RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 299 - Testo della
Trasmissione di domenica 26 ottobre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Rischia l’annullamento per deficit di quorum il referendum
costituzionale in Colombia
26
ottobre 2003
ALL’ANGELUS
DOMENICALE IL PONTEFICE HA MANIFESTATO
IL SUO PROFONDO E SINCERO SENTIMENTO DI
GRATITUDINE PER QUANTI
HANNO
PARTECIPATO ALLA GIOIA DEL 25° ANNIVERSARIO DEL SUO PONTIFICATO
- A
cura di Giovanni Peduto -
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Ancora vive – ha detto il Santo Padre – sono nel suo animo
le intense emozioni provate in questi giorni, durante i quali tante persone gli
si sono strette attorno in occasione del XXV anniversario di Pontificato. Ha
perciò rinnovato il suo ringraziamento innanzitutto a Dio, ricco di
misericordia, per questi venticinque anni di ministero a servizio della Chiesa.
Ha desiderato poi esprimere la sua profonda gratitudine ai cardinali,
patriarchi e vescovi, che hanno voluto partecipare così numerosi a questa
ricorrenza giubilare, testimoniando anche in questo modo la loro sincera
comunione con la Sede di Pietro.
Ha ringraziato, altresì, i capi di
Stato e le autorità di tanti Paesi, che gli hanno partecipato le loro
felicitazioni. Un grazie sentito ha rivolto infine ai sacerdoti, alle persone
consacrate, ai fedeli tutti, che si sono uniti spiritualmente al Papa con
l’augurio e con il dono prezioso della preghiera. Il Pontefice si è ricordato
in maniera speciale dei malati, che gli sono stati vicini con l’offerta delle
loro sofferenze.
Non
sono mancate le testimonianze anche di cristiani di altre Confessioni, come
pure di seguaci di altre Religioni: tutti ha ringraziato dal profondo del cuore!
Pertanto Giovanni Paolo II ha
chiesto al Signore di ricompensare tutti per l’affetto e il sostegno che gli
hanno dimostrato. Ha rinnovato l’affidamento della sua vita e del suo ministero
alla Vergine Maria, Madre del Redentore e Madre della Chiesa, a Lei ripetendo
con filiale abbandono: Totus tuus!
Dopo la preghiera dell’Angelus ha
salutato in diverse lingue vari gruppi di fedeli, augurando a tutti una buona
domenica.
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Piazza San Pietro era particolarmente affollata quest’oggi
per la presenza, accanto ai numerosi pellegrini di vari altri Paesi, di 4 mila
fedeli facenti parte della Comunità del Centro Latino-Americano “Tra Noi” e
della Confraternita del “Signore dei Miracoli”, che si sono impegnati a pregare
molto particolarmente quest’anno per la salute e la missione apostolica di
Giovanni Paolo II. Essi recavano numerose immagini, tra cui un bellissimo Crocifisso
oggetto della loro speciale venerazione. Ad essi il Papa ha rivolto un cordiale
saluto, benedicendoli di cuore ed esortandoli a camminare sempre con Cristo.
Dopo la preghiera mariana e la benedizione del Pontefice i 4 mila pellegrini si
sono recati nella Basilica di San Pietro, dove ha celebrato per loro la Santa
Messa il cardinale argentino Jorge Maria Mejia, bibliotecario di Santa Romana
Chiesa.
Il Centro Latino-americano tra noi è sorto 15 anni or sono
allo scopo di prestare assistenza spirituale a persone provenienti dall’America
Latina, che lavorano a Roma, in particolare cileni, argentini, colombiani e
soprattutto peruviani che sono la maggioranza. In seno al Centro è sorta poi in
seguito la Confraternita del “Signore dei miracoli”, che ogni anno, dal 1998
effettua una processione con il Crocifisso sunnominato dalla basilica romana di
Santa Maria degli Angeli fino a Santa Maria Maggiore.
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26
ottobre 2003
LA FORZA DEL MESSAGGIO DEL PAPA ANCHE SENZA PAROLE
PRONUNCIATE
- Intervista con Sergio Zavoli -
“Papa
mediatico”, “Papa boys”: sono alcune espressioni coniate dai mass media per
Giovanni Paolo II che con i mezzi di comunicazione ha avuto un rapporto privilegiato.
Durante le celebrazioni per il 25esimo anniversario e per l’importante
appuntamento del Concistoro, nei giorni scorsi, il Papa non ha sottratto
all’occhio delle telecamere l’immagine di se stesso pienamente presente ma non
in grado di parlare liberamente. Della forza del suo messaggio anche senza
parole pronunciate ha parlato Sergio Zavoli, giornalista e scrittore, oggi
senatore. L’intervista è di Fausta Speranza:
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R. –
Questo Papa ha fatto un grande uso della parola, non è stato mai un Papa
laconico. E’ stato un pastore itinerante che ha portato proprio la Parola, con
la ‘p’ maiuscola, in giro per il mondo. A togliergliela è stata solo la
malattia. Egli ha vigilato che queste cerimonie, in cui lui è silenzioso, procedessero
allo stesso modo che lui avrebbe voluto se avesse potuto disporre ancora una volta
della parola. D’altronde la sua non è stata sempre la parola canonica, è stata
piuttosto la parola evangelica, non so come dire… Le cose improvvisate ai
giovani, agli anziani, ai derelitti venivano dalla cognizione del dolore, della
sofferenza, ma anche dalla gioia, dal bisogno di stare insieme, di credere.
Quindi, questo silenzio del Papa oggi ci ammonisce, ma non ci lascia senza le
sue parole, perché è un silenzio che a suo modo parla e ci ricorda tutto ciò
che ha detto e naturalmente tutto ciò che ha fatto, perché le due cose sono
legate indissolubilmente insieme.
D. – In
definitiva, che cosa dire del rapporto di Giovanni Paolo II con i media?
R. –
Bisognerebbe riandare a tutti i viaggi di questo Papa della modernità, che ha
usato i mezzi di comunicazione come meglio non si sarebbe potuto. Per la verità
dire che li ha usati mi pare scorretto. Non che sia vero il contrario, cioè che
il Papa sia stato strumentalizzato e quindi usato, ma che sia stato un incontro
quasi fatale tra due bisogni estremi di parlare, di comunicare, di mettere in comune.
E allora noi abbiamo visto delle folle sterminate che si sono raccolte intorno
al Papa. Pensi soltanto a Cuba, dove 100 mila persone hanno gridato “Libertà,
libertà” con Fidel Castro presente, con Fidel Castro che era come affascinato
da quello che vedeva. E all’invito della liturgia di scambiarsi un gesto di
pace ha stretto le mani di vescovi, di suore, di preti… Pensiamo all’incontro
con i giovani a Loreto, a Parigi, a Tor Vergata, a quella manifestazione di
filialità e di paternità che si incontrano in quel modo straordinario, con
quella grande Croce che campeggia ed i ragazzi sotto con i sacchi a pelo. Il
Papa è stato il grande demiurgo di questo incontro tra i giovani ed anche tra
gli adulti ovviamente. Ma i giovani mi è parso che abbiano capito questa
lezione del restare insieme. E poi le beatificazioni e canonizzazioni, che sono
state dei momenti, dal punto di vista mediatico, di una platealità sconvolgente,
persino al di là della misura a cui eravamo abituati, che potevamo in qualche
modo sopportare. E’ un Papa che si è lasciato guardare, è un Papa che ha
confuso con noi la malattia, è un Papa che pareva dovesse convertirci a colpi
di Croce ed invece ci ha convertito – io parlo per me, non posso parlare per
tutti – con la testimonianza, con questo spettacolo indicibile della costanza,
della dedizione, della fede assoluta e
senza declamare mai, anzi, proprio testimoniando, facendosi cioè
apostolo della sua Chiesa.
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LA
SOLIDARIETA’ NON E’ SORDA AL GRIDO DI TANTI POPOLI DILANIATI
DALLA
GUERRA: LO HANNO RIBADITO IERI I PARTECIPANTI AL CONVEGNO
“A
RIFLETTORI SPENTI, LA SOLIDARIETA’ RESISTE”,
ORGANIZZATO
A TORINO DALLA COMUNITA’ IMPEGNO SERVIZIO VOLONTARIATO
-
Intervista con Gabriel Nikudana e con Angela Sanchez-
“A
riflettori spenti, la solidarietà resiste. Le vie della pace del volontariato internazionale”:
è il titolo che ha accompagnato un interessante convegno organizzato dalla
Comunità Impegno Servizio Volontariato. L’incontro, svoltosi ieri a Torino, è
stato l’occasione per ribadire che non esistono guerre di serie A o di serie B
e che il mondo del volontariato è sempre presente per dare speranza a tanti
popoli martoriati dai conflitti. Presenti al convegno diversi giornalisti
stranieri. Barbara Castelli ha intervistato per noi il burundese Gabriel
Nikudana e la colombiana Angela Sanchez, che tracciano un quadro dei rispettivi
Paesi, a cominciare dallo Stato africano:
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R. - AUJOURD’HUI, AU BURUNDI
LA CONDITION DE LA POPULATION ...
La situazione della popolazione è molto difficile, oggi,
in Burundi. Il Paese è sconvolto dalla guerra civile ormai da dieci anni: vi
sono diversi movimenti di ribelli che si scontrano tra di loro e soprattutto
con l’esercito. Quello che accade più spesso, però, è che le popolazioni
civili, indifese, si trovino tra due fuochi: quello della ribellione e quello
dell’esercito. Ecco perché dico che le condizioni di vita della popolazione
civile sono estremamente difficili. La gente è afflitta poi dalle malattie. Per
rendere più chiara la situazione: secondo le ultime statistiche, circa 400 mila
burundesi non hanno un tetto e sono abbandonati a se stessi.
D. - Secondo lei, perché la guerra in Burundi si può
definire una ‘guerra dimenticata’ dalla maggior parte dell’informazione?
R. - CE QUE RAPPORTENT LES
MEDIA, IL RAPPORTENT ESSENTIELLEMENT ...
I media
parlano soprattutto di guerre, di morti, di imboscate, di massacri su vasta
scala, ma dimenticano che ci sono anche altre guerre, che uccidono forse ancora
di più di quelle eclatanti. Alle guerre poi seguono le malattie: la malaria, ad
esempio, è diventata in Burundi la causa principale di mortalità. La
popolazione non ha risorse per acquistare i medicinali contro la malaria, e i
medicinali che ci sono non sono adatti, perché la malaria resiste persino al
chinino. Esiste un nuovo medicinale, ma è molto costoso e la gente non può
permetterselo. Ecco, queste sono le guerre che uccidono forse più delle guerre
conosciute.
Trasferiamoci
ora in America Latina, precisamente in Colombia. Per un commento sulla
situazione attuale nel Paese e sul processo di pace tra governo e guerriglia,
abbiamo sentito la giornalista Angela Sanchez:
R. – EN
ESTE MOMENTO COLOMBIA…
In
questo momento la Colombia attraversa una delle più grandi crisi della sua
storia, in termini sociali, economici e politici. Tutta questa situazione è aggravata
dall’acuirsi del conflitto armato. La Colombia è un Paese di 40 milioni di
persone, caratterizzato da un grande squilibrio sociale, nel quale una stretta
minoranza ha concentrato nelle proprie mani il potere, le terre, i principali
mezzi di produzione ed anche una notevole influenza sui mezzi di comunicazione.
La situazione è peggiorata in questi ultimi anni, tanto che il 60% della
popolazione vive al di sotto della linea di povertà e di questi il 25% vive in
condizioni di indigenza o miseria.
D. - In questo momento il dialogo
di pace tra le parti è in una fase di stallo: da una parte c’è la guerriglia
che moltiplica gli episodi di violenza, dall’altra il pugno di ferro del
Presidente Alvaro Uribe. E’ possibile superare questo scoglio?
R. – EN EL PAIS, EN ESTE
MOMENTO…
Nel Paese in questo momento c’è una grande polarizzazione
di forze, dovuta alla radicalizzazione del presidente Uribe, che sta cercando
di risolvere militarmente il conflitto e di mettere in atto quella che lui
stesso definisce “politica di sicurezza democratica”. Uribe praticamente sta
coinvolgendo la società civile nel conflitto. Nella visione di Uribe, e nella
maggior parte della popolazione che lo sostiene, tutti si devono unire contro
quello che lui chiama “il nemico”, “i terroristi”. Uribe è quasi ossessionato
dall’idea di porre fine alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Questa
ossessione affonda le proprie radici nella storia personale del Presidente: il
padre di Uribe venne sequestrato dalla guerriglia quando era giovane. Gran
parte della violenza che si consuma in Colombia ha a che vedere con la sete di
vendetta che si è diffusa nella società, tra le vittime innocenti della guerra.
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“VERSO UNA NUOVA CIVILTÀ”. E’ IL TEMA DEL FORUM MONDIALE DELLA
POLITICA,
CREATO DALL’EX LEADER SOVIETICO, MIKHAIL GORBACIOV,
E CONCLUSOSI VENERDÌ SCORSO AD ALESSANDRIA
- Intervista con l’opinionista
Giulietto Chiesa -
Creare nuove regole di governance
da suggerire a chi è alla guida dell’economia e della politica internazionale
in modo da aprire una nuova strada per superare le crisi internazionali. E’
questo l’obiettivo del ‘World Political Forum’, l’organismo nato da un’idea del
premio Nobel per la pace, Mikhail Gorbaciov, i cui lavori si sono svolti,
giovedì e venerdì scorso, a Torino e ad Alessandria. All’incontro, incentrato
sul tema ‘Verso una nuova civiltà’ hanno partecipato, tra gli altri,
l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, l’ex presidente
italiano Oscar Luigi Scalfaro, il senatore Giulio Andreotti, e l’ex presidente
della Commissione europea, Jacques Delors. Sui temi affrontati nel Forum
ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, l’opinionista del quotidiano “La
Stampa”, Giulietto Chiesa, che ha ricoperto, nel primo giorno di lavori, il
ruolo di moderatore durante il dibattito intitolato: “Società dell’informazione
o della manipolazione?”
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R. – I temi che noi abbiamo affrontato sono stati quelli
del nuovo disordine mondiale e della ricerca dei modi per superarlo. Si è potuto
discutere tra politici ed esperti di numerose questioni che stanno al centro
delle inquietudini mondiali. Si è parlato molto dell’attuale vallo che ha
diviso l’Europa e la Russia dagli Stati Uniti e questa iniziativa del Forum
mondiale della politica, sotto l’egida di Gorbaciov, ha messo sul tavolo delle
questioni che sono al centro della discussione della riforma di tutta
l’architettura internazionale. Un’iniziativa che stiamo cercando di realizzare
è quella di istituire una piccola Università della globalizzazione, o meglio
l’Università sul governo della globalizzazione, per offrire un contributo alla
politica affinché siano prese delle decisioni assennate.
D. – A proposito di globalizzazione quali sono gli
strumenti per affrontare equamente i processi di mondializzazione?
R. – Bisogna rafforzare le Nazioni Unite e non
indebolirle. Ci sono questioni che richiedono la creazione di strutture
decisionali. Questo è un mondo plurale, bisogna ricostituire una rete di
istituzioni che siano le fondazioni della legalità internazionale e dentro
queste avviare una discussione paritaria tra tutti i leader politici. Il mondo
è diventato molto più complesso negli ultimi 20 anni di quanto non lo fosse
prima e quindi occorre che il processo decisionale avvenga di pari passo sul piano
della scienza e sul piano della politica, cioè della democrazia.
D. – Quali sono, secondo lei, le principali emergenze
dell’attuale scenario mondiale?
R. – Da quello che si è discusso a Torino e ad
Alessandria, il tema della fame e della
povertà è stato considerato centrale. La questione principale è consentire ad
una parte grande del pianeta di svilupparsi a livelli accettabili, di uscire
dalla povertà con l’aiuto dei ricchi e dei potenti. Uno degli altri temi che è
stato affrontato è lo stato del sistema mediatico mondiale. Su questo ci sono
gravi preoccupazioni perché con un sistema mediatico così concentrato in poche
mani rischiamo di perdere i fondamenti, i cardini della democrazia.
D. – In questo mondo così complesso è possibile affiancare
le logiche della solidarietà a quelle della politica e dell’economia?
R. – Io penso, come molti, che questo sia possibile, ma
tale obiettivo per essere raggiunto richiede una grande riforma intellettuale.
Se non si compie questo sforzo, allora bisogna accettare crudamente il
principio che si va verso la politica dei più forti, verso lo scontro, la
guerra e la dominazione.
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LA SESTA EDIZIONE DEL FESTIVAL “RELIGION TODAY” A
TRENTO
-
Intervista con Lia Beltrami, responsabile della manifestazione -
Si è conclusa ieri sera a Trento la sesta edizione del
festival “Religion Today”, la rassegna cinematografica che raccoglie una selezione
dei migliori lungometraggi, cortometraggi e documentari a tematica religiosa da
tutto il mondo. La manifestazione, che ha alternato la proiezione delle
pellicole con un fitto calendario di tavole rotonde e di incontri di
approfondimento, ha attribuito il premio “Nello spirito della Fede” alla
pellicola “Dahkil” del regista Darius Yaris. A conferma dell’impegno a
costruire una cultura di pace, dopo
Trento “Religion Today” giungerà a Gerusalemme, dal 21 al 25 Dicembre, e
successivamente a Kairouan in Tunisia nell’estate del 2004. Il servizio è di
Maria Di Maggio:
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(musica)
Favorire
l’incontro ed il dialogo tra le grandi religioni del mondo attraverso la proposizione
di pellicole che affrontino temi universali quali la ricerca del sacro, la
pace, la tolleranza e la solidarietà tra i popoli. Questo l’intento di
“Religion Today”, il festival internazionale di cinema e religione che anche
quest’anno ha toccato diversi aspetti del rapporto tra umano e divino: il
difficile dialogo in Medio Oriente tra Israele e Palestina, il ritorno della
libertà religiosa nell’est dopo il crollo del regime comunista, il rapporto tra
giovani e religione ma anche la ritualità degli induisti e degli aborigeni, la
realtà delle comunità islamiche in Europa e della Chiesa cattolica in Africa e
il ritratto di figure come Santa Teresa D’Avila, San Paolo o monsignor Oscar
Romero. Ma lasciamo ora la parola a Lia Beltrami, direttore artistico della
manifestazione:
R. -
Nel programma di “Religion Today” quest’anno c’è una forte presenza della
religione islamica, con diversi lavori sugli effetti dell’11 settembre nella
società ed anche altri film a soggetto. Poi è presente la religione cristiana,
ebraica, buddista, induista e qualche film su religioni tradizionali.
D. – E
quali sono le tematiche affrontate dai diversi cineasti nelle loro opere?
R. –
Quest’anno abbiamo riscontrato una particolare attenzione da parte dei registi
e dei cineasti sul tema della religione nella vita quotidiana, nella vita della
famiglia, della società. Ed è sempre forte il tema “religione e pace”.
D. –
Quali sono a suo avviso le pellicole più significative?
R. – Mi
piace citare in particolare un film spagnolo su Santa Teresa d’Avila, “Teresa,
Teresa” del regista Rafael Gordon. Si vede una Santa Teresa rinnovata, una
Santa Teresa che si presenta al mondo d’oggi in un dibattito televisivo
attuale, con una presentatrice che le pone delle domande. Potrebbe sembrare uno
schema piuttosto banale, ma in realtà ne esce una pellicola di grandissimo effetto,
di grandissima forza, dove proprio Santa Teresa dà la risposta alle più grandi
domande del mondo d’oggi.
D. -
Collaterali al festival sono tavole rotonde e diversi seminari. Da lei vorrei sapere
il clima che si respira all’interno del festival fra questi cineasti appartenenti
alle diverse confessioni religiose?
R. –
Durante il festival si costruisce il dialogo, perché i primi giorni si parte
con una grande diffidenza. Abbiamo registi iraniani, israeliani, cinesi e tibetani,
abbiamo studiosi di diverse religioni che non sono sempre abituati al
confronto. E proprio vivendo insieme e parlando insieme notiamo come si riesce
a costruire un clima di grande voglia di pace e voglia di incontro. Ognuna di
queste persone che fa cultura e fa comunicazione a casa propria, tornerà
senz’altro con questa grande voglia e consapevolezza di abitare tutti sotto un
unico cielo. Quindi, dal festival “Religion Today” un forte messaggio di pace.
(musica)
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GRANDE AFFLUSSO DI PUBBLICO, IERI POMERIGGIO, NELL’AULA PAOLO VI
IN VATICANO, AL CONCERTO IN ONORE DI MADRE
TERESA
- Servizio di don Luca Pellegrini -
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(musica)
La voce, lo strumento, la
melodia per esprimere emozioni semplici, celebrare il mistero dell’amore di
Dio, rendere omaggio alla figura di una donna straordinaria che ha vissuto la
straordinaria avventura della carità, in tutti i luoghi, con tutti i popoli. Si
concludono le celebrazioni in onore della Beata Madre Teresa di Calcutta e
l’Aula Paolo VI, con i suoi settemila spettatori attenti e partecipi, riverbera
di suoni e di canti, quelli composti da Antonio Pappalardo, colonnello dei
Carabinieri e musicista, che nell’oratorio Vita
Nova, per soli, coro e orchestra, si è ispirato ai più intimi momenti della
vita di Madre Teresa, che nel generoso dono di sé ha incarnato per tutte le
culture e tutte le fedi: dalla preghiera alla vocazione, dal servizio alla condivisione, dal dolore
alla consolazione. Vita Nova e musica
antica: strumentazione ed organico classici, melodie di candida immediatezza,
come l’abito e il sorriso delle Missionarie della Carità. Note pure, insomma,
senza la complessità di ardue soluzioni armoniche, ma nel susseguirsi di una
ricchezza e vivacità popolari, ove il “popolare” si deve intendere nel senso
più nobile del termine.
“La musica di Pappalardo –
afferma Gianluigi Gelmetti, che ha diretto con grande intensità e
partecipazione emotiva gli splendidi complessi artistici del Teatro dell’Opera
di Roma – combacia appieno con la figura, l’opera, la vita e l’essenza stessa
di Madre Teresa. Una musica immediata, intensa, che colpisce direttamente lo
spettatore. Una composizione che senza rinunciare ad essere colta e ben
costruita riesce a coinvolgere tutti, dalle persone più preparate a quelle più
semplici, sullo stile di Madre Teresa, che non ha mai fatto distinzione tra
alcuno, perché tutti sono figli di Dio ed immagine di Cristo”.
Un suono, dunque, di composta
classicità ma assai ricercato nei tipi dei colori vocali, nella mescolanza
perfetta delle voci soliste che hanno portato ad un convinto successo questa
serata prodotta dalla Melos Art. La voce di Antonella Ruggiero, intensa,
moderna, affascinante; di Daniela Barcellona, mezzosoprano tra i più importanti
e rinomati nel mondo, dai colori e dalle agilità perfette; di Emanuela
Loffredo, di una calda, pura bellezza mediterranea; del basso Ildar Adbrazakov
e del tenore Vittorio Grigolo. Insieme, con la voce narrante di Giancarlo
Giannini, per intonare, momento di ispirata suggestione, un quartetto che
elabora il tema principale dell’opera e prepara l’ingresso del coro, Dona nobis pacem, descrizione
dell’anelito spirituale della piccola Teresa e della sua nascosta preparazione
all’incontro con quel Signore che ha voluto servire facendosi, in questa vita,
“tutto” in tutti.
(musica)
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26
ottobre 2003
FERMA PRESA DI POSIZIONE DELLA CEI CONTRO LA SENTENZA DEL TRIBUNALE
DELL’AQUILA CHE HA ACCOLTO IL RICORSO DEL PRESIDENTE DELL’UNIONE MUSULMANI
D’ITALIA E HA IMPOSTO AL PRESIDE DI UNA SCUOLA ABRUZZESE
DI
TOGLIERE IL CROCIFISSO DALLE AULE
ROMA.=
La Cei critica nettamente la sentenza del Tribunale dell'Aquila, che ha accolto
il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell'Unione Musulmani d'Italia,
contro la presenza del simbolo sacro sulle pareti della Scuola materna ed
elementare 'Antonio Silveri' di Ofena'', frequentata dai figli dello stesso
dirigente islamico. La sentenza di 30 pagine, emessa dal giudice Mario
Montanaro e resa nota ieri, contraddice “una legge vigente dello Stato, che
nessun Parlamento ha mai cambiato ne' tanto meno la Corte Costituzionale”, ha
dichiarato questa mattina il segretario della Conferenza episcopale italiana,
il vescovo Giuseppe Betori, durante la trasmissione di Raduno “A sua immagine”.
La decisione del tribunale rischia di aprire la strada ai “fondamentalismi
religiosi più estremi”, ha aggiunto il presule, che in precedenza - durante una
Messa celebrata nella chiesa romana del Divin Maestro - aveva sottolineato come
il crocefisso non è solo un simbolo religioso, ma anche “l'immagine in cui il
popolo italiano riconosce le radici stesse della sua civiltà”. Secondo il giudice
Montanaro, al contrario, “la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche
comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio
comune di tutti i cittadini” e “presume un'omogeneità che, in verità, non c’è
mai stata e, soprattutto, non può sicuramente affermarsi sussistere oggi”. La
notizia della sentenza sta suscitando un notevole clamore anche all’interno del
mondo politico italiano. (A.D.C.)
PIOGGIA
DI RAZZI CONTRO L’HOTEL RASHID DI BAGHDAD,
SEDE
LOGISTICA DEGLI UFFICIALI E DEI FUNZIONARI STATUNITENSI IN IRAQ.
ILLESO
IL VICESEGRETARIO STATUNITENSE ALLA DIFESA, WOLFOWITZ.
MORTO
UN SOLDATO USA E FERITE UNA QUINDICINA DI PERSONE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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BAGHDAD.
= Un attacco all’alba, un bersaglio “eccellente”, un imponente volume di fuoco.
Dopo l’attentato del 19 agosto scorso contro l’Hotel Colon della capitale irachena,
nel quale perse la vita il rappresentante dell’Onu in Iraq, Sergio Vieira de
Mello, la Baghdad del nuovo corso torna ad essere il centro di un drammatico e
insieme spettacolare episodio di violenza di matrice antiamericana. Secondo una
portavoce dell’esercito statunitense, almeno sette-otto razzi anticarro – ma
altre fonti parlano di una trentina - hanno colpito verso le 6.10 di questa
mattina, ora locale, l’Hotel Rashid dove stava trascorrendo la notte il
vicesegretario alla Difesa Paul Wolfowitz, impegnato nella sua seconda missione
in Iraq in tre mesi. Wolfowitz, probabile bersaglio principale dell’attacco, è
rimasto illeso, mentre un soldato statunitense è morto e una quindicina di
persone, tra civili e militari, hanno riportato ferite per lo più non gravi.
Gli attentatori hanno utilizzato un lanciarazzi a canne multiple fissato su un
rimorchio parcheggiato la scorsa notte nei pressi dello zoo di Baghdad, che
hanno poi abbandonato dopo l’azione fuggendo a bordo di un camioncino ed
eludendo a colpi di arma da fuoco il tentativo di ostruzione da parte di alcuni
agenti iracheni. L’Hotel Rashid - un colosso fortificato di 14 piani e 400
stanze, utilizzato come base logistica da ufficiali e funzionari Usa – ha
riportato gravi danni sul lato occidentale, tra il terzo e il decimo piano. Il
vicesegretario americano, che alloggiava al 12.mo, è stato visto uscire indenne
dalla nube di fumo sprigionata dalle esplosioni. Poco dopo, in una conferenza
stampa improvvisata, lo stesso Wolfowitz ha dichiarato che gli Stati Uniti non
si lasceranno intimidire dai “criminali che cercano di destabilizzare il
Paese”.
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ANCORA SCONTRI IN MEDIO ORIENTE, ATTORNO ALLE
COLONIE EBRAICHE.
A
GERUSALEMME, UNA MANIFESTAZIONE DI PACIFISTI CHIEDE A SHARON DI APRIRE ALLA
TREGUA. ANALOGA RICHIESTA DA PARTE DELLA LEADERSHIP PALESTINESE
AD
HAMAS
TEL
AVIV. = Sono sempre il caos e la violenza a farla da padrone nei Territori occupati
del Medio Oriente. Sullo sfondo del recente attacco palestinese alla colonia
ebraica di Netzarim, nei pressi di Gaza, la radio militare israeliana ha
riferito oggi dell’uccisione di quattro palestinesi armati che stavano tentando
di penetrare in un altro insediamento ebraico. Gli scontri hanno interessato
l’area della colonia di Kfar Darom e dell’avamposto militare ebraico di Ghefen.
Sul versante opposto, i servizi di sicurezza palestinesi hanno smentito la
notizia, affermando di non avere notizia della perdita di militanti tra le file
palestinesi. Ieri sera, intanto, duemila persone sono sfilate in corteo a
Gerusalemme invocando la pace. La manifestazione, organizzata dal movimento israeliano
“Pace adesso”, si è snodata fin nei pressi della residenza ufficiale del
premier ebraico, Ariel Sharon, che ha annunciato la volontà di costruire un
nuovo muro di sicurezza anche nella Valle del Giordano. A muoversi, in queste
ore, è anche il premier palestinese Abu Ala che - secondo il quotidiano
palestinese al-Ayam - ha chiesto un incontro con la leadership di Hamas a Gaza,
allo scopo di discutere il suo progetto per una tregua illimitata nei
Territori. Da parte del movimento di
Hamas - ha assicurato un dirigente islamico, Ismail Hanye - non vi sono
preclusioni. (A.D.C.)
A UN
PASSO DALL’ANNULLAMENTO IL REFERENDUM COSTITUZIONALE IN COLOMBIA.
QUANDO
MANCANO POCHI VOTI AL TERMINE DELLO SCRUTINIO,
NESSUNO
DEI 15 QUESITI PROPOSTI PER RAFFORZARE LA LOTTA DEL GOVERNO
ALLA
GUERRIGLIA HA OTTENUTO IL QUORUM RICHIESTO
BOGOTA’.
= Rischia di essere dichiarato nullo il referendum tenuto ieri in Colombia,
fortemente voluto dal presidente Uribe per rendere più incisiva l'azione del
governo contro la guerriglia. Nessuno dei 15 quesiti referendari di modifica
costituzionale è riuscito a superare il quorum del 25 per cento quando ieri lo
spoglio è stato sospeso per la notte, con oltre il 97 per cento delle schede
scrutinate. Per essere valida, la consultazione deve vedere la
partecipazione almeno del 25 per cento dei 25 milioni di colombiani chiamati
alle urne, ma ciò non si è finora verificato per nessuno dei quesiti. La prima
domanda che proponeva di ritirare i diritti civili agli eletti colpevoli di storno
di fondi pubblici ha avuto il 93,30 per cento di voti a favore, ma e' stata
votata solo dal 24,90 per cento degli elettori. Più o meno uguale la situazione
– 24 per cento di votanti - per la domanda sul congelamento per due anni dei
salari dei dipendenti statali, che e' stato ha ricevuto l'80 per cento dei
“sì”. Mentre si attende la conclusione dello spoglio, la Colombia deve
registrare numerosi episodi di violenza e di sabotaggio ad opera delle Farc, le
Forze armate rivoluzionarie. Poco prima dell'apertura dei seggi, commando di
guerriglieri avevano compiuto diversi attacchi, causando la morte di quattro
poliziotti e abbattendo un numero imprecisato di tralicci dell'alta tensione in
varie regioni del paese. Dopo la chiusura delle urne, un attentato dinamitardo
ha provocato la morte di sei persone e il ferimento di altre dieci in una
latteria cooperativa di Yarumal, nel nord della Colombia. Secondo la polizia,
però, l'attentato sarebbe avvenuto a scopo di estorsione e non avrebbe niente a
che vedere con il referendum. (A.D.C.)
VERRA’
INAUGURATA OGGI POMERIGGIO DAL CARDINALE RUINI
LA
NUOVA CHIESA ROMANA DEDICATA A DIO PADRE MISERICORDIOSO.
L’EDIFICIO
SACRO SORGE NEL QUARTIERE DI TOR TRE TESTE
ED E’
STATO PROGETTATO DAL CELEBRE ARCHITETTO RICHARD MEIER
ROMA. = Una Chiesa ampia ottocentotrenta metri quadri, con
annesso un centro parrocchiale di altri 1.670. Dodicimila ore di studio e
progettazione e 23 mila ore di lavoro. Tre vele monumentali, alte da 17 a 26
metri, con il picco massimo a 26,7 metri. Sono alcuni numeri della parrocchia
di Dio Padre Misericordioso, che verrà inaugurata oggi pomeriggio, alle 16,
durante la Messa presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini, nella periferia
romana di Tor Tre Teste. La nuova Chiesa, una delle 50 che dal ’91 la Cei si
era impegnata a costruire nei nuovi quartieri e nelle periferie capitoline per
il Giubileo, è stata progettata dal celebre architetto ebreo newyorkese,
Richard Meier, ed è già stata inserita manuali di architettura, oltre che
destinata ad un probabile futuro di attrazione turistica. Qualche nota per
spiegare il volume dei lavori eseguiti: per sollevare i conci delle vele che
ora svettano nel quartiere di Tor Tre Teste si è dovuto ricorrere ad una
macchina che ricorda precedenti leonardeschi e che ora orna il vicino parco
Alessandrino. Rivoluzionario anche il tipo di cemento al titanio usato per la
costruzione, altamente elastico e in grado di mantenere il colore bianco
originario. Speciali sono pure le vetrate al gas argon, che garantiscono
bassissima dispersione di calore e altissima trasmissione luminosa: caratteristica,
quest’ultima, che è il codice distintivo della chiesa. L’edificazione di questo
nuovo edificio sacro risponde al desiderio della diocesi di Roma di crearne una
che fosse anche un'opera d'arte e che, per desiderio del Papa, fosse intitolata
a Dio Padre Misericordioso, tema centrale del giubileo del Duemila. Il ritardo
nell’inaugurazione, rispetto alla scadenza giubilare, è stato causato da
problemi tecnici, ma nonostante ciò è ben visibile la grande soddisfazione sui
volti della gente del quartiere e la felice coincidenza dell’inaugurazione con
i 25 anni di pontificato è stata sottolineata dal vicegerente della diocesi,
mons. Luigi Nosiglia. LA nuova chiesa, ha detto, è “in qualche modo un dono che
la diocesi fa al suo vescovo”. (A.D.C.)
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