RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 297 - Testo della Trasmissione di venerdì 24 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Professori e alunni delle Università ecclesiastiche romane oggi pomeriggio nella Basilica Vaticana, alla Santa Messa per l’inizio dell’Anno accademico, presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica

 

 Il 25.mo del Pontificato. Giovanni Paolo II, il Papa della carità. Con noi, l’arcivescovo tedesco Paul Josef Cordes.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi, Giornata delle  Nazioni Unite. Nel messaggio di Kofi Annan, il punto sul ruolo dell’Onu al servizio dell’umanità. Intervista con Giandomenico Picco

 

Diritto di asilo e immigrazione: temi cruciali affrontati al “Centro Astalli” di Roma

 

 Un nuovo procedimento penale a carico della Radio Vaticana, sul presunto inquinamento elettromagnetico. Nota di padre Federico Lombardi

 

 Il contributo della lingua italiana nella formazione della cultura europea. Iniziativa dei ministeri degli Esteri e per gli Italiani nel mondo, in collaborazione con l’Accademia della Crusca. Ai nostri microfoni, la prof.ssa Nicoletta Maraschio.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le sette maggiori religioni mondiali insieme per dare assistenza spirituale ai 2.500 atleti che parteciperanno alle Olimpiadi invernali di Torino 2006

 

Giornata di studio su “Edith Stein e il nazismo” alla Pontificia Università Lateranense

 

Più di 4 mila bambini rinchiusi nelle carceri del Pakistan rischiano la condanna a morte, secondo una denuncia di Amnesty International.

 

E’ in corso a Manila, nelle Filippine, il primo incontro dei rettori dei Santuari mariani dell’Asia

 

In Etiopia 15 milioni di persone rischiano di morire per la malaria e in Angola sono stati dimezzati gli aiuti alimentari a causa dei ritardi nelle consegne delle derrate

 

24 ORE NEL MONDO:

 A Madrid la Conferenza dei donatori per l’Iraq: gli Stati Uniti invitano alla generosità. Critiche dalle Ong sulla gestione dei fondi

 

Ancora morti in Medio Oriente: bambino palestinese ucciso a Gaza, kamikaze nella base israeliana di Netzarim

 

Chirac in Africa, ma prosegue l’ondata antifrancese: un giornalista espulso dal Senegal

 

 La polizia italiana a caccia delle nuove Brigate rosse: arrestati i presunti esecutori dell’omicidio D’Antona

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 ottobre 2003

 

 

SOLENNE INIZIO, STASERA IN SAN PIETRO,

DELL’ANNO ACCADEMICO DELLE UNIVERSITA’ ECCLESIASTICHE,

CON LA MESSA PRESIEDUTA DAL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Settecento tra professori e studenti: saranno loro a rappresentare questa sera, nella Basilica di San Pietro, gli oltre 2 mila docenti e i circa 20 mila iscritti nelle Università e negli Istituti pontifici romani alla Santa Messa che inaugurerà ufficialmente il nuovo anno accademico degli atenei ecclesiastici. La celebrazione, in programma alle 17.30, sarà presieduta dal prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, il cardinale Zenon Grocholewski. Accanto al porporato, vi saranno, tra gli altri, il cardinale vicario Camillo Ruini e i rettori delle Università pontificie.

 

L’annuale appuntamento liturgico di inizio dell’anno accademico sarà seguito in radiocronaca diretta dalla nostra emittente a partire dalle 17.30, con commento in italiano, sulle frequenze dei 585 kHz dell’onda media e sui 105 MHz della modulazione di frequenza.

 

 

25 ANNI DI PONTIFICATO: GIOVANNI PAOLO II IL PAPA DELLA CARITA’.

CON NOI L’ARCIVESCOVO PAUL CORDES

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Nei suoi numerosi viaggi apostolici il Santo Padre si è continuamente confrontato con situazioni di miseria ed ha voluto espressamente incontrare i sofferenti: quartieri poveri, gruppi etnici emarginati, persone colpite da calamità naturali, malati. Non stupisce quindi che nel corso del suo pontificato abbia fatto riferimento continuo al comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato. Il Pontificio Consiglio Cor Unum è l’organismo vaticano incaricato di condividere da vicino questa preoccupazione del Papa e di coadiuvarlo nell’attuazione delle sue intenzioni caritative. Ce ne parla il presidente del Dicastero, l’arcivescovo Paul Cordes:

 

“La partecipazione del Papa non si è concretizzata solo mediante l’invio di denaro in situazioni di eccezionale disagio – dopo terremoti, inondazioni o conflitti etnici. Il vescovo di Roma ha anche creato due fondazioni che ha affidato al nostro Dicastero. La prima ha visto la luce nel 1984. Ha come scopo di contenere l’avanzata del deserto del Sahara verso sud, verso i cosiddetti Paesi del Sahel, mediante programmi ecologici e la formazione di professionisti nel settore. L’altra, denominata “Populorum Progressio”, vuole favorire, nell’America Centrale e Meridionale, le condizioni di vita, oltre che dei campesinos, della popolazione indigena, la quale, in quanto minoranza etnica e culturale, è spesso minacciata nella sua stessa sopravvivenza. Le due Fondazioni mirano ad un tipo di aiuto che responsabilizzi gli stessi beneficiati. Fin dagli inizi della Chiesa la predicazione del Vangelo è stata sempre accompagnata dalla benevolenza verso il prossimo in difficoltà”.

 

E’ importante, quindi, per Giovanni Paolo II che nella missione della Chiesa annuncio e liturgia da una parte e impegno socio-caritativo dall’altra non si separino. La carità, nel suo duplice volto di amore per Dio e per i fratelli, è la sintesi della vita morale del credente, è la sintesi della prassi e dell’insegnamento del Santo Padre.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con la situazione in Medio Oriente: si richiama l'esigenza di riaprire la strada che conduce alla pace per non soffocare le speranze di due popoli. Nuove violenze nei Territori sottolineano la necessità di rilanciare il dialogo israelo-palestinese. 

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

Per il cammino della Chiesa in Asia, un articolo di Irene Iarocci sulla collaborazione tra le diocesi del Giappone e della Corea del Sud per aiutare gli anziani.

 

Nelle estere, Iraq: Kofi Annan - alla Conferenza di Madrid - esorta la comunità internazionale a sostenere con grande impegno il processo di ricostruzione.

Somalia: ripresi gli sforzi negoziali in favore del tormentato Paese.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Vittorino Grossi riguardo ad un Convegno - all'Accademia Nazionale dei Lincei - dedicato alla figura di Gregorio Magno, nel XIV centenario della morte.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano gli sviluppi legati all'omicidio di D'Antona.

In rilievo anche il tema dell'immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 ottobre 2003

 

 

PER 58 ANNI L’ONU HA BEN SERVITO L’UMANITÀ MA OGGI ATTRAVERSA

 UNA FASE DAVVERO CRITICA: LO SOTTOLINEA KOFI ANNAN, SEGRETARIO GENERALE DELL’ORGANIZZAZIONE, NEL MESSAGGIO DIFFUSO OGGI

PER LA GIORNATA DELLE NAZIONI UNITE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“THERE ARE DIFFICULT TIMES, FOR THE WORLD AND FOR THE UNITED NATIONS”.

 

“Questi sono tempi difficili per il mondo e per le Nazioni Unite… Non affliggiamoci né scoraggiamoci”: la voce di Kofi Annan, segretario generale dell’Onu. “Continueremo i nostri sforzi - ci rassicura - per contrastare la povertà, le malattie, i cambianti climatici e la diffusione delle armi di piccolo calibro” Cosi anche “lavoreremo insieme” “per combattere il terrorismo, le armi di distruzione di massa. Non abbiamo scelta - sottolinea - l’Onu deve fronteggiare subito tutte queste minacce”. Ma occorrono riforme nel sistema internazionale, comprese le Nazioni Unite, ammonisce Kofi Annan, che proprio ieri è stato insignito del Premio Sakharov, in memoria di tutti i funzionari dell’Onu che hanno perso la vita al servizio della pace nel mondo.

 

Un anniversario quest’anno, che richiama avvenimenti drammatici, come la guerra in Irak, l’attentato alla sede Onu di Baghdad, la lotta al terrorismo internazionale ed infine la pace mai possibile in Medio Oriente. Il ruolo delle Nazioni Unite dunque messo a dura prova. Ne parliamo con il dott. Giandomenico Picco, assistente del segretario generale dell’Onu, al nostro microfono da New York:

 

R. – Stanno cambiando i tempi e le istituzioni devono aggiornarsi e riuscire a capire in anticipo quello che sta succedendo e quindi agire sul loro funzionamento. Se l’Onu non riuscirà a capire questo, si dovrà considerare una istituzione finita. Questo, però, non credo che sia ancora il caso, perché – in modi diversi – penso che si stia guardando ad un ruolo importante per il futuro. Sicuramente molto importante è stato ciò che si è verificato nella questione irachena con il ritorno degli americani e la ricerca quasi impossibile di una risoluzione: ma c’è stata! Abbiamo osservato questi 15 voti dell’ultima Risoluzione dell’Iraq – 15 su 15 – che rappresentano certamente un importante passo avanti.

 

D.- Lei ha sottolineato che l’Onu deve guardare, in qualche modo, ai cambiamenti dei tempi che si vivono. Ma da molti anni si dibatte sulla riforma dell’intero Sistema delle Nazioni Unite ed in particolare del Consiglio di Sicurezza, che è Organo esecutivo dell’Onu. Ecco, a che punto siamo?

 

R. – Il vero punto non è la riforma del Consiglio di Sicurezza, mi permetta di dirglielo. Il vero cambiamento che l’Onu dovrà considerare e che tutti devono affrontare anche a livello istituzionale e di governo è il seguente: secondo me stiamo entrando in un’epoca in cui – e lo dico con una frase molto semplice – il concetto di democrazia indiretta, che è il solo che conosciamo, è messo in discussione. Finora abbiamo un patto di democrazia rappresentativa, democrazia intermediata attraverso l’elezione dei Parlamenti e di persone che possano rappresentare la voce della maggioranza dei cittadini di una società. Oggi viviamo in un mondo dove per far sentire la nostra voce in molti casi non c’è più bisogno di avere un Parlamento o di avere un intermediario al potere, perché la voce arriva attraverso i media, attraverso ciò che si può fare attraverso le Ong, attraverso quello che gli individui stessi possono fare e questo perché c’è un diverso accesso sia all’informazione che alla comunicazione dell’opinione. Il vero problema che oggi ha il sistema internazionale non è quanti sono i membri del Consiglio di sicurezza – che rappresenta invece un discorso del passato – ma capire che siamo pronti ad affrontare una realtà dove la intermediazione del potere forse non esiste più. L’Onu, nato come organizzazione dei governi, può vivere nel futuro se non diventa anche una vera organizzazione di popoli?

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DIRITTO DI ASILO E IMMIGRAZIONE: TEMI CRUCIALI AFFRONTATI AL “CENTRO ASTALLI”, SEDE ROMANA DEL “JESUIT REFUGEE SERVICE”

- Servizio di Stefano Leszczynski -

 

All’indomani della tragedia che ha coinvolto i cittadini somali sopravvissuti al viaggio verso le coste siciliane, la legge sul diritto d’asilo riprende il suo iter alla Commissione Affari costituzionali della Camera. La mancanza di una legge organica sul diritto d’asilo in Italia rappresenta un caso unico nell’Unione europea ed è considerata di estrema urgenza a causa del mancato funzionamento della legge sull’immigrazione, tutt’ora sprovvista del regolamento di attuazione. La preoccupazione delle associazioni che si occupano di rifugiati, così come dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), riguarda la grave violazione dei diritti umani di queste persone a causa dell’attuale inadeguatezza del sistema normativo italiano. Un problema che il Centro Astalli e la Casa dei diritti sociali di Roma hanno affrontato in una pubblicazione intitolata “Storie di diritti negati”. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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Fuggono da Paesi in guerra, spesso da persecuzioni e torture, per vivere in maniera dignitosa e sicura. Non hanno altro che i propri vestiti e talvolta i propri affetti. Del resto tutto il mondo lo ha potuto constatare attraverso le immagini dei somali sbarcati a Lampedusa. Ma cosa succede normalmente dopo lo sbarco? Ce lo spiega Berardino Guarino, coautore della ricerca.

 

“Nessuno si preoccupa di loro assolutamente. Non c’è nessuna istituzione in quanto tale che governa il loro arrivo. Sono lasciati completamente in balia di loro stessi, anche per quanto riguarda il vitto e l’alloggio”.

 

Diritti negati significa per intere famiglie dormire all’addiaccio, patire la fame, subire interminabili code davanti alle questure per tentare di ottenere un permesso di soggiorno dai richiedenti asilo e attendere da un minimo di 11 mesi ad un massimo di 18 per poter sapere se l’Italia ti accoglierà come rifugiato o se ti respingerà come clandestino. Nel frattempo, una lunga attesa senza poter lavorare e nessuna certezza circa il proprio futuro. Padre Francesco De Luccia, presidente del Centro Astalli.

 

“Pensano di arrivare in Italia per trovare protezione e di fatto si trovano a subire delle umiliazioni che non avevano nemmeno immaginato”.

 

Il meccanismo istituzionale non funziona, la legge sull’immigrazione è bloccata perché manca il regolamento di attuazione e una legge sull’asilo non esiste proprio. Tutto ricade sulle spalle del volontariato del terzo settore. Qualche volte tra mille difficoltà gli enti locali e i comuni riescono a contribuire. Raffaella Milano, assessore alle politiche sociali del Comune di Roma:

 

“Una richiesta che è venuta dal Comune di Roma, così come dagli altri grandi comuni italiani, di fare in modo che questo diritto all’accoglienza e all’integrazione sia un diritto garantito anche su scala nazionale, e quindi siano disposti anche finanziamenti adeguati, perché poi parliamo – come si è detto – di un numero non enorme di persone e che però necessita di una particolare attenzione. Sono reduci da esperienze spesso drammatiche, ed è assolutamente non concepibile che debbano riaffrontare nuove odissee una volta arrivati”.

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UN  NUOVO  PROCEDIMENTO  PENALE  A  CARICO  DELLA  RADIO  VATICANA

- Nota del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi -

 

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Dopo la notizia di ieri mattina del rinvio a nuova udienza il 9 dicembre del processo in corso contro la Radio Vaticana per aver diffuso “radiazione elettromagnetiche atte ad offendere o molestare” persone residenti nelle aree circostanti il Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria, nel pomeriggio sono state fatte filtrare indiscrezioni relative a un nuovo procedimento contro gli stessi imputati, ma questa volta per “omicidio colposo”. Si tratta di un procedimento che prende le mosse dalle accuse fatte nel 2001 alla Radio Vaticana, secondo cui vi sarebbe un nesso fra le emissioni e i casi di morte per tumore o leucemia verificatisi nella zona. Una perizia disposta dai magistrati incaricati delle indagini non escluderebbe l’esistenza di questo nesso, cosicché, come atto dovuto, gli imputati sono stati iscritti nel registro degli indagati.

 

A proposito di questo nuovo procedimento, la Direzione della Radio Vaticana non manifesta particolare stupore, dato l’accanimento delle accuse rivolte in passato contro la sua attività, ma ribadisce ancora una volta la convinzione che tali accuse sono infondate. Ricorda non solo di aver sempre rispettato, a scopo precauzionale, le raccomandazioni degli organismi internazionali più autorevoli nel campo della protezione della salute dei lavoratori e delle popolazioni – assai prima che esistessero normative italiane in materia – ma ricorda anche e soprattutto le conclusioni del Gruppo di studio internazionale costituito nel 2001 dall’allora Ministro della Salute Umberto Veronesi proprio per fare un esame approfondito della questione relativa al nostro Centro trasmittente in base ai dati disponibili. Le conclusioni negano chiaramente che si possa ritenere dimostrato un nesso fra le attività della radio e le malattie tumorali e leucemiche verificatesi nella zona.

 

Comunque si svolga il nuovo procedimento, la Radio Vaticana ribadisce quindi la sua tranquillità, per aver sempre agito in piena responsabilità per la salute dei residenti nella zona del Centro trasmittente e non essere stata causa di danni alla loro salute. La sua disponibilità per evitare anche ogni motivo di preoccupazione è stata ulteriormente dimostrata dalla accettazione delle normative italiane e dal loro rispetto, come confermato dai monitoraggi realizzati. Non si può che auspicare che – alla fine – la verità abbia il suo luogo, non vengano ulteriormente alimentate preoccupazioni infondate e sia i residenti sia la Radio Vaticana possano recuperare piena serenità.

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IL RUOLO DELLA LINGUA ITALIANA NELLA FORMAZIONE DELLA CULTURA EUROPEA. E’ IL TEMA DELLA “SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO”

CHE SI INSERISCE NELL’AMBITO DEGLI EVENTI CULTURALI

DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANO DELL’UNIONE EUROPEA

- Intervista con Nicoletta Maraschio -

 

L’Italiano gode di ottima salute e si è affermato come la quinta lingua più studiata all’estero. È su questi incoraggianti dati che si è aperta lunedì scorso la terza edizione della “Settimana della lingua italiana nel mondo”, organizzata dai ministero degli Esteri e con la collaborazione della Rai. L’iniziativa, che termina domani e si collega al programma culturale del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, ha tra i suoi temi quello del contributo della cultura italiana al consolidamento dell’identità culturale europea, l’attuale posizione dell’italiano in ambito europeo e la promozione dell’utilizzo della lingua di Dante a livello istituzionale.

 

Ma sentiamo, al microfono di Daniele Semeraro, la prof.ssa Nicoletta Maraschio, docente di storia della lingua italiana presso l’Università di Firenze e vicepresidente dell’Accademia della Crusca.

 

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R. – C’è sempre più domanda nel mondo di italiano. Le cifre che sono state diffuse parlano di un incremento del 40 per cento di aumento di iscrizioni a corsi di italiano negli ultimi cinque anni in tutto il mondo e l’italiano è anche molto “forte” su Internet, dove il 3,6 per cento dei siti sono scritti in italiano. Questo sono cifre sicuramente molto confortanti.

 

D. – C’è, dunque, un uso sempre maggiore della nostra lingua al di fuori dei nostri confini. Ma ci può essere anche un contribuito, ad esempio, al consolidamento dell’identità culturale europea che la nostra lingua può dare?

 

R. – Sì, certo. Oggi si sta lavorando alla firma della Costituzione europea e nella Costituzione europea l’accenno al plurilinguismo è un accenno velato, ma noi sappiamo bene che le intenzioni sono quelle della salvaguardia del plurilinguismo europeo e quindi della diversità linguistica che vuol dire anche diversità culturale. Questo significa che tutte le diverse lingue europee, quelle che entrano nell’Unione – quelle che già ci sono, ma anche quelle che entreranno – dovranno essere tutelate, ci dovranno essere delle politiche di interscambio fra le diverse lingue in modo che ci sia una lingua, per così dire, franca e di comunicazione, ma il plurilinguismo sia salvaguardato con l’insegnamento nelle scuole di almeno di altre due lingue oltre la lingua madre. Quindi un plurilinguismo individuale è fondamentale.

 

D. – Quali le parole italiane più conosciute ed usate nel mondo?

 

R. – Pare che le parole più conosciute siano quelle legate alla gastronomia e quindi pizza, spaghetti. Ma anche, purtroppo, parole non positive come “mafia” o “tangentopoli”. Ci sono poi parole legate alla Chiesa: Vaticano, ad esempio, è delle parole più conosciute.

 

D. – Alcuni ricordano che uno dei primi astronauti che abbiano toccato il suolo lunare abbia detto: “ Oh mamma mia!”....

 

R. – Sì, certamente anche le esclamazioni. Non c’entrano direttamente con la lingua, ma le cose sono connesse: la gestualità italiana è ovviamente molto caratteristica e riconosciuta bene nel mondo.

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CHIESA E SOCIETA’

24 ottobre 2003

 

LE SETTE MAGGIORI RELIGIONI MONDIALI INSIEME PER DARE ASSISTENZA SPIRITUALE AI 2.500 ATLETI CHE PARTECIPERANNO ALLE OLIMPIADI INVERNALI DI TORINO 2006

- A cura di Giancarlo La Vella -

TORINO. = È stato costituito ieri nel capoluogo piemontese il Comitato Interfedi di Torino 2006. Lo scopo dell’iniziativa è quello di assicurare un servizio di assistenza spirituale agli atleti e all’intera famiglia olimpica, individuando gli spazi per il culto e la meditazione nei villaggi olimpici che ospiteranno gli sportivi partecipanti alle prossime Olimpiadi invernali. Oltre a don Aldo Bertinetti, incaricato dall’arcidiocesi di Torino per i cattolici, aderiscono all’iniziativa le Comunità Evangeliche, la Chiesa Ortodossa, le Comunità Ebraiche, l’Unione delle Comunità Islamiche, l’Unione Induista e l’Unione Buddista Italiana. Tuttavia, per permette anche ad altri culti di prendere parte alle attività del Comitato, è prevista la costituzione di una Assemblea delle Religioni, con carattere consultivo, sulla base di un apposito regolamento predisposto e approvato dai membri del Comitato. “I rappresentanti delle sette maggiori confessioni religiose presenti in Italia – ha detto il presidente del Comitato organizzativo, Castellani - hanno risposto con entusiasmo al nostro invito e già dopo i primi due incontri, a luglio e a settembre, in un'atmosfera di reciproco rispetto e collaborazione, si è deciso di promuovere manifestazioni, convegni ed eventi culturali per costruire un dialogo e per far conoscere il patrimonio storico e culturale di ognuna di esse, secondo lo spirito di fraternità proprio delle Olimpiadi”.

 

 

SI E’ APERTA OGGI A ROMA, NELLA SEDE DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE, LA GIORNATA DI STUDIO “EDITH STEIN E IL NAZISMO” PER APPROFONDIRE

IL RAPPORTO TRA LA SANTA MONACA TEDESCA E GLI INTELLETTUALI ANTINAZISTI

NELLA GERMANIA DEGLI ANNI TRENTA

 

ROMA. = Nell’aprile del 1933, meno di tre mesi dopo l’avvento di Hitler al potere in Germania, Edith Stein scriveva a Pio XI per metterlo in guardia nei confronti della politica antisemita del nuovo regime, ritenuta incompatibile con i fondamenti della fede cristiana. A settant’anni di distanza da questi avvenimenti è stata organizzata oggi, nella sede della Pontificia Università Lateranense, la Giornata di studio sul tema “Edith Stein e il nazismo” per riflettere sulla figura della monaca carmelitana, di origine ebraica e canonizzata da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1998. Dopo la prolusione del rettore dell’Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, sono intervenuti tra gli altri, lo storico Philippe Chenaux ed il professore Ugo Ott. Mentre nella sessione mattutina sono stati analizzati gli aspetti storici della posizione della Chiesa e dei rapporti della Stein con gli intellettuali cattolici tedeschi antinazisti nella Germania degli Anni Trenta, la sessione pomeridiana - che si apre alle 15.30 - affronterà gli aspetti più propriamente filosofici della sua riflessione sul totalitarismo, sul razzismo e sull’antisemitismo. (A.L.)

 

 

4500 BAMBINI PAKISTANI SONO DETENUTI NELLE CARCERI E RISCHIANO DI ESSERE CONDANNATI ALLA PENA CAPITALE NONOSTANTE IL DIVIETO DELLA LEGGE:

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA LE CONDIZIONI DEI MINORI NELLE CARCERI

IN UN RAPPORTO IN CUI ANALIZZA IL SISTEMA GIUDIZIARIO DEL PAESE ASIATICO

 

ISLAMABAD. = Circa 4.500 bambini sono rinchiusi nelle carceri pakistane, 3.000 dei quali non sono stati ancora ufficialmente incriminati. La denuncia arriva da Amnesty International che, in un recente rapporto, descrive le condizioni dei minori nell’ambito del sistema giudiziario del Pakistan. L’organizzazione internazionale per i diritti umani sottolinea che "spesso questi bambini rischiano di trascorrere mesi, o persino anni, in stato di detenzione solo perché le loro famiglie non possono permettersi di pagare una cauzione. E – continua il rapporto - dopo il processo, la percentuale di quelli condannati al carcere è piuttosto bassa, intorno al 15-20 per cento". Islamabad nel 1990 ha ratificato la ‘Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino’ e ha introdotto nel 2000 una legislazione interna – l’ ‘Ordinanza sul sistema giudiziario giovanile’– mirata a proteggere i diritti dei bambini che hanno a che fare con la giustizia. Tuttavia, puntualizza l’organizzazione, spesso i diritti dei minori sono trascurati a causa della "mancanza di consapevolezza e dell’impossibilità di applicare certe misure". Sia in base alle leggi internazionali sia grazie alla ordinanza interna, in Pakistan è proibita la pena di morte contro bambini, eppure i piccoli continuano ad essere condannati alla pena capitale. Ciò avviene perché nei tribunali di primo grado molti magistrati non conoscono l’ordinanza mentre in altre aree addirittura non è in vigore. (M.R.)

 

 

A MANILA, NELLE FILIPPINE, È IN CORSO IL PRIMO INCONTRO ASIATICO TRA I  RETTORI DEI SANTUARI, CONSIDERATI LUOGHI DI ACCOGLIENZA E DI CONVIVENZA

 TRA PERSONE DI RELIGIONI DIVERSE

 

MANILA. = È in corso a Manila, nelle Filippine, il primo Incontro dei Rettori dei Santuari Mariani dell’Asia, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti e dalla Commissione per la Pastorale della Mobilità umana della Conferenza Episcopale delle Filippine. Il tema scelto è eloquente: “Il santuario: un luogo di accoglienza e di incontro”. Durante i lavori è stato importante l’intervento di mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti. “La Chiesa è chiamata a proclamare il Vangelo di Cristo in una società dove le culture, le etnie e le religioni entrano in dialogo continuo e a volte con non poche tensioni. I Santuari, in Asia ma anche in Europa e in America, sono luoghi dove può sperimentarsi in modo più immediato, la convivenza tra le religioni” si legge nella nota di mons. Marchetto. Nel suo intervento il presule ha messo in rilievo come il santuario debba essere “immagine dell’accoglienza di Dio”, luogo in cui ognuno può sperimentare “l’accoglienza che il Padre offre a tutti in Cristo, suo Figlio unigenito, perché nel dono del suo Spirito, tutti vivano la comunione tra fratelli, siano testimoni della salvezza e collaborino alla costruzione di un mondo di pace e solidarietà”. (M.R.)

 

 

L’AFRICA ANCORA MARTORIATA DALLE CARENZE SANITARIE E DALLA FAME:

IN ETIOPIA 15 MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE PER LA MALARIA

 E IN ANGOLA SONO STATI DIMEZZATI GLI AIUTI ALIMENTARI A CAUSA

DEI RITARDI NELLE CONSEGNE DELLE DERRATE

 

ADDIS ABEBA – LUANDA. = In Etiopia su 66 milioni di abitanti circa 15 milioni di persone rischiano di morire per la malaria entro quest’anno: è la drammatica situazione descritta in un comunicato pubblicato, mercoledì scorso, dall’Unicef e dall’Organizzazione Mondiale per la Salute (Oms). Dopo un lungo periodo di siccità che aveva provocato l’emergenza alimentare nel Paese del Corno d’Africa, le piogge a lungo attese sono finalmente arrivate ma ora hanno provocato una eccessiva proliferazione dei “mosquitos” responsabili del contagio e della diffusione della malaria. I mezzi finanziari finora a disposizione sono sufficienti soltanto per la cura di un terzo dei malati: mancano, infatti, almeno altri 5 milioni di euro per provvedere alle necessarie misure di prevenzione. Un altro Paese africano gravemente minacciato dalla fame e dalla povertà è l’Angola dove sono stati purtroppo dimezzati gli aiuti alimentari a causa dei ritardi nelle consegne delle derrate del Programma alimentare mondiale (Pam), la più grande agenzia umanitaria dell’Onu. Lo ha dichiarato all’Agenzia missionaria Misna il direttore dei programmi del Pam in Angola, Francisco Roque Castro, che in questi giorni si trova a Roma. “Ci sono gravi ritardi nella consegna degli stock alimentari – spiega il responsabile del Pam – e abbiamo deciso di non diminuire il numero di persone che beneficiano dei nostri progetti, ma di ridurre la quantità di cibo distribuito”. “In questo momento di emergenza – aggiunge il portavoce del Pam, Marcello Spina – suggerirei di attivare quei meccanismi che per quasi trent’anni hanno permesso di sopravvivere nonostante la guerra. Il nostro obiettivo è la autosostenibilità del popolo angolano”. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 ottobre 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

“Ora è il tempo di essere generosi”. Il segretario di Stato americano, Powell, ha aperto così il suo intervento alla Conferenza dei donatori per l’Iraq, in corso a Madrid. “L’aiuto – ha affermato Washington, che ha previsto uno stanziamento di oltre 20 miliardi di dollari – servirà a costruire scuole, ospedali ed infrastrutture”. Ma sulla gestione dei fondi non mancano le ombre: alcune organizzazioni non governative accusano l'Autorità civile provvisoria di irregolarità nell’utilizzo dei 5 miliardi di dollari ricevuti finora. Giada Aquilino ne ha parlato con Ornella Sangiovanni, che a Madrid rappresenta l’Ong italiana “Un ponte per…”:

 

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R. - Ho parlato personalmente con il rappresentante dell’organizzazione non governativa “Christian Aid”, una Ong cristiana con sede a Londra, supportata da 40 Chiese irlandesi ed inglesi. Ho letto il rapporto, e di questi 5 miliardi di dollari si sa come è stato speso soltanto un miliardo di dollari. Testimonianze di funzionari delle Nazioni Unite – ovviamente sotto garanzia di anonimato – hanno confermato che non si sa dove siano andati a finire questi fondi, che – va ricordato – sono soldi degli iracheni. Si tratta di una questione estremamente seria: è la dimostrazione che non esiste nessuna garanzia di trasparenza finché i soldi sono controllati dalle autorità di occupazione degli Stati Uniti.

 

D. – L’Unione europea ha annunciato stamattina di voler contribuire alla ricostruzione con 700 milioni di euro. Per cosa potrebbero essere usati? Che cosa ne pensa?

 

R. - Che ci siano in Iraq una quantità di bisogni di ricostruzione di infrastrutture e di assistenza alla popolazione, nessuno lo contesta. Il problema è per cosa verranno utilizzati i fondi, e soprattutto come. La questione reale è chiarire se questa ricostruzione sarà un business oppure se coinvolgerà gli iracheni. Per questo è importante la maniera in cui verrà gestita.

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Intanto, sul terreno, la situazione è ancora carica di tensione. Due attacchi contro soldati della coalizione hanno provocato il ferimento di due militari americani e la morte di due iracheni. Un civile iracheno è rimasto ucciso ed altri 6 feriti ieri sera a Baghdad, quando un proiettile da obice è caduto su un mercato nella zona sud della città, dove ieri la polizia aveva scoperto due autobombe.

 

Continua ad allungarsi la lista delle vittime della violenza in Medio Oriente. L’ultima è un bambino palestinese di 11 anni, morto stamattina a Gaza. Poco prima, ad Haifa, una bomba era esplosa nell’automobile di un deputato comunista israeliano, rischiando di uccidere la moglie. Ma l’episodio più grave si è verificato stanotte nella base militare israeliana di Netzarim, dove un attivista palestinese ha aperto il fuoco colpendo a morte tre soldati, prima di rimanere a sua volta ucciso.

 

Reazioni discordanti, in India, dopo le aperture del governo al Pakistan. La decisione del premier Vajpayee di ripristinare i collegamenti con la nazione vicina è stata duramente criticata dai suoi alleati del Vishwa Hindu Parishad, formazione nazionalista indù, mentre ha ricevuto consensi diffusi dalla società civile. Particolarmente favorevoli i commenti del Forum India-Pakistan per la pace e la democrazia.

 

La visita in Africa di Chirac, che si trova oggi in Mali, è coincisa con una forte ondata antifrancese. Il capo dell’Eliseo ha attribuito alle “dichiarazioni irresponsabili di alcuni leader africani” l’omicidio in Costa d’Avorio del giornalista Jean Hélène, a seguito del quale il governo locale ha rimosso il capo della polizia. Ma per i corrispondenti di Radio France Internationale i problemi non sono finiti: le autorità del Senegal hanno infatti espulso Sophie Malibeaux, reporter dell’emittente, accusata di “informazione tendenziosa” in favore dei ribelli del Casamance.

 

Blitz delle forze dell’ordine italiane alla caccia degli esponenti delle nuove Brigate Rosse coinvolti nell’omicidio del sindacalista Massimo D’Antona, avvenuto nel 1999. L’arresto dei presunti esecutori materiali del delitto è stato definito “un successo di grande rilievo” dal presidente Ciampi, mentre il ministro dell’Interno, Pisanu, si è detto convinto che siano state “tagliate le radici” del terrorismo politico. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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L’operazione – scattata all’alba – è stata coordinata dal pool antiterroristico delle Procure di Roma, Firenze e Bologna. 6 gli arresti operati – 4 uomini e 2 donne – a Roma, in Toscana ed in Sardegna. 5 dei presunti terroristi sono accusati di aver partecipato materialmente all’omicidio del professor D’Antona, mentre il sesto è accusato con gli altri di associazione sovversiva e banda armata. Le indagini hanno preso il via dall’esame dei computer e dei telefoni sequestrati a Nadia Desdemona Lioce, la brigatista fermata il 2 marzo scorso sul treno Roma-Firenze, durante un controllo nel quale persero la vita l’agente di Polizia Ferroviaria Emanuele Petri ed il brigatista Mario Galesi. Il professor D’Antona, stretto collaboratore dell’allora ministro del Lavoro Bassolino, venne ucciso nel maggio ’99 vicino alla sua abitazione: le Brigate Rosse vollero colpire un protagonista del riformismo in Italia. Il ministro dell’Interno, Pisanu, ha ricordato che proprio oggi entra in vigore la legge che cambia il mercato del lavoro e che porta il nome del professor Biagi, un’altra vittima delle Brigate Rosse. “Una conferma – osserva Pisanu – che gli uomini si possono uccidere, ma le loro idee no”.

 

Giampiero Guadagni, per la Radio Vaticana.

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Ma in Italia oggi è anche il giorno dello sciopero generale di 4 ore, indetto stamani dai sindacati contro la riforma delle pensioni: complessivamente, alle manifestazioni avrebbe partecipato un milione e mezzo di persone. Alessandro Guarasci ha seguito quella di Roma. La cronaca, da piazza Navona:

 

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L’Italia è bloccata per lo sciopero generale indetto dai sindacati contro la riforma delle pensioni del governo Berlusconi. Dal 2008 si potrà andare in pensione solo con 40 anni di contributi o 65 anni di età gli uomini e 60 per le donne. Modifiche giudicate troppo penalizzanti dai sindacati. Imponenti manifestazioni sono in corso in questo momento in tutte le principali città d’Italia. Il segretario della Cgil Epifani parla a Bologna, Angeletti della Uil a Napoli, Pezzotta della Cisl, invece, a Roma. Ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha ironizzato sullo sciopero di 4 ore. È uno sciopero part time – ha detto. Stamani, la risposta di Pezzotta: “Vuole dire che ne faremo presto uno full time”. Infatti i sindacati martedì decideranno nuove iniziative di lotta. Cgil, Cisl e Uil contestano anche il mancato decollo della previdenza integrativa: le tre confederazioni predisporranno una  proposta di riforma da portare al tavolo della trattativa nel caso in cui il governo ritirasse la delega previdenziale. Da notare che in piazza, qui a Roma, ci sono i leader dei principali partiti dell’opposizione.

 

Da Piazza Navona, Alessandro Guarasci, Radio Vaticana.

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A 48 ore dalle elezioni amministrative di domenica ed a 24 dal referendum sulla corruzione convocato per domani dal presidente Uribe, la Colombia rimane in preda alla violenza. Gli scontri tra l’esercito e la guerriglia sono particolarmente cruenti nel dipartimento nordoccidentale di Antioquia. Secondo fonti della Chiesa locale, i combattimenti avrebbero isolato la popolazione di quattro villaggi sul fiume Murindó: gli abitanti potrebbero essersi rifugiati nella foresta, per scampare al fuoco incrociato.

 

Le violenze non si placano neppure in Bolivia, nonostante la tregua di tre mesi promessa dai contadini al neopresidente, Mesa. A Tocopaya, nella regione tropicale del Chapare, l’esplosione di un ordigno telecomandato ha ucciso un soldato e ne ha feriti 7: erano impegnati nello sradicamento di alcune piantagioni di coca, coltivate in prevalenza da indigeni.

 

Si teme una tragedia nella regione di Rostov, in Russia meridionale. A causa di un’inondazione, infatti, almeno 46 minatori sono rimasti intrappolati nella galleria di una miniera di carbone. Nonostante l’opera di decine di soccorritori, si teme che i minatori non potranno essere liberati prima di domani.

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