RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 294 - Testo della Trasmissione di martedì 21 ottobre 2003

 

Sommario

                                                          

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

Nel Concistoro in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ha imposto la berretta cardinalizia a 30 benemeriti ecclesiastici. Con lo spirito di “servizio” a cui sono chiamati i nuovi cardinali, evidenziate nell’omelia papale l’unità e la molteplicità del popolo cristiano

 

 I valori etici della siano sempre al centro dell’attività turistica. Così a nome della Santa Sede mons. Piero Monni, alla assemblea dell’Organizzazione Mondiale del Turismo riunita a Pechino

 

Il cardinale Francis Arinze in Africa e in America per una serie di incontri sulla liturgia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 

Il mondo arabo, con le sue luci e ombre, in un Rapporto delle Nazioni Unite

 

Sgomento e indignazione per l’ennesima tragedia del mare a Lampedusa. Ai nostri microfoni, don Bruno Mioli

 

Riunito a Ginevra l Comitato dell’Onu per i diritti umani

 

Tecnologia medica e umanizzazione delle cure, in un vertice dei Fatebenefratelli. Con noi, il prof. Marco Robino.

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

Vescovi e personalità accademiche in un Convegno della Chiesa italiana sulla “Pacem in terris” a Bergamo

 

L’Organizzazione Mondiale contro la Tortura denuncia le violenze contro i minori e il traffico di donne nelle Filippine dal 2001 ad oggi.

 

In Zambia e Malawi la Chiesa cattolica in prima linea nel soccorso alimentare.

 

Al Festival del cinema di Montreal vince il primo film realizzato in Afghanistan dopo la caduta dei Talebani.

 

La Commissione interamericana dei diritti umani avvierà un’inchiesta sui crimini contro gli indigeni in Colombia.

 

 

24 ORE NEL MONDO:

Medio Oriente, si infiamma la violenza: almeno 10 vittime in Cisgiordania, per 5 raid israeliani

 

Passo in avanti dell’Iran: stop temporaneo all’arricchimento di uranio, via libera ad ispezioni più severe alcuni arsenali.

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 ottobre 2003

 

 

QUESTA MATTINA IN PIAZZA SAN PIETRO LA CREAZIONE DI TRENTA NUOVI CARDINALI

DI SANTA ROMANA CHIESA CON L’IMPOSIZIONE DELLA BERRETTA E L’ASSEGNAZIONE

DEL TITOLO O DIACONIA CHE LI UNISCE AL CLERO DI ROMA

- A cura di Giovanni Peduto –

 

 

         La cerimonia si è svolta nell’ambito di una Liturgia della Parola in un’affollata e luminosa piazza San Pietro con multicolori addobbi floreali a sottolineare il clima di festa … “Nella stupenda cornice del sagrato della Basilica di San Pietro – come ha sottolineato il neo cardinale Jean-Louis Tauran, che ha salutato il Pontefice a nome di tutti i neo porporati – risplendeva questa mattina la Chiesa di Cristo, Chiesa antica ma sempre nuova, una e variegata, presente sul cammino degli uomini, anche se talvolta combattuta”.  E alla fine del saluto ha aggiunto:

 

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Guardando alla Vostra Persona, Beatissimo Padre, ci ricordiamo che la Chiesa vive di Gesù Cristo e per Cristo, e ci sentiamo soprattutto servitori, memori che, nella Chiesa, ogni Autorità non è altro che servizio. Grazie per insegnarcelo, ormai da 25 anni, con la parola e l’esempio, con commovente coerenza e fedele perseveranza!

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Gli ha fatto eco il Pontefice – nel testo letto dal Sostituto della Segreteria di Stato mons. Leonardo Sandri - sottolineando che l’odierno incontro costituiva un ulteriore momento di grazia in questi giorni particolarmente densi di eventi ecclesiali, ed affermando che arricchito di nuovi membri il Collegio cardinalizio, mentre riflette ancora più la molteplicità di razze e culture che caratterizza il popolo cristiano, pone con nuova evidenza in risalto l’unità di ogni porzione del gregge di Cristo con la Cattedra del Vescovo di Roma.

 

Ai nuovi 30 cardinali Giovanni Paolo II ha ricordato quindi il dono grande che è stato loro fatto e la grande responsabilità che esso comporta: ancor più per  loro vale l’impegno di predicare con la parola e con l’esempio, come pone bene in luce la recente esortazione apostolica Pastores Gregis firmata giovedì scorso.

 

 

Il rosso porpora dell’abito cardinalizio – dice il Papa - evoca il colore del sangue e richiama l’eroismo dei martiri. E’ il simbolo di un amore per Gesù e per la sua Chiesa che non conosce limiti: amore sino al sacrificio della vita, “usque ad sanguinis effusionem”.

 

Ai neo porporati il Pontefice ha assicurato l’espressione della stima e il suo costante ricordo nella preghiera con l’auspicio che Iddio conceda loro di spendere interamente la loro vita per le anime, nelle varie mansioni che Egli loro affida. Come noto rimane il cardinale in pectore che il Papa si è riservato di rendere noto quando lo riterrà opportuno.

 

Ogni cardinale, secondo l’ordine di creazione, si è avvicinato al Santo Padre, inginocchiandosi innanzi. Il Papa gli consegnava  la berretta cardinalizia e gli assegnava il titolo di una chiesa romana o la diaconia quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Papa per la città di Roma, che è la sua sede episcopale. Il Pontefice consegnava quindi a ciascuno la Bolla di creazione cardinalizia e scambiava con il neo cardinale l’abbraccio di pace.

 

E’ seguita la preghiera universale dei fedeli, il canto del Padre Nostro e la benedizione finale. L’assemblea si è sciolta al canto dell’antifona mariana …

 

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Sub tuum praesidium …

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I nuovi cardinali riceveranno questo pomeriggio fino a sera il saluto e le felicitazioni di parenti, amici e conoscenti nei saloni appositamente indicati degli edifici vaticani.

 

Domattina in Piazza San Pietro Giovanni Paolo II presiederà la Santa Messa con i nuovi cardinali e consegnerà loro l’anello cardinalizio. La nostra emittente curerà la radiocronaca della cerimonia sulle onde medie, le onde corte e la modulazione di frequenza con il commento in italiano e inglese per l’Europa occidentale e l’India, in tedesco per l’Europa centro-settentrionale, in francese per l’Africa, in spagnolo per l’Europa occidentale e l’America Latina, e in portoghese per il Brasile solo via satellite.,

 

 

NOMINATO DAL PAPA IN AUSTRIA IL NUOVO VESCOVO DI INNSBRUCK

 

Il Papa ha nominato vescovo di Innsbruck, in Austria, il sacerdote 48enne Manfred Scheuer, del clero diocesano di Linz, finora professore di Teologia dog-matica nella Facoltà teologica di Trier. Già alunno del Pontificio Collegio Germanico Hungarico in Roma, dove ha studiato nella Pontificia Università Gre-goriana, il nuovo vescovo di Innsbruck è stato assistente  presso l’Istituto di Teo-logia dogmatica ed ecumenica dell’Università di Freiburg im Breisgau, in Ger-mania, dove ha conseguito anche il dottorato. Per diversi anni, dal 1988 al 1996, è stato direttore spirituale del seminario maggiore di Linz e docente di spiritualità presso quella facoltà teologica.

 

 

 

 

RINNOVARE L’IMPEGNO A PORRE I VALORI ETICI AL CENTRO DELL’ATTIVITA’ TURISTICA: COSI’, MONS. PIERO MONNI, ALLA 15.MA ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO, IN CORSO A PECHINO

 

Anche nel turismo è necessario partire dalla centralità della persona umana: è l’esortazione espressa da mons. Piero Monni, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione mondiale del Turismo, alla 15.ma assemblea generale dell’organismo dell’Onu, in corso a Pechino. Il diplomatico vaticano ha, inoltre, espresso la simpatia della Santa Sede al popolo cinese, colpito in tempi recenti dall’emergenza Sars. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Il fenomeno turistico è da sempre “veicolo di valori, quali il rispetto della dignità della persona e dei diritti fondamentali dell’uomo”: lo ha ricordato mons. Piero Monni, che ha sottolineato come la Chiesa operi nel mondo proprio “perché i valori etici siano sempre più presenti nel settore” turistico. Il turismo, ha proseguito, può essere un “efficace strumento di lotta alla povertà e rappresenta un importante strumento di crescita sociale”. Tuttavia, ha rilevato, è un’attività estremamente sensibile e vulnerabile alle guerre, al terrorismo e alle epidemie. E qui, l’osservatore vaticano ha rammentato come la Cina sia appena uscita dall’emergenza Sars, la cui diffusione ha “determinato un momento di crisi anche per il fiorente mercato turistico cinese” ed internazionale.

 

Non ha poi mancato di manifestare la simpatia della Santa Sede al “governo e al popolo cinese per aver superato le difficili circostanze” che hanno dovuto fronteggiare. D’altro canto, si è soffermato sull’importanza della cultura cinese. “Il turista – ha affermato – apprezza i valori culturali e religiosi che si coniugano con la ricerca di ambienti naturali” incontaminati. “La Cina – ha detto mons. Monni – presenta tutti questi elementi di attrazione e di fascino”. In tale contesto, ha aggiunto, “il turismo raccoglie le attese e le speranze di quanti vedono in esso una grande fonte di energia” capace di trainare lo sviluppo. L’intervento di mons. Monni si è concluso con l’auspicio che l’assemblea sul turismo di Pechino, “organizzata in un Paese di grande tradizione e civiltà” possa “segnare una fase positiva di un sereno dialogo per un rinnovato incremento e sviluppo dei valori di verità, libertà e giustizia”.

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DUE VIAGGI INTERCONTINENTALI DEL CARDINALE FRANCIS ARINZE

 PER INCONTRI SULLA LITURGIA

 

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Francis Arinze, ha compiuto un lungo viaggio che lo ha visto prima in Africa – in Senegal – e poi negli Stati Uniti; tematiche da lui affrontate, nei diversi incontri, sempre ovviamente concernenti la liturgia.

 

A Dakar, in Senegal, al Simposio delle Conferenze episcopali per l’Africa ed il Madagascar, incontro che si tiene ogni tre anni, ha sottolineato il ruolo del vescovo come padre nella diocesi, come promotore numero uno della sacra liturgia: è lui il ‘pontefice’ della diocesi, e come vescovo coordina le attività delle altre persone e soprattutto forma il clero, i religiosi, i laici a un retto svolgimento del culto divino.

 

Negli Stati Uniti, il primo incontro è stato a San Antonio, in Texas, con le Commissioni per la liturgia di tutte le diocesi del Paese, cioè con le persone incaricate dai vescovi locali di curare la liturgia. E’ un incontro che si svolge ogni anno. Il cardinale Arinze ha qui parlato dello sviluppo della vita liturgica nella Chiesa a 40 anni dal documento del Vaticano II  ‘Sacrosanctum Concilium’ sulla sacra liturgia. Ha toccato punti che investono la responsabilità di tutti nella Chiesa e in particolare l’uso della Sacra Scrittura nella liturgia e le traduzioni nella lingua locale, mentre il latino resta sempre la lingua ufficiale della Chiesa, nonché la partecipazione del popolo alla liturgia e, non ultimo per importanza, il ruolo dei laici.

 

A Chicago, il cardinale arcivescovo George ha indetto un incontro degli animatori della liturgia nella sua grande arcidiocesi. Il cardinale Arinze ha parlato loro della terza edizione tipica del Messale latino, approvata l’anno scorso. Il porporato è rimasto colpito dalla premura dei vescovi e dal senso di responsabilità di sacerdoti, religiosi e  laici che si adoperano affinché il culto divino sia veramente ben curato, perché esso è il cuore pulsante della Chiesa.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina è interamente dedicata all'evento del Concistoro - tenuto da Giovanni Paolo II - per la creazione di trentuno Cardinali. Nell'allocuzione svolta durante la Celebrazione in Piazza San Pietro, il Papa - si sottolinea in prima - ricorda che Gesù chiede di convertirsi alla sua "logica": morire a se stessi per farsi servi umili e disinteressati dei fratelli, rifuggendo da ogni tentazione di carriera e di tornaconto personale. Sempre in prima, si evidenzia che nel 25 anniversario del solenne inizio del Ministero di Pastore Universale della Chiesa, l'Osservatore Romano "con gioia immensa rinnova con amore a Giovanni Paolo II fedeltà senza limiti e senza riserve". 

 

Nelle vaticane, le dettagliate note biografiche dei nuovi Porporati.

 

Nelle estere, l'intervento della Delegazione della Santa Sede al terzo Comitato della 58 Assemblea Generale delle Nazioni Unite: "Il flagello della droga spoglia l'uomo della sua innata dignità".

L'intervento della Delegazone della Santa Sede alla sessione plenaria della 58 Assemblea Generale dell'Onu sul seguito del Vertice del Millennio: "Una solidarietà rinnovata tra le Nazioni ricche e i popoli dell'Africa". 

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Oggi", un articolo di Franco Patruno dal titolo "Giochi di apparente democraticità": due parlamentari firmano durante uno spettacolo televisivo una proposta di legge sulle "famiglie di fatto".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il dramma dell'immigrazione.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 ottobre 2003

 

RAPPORTO CRITICO SUL MONDO ARABO PUNTA IL DITO SULLA CLASSE DIRIGENTE:

POCHE RIFORME SOCIO-POLITICHE E SCARSA LIBERTA’.

LO STUDIO C0MMISSIONATO DAL PROGRAMA DELL’ONU PER LO SVILUPPO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Il mondo arabo, 270 milioni di persone, sotto la lente delle Nazioni Unite ma a fare il punto su sviluppo politico, economico, sociale e culturale di 22 Paesi musulmani sono un gruppo di intellettuali arabi, una ventina di esperti in vari campi, guidati dall’egiziano Nader Fergany.

 

Obiettività e criticità racchiuse in 210 pagine da cui emergono poche luci e molte ombre, accentuate queste dalla politica dell’Amministrazione Bush, dopo gli attentati dell’11 settembre. Lo studio evidenzia come le restrizioni all’immigra-zione islamica negli Stati Uniti, in difesa dall’estremismo islamico, siano in contraddizione con l’ambizioso progetto dello stesso presidente statunitense di favorire le riforme democratiche nel mondo arabo. Se gli studenti musulmani negli Usa sono calati del 30 per cento, calano pure le speranze di molti riformisti che puntano a questi giovani formatisi all’estero per democratizzare i loro Paesi e favorire lo scambio e l’integrazione di diverse visioni culturali e religiose, nel rispetto delle libertà fondamentali. Ma l’attacco americano all’Iraq - scrive il rapporto - è da considerare una battuta d’arresto.

 

Forti critiche non vengono risparmiate ai governi arabi repressivi e retrogradi colpevoli di bloccare ogni forma di cambiamento, impedendo le riforme nel campo dell’istruzione, degli investimenti e della modernizzazione delle infrastrutture, soprattutto nel settore delle comunicazioni: Internet è accessibile a meno del 2 per cento della popolazione.

 

Capitolo a parte è dedicato alla protratta occupazione israeliana dei territori palestinesi, che deve trovare soluzione dall’interno, “poiché molti attori esterni hanno interesse alla Regione” ma attenzione - avverte  lo studio – a non avallare atteggiamenti vittimistici, che vorrebbero le popolazioni arabe preda di eventi globali e di forze strutturali immutabili. Il cambiamento invece è possibile, conclude il rapporto, attraverso una leadership dei Paesi arabi illuminata e più aperta, che rispetti i diritti umani e apra alle riforme per un’economia più forte, più flessibile e strutture politiche più efficienti.

 

Un anno fa uno studio analogo indicava tre handicap per lo sviluppo del mondo arabo: la scarsa libertà  e l’impossibilità per donne e poveri di istruirsi. Un anno dopo questo Rapporto segnala solo alcuni segnali positivi: le nuove quote per garantire la presenza delle donne in Parlamento nelle elezione in Marocco, le prime elezioni degli ultimi 20 anni nel Bahrein e il proliferare delle televisioni satellitari, 120 canali per un accesso diretto alle informazioni. Ma lo scenario generale resta desolante.

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TRA LO SGOMENTO E L’INDIGNAZIONE PER L’ENNESIMA TRAGEDIA DEL MARE

DI LAMPEDUSA, TORNA IN PRIMO PIANO LA DRAMMATICA INADEGUATEZZA DELLE

POLITICHE EUROPEE VERSO IL FENOMENO DELL’IMMIGRAZIONE DAL SUD DEL MONDO

- Con noi, don Bruno Mioli, della Fondazione Migrantes -

 

Rabbia, tristezza, dolore: questi i sentimenti che accompagnano, in queste ore, la strage di Lampedusa. L’ennesima tragedia del mare, o, forse, sarebbe meglio dire dell’indifferenza. Ancora una volta, un viaggio della speranza dal sud al nord del mondo si è tramutato in un incubo. A dare il senso di questo dramma, l’impossibilità ancora adesso di determinare il numero preciso di persone che, nel canale di Sicilia, hanno perso la vita nel tentativo di cercarne una migliore.

 

 Stamani, nella chiesa di Lampedusa, è stata celebrata una Messa in suffragio dei 13 somali trovati esanimi sul barcone trascinato sull’isola domenica notte. Nel centro di accoglienza, proseguono intanto le cure mediche per cinque superstiti, mentre, purtroppo, si sono aggravate le condizioni della giovane donna rinvenuta ieri mattina all’alba tra i cadaveri accatastati sull’imbarcazione. I medici dell’ospedale “Civico” di Palermo, dove è ricoverata assieme ad altri superstiti, stanno tentando di strapparla alla morte. D’altro canto, il mare calmo e le buone condizioni meteorologiche favoriscono la traversata del mare da parte di nuovi gruppi di migranti. Tanto che, proprio poco fa, una piccola imbarcazione con una decina di clandestini a bordo è stata avvistata 15 miglia a sud ovest dell’isola di Pantelleria. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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Oggi una Messa in suffragio a Lampedusa, domani la sepoltura a Porto Empedocle, perché nel cimitero della piccola isola non c’è più posto. Questo il saluto ai 13 somali morti durante la traversata del Canale di Sicilia. Alla funzione sull’isola hanno assistito in molti, soprattutto giovani, ma anche rappresentanti delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco. L’Europa deve cercare e dare subito risposte e progetti mirati per risolvere il fenomeno dell’immigrazione clandestina – ha detto don Muratore, vicario del vescovo di Agrigento che ha celebrato il rito e che ha ripetuto quanto già detto ieri dalle più alte cariche istituzionali, dal presidente della Camera Casini al ministro dell’interno Pisanu: l’Europa si assuma le sue responsabilità. Ed è quanto ribadisce don Buno Mioli, direttore dell’Ufficio nazionale Migrantes per la pastorale degli immigrati e dei profughi in Italia:

 

“C’è quasi l’impressione che questo Mediterraneo, in particolare il Canale di Sicilia, diventi sempre di più un cimitero popolato da vittime della persecuzione e della disperazione. Questa è la gente che viene da noi. Vediamo questa ecatombe nel nostro mare. Quali le cause? Lo sappiamo. Non c’è una spinta dell’avventura, c’è la spinta, veramente, della sopravvivenza. L’Europa ci sembra molto, molto refrattaria di fronte a questa situazione. Non ricorriamo con troppa facilità alle cosche mafiose che organizzano questi viaggi. Hanno le loro responsabilità, però pescano nel torbido, ma siamo noi che facciamo questo torbido, non diamo uno spiraglio di speranza a tutta questa gente. Le responsabilità prime non sono delle cosche mafiose. Le responsabilità sono della nostra inconcludente politica.”

 

Domani a Rabat, in Marocco, prenderà il via la riunione tra cinque Paesi europei – Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Malta – e cinque Paesi del Mediterraneo, tra i quali Libia, Marocco e Tunisia, Paesi con i quali l’Italia ha siglato accordi bilaterali che però per molti  ancora non funzionano. Ancora don Mioli:

 

“Con il Marocco era stato stipulato un accordo che pareva essere andato in porto, però risorgono problematiche continuamente nuove. Con la Tunisia l’accordo era stato definitivamente stipulato però l’Italia si era impegnata a fornire mezzi, credo anche aiuti economici, alla Tunisia perché potesse fare un effettivo controllo delle coste. La Tunisia dice che l’Italia è insolvente verso di lei e vuol farlo capire non solo con la parole ma anche con i fatti: non ci aiutate concretamente, non state alla parola data e allora vedrete che dalle nostre coste continueranno a partire clandestini. Più cinica la posizione della Libia. L’Italia ha fatto un passo per togliere le sanzioni verso la Libia. Gheddafi dice: non basta l’Italia, ma tutta l’Europa deve togliere questa strozzatura per il mercato della Libia. Quindi finché non sarà tutta l’Europa che si muove, questi disperati continueranno ad avere via libera e a partire verso le nostre coste. Spero che, passo su passo, l’Europa arrivi a dire che a queste dichiarazioni di intenti, a questa volontà continuamente ripetuta di muoversi verso una soluzione, seguono passi concreti. Questi finora sono molto pochi”.

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IL COMITATO DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI

RIUNITO A GINEVRA, FINO AL 7 NOVEMBRE, PER LA 79.ESIMA SESSIONE

- Servizio di Mario Martelli -

 

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Ai 18 esperti, membri del Comitato, spetta l’esame della situazione nelle Filippine, nella Federazione di Russia, Guinea Equatoriale e Sri Lanka in merito al rispetto e alla messa in opera delle disposizioni del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Patto adottato nel 1966 dall’Assemblea generale dell’Onu ed entrato in vigore nel 1976, ed al quale hanno aderito 150 Stati.

 

Al Comitato, si presenteranno poi rappresentanti di organizzazioni non governative per esposizioni su particolari problemi, ed in sedute private si procederà poi all’esame di esposti e denunce provenienti da singoli individui. Non mancano, infine, esposti sul protocollo facoltativo del Patto per l’abolizione della pena di morte, protocollo entrato in vigore nel 1991.

 

Ed è nell’ambito dell’esame dell’ultimo Rapporto presentato dalla Federazione di Russia, in una sessione precedente, che il Comitato aveva rivolto raccomandazione al Paese per una riduzione sensibile nel numero dei crimini per i quali poteva essere prevista la pena capitale, nella prospettiva di un’abolizione completa della pena stessa. Raccomandazioni alla stessa Federazione di Russia erano state rivolte per il sistema della ‘propiska’, speciali lasciapassare per gli spostamenti dei cittadini all’interno della Federazione; ed all’avvio di inchiesta su gravi violazioni dei diritti umani in Cecenia con relativi indennizzi da stabilire per le vittime.

 

Da Ginevra, Mario Martelli per la Radio Vaticana.

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TECNOLOGIA MEDICA E UMANIZZAZIONE DELLE CURE:

I VERTICI MANAGERIALI DELL’ORDINE OSPEDALIERO DEI FATEBENEFRATELLI, RIUNITI DAL 20 AL 22 OTTOBRE IN PROVINCIA DI COMO,

RIBADISCONO GLI OBIETTIVI DI SEMPRE STUDIANDO  LE SFIDE DEL FUTURO

 

 Difendere il “valore aggiunto dell’umanizzazione delle cure” è l’obiettivo che da sempre distingue l’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli. La sfida per il futuro è conservare la stessa attenzione alla persona senza trascurare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Per capire come realizzare concretamente tali obiettivi, i vertici manageriali dell’Ordine sono riuniti, da ieri fino a domani,  presso il Centro Studi di Monguzzo a Erba, in provincia di Como.  Il servizio di Fausta Speranza.

 

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All’apertura, il priore Pasquale Piles  ha chiesto di impegnarsi per una “attualizzazione e globalizzazione dell’ospitalità”.  Attualizzazione significa non trascurare nulla in tema di nuove tecnologie.  Ma va considerato che i macchinari possono essere strumento eccezionale per venire incontro ai bisogni del paziente ma possono essere anche una barriera nel rapporto tra medico e malato. Fondamentale – sottolinea il prof. Marco Robino, docente della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli – è la gestione delle macchine sempre con la stessa finalità voluta dal fondatore dell’Ordine, San Giovanni di Dio,  e cioè prima di tutto con l’attenzione alla persona sofferente.

 

“Devo dire che il rischio è un rischio frequente soprattutto laddove nella relazione medico-paziente non intervengano principi etici che costruiscano una relazione umanizzante”.

 

Di  globalizzazione, poi,  l’Ordine può ben parlare dal momento che è presente in 51 Paesi, in 5 continenti.  Solo in Italia si contano una ventina di istituti: ospedali, case di riposo per anziani, residenze sanitarie assistenziali, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Globale, poi, sembra essere l’impegno richiesto a religiosi e laici, come spiega il prof. Robino.

 

“Il concetto chiave è proprio quello dell’integrazione, cioè passare dalla collaborazione all’integrazione. Elemento che si può raggiungere laddove le due dimensioni, quella religiosa e quella laica, condividano la stessa finalità. Il concetto della  gestione carismatica è il concetto di base che la carta d’identità dell’Ordine ha lanciato negli ultimi due anni. Quindi noi cerchiamo di riempire di contenuti questi aspetti. Però, la novità è proprio questa, perché poi si collabora sempre, storicamente, solo che bisogna passare da un livello di collaborazione, che lascia un po’ distanti i due soggetti, ad una vera integrazione, senza perdere le proprie identità”.

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CHIESA E SOCIETA’

21 ottobre 2003

 

NUMEROSI VESCOVI ITALIANI E PERSONALITA’ ACCADEMICHE

AL CONVEGNO DEDICATO ALLA PACEM IN TERRIS,

CHE SI TERRA’ DOMANI E DOPODOMANI A BERGAMO

 

BERGAMO. = Si terrà al Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo il convegno sul tema “Pacem in terris: impegno permanente. Le comunità cristiane protagoniste di segni e gesti di pace. Il convegno è promosso dall’Ufficio nazionale della Cei per i Problemi sociali e il lavoro, la Caritas Italiana e Pax Christi. Si aprirà con il saluto e la presentazione del vescovo ausiliare di Messina, Francesco Montenegro, presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute. La prima relazione è affidata a Loris Francesco Capovilla, già segretario di Giovanni XXIII, che si soffermerà sulla caratteristica di “uomo di pace” di Papa Roncalli. Al suo intervento, seguirà quello del vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e pace. “La pace e il mondo: il metodo dei segni dei tempi” è il titolo della relazione curata dal prof. Antonio Papisca, direttore del Centro di Studi e Formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli presso l’Università di Padova. A mons. Bruno Forte, docente di teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, toccherà invece la riflessione su “Cristo nostra pace: per una teologia della pace”. Nel pomeriggio, i convegnisti si trasferiranno a Sotto il Monte, paese natale di Papa Giovanni XXIII. Giovedì prossimo, il vescovo della diocesi molisana di Termoli-Larino, Tommaso Valentinetti, presidente di Pax Christi, introdurrà ai lavori dei gruppi, suddivisi in tre ambiti: Iniziazione cristiana e formazione permanente, i segni liturgici sacramentali, i segni della carità, della profezia e della testimonianza. Le conclusioni del convegno sono state affidate al vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i Problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. (A.D.C.)

 

 

L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE CONTRO LA TORTURA DENUNCIA IN UN RAPPORTO

DOZZINE DI CASI DI TORTURA, DI VIOLENZE CONTRO MINORI E DI TRAFFICO DI DONNE

AVVENUTI NELLE FILIPPINE DAL 2001 AD OGGI

 

MANILA. = Le Filippine sotto la lente di un drammatico microscopio, che mette in luce casi di tortura a partire dal 2001, la situazione dei bambini di strada e il traffico delle donne nel Paese. Si tratta dei tre temi principali della denuncia contenuta in un rapporto presentato al Comitato per i diritti umani dell’Onu dall’Omct, l’Organizzazione mondiale contro la tortura, in collaborazione con altre organizzazioni non governative. Secondo il documento, sono almeno 88 le persone torturate dal 2001 ad oggi, e si teme che molti altri potrebbero aver subito la stessa sorte senza che se ne sia avuta notizia. L’Omct sottolinea che i torturatori sono per lo più componenti delle forze armate. La ricerca mette inoltre in evidenza le continue minacce e persecuzioni alle quali sono sottoposti giornalisti e difensori dei diritti umani: 43 sono gli operatori dei media assassinati dal 1986, senza che a tutt’oggi i colpevoli siano stati identificati. L’Omct si è poi soffermata sulla situazione dei bambini di strada nelle Filippine, rilevando che molti di essi vengono posti in stato di fermo e reclusi anche in mancanza di una precisa incriminazione nei loro confronti. Bambini di otto anni, specifica il rapporto dell’Omct, si ritrovano incarcerati in piccole celle senza letto, mobilio, docce né servizi igienici, e vengono sottoposti a torture e maltrattamenti. Inoltre, denuncia la ong con sede in Svizzera, alcuni minori sono rimasti vittime di esecuzioni sommarie, soprattutto nell’isola meridionale di Mindanao, da parte dei cosiddetti “squadroni della morte”, che avrebbero ucciso oltre 150 persone negli ultimi sette anni. Oltre al problema dei bambini di strada, le autorità di Manila hanno a che fare con quello del traffico di donne: tra le venticinquemila e le trentacinquemila filippine restano vittime, ogni anno, del traffico di esseri umani. Alcune di esse finiscono per essere ‘esportate’ in vari Stati del sudest asiatico o in Occidente. (A.D.C.)

 

 

LA CHIESA CATTOLICA LOCALE IN PRIMA LINEA NEL SOCCORSO ALIMENTARE

IN ZAMBIA E MALAWI. NEI DUE PAESI AFRICANI, MIGLIORATI SENSIBILMENTE

I RACCOLTI, GRAZIE ALL’ESTENSIONE DI TECNICHE AVANZATE DI AGRICOLTURA

 

LILONGWE. = Zambia e Malawi stanno superando la fase più acuta della gravissima crisi alimentare che continua a colpire diversi paesi dell’Africa australe. Secondo il Programma Alimentare Mondiale (Pam) - riferisce la Fides - quest’anno il raccolto di cereali è stato pari a 22 volte quello dell’anno precedente. Il notevole incremento è dovuto ad un miglioramento delle condizioni climatiche e al massiccio ed esteso utilizzo di sementi e fertilizzanti. Il Pam ha continuato a fornire aiuti alimentari ai contadini anche dopo il mese di marzo fino alla fine di giugno, per non costringere gli agricoltori a consumare il mais “verde”, che avrebbe ridotto la consistenza del raccolto. Se il Malawi non è più in una situazione di crisi alimentare acuta, centinaia di migliaia tra le persone più povere si trovano in una condizione di grave insicurezza alimentare perché non hanno i mezzi per comprare cibo, neanche quello calmierato dia sussidi governativi. La Chiesa cattolica ha contribuito e contribuisce a portare aiuto alle fasce più deboli della popolazione, spesso intervenendo in operazioni di primo soccorso. La tempestività è frutto di un’attenta pianificazione che ha visto la Caritas Internationalis e il Pontificio Consiglio Cor Unum chiedere alle loro rappresentanze locali in Zambia e Malawi di elaborare, fin dall’inizio della crisi, un piano di emergenza, in base al quale sono state inviate richieste d’aiuto alle singole Caritas nazionali in tutto il mondo. (A.D.C.)

 

 

IL PRIMO FILM REALIZZATO IN AFGHANISTAN DOPO LA CADUTA DEI TALEBANI

VINCE IL PREMIO COME MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO

AL FESTIVAL DEL CINEMA DI MONTREAL

 

MONTERAL. = Il film afgano “Osama” del regista Siddiq Barman ha vinto il premio per il miglior lungometraggio al Festival cinematografico di Monteral. “Osama” è il primo film realizzato in Afghanistan dopo la caduta del regime talebano che aveva bandito ogni forma di espressione culturale. Il film racconta la storia di una madre vedova che non può lavorare perché il regime glielo proibisce e rischia di morire di fame insieme ai figli. La mamma ha l’idea di travestire una figlia da maschio in modo tale che può trovare un occupazione e salvare la famiglia. Il titolo è stato scelto perché, ha spiegato il regista, la storia è ambientata nel periodo in cui il Paese era identificato con Osama Bin Laden. L’opera, sostiene sempre Barman, vuole dar voce alla rivendicazione delle donne afgane per le quali la situazione, dopo l’avvento della democrazia, non è migliorata. La giuria di Montreal ha assegnato una menzione speciale al film marocchino Les fibres de l’ame di Hakim Belabbes e il Premio del pubblico a Les yeux secs sempre di un marocchino, il regista Nerjiss Nejjar. (M.R.)

 

 

LA COMMISSIONE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI AVVIERA’ UNA INCHIESTA

SUI CRIMINI CONTRO GLI INDIGENI IN COLOMBIA. L’ETNIA DEI KANKUAMOS

VIVE SEGREGATA NEI VILLAGGI, COINVOLTA SUO MALGRADO NELLE GUERRIGLIE

PER LA DISTRIBUZIONE DELLA TERRA

 

SANTA FE DE BOGOTA’. = Gli indigeni Kankuamos di Atanquez, un’etnia che conta complessivamente 13 mila persone, riuniti in dodici comunità distribuite in 24 mila ettari di terra, vivono da cinque anni ‘sequestrati’ nei loro villaggi sulla Sierra Nevada de Santa Marta, in Colombia. I Kankuamos sono stati coinvolti, loro malgrado, nella lotta per il controllo delle terre tra guerriglie e paramilitari che, in tutta la regione, ha dato vita ad una escalation di violenza: secondo l’ufficio per i diritti civili, la “Defensoria del pueblo”, i guerriglieri hanno già ucciso 44 indigeni. Atanquez, spiegano i Kankuamos, è un bel posto in cui vivere, grazie anche ai terreni fertili favorevoli alle coltivazioni: negli ultimi anni quasi un migliaio di indigeni sono stati costretti a lasciare le loro case per non rimanere uccisi o per non essere arruolati nelle fazioni. La loro speranza è riposta nell’appello che la Commissione interamericana dei diritti umani dell’Organizzazione degli Stati americani ha presentato al presidente Alvaro Uribe Vélez per garantire la sicurezza delle comunità native della Sierra. È stato annunciato che saranno avviate inchieste sui crimini contro gli indigeni e il governo si è impegnato a favorire il rientro degli sfollati nei loro villaggi. I Kankuamos non hanno invece accolto la proposta di creare una loro forza di polizia perché la loro legge proibisce l’uso di armi da fuoco. (M.R.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 ottobre 2003

 

- A cura di Andrea  Sarubbi -

 

 

La crisi mediorientale ancora una volta al centro dell’attenzione internazionale. Se ne discute, oggi, in due diverse riunioni: a New York ed al Cairo. Al Palazzo di Vetro, l'Assemblea Generale dell'Onu tornerà a riunirsi per parlare della costruzione da parte di Israele del muro lungo la frontiera con la Cisgiordania. In Egitto, la Lega Araba – su richiesta palestinese – affronterà la questione degli attacchi israeliani nei Territori: quelli di ieri sera hanno provocato almeno 12 morti ed un’ottantina di feriti. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Cinque raid di elicotteri – a qualcuno hanno partecipato anche aerei – hanno sconvolto alcune località della Striscia di Gaza. L’obiettivo erano alcune uccisioni mirate di esponenti del braccio militare di Hamas, peraltro non tutte riuscite: i missili lanciati contro le automobili su cui viaggiavano, infatti, hanno colpito molti civili. Dinanzi alla successione incalzante delle operazioni, il primo ministro palestinese Abu Ala ha chiesto con un appello l’intervento urgente della comunità internazionale, definendo le aggressioni israeliane “inqualificabili”. D’altra parte, il portavoce del primo ministro israeliano ha evitato di giustificare il raid come rappresaglia all’agguato teso domenica sera da guerriglieri palestinesi ad una pattuglia di soldati presso Ramallah – tre di essi sono stati uccisi ed uno gravemente ferito – ed ha ribadito la determinazione di colpire ovunque i capi della rivolta. Sharon è tornato sulla necessità di rimuovere Arafat, considerato “il principale ostacolo alla pace”. Lo stato di allerta anti-terrorismo è in vigore in tutto Israele, perché con due comunicati Hamas e Jihad hanno minacciato pesanti vendette.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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“Chiedo alla comunità internazionale di intervenire immediatamente per fermare questa follia militare”, ha detto questa mattina il presidente palestinese Arafat, in risposta agli attacchi di ieri. Critiche anche dall russia, che ha parlato di “sproporzionato uso della forza”. Ed i raid nella striscia di Gaza hanno destato profondo dissenso nella stessa stampa israeliana: il quotidiano Maariv sostiene che i vertici militari sono “impazziti”, mentre Yediot Ahronot si chiede se “è mai possibile che tutta la società palestinese sia diventata un obiettivo”.

 

Nella crisi nucleare iraniana si è compiuto oggi un passo importante verso una soluzione pacifica. Il governo di Teheran ha infatti annunciato di essere disponibile a sospendere temporaneamente il processo di arricchimento dell'uranio ed a firmare il protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione nucleare, che impone ispezioni più severe. La decisione dovrà ora essere ratificata dal Parlamento.

 

Ancora disordini in Iraq, a testimonianza di una tensione difficile da placare. Ieri sera, l’attacco ad un convoglio di militari polacchi in viaggio da Baghdad a Babilonia, verso sud. Stamattina, nel centro della capitale, una violenta protesta contro i soldati americani, rei di utilizzare i cani – considerati impuri dai musulmani – per le perquisizioni: ne è scaturita una sparatoria che fortunatamente non ha provocato vittime.

 

Dopo mesi di dialogo interrotto, nella martoriata regione dell’Ulster torna ad aprirsi uno spiraglio di pace. Mentre l’Ira ha annunciato la disponibilità alla distruzione di una parte del suo arsenale, il governo di Londra ha fissato la data per le elezioni politiche in Irlanda del nord: si terranno il prossimo 26 novembre. Anche i nazionalisti hanno dato il proprio assenso: Gerry Adams, leader di Sinn Fein, ha garantito “appoggio totale ed esclusivo al processo democratico”, come ci riferisce da Belfast Enzo Farinella:

 

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“Siamo contrari all’uso o alla minaccia dell’uso della forza per ottenere un qualunque scopo politico”, ha detto il leader nazionalista. “Vogliamo inoltre che tutte le armi vengano bandite dalla nostra società e quindi diciamo ‘no’ ai paramilitari di ogni parte”. Rivolgendosi ai paramilitari, Gerry Adams ha dichiarato: “Unitevi a noi e fate un salto in avanti per costruire la nuova Irlanda. Noi ci sentiamo impegnati in questa costruzione per un nuovo ed armonioso futuro con gli unionisti”. Con questa visione programmatica concorda il leader del partito unionista e Premio Nobel per la pace, David Trimble, il quale da parte sua ha assicurato istituzioni stabili, dalle quali dovranno dipendere il sistema giudiziario e le forze di polizia. Questo pomeriggio, i due primi ministri – il britannico Blair e l’irlandese Ahern – dovranno sancire con la loro autorità questo nuovo, importante e storico accordo tra nazionalisti e unionisti, al quale anche i paramilitari dell’Ira hanno dato il loro assenso, dichiarando che la guerra è finita per sempre con il silenzio delle loro armi.

 

Da Belfast, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

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L’avvicendamento al vertice della Bolivia ha portato con sé la fine della protesta. Sono tre i mesi di tregua concessi dai contadini al neopresidente, Carlos Mesa, che si è a sua volta impegnato a prendere in considerazione le loro richieste: tra queste, l’abrogazione della legge sugli idrocarburi, il rilascio dei dirigenti arrestati durante le manifestazioni, la redistribuzione della terra, le indagini sulle responsabilità della passata amministrazione. L’ex capo di Stato, Gonzalo Sánchez de Lozada, è intanto giunto a Washington: ha dichiarato di essere stato vittima “di un golpe ben pianificato” dall’opposizione, ma di aver preferito “mantenere il filo della democrazia e rinunciare alla carica”.

 

Dalla penisola coreana giungono nuovi segnali di tensione: la Corea del Nord avrebbe effettuato oggi un test missilistico a corto raggio terra-mare. Lo ha comunicato il Giappone, precisando che il missile sarebbe stato lanciato dalla costa orientale nordcoreana. Un invito alla “moderazione” è giunto anche dalla Cina, che ha comunque ribadito il diritto di Pyongang di difendere la propria sovranità.

 

Collaborazione nella lotta al terrorismo ed al disarmo, rilancio del commercio multilaterale. Dall’Asia, dove prosegue la sua visita, il presidente degli Stati Uniti, Bush, traccia un bilancio positivo dei risultati raggiunti finora dal vertice dell’Apec, il Forum di cooperazione economica tra i Paesi dell’Asia e del Pacifico, in corso in Thailandia. Dopo una tappa a Singapore, il capo della Casa Bianca sarà nell’isola indonesiana di Bali, per ricordare l’attentato che un anno fa provocò la morte di 202 persone.

 

Ancora vittime tra gli operatori umanitari in Somaliland, l’autoproclamata repubblica nel nordovest della Somalia in cui, il 5 ottobre, era stata uccisa l’italiana Annalena Tonelli. Stanotte hanno perso la vita due cittadini britannici, appartenenti all’organizzazione non governativa Sos Kinderdorf: sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco mentre si trovavano in casa, nella località di Sheikh. Tutti i rappresentanti delle Ong operanti in Somalia stanno ora valutando la situazione della sicurezza: lo stesso faranno, nel pomeriggio, gli inviati dell’Unione europea in Kenya.

 

 

 

 

 

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