RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 299 - Testo della Trasmissione di domenica 26 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il sincero ringraziamento del Papa, l’Angelus domenicale, per quanti gli si sono stretti attorno in occasione del 25° anniversario del suo Pontificato.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’impatto di Giovanni Paolo II sui massa media in un’intervista con il giornalista e scrittore Sergio Zavoli

 

Convegno a Torino della Comunità “Impegno Servizio Volontariato”: intervista con Gabriel Nikudana ed Angela Sanchez

 

Il Forum mondiale della politica in Piemonte sul tema “Verso una nuova civiltà”: con noi l’opinionista Giulietto Chiesa

 

La sesta edizione del Festival “Religion Today” a Trento: intervista con la responsabile Lia Beltrami

 

Grande afflusso di pubblico, ieri pomeriggio, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, al concerto in onore di Madre Teresa.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Cei critica la sentenza del Tribunale dell’Aquila, che ha imposto di togliere il crocifisso dalla aule di una scuola abruzzese

 

Razzi colpiscono all’alba l’Hotel Rashid di Baghdad, illeso il vicesegretario alla Difesa Usa, Wolfowitz, che vi alloggiava

 

 In Medio Oriente, Abu Hala chiede ad Hamas di aprire alla tregua, mentre proseguono gli scontri armati nei Territori

 

 Rischia l’annullamento per deficit di quorum il referendum costituzionale in Colombia

 

 Nel pomeriggio, il cardinale Ruini inaugurerà a Roma una nuova chiesa, costruita dal celebre architetto americano, Richard Meier.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 ottobre 2003

 

 

ALL’ANGELUS DOMENICALE IL PONTEFICE HA MANIFESTATO

 IL SUO PROFONDO E SINCERO SENTIMENTO DI GRATITUDINE PER QUANTI

HANNO PARTECIPATO ALLA GIOIA DEL 25° ANNIVERSARIO DEL SUO PONTIFICATO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

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Ancora vive – ha detto il Santo Padre – sono nel suo animo le intense emozioni provate in questi giorni, durante i quali tante persone gli si sono strette attorno in occasione del XXV anniversario di Pontificato. Ha perciò rinnovato il suo ringraziamento innanzitutto a Dio, ricco di misericordia, per questi venticinque anni di ministero a servizio della Chiesa. Ha desiderato poi esprimere la sua profonda gratitudine ai cardinali, patriarchi e vescovi, che hanno voluto partecipare così numerosi a questa ricorrenza giubilare, testimoniando anche in questo modo la loro sincera comunione con la Sede di Pietro.

 

Ha ringraziato, altresì, i capi di Stato e le autorità di tanti Paesi, che gli hanno partecipato le loro felicitazioni. Un grazie sentito ha rivolto infine ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai fedeli tutti, che si sono uniti spiritualmente al Papa con l’augurio e con il dono prezioso della preghiera. Il Pontefice si è ricordato in maniera speciale dei malati, che gli sono stati vicini con l’offerta delle loro sofferenze.

 

Non sono mancate le testimonianze anche di cristiani di altre Confessioni, come pure di seguaci di altre Religioni: tutti ha ringraziato dal profondo del cuore!

 

Pertanto Giovanni Paolo II ha chiesto al Signore di ricompensare tutti per l’affetto e il sostegno che gli hanno dimostrato. Ha rinnovato l’affidamento della sua vita e del suo ministero alla Vergine Maria, Madre del Redentore e Madre della Chiesa, a Lei ripetendo con filiale abbandono: Totus tuus!

 

Dopo la preghiera dell’Angelus ha salutato in diverse lingue vari gruppi di fedeli, augurando a tutti una buona domenica.

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Piazza San Pietro era particolarmente affollata quest’oggi per la presenza, accanto ai numerosi pellegrini di vari altri Paesi, di 4 mila fedeli facenti parte della Comunità del Centro Latino-Americano “Tra Noi” e della Confraternita del “Signore dei Miracoli”, che si sono impegnati a pregare molto particolarmente quest’anno per la salute e la missione apostolica di Giovanni Paolo II. Essi recavano numerose immagini, tra cui un bellissimo Crocifisso oggetto della loro speciale venerazione. Ad essi il Papa ha rivolto un cordiale saluto, benedicendoli di cuore ed esortandoli a camminare sempre con Cristo. Dopo la preghiera mariana e la benedizione del Pontefice i 4 mila pellegrini si sono recati nella Basilica di San Pietro, dove ha celebrato per loro la Santa Messa il cardinale argentino Jorge Maria Mejia, bibliotecario di Santa Romana Chiesa.

 

Il Centro Latino-americano tra noi è sorto 15 anni or sono allo scopo di prestare assistenza spirituale a persone provenienti dall’America Latina, che lavorano a Roma, in particolare cileni, argentini, colombiani e soprattutto peruviani che sono la maggioranza. In seno al Centro è sorta poi in seguito la Confraternita del “Signore dei miracoli”, che ogni anno, dal 1998 effettua una processione con il Crocifisso sunnominato dalla basilica romana di Santa Maria degli Angeli fino a Santa Maria Maggiore.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 ottobre 2003

 

 

LA FORZA DEL MESSAGGIO DEL PAPA ANCHE SENZA PAROLE PRONUNCIATE

- Intervista con Sergio Zavoli -

 

“Papa mediatico”, “Papa boys”: sono alcune espressioni coniate dai mass media per Giovanni Paolo II che con i mezzi di comunicazione ha avuto un rapporto privilegiato. Durante le celebrazioni per il 25esimo anniversario e per l’importante appuntamento del Concistoro, nei giorni scorsi, il Papa non ha sottratto all’occhio delle telecamere l’immagine di se stesso pienamente presente ma non in grado di parlare liberamente. Della forza del suo messaggio anche senza parole pronunciate ha parlato Sergio Zavoli, giornalista e scrittore, oggi senatore. L’intervista è di Fausta Speranza:

 

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R. – Questo Papa ha fatto un grande uso della parola, non è stato mai un Papa laconico. E’ stato un pastore itinerante che ha portato proprio la Parola, con la ‘p’ maiuscola, in giro per il mondo. A togliergliela è stata solo la malattia. Egli ha vigilato che queste cerimonie, in cui lui è silenzioso, procedessero allo stesso modo che lui avrebbe voluto se avesse potuto disporre ancora una volta della parola. D’altronde la sua non è stata sempre la parola canonica, è stata piuttosto la parola evangelica, non so come dire… Le cose improvvisate ai giovani, agli anziani, ai derelitti venivano dalla cognizione del dolore, della sofferenza, ma anche dalla gioia, dal bisogno di stare insieme, di credere. Quindi, questo silenzio del Papa oggi ci ammonisce, ma non ci lascia senza le sue parole, perché è un silenzio che a suo modo parla e ci ricorda tutto ciò che ha detto e naturalmente tutto ciò che ha fatto, perché le due cose sono legate indissolubilmente insieme.

 

D. – In definitiva, che cosa dire del rapporto di Giovanni Paolo II con i media?

 

R. – Bisognerebbe riandare a tutti i viaggi di questo Papa della modernità, che ha usato i mezzi di comunicazione come meglio non si sarebbe potuto. Per la verità dire che li ha usati mi pare scorretto. Non che sia vero il contrario, cioè che il Papa sia stato strumentalizzato e quindi usato, ma che sia stato un incontro quasi fatale tra due bisogni estremi di parlare, di comunicare, di mettere in comune. E allora noi abbiamo visto delle folle sterminate che si sono raccolte intorno al Papa. Pensi soltanto a Cuba, dove 100 mila persone hanno gridato “Libertà, libertà” con Fidel Castro presente, con Fidel Castro che era come affascinato da quello che vedeva. E all’invito della liturgia di scambiarsi un gesto di pace ha stretto le mani di vescovi, di suore, di preti… Pensiamo all’incontro con i giovani a Loreto, a Parigi, a Tor Vergata, a quella manifestazione di filialità e di paternità che si incontrano in quel modo straordinario, con quella grande Croce che campeggia ed i ragazzi sotto con i sacchi a pelo. Il Papa è stato il grande demiurgo di questo incontro tra i giovani ed anche tra gli adulti ovviamente. Ma i giovani mi è parso che abbiano capito questa lezione del restare insieme. E poi le beatificazioni e canonizzazioni, che sono state dei momenti, dal punto di vista mediatico, di una platealità sconvolgente, persino al di là della misura a cui eravamo abituati, che potevamo in qualche modo sopportare. E’ un Papa che si è lasciato guardare, è un Papa che ha confuso con noi la malattia, è un Papa che pareva dovesse convertirci a colpi di Croce ed invece ci ha convertito – io parlo per me, non posso parlare per tutti – con la testimonianza, con questo spettacolo indicibile della costanza, della dedizione, della fede assoluta e  senza declamare mai, anzi, proprio testimoniando, facendosi cioè apostolo della sua Chiesa.

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LA SOLIDARIETA’ NON E’ SORDA AL GRIDO DI TANTI POPOLI DILANIATI

DALLA GUERRA: LO HANNO RIBADITO IERI I PARTECIPANTI AL CONVEGNO

“A RIFLETTORI SPENTI, LA SOLIDARIETA’ RESISTE”,

ORGANIZZATO A TORINO DALLA COMUNITA’ IMPEGNO SERVIZIO VOLONTARIATO

- Intervista con Gabriel Nikudana e con Angela Sanchez-

 

“A riflettori spenti, la solidarietà resiste. Le vie della pace del volontariato internazionale”: è il titolo che ha accompagnato un interessante convegno organizzato dalla Comunità Impegno Servizio Volontariato. L’incontro, svoltosi ieri a Torino, è stato l’occasione per ribadire che non esistono guerre di serie A o di serie B e che il mondo del volontariato è sempre presente per dare speranza a tanti popoli martoriati dai conflitti. Presenti al convegno diversi giornalisti stranieri. Barbara Castelli ha intervistato per noi il burundese Gabriel Nikudana e la colombiana Angela Sanchez, che tracciano un quadro dei rispettivi Paesi, a cominciare dallo Stato africano:

 

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R. - AUJOURD’HUI, AU BURUNDI LA CONDITION DE LA POPULATION ...

La situazione della popolazione è molto difficile, oggi, in Burundi. Il Paese è sconvolto dalla guerra civile ormai da dieci anni: vi sono diversi movimenti di ribelli che si scontrano tra di loro e soprattutto con l’esercito. Quello che accade più spesso, però, è che le popolazioni civili, indifese, si trovino tra due fuochi: quello della ribellione e quello dell’esercito. Ecco perché dico che le condizioni di vita della popolazione civile sono estremamente difficili. La gente è afflitta poi dalle malattie. Per rendere più chiara la situazione: secondo le ultime statistiche, circa 400 mila burundesi non hanno un tetto e sono abbandonati a se stessi.

 

D. - Secondo lei, perché la guerra in Burundi si può definire una ‘guerra dimenticata’ dalla maggior parte dell’informazione?

 

R. - CE QUE RAPPORTENT LES MEDIA, IL RAPPORTENT ESSENTIELLEMENT ...

I media parlano soprattutto di guerre, di morti, di imboscate, di massacri su vasta scala, ma dimenticano che ci sono anche altre guerre, che uccidono forse ancora di più di quelle eclatanti. Alle guerre poi seguono le malattie: la malaria, ad esempio, è diventata in Burundi la causa principale di mortalità. La popolazione non ha risorse per acquistare i medicinali contro la malaria, e i medicinali che ci sono non sono adatti, perché la malaria resiste persino al chinino. Esiste un nuovo medicinale, ma è molto costoso e la gente non può permetterselo. Ecco, queste sono le guerre che uccidono forse più delle guerre conosciute.

 

Trasferiamoci ora in America Latina, precisamente in Colombia. Per un commento sulla situazione attuale nel Paese e sul processo di pace tra governo e guerriglia, abbiamo sentito la giornalista Angela Sanchez:

 

R. – EN ESTE MOMENTO COLOMBIA…

In questo momento la Colombia attraversa una delle più grandi crisi della sua storia, in termini sociali, economici e politici. Tutta questa situazione è aggravata dall’acuirsi del conflitto armato. La Colombia è un Paese di 40 milioni di persone, caratterizzato da un grande squilibrio sociale, nel quale una stretta minoranza ha concentrato nelle proprie mani il potere, le terre, i principali mezzi di produzione ed anche una notevole influenza sui mezzi di comunicazione. La situazione è peggiorata in questi ultimi anni, tanto che il 60% della popolazione vive al di sotto della linea di povertà e di questi il 25% vive in condizioni di indigenza o miseria.

 

D. - In questo momento il dialogo di pace tra le parti è in una fase di stallo: da una parte c’è la guerriglia che moltiplica gli episodi di violenza, dall’altra il pugno di ferro del Presidente Alvaro Uribe. E’ possibile superare questo scoglio?

 

R. – EN EL PAIS, EN ESTE MOMENTO…

Nel Paese in questo momento c’è una grande polarizzazione di forze, dovuta alla radicalizzazione del presidente Uribe, che sta cercando di risolvere militarmente il conflitto e di mettere in atto quella che lui stesso definisce “politica di sicurezza democratica”. Uribe praticamente sta coinvolgendo la società civile nel conflitto. Nella visione di Uribe, e nella maggior parte della popolazione che lo sostiene, tutti si devono unire contro quello che lui chiama “il nemico”, “i terroristi”. Uribe è quasi ossessionato dall’idea di porre fine alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Questa ossessione affonda le proprie radici nella storia personale del Presidente: il padre di Uribe venne sequestrato dalla guerriglia quando era giovane. Gran parte della violenza che si consuma in Colombia ha a che vedere con la sete di vendetta che si è diffusa nella società, tra le vittime innocenti della guerra.

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“VERSO UNA NUOVA CIVILTÀ”. E’ IL TEMA DEL FORUM MONDIALE DELLA POLITICA,

 CREATO DALL’EX LEADER SOVIETICO, MIKHAIL GORBACIOV,

 E CONCLUSOSI VENERDÌ SCORSO AD ALESSANDRIA

- Intervista con l’opinionista Giulietto Chiesa -

        

Creare nuove regole di governance da suggerire a chi è alla guida dell’economia e della politica internazionale in modo da aprire una nuova strada per superare le crisi internazionali. E’ questo l’obiettivo del ‘World Political Forum’, l’organismo nato da un’idea del premio Nobel per la pace, Mikhail Gorbaciov, i cui lavori si sono svolti, giovedì e venerdì scorso, a Torino e ad Alessandria. All’incontro, incentrato sul tema ‘Verso una nuova civiltà’ hanno partecipato, tra gli altri, l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, l’ex presidente italiano Oscar Luigi Scalfaro, il senatore Giulio Andreotti, e l’ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors. Sui temi affrontati nel Forum ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, l’opinionista del quotidiano “La Stampa”, Giulietto Chiesa, che ha ricoperto, nel primo giorno di lavori, il ruolo di moderatore durante il dibattito intitolato: “Società dell’informazione o della manipolazione?”

 

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R. – I temi che noi abbiamo affrontato sono stati quelli del nuovo disordine mondiale e della ricerca dei modi per superarlo. Si è potuto discutere tra politici ed esperti di numerose questioni che stanno al centro delle inquietudini mondiali. Si è parlato molto dell’attuale vallo che ha diviso l’Europa e la Russia dagli Stati Uniti e questa iniziativa del Forum mondiale della politica, sotto l’egida di Gorbaciov, ha messo sul tavolo delle questioni che sono al centro della discussione della riforma di tutta l’architettura internazionale. Un’iniziativa che stiamo cercando di realizzare è quella di istituire una piccola Università della globalizzazione, o meglio l’Università sul governo della globalizzazione, per offrire un contributo alla politica affinché siano prese delle decisioni assennate.

 

D. – A proposito di globalizzazione quali sono gli strumenti per affrontare equamente i processi di mondializzazione?

 

R. – Bisogna rafforzare le Nazioni Unite e non indebolirle. Ci sono questioni che richiedono la creazione di strutture decisionali. Questo è un mondo plurale, bisogna ricostituire una rete di istituzioni che siano le fondazioni della legalità internazionale e dentro queste avviare una discussione paritaria tra tutti i leader politici. Il mondo è diventato molto più complesso negli ultimi 20 anni di quanto non lo fosse prima e quindi occorre che il processo decisionale avvenga di pari passo sul piano della scienza e sul piano della politica, cioè della democrazia.

 

D. – Quali sono, secondo lei, le principali emergenze dell’attuale scenario mondiale?

 

R. – Da quello che si è discusso a Torino e ad Alessandria, il tema  della fame e della povertà è stato considerato centrale. La questione principale è consentire ad una parte grande del pianeta di svilupparsi a livelli accettabili, di uscire dalla povertà con l’aiuto dei ricchi e dei potenti. Uno degli altri temi che è stato affrontato è lo stato del sistema mediatico mondiale. Su questo ci sono gravi preoccupazioni perché con un sistema mediatico così concentrato in poche mani rischiamo di perdere i fondamenti, i cardini della democrazia.

 

D. – In questo mondo così complesso è possibile affiancare le logiche della solidarietà a quelle della politica e dell’economia?

 

R. – Io penso, come molti, che questo sia possibile, ma tale obiettivo per essere raggiunto richiede una grande riforma intellettuale. Se non si compie questo sforzo, allora bisogna accettare crudamente il principio che si va verso la politica dei più forti, verso lo scontro, la guerra e la dominazione.

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LA SESTA EDIZIONE DEL FESTIVAL “RELIGION TODAY” A TRENTO

- Intervista con Lia Beltrami, responsabile della manifestazione -

 

Si è conclusa ieri sera a Trento la sesta edizione del festival “Religion Today”, la rassegna cinematografica che raccoglie una selezione dei migliori lungometraggi, cortometraggi e documentari a tematica religiosa da tutto il mondo. La manifestazione, che ha alternato la proiezione delle pellicole con un fitto calendario di tavole rotonde e di incontri di approfondimento, ha attribuito il premio “Nello spirito della Fede” alla pellicola “Dahkil” del regista Darius Yaris. A conferma dell’impegno a costruire una cultura di pace,  dopo Trento “Religion Today” giungerà a Gerusalemme, dal 21 al 25 Dicembre, e successivamente a Kairouan in Tunisia nell’estate del 2004. Il servizio è di Maria Di Maggio:

 

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(musica)

 

Favorire l’incontro ed il dialogo tra le grandi religioni del mondo attraverso la proposizione di pellicole che affrontino temi universali quali la ricerca del sacro, la pace, la tolleranza e la solidarietà tra i popoli. Questo l’intento di “Religion Today”, il festival internazionale di cinema e religione che anche quest’anno ha toccato diversi aspetti del rapporto tra umano e divino: il difficile dialogo in Medio Oriente tra Israele e Palestina, il ritorno della libertà religiosa nell’est dopo il crollo del regime comunista, il rapporto tra giovani e religione ma anche la ritualità degli induisti e degli aborigeni, la realtà delle comunità islamiche in Europa e della Chiesa cattolica in Africa e il ritratto di figure come Santa Teresa D’Avila, San Paolo o monsignor Oscar Romero. Ma lasciamo ora la parola a Lia Beltrami, direttore artistico della manifestazione:

 

R. - Nel programma di “Religion Today” quest’anno c’è una forte presenza della religione islamica, con diversi lavori sugli effetti dell’11 settembre nella società ed anche altri film a soggetto. Poi è presente la religione cristiana, ebraica, buddista, induista e qualche film su religioni tradizionali.

 

D. – E quali sono le tematiche affrontate dai diversi cineasti nelle loro opere?

 

R. – Quest’anno abbiamo riscontrato una particolare attenzione da parte dei registi e dei cineasti sul tema della religione nella vita quotidiana, nella vita della famiglia, della società. Ed è sempre forte il tema “religione e pace”.

 

D. – Quali sono a suo avviso le pellicole più significative?

 

R. – Mi piace citare in particolare un film spagnolo su Santa Teresa d’Avila, “Teresa, Teresa” del regista Rafael Gordon. Si vede una Santa Teresa rinnovata, una Santa Teresa che si presenta al mondo d’oggi in un dibattito televisivo attuale, con una presentatrice che le pone delle domande. Potrebbe sembrare uno schema piuttosto banale, ma in realtà ne esce una pellicola di grandissimo effetto, di grandissima forza, dove proprio Santa Teresa dà la risposta alle più grandi domande del mondo d’oggi.

 

D. - Collaterali al festival sono tavole rotonde e diversi seminari. Da lei vorrei sapere il clima che si respira all’interno del festival fra questi cineasti appartenenti alle diverse confessioni religiose?

 

R. – Durante il festival si costruisce il dialogo, perché i primi giorni si parte con una grande diffidenza. Abbiamo registi iraniani, israeliani, cinesi e tibetani, abbiamo studiosi di diverse religioni che non sono sempre abituati al confronto. E proprio vivendo insieme e parlando insieme notiamo come si riesce a costruire un clima di grande voglia di pace e voglia di incontro. Ognuna di queste persone che fa cultura e fa comunicazione a casa propria, tornerà senz’altro con questa grande voglia e consapevolezza di abitare tutti sotto un unico cielo. Quindi, dal festival “Religion Today” un forte messaggio di pace.

 

(musica)

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GRANDE AFFLUSSO DI PUBBLICO, IERI POMERIGGIO, NELL’AULA PAOLO VI

IN VATICANO, AL CONCERTO IN ONORE DI MADRE TERESA

- Servizio di don Luca Pellegrini -

 

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(musica)

 

La voce, lo strumento, la melodia per esprimere emozioni semplici, celebrare il mistero dell’amore di Dio, rendere omaggio alla figura di una donna straordinaria che ha vissuto la straordinaria avventura della carità, in tutti i luoghi, con tutti i popoli. Si concludono le celebrazioni in onore della Beata Madre Teresa di Calcutta e l’Aula Paolo VI, con i suoi settemila spettatori attenti e partecipi, riverbera di suoni e di canti, quelli composti da Antonio Pappalardo, colonnello dei Carabinieri e musicista, che nell’oratorio Vita Nova, per soli, coro e orchestra, si è ispirato ai più intimi momenti della vita di Madre Teresa, che nel generoso dono di sé ha incarnato per tutte le culture e tutte le fedi: dalla preghiera alla vocazione,  dal servizio alla condivisione, dal dolore alla consolazione. Vita Nova e musica antica: strumentazione ed organico classici, melodie di candida immediatezza, come l’abito e il sorriso delle Missionarie della Carità. Note pure, insomma, senza la complessità di ardue soluzioni armoniche, ma nel susseguirsi di una ricchezza e vivacità popolari, ove il “popolare” si deve intendere nel senso più nobile del termine.

 

“La musica di Pappalardo – afferma Gianluigi Gelmetti, che ha diretto con grande intensità e partecipazione emotiva gli splendidi complessi artistici del Teatro dell’Opera di Roma – combacia appieno con la figura, l’opera, la vita e l’essenza stessa di Madre Teresa. Una musica immediata, intensa, che colpisce direttamente lo spettatore. Una composizione che senza rinunciare ad essere colta e ben costruita riesce a coinvolgere tutti, dalle persone più preparate a quelle più semplici, sullo stile di Madre Teresa, che non ha mai fatto distinzione tra alcuno, perché tutti sono figli di Dio ed immagine di Cristo”.

 

Un suono, dunque, di composta classicità ma assai ricercato nei tipi dei colori vocali, nella mescolanza perfetta delle voci soliste che hanno portato ad un convinto successo questa serata prodotta dalla Melos Art. La voce di Antonella Ruggiero, intensa, moderna, affascinante; di Daniela Barcellona, mezzosoprano tra i più importanti e rinomati nel mondo, dai colori e dalle agilità perfette; di Emanuela Loffredo, di una calda, pura bellezza mediterranea; del basso Ildar Adbrazakov e del tenore Vittorio Grigolo. Insieme, con la voce narrante di Giancarlo Giannini, per intonare, momento di ispirata suggestione, un quartetto che elabora il tema principale dell’opera e prepara l’ingresso del coro, Dona nobis pacem, descrizione dell’anelito spirituale della piccola Teresa e della sua nascosta preparazione all’incontro con quel Signore che ha voluto servire facendosi, in questa vita, “tutto” in tutti.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

26 ottobre 2003

 

 

FERMA PRESA DI POSIZIONE DELLA CEI CONTRO LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DELL’AQUILA CHE HA ACCOLTO IL RICORSO DEL PRESIDENTE DELL’UNIONE MUSULMANI D’ITALIA E HA IMPOSTO AL PRESIDE DI UNA SCUOLA ABRUZZESE

DI TOGLIERE IL CROCIFISSO DALLE AULE

 

ROMA.= La Cei critica nettamente la sentenza del Tribunale dell'Aquila, che ha accolto il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell'Unione Musulmani d'Italia, contro la presenza del simbolo sacro sulle pareti della Scuola materna ed elementare 'Antonio Silveri' di Ofena'', frequentata dai figli dello stesso dirigente islamico. La sentenza di 30 pagine, emessa dal giudice Mario Montanaro e resa nota ieri, contraddice “una legge vigente dello Stato, che nessun Parlamento ha mai cambiato ne' tanto meno la Corte Costituzionale”, ha dichiarato questa mattina il segretario della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Giuseppe Betori, durante la trasmissione di Raduno “A sua immagine”. La decisione del tribunale rischia di aprire la strada ai “fondamentalismi religiosi più estremi”, ha aggiunto il presule, che in precedenza - durante una Messa celebrata nella chiesa romana del Divin Maestro - aveva sottolineato come il crocefisso non è solo un simbolo religioso, ma anche “l'immagine in cui il popolo italiano riconosce le radici stesse della sua civiltà”. Secondo il giudice Montanaro, al contrario, “la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini” e “presume un'omogeneità che, in verità, non c’è mai stata e, soprattutto, non può sicuramente affermarsi sussistere oggi”. La notizia della sentenza sta suscitando un notevole clamore anche all’interno del mondo politico italiano. (A.D.C.)

 

 

PIOGGIA DI RAZZI CONTRO L’HOTEL RASHID DI BAGHDAD,

SEDE LOGISTICA DEGLI UFFICIALI E DEI FUNZIONARI STATUNITENSI IN IRAQ.

ILLESO IL VICESEGRETARIO STATUNITENSE ALLA DIFESA, WOLFOWITZ.

MORTO UN SOLDATO USA E FERITE UNA QUINDICINA DI PERSONE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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BAGHDAD. = Un attacco all’alba, un bersaglio “eccellente”, un imponente volume di fuoco. Dopo l’attentato del 19 agosto scorso contro l’Hotel Colon della capitale irachena, nel quale perse la vita il rappresentante dell’Onu in Iraq, Sergio Vieira de Mello, la Baghdad del nuovo corso torna ad essere il centro di un drammatico e insieme spettacolare episodio di violenza di matrice antiamericana. Secondo una portavoce dell’esercito statunitense, almeno sette-otto razzi anticarro – ma altre fonti parlano di una trentina - hanno colpito verso le 6.10 di questa mattina, ora locale, l’Hotel Rashid dove stava trascorrendo la notte il vicesegretario alla Difesa Paul Wolfowitz, impegnato nella sua seconda missione in Iraq in tre mesi. Wolfowitz, probabile bersaglio principale dell’attacco, è rimasto illeso, mentre un soldato statunitense è morto e una quindicina di persone, tra civili e militari, hanno riportato ferite per lo più non gravi. Gli attentatori hanno utilizzato un lanciarazzi a canne multiple fissato su un rimorchio parcheggiato la scorsa notte nei pressi dello zoo di Baghdad, che hanno poi abbandonato dopo l’azione fuggendo a bordo di un camioncino ed eludendo a colpi di arma da fuoco il tentativo di ostruzione da parte di alcuni agenti iracheni. L’Hotel Rashid - un colosso fortificato di 14 piani e 400 stanze, utilizzato come base logistica da ufficiali e funzionari Usa – ha riportato gravi danni sul lato occidentale, tra il terzo e il decimo piano. Il vicesegretario americano, che alloggiava al 12.mo, è stato visto uscire indenne dalla nube di fumo sprigionata dalle esplosioni. Poco dopo, in una conferenza stampa improvvisata, lo stesso Wolfowitz ha dichiarato che gli Stati Uniti non si lasceranno intimidire dai “criminali che cercano di destabilizzare il Paese”.

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ANCORA SCONTRI IN MEDIO ORIENTE, ATTORNO ALLE COLONIE EBRAICHE.

A GERUSALEMME, UNA MANIFESTAZIONE DI PACIFISTI CHIEDE A SHARON DI APRIRE ALLA TREGUA. ANALOGA RICHIESTA DA PARTE DELLA LEADERSHIP PALESTINESE

AD HAMAS

 

TEL AVIV. = Sono sempre il caos e la violenza a farla da padrone nei Territori occupati del Medio Oriente. Sullo sfondo del recente attacco palestinese alla colonia ebraica di Netzarim, nei pressi di Gaza, la radio militare israeliana ha riferito oggi dell’uccisione di quattro palestinesi armati che stavano tentando di penetrare in un altro insediamento ebraico. Gli scontri hanno interessato l’area della colonia di Kfar Darom e dell’avamposto militare ebraico di Ghefen. Sul versante opposto, i servizi di sicurezza palestinesi hanno smentito la notizia, affermando di non avere notizia della perdita di militanti tra le file palestinesi. Ieri sera, intanto, duemila persone sono sfilate in corteo a Gerusalemme invocando la pace. La manifestazione, organizzata dal movimento israeliano “Pace adesso”, si è snodata fin nei pressi della residenza ufficiale del premier ebraico, Ariel Sharon, che ha annunciato la volontà di costruire un nuovo muro di sicurezza anche nella Valle del Giordano. A muoversi, in queste ore, è anche il premier palestinese Abu Ala che - secondo il quotidiano palestinese al-Ayam - ha chiesto un incontro con la leadership di Hamas a Gaza, allo scopo di discutere il suo progetto per una tregua illimitata nei Territori. Da parte del movimento di  Hamas - ha assicurato un dirigente islamico, Ismail Hanye - non vi sono preclusioni. (A.D.C.)

 

 

A UN PASSO DALL’ANNULLAMENTO IL REFERENDUM COSTITUZIONALE IN COLOMBIA.

QUANDO MANCANO POCHI VOTI AL TERMINE DELLO SCRUTINIO,

NESSUNO DEI 15 QUESITI PROPOSTI PER RAFFORZARE LA LOTTA DEL GOVERNO

ALLA GUERRIGLIA HA OTTENUTO IL QUORUM RICHIESTO

 

BOGOTA’. = Rischia di essere dichiarato nullo il referendum tenuto ieri in Colombia, fortemente voluto dal presidente Uribe per rendere più incisiva l'azione del governo contro la guerriglia. Nessuno dei 15 quesiti referendari di modifica costituzionale è riuscito a superare il quorum del 25 per cento quando ieri lo spoglio è stato sospeso per la notte, con oltre il 97 per cento delle schede scrutinate. Per essere valida, la consultazione deve vedere la partecipazione almeno del 25 per cento dei 25 milioni di colombiani chiamati alle urne, ma ciò non si è finora verificato per nessuno dei quesiti. La prima domanda che proponeva di ritirare i diritti civili agli eletti colpevoli di storno di fondi pubblici ha avuto il 93,30 per cento di voti a favore, ma e' stata votata solo dal 24,90 per cento degli elettori. Più o meno uguale la situazione – 24 per cento di votanti - per la domanda sul congelamento per due anni dei salari dei dipendenti statali, che e' stato ha ricevuto l'80 per cento dei “sì”. Mentre si attende la conclusione dello spoglio, la Colombia deve registrare numerosi episodi di violenza e di sabotaggio ad opera delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie. Poco prima dell'apertura dei seggi, commando di guerriglieri avevano compiuto diversi attacchi, causando la morte di quattro poliziotti e abbattendo un numero imprecisato di tralicci dell'alta tensione in varie regioni del paese. Dopo la chiusura delle urne, un attentato dinamitardo ha provocato la morte di sei persone e il ferimento di altre dieci in una latteria cooperativa di Yarumal, nel nord della Colombia. Secondo la polizia, però, l'attentato sarebbe avvenuto a scopo di estorsione e non avrebbe niente a che vedere con il referendum. (A.D.C.)

 

 

VERRA’ INAUGURATA OGGI POMERIGGIO DAL CARDINALE RUINI

LA NUOVA CHIESA ROMANA DEDICATA A DIO PADRE MISERICORDIOSO.

L’EDIFICIO SACRO SORGE NEL QUARTIERE DI TOR TRE TESTE

ED E’ STATO PROGETTATO DAL CELEBRE ARCHITETTO RICHARD MEIER

 

ROMA. = Una Chiesa ampia ottocentotrenta metri quadri, con annesso un centro parrocchiale di altri 1.670. Dodicimila ore di studio e progettazione e 23 mila ore di lavoro. Tre vele monumentali, alte da 17 a 26 metri, con il picco massimo a 26,7 metri. Sono alcuni numeri della parrocchia di Dio Padre Misericordioso, che verrà inaugurata oggi pomeriggio, alle 16, durante la Messa presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini, nella periferia romana di Tor Tre Teste. La nuova Chiesa, una delle 50 che dal ’91 la Cei si era impegnata a costruire nei nuovi quartieri e nelle periferie capitoline per il Giubileo, è stata progettata dal celebre architetto ebreo newyorkese, Richard Meier, ed è già stata inserita manuali di architettura, oltre che destinata ad un probabile futuro di attrazione turistica. Qualche nota per spiegare il volume dei lavori eseguiti: per sollevare i conci delle vele che ora svettano nel quartiere di Tor Tre Teste si è dovuto ricorrere ad una macchina che ricorda precedenti leonardeschi e che ora orna il vicino parco Alessandrino. Rivoluzionario anche il tipo di cemento al titanio usato per la costruzione, altamente elastico e in grado di mantenere il colore bianco originario. Speciali sono pure le vetrate al gas argon, che garantiscono bassissima dispersione di calore e altissima trasmissione luminosa: caratteristica, quest’ultima, che è il codice distintivo della chiesa. L’edificazione di questo nuovo edificio sacro risponde al desiderio della diocesi di Roma di crearne una che fosse anche un'opera d'arte e che, per desiderio del Papa, fosse intitolata a Dio Padre Misericordioso, tema centrale del giubileo del Duemila. Il ritardo nell’inaugurazione, rispetto alla scadenza giubilare, è stato causato da problemi tecnici, ma nonostante ciò è ben visibile la grande soddisfazione sui volti della gente del quartiere e la felice coincidenza dell’inaugurazione con i 25 anni di pontificato è stata sottolineata dal vicegerente della diocesi, mons. Luigi Nosiglia. LA nuova chiesa, ha detto, è “in qualche modo un dono che la diocesi fa al suo vescovo”. (A.D.C.)

 

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