RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 295 - Testo della Trasmissione di mercoledì 22 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’unità con il successore di Pietro, la chiamata alla testimonianza fino all’effusione del sangue, il primato della preghiera, specie contemplativa, richiamati dal Papa nel rito per la consegna dell’anello cardinalizio a trenta nuovi porporati

 

Con il memorabile invito a non avere paura ed a spalancare le porte a Cristo, Giovanni Paolo II iniziava 25 anni fa il suo ministero di Pastore universale della Chiesa. Con noi, lo storico Giorgio Rumi

 

La Santa Sede invita la comunità internazionale a sostenere gli sforzi del Nepad, la nuova alleanza tra Paesi africani per lo sviluppo del continente.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi a Sarajevo i funerali di Alija Izetbegovic, primo presidente della Bosnia indipendente. Intervista con Federico Eichberg

 

“Le leggi razziali e la comunità ebraica di Roma”. In mostra all’Archivio di Stato una pagina tragica della storia italiana. Ai nostri microfoni, Leone Paserman.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sì del Senato americano al bando del cosiddetto “aborto tardivo”. E’ il primo colpo alla tragica sentenza della Corte Suprema che legalizzava l’aborto 30 anni fa.

 

“Non abbiate paura. Giovanni Paolo II profeta del dialogo”. E’ il tema dell’incontro promosso a Gerusalemme dal ministero italiano degli Esteri

 

La 59.enne filippina, suor Carmelita Perez, è la nuova superiora generale delle Suore Mediche Missionarie

 

La politica migratoria tenga conto della disperazione di chi fugge. E’ il monito della Curia di Agrigento dopo le recenti tragedie nel Canale di Sicilia.

 

La Chiesa delle Filippine esprime la propria preoccupazione ed un richiamo alle coscienze per le condizioni dei detenuti nel Paese asiatico

 

Da domani è visitabile a Rimini nell’ambito di Ecomondo, la fiera internazionale del riciclo.

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Onu condanna il muro in Cisgiordania. Ma Israele insiste: “Non fermeremo i lavori”

 

Forse entro fine anno la firma della pace in Sudan: governo e ribelli attesi alla Casa Bianca

 

L’India pronta a negoziare con i separatisti del Kashmir. Presto riapriranno le frontiere con il Pakistan.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 ottobre 2003

 

QUESTA MATTINA NELLA BASILICA VATICANA LA MESSA DEL PAPA

E LA CONSEGNA DELL’ANELLO AI TRENTA NUOVI CARDINALI

CREATI NEL CONCISTORO DI IERI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

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(canto)

 

La cerimonia si sarebbe dovuta tenere in Piazza San Pietro, ma la pioggia non lo ha permesso. Tanti fedeli venuti per l’occasione non hanno potuto trovare posto in Basilica e sono stati dirottati nell’Aula Paolo VI da dove hanno potuto seguire il sacro rito attraverso i pannelli televisivi. Il Pontefice si è recato a salutarli al termine della celebrazione in San Pietro. Vogliamo rilevare che oggi ricorre il 25.mo anniversario dell’inizio solenne del ministero di Giovanni Paolo II quale supremo pastore della Chiesa universale, dopo la sua elezione avvenuta il 16 ottobre 1978.

 

All’omelia, che a nome del Papa è stata pronunciata dal sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, Giovanni Paolo II ha sottolineato che da un quarto di secolo va sempre e dovunque ripetendo la professione di fede di Pietro a Gesù: tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Questa è la Buona Novella che la Chiesa deve annunciare senza eccezione a tutti gli uomini. Unità e apertura, comunione e missione: questo è il respiro della Chiesa. Questa, in particolare, è la duplice dimensione del ministero petrino: servizio di unità e di missionarietà, e ai nuovi cardinali ha detto:

 

“L’anello che tra poco vi consegnerò, venerati fratelli, è simbolo del rinnovato vincolo che strettamente vi congiunge alla Chiesa e al Papa, suo Capo visibile”

 

Il Pontefice ha quindi ricordato ai neo porporati che sono chiamati a dare testimonianza a Cristo fino alla effusione  del sangue, se necessario. Ieri aveva già ricordato loro che Cristo ai suoi ministri chiede di morire a se stessi per farsi servi umili e disinteressati dei fratelli, rifuggendo da ogni tentazione di carriera e di tornaconto personale. E poi ha toccato il tema della preghiera sulla quale egli ha sempre fatto assegnamento. La preghiera è la nostra forza – ha affermato – aggiungendo:

 

“Ed è anche uno dei motivi per cui ho voluto che il 25.mo anno del mio pontificato fosse dedicato al Santo Rosario: per sottolineare il primato della preghiera, in modo speciale della preghiera contemplativa, fatta in spirituale unione con Maria, madre della Chiesa”.

 

         Come già ieri per ricevere la berretta e la consegna della bolla di nomina cardinalizia, anche questa mattina i 30 nuovi cardinali sono sfilati davanti al Pontefice che consegnava loro l’anello e scambiava l’abbraccio di pace.

 

(canto)

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Ricordiamo che Giovanni Paolo II ha creato in totale 232 cardinali in 9 Concistori. Attualmente viventi sono 176. Oggi il Collegio cardinalizio è composto di 194 porporati, dei quali 135 sono elettori e 59 non elettori, senza considerare il cardinale “in pectore”.

 

 

CON IL MEMORABILE INVITO “NON ABBIATE PAURA”,

GIOVANNI PAOLO II INIZIAVA 25 ANNI FA IL SUO MINISTERO PETRINO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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“Alla sede di Pietro a Roma sale oggi un Vescovo che non è romano. Un vescovo che è figlio della Polonia. Ma da questo momento diventa pure lui romano…” (applausi)

 

Con queste parole, pronunciate da un “vescovo pieno di trepidazione”, Giovanni Paolo II  iniziava, venticinque anni fa, il ministero di Pastore universale della Chiesa. Un lungo cammino, intrapreso con quei primi passi sul sagrato della Basilica di San Pietro nell’abbraccio caloroso, partecipe ed emozionato di oltre duecento mila fedeli, tra cui anche tanti pellegrini polacchi accorsi a Roma per quel “Papa venuto da lontano”, in realtà per loro così vicino. Prima di accedere alla grande piazza, il Pontefice aveva sostato in preghiera dinnanzi alla tomba dell’apostolo Pietro. Momento di grande intensità, accompagnato dall’inno d’invocazione allo Spirito Santo, il “Veni Creator Spiritus”, intonato dal coro della Cappella Sistina.

 

Quindi, con un gesto ricco di significato e suggestione, il primo cardinale dell’Ordine dei Diaconi, Pericle Felici, pose sulle spalle di Giovanni Paolo II il Sacro Pallio, la stola di lana bianca, simbolo dell’autorità pontificia del Vescovo di Roma. Il Santo Padre non volle, invece, come già prima di lui Papa Luciani, che fosse posto sul suo capo il Triregno, perché disse, “non è tempo di tornare ad un rito” che “è stato considerato come il simbolo del potere temporale dei Papi”. Se dunque, le immagini di quella mattina del 22 ottobre 1978 restano indelebili nella mente di chi assistette alla solenne celebrazione, scolpite nei cuori di ogni cristiano rimangono le parole che Papa Wojtyla pronunciò durante l’omelia:

 

“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo. Alla sua salvatrice potestà, aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!” (applausi)

 

Le parole, i gesti di Giovanni Paolo II destarono sorpresa tra i fedeli, come quando - al termine di quella straordinaria celebrazione - andò incontro abbrac-ciandoli a due bambini che dopo aver scavalcato una transenna si erano diretti verso di lui. Una sorpresa a cui subito si aggiunse la simpatia umana per la sua storia personale, per la forza della figura del nuovo Papa, come sottolinea lo storico Giorgio Rumi, editorialista dell’Osservatore Romano:

 

“Direi che ci fu sorpresa, mista ad una certa simpatia istintiva. Un uomo giovane, un uomo che si è immediatamente saputo coraggioso, temprato da situazioni molto difficili: la sconfitta della Polonia nel settembre del 1939, l’occupazione nazista, il comunismo, una vocazione venuta su in una situazione assai povera. Tutto questo ha acceso immediatamente una scintilla di vicinanza nei cuori della gente. Poi, direi il momento più importante è stato quando il nuovo Papa ha alzato quella croce a stile, che fu di Montini. Si ebbe l’impressione come di una bandiera, di un riconoscimento comune, non aggressivo, ma certamente identitario. Ci fu proprio una lieta sorpresa nel mondo cattolico, come una intuizione della “Caduta del Muro”, al quale nessuno poteva pensare. Si capì che anche di là della cortina di ferro, c’erano dei cristiani, dei fratelli, con cui fosse possibile parlare, intendersi. Cosa ovvia, ma diverso è il livello intellettuale e razionale dal livello emozionale e affettivo”.

 

Al termine dell’omelia, Giovanni Paolo II invitò i fedeli ad aiutarlo, ad essergli vicino. Un’esortazione che, oggi come allora, il Papa rivolge ad ogni cristiano:

 

“Pregate per me, aiutatemi, perché io vi possa servire. Amen”. (applausi)

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RICHIAMO DELLA SANTA SEDE ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

PERCHE’ SOSTENGA GLI SFORZI DEL NEPAD,

LA NUOVA ALLEANZA TRA PAESI AFRICANI PER LO SVILUPPO DEL CONTINENTE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Anzitutto “una rapida e definitiva soluzione” per la remissione del debito estero, da qui la comunità internazionale deve partire per sostenere lo sviluppo dell’Africa; ogni risposta parziale nel passato è stata infatti “inadeguata”. Il monito di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu, in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Solo un anno fa - ha ricordato l’arcivescovo - si è salutata la nascita del Nepad, quale risposta alle particolari necessità di questo Continente. Ma solo una azione “coraggiosa e generosa” per cancellare il debito estero può trasformare le semplici dichiarazioni di buona volontà in impegni concreti per destinare lo 0,7 per cento del Prodotto nazionale lordo all’aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri, in massima parte africani.

 

La comunità internazionale dovrebbe poi favorire il commercio estero dei Paesi africani, “eliminando ogni tipo di competizione sleale” contro queste Nazioni. “Stabilire barriere doganali per proteggere i vantaggi economici dei produttori dei Paesi ricchi, specialmente in quei settori nei quali l’Africa può essere competitiva, è in contraddizione con tutte le solenni promesse economiche internazionali”

 

Quindi una raccomandazione perché l’Africa ha bisogno di sviluppare un’economia agraria diversificata basata sulla famiglia, capace di rispondere alle innumerevoli sfide, come l’eccessivo inurbamento, la mancanza di sicurezza, la protezione dell’ambiente. E non è possibile raggiungere lo sviluppo sociale ed economico  senza appropriate tecnologie e conoscenze. “Tali tecnologie – ha sottolineato l’arcivescovo Migliore – dovrebbero essere specificamente applicate alle realtà economiche, ecologiche e sociali dell’Africa”, piuttosto che imposte ed estranee alle società locali.

 

Infine il richiamo alla pace perché è impossibile pensare – ha detto il rappresentante della Santa Sede all’Onu – ad un equo sviluppo economico e sociale senza la pace. E l’auspicio che l’Africa sappia preservare i suoi valori autentici, soprattutto “il rispetto della famiglia” ed “il senso di solidarietà e della vita comunitaria”, profondamente radicati nella società africana, “inestimabile eredità culturale”; che questo Continente “mai soccomba alla tentazione dell’individualismo, che è così estraneo alle sue migliori tradizioni.”

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Con vibrante respiro, la prima pagina così si apre: “Stringiamoci a Cristo pietra viva! Ripartiamo da Lui”.

Nel giorno del 25 anniversario del solenne inizio del Ministero di Pastore universale della Chiesa, Giovanni Paolo II celebra la Santa Messa con i nuovi cardinali e consegna loro l’anello, simbolo di rinnovato vincolo con la Chiesa e con il Papa.

Un pensiero del nostro direttore dal titolo “Anche le pietre di Piazza San Pietro hanno gridato amore”.   

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alle celebrazioni, nelle diverse diocesi italiane, in occasione del XXV di Pontificato di Giovanni Paolo II.

 

Nelle estere, Stati Uniti: il Senato vieta l’aborto tardivo con il metodo cosiddetto della “nascita parziale”.

Medio Oriente: l’Assemblea generale dell’Onu condanna il “muro” israeliano.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Una forma patologica dell’esperienza religiosa”: un numero monografico della rivista “Euntes Docete” dedicato al fondamentalismo.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il dramma dell’immigrazione ed il terrorismo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 ottobre 2003

 

OGGI A SARAJEVO, I FUNERALI DI ALIJA IZETBEGOVIC,

IL PRIMO PRESIDENTE DELLA BOSNIA INDIPENDENTE

- Con noi, Federico Eichberg -

 

Migliaia di persone e delegazioni da tutto il mondo si sono ritrovate oggi a Sarajevo per i funerali di Alija Izetbegovic, il primo presidente della Bosnia indipendente, deceduto domenica all'età di 78 anni per arresto cardiaco. Anche a causa della sua precaria salute, nel 2000 si era ritirato dalla presidenza tricefala (in rappresentanza delle etnie musulmana, serba e croata) della Bosnia-Erzegovina. Per il segretario generale dell'Onu Kofi Annan, Izetbegovic ''sarà ricordato per il suo ruolo storico nel preservare l'unità della Bosnia''. Izetbegovic fu uno dei firmatari dell'accordo di pace di Dayton, il 14 dicembre 1995, che mise fine alla guerra di Bosnia, iniziata nel 1992. Ma proprio la morte di Izetbegovic ha provocato in Bosnia emozioni contrastanti: sentimenti di affetto per chi lo considera il 'padre della patria' che ha salvato la Bosnia e i musulmani bosniaci dall'indifferenza, ma anche pesanti critiche da parte dei nazionalisti serbo bosniaci che lo accusano della dissoluzione dell'ex Jugoslavia e di crimini di guerra ai danni dei serbi. Ma chi era dunque l’ex presidente Izetbegovic? Risponde Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Con la scomparsa di Izetbegovic esce di scena uno dei principali attori della tragedia dell’ultimo decennio del XX secolo che si è consumata nella ex-Jugoslavia. Izetbegovic sicuramente rappresenta per i musulmani di Bosnia un riferimento: non dimentichiamoci che fu tra i fondatori del Partito di azione democratica (Sda), il partito musulmano. Ma non dimentichiamoci neppure che per molti musulmani di Bosnia - i quali invece ritenevano di dover fondare un’identità bosniaca che andasse oltre le identità nazionali e religiose e si basasse sull’appartenenza geografica alla Bosnia Erzegovina - Izetbegovic ha significato sì un attore politico, ma non rappresentativo di tutti i bosniaci.

 

D. – Izetbegovic ha creduto che serbi, croati e musulmani potessero governare la Bosnia: sarebbe stato possibile?

 

R. – Izetbegovic scelse la via dell’indipendenza con il referendum dell’aprile del ’92, in un momento in cui la Bosnia Erzegovina rappresentava sulla carta un laboratorio di convivenza, ma in effetti non era previsto alcun meccanismo perché questa convivenza potesse continuare pacificamente dopo l’indipendenza. Si consideri la diffidenza che i serbo-bosniaci e in qualche misura anche i croati di Bosnia ebbero verso i primi passi di questa nuova creatura, lo Stato di Bosnia Erzegovina. Il referendum su cui si instradò Izetbegovic e che portò alla nascita del nuovo Stato non prevedeva quei meccanismi che solo l’accordo di Dayton, dopo circa tre anni di guerra, avrebbe previsto.

 

D. – Il conflitto in Bosnia è stato definito il più sanguinoso in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Cosa rimane, oggi, di quella guerra?

 

R. – Rimangono fantasmi politici e, purtroppo, tante ferite aperte, incarnate dal ritrovamento continuo di fosse comuni. I fantasmi politici sono quelli che ancora si agitano nelle due entità, cioè nella Republika Srpska (Rs, a maggioranza serba di Bosnia) e nella Federazione croato-musulmana, ancora troppo divise dal punto di vista istituzionale ed economico e incapaci di avviarsi verso un’integrazione. Più drammatiche sono le conseguenze e le ferite ancora aperte: basti pensare che nello scorso mese di agosto sono state ritrovate altre fosse comuni risalenti alla strage di Srebrenica del luglio del ’95, definito il singolo atto di guerra più drammatico che si sia mai verificato in Europa dopo il ’45. Allora circa 8 mila musulmani furono massacrati dinanzi agli occhi dei familiari, dei caschi blu e delle telecamere dei network internazionali.

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“LE LEGGI RAZZIALI E LA COMUNITA’ EBRAICA DI ROMA”.

IN MOSTRA ALL’ARCHIVIO DI STATO UNA PAGINA TRAGICA DELLA STORIA ITALIANA

FRA IL 1938 E IL ’45

- Ai nostri microfoni, il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Leone Paserman -

 

Le deportazioni degli ebrei italiani, iniziate con il rastrellamento al ghetto di Roma il 16 ottobre 1943, furono solo il tragico epilogo delle Leggi Razziali emanate dal governo fascista nel ‘38. Fino al 10 novembre una mostra all’Archivio di Stato di Roma, curata da Manola Ida Venzo e Bice Migliau, ricostruisce attraverso documenti, foto, giornali, atti burocratici e giudiziari, lettere di deportati ad Auschwitz, le tragiche conseguenze della discriminazione razziale sulla vita della Comunità Ebraica romana, la più antica e numerosa in Italia. A.V. ha incontrato il presidente, Leone Paserman:

 

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E’ rivolta soprattutto alle giovani generazioni, ma intende colmare anche una lacuna nella memoria storica, la mostra scientifico-didattica tratta dagli Archivi Italiani ed Ebraici, con la possibilità di diventare itinerante in altre città e scuole italiane. Ne illustra gli obiettivi il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Leone Paserman:

 

“Si tende a dimenticare l’inizio delle persecuzioni razziste ed antisemite in Italia nel 1938 e a rinviarle tutte solo con l’occupazione nazista dopo l’8 settembre del ’43. Purtroppo, invece, la persecuzione è cominciata prima e l’epilogo delle deportazioni sono una conseguenza della discriminazione che cominciò 5 anni prima”.

 

Le responsabilità di quella legislazione scellerata, continua Paserman, vanno tutte ascritte al regime di Mussolini, che proprio negli anni del consenso agì in modo autonomo rispetto all’alleato tedesco; e al re che firmò i decreti – una macchia indelebile sulla dinastia Savoia, sostiene. Ma riguardano anche le singole coscienze:

 

“Quello che non si può dimenticare è l’indifferenza se non la quiescenza con cui questa legislazione venne accettata dalla maggioranza del popolo italiano. Le opposizioni furono veramente scarse. Non dimentichiamo che nel manifesto degli scienziati razzisti la prima firma era quella di Nicola Pende, autorevole e noto scienziato, che dopo la guerra rimase tranquillamente al suo posto come titolare della Cattedra all’Università de La Sapienza. Un altro firmatario di quelle leggi fu il professor Visco che divenne addirittura preside della Facoltà di Scienze alla Sapienza nel dopoguerra. C’è stata veramente una rimozione totale dopo la liberazione della responsabilità degli italiani”.

 

Allora gli italiani non reagirono, oggi viceversa la questione ebraica suscita interesse e attenzione, come dimostra anche l’affluenza alla mostra:

 

“Credo che oggi ci sia questa consapevolezza delle carenze riscontrate in quegli anni. Oggi c’è molta più attenzione al diverso, comprensione delle specificità culturali e religiose, ma ciò non toglie che ci sono ancora oggi difficoltà in questo settore. Un dibattito dominante in questi giorni  è quello del diritto di voto agli immigrati in Italia: c’è ancora chi si ostina a non riconoscere pari dignità agli stranieri. In un mondo sempre più globalizzato è un atteggiamento veramente assurdo! Tradire valori fondanti della democrazia per piccoli interessi e considerazioni economiche”.

 

Più rispetto dunque per le diversità, ma riconoscendo gli uomini tutti uguali di fronte all’unico Dio, conclude Paserman:

 

“Le grandi religioni monoteistiche credono nell’unico Dio e nello stesso Dio. Dispiace che, soprattutto, il mondo ebraico e il mondo islamico siano così drammaticamente in conflitto. Mi auguro che questo possa essere superato e che si possa arrivare alla pace. Dobbiamo tutti costruire. Non si tratta soltanto di tollerare il diverso, ma si tratta veramente di accettare il diverso, senza ricorrere a pretese di integralismo, ma nella sua specificità, nel suo diritto anche a portare il chador o la Kippa o il Crocifisso per i cristiani”.

 

E cosa dire della Francia, dove la questione si è risolta vietando l’uso di tutti e tre i simboli religiosi:

 

“Il laicismo può anche diventare intollerante!”.

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CHIESA E SOCIETA’

22 ottobre 2003

 

 

IL SENATO AMERICANO HA APPROVATO, IERI SERA, LA MESSA AL BANDO DELL'ABORTO TARDIVO, IL CONTROVERSO METODO UTILIZZATO PER INTERROMPERE LA GRAVIDANZA NELLA FASE AVANZATA DELLA GESTAZIONE

- A cura di Paolo Mastrolilli -

 

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WASHINGTON. = Dopo la Camera, anche il Senato americano ha approvato la legge per vietare l’aborto a gravidanza avanzata, che presto entrerà in vigore perché il presidente statunitense, Gorge Bush, ha già detto di volerla firmare. Il provvedimento proibisce una pratica usata generalmente nel secondo e nel terzo trimestre di gestazione, nella quale il feto viene fatto scendere lungo il canale della vita, prima dell’intervento per asportarlo. Il Congresso, a maggioranza repubblicana, aveva approvato questa legge già due volte durante l’amministrazione Clinton ma l’allora capo della Casa Bianca l’aveva bloccata usando il potere di veto. Bush, invece, ha promesso di firmarla definendola un’iniziativa molto importante che porrà fine ad una pratica orribile e continuerà a costruire una cultura della vita in America. Gli oppositori hanno giudicato la legge come il primo passo per cercare di vietare l’aborto negli Stati Uniti e hanno annunciato ricorsi in tribunale. Il primo riguarderà una richiesta di ingiunzione per impedire l’entrata in vigore del provvedimento. Se la domanda verrà bocciata, l’appello potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema che legalizzò l’interruzione di gravidanza nel 1973.

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“NON ABBIATE PAURA. GIOVANNI PAOLO II PROFETA DEL DIALOGO”. E’ IL TEMA DELL’INCONTRO PROMOSSO A GERUSALEMME DAL MINISTERO ITALIANO DEGLI ESTERI NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE ORGANIZZATE PER IL XXV DI PONTIFICATO

 

GERUSALEMME. = Il 22 ottobre di 25 anni fa, in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II si presentò al mondo scandendo a gran voce la formula di un esorcismo geopolitico, che avrebbe cambiato il corso della storia: “Non abbiate paura”. Venticinque anni dopo, lo stesso giorno, quelle parole sono il titolo di una suggestiva manifestazione, organizzata dal ministero degli Esteri italiano (Mae) a Gerusalemme, nell’Auditorium del Pontificio istituto Notre Dame. All’incontro presieduto dal sottosegretario Mario Baccini, promotore delle iniziative del Mae per il 25° del Pontificato, e condotto dal giornalista Piero Schiavazzi è prevista la partecipazione dei tre membri della Commissione preparatoria del pellegrinaggio del Papa in Terra Santa nel 2000: l’israeliano Chaim Ramon, il palestinese Emile Jarjoui ed il nunzio apostolico, mons. Pietro Sambi. (A.L.)

 

 

LA 59.ENNE FILIPPINA, SUOR CARMELITA PEREZ, E’ LA NUOVA SUPERIORA GENERALE DELLE SUORE MEDICHE MISSIONARIE. L’ELEZIONE È AVVENUTA IERI

NEL CORSO DEL 12.MO CAPITOLO GENERALE DELL’ORDINE

 

NAIROBI. = Le Suore Mediche Missionarie (Mms), riunite dallo scorso 1° ottobre a Nairobi, in Kenya, per il loro 12° Capitolo generale, hanno eletto la nuova superiora generale: si tratta della filippina 59.enne suor Carmelita Perez, che succede a suor Elizabeth Koonthanam. L’ordine, fondato nel 1925 a Washington dalla dottoressa austriaca, Anna Dengel, e presente con circa 700 religiose in 23 Paesi di Asia, Europa, America Latina e Nord America, è impegnato nella realizzazione di progetti assistenziali e formativi soprattutto in quelle aree del mondo dove è particolarmente lacunoso l’accesso alle cure mediche. La nuova superiora generale è stata finora coordinatrice per le Filippine e ha studiato teologia. E’ possibile avere maggiori informazioni sull’opera delle Suore Mediche Missionarie consultando il loro sito internet, www.medicalmissionsisters.org (A.L.)

 

 

“LA POLITICA MIGRATORIA TENGA CONTO DELLA DISPERAZIONE DI CHI FUGGE”.

E’ IL MONITO LANCIATO OGGI DALLA CURIA DI AGRIGENTO DOPO LE RECENTI TRAGEDIE DEL MARE AVVENUTE NEL CANALE DI SICILIA

 

AGRIGENTO. = “Qualunque strategia che non tenga conto della disperazione di chi fugge dal Paese di origine in cerca di un futuro migliore, non può avere speranze di arginare un fenomeno migratorio che non ha più profili solo fisiologici”. E’ quanto afferma oggi il responsabile della Consulta diocesana per i problemi sociali e il lavoro di Agrigento, Salvatore Pezzino, dopo l’ennesima – e sempre più drammatica - tragedia del mare nel canale di Sicilia. Secondo Pezzino “il ripetersi incessante di questi drammi impone a tutti di rivedere i registri del confronto sul fenomeno degli sbarchi clandestini”. I dati sulle perdite umane, difficilmente quantificabili, impongono dunque un approccio più complesso “sia per le iniziative concordate tra i Paesi interessati sul terreno dei controlli, che su quello dell’accoglienza”. Il direttore dell’ufficio Migrantes della curia di Agrigento, padre Antonio Serina, invita inoltre le comunità cristiane a fare “un serio esame di coscienza” ponendosi importanti interrogativi. “Le nostre parrocchie e le nostre comunità – chiede - possono stare con la coscienza a posto e quale integrazione promuovono?”. Per rispondere adeguatamente a tali domande – conclude padre Antonio Serina - è necessario “offrire una più autentica e generosa testimonianza cristiana”. (A.L.)

 

 

LA CHIESA DELLE FILIPPINE ESPRIME LA PROPRIA PREOCCUPAZIONE ED UN RICHIAMO ALLE COSCIENZE PER LE CONDIZIONI DEI DETENUTI NEL PAESE ASIATICO

 

MANILA. = Nelle prigioni delle Filippine sono attualmente detenute quasi 100 mila persone e, tra queste, oltre 60 mila sono in attesa di una sentenza. Più di diecimila carcerati, inoltre, sono minorenni e circa un migliaio di uomini e donne sono detenuti nel ‘braccio della morte’. A loro la Chiesa delle Filippine dedica la settimana in corso, incentrata sul tema: ‘La consapevolezza della condizione dei prigionieri’. Il portavoce della Commissione pastorale per i detenuti, Rodolfo Diamante, ha spiegato che la Chiesa ha scelto di aderire ad un concetto di giustizia diverso da quello corrente che mira a punire il colpevole con la stessa, e forse anche maggiore, sofferenza arrecata dai reati commessi. Diamante spiega che la Chiesa chiede alla popolazione di vedere nella giustizia uno strumento teso a riconciliare le persone. Le Filippine hanno reintrodotto la pena di morte nel 1992 anche per i crimini comuni ma lo scorso anno il presidente, Gloria Macapagal Arroyo, ha emesso un decreto che sospende per il momento le esecuzioni. Nel Paese asiatico, tra le file dei condannati alla pena capitale, ci sono 11 ultrasettantenni e 15 persone che al momento del crimine avevano meno di 18 anni. (A.L.)

 

 

DA DOMANI È VISITABILE A RIMINI NELL’AMBITO DI ECOMONDO,

LA FIERA INTERNAZIONALE DEL RICICLO, UNA SUGGESTIVA RASSEGNA DI OPERE

 SU TEMI AMBIENTALI REALIZZATE DA GIOVANI ARTISTI ITALIANI

 

RIMINI. = In occasione di Ecomondo, la Fiera internazionale del riciclo che si svolgerà a Rimini da domani fino al prossimo 25 ottobre, è stata realizzata una rassegna di opere realizzate da un gruppo di artisti di talento, iscritti all’Associazione nazionale giovani artisti italiani che ispirandosi ai temi dell’ambiente si sono espressi nelle discipline video, web design, computer grafic e cartoon. “Con questa mostra – spiegano gli organizzatori dell’iniziativa - il linguaggio originale dell’arte intende suggerire una visione della realtà suscitando una riflessione attenta sui temi dell’ambiente, sul riciclaggio dei rifiuti, sullo sviluppo sostenibile e sul risparmio delle risorse ambientali”. Con l’obiettivo di ricordare che il recupero e il riutilizzo della materia non sono semplicemente un’operazione tecnologica ma anche culturale, le opere coniugano stili e percezioni differenti, inducendo gli spettatori a riflettere sui temi proposti con chiavi di accesso anche ironiche. Passando dagli spot ai cortometraggi, dalla fotografia digitale sino al connubio tra immagini e poesia, tutte e dodici le opere presentate si caratterizzano per la grande originalità e soprattutto per la diversità dei linguaggi utilizzati. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 ottobre 2003

 

- A cura di Andrea Sarubbi e Marta Rossi -

 

Le Nazioni Unite al lavoro, per cercare di sbloccare la crisi mediorientale. Mentre la Russia sta preparando una risoluzione che vincolerebbe israeliani e palestinesi al rispetto del piano di pace, al Palazzo di vetro si è votato stanotte un testo di condanna nei confronti della barriera di sicurezza che Israele sta costruendo in Cisgiordania. Ma lo Stato ebraico non sembra intenzionato a fermare i lavori, come ci riferisce Graziano Motta:

 

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L’Autorità nazionale palestinese saluta con soddisfazione la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu, che chiede ad Israele di interrompere la costruzione della cosiddetta “barriera di sicurezza” e di smantellarne le parti edificate. Ma il governo Sharon ribadisce che i lavori continueranno per assicurare la protezione dei propri cittadini, mentre il rappresentante israeliano all’Onu ha definito la risoluzione “un’iniziativa illegittima” ed “un’espressione di ipocrisia”. La risoluzione dell’Assemblea generale, per quanto approvata con 144 “sì”, non è vincolante per Israele, che l’ha respinta, come hanno fatto con il loro voto gli Stati Uniti ed altri due Paesi. In polemica, il rappresentante palestinese all’Onu parla di “intimidazione” e di “ricatti” israeliani. Così i rapporti restano molto tesi, come sul terreno. Nelle ultime ore, soldati israeliani hanno ucciso due esponenti della rivolta che tentavano di sfuggire alla cattura ed hanno arrestato 18 attivisti in varie località della Cisgiordania. Presso il confine tra Gaza ed Israele, poi, hanno appena sventato un attentato terroristico: feriti due palestinesi che, riusciti a superare la frontiera, tentavano di deporre 40 chili di esplosivo presso un kibbutz.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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In mezzo a tante violenze, c’è anche un segnale di speranza. È l’inaugurazione, avvenuta ieri, del Campus universitario “Mar Elias” ad Ibillin, in Galilea: la prima università dell’area per studenti cristiani, musulmani ed ebrei, sorta con l’obiettivo di alimentare la cultura della pace. Ce lo conferma il padre melchita Elias Chacour, fondatore e presidente dell’Ateneo:

 

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R. – NOUS NE VOULONS QUE DETRUIR TOUS LES MURS ...

Noi vogliamo distruggere ogni possibile muro, psicologico e di qualsiasi altra natura, che separa ebrei e palestinesi. Vi sono molti studenti che vengono qui: all’inizio hanno paura, perché vengono da un villaggio cristiano, hanno pregiudizi enormi contro i musulmani; poi, ci sono quelli che vengono da un villaggio musulmano, che dicono: “Come possiamo stare fianco a fianco con un giovane cristiano? È impossibile, è pericoloso!”. Ma fra due o tre mesi, camminando per la scuola, non sarà più possibile distinguere un cristiano da un musulmano o da un ebreo...

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Si avvicina la fine della ventennale guerra civile in Sudan, già costata la vita a 2 milioni di persone. Lo ha detto questa mattina a Khartoum il segretario di Stato americano, Powell, aggiungendo che la Casa Bianca ha invitato a Washington governo e ribelli, per la firma di un accordo di pace globale entro la fine dell’anno. “Si vede la luce in fondo al tunnel”, ha affermato l’inviato statunitense, invitando le parti a “non sprecare questa grande opportunità”.

 

Spiragli di pace si intravedono anche in Kashmir, la regione contesa da India e Pakistan. Il governo di New Delhi ha infatti annunciato stamani la propria disponibilità ad avviare colloqui di pace con la All Parties Hurriyat Conference, la coalizione che raggruppa i separatisti della regione. L’India è inoltre pronta alla riapertura dei confini con il Pakistan ed a riprendere le competizioni sportive tra i due Paesi.

 

È ormai questione di settimane per la firma iraniana sul protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione nucleare. Il presidente Khatami ha ricordato stamani che “manca ancora l’avallo del Parlamento”, ma già mercoledì prossimo Teheran fornirà agli esperti dell’Aiea le documentazioni richieste sull’attività nucleare svolta finora. “È uno sviluppo molto positivo”, ha detto il presidente degli Stati Uniti, Bush; una soddisfazione comprensibile, come conferma, al microfono di Massimiliano Menichetti, Alberto Zanconato, corrispondente Ansa dall’Iran:

 

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R. – Si tratta di una svolta, nel senso che sono state poste le basi - come hanno sottolineato anche i ministri degli esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania - per un rapporto di maggiore fiducia tra l’Iran e la comunità internazionale. Bisogna ricordare che l’Iran accetterà di firmare un protocollo per ispezioni più severe ai suoi impianti ed anche di sospendere la produzione di uranio arricchito, che l’Aiea temeva potesse essere usato per la costruzione di ordigni nucleari.

 

D. – Ora c’è la possibilità anche che diminuiscano le tensioni tra la Casa Bianca e Teheran?

 

R. – La buona volontà sembra esserci; gli Stati Uniti erano informati del procedere delle trattative e quindi sono stati consultati anche prima di arrivare alla firma di questo accordo.

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Una sosta di poche ore, per commemorare le 202 vittime dell’attentato terroristico di un anno fa. Il presidente americano, Bush, ha fatto tappa stamani nell’isola di Bali, dove ha incontrato la presidente indonesiana, Megawati Sukarnoputri. Al Paese asiatico, il capo della Casa Bianca – atteso oggi in Australia – ha promesso un programma da 157 milioni di dollari per favorire l’istruzione.

 

È invece di 15 miliardi di dollari la cifra destinata da Washington all’Iraq, alla cui ricostruzione è dedicata la conferenza dei donatori che si aprirà domani a Madrid. Ancora da stabilire con certezza il contributo dell’Unione europea, che dovrebbe comunque aggirarsi sui 750 milioni di dollari. Nel Paese del Golfo, intanto, non si fermano le violenze contro i militari americani: 4 soldati sono stati feriti gravemente stamani dall’esplosione di un ordigno a Falluja, 50 chilometri dalla capitale, mentre altri due sono stati feriti nel centro di Baghdad.

 

Si complica più del previsto il processo di pace nell’Irlanda del nord, in vista delle elezioni del 26 novembre per il ripristino dell'Assemblea dell'Ulster. Il leader unionista, David Trimble, ha infatti bloccato l’accordo che sembrava ormai raggiunto, chiedendo ulteriori dettagli sul disarmo dell’Ira, l’Esercito repubblicano nordirlandese. Sentiamo Enzo Farinella:

 

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David Trimble è insoddisfatto delle dichiarazioni della Commissione internazionale che soprassiede al disarmo; ha dato alla Commissione 8 giorni di tempo, fino a mercoledì prossimo, per trovare una soluzione al problema di trasparenza, senza il quale egli non potrà presentare alla comunità unionista il nuovo accordo. È inutile dire che questa ulteriore richiesta è stata una vera doccia fredda per tutti. Gerry Adams ha parlato di un venir meno all’accordo raggiunto; il premier britannico Blair e l’irlandese Ahern hanno lavorato fino a tarda notte nel castello di Hillsborough, vicino a Belfast, rinnovando la loro volontà di portare a termine il processo di pace.

 

Da Belfast, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

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“Un grande professionista morto esercitando il suo lavoro al servizio dell’informazione della terra africana che amava tanto”: con queste parole il presidente francese Chirac ha descritto Jean Helene, giornalista di Radio France International ucciso ieri sera ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Un testimone ha dichiarato di avere visto il reporter fuori dalla sede della polizia nazionale, in attesa di intervistare alcuni militanti dell’opposizione. La guerra civile scoppiata lo scorso anno ha innescato nel Paese africano forti sentimenti anti-francesi e Radio France International è stata spesso accusata di appoggiare i ribelli.

 

Si apre oggi a Rabat, in Marocco, la riunione tra 5 Paesi europei e 5 del Mediterraneo sulla questione dell’immigrazione clandestina. Nonostante la tragedia di domenica notte al largo di Lampedusa, non si fermano gli approdi sulle coste siciliane: 40 immigrati stanno arrivando in queste ore a Porto Empedocle, 23 marocchini sono sbarcati a Levanzo ed altri 10 sono stati fermati a Favignana dalla Guardia di finanza.

 

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