RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 304 - Testo della Trasmissione di venerdì 31 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La centralità della religione, con il giusto riconoscimento dei simboli, è fondamentale  non solo per la tutela della vita umana ma anche per la promozione della pace: così il Papa ai ministri dell’interno dei vari paesi dell’Unione europea, ricevuti questa mattina

 

 Sulle proposte lanciate ieri proprio nel Convegno dedicato al dialogo interreligioso, ai nostri microfoni mons. Antonio Cañizares Llovera

 

 Alle nuove grandi sfide per l’Europa è dedicata la plenaria della Comece: intervista con Don Aldo Giordano

 

 Il Papa ringrazia il corpo diplomatico presso la Santa Sede per gli auguri presentati, in occasione del 25 esimo, dalla Delegazione incontrata questa mattina

 

 La “purificazione della memoria” come premessa indispensabile per la pace nel mondo: è la raccomandazione del Papa rivolta ai partecipanti al convegno dedicato a Leone XIII.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

A conclusione dell’anno del Rosario, padre Ermanno Toniolo, studioso di mariologia, ripercorre la storia della “preghiera prediletta” di Giovanni Paolo II

 

Nel decennale della morte di Federico Fellini, innumerevoli le iniziative, tra cui la retrospettiva a New York. Ai nostri microfoni, il regista Idalberto Fei ricorda l’esordio radiofonico del maestro del cinema; il cardinale Silvestrini offre il suo ricordo personale.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Padre Andres Tamayo, parroco in Hondurars, ha ricevuto il “Premio nazionale dei diritti umani” per la sua lotta a difesa dell’ambiente

 

Dodici piccoli appartenenti ad una tribù del Bangladesh varcheranno, per la prima volta nella storia della loro etnia, la porta di un’aula scolastica

 

I soldi che dovrebbero finanziare la crescita dei Paesi poveri vengono destinati ogni anno all’estero perché mancano le condizioni per l’investimento

 

Esce oggi sugli schermi italiani il film del regista russo Andrey Zvyagintsev, “Il ritorno”

 

24 ORE NEL MONDO:

 Nuovi attacchi a Baghdad e Falluja, mentre la Camera americana stanzia 87 miliardi di dollari per le truppe Usa in Iraq

 

Russia: si è dimesso Aleksandr Voloshin, capo dell'amministrazione del Cremlino, legato al miliardario Mikhail Khodorkovskij, in carcere da sabato scorso  

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 ottobre 2003

 

 

LA CENTRALITÀ DELLA RELIGIONE NON SOLO PER LA TUTELA DELLA VITA UMANA

MA ANCHE PER LA PROMOZIONE DELLA PACE. SONO LE PAROLE RIVOLTE

QUESTA MATTINA DAL PAPA AI MINISTRI DELL’INTERNO DELL’UNIONE EUROPEA

 

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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“Il riconoscimento dello specifico patrimonio religioso di una società richiede il riconoscimento dei simboli che lo qualificano”. E’ questa la convinzione espressa dal Papa nel discorso rivolto, stamani, ai ministri dell’Interno dell’Unione Europea ed ai rappresentanti delle religioni e delle Chiese cristiane che ieri hanno partecipato, a Roma, ad una conferenza sul dialogo interreligioso.

 

“Se in nome di una scorretta interpretazione del principio di eguaglianza – ha spiegato Giovanni Paolo II - si rinunciasse ad esprimere tale tradizione religiosa ed i connessi valori culturali, la frammentazione delle odierne società multietniche e multiculturali potrebbe facilmente trasformarsi in un fattore d’instabilità e, quindi, di conflitto”. “La coesione sociale e la pace – ha aggiunto il Papa - non possono essere raggiunte cancellando le peculiarità religiose di ogni popolo”.

 

Ricordando i temi affrontati dalla Conferenza, svoltasi nella prospettiva di costruire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Santo Padre ha poi ricordato come questo obiettivo comporti “la ricerca di nuove soluzioni per i problemi collegati con il rispetto della vita, con il diritto di famiglia, con l’immigrazione”. “La coscienza di essere un’unica famiglia di persone chiamate a costruire un mondo più giusto e fraterno – ha sottolineato Giovanni Paolo II - è già presente nelle tre grandi religioni monoteistiche: l’ebraismo, il cristianesimo, l’islam”.

 

Il Papa ha poi rimarcato come “non saranno mai troppi i tentativi per creare le condizioni di un franco dialogo e di una solidale cooperazione tra tutti i credenti in un unico Dio”. Riferendosi all’Europa, “nata dall’incontro di diverse culture con il messaggio cristiano”, il Santo Padre ha messo in rilievo come gli attuali sforzi per un dialogo interreligioso ed interculturale lascino intravedere “una prospettiva di unità nella diversità”.

 

Tra le molteplici iniziative in favore della pace, Giovanni Paolo II ha quindi ricordato la Giornata di preghiera promossa ad Assisi lo scorso 24 gennaio e conclusasi con una dichiarazione dei leader religiosi nella quale ci si è impegnati, tra l’altro, a sradicare le cause del terrorismo, a difendere il diritto di ogni persona ad una degna esistenza e a sostenersi nel comune sforzo per sconfiggere l’egoismo, il sopruso, l’odio e la violenza.

 

Malgrado talvolta si registrino insuccessi nelle iniziative di pace occorre continuare a sperare: “le tradizioni religiose – ha concluso il Santo Padre – posseggono le risorse necessarie per superare le frammentazioni e per favorire la reciproca amicizia e il rispetto tra i popoli”.

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Una Carta europea del dialogo interreligioso e un forum per promuoverlo, sono le proposte lanciate ieri dal ministro dell’interno Giuseppe Pisanu proprio nel corso del convegno di ieri dedicato, appunto, al dialogo interreligioso. I partecipanti all’incontro, come abbiamo sentito prima, sono stati ricevuti stamani dal Papa. Sulla conferenza di ieri, sentiamo il servizio di Debora Donnini.

 

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Il dialogo interreligioso, come strumento di pace e di integrazione. E dunque come contributo decisivo per combattere il terrorismo e per affrontare la questione immigrazione. Lo ha sottolineato con decisione Pisanu, specificando che è necessario favorire un’integrazione basata sui diritti degli immigrati di vedersi rispettati nella diversità religiosa, ma anche sui doveri di rispetto dei nostri principi democratici. “Le diverse religioni sono una ricchezza per l’Europa”, ha affermato il ministro, che ha anche annunciato la creazione di una consulta musulmana presso il ministero dell’interno di cui faranno parte i moderati. Ma “non parleremo con gli intolleranti e i violenti”, ha chiarito Pisanu.

 

“Esiste ora più che mai – ha affermato da parte sua Dalil Boubaker, rettore della moschea di Parigi - una corrente dell’Islam d’Europa che vuole integrarsi e alla quale l’Europa vuole dare credibilità, perché l’Islam è tolleranza e pace”, mentre “l’integralismo religioso è la maschera di un sistema politico pericoloso per la religione”.

 

A  ribadire la necessità delle radici giudaico-cristiane nella Carta europea, è stata la vicepresidente del consiglio centrale degli ebrei della Germania, Charlotte Knobloch. L’arcivescovo di Toledo, mons. Antonio Cañizares Llovera, ha sotto-lineato come la religione sia legata alla pace e non possa mai dare legittimazione al terrorismo. Gli abbiamo chiesto quale sia il fondamento del dialogo interreligioso:

 

“Il riconoscimento di Dio, Creatore, Padre di tutti, che ama l’uomo e che è fonte della dignità inviolabile di tutti gli esseri umani, che meritano un rispetto assoluto per il fatto di essere uomini, creature di Dio, amate da lui”.

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I RAPPORTI TRA LA NUOVA UNIONE EUROPEA, I SUOI VICINI AD EST

E NELL’AREA MEDITERRANEA IN PRIMO PIANO ALL’ASSEMBLEA PLENARIA

DELLA COMECE, IN CORSO A BRUXELLES

 

- Con noi, don Aldo Giordano -

 

Fare il punto sulle nuove grandi sfide che attendono i popoli dell’Europa: con questo obiettivo è riunita a Bruxelles l’assemblea plenaria della Comece, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea. La due giorni di dibattiti, iniziata ieri, è incentrata sul tema quanto mai attuale: “L'Unione e i suoi vicini”. In primo piano, dunque, i rapporti tra i Paesi comunitari con gli Stati dell’Europa dell’est e dell’area mediterranea. Il confronto ha messo l’accento sul dialogo tra l’Europa che si allarga e i suoi nuovi vicini confinanti. Alessandro Gisotti ha raccolto, su questo nodo cruciale, la riflessione del segretario della Comece, don Aldo Giordano:

 

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R. - La questione è come l’Unione Europea possa instaurare dei rapporti con questi popoli confinanti, con questi popoli vicini. Ci sono dei punti di interesse comune, per esempio come aprire il mercato europeo ai mercati di questi Paesi. C’è il problema della sicurezza, la giustizia e poi ci si chiede come favorire gli scambi culturali, come affrontare insieme un nodo come quello della migrazione. E poi ci sono problemi come la corruzione, la droga, e ancora il traffico di persone, donne e bambini. Inoltre si deve capire come le religioni – pensiamo all’area del Mediterraneo – possano contribuire alla pace. Riteniamo che il tema sia fondamentale per la Chiesa, perché la Chiesa lavora per una fratellanza universale. E’ interessata ad un’Europa non fortezza, ma ad un’Europa che cerchi dei rapporti con i suoi vicini veramente positivi, di solidarietà.

 

D. – Nella plenaria si è discusso anche di immigrazione, dialogo interreligioso…

 

R. – Soprattutto dopo l’11 settembre, la crisi irachena, ecc., vediamo come il mondo politico si stia accorgendo che senza un incontro tra le religioni non sia possibile un futuro per l’Europa e per il mondo stesso. Come Chiese, quindi, siamo interessati a rilanciare questo tema dell’incontro e per tale ragione occorre un approfondimento. Dobbiamo imparare, dobbiamo incontrarci e trovare quali sono i temi comuni. La Costituzione europea è un tema comune.

 

D. – In un documento che ha preceduto la plenaria di Bruxelles, la Comece ha tracciato le grandi sfide che attendono nel prossimo futuro i cattolici europei. Ma qual è allora il contributo più significativo che il mondo cattolico può dare in questa nuova e decisiva fase della storia del Vecchio Continente?

 

R. – Noi non possiamo pensare al futuro dell’Europa solo attraverso questioni giuridiche, economiche o anche solamente politiche. L’Europa ha bisogno di un’idea, ha bisogno di una visione e di quella che abbiamo chiamato in passato un’anima. Questo è il luogo dove credo che il cristianesimo possa dare un grande contributo. I cattolici devono rendersi conto di questa responsabilità e di questa possibilità che hanno nell’oggi.

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IL PAPA RINGRAZIA LA DELEGAZIONE DEL CORPO DIPLOMATICO

INCONTRATA QUESTA MATTINA IN RAPPRESENTANZA DEI  PAESI DEL MONDO ACCREDITATI PRESSO LA SANTA SEDE, IN OCCASIONE DEL XXV DI PONTIFICATO.

HA RICORDATO LA MISSIONE DELL’AMBASCIATORE

AL SERVIZIO DELLA CONCORDIA E DELLA PACE

 

“Nella vostra Delegazione, rappresentativa delle diverse aree geografiche del mondo, sono lieto di salutare tutti i Paesi con i quali la Santa Sede mantiene relazioni diplomatiche”: con queste parole il Papa  ha ringraziato i sei ambascia-tori giunti,  questa mattina in Vaticano, in rappresentanza del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per porgere gli auguri al Papa in occasione del XXV anniversario di Pontificato.

     

Giovanni Paolo II ha rinnovato agli ambasciatori l’auspicio  di “un sereno e proficuo adempimento” della loro missione che ha definito “al servizio della concordia e della pace”. Ha ringraziato di cuore per le fervide espressioni augurali ricevute nell’incontro e in particolare per l’Ostensorio ricevuto in dono. La delegazione era composta in modo da rappresentare ogni area del mondo. Era presente Alejandro Emilio Valladares Lanza, ambasciatore di Honduras, in rap-presentanza delle Americhe; Kazys Lozoraitis, ambasciatore di Lituania, in rap-presentanza dell'Europa; Raniero Avogadro, ambasciatore d'Italia, in rappresen-tanza dell’Unione Europea; Henri Antoine Turpin, ambasciatore del Senegal, in rappresentanza dell’Africa; Hyun-seop Seo, ambasciatore di Corea, in rappre-sentanza dell’Asia; Giovanni Galassi, ambasciatore di San Marino, Decano del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

 

Il Papa, in ogni caso,  ha colto l’occasione per tornare a manifestare viva riconoscenza per le numerose attestazioni di vicinanza che in questi giorni gli  sono pervenute.

 

 

LA PURIFICAZIONE DELLA MEMORIA E’ UNA PREMESSA INDISPENSABILE

PER LA PACE TRA I POPOLI: COSI’, GIOVANNI PAOLO II NEL MESSAGGIO

PER IL CONVEGNO, IN VATICANO, SU PAPA LEONE XIII,

NEL CENTENARIO DELLA MORTE

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La “purificazione della memoria” è “un’ indispensabile premessa per un ordine internazionale di pace”: è la riflessione offerta dal Papa in un messaggio ai partecipanti al convegno su Leone XIII, in corso all’Aula vecchia del Sinodo in Vaticano. E’ promosso dal Pontificio Comitato di Scienze storiche, a cent’anni dalla morte di Papa Pecci. Nel messaggio, Giovanni Paolo II mette l’accento sull’importanza degli studi storici e filosofici cui il Papa della Rerum Novarum diede grande impulso. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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E’ necessario “riconciliarsi con il passato, prima di avviare un processo di riconciliazione con altre persone o comunità”. E’ la viva esortazione espressa da Giovanni Paolo II, che sottolinea come “questo sforzo di purificare la propria memoria comporta sia per gli individui che per i popoli il riconoscimento degli errori effettivamente compiuti e dei quali è giusto chiedere perdono”. Una scelta che richiede coraggio e abnegazione. Tuttavia, prosegue il messaggio, solo questa “è la via attraverso la quale gruppi sociali e nazioni, liberati dalla zavorra di antichi risentimenti, possono unire le loro forze con fraterna e reciproca lealtà, per creare un futuro migliore per tutti”. Ricorda, così, il grande amore di Papa Leone XIII per gli studi storici, che si tramutarono in importanti iniziative come l’apertura agli studiosi dell’Archivio Segreto Vaticano e della Biblioteca Apostolica Vaticana e, ancora, la fondazione della Commissione cardinalizia per la promozione degli studi storici.

 

Proprio come il suo illustre predecessore, Giovanni Paolo II si dice convinto che “giovi alla Chiesa portare alla luce per quanto è possibile mediante gli strumenti delle scienze, la piena verità sui suoi duemila anni di storia”. Seguendo l’insegnamento di Leone XIII, lo storico non deve “essere né accusatore né giudice del passato, ma deve adoperarsi pazientemente per comprendere ogni cosa con la massima penetrazione e ampiezza”. Si sofferma su questo punto evidenziando che quanti indagano “sulle radici dei conflitti in atto in varie parti del pianeta scopre che eventi dei secoli passati continuano a far sentire anche nel presente le loro funeste conseguenze”. Quando si intende purificare la memoria, avverte, “bisogna rinunciare a qualsiasi strumentalizzazione della verità”. Un’esortazione corredata da un richiamo: “L’amore degli storici per il proprio popolo, per la propria comunità anche religiosa non deve entrare in conflitto con il rigore per la verità elaborata scientificamente”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina così si apre: "Coesione sociale e pace non possono essere raggiunte cancellando le peculiarità religiose di ogni Popolo", riguardo al discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla Conferenza dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea. Sempre in prima, in evidenza il titolo "O Rosario benedetto di Maria, non ti lasceremo mai più!", in riferimento alla conclusione dell'Anno della riscoperta della preghiera del Rosario, voluto dal Santo Padre.

 

Nelle vaticane, il discorso del Papa alla delegazione del Corpo Diplomatico. Il Messaggio del Santo Padre ai partecipanti al Convegno promosso dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche nel centenario della morte di Papa Leone XIII. Una pagina dedicata alla Solennità di Tutti i Santi

 

Nelle estere, Iraq: le Nazioni Unite richiamano "temporaneamente" il proprio personale da Baghdad.

Una notizia dal titolo "Nazioni Unite: sono i Paesi poveri a dare denaro a quelli ricchi"; lo sviluppo impedito dai meccanismi finanziari internazionali.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri", il fotografo Giovanni Chiaramonte intervistato da Giuseppe Costa

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'articolo dal titolo "Sospesa dal Tribunale l'ordinanza di rimozione del Crocifisso ad Ofena": accolto il ricorso presentato dall'Avvocatura dello Stato per conto del ministero. All'assemblea pubblica gli alunni dell'elementare portano la Croce in processione. Ma la protesta non si è ancora trasformata in preghiera. Un articolo dal titolo "E' la sconfitta di quanti volevano infamare attraverso Andreotti la politica dei cattolici in Italia"; Cassazione: il senatore prosciolto dalle accuse per l'omicidio Pecorelli.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 ottobre 2003

 

 

 

IL ROSARIO, PREGHIERA PREDILETTA DI GIOVANNI PAOLO II, TRA STORIA E MAGISTERO. CON NOI PADRE ERMANNO TONIOLO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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         Termina oggi, per volere del Santo Padre, l’Anno del Rosario. Era stato aperto il 16 ottobre 2002 in piazza San Pietro alla presenza dell’effige miracolosa della Beata Vergine del Rosario di Pompei, voluta appositamente dal Papa, davanti alla quale firmò la sua Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” sul Santo Rosario. All’inizio del suo pontificato, il 29 ottobre 1978, egli così parlava ai fedeli: “Il Rosario è la mia preghiera prediletta”, e a questa devozione ha voluto dedicare l’anno in preparazione al 25.mo del suo episcopato romano. Con noi è oggi lo studioso di mariologia padre Ermanno Toniolo, dei Servi di Maria, professore alla Facoltà teologica Marianum e al Pontificio Istituto Orientale:

 

D. – Vogliamo inquadrare storicamente questa preghiera?

 

R. – Il Rosario nasce tra il 12.mo e il 13.mo secolo, come preghiera spontanea di lode, confezionata sul testo biblico dell’Ave Maria, il saluto angelico e della salutazione di Elisabetta a Maria. Si ferma sulla prima parte, soltanto laudativa, fino a San Pio V, e cioè fino al 1569. Inizia come catena di Rosario, come Rosarium Virginis, o meglio come Salterium Virginis, 150 Ave, alla pari dei 150 Salmi, soprattutto nei monasteri dove veniva detto dai monaci illeterati, mentre gli altri cantavano gli uffici in latino. Quindi  era una specie di supporto sostitutivo della preghiera liturgica. Questa preghiera è diventata molto celebre soprattutto con i Domenicani, con San Domenico e i suoi successori. Ne hanno fatto uno strumento di vita interiore e di preghiera continuata e di conseguenza anche di meditazione profonda del mistero della fede contro le eresie per riattivare una novità di impegno cristiano. Il Rosario ha avuto parecchie fase espositive, prima le sole Ave Marie, poi il Pater Noster che scandiva le decine, poi, soprattutto nel 1400 circa, l’introduzione dei misteri. Una sequenza di misteri che portavano l’orante a contemplare Gesù attraverso il volto e il cuore della madre, come tuttora dice il Papa. Questi  misteri potevano essere molti, ma sono stati poi confezionati  e ridotti a 15 nella clausola definitiva che ne ha dato il Papa San Pio V, subito dopo il Concilio di Trento, nella Riforma post tridentina.

 

D. – Veniamo ora all’atteggiamento dei Pontefici nei riguardi del Rosario…

 

R. – L’atteggiamento dei Pontefici nei riguardi del Rosario è stato sempre po-tentemente favorevole. Tutti i Pontefici, a partire appunto da San Pio V, lo hanno raccomandato a tutto il popolo cristiano come devozione speciale verso la Vergine Maria e preghiera singolare. Tutti i Pontefici ne hanno parlato in seguito, soprattutto Leone XIII. Ed è a Leone XIII che il nostro Papa si appella per indire l’Anno del Rosario, che oggi finisce, e soprattutto la sua prima Enciclica. Leone XIII ha composto 12 encicliche più altre due esortazioni, più tanti altri testi. E’ del 1883 “Supremi Apostolatus Officia”, dove appunto esorta a recitare il Rosario per le situazioni concrete che erano presenti nella Chiesa e nel mondo in quell’anno. Susseguentemente tutti gli altri Pontefici hanno parlato del Rosario, ma soprattutto Pio XI, Pio XII ed in modo particolarissimo Paolo VI, che ha fatto la sua Esortazione apostolica “Marialis Cultus”, proprio per collocare nella riforma liturgica che stava in atto in quel periodo anche questa grande devozione alla Madre di Dio.

 

D. – Quale eredità lascia Giovanni Paolo II con la sua Lettera apostolica sul Rosario?

 

R. – Io rapporterei Giovanni Paolo II a due aspetti. Primo, l’aspetto della interiorità spirituale, cioè il cammino che deve fare attraverso il Rosario il credente per arrivare alla conoscenza piena del mistero di Cristo, attraverso la sequenza dei misteri che sono come un prisma che rifrange tutte le luci dell’unico, immenso, sconfinato mistero di Gesù. Quindi, attraverso la meditazione dei misteri approfondita, letta - se vogliamo anche visualizzata come il Papa esorta – si può arrivare alla conoscenza piena di Colui nel quale risiede la pienezza della divinità e da cui promana ogni dono di grazia e di verità per tutti noi. Questa la prima linea, linea della spiritualità, perciò con Maria, col cuore di Maria, per arrivare al mistero di Cristo. Secondo aspetto che invece tralascia è la riforma del Rosario, che non ha fatto neanche Paolo VI. Si ritorna a San Pio V. San Pio V ha strutturato il Rosario, ha aggiunto la seconda parte dell’Ave Maria, il Santa Maria che non c ‘era. Quindi ha dato la codificazione dei 15  misteri. Il Papa oggi ha aggiunto altri cinque misteri, i misteri della Luce. Di conseguenza non sono più 150 le Ave Maria, come il Salterium Virginis dell’inizio, ma sono diventate 200 e le corone non sono più tre, ma sono quattro. Ma perché ha fatto questo? Proprio perché è vero che i misteri della Passione e della Morte del Signore sono costitutivi della salvezza umana. Ma anche il suo insegnamento, anche i suoi grandi esempi sono costitutivi per camminare sulle strade del Signore. I misteri della Luce si inseriscono in questa ottica. La vita pubblica di Gesù, che parte dal Battesimo e si chiude nella istituzione dell’Eucaristia, il Papa ha voluto che fosse ricordata, memorizzata sempre, attraverso, appunto, il Santo Rosario. Il Rosario, che è memoria del Signore e dei suoi misteri per poterli vivere sempre, quotidianamente, per poter essere immersi in Lui, diventare Cristo, come diceva San Paolo. Questo resterà. Il Papa ha riformato il Rosario, con discrezione, senza una imposizione, senza una Lettera che avesse detto: così è il Rosario. Però ha riformato il Santo Rosario anche nella modalità espositiva, dove, per esempio, ha suggerito, dopo ogni decina, una preghiera sul mistero. Questa è un'altra innovazione. Dunque, la struttura del Rosario è stata almeno come suggerimento pratico modificata dal nostro Pontefice e resterà sempre. Il modo, poi, come si deve recitare e perciò far proprio il Rosario perché diventi preghiera spirituale personale e scuola di preghiera e operatività all’esterno, tutto questo sarà sempre uno spazio aperto per tutto il futuro. 

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NEL DECENNALE DELLA MORTE DI FEDERICO FELLINI,

INNUMEREVOLI LE INIZIATIVE, TRA CUI UNA RETROSPETTIVA NEGLI USA

- Interviste con il regista Idalberto Fei e il cardinale Achille Silvestrini

 

Un convegno organizzato nella “sua” Rimini e una ricca retrospettiva allestita nel Museo Guggenheim di New York. Corre lungo l’Atlantico, il ricordo di Federico Fellini, a dieci anni esatti dalla sua scomparsa. Tra questi due appuntamenti, una infinità di mostre e rassegne mediatiche per riportare alla memoria l’arte suggestiva e la poesia visiva di uno dei maestri della cinematografia mondiale.

 

Ma forse non tutti ricorderanno che fu la radio a far emergere le innate doti di Fellini, prima che prendesse posto dietro alla cinepresa, dove vi rimarrà per 40 anni, dal suo primo “Luci del Varietà” del ’50 a “La voce della luna” del ’90. Dalla fine degli anni Novanta, in tutto il mondo, quelle produzioni spesso frizzanti e già “felliniane” nello stile, sono oggetto di recupero e di studio. Un tassello doveroso da aggiungere alle mille sfaccettature artistiche di un creatore di illusioni e di magie. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(musica da: Lo Sceicco bianco)

 

“Non ho una ricetta, un sistema, non m'impongo dei traguardi. I film si presentano come in definitiva fossero già fatti. Mi pare di essere un trenino che sta percorrendo una strada ferrata ai lati della quale ci sono le stazioni, i film in questo caso. Io devo soltanto scendere, avere un po' di curiosità e vedere cosa c'è aldilà di quella stazione, se c'è la piazza... Quindi ho l'impressione, facendo questo itinerario, realizzando un film, che tutto quanto fosse già predisposto”.

 

(musica)

 

C’è un che di michelangiolesco in questa frase pronunciata molti anni fa da un maturo Federico Fellini. Come il celebre scultore della Pietà, che scalpellava l’eccesso di marmo dal blocco che già sosteneva contenesse i suoi capolavori, anche il regista riminese fece mostra in vita di quel basso profilo - modestia o snobismo che fosse - cui spesso ricorrono i baciati dal talento. E Fellini baciato dal talento lo fu davvero e non solo quando gli Oscar o gli osanna finirono presto per riconoscere e consacrare come magistrali la poesia e i sogni del suo universo di celluloide. Il talento di Fellini viene alla luce sin dai suoi primissimi esordi romani, alla fine degli anni Trenta, quando dal diamante già puro della sua creatività alcuni lampi illuminano le sale di registrazione dell’Eiar, l’Ente radiofonico italiano che precedette l’avvento della Rai.

 

(stacchetto da: Fuori programma n.7 )

 

Tra il ‘40  e il ’43 - e dunque, dai 20 ai 23 anni - Fellini collabora a riviste e programmi, scrivendo sketch, curando rubriche, ideando trovate umoristiche spesso esilaranti. E ciò che sorprende è che tutto quello che sarà il suo primo cinema è già contenuto in quelle scenette. Ci sono le sue note patetiche, surreali, melanconiche, poetiche. Personaggi di donne troppo ingenue, di uomini che diventano troppo furbi: gli anticipi del Bidone e dello Sceicco bianco, quindi, ma anche i prototipi umani di Gelsomina o di Cabiria, dei personaggi dei Vitelloni e della Dolce Vita.

 

(musica da: La dolce vita)

 

Ma quali sono le opere più importanti della fase radiofonica di Fellini? Risponde Idalberto Fei, regista Rai che ha riportato alla luce dall’oblio degli archivi, vincendo anche un Prix Italia, parte della produzione del giovanissimo autore riminese:

 

La più importante credo che resti il “Fuori programma n. 7”: è ricco di invenzioni, c’è la canzonetta, le scelta di un viaggio ideale. Tutte cose molto semplici, se vogliamo, però a guardarle da vicino sono perfette. A 20 anni, Fellini è già un uomo di spettacolo completo. E il suo mondo si era già creato. Le musiche - perché Nino Rota sarebbe entrato più tardi nel suo mondo  - erano tipiche di come si usava allora alla radio, e di come si sono fatte per tanti anni: canzoni famose, riscritte con parole differenti a scopo parodistico.

 

( “Evviva l’Ambrogio Dolcini”: parodia da Fuori Programma n.7)

 

Diceva di se stesso di non saper distinguere il falso dal vero, la realtà dalla fantasia. Eppure – così come Ennio Flaiano o Alberto Sordi – Fellini è stato colui che ha immortalato, con pennellate mordaci o fiabesche, vizi e difetti di un’epoca italiana. E tra le sue corde di visionario, capace di affreschi straordinari emerge qua e là una religiosità sentita, resa spesso con ironia nelle sue rappresentazioni esteriori, ma fortemente attaccata ai simboli tradizionali. Ecco il ricordo di un amico di Fellini, il cardinale Achille Silvestrini che, 10 anni fa, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, celebrò i funerali di Stato per il grande regista:

 

“Io mi ricordo non solo La Strada, che era una specie di parabola della grazia, e non solo Le Notti di Cabiria, con al centro un’anima tutta protesa a cercare il dono di una vita diversa. Mi ricordo soprattutto quando con Fellini discutemmo su I Clowns e io gli dicevo che lui, con quel film, aveva fatto una vera parabola, sullo stile del Vangelo. Lui aveva moltissimo in questo senso. Aspirava a qualcosa sopra l’uomo. Mi ricordo, dopo gli ultimi colloqui avuti con lui in ospedale, che qualche giornale scrisse che Fellini si era convertito. E lui mi disse: “Ma, convertito a che cosa? Io sono sempre stato cristiano”. Ricordo anche quando venne a Villa Nazareth a parlare agli studenti. Disse: “Chi fa un mestiere come il mio, anche se non vuole porsi sul piano etico delle responsabilità, vive in un sentimento che per forza di cose è religioso”.

 

(musica da: La Strada)

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CHIESA E SOCIETA’

31 ottobre 2003

 

 

PADRE ANDRES TAMAYO, PARROCO IN HONDURAS, HA RICEVUTO

IL ‘PREMIO NAZIONALE DEI DIRITTI UMANI’ PER LA SUA LOTTA

A DIFESA DELL’AMBIENTE

 

SALAMÀ (HONDURAS). = Padre Andrés Tamayo, parroco di Salamá, nella diocesi di Juticalpa, in Honduras, ha ricevuto il “Premio nazionale dei diritti umani” per la sua “infaticabile lotta a difesa, protezione e sostenibilità dell’ambiente”. Il riconoscimento è stato conferito dalla Commissione inter-istituzionale di trasparenza, dalla società civile organizzata e dalle autorità del dipartimento di Olancho, dove il sacerdote lavora da più di venti anni al fianco della popolazione locale. “Con la sua valorosa opera per la protezione delle risorse naturali del nostro Paese e del mondo” spiega la motivazione, padre Tamayo si è fatto portavoce “del rispetto del diritto umano alla vita”. Il premio arriva a pochi mesi dall’uccisione di Carlos Arturo Reyes Méndez, dirigente ambientalista ed esponente della Pastorale Sociale-Caritas della Chiesa cattolica dell’Honduras. Nelle settimane precedenti al suo assassinio, il giovane attivista aveva guidato con padre Tamayo la più imponente manifestazione registrata in Honduras negli ultimi anni: una ‘Marcia per la vita’ contro il taglio massiccio e indiscriminato dei boschi del dipartimento di Olancho, la ‘riserva’ forestale del Paese. Proprio dopo la marcia, padre Tamayo era stato costretto ad abbandonare il Paese per motivi di sicurezza. Le minacce però non lo hanno fermato e il sacerdote è rientrato in Honduras per condividere le sofferenze e le lotte del popolo di Olancho. (M.R.)

 

 

DODICI PICCOLI APPARTENENTI AD UNA TRIBÙ DEL BANGLADESH VARCHERANNO, 

PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELLA LORO ETNIA,

 LA PORTA DI UN’AULA SCOLASTICA: LE COMUNITÀ TRIBALI

SI STANNO RENDENDO CONTO DELL’IMPORTANZA DELL’ISTRUZIONE PER I LORO FIGLI

 

BANGLADESH. = Dodici bambini della tribù dei Bankaraya, in Bangladesh, hanno deciso di andare a scuola: sono i primi nella storia della loro etnia a mettere piede in  un’aula scolastica. I Bankaraya, una tra le decine di tribù che vivono in Bangladesh, sono sull’orlo dell’estinzione. Non sono coltivatori né allevatori, ma vivono solo di tuberi e radici selvatiche che spesso vengono cercati nelle foreste dai bambini. Il direttore delle piccola scuola del villaggio di Handi Khola, Kaviraj Tiwari, ha trovato i ragazzi, seppure denutriti, in buono stato di salute e li ha ritenuti in grado di affrontare gli impegni scolastici. “Le comunità tribali stanno lentamente diventando consapevoli dell’importanza dell’istruzione per il futuro dei loro figli”, ha detto Tiwari. Il problema principale riguarda la povertà delle famiglie che non possono acquistare i libri e materiale scolastico. Per molte famiglie l’unica attrattiva verso la scuola è rappresentata dal pasto che offre la mensa. Il Bangladesh ha una popolazione di 140 milioni di abitanti e le comunità tribali conterebbero tra i 45 e 60 gruppi per un totale di un milione di persone. Le maggiori preoccupazioni dei tribali riguardano il mantenimento della loro identità culturale e della lingua, il miglioramento delle condizioni di vita e il riconoscimento della proprietà della terra su cui vivono. (M.R.)

 

 

I SOLDI CHE DOVREBBERO FINANZIARE LA CRESCITA DEI PAESI POVERI

VENGONO DESTINATI OGNI ANNO ALL’ESTERO PERCHE’ MANCANO LE CONDIZIONI

 PER L’INVESTIMENTO: E’ LA DENUNCIA DI KOFI ANNAN IN CONCLUSIONE DEL DIALOGO AD ALTO LIVELLO SUL FINANZIAMENTO PER LO SVILUPPO, CONCLUSA IERI A NEW YORK

- A cura di Elena Molinari -

 

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NEW YORK. = I capitali che dovrebbero muoversi dai Paesi ricchi a quelli poveri, per finanziare lo sviluppo, viaggiano invece in direzione opposta. È la denuncia che il Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha lanciato ieri in conclusione dei due giorni di dialogo ad alto livello sul finanziamento per lo sviluppo. L’appuntamento, che si tiene ogni due anni al Palazzo di Vetro di New York, quest’anno è stato tra l’altro dedicato al seguito da dare alla Conferenza sul finanziamento dello sviluppo svoltasi a Monterrey nel 2002. In pratica, ha fatto notare Annan, oltre 200 miliardi di dollari che potrebbero essere usati per la crescita, vengono trasferiti ogni anno all’estero perché non ci sono le condizioni per investirli nei Paesi poveri. E’ un primo, concreto ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo Onu di dimezzare la povertà mondiale entro il 2015. E per questo, nel dibattito che si è concluso ieri, sono stati ribaditi gli impegni presi a Monterrey per migliorare le amministrazioni e le politiche economiche dei Paesi in via di sviluppo, facendo dei governi e delle associazioni locali dei partner e non degli spettatori. Annan e gli altri interlocutori hanno anche puntato il dito contro il debito dei Paesi poveri, un’altra barriera allo sviluppo, e contro le tariffe ed i sussidi dei Paesi ricchi che distorcono il commercio internazionale.

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IN INDIA IL CENTRO PER LA RIABILITAZIONE DI RAGAZZI PORTATORI DI HANDICAP ‘MANASA’ HA OTTENUTO UN RICONOSCIMENTO DAL GOVERNO: LA STRUTTURA È GESTITA DA UN’ ORGANIZZAZIONE CATTOLICA E IL PREMIO TESTIMONIA

L’APPREZZAMENTO DELLE AUTORITÀ INDIANE

VERSO IL CONTRIBUTO DEI CRISTIANI IN CAMPO ASSISTENZIALE

 

MANGALORE (INDIA). = Un centro di riabilitazione per ragazzi gestito da una organizzazione laica cattolica a Pananmbur, nei pressi di Mangalore, in India, ha ottenuto un riconoscimento dal Governo dell’India: atto della fiducia che le autorità civili ripongono nelle strutture cristiane impegnate nell’assistenza sociale. Il premio è stato consegnato a Edward Lobo, direttore del centro “Manasa”, da parte del Ministero per le Risorse Umane e lo Sviluppo per il servizio che la struttura svolge a favore dei ragazzi portatori di handicap fisici e mentali. Il centro, gestito dall’associazione cattolica “Sabha”, è nato nel 1991 come scuola speciale per i ragazzi handicappati mentali. Con il tempo si è trasformato in centro di accoglienza e riabilitazione anche per disabili fisici. Il governo del Karnataka ha donato un appezzamento di terreno che ha permesso  all’associazione di ampliare le strutture e di accogliere un numero maggiore di persone. Nel 1997 i ragazzi assistiti erano 47, oggi sono 155. Ai ragazzi si insegnano lavori manuali mentre le ragazze realizzano biglietti di auguri e disegni. Tutti vengono istruiti in attività sportive. Nei Giochi nazionali della Gioventù per disabili svoltisi nel 2002, i ragazzi del Manasa hanno vinto 5 medaglie d’oro e 9 d’argento. Sei ragazzi che hanno frequentato il Centro oggi frequentano con profitto scuole regolari. (M.R.)

 

 

ESCE OGGI SUGLI SCHERMI ITALIANI

IL FILM DEL REGISTA RUSSO ANDREY ZVYAGINTSEV, “IL RITORNO”,

VINCITORE DEL LEONE D’ORO ALL’ULTIMA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA.

UN FILM RICCO DI SIMBOLOGIE E DI RIFERIMENTI CRISTIANI

- A cura di Luca Pellegrini -

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ROMA. = A Venezia è stato una rivelazione ed ha vinto il Leone d’Oro, il Premio De Laurentiis opera prima ed i due riconoscimenti delle giurie cattoliche presenti alla Mostra: il Premio Signis e quello dell’Ente dello Spettacolo – La Navicella. Il Ritorno è riuscito, dunque, a sorprendere e commuovere la critica ed ora affronta il pubblico arrivando nelle sale italiane mentre in Russia sta riscuotendo un altrettanto inaspettato successo. Il regista Andrei Zvyagintsev, fino ad oggi sconosciuto, ha trentanove anni ed è nato a Novosibirsk. Fa molto sperare per la rinascita del cinema russo, dopo i gloriosi fasti del passato. Vale la pena di riportare una sua dichiarazione: “Mentre giravo il film non pensavo ad una storia di tutti i giorni o a sfondo sociale. Per larga parte il film intende soffermarsi sull’aspetto mitologico della vita umana”. Dunque, nel momento in cui due fratelli, ricchi di intuito e di fragilità, si trovano a vivere una settimana esatta in compagnia del padre, riapparso dopo una misteriosa assenza di dodici anni e questo tempo imprevedibile diventerà per loro un’esperienza mitica. Non c’è indagine sociale, non interessa il degrado della famiglia o della città, non c’entrano mafia o corruzione politica con cui troppo facilmente identifichiamo la Russia di oggi. Perché allora siamo dalle parti del mito? Perché è mitica la tendenza del figlio ad identificarsi col padre da cui attingere certezze prima di navigare da solo nella vita. Processo di crescita dalle molte incognite. Andrey e Ivan (strepitosi, questi due giovani attori: Vladimir Garin - tragicamente scomparso nelle acque dello stesso lago ove molte delle scene del film sono girate - e Ivan Dobronravov), saranno prelevati dal genitore per un viaggio iniziatico volto alla reciproca conoscenza. Ma lui si dimostra non essere proprio quello che ci si immagina, forse “mutilato” della paternità come ruolo di riferimento e come responsabilità morale. Reclusi su di un’isola per motivi che non ci saranno, giustamente, svelati e riguardano il passato del padre - di cui nemmeno conosciamo il nome - non si tratta per i tre protagonisti di lottare per la sopravvivenza fisica, ma di spegnere una sete inestinguibile di verità, nel momento in cui viene continuamente procrastinata e vilipesa dai fatti. La relazione è pericolosa: alla conoscenza si perviene spesso col sacrificio. Qui si tratta addirittura di quello della vita. Il film è ricco di simbologie e di riferimenti cristiani: la Bibbia, il padre, il pesce, il settimo giorno) mentre scorrono le immagini e si ascoltano i silenzi dell’anima, viene in mente Giovanni il Battista: “Perché uno cresca, l’altro deve diminuire”. Il padre lo capisce troppo tardi e i figli ne faranno tragica, dolorosa esperienza.

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24 ORE NEL MONDO

31 ottobre 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino-

 

Più di 87 miliardi di dollari per le truppe americane in Iraq e la ricostruzione del Paese del Golfo. E’ lo stanziamento per il 2004 approvato stanotte dalla Camera statunitense, in linea con le richieste del presidente Bush. Il Senato voterà probabilmente lunedì. Ma in Iraq la situazione rimane difficile. Tre civili ed un poliziotto sono morti stamani in scontri in un sobborgo occidentale di Baghdad, mentre a sud della capitale irachena un altro ordigno è saltato in aria, senza provocare danni. Un attacco a sorpresa contro il municipio di Falluja, a ovest di Baghdad, ha causato invece un ferito. Proprio per il peggiorare delle condizioni di sicurezza, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha richiamato ''per consultazioni'' il personale Onu a Baghdad, in risposta alla minaccia di nuovi attentati dopo l'autobomba esplosa lunedì contro il quartier generale della Croce Rossa nella capitale irachena. Sentiamo Elena Molinari:

 

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Il ritiro dello staff delle Nazioni Unite da Baghdad è ufficialmente temporaneo, ma la preoccupazione del Palazzo di Vetro per l’incolumità dei suoi dipendenti è palpabile, 22 dei quali persero la vita in un attentato a fine agosto. Allo stesso tempo, “Medici senza frontiere” ha ridotto il numero dei propri operatori e anche l’Agenzia per gli aiuti dell’Unione Europea ha fatto sapere che potrebbe chiudere la sua sede. Ieri, in realtà, è stata una giornata relativamente tranquilla nella capitale irachena: una strada di Baghdad è stata dilaniata da un’esplosione che ha ucciso un civile, ma i vigili del fuoco hanno accertato che a scoppiare è stata una bombola del gas. Attacchi si sono registrati, invece, nei pressi di Fallujah e di Mosul, ma fortunatamente non ci sono state vittime. Per prevenire la guerriglia, Washington è disposta a servirsi anche degli agenti dell’Intelligence, circa 1.400 persone che erano state inviate in Iraq per individuare le armi di distruzione di massa.

 

Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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E un soldato americano delle forze speciali schierate in Afghanistan è morto dopo essere rimasto ferito in un combattimento nel centro-sud del Paese. Lo scontro tra militari Usa ed elementi vicini ai Taleban è avvenuto nella provincia di Uruzgan. Si tratta della terza perdita militare statunitense nel Paese asiatico in meno di una settimana.

 

Si fa sempre più duro lo scontro politico in Russia. Sono state ufficializzate ieri le dimissioni di Aleksandr Voloshin, capo dell'amministrazione del Cremlino, contrario all'offensiva intrapresa dai vertici russi contro l’oligarchia locale. Le autorità giudiziarie russe hanno, infatti, posto sotto il loro controllo la Yukos, il colosso petrolifero guidato dal miliardario Mikhail Khodorkovskij, in carcere da sabato scorso. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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La situazione al Cremino si ripercuote anche sui mercati: tutte le principali compagnie energetiche russe hanno subito pesanti perdite. L’indice complessivo della borsa di Mosca è arretrato dell’8 per cento, solo nell’ultima settimana sono andati in fumo 15 miliardi di dollari. Le azioni sequestrate dalle autorità giudiziarie appartengono formalmente a due compagnie straniere ma che in realtà sarebbero – secondo gli inquirenti –di Khodorkovskij. In serata, Putin ha ricevuto i rappresentanti degli investitori stranieri in Russia nel tentativo di tranquillizzarli. “Non è in corso alcuna nazionalizzazione”, ha detto. Il capo del Cremlino ha quindi accettato le dimissioni dell’influente capo dell’amministrazione presidenziale, l’eltsiniano Voloshin, vicino a Khodorkovskij, e l’ha sostituito con Dimitri Medvedev.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Prosegue oggi a Shangai con una riunione sui rapporti tra le autorità di Pechino e quelle di Roma la missione diplomatica europea che ieri ha avuto uno dei suoi momenti più importanti nel vertice Ue-Cina. Nella capitale cinese, il presidente di turno dell’Unione Europea, Berlusconi, e il presidente della Commissione europea Prodi, hanno ottenuto dal presidente cinese Hu Jintao, oltre alla firma di accordi bilaterali, anche la promessa dell’adesione di Pechino alla Convenzione internazionale sui diritti umani e l’impegno cinese di combattere il fenomeno della contraffazione di marchi commerciali. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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Per il presidente di turno dell’Unione Europea, Silvio Berlusconi, quest’anno, nei primi tre trimestri, l’interscambio tra Ue e Cina ha superato il livello raggiunto nell’intero 2002, ma l’obiettivo è quello di arrivare ad un interscambio per 150 miliardi di dollari entro il 2007 e di 200 entro il 2013. Ma oltre alle luci, ci sono anche le ombre. Durante questi colloqui pechinesi, nessun tema è stato nascosto e sono stati analizzati difficoltà politiche e nodi commerciali, ha spiegato il presidente della Commissione europea. Romano Prodi ha anche parlato di dogane per risolvere il problema della contraffazione, di trasporti, di armi. Si è discusso, inoltre, del prossimo round negoziale del Wto, cui Pechino ha aderito due anni fa. E per fortuna ha detto ancora Prodi si è trovato il tempo per sollevare a fondo anche il problema dei diritti umani, della libertà di culto, di espressione e di opinione.

 

Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Conferma dell'Autorità nazionale palestinese ai contatti in corso con Israele. Soltanto ieri il premier dello Stato ebraico Sharon aveva riacceso le speranze per un dialogo tra israeliani e palestinesi. Ma la polizia di Gerusalemme si è detta in stato di allerta in occasione, oggi, del secondo venerdì di digiuno del Ramadan. Il servizio di Graziano Motta:

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Il primo segnale politico positivo è venuto da Sharon, che ha comunicato “la disponibilità ad avviare discussioni in ogni momento”, proprio adesso che Abu Ala si appresta a sciogliere il governo ristretto di emergenza e a dar vita ad un governo allargato. Il nuovo esecutivo dovrebbe nascere la settimana ventura, periodo in cui è previsto che il ministro della Difesa, Mofaz, incontri i più alti responsabili della sicurezza palestinesi. Sharon ha detto esplicitamente di voler consentire ad Abu Ala di rafforzare la sua posizione; si attende che conquisti più margini di autonomia e di manovra di quelli che finora gli ha consentito Arafat, in particolare sul controllo dell’apparato di sicurezza perché sia in grado di affrontare il disarmo e l’emarginazione dei gruppi estremisti. Ieri, inoltre, Sharon è stato interrogato per sette ore nella sua residenza di Gerusalemme da alti ufficiali della polizia giudiziaria su due presunti casi di corruzione in cui appaiono in primo piano i suoi due figli: uno risale al 1986, quando era ministro degli Esteri, l’altro al 1999, in periodo di campagna elettorale.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sdegno e condanna del governo israeliano per la profanazione del monumento eretto al Municipio di Tel Aviv in memoria di Yitzhak Rabin, il premier israeliano ucciso nel ’95. Nelle ultime ore, alcuni vandali hanno imbrattato la statua con scritte offensive. Domani sera, nella piazza del Municipio dove otto anni fa Rabin fu ucciso da un terrorista, si svolgerà una cerimonia ufficiale alla presenza dei familiari, di artisti e di esponenti del mondo politico e della cultura.

 

Anche il capo di Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha telefonato questa mattina al senatore a vita Giulio Andreotti, dopo la conclusione della lunga vicenda giudiziaria per l'omicidio di Mino Pecorelli che ha visto l’ex presidente del Consiglio coinvolto per dieci anni. Ieri le sezioni unite penali della Cassazione hanno annullato senza rinvio la sentenza di condanna a 24 anni di reclusione inflitti a Giulio Andreotti e Gaetano Badalamenti con l'accusa di essere i mandanti dell'omicidio del giornalista, ucciso a Roma nel 1979.

 

Il Presidente del Tribunale dell'Aquila, accogliendo un ricorso presentato dal Ministero dell'Istruzione tramite l'Avvocatura dello Stato, ha sospeso l'esecuzione dell'ordinanza emessa il 22 ottobre scorso dal giudice Mario Montanaro, che aveva disposto la rimozione del Crocifisso dalle aule della scuola di Ofena, in provincia dell’Aquila.

 

I ribelli delle ‘Tigri per la liberazione della patria tamil’ (Ltte), in lotta da oltre vent’anni con il governo dello Sri Lanka, hanno consegnato oggi ai mediatori norvegesi il loro primo documento scritto contenente la proposta di un’amministrazione ad interim nel nord e nell’est del Paese asiatico. L’ambasciatore norvegese a Colombo, Hans Brattskar, trasmetterà ora la proposta al governo dello Sri Lanka, nella speranza di porre fine al conflitto iniziato nel 1983, con un bilancio di oltre 60 mila vittime.

 

Il nuovo premier malaysiano, Abdullah Ahmad Badawi, ha giurato oggi a Kuala Lumpur davanti al re Tuanku Syed Sirajuddn. Badawi ha assunto l'incarico che per 22 anni è stato ricoperto da Mahatir Mohamad, l’anziano premier salito in queste ultime settimane alla ribalta della scena mondiale per alcune affermazioni antisemite, che hanno suscitato reazioni negative in tutto il mondo. L’attuale primo ministro Abdullah è il quinto capo del governo dal 1957, anno in cui il l’ex colonia britannica ha ottenuto l'indipendenza del Paese.

 

Il Fronte Polisario, che rivendica l’indipendenza del Sahara occidentale, ha proceduto ad un rimpasto del “governo” dell’autoproclamata Repubblica araba del Saharawi democratico (Rasd). E’ stato, infatti, nominato un nuovo primo ministro, Abdelkader Taleb Oumar, in sostituzione Bouchraya Beyoun.

 

 

 

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