RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 244 - Testo della Trasmissione lunedì 1 settembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In udienza dal Papa a Castel Gandolfo il vescovo Vincenzo Paglia con il prof. Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio. A pochi giorni dal Meeting Internazionale “Uomini e Religioni”

 

 “L’Europa diventi una sinfonia di nazioni”. I ripetuti interventi di Giovanni Paolo II sulle radici cristiane del Vecchio Continente di fronte alla sfida della Costituzione europea. Intervista con il prof. Vittorio Emanuele Parsi

 

 Grave incidente sul lavoro in Piazza San Pietro: morto un operaio caduto da un’impalcatura sul sagrato della Basilica.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Solenne chiusura oggi a Siracusa dell’Anno Mariano straordinario nel Santuario della Madonna delle Lacrime, con l’inviato del Santo Padre, il cardinale Salvatore De Giorgi. Con noi, il rettore mons. Michele Giansiracusa

 

 Appello della Caritas Italiana, reduce da una missione nella Repubblica Democratica del Congo: La comunità internazionale non dimentichi il più sanguinoso conflitto africano. Ai nostri microfoni, Maurizio Marmo

 

Al Festival di Venezia “The Dreamers” di Bernardo Bertolucci, storia di sognatori, tra squallore e politica.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Migliaia di persone a Napoli per i funerali del cardinale Corrado Ursi, fratello maggiore dei poveri e dei diseredati

 

Le donne afghane avranno la possibilità di avviare libere attività imprenditoriali. L’iniziativa lanciata dal ministero del commercio del governo Garzai

 

Oggi, dopo un soggiorno di oltre 25 anni nelle carceri del Fronte Polisario, 243 marocchini sono stati liberati a Tinduf, in Algeria, grazie alla mediazione della Spagna e all’intervento del Comitato internazionale della Croce Rossa

 

Amnesty International torna sulla questione delle migliaia di persone scomparse in Kosovo. A 4 anni dalla fine del conflitto, su quasi 5 mila casi di sparizione o di sequestro, solo mille cadaveri sono stati riconsegnati ai familiari

 

Il carisma missionario dei Comboniani a confronto con le sfide del terzo millennio: da oggi a Roma il Capitolo generale dell’Istituto fondato dal vescovo Daniele Comboni

 

Il fondo di solidarietà dell’Unione Europea ha stanziato oltre 31 milioni di euro in favore del Portogallo, gravemente colpito nei mesi scorsi da una serie di devastanti incendi.

 

24 ORE NEL MONDO:

Nominati in Iraq i 25 ministri che formeranno il primo esecutivo transitorio dopo la fine del regime di Saddam Hussein

 

Nel processo sulla morte di David Kelly è stata ascoltata oggi la vedova dello scienziato inglese

 

Una nuova ondata di violenze ha colpito l’Uganda dove non si arrestano gli attacchi dei ribelli.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

 1 settembre  2003

 

 

L’EUROPA DIVENTI UNA SINFONIA DI NAZIONI: L’INSTANCABILE RICHIAMO

DEL PAPA ALLE RADICI CRISTIANE DEL VECCHIO CONTINENTE, DI FRONTE

ALLA SFIDA DELLA NUOVA COSTITUZIONE EUROPEA.

 UNA RIFLESSIONE DEL PROFESSOR VITTORIO EMANUELE PARSI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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(Inno alla Gioia)

 

L’Europa non dimentichi le sue radici, recuperi la sua vera identità. Non guardi solo agli aspetti geografici ed economici, ma rinnovi la concordia di valori espressi nel diritto e nella vita. L’Europa plasmata dalla fede cristiana, sappia impegnarsi sinceramente nel dialogo con le altre religioni. I richiami di Giovanni Paolo II sul Vecchio Continente hanno caratterizzato quest’estate. Stagione che precede un passaggio di straordinaria importanza per la storia dell’Europa. Fra un mese, infatti, si riunisce a Roma la Conferenza Intergovernativa che dovrà mettere a punto la nuova costituzione europea. Ieri, il Papa ha espresso l’auspicio che “l’Europa diventi una sinfonia di nazioni impegnate a costruire insieme la civiltà dell’amore e della pace”. Una sfida a cui dovranno rispondere i leader europei. Un cammino, d’altro canto, non privo di difficoltà come sottolinea il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano ed editorialista di Avvenire:  

 

R. – Non è facile perché la politica, soprattutto la politica estera dell’Europa, è una politica in cui le differenze tra le Nazioni emergono. Contano le differenze di impostazione politica, contano i rapporti personali e conta soprattutto il fatto che ci si sta già muovendo per dare all’interno del Parlamento europeo uno schieramento ‘di destra’ e uno schieramento ‘di sinistra’. E questo taglia trasversalmente gli schieramenti nazionali rendendo anche più complicati i rapporti tra Paesi.

 

D. – Il Pontefice ha ricordato spesso la forza unificante del cristianesimo per il Vecchio Continente; quanto è attuale questo riferimento nell’Europa di oggi?

 

R. – Se non ci fosse stato il cristianesimo non potremmo neanche parlare di Europa dal punto di vista culturale, storico e politico. Direi anche che se non ci fosse stata l’azione di questo Papa nel passato, non ci sarebbe stata la riunificazione dell’Europa. Quindi, c’è un grande ‘debito storico’ che dobbiamo alla religione cristiana e a questo Papa. Non si tratta solo di riconoscenza: la dimensione delle radici cristiane è anche e soprattutto una dimensione di prospettiva, di aiuto di fronte alle grandi sfide che attendono il Continente.

 

D. – L’anticlericale Benedetto Croce affermava, 50 anni fa: “Noi europei non possiamo non dirci cristiani”. Perché allora l’inserimento nella Costituzione europea di un richiamo alle radici cristiane risulta così difficile?

 

R. – Paradossalmente, ai tempi di Croce era più facile anche per un uomo sicuramente laico come Croce, fare omaggio alla presenza cristiana, perché oggi la forza del messaggio cristiano - soprattutto la forza del Papa, la capacità di persuasione morale della Chiesa cattolica - è enormemente più alta. E quindi, questo desta maggiori difficoltà negli spiriti più laici: è inevitabile. Paradossalmente, la difficoltà o la cautela con cui il mondo cristiano viene guardato è proprio una dimostrazione della grande forza che ha ottenuto, dalla seconda guerra mondiale in poi. La capacità di parlare del Vaticano e del Papa è estremamente aumentata, anche la sua capacità di avere interlocutori presso il mondo non cattolico.

 

D. – Il Papa ha esortato gli Stati, i popoli dell’Europa a trovare la via della concordia. Unitarietà che in politica estera si è dimostrata, anche recentemente, piuttosto fragile. Quanto la Costituzione e la nuova configurazione di poteri potrà aiutare il Vecchio Continente a far sentire con più vigore la propria voce nello scenario internazionale?

 

R. – L’Europa avrà una voce unitaria in politica internazionale quando saranno costruite le condizioni per un accordo politico tra i principali governi europei sulle questioni della politica extra-europea. Al momento, queste condizioni non ci sono, quindi, direi che è molto più importante lavorare sul quadro politico piuttosto che inventarsi chissà quale norma o cavillo in termini costituzionali. L’unità, in politica estera, si fa sulle politiche; la costruzione, per così dire, seguirà.

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UDIENZE DI OGGI E NOMINA DI CURIA. RINUNCIA IN NIGERIA

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto stamani, nella residenza pontificia di Castel Gandolfo, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, con il prof. Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio. Nei prossimi giorni, dal 7 al 9 novembre, la Comunità di Sant’Egidio sarà impegnata nel 17.mo Meeting Internazionale Uomini e Religioni, che si svolgerà ad Aachen (Aquisgrana), in Germania, sul tema “Tra guerra e pace: religioni e culture si incontrano”.

 

Sempre questa mattina, il Papa ha ricevuto otto presuli della Conferenza episcopale dell’India, in visita “ad Limina”.

 

Il Santo Padre ha annoverato al Collegio dei Protonotari Apostolici “di numero” il prelato inglese mons. Bryan Chestle, della diocesi di Arundel and Brighton, attualmente capo ufficio nella Sezione Affari Generali della Segreteria di Stato. Con il nome di “protonotari apostolici” vengono designati i sette prelati che esercitano le funzioni di notai della Santa Sede e del Sommo Pontefice. Si distinguono attualmente i due categorie, quella dei protonotari “di numero partecipanti” e quella dei “soprannumerari”, questi ultimi di numero indeterminato e non partecipanti. Di origine remotissima, i protonotari apostolici sono così detti proprio perché incaricati di redigere tutti gli atti emanati dalla Curia Romana. Costituiti in Collegio, a capo del quale siede il più anziano di nomina, ai protonotari apostolici spetta quindi, secondo gli statuti propri, stendere gli atti relativi alle solenni definizioni dogmatiche, alle canonizzazioni dei santi, alla sede vacante e al conclave, come pure qualsiasi altro atto pubblico o privato del Sommo Pontefice e della Santa Sede.

 

In Nigeria, il Pontefice  ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Onitsha, presentata dall’arcivescovo mons. Albert Kanene Obiefuna, di 73 anni, in conformità alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”.

 

 

IN UN TRAGICO INCIDENTE DI LAVORO AVVENUTO STAMANI SUL SAGRATO DELLA BASILICA DI SAN PIETRO HA PERSO LA VITA UN OPERAIO DI 52 ANNI, COSTANTINO MARCHIONNI. IL PAPA, INFORMATO DELLA DISGRAZIA, HA PREGATO PER LA VITTIMA

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

Un grave incidente sul lavoro è avvenuto questa mattina in Piazza San Pietro, quando un operaio di 52 anni, Costantino Marchionni, è caduto da un’impalcatura mobile sul sagrato della Basilica perdendo la vita. L’uomo, immediatamente soccorso dalle unità di rianimazione del Vaticano, è stato portato nel vicino ospedale Santo Spirito dove, purtroppo, è deceduto poco dopo. A quanto si è appreso – sia pure in forma non ufficiale - il Papa, appena informato della disgrazia nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo, è rimasto profondamente addolorato e ha pregato per la vittima. Sul luogo della disgrazia – ha riferito in un comunicato il direttore della sala stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro Valls – si sono recati il sostituto della Segreteria di Stato, mons. Leonardo Sandri, il segretario generale del governatorato della Città del Vaticano, mons. Gianni Danzi, il presidente del Tribunale vaticano, l’avvocato Gianluigi Marrone, ed altre autorità. Secondo una prima ricostruzione del tragico incidente, l’uomo stava lavorando sospeso su un braccio di un mezzo, al quale era agganciato con  una cintura di sicurezza. In base alle prime testimonianze, il mezzo si sarebbe sbilanciato e l’operaio, legato alla cintura, sarebbe caduto insieme al braccio meccanico. Il  suo collega, che è riuscito a sganciarsi saltando sul selciato, non ha fortunatamente riportato ferite gravi. Costantino Marchionni non era sposato e viveva da solo perchè l'anziana madre era deceduta circa un mese fa.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "L'Europa, una sinfonia di nazioni": Giovanni Paolo II all'Angelus rinnova l'affidamento a Maria di tutti gli uomini e le donne del Continente.  

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla celebrazione delle esequie del cardinale Corrado Ursi: l'omelia del cardinale Michele Giordano; il saluto del cardinale Camillo Ruini, in rappresentanza del Santo Padre; l'articolo dell'inviato Gianfranco Grieco.

Un approfondito articolo di Carlo Liberati dal titolo "Il beato Pio IX grande missionario".

 

Nelle pagine estere, Iraq: imponenti manifestazioni in diverse città per ricordare il leader sciita assassinato a Najaf.

Medio Oriente: uccisi da Israele altri due militanti di Hamas.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri", il direttore d'orchestra Colin Davis intervistato da Antonio Braga.

 

Nelle pagine italiane, il tema delle pensioni.

L'inchiesta di Telekom Serbia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 settembre 2003

 

 

SI CHIUDE A SIRACUSA CON L’INVIATO DEL PAPA

 L’ANNO MARIANO PER LA MADONNA DELLE LACRIME

- Con noi il rettore del Santuario, mons. Michele Giansiracusa -

 

Cinquant’anni fa, a Siracusa, un quadro della Madonna pianse lacrime. L’evento, iniziato il 29 agosto si concluse il primo settembre, dopo le consuete analisi di laboratorio si scoprì che quello era un pianto umano. Da allora in Sicilia si venera la Madonna delle Lacrime, e oggi termineranno le celebrazioni per la conclusione dell’anno mariano siracusano. Il cardinale arcivescovo di Palermo Salvatore de Giorgi, inviato speciale del Santo Padre, celebrerà la Messa conclusiva. Il servizio di Benedetta Capelli.

 

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(Musica)

 

“La devozione verso la Vergine Maria conduce i fedeli a Cristo e alla piena verità su di Lui, che è il Figlio di Dio, via, verità, vita e risurrezione nostra” queste le parole di Giovanni Paolo II per dare il senso del culto mariano. Parole contenute in una lettera inviata al cardinale Salvatore de Giorgi, arcivescovo di Palermo e nominato inviato speciale per la celebrazione di chiusura dell’Anno mariano siracusano.  Sull’influsso della prodigiosa lacrimazione nella devozione mariana in Sicilia, ci parla il rettore del Santuario della Madonna delle lacrime, mons. Michele Giansiracusa.

 

R. - La patrona della Sicilia è l’Immacolata, quindi la Sicilia ha sempre venerato ed onorato in maniera particolare la Madonna santissima, la quale poi ha voluto scegliere Siracusa per lasciarci questo segno meraviglioso delle sue lacrime. Segno che si inserisce nel contesto delle manifestazioni della Madonna in quest’ultimo secolo, vedi Lourdes, Fatima, Siracusa, continuità di un messaggio la Madonna ci richiama alla conversione. La Madonna ci mostra tutta la sua attenzione di Madre rendendosi partecipe dei travagli dei suoi figli e questo è per noi pegno di consolazione e di speranza e, come diceva il Santo Padre quando è venuto a dedicare, a consacrare il Tempio alla Madonna della lacrime, “le lacrime di Maria sono lacrime di preghiera che danno forza alla preghiera dei figli. Sono lacrime di speranza, sono lacrime di dolore perché racchiudono un po’ tutte le sofferenze dell’umanità”.

 

D. - Che significato hanno ancora oggi le lacrime di Maria?

 

R. - Quest’anno abbiamo voluto dare come titolo del programma questa espressione ‘Le lacrime di Maria, attualità e forza di un messaggio’. La Madonna 50 anni fa ha visitato la terra di Sicilia, ha visitato l’umanità con il segno delle sue lacrime e siamo in un momento particolarmente difficile del dopo-guerra e quindi, richiamandoci alla edificazione della pace, ma le cose non è che poi siano tanto cambiate da allora ad oggi, le lacrime della Madonna sono di una attualità sconvolgente, di una forza che ci interroga. Deve davvero scuotere un po’ le nostre coscienze, perché ognuno di noi possa sentirsi come interrogato da questo pianto della Madre che ci invita ad essere costruttori di un mondo nuovo, della civiltà dell’amore, e ognuno di noi dovrebbe davvero poter dare il proprio contributo per rendere questo mondo a misura d’uomo.

 

(Musica)

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RIENTRATA DALLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

UNA MISSIONE DELLA CARITAS ITALIANA,

CHE INVITA LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE A NON DIMENTICARE

IL PIU’ SANGUINOSO CONFLITTO AFRICANO DEL DOPOGUERRA

- Servizio di Fabio Colagrande -

 

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5 anni fa iniziava la guerra che ha causato il maggior numero di morti dalla fine della seconda guerra mondiale, circa 3 milioni di persone. Si tratta del conflitto iniziato nel Congo ex-Zaire nell’agosto ’98. Alla base del più grave conflitto africano della storia - che ha visto coinvolti Rwanda, Uganda, Burundi, Angola, Zimabwe, e Namibia in appoggio alle due fazioni avversarie – vi è stata la lotta ai gruppi della ribellione rwandese, ma anche l’obiettivo di estendere il controllo su un Paese ricco d’oro, diamanti, petrolio ed altre risorse naturali. La Caritas italiana si è recata in missione nei giorni scorsi nell’Est del Congo, in particolare nelle diocesi di Goma e Kindu, ed ha potuto constatare ancora una volta la gravissima situazione in cui versa la popolazione locale e l’impegno della Chiesa congolese in favore di chi vive nel Paese. In questa delegazione della Caritas italiana, c’era anche Maurizio Marmo, responsabile dell’ufficio per l’Africa della Caritas.

 

D. - Voi parlate, nel vostro comunicato al ritorno da questo viaggio, di una guerra silenziosa. Perché?

 

R. – Perché sono cinque anni di conflitto con conseguenze veramente gravissime, devastanti per la popolazione locale, soprattutto per i civili, e di questa guerra si è parlato veramente molto poco. Penso che solo chi si interessa di Africa, o di conflitti dimenticati, riesca a trovare delle notizie, degli aggiornamenti con le agenzie specializzate. Viceversa, mi pare che la grande informazione abbia segnalato qua e là, nel corso di questi anni, qualche massacro, qualche episodio più rilevante, ma sono mancate, a mio avviso, informazioni più approfondite, soprattutto un’analisi ed una denuncia di ciò che stava accadendo.

 

D. – Qual è la situazione umanitaria che avete potuto constatare?

 

R. – Nell’est del Congo, la situazione rimane ancora molto difficile, anche se proprio in queste settimane è stato instaurato un governo di transizione che sembra possa finalmente portare alla fine del conflitto. Però, come dicevo, la situazione è ancora molto difficile e ci sono zone completamente isolate dove, come ad esempio a Kindu, solamente tramite via aerea è possibile arrivare e anche poter portare determinati aiuti. Quindi, tutto diventa molto caro, molto difficile e comunque la situazione ancora di instabilità della regione impedisce un ritorno alla normalità.

 

D. – Voi, però, al ritorno da questa missione avete anche lanciato un appello alla comunità internazionale e alle parti in causa nel conflitto, che dura da 5 anni, chiedendo di rispettare gli accordi. Avete anche chiesto alle istituzioni internazionali di convocare una Conferenza regionale, e inoltre vi rivolgete al governo italiano, che sta guidando l’Europa in questi mesi…

 

R. – Sì, in effetti non si po’ guardare solamente al Congo quando si cerca di capire quello che sta succedendo nella regione, ma bisogna vedere quello che è accaduto in Rwanda e sta accadendo ancora adesso, così come in Burundi dove si stenta davvero a trovare accordi di pace tra le parti in lotta. Queste situazioni di incertezza e di conflitto tra Paesi confinanti, ovviamente, portano poi delle conseguenza un po’ in tutta la regione. Per cui, solamente se si fa un vero tentativo di mettere insieme i vari governi, le varie fazioni, per trovare delle soluzioni che possano essere condivise da tutti, si può avere una possibilità di instaurare una situazione di pace e di tranquillità per tutte le popolazioni.

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AL FESTIVAL DI VENEZIA “ THE DREAMERS” DI BERTOLUCCI,

STORIA DI SOGNATORI TRA SQUALLORE E POLITICA

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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Bernardo Bertolucci, il ’68, i sognatori di Parigi e l’iniziazione di tre giovani alla maturità: cinema, storia, narrativa, vita. L’evento più atteso della Mostra del Cinema di Venezia divide i critici al termine della proiezione loro riservata. Ed a ragione, come diviso a metà tra reale e ideale è il nuovo, disinibito e discutibile film del regista italiano, “The dreamers”.

 

Diciamo subito che non serviva a Bertolucci questa storia sceneggiata da Gilbert Adair, autore del romanzo, per dimostrarci quanto sia un regista capace di prodezze estetiche e di fluidità assoluta dietro una macchina da presa. E nemmeno gli serviva scopertamente la “grande utopia” giovanile del secolo scorso per raccontare elegantemente la reclusione di tre giovani - due francesi, fratello e sorella, e l’ospite americano - in un appartamento borghese lasciato libero dai genitori, luogo ideale per rappresentare le loro piccole, pesanti, intollerabili perversioni, il loro piacere per una sessualità disinibita, l’incosciente strumentalizzazione dei loro corpi. Non è il caso di chiederci su che cosa sia stato il ’68, ma perché questo di Bertolucci, prima di tutto, non è un film sul ‘68.

 

La reazione antiautoritaria convergeva sullo scandalo che mezzi di progresso sociale e scientifico diventavano quelli attraverso cui una minoranza politica e militare imponeva invece costrizioni di pensiero, revanchismi sociali, logiche di conquista e disuguaglianze dissimulate. La rivolta contro l’ideologia dominante e l’educazione imposta dalla generazione precedente trovava nell’ambiente dell’arte e del cinema, l’arte per eccellenza della comunicazione e della libertà, un humus perfetto. Emblema di comportamenti che hanno segnato, pur brevemente, una stagione del Novecento, nel film le immagini di comizi, manifestazioni, barricate e rivolte, così come le abbondanti citazioni sul cinema francese della Nouvelle Vague, rimangono una cornice esterna e una memoria privata, un pretesto per dare spazio alla storia interna nell’appartamento.

 

Nessuno, in questo film e chi lo vede, è conformista: ma la liberazione sessuale che il ’68 ha vissuto come l’illusoria scoperta dell’amore, e che, come tutte le scoperte, ha portate inevitabilmente ad eccessi di cui ancora oggi se ne pagano le conseguenze, non ha nulla a che fare con la liberazione, fallace, cui pervengono Theo, Isabelle e Matthew. Citazioni cinefili (come cinefilo rigoroso fu ed è Bertolucci), compiacimenti profusi (e non per questo inerti), riferimenti letterari e passioni filosofiche (Bataille, un uovo in padella e l’occhio umano, in una delle scene drammaticamente più forti e riprovevoli del film) non sono pesi sufficienti a spostare la bilancia dalle parti del capolavoro o almeno di un buon film. Rimpiangendo la forza travolgente e la dimensione dell’amore e del sacrificio che un pianoforte ed una stanza vuota riuscivano a trasmettere nella Roma ben più autentica e nella verve ben più passionale che Bertolucci aveva manifestato nel suo precedente “L’assedio”. Quello sì, un capolavoro.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini, per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

1 settembre 2003

 

 

 

IN TREMILA IERI, A NAPOLI, PER I FUNERALI DEL CARDINALE CORRADO URSI.

DURANTE LE ESEQUIE, IL CARDINALE RUINI HA DEFINITO L’ARCIVESCOVO SCOMPARSO

“FRATELLO MAGGIORE DEI POVERI E DEI DISEREDATI”

 

NAPOLI. = Il cardinale Corrado Ursi è stato “il fratello maggiore dei poveri e dei diseredati”, e seppe manifestare in vita “una carità senza confini”. Sono alcune delle espressioni con le quali il cardinale vicario Camillo Ruini - durante la cerimonia funebre da lui presieduta nella Basilica mariana dell’Incoronata a Capodimonte - ha ricordato il porporato  arcivescovo emerito di Napoli, morto venerdì scorso all’età di 95 anni. Il cardinale Ruini ha presieduto, in rappresentanza del Papa, i solenni funerali di Ursi, in una Basilica gremita da tremila persone. Il presidente della Cei ha sottolineato l’“umile e forte opera di comunione ecclesiale” messa in campo dal cardinale Ursi, insieme alla sua “paterna e affettuosa sollecitudine per i sacerdoti ed i seminaristi”. Ma Corrado Ursi - ha proseguito il cardinale vicario - seppe anche “tradurre la sua fede, la sua carità e la sua cultura in opere di straordinaria importanza ecclesiale”. Anche dopo aver terminato la sua missione attiva in veste di arcivescovo, Ursi “ha continuato a lodare Dio e a servire la sua Chiesa, trascorrendo nella preghiera le sue giornate. La totale fiducia nel Signore e il gioioso abbandono nelle sue mani - ha concluso il presidente della Cei - lo hanno sostenuto, fortificato negli ultimi anni, sempre più segnati dalla sofferenza ma anche dalla pazienza e dal coraggio, dall'amore e dalla preghiera”. (A.D.C.)

 

 

LE DONNE AFGHANE AVRANNO LA POSSIBILITA’ DI AVVIARE

LIBERE ATTIVITA’ IMPRENDITORIALI.

L’INIZIATIVA LANCIATA DAL MINISTERO DEL COMMERCIO DEL GOVERNO KARZAI

 

KABUL. = Il Ministero del commercio dell’Afghanistan ha istituito al suo interno un nuovo dipartimento con lo scopo di sostenere le donne che intendano svolgere un'attività imprenditoriale. La notizia è stata pubblicata dalla Bbc nella sua edizione on line. Il governo di Hamid Karzai, si riferisce, offrirà piccoli prestiti e insegnerà alle donne le tecniche commerciali, aiutandole a migliorare l'esposizione dei loro prodotti artigianali. Tuttavia, nonostante l'apprezzamento di molti Paesi per l'iniziativa, il dipartimento afgano dispone al momento di fondi scarsi per attuarla. A quasi due anni dalla caduta del regime dei taleban, la maggior parte delle donne afghane e' ancora vittima di una discriminazione fortemente radicata nelle tradizioni tribali. Poche hanno accesso all'istruzione e al lavoro, mentre molte subiscono abusi sistematici, come stupri e torture. Secondo un recente rapporto di Human Rights Watch, molte donne afghane hanno paura di uscire dalle proprie case, perché temono di essere rapite e violentate dai soldati. (A.D.C.)

 

 

IL FRONTE POLISARIO LIBERA IN ALGERIA 243 DETENUTI MAROCCHINI,

PRIGIONIERI DA OLTRE 25 ANNI IN SEGUITO AL CONFLITTO ARMATO

NEL SAHARA OCCIDENTALE, TRA IL ’75 E L’80

 

TINDUF (ALGERIA). = Erano stati inviati dal loro Paese, il Marocco, nei luoghi caldi del Sahara occidentale, dove a metà degli anni Settanta il Fronte Polisario combatté per difendere l’autonomia dell’etnia Saharawi dal Marocco e dalla Mauritania, dopo il ritiro della Spagna. Oggi, dopo un soggiorno di oltre 25 anni nelle carceri del Fronte Polisario, 243 marocchini sono stati liberati a Tinduf, in Algeria, grazie alla mediazione della Spagna e all’intervento del Comitato internazionale della Croce Rossa. Gli ex detenuti, considerati tra i prigionieri più vecchi al mondo, hanno raggiunto in aereo la località marocchina di Agadir. La decisione di liberare i detenuti era stata annunciata lo scorso 14 agosto, quando gli indipendentisti del Fronte Polisario segnalarono di voler rispondere positivamente a una petizione del premier spagnolo Aznar. In sospeso, resta ancora la questione del referendum di autodeterminazione per l’etnia Saharawi, che – secondo quanto già stabilito da una risoluzione Onu, definita “piano Backer” - dovrebbe permettere all’ex colonia spagnola di avere un periodo di autonomia governativa, seguito ‘in un arco di 5 anni’ dal referendum. (A.D.C)

 

 

AMNESTY INTERNATIONAL TORNA SULLA QUESTIONE DELLE MIGLIAIA

DI PERSONE SCOMPARSE IN KOSOVO. A QUATTRO ANNI DALLA FINE DEL CONFLITTO,

SU QUASI 5 MILA CASI DI SPARIZIONE O DI SEQUESTRO,

SOLO MILLE CADAVERI SONO STATI RICONSEGNATI AI FAMILIARI

 

LONDRA. = Amnesty International torna a puntare la propria attenzione sul Kosovo, a quattro anni dalla fine del conflitto. La preoccupazione principale dell’organismo umanitario riguarda le oltre 4 mila persone dichiarate “scomparse”: 3 mila albanesi, 1200 tra serbi, rom e appartenenti ad altre minoranze. Sulla loro sorte sta indagando l’Ufficio per le persone scomparse e per la medicina legale (Ompf), che sta occupandosi anche della riesumazione ed identificazione di cadaveri rinvenuti nelle fosse comuni. Continua intanto il lavoro della Missione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo, sollecitata da Amnesty International a collaborare con la polizia locale per porre fine al clima di impunità che si respira nell’ex provincia serba, considerata anche la reticenza della popolazione a collaborare con gli organismi internazionali. Sui casi di sparizione, intanto, le due etnie kosovare hanno intrapreso una forma di collaborazione dallo scorso aprile: per la prima volta, serbi e albanesi hanno discusso insieme del drammatico problema, nel corso di un incontro della “Commissione per le persone sequestrate e scomparse dell’Assemblea del Kosovo”. (M.R.)

 

IL CARISMA MISSIONARIO DEI COMBONIANI A CONFRONTO

CON LE SFIDE DEL TERZO MILLENNIO:

INIZIATO OGGI, A ROMA, IL 16.MO CAPITOLO GENERALE

DELL’ISTITUTO FONDATO DAL FUTURO SANTO, DANIELE COMBONI

 

ROMA. = “La missione dei Comboniani all’inizio del Terzo Millennio”. E’ il titolo che guiderà i lavori del 16.mo capitolo generale dell’istituto dei Missionari comboniani, inaugurato oggi a Roma. “In questa fase della storia, in cui il concetto e la pratica della missione stanno subendo forti cambiamenti, avvertiamo la necessità di chiarire a noi stessi ciò che intendiamo per missione ‘ad gentes’ e quali ambiti di questa missione consideriamo prioritari per il nostro istituto”, ha dichiarato all’agenzia Misna il vicario generale dell’Istituto, padre Venanzio Dilani. Fondato nel 1867 dal beato Daniele Comboni (1831-1881) - primo vescovo dell’Africa centrale e prossimo alla canonizzazione il 5 ottobre 2003 – l’Istituto conta oggi oltre 2.200 missionari, suddivisi in 300 case, sparse in tutti i continenti, ad eccezione dell’Oceania. I religiosi operano nei contesti più diversi della missione: prima evangelizzazione, periferie delle grandi città del Sud del mondo, formazione degli operatori pastorali, promozione degli indios e degli afroamericani, animazione vocazionale, oltre a contare una forte presenza nel campo dell’informazione missionaria. (A.D.C)

 

 

IL FONDO DI SOLIDARIETA’ DELL’UNIONE EUROPEA

HA STANZIATO OLTRE 31 MILIONI DI EURO IN FAVORE DEL PORTOGALLO,

GRAVEMENTE COLPITO NEI MESI SCORSI DA UNA SERIE DI DEVASTANTI INCENDI

 

BRUXELLES. = Se “Forest Focus” rappresenta il provvedimento quadro in difesa del patrimonio forestale europeo, l’esecutivo di Bruxelles ha stabilito di destinare ingenti stanziamenti per far fronte all'emergenza ambientale scatenata dagli incendi che hanno colpito molti Paesi dell’Unione, durante questa lunga ed infuocata estate. Su richiesta delle autorità degli Stati maggiormente colpiti, la Commissione europea ha proposto di semplificare e accelerare l'iter di accesso e di ripianare il budget del Fondo di Solidarietà dell'Ue (il Fsue) – creato per interventi d’urgenza – e di concedere aiuti non rimborsabili ai governi che devono fronteggiare gli effetti degli incendi che hanno colpito il patrimonio boschivo europeo. Il primo goderne sarà il Portogallo, nazione che ha subito il maggior numero di danni. L'aiuto concesso pari a 31.655 milioni di euro servirà ad attivare le misure di emergenza, come i servizi di soccorso, gli alloggi temporanei, la distribuzione di energia e di acqua e la riparazione delle infrastrutture di base. I numerosissimi incendi iniziati il 20 luglio nel più piccolo dei due Stati iberici, che finora hanno provocato 18 decessi, avrebbero distrutto 270 mila ettari di foreste e 25 mila ettari di terreni agricoli, mentre circa 45 mila persone avrebbero perso beni e posti di lavoro. Il Fsue non coprirà l'ammontare complessivo dei danni, ma solo i costi connessi alle misure di emergenza. Da parte sua, il Portogallo ha già deciso di ricorrere ai Fondi strutturali dell'Ue destinando 182 milioni di euro per rilanciare l'attività economica e di ripristinare le infrastrutture pubbliche.  (A.D.C)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 settembre 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Il Consiglio governativo dell’Iraq ha nominato i 25 ministri che formeranno il primo esecutivo transitorio dopo la fine del regime di Saddam Hussein. La presenza nel nuovo governo di 13 arabi sciiti, cinque arabi sunniti, cinque curdi, un cristiano ed un turcomanno rispecchia le proporzioni già stabilite all’interno del Consiglio. Il primo impegno del nuovo organo istituzionale sarà quello di garantire maggiore stabilità al Paese, dove anche oggi non si è purtroppo interrotta la scia di violenze. Due persone sono infatti rimaste uccise questa mattina, quando la polizia irachena e membri del Consiglio supremo della rivoluzione islamica (Sciri), hanno attaccato a Najaf la casa di un esponente del partito Baath. Ieri intanto a Baghdad e a Kerbala circa 300 mila sciiti hanno reso l’ultimo omaggio all’ayatollah Mohamed Baker Al-Hakim, rimasto ucciso insieme a più di 120 persone nell’attentato perpetrato venerdì scorso a Najaf. Su questo grave episodio di violenza proseguono le indagini degli inquirenti, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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L’Fbi si è unita agli investigatori iracheni per cercare i responsabili dell’esplosione avvenuta davanti alla moschea principale della città sacra, che ha aumentato le tensioni nel Paese tra i vari gruppi etnici ed ha sottolineato le difficoltà incontrate dagli americani per garantire la sicurezza, mentre crescono anche i sospetti di un coinvolgimento di Al Qaeda che, secondo il settimanale Newsweek, starebbe preparando nuovi attentati devastanti negli Stati Uniti con armi biologiche. Il presidente Bush ha discusso ieri la situazione al telefono con il collega russo Putin ed il capo del governo italiano Berlusconi e Londra ha ribadito la volontà di presentare una nuova risoluzione all’Onu per ottenere il via libera ad una forza multinazionale che dovrebbe comprendere più truppe straniere. Le forze americane, intanto, hanno lanciato una nuova offensiva nell’area di Mossul dopo avere ricevuto informazioni secondo cui Saddam si nasconderebbe in quella regione. La violenza, però, è tornata in primo piano anche in Afghanistan dove due soldati americani sono rimasti uccisi durante un raid contro guerriglieri ancora fedeli ai talebani nella zona orientale del Paese.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Restiamo in Afghanistan dove il leader di al Qaeda, Osama bin Laden, continua a nascondersi - secondo il settimanale americano ‘Newsweek’ - tra le montagne del Paese e starebbe preparando una serie di attentati con armi biologiche. A quasi due anni dalla caduta del regime dei taleban il governo di Kabul sta intanto promuovendo una serie di iniziative per favorire il rilancio economico dell’Afghanistan. Per raggiungere questo obiettivo il governo di Hamid Karzai offrirà piccoli prestiti per sostenere le donne che vogliono svolgere un’attività imprenditoriale nel Paese.

 

Prosegue in Gran Bretagna il processo sulla morte di David Kelly, lo scienziato inglese trovato morto nell’Oxfordshire lo scorso luglio. Oggi la vedova dello scienziato, Janice Kelly, ha cominciato la sua deposizione davanti al giudice Brian Hutton, il magistrato incaricato di indagare sugli eventi che hanno avuto come epilogo l’apparente suicidio dell’esperto di armi biochimiche. La testimonianza della donna, nella quarta settimana di inchiesta, potrebbe portare elementi utili al magistrato per stabilire lo stato mentale dello scienziato, che nelle ultime settimane di vita è stato sottoposto ad una enorme pressione perchè indicato come la fonte degli scoop della Bbc sui servizi segreti inglesi. Lo scenario politico britannico è stato, intanto, ulteriormente scosso da un articolo inedito pubblicato ieri dal giornale inglese “The Observer”, nel quale il microbiologo considerava la minaccia militare irachena “modesta”, pur riconoscendo che il regime di Saddam non avrebbe mai rinunciato a dotarsi di armi, convenzionali e non, per farne un uso militare e terroristico.

 

Trasferiamoci in Medio Oriente dove è slittata a giovedì prossimo la riunione del parlamento palestinese di Ramallah. Sarà l’occasione per fare il resoconto dei primi 100 giorni al governo del premier Abu Mazen, ormai in chiara opposizione con il presidente Yasser Arafat. Prosegue, intanto, la visita in Medio Oriente dell’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Unione Europea, Solana, che ieri ha incontrato il ministro degli esteri israeliano Shalom: da parte ebraica è stata avanzata la richiesta che al movimento islamico Hamas venga bloccata ogni forma di finanziamento. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Un incontro importante che ha chiarito alcuni momenti di incomprensione e malintesi tra l’Unione Europea e il governo Sharon. Solana, d’altra parte, ha ribadito che la road-map è la sola via percorribile per portare alla soluzione la crisi israelo-palestinese e ha insistito perché le parti la applichino. Purtroppo, le tensioni sul terreno le stanno allontanando sempre di più. Nella Striscia di Gaza, in un attacco rivendicato da Hamas, è rimasto gravemente ferito un israeliano e il ministro della difesa Shaul Mofaz ha dichiarato che se i palestinesi continueranno le operazioni di guerriglia e gli attacchi con missili contro il territorio israeliano, l’esercito è già pronto ad intervenire nella Striscia di Gaza, ovvero a rioccuparla. Un altro grave incidente è avvenuto in Cisgiordania presso Kalkiria: un operaio israeliano impegnato nella costruzione della barriera di sicurezza è stato ferito dagli spari di guerriglieri palestinesi.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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E’ stato raggiunto ieri sera un importante accordo tra Libia e Francia per il risarcimento ai familiari delle 170 persone rimaste uccise nell’attentato del 1989 contro un aereo della compagnia francese Uta, esploso mentre era in volo sullo Stato africano del  Niger. Secondo il leader libico Muammar Gheddafi, inizia ora  una nuova fase nei rapporti tra Libia e Occidente.

 

In Uganda i ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore, che sconvolgono le regioni settentrionali del Paese, hanno compiuto, nello scorso fine settimana, due gravi imboscate, uccidendo almeno 20 persone e sequestrando decine di civili. Ce ne parla, Giulio Albanese:

 

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Sabato pomeriggio, i ribelli dell’Olra hanno ucciso sei civili che viaggiavano in bicicletta lungo la strada che collega la città di Lira al centro di Pader. La barbara esecuzione è avvenuta all’improvviso ad una ventina di chilometri a nord della missione cattolica di Aliwan, nella diocesi di Lira. Poco dopo, gli insorti hanno attaccato il vicino mercato di Okwang, sequestrando un numero imprecisato di persone, molte delle quali giovanissime. Come se non bastasse, nella notte tra sabato e domenica almeno 11 persone sono state uccise dai ribelli ad Achokober, non lontano dalla missione cattolica di Alagni. In questa circostanza, oltre alle feroci esecuzioni e al saccheggio delle capanne, sono state rapite decine di persone, soprattutto donne e bambini, costrette a seguire i ribelli con la refurtiva.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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In Myanmar la leader dell'opposizione birmana e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la sua prigionia. Lo ha reso noto il dipartimento di Stato americano che si e' detto “profondamente preoccupato per la sua salute”. Suu Kyi era stata arrestata il 30 maggio scorso insieme a decine di suoi sostenitori, a seguito di scontri con le forze della giunta militare attualmente al potere nel Paese.

 

“Sto bene, sono viva”. E’ questa la prima frase pronunciata dalla ex candidata presidenziale colombiana, Ingrid Betancourt, nel video che i guerriglieri delle Farc hanno consegnato ieri ad una rete televisiva di Bogotà. La statista franco-colombiana è stata rapita dalle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) il 23 febbraio del 2002 insieme alla sua collaboratrice, Clara Rojas, anch’ella apparsa nel video. Nella registrazione, la Betancourt ha sollecitato un blitz delle forze armate colombiane per liberarla.

 

 

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