza
significato che la lacrimazione sia avvenuta in un quartiere povero di
Siracusa, in una casa semplicissima dove una mamma era in attesa di un bimbo e
dove il padre era in attesa di lavoro. Quindi, lacrime di dolore per quello che
sta accadendo ai danni della famiglia. C’è preoccupazione per il fatto che si
abbassi sempre di più la soglia anagrafica delle devianze giovanili. In
particolare, questo deve far riflettere tutti, specie chi ha responsabilità
nello Stato ed anche da parte nostra, nella Chiesa, chi ha responsabilità
educative. Lacrime di preoccupazione per la disoccupazione, per gli immigrati
che vengono sbattuti sulle nostre coste. Lacrime anche di afflizione per la
mancanza di pace nel mondo, per i terrorismi, le guerre, le guerriglie e per
quanto riguarda la nostra terra, anche la perversa espressione della
criminalità organizzata, soprattutto mafiosa. Ho parlato delle lacrime come
espressione di dolore, ma anche come espressione di gioia ed i motivi sono per
noi il riemergere, anche se spesso inavvertito o non confessato, del bisogno di
Dio. Poi, nella nostra regione almeno, il fiorire delle vocazioni al sacerdozio
ministeriale. Stiamo vivendo una stagione veramente splendida sotto questo
profilo.
D. –
Servire il Vangelo della speranza, come Maria - ha affermato ieri nell’omelia -
significa servire l’uomo nella società. Come dare attuazione a questo richiamo?
R. –
Maria ci ha dato l’esempio, mettendosi al servizio prima della cugina
Elisabetta, poi alle nozze di Canaa, e quindi la testimonianza operosa della
carità diventa l’espressione anche più bella del servizio al Vangelo della
speranza. Ho voluto richiamare in modo particolare quanto il Santo Padre ha
indicato nella bellissima esortazione “Ecclesia in Europa”, per dire che la
Madonna ci affida, attraverso la voce del Papa, questa missione, che riguarda
tutti, ma in modo particolare noi vescovi e sacerdoti: essere servitori del
Vangelo della speranza, donandoci di più agli ultimi. Ho voluto celebrare lì
anche il mio giubileo sacerdotale ed è stata una cosa magnifica stare a pranzo
con tutti questi diseredati, immigrati, barboni, con i miei sacerdoti, segno
allora che quando noi siamo accanto a loro, non soltanto diamo, ma riceviamo.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la drammatica notizia dell’uccisione di 25 persone, in Uganda,
da parte dei ribelli dell’Lra; vittima della strage anche un sacerdote.
Sempre in prima una riflessione
di Giorgio Rumi dal titolo “Un richiamo, un auspicio, un affidamento: Giovanni
Paolo II per l'Europa”.
Nelle vaticane, una pagina dedicata ai diversi
momenti della celebrazione di chiusura dell'Anno mariano Siracusano: l’omelia
del cardinale Salvatore De Giorgi, Inviato Speciale del Papa; l’omelia dell’arcivescovo
di Siracusa, mons. Giuseppe Costanzo.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: morta una bambina di dieci anni colpita durante una sparatoria.
Il telegramma del Papa per l’attentato
alla moschea di Najaf, in Iraq.
Nella pagina culturale, una
riflessione di Ferdinando Montuschi dal titolo “La scuola non è luogo di tutela
dei valori e della memoria storica?”: una scuola media già intitolata a Licio
Giorgieri, vittima dei brigatisti, dedicata a Fabrizio De André.
Per l’“Osservatori Libri”, un
approfondito contributo di Angelo Marchesi sulla “Summa di San Tommaso” di
Jean-Pierre Torrell, opera edita dalla Jaca Book.
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema delle pensioni.
=======ooo=======
2 settembre 2003
ECUMENISMO, SPIRITUALITA’, RAPPORTI UMANI, E
PRIORITA’
DEL NUOVO SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO
MONDIALE DELLE CHIESE:
CON NOI, IL NEO ELETTO PASTORE METODISTA, SAMUEL KOBIA
Rafforzare
l’unità tra le Chiese e la coscienza ecumenica specie tra i giovani, promuovere
il dialogo interreligioso e la spiritualità per rispondere alle maggiori sfide:
sono tra le priorità del nuovo segretario generale del Consiglio Mondiale delle
Chiese, il pastore metodista Samuel Kobia, eletto la scorsa settimana. In Vaticano
la notizia della sua nomina è stata accolta molto positivamente. “Sono conosciute
le sue grandi qualità tra cui spicca profonda spiritualità e preparazione teologica”,
ha dichiarato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per
l’unità dei cristiani. Si prospetta quindi una proficua continuazione della collaborazione
tra il Consiglio mondiale delle Chiese e la Chiesa cattolica.
Il pastore Kobia, 56 anni,
sposato, padre di 4 figli, succede al pastore evangelico tedesco Konrad Raiser
che alla fine di dicembre 2003, dopo 11 anni, terminerà il suo mandato. Sarà la
prima volta che alla guida di questo organismo ecumenico a cui aderiscono ben
342 Chiese delle diverse tradizioni cristiane, vi è un africano. Sarà questo un
fatto che avrà di certo un’incidenza sul ruolo che il Consiglio ecumenico è
chiamato a svolgere nell’attuale cammino verso la piena unità visibile delle
Chiese.
Ma
ascoltiamo lo stesso pastore Kobia, al microfono di Catherine Smibert:
**********
R. – THE FIRST PRIORITY …
Prima priorità per me sarà impegnarmi a rafforzare l’unità
tra le Chiese che costituiscono il Consiglio Mondiale delle Chiese. Vorrei
sottolineare l’importanza di lavorare insieme, camminare insieme, perché è solo
così che possiamo rafforzare la nostra unità. Seconda cosa: vorrei promuovere
una coscienza ecumenica nelle Chiese ed in particolare nelle giovani
generazioni. Terzo, il dialogo interreligioso. Oggi, infatti le religioni hanno
un ruolo importante. Il dialogo interreligioso è un mezzo importante per superare la violenza, promuovere la
riconciliazione e la tolleranza. Quarto: il cambiamento del tessuto familiare
nel mondo di oggi è un punto critico. Perciò, i problemi familiari
costituiscono anch’essi una delle priorità. Ancora: vorrei stabilizzare le finanze
del Consiglio.
D. -
Durante la Conferenza stampa, tenutasi venerdì, ha menzionato che spera di portare
uno speciale “tocco” africano al Consiglio Mondiale delle Chiese. Gli ha dato
un nome, “ubuntu”. Cosa significa esattamente?
R. – WHAT I REALLY MEAN BY BRINGING AFRICAN …
Quello che veramente intendevo è
che gli africani hanno un modo speciale di trasformare i loro problemi in
opportunità e nel creare speranza. Credono fortemente che non bisogna lasciarsi
sopraffare dai problemi o dalle sfide che incontrano. Tutto questo permette di
avere una veduta ottimistica del mondo. Altro elemento è poi la promozione dei
rapporti umani. Le relazioni interpersonali in Africa, infatti, sono estremamente
importanti. E’ quanto noi africani esprimiamo con il termine “ubuntu”. E’ ciò
che vorrei portare al Consiglio Mondiale delle Chiese come africano.
D. - Nel suo primo discorso lei ha anche sottolineato
l’importanza della spiritualità nel mondo di oggi…
R. – FOR
ME THE WORLD TODAY IS GOING THROUGH…
Secondo me il mondo oggi sta
attraversando problemi che considero essere più di natura spirituale che
politica o economica, perché è in questione il senso della vita, crollano le
sicurezze. Sebbene possano sembrare questioni politiche sono invece questioni
profondamente spirituali e morali.
D. -
Riguardo ai rapporti con il Papa, con la Chiesa cattolica, quali sono i suoi programmi?
R. – IT IS
VERY MUCH IN MY AGENDA…
E’ un aspetto che è certamente
nei miei programmi. Vorrei rafforzare i rapporti con il Vaticano. Sono già
diverse le aree in cui cooperiamo insieme, come sapete. Lavoriamo, ad
esempio, in gruppi di lavoro con il
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e nell’ambito delle missioni. Vorrei
rafforzare però i nostri rapporti e la nostra corrispondenza anche in prima
persona, appena inizierò il mio ufficio.
**********
SINGOLARE INIZIATIVA DI
DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI
NELLE
FILIPPINE E IN ALTRI PAESI ASIATICI
- Con
noi l’arcivescovo Michael Fitzgerald -
Sono noti i fatti di violenza per mano di estremisti
islamici da anni in atto nell’isola di Mindanao, nelle Filippine. Di meno si
conosce sui negoziati di pace, sulla mediazione portata avanti da 7 anni sia
dai vescovi cattolici e protestanti e religiosi musulmani. Tanto che si è
costituito un organismo permanente che comprende anche due membri del governo
responsabili dei colloqui di pace con i gruppi dei ribelli.
Un’esperienza questa che si è rivelata così costruttiva,
da indurre i membri di questo organismo di promuovere il dialogo anche in altri
Paesi dell’Asia. Fatto che è avvenuto recentemente a Pasay City, nelle
Filippine. Per la prima volta si sono incontratI, in più di 100, vescovi
cattolici, di altre Chiese cristiane, e ulamah, cioè religiosi musulmani,
provenienti da 13 Paesi: dall’Indonesia, al Bangladesh e India, da Singapore
allo Sri Lanka e Uzbekistan. Vi è
intervenuto anche il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald.
E’ dunque un altro volto dell’Islam quello che si è
mostrato a Pasay City. Ce ne parla, al microfono di Fabio Colagrande, lo stesso
mons. Fitzegerald.
**********
R. – Gli estremisti, i violenti, sono pochi: la
maggioranza dei musulmani vogliono la pace, ma vogliono la pace con la giustizia.
D. – Comunque, la religione continua ad essere
apparentemente causa di conflitti, soprattutto nell’Asia. Perché?
R. – Non credo che la religione sia ‘causa’ di conflitto,
ma un ‘fattore’ del conflitto; entra nel conflitto e può aggravare il conflitto,
ma normalmente non è la causa. Le cause sono altrove; le cause sono politiche
economiche o sociali, ma la differenza di religione è un fattore che fortifica
questo aspetto di conflitto.
D. – Questo incontro nelle Filippine ha visto dialogare i
musulmani con i cristiani, sia cattolici che protestanti. Questo dialogo
ecumenico favorisce in qualche modo l’incontro interreligioso?
R. – Il fatto che in molti Paesi dell’Asia, ad eccezione
delle Filippine, i cristiani siano una piccola minoranza, rende più necessaria
la collaborazione ecumenica tra cattolici e cristiani di altre Chiese e
comunità. E questo si è avverato in questo Forum tra vescovi e ulamah.
All’inizio erano solo i vescovi cattolici che si incontravano con i capi
religiosi musulmani nelle Filippine; e poi, quasi dall’inizio hanno aperto
anche a vescovi di altre Chiese, e questo è un buon esempio. Credo che sia
importante che i cristiani siano uniti nell’incontrare persone di altre religioni.
D. – L’incontro si è concluso con un documento: i rappresentanti
di diverse religioni hanno preso degli impegni molto importanti. Li vuole
riassumere?
R. – E’ un documento che afferma la loro responsabilità,
che riconosce la debolezza e le mancanze, come ad esempio il fatto che non
abbiamo sempre rettificato i pregiudizi che possono contribuire alle discordie,
ma anche si afferma che a volte le religioni sono manipolate. C’è un appello ad una maggiore responsabilità, un
appello per contribuire alla pace, una condanna della violenza ... Noi come
credenti di religioni di pace – si
afferma - siamo chiamati a proclamare, a vivere e lavorare per la pace e
condannare ogni forma di estremismo, di oppressione e di terrorismo. Crediamo
che questi atti siano attacchi alla nostra dignità, che è comune. Poi questo documento
parla anche dei ‘pilastri della pace’ -
questo è preso dall’enciclica di Giovanni XXIII, Pacem in Terris - verità, giustizia, amore e libertà, e si è aggiunta anche la sincerità e la
preghiera.
D. - Secondo lei, quella vissuta nelle Filippine, è
un’esperienza di dialogo e di incontro delle religioni per risolvere i
conflitti che può essere in qualche modo esportata?
R. – Credo che sia un incoraggiamento. A Mindanao, cercano
di estendere questo dialogo non solo ai vescovi ed ai capi religiosi musulmani,
ma anche ai capi locali, agli imam, ai parroci. Questo mi sembra molto
importante: a livello di villaggio, di
quartiere si incontrano e poi aiutano la popolazione ad incontrarsi.
**********
AL
FESTIVAL DI VENEZIA, OMAGGIO AI GRANDI PRODUTTORI DEL CINEMA ITALIANO
-
Servizio di Luca Pellegrini -
**********
Un film
cinese per raccontare il “paesaggio fluttuante” che alberga nell’animo umano,
ed un film inglese per descrivere il prossimo futuro della terra come un
“paesaggio controllato”: entrano in concorso e senza lasciare grande traccia “The
Floating Landscape” di Carol Lai Miu Set e “Code 46” del giovane Michael
Winterbottom. Il primo è la narrazione delicata di un viaggio catartico, quello
della giovane Maan da Hong Kong a Quingdao, nella Cina Continentale, tormentata
dalla morte del suo grande amore che proprio in quel Paese visse gli ultimi giorni
della sua vita. Col tempo il dolore si attenua, i ricordi del passato si fanno
meno emotivi, si aprono nuove prospettive: la morte di una persona cara può
privare temporaneamente di senso l’esistenza ma non ne dovrebbe ostacolare il
procedere. Film semplice e inconsistente.
Assai
più intrigante ed inquieto invece il futuro globale dell’intera umanità
immaginato da Winterbottom in modo accattivante anche se frammentario: il
“grande fratello” questa volta si chiama Sphinx, planetaria compagnia assicuratrice
che controlla vita e mobilità, concedendo coperture, ossia permessi per soggiornare
in aree protette, le città – questa volta sono pulite, tranquille, sicure – e
visti per potersi spostare da un continente all’altro. Il commercio illegale di
questi documenti necessari spinge William a Shanghai: lui è dotato del virus
dell’empatia, ossia può leggere i pensieri altrui. Anche quelli di Maria, la
colpevole. E quando i pensieri sono d’amore, le cose, irrimediabilmente, si
complicano. Il finale di “Code 46” è amaro: perché anche la memoria
dell’uomo è caduta ormai sotto il dominio delle grandi multinazionali della
sicurezza. Bravi gli interpreti: Tim Robbins e Samantha Morton.
Ma la
Mostra del Cinema guarda anche al passato: ieri, conferendo a Dino De Laurentis
il Leone d’Oro alla Carriera, si è reso omaggio ai produttori italiani che
hanno fatto grande il nostro cinema. Venezia dedica loro una sezione, come ci
racconta Marina Sanna, capo redattore della rivista de “Il Cinematografo”:
“Il
fiore all’occhiello di questa Mostra è appunto la retrospettiva dedicata ai
grandi produttori del passato. Il periodo preso in considerazione è quello che
va dagli anni ’50 agli anni ’70, ossia quel periodo pieno di fermento culturale
e creativo, che avviene subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. La
retrospettiva suona come un risarcimento verso una categoria di professionisti
che è stata a lungo ignorata da stampa e critica. Ignorata per una sorta di
snobismo culturale, perché i produttori erano quelli che avevano a che fare con
il denaro. E’ importante perché, facendo delle ricerche, si è scoperto che su
questi signori, che invece hanno reso grande il nostro cinema, non esiste
praticamente nulla, fatta qualche eccezione: è il caso di Dino De Laurentis,
che è stato appunto premiato ieri sera con il Leone d’Oro alla carriera,
ricevuto dalle mani di Bernardo Bertolucci.
Ma
fatta qualche eccezione, alcuni sono scomparsi da tempo. Noi, come rivista “Il
Cinematografo”, abbiamo deciso di dedicare un inserto speciale ai produttori,
scegliendone i 5-6 più importanti, a nostro avviso, che sono: Angelo Rizzoli,
Dino De Laurentis, Giuseppe Amato, Carlo Ponti e Franco Cristaldi. Abbiamo
fatto una specie di viaggio nella memoria per ricostruire appunto la loro
storia: come hanno influenzato il nostro cinema, quali film hanno prodotto. Non
dimentichiamo che ci sono capolavori come “Sciuscià”, “La dolce vita”, “Il
Gattopardo”, “Francesco, giullare di Dio” dovuti solamente all’intuizione di
queste persone. Abbiamo fatto un viaggio attraverso le immagini. Abbiamo
trovato delle immagini inedite d’epoca molto belle e significative. Attraverso
la testimonianza di sceneggiatori come Susi Cecchi d’Amico, Ugo Pirro, Fulvio
Scarpelli, e anche critici, testimoni di quell’epoca, abbiamo cercato di fare
una specie di piccolo compendio in omaggio a questi grandi professionisti”.
**********
=======ooo=======
2 settembre 2003
MANIFESTAZIONE-EVENTO OGGI A BUCAREST: LA
ROMANIA,
PAESE A MAGGIORANZA ORTODOSSA, FESTEGGIA IN MODO
SOLENNE
I 25 ANNI DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II
- A cura di Barbara Castelli -
**********
BUCAREST. = Giovanni Paolo II ha
dato un “contributo fondamentale” alla nuova Europa, al rapporto tra
“ispirazione cristiana ed ideale europeo”. Con queste parole, oggi a Bucarest,
il cardinale Pio Laghi ha aperto il quarto incontro organizzato dal ministero
degli Esteri italiano in occasione dei 25 anni di pontificato. Dopo Cracovia,
Buenos Aires e Strasburgo è, dunque, la capitale romena ad ospitare l’incontro,
sul tema “Un ponte tra l’Oriente e l’Occidente: le vie dell’Ecumenismo nel
Pontificato di Giovanni Paolo II”. Per la prima volta, un Paese a maggioranza
ortodossa sceglie di festeggiare nella maniera più solenne
l’anniversario di un Papa: alla manifestazione-evento, infatti,
trasmessa in diretta dalla televisione nazionale, sono intervenuti il
presidente della Romania, Ion Iliescu, il patriarca Ortodosso Teoctist e
numerose autorità di governo. Nel corso del suo intervento, il cardinale Laghi
ha poi posto l’attenzione sul ruolo che la Romania ha avuto come “ponte” tra
Oriente ed Occidente, in particolare con la visita fatta dal Vescovo di Roma
nel 1999, quando per la prima volta al mondo ha potuto pregare con un patriarca
ortodosso, quello di Bucarest. “La diffusione nel mondo della nostra civiltà -
ha detto, invece, il sottosegretario agli Esteri, Mario Baccini - sottolinea
costantemente legami di valori e di cultura che ci uniscono agli altri popoli,
nella ricerca comune della pace e della prosperità attraverso il dialogo
intercultura e la cooperazione tra i popoli”. Al termine della manifestazione,
il presidente del Consiglio Comunale di Roma, Giuseppe Mannino,
accompagnato dai Consiglieri Baldi e Di Stefano, ha consegnato al presidente
Iliescu una lupa capitolina in bronzo, quale dono riconoscente della diocesi
del Papa. Altre iniziative sono in programma da qui a novembre a New York, Gerusalemme,
Roma e San Paolo del Brasile.
**********
CRESCE IN INDIA L’ATTESA PER LA
BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA
DI CALCUTTA. UNA DELEGAZIONE CRISTIANA HA CHIESTO A
NEW DELHI
CHE IL 19 OTTOBRE SIA PROCLAMATO FESTA NAZIONALE
NEW
DELHI. = La beatificazione di Madre Teresa di Calcutta può rappresentare una
grande opportunità per l’evangelizzazione in India. A sottolinearlo, in un’intervista
all’agenzia cattolica SarNews, mons. Vincent Michael Concessao, presidente
della Conferenza episcopale indiana (Cbci). Madre Teresa è molto rispettata e
apprezzata dalla maggior parte degli indiani per la sua opera a favore dei
poveri, ha spiegato l’arcivescovo di Delhi, e “attraverso la sua beatificazione
il messaggio d’amore e compassione del cristianesimo raggiungerà tanta gente,
che almeno comprenderà cosa facciamo e perché”. Anche se alcuni “fondamentalisti
indù hanno male interpretato questa opera, considerandola come uno stratagemma
per compiere conversioni forzate”, ha aggiunto, la beatificazione non deve essere
motivo di tensioni e disordini in India. Nei giorni scorsi, mons. Concessao ha guidato una
delegazione cristiana che ha incontrato il primo ministro indiano, Atal Behari
Vajpayee, per chiedere che la beatificazione della fondatrice delle Missionarie
della Carità venga dichiarata festa nazionale. Tra le altre proposte, contenute
in una missiva, l’installazione di un ritratto di Madre Teresa nell’atrio del
Parlamento e l’istituzione di un fondo speciale per finanziare istituti per
orfani e bambini abbandonati. Come è noto, in questi mesi la Chiesa indiana si
sta preparando a celebrare l’evento del 19 ottobre prossimo, sia a livello nazionale
che locale, con numerose iniziative. (L.Z.)
IL DIALOGO E’ SEMPRE LA VIA MIGLIORE:
L’ESORTAZIONE DELLA CHIESA
IN COLOMBIA PER UNA CELERE SOLUZIONE DEL CONFLITTO
BOGOTA’. = “La Chiesa non ha perso la speranza di
riallacciare il dialogo con le Farc, anche se siamo consapevoli delle crescenti
difficoltà”. Così il vicepresidente della Conferenza episcopale colombiana, mons.
Luis Augusto Castro. Nel corso di una intervista rilasciata al quotidiano di
Cali, El Pais, mons. Castro ha escluso la possibilità di una legge
denominata Punto final, ovvero una sanatoria che garantisce ai
guerriglieri la non punibilità per i crimini commessi. “Il dialogo è sempre la
via migliore” ha sottolineato il numero due dei vescovi colombiani, ma “parlare
di Punto final è come dire che le sofferenze patite dal nostro popolo in
questi anni non hanno alcun valore”. Sullo stato delle trattative con le Forze
Armate Rivoluzionarie Colombiane, mons. Castro ha spiegato: “Siamo disposti ad
ascoltarli e ad incontrarli dove e come vogliono. Con i dovuti permessi del
governo stiamo lavorando affinché questo incontro avvenga presto. C’è da
registrare che i guerriglieri hanno cambiato atteggiamento - ha precisato il
mons. Castro - non presentandoci come rappresentanti istituzionali, il
confronto ha preso una piega diversa, perché la controparte sa di trattare con
la Chiesa e non con l’esecutivo”. “Sono ottimista e mi auguro di raggiungere
entro breve gli obiettivi fissati”, ha concluso il presule. (D.D.)
HA PRESO IL VIA OGGI A VILLA CAGNOLA DI
GAZZADA, IN PROVINCIA DI VARESE,
LA XXV SETTIMANA EUROPEA, DEDICATA ALLA “STORIA
RELIGIOSA DELL’UCRAINA”.
L’INCONTRO E’ PROMOSSO DALLA FONDAZIONE AMBROSIANA
PAOLO VI,
INSIEME CON L’UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
- A cura di Fabio Brenna -
**********
MILANO. = Dalla storia religiosa
dell’Ucraina un contributo per comprendere che cosa abbia significato attraverso
i tempi essere ‘Europa’ e quali complessi orizzonti venga ora abbracciando
l’identità europea. Come ogni anno la Fondazione Ambrosiana Paolo VI chiama a
raccolta prestigiosi relatori, dalle più importanti università e istituzioni
culturali del mondo, per dare vita quest’anno alla XXV edizione della Settimana
europea di studio. Protagonista è l’Ucraina, Paese con un’antichissima storia,
ma soltanto da poco più di un decennio pienamente indipendente. Con i battesimi
di Olga e di Vladimir, alla fine del X secolo, il principato di Kiev diventò
una componente primaria di quel Commonwealth, che in Costantinopoli ebbe il suo
vertice ideale ed istituzionale ad un tempo. Ma il Paese passò anche sotto la
dominazione mongola, per inserirsi poi nella Repubblica polacco-lituana,
sviluppando proprio in questo contesto un’originale esperienza religiosa di
tradizione greca, nel contesto di un organismo politico latino, con singolari riflessi
nei diversi ambiti della cultura e dell’arte. L’acquisizione della metropoli di
Kiev nel 1685, ad opera del patriarcato moscovita, bloccò di fatto uno sviluppo
autonomo del Paese e segnò una traumatica cesura della coscienza nazionale.
L’Ucraina visse una prima indipendenza in occasione della Rivoluzione d’Ottobre
del 1917, ma l’autonomia vera e propria arrivò soltanto nel 1991, con la dissoluzione
dell’Unione Sovietica. Ora, questi popoli dell’area centro-orientale del continente
europeo cercano di recuperare l’antica vocazione ad essere cerniera tra le
grandi correnti religiose e le tradizioni culturali che hanno illuminato il
cammino dell’Europa e ne hanno plasmato l’intero patrimonio di idealità e di
valori. Anche per questo nella vicenda dell’Ucraina si riflette ed entra in
gioco tutta la realtà religiosa e culturale dell’Europa.
**********
IL PROBLEMA DELL’AIDS IN AFRICA ANCORA IN
PRIMO PIANO.
ILLUSTRATA IERI A VENEZIA, NEL CORSO DI UN CONVEGNO
TRA LE FIRST LADIES AFRICANE, LA MINACCIA DEI NUOVI VIRUS EMERGENTI
VENEZIA. = Un gruppo di first
ladies africane, componenti del movimento “Africa Synergies”, si sono
incontrate ieri a Venezia per il meeting “L’Aids in Africa e la minaccia dei
virus emergenti”. Il convegno fa parte del “Families First Africa project”
presentato dall’Unesco, in collaborazione con la “World foundation for Aids
Research and Prevention” creata dal prof. Luc Montagnier, scopritore del virus
HIV nel 1983. Nel corso dell’incontro, Montaigner ha illustrato il rischio che
si corre in Europa per l’esistenza di ceppi virali sempre più resistenti ai
farmaci utilizzati fin’ora. Lo scienziato è impegnato da anni nella ricerca di
un vaccino per i bambini nati da madri sieropositive: secondo le stime
dell’Unesco, infatti, in Africa ogni anno sono circa 800 mila i piccoli colpiti
dal virus. All’incontro, oltre alla moglie del presidente della Guinea
Hanriette Conteh, al ministro della Sanità del Camerun, Urbani Olanguina -
Awono e al consigliere della presidenza della Nigeria, Jules Ouguet, sono
intervenuti il ministro italiano per le Pari Opportunità, Stefania
Prestigiacomo, il prof. Vittorio Colizzi, coordinatore scientifico del programma
Unesco per la lotta all’Aids e il governatore del Veneto, Giancarlo Galan.
(M.R.)
=======ooo=======
2 settembre 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq la storica formazione del primo governo
dopo la caduta del regime di Saddam Hussein è stata purtroppo oscurata da
un’ennesima, interminabile ondata di violenze. Due forti esplosioni, avvenute in un
parcheggio della stazione di polizia di al Rasafa non lontano dalla sede del
ministero dell’Interno, hanno infatti colpito questa mattina le strade di
Baghdad causando la morte di una persona e almeno 21 feriti. L’attentato cade all’indomani
della morte di due militari americani e del ferimento di un terzo, rimasti
vittime della deflagrazione di un ordigno a Sud della capitale. Oggi, intanto,
circa 500 mila persone hanno partecipato ai funerali dell’ayatollah
al Hakim a Najaf, città
dove il leader sciita è stato ucciso, venerdì scorso, insieme a più di 100 persone.
In un messaggio audio, attribuito a Saddam Hussein e trasmesso ieri dalla
televisione araba al Jazira, l’ex rais nega ogni responsabilità nell’attentato
perpetrato a Najaf. Sul nuovo, presunto messaggio di Saddam ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
**********
L’ex rais ha smentito di aver ordinato l’attentato della
settimana scorsa nella città sacra, in cui hanno perso la vita oltre 100
persone tra cui al Hakim. Saddam ha detto di considerarsi ancora il leader di
tutti gli iracheni e quindi di non poter compiere atti del genere contro la sua
gente. Poi ha accusato le forze di occupazione di aver scaricato la
responsabilità su di lui per dividere la popolazione e ha definito l’attentato
come un incidente. L’ex rais, però, non ha fatto commenti sugli attacchi contro
la sede dell’Onu e l’ambasciata giordana, che sono stati attribuiti ai suoi
seguaci. In questo clima di tensione, il Consiglio governativo provvisorio
iracheno, insidiato dagli americani a luglio, ha nominato i 25 membri del
gabinetto. I ministri rispecchiano la suddivisione etnica del Paese con 13
sciiti, 5 sunniti arabi, 5 sunniti curdi, 1 turcomanno ed 1 assiro-cristiano.
Lo scopo è accelerare il passaggio di alcune funzioni amministrative agli
iracheni per diminuire il risentimento della popolazione.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
I timori crescenti per la
sicurezza ed il ruolo, ancora dominante, degli Stati Uniti in Iraq continuano a
frenare l’impegno della comunità internazionale nello stanziare consistenti
aiuti economici per la ricostruzione dello Stato arabo. L’Onu potrebbe inoltre
posticipare la Conferenza dei Paesi donatori, in programma a Madrid dal 24 al
26 ottobre, fino a quando le Nazioni Unite non saranno nuovamente in grado di
rafforzare la propria presenza nel Golfo Persico. Al Palazzo
di Vetro, intanto, si sta proprio lavorando per una risoluzione del Consiglio
di sicurezza sull’intervento di altri Paesi in Iraq sotto l’egida dell’Onu.
In occasione del 34.mo
anniversario della rivoluzione libica il leader della Libia, Muammar Gheddafi,
ha pronunciato ieri sera un articolato discorso alla nazione affrontando
diversi temi, tra i quali anche la tragedia, costata la vita ad 81 persone, del
Dc9 Itavia caduto in mare, il 27 giugno 1980, tra le isole di Ponza ed Ustica.
“Gli americani - ha sostenuto Gheddafi - abbatterono il Dc9 perché erano sicuri
che io fossi a bordo dell’aereo”. Il leader libico ha poi messo in evidenza il
processo di ricostruzione dei rapporti tra il Paese nordafricano e l’Occidente.
Ed in questo contesto, si inseriscono le decisioni, da parte di Tripoli, di
assumersi la responsabilità di gravi azioni terroristiche e di risarcire le 270
vittime della strage di Lockerbie avvenuta nel 1988 e le 170 decedute a causa
dell’attentato perpetrato, nel 1989, contro l’aereo dell’Uta esploso nei cieli
del Niger. Questo nuovo volto conciliante di Gheddafi verso gli Stati Uniti e
l’Occidente sembra in realtà teso a scongiurare un eventuale azione militare
contro Tripoli e ad ottenere la revoca delle sanzioni imposte al Paese nel
1992.
In
Medio Oriente non si interrompono le operazioni israeliane contro i membri di
Hamas. Nel corso di un raid condotto, ieri, dall’esercito dello Stato ebraico è
infatti rimasto ucciso un esponente dell’organizzazione estremista. Sono
intanto risultate pesanti le conclusioni dell’inchiesta indipendente sugli
eventi dell’ottobre 2000 in Galilea quando la polizia israeliana represse nel
sangue, causando 13 morti, le manifestazioni di cittadini arabi di Israele a
sostegno dei palestinesi, che da pochi giorni avevano cominciato l’Intifada. A
distanza di 3 anni da quei gravi episodi di violenza i rapporti tra arabi ed
ebrei di Israele faticano a trovare la strada della riconciliazione. Ce lo
conferma Graziano Motta:
**********
La Commissione ha mosso gravi contestazioni all’apparato
di polizia e anche ai responsabili politici di allora e, soprattutto, al
ministro della sicurezza interna, Shlomo Ben Ami, per il quale ha chiesto che
in avvenire non possa più ricoprire analogo incarico. La valutazione politica
più grave della Commissione è che la polizia trattò i dimostranti come nemici
di Israele, “atteggiamento che va combattuto” afferma, “perché è necessario
giungere ad un’eguaglianza reale dei diritti fra i cittadini della minoranza
araba e quelli della maggioranza ebraica”. Ieri, a Gerusalemme, la missione del
responsabile europeo per la politica estera, Solana, che è stato ricevuto dal
ministro degli esteri Shalom, ma non dal primo ministro Sharon, non ha del
tutto composto i dissensi fra Israele e l’Unione Europea sui rapporti con i
palestinesi.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
**********
In Argentina dopo quasi 40 giorni di arresto
preventivo nella vana attesa dell’arrivo dei documenti dalla Spagna a sostegno
della richiesta di estradizione, il giudice Adolfo Canicòba Corral ha firmato
l’ordine di scarcerazione dei 39 ex ufficiali e di un civile. Molti dei
protagonisti del passato regime militare non potranno però beneficiare della
libertà, perché già agli arresti per altri processi, come quello della
sottrazione di neonati a madri torturate ed uccise nei centri di detenzione
della dittatura. Fra questi gli ex generali Videla e Suarez Mason e l’ex ammiraglio
Massera. Il servizio da Buenos Aires di Maurizio Salvi:
**********
Alte personalità di primo piano di quegli anni bui, fra
cui l’ex generale Antonio Bussi e l’angelo della morte, Alfredo Astiz, potranno
invece tornare a circolare liberamente per le strade argentine. Il veto del
governo spagnolo, all’invio della documentazione preparata dal giudice Baltasar
Garzon, ha deluso gli organismi umanitari argentini che credevano di poter
ottenere giustizia, mentre ora dovranno sperare che la Corte Suprema dichiari
incostituzionali le leggi di obbedienza dovuta e punto finale, approvate 20
anni fa, come già fatto dal parlamento.
Da Buenos Aires, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
**********
L’esilio in Nigeria del presidente Charles Taylor,
avvenuto lo scorso 11 agosto, ha interrotto 14 anni di guerra civile in Liberia
ma, nonostante l’accordo di pace siglato tra il governo ed i ribelli, non si
sono interrotti gli scontri nella zona nordorientale del Paese africano, dove
si fatica a tornare alla normalità. “Ad Harbel, città ad una cinquantina di
chilometri da Monrovia – spiega all’Agenzia missionaria Misna una fonte locale
- sono arrivati medicinali e cibo ma
gli abitanti continuano a subire abusi da parte dei ribelli”. Oggi
l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha intanto rilanciato l’allarme
per il diffondersi del colera tra le centinaia di migliaia di profughi che si
sono riversati nella capitale.
Trasferiamoci nella Repubblica
democratica del Congo dove, a Bunia, la missione Monuc dell’Onu ha
rilevato ieri le funzioni della forza europea presente da giugno nel capoluogo
dell’Ituri. Amnesty International ha intanto chiesto ai Caschi Blu di
proteggere la popolazione civile, in preda alla violenza interetnica tra
milizie Hema e Lendu.
=======ooo=======