RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 289 - Testo della
Trasmissione di giovedì16 ottobre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Un soldato iracheno abbandona le armi per dedicare la sua vita a Cristo.
Russia,
Germania e Francia dicono sì alla risoluzione Usa sull’Iraq
Otto attivisti palestinesi arrestati a Jabaliya per
l’attentato di ieri nella Striscia di Gaza
Autorità iraniane vicine all’adesione al protocollo
aggiuntivo per il Trattato di non proliferazione nucleare: lo ha annunciato il
capo dell’Aiea, El Baradei.
16 ottobre 2003
16 OTTOBRE 1978 – 16 OTTOBRE 2003:
GIOVANNI PAOLO II
CELEBRA SOLENNEMENTE I 25 ANNI DI PONTIFICATO.
FIRMATA DAL PAPA
L’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE “PASTORES GREGIS”, STASERA ALLE 18 LA
CELEBRAZIONE EUCARISTICA DEL GIUBILEO PONTIFICIO
IN PIAZZA SAN PIETRO
- A cura di Alessandro
De Carolis ed Alessandro Gisotti -
Karol il grande, gigante della storia e della fede,
“Lettera di Dio”, uomo della fantasia al timone di Pietro, instancabile
pellegrino, Papa di un “epico regno” che ha cambiato il mondo. E’ solo un
assaggio delle dozzine di appellativi che testimoniano dello sforzo creativo
dei media di tutto il mondo di ottenere ciò che forse non sarà mai possibile
fare a costo di risultare fatalmente riduttivi: coniare la sintesi “perfetta” per
celebrare i 25 anni di Giovanni Paolo II a capo della Chiesa universale. Un
traguardo straordinario che oggi per il Papa si compie in una cornice di
solennità e di festa, e in un nodo inestricabile di gioia e sofferenza, di
gratitudine verso Dio e verso quei milioni di credenti e non che hanno levato e
leveranno per lui una preghiera o un semplice pensiero, che sia d’affetto, di
riconoscenza, d’ammirazione.
Ma al di là degli accenti più o meno calibrati, quegli
appellativi. Esprimono anche il riflesso e il segno di una coscienza collettiva
- nata o maturata nell’ultimo quarto di secolo - che ha toccato con mano la
forza spirituale dell’attuale pontificato: una eccezionale esperienza pastorale
e apostolica destinata a restare - e non solo per la sua anagrafe - come una
pietra angolare nell’edificio bimillenario della fede, oltre che come metro di
comprensione dei mutevoli scenari a cavallo tra il XX e il XXI secolo.
Non conosciamo quali pensieri occupino in questi istanti
la mente del Papa. Ma sappiamo con certezza che questa sera, quando alle 18
Giovanni Paolo II prenderà il suo posto in Piazza San Pietro per presiedere la
Messa del suo giubileo, quei pensieri diventeranno liturgia, soprattutto
liturgia della gratitudine. Questa mattina, intanto, un importante avvenimento
ha inaugurato le celebrazioni del 25.mo: la firma e la promulgazione da parte
del Pontefice dell’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores gregis,
celebrata in Aula Paolo VI. A seguire per noi l’avvenimento c’era di
Giovanni Peduto:
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L’Aula era gremita. Assieme
alle migliaia di fedeli, i cardinali, i patriarchi, gli arcivescovi e vescovi
convenuti a Roma per le celebrazioni del 25° di Pontificato di Giovanni Paolo
II. Il Papa si è detto colmo di gioia nel consegnare all’intera Chiesa e a
ciascuno dei suoi vescovi il documento che egli ha redatto raccogliendo i vari
contributi offerti dai Padri della X Assemblea generale ordinaria del Sinodo
dei vescovi. Ha salutato i presenti rivolgendo il suo pensiero a tutte le
Chiese particolari e, dopo un sunto del contenuto dell’Esortazione, letto dal
sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, il Santo
Padre ha sottolineato la gravità dell’ufficio a cui sono chiamati i vescovi ...
“Dove troveremo la forza per adempierlo secondo il
volere di Cristo? Indubbiamente soltanto in Lui. Essere Pastori del suo gregge
è oggi particolarmente faticoso ed esigente. Dobbiamo però avere fiducia
‘contra spem in spem’. Cristo cammina con noi e ci sostiene con la Sua grazia”.
E veniamo ora all’Esortazione
apostolica. Il testo
si articola in sette capitoli con una introduzione: è una summa della
figura e del ministero del vescovo e del suo triplice ruolo di insegnare,
governare e santificare il Popolo di Dio. Raccoglie in sintesi le riflessioni
della decima Assemblea sinodale tenutasi nell’ottobre del 2001 sul vescovo,
ministro del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo.
Viene
sottolineato sin dalle prime battute il carattere collegiale del ministero
episcopale: i vescovi sono uniti fra loro a modo di collegio con a capo Pietro.
Ampio spazio viene dedicato subito alla vita spirituale del vescovo, al suo
cammino alla presenza del Signore, al suo costante bisogno della grazia di Dio,
che rafforzi e perfezioni la sua natura umana. Si deve nutrire della Parola di
Dio e dell’Eucaristia; deve dedicare ampio spazio alla preghiera, e in primo
luogo alla Liturgia delle ore, seguire i consigli evangelici e le beatitudini,
non ultima la beatitudine evangelica della povertà. Il vescovo deve altresì
essere animatore di una spiritualità di comunione e di missione: comunione col
Romano Pontefice e con gli altri fratelli vescovi. L’Assemblea sinodale –
ricorda il Papa – con l’impegno del vescovo alla santità ha posto anche
l’accento sulla formazione permanente.
Così formato, il vescovo può essere maestro della fede e
araldo della Parola nei riguardi del Popolo di Dio, inculturando il Vangelo a
seconda dei tempi e dei luoghi, e predicandolo non solo con la parola, ma
soprattutto con l’esempio. Accanto al munus docendi c’è per il vescovo
il munus santificandi di cui egli è ministro soprattutto mediante la
santa liturgia, fonte e culmine della vita della Chiesa particolare, curando la
centralità del giorno del Signore e dell’anno liturgico, prestando attenzione
alla pietà popolare.
Uno
sguardo ancora al governo pastorale del vescovo quale vicario e delegato di
Cristo, che sarà tanto più pastoralmente efficace, quanto più poggerà su
un’autorevolezza morale data dalla sua santità di vita. Il vescovo non è
chiamato solo a testimoniare la fede, ma pure a valutarne e a disciplinarne le
manifestazioni da parte dei credenti affidati alle sue cure pastorali.
Il vescovo a capo di una Chiesa particolare non è isolato
ma opera nella Chiesa intera. Nella comunione delle Chiese rappresenta la sua
Chiesa particolare, mentre nella sua Chiesa particolare rappresenta la
comunione delle Chiese. Fin dai primi secoli il riferimento ultimo della
comunione è alla Chiesa di Roma: con essa è necessario che concordi ogni
Chiesa. Nella Esortazione vengono toccati altri punti, come le visite ‘ad
limina Apostolorum’, il Sinodo dei vescovi, le Chiese patriarcali e il loro
Sinodo, le Conferenze episcopali: tutte espressioni della collegialità; e così
pure l’importanza del cammino ecumenico in veritate et caritate,
evitando il rischio di un ecumenismo impaziente.
Il Sinodo si era occupato delle sfide attuali di fronte
alle quali si trova oggi il vescovo: se ne fa eco il documento oggi firmato dal
Papa. Ad immagine di Cristo Gesù e sulle sue orme, anche il vescovo esce per
annunziarlo al mondo come Salvatore dell’uomo, di ogni uomo; non manca di farsi
operatore di giustizia e di pace; ed entra in dialogo con le altre religioni,
soprattutto a favore della pace nel mondo. Si parla oggi molto di
globalizzazione dell’economia, della finanza, della cultura: i vescovi devono
farsi operatori della globalizzazione della carità e promotori del rispetto
dell’ambiente e della salvaguardia del creato.
Dinanzi ai problemi di oggi potremmo farci prendere dallo
sconforto – conclude il Papa – ed occorre pertanto far ricorso alla fantasia
della carità, come hanno saputo fare i santi, con la fiducia in Maria che
sostenne gli Apostoli nel Cenacolo.
Dopo l’ingresso in Aula, accolto dalla folla festante, il
Pontefice ha ascoltato l’indirizzo di saluto del cardinale Jean Schotte,
segretario generale del Sinodo dei vescovi, che ha fra l’altro ricordato che
quest’autunno ricorre anche il 45.mo di ordinazione episcopale di Giovanni
Paolo II (28 settembre 1958). Il Papa ha quindi apposto la firma al documento
e, dopo un canto eseguito dalla corale presente in aula, ha letto la sua
allocuzione, ancora un canto, mentre alcuni vescovi, appositamente scelti per
continenti, andavano dal Papa per ricevere simbolicamente il testo
dell’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis. Con il canto
del Padre nostro e la benedizione del Pontefice si è conclusa la cerimonia.
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Il Sinodo dei vescovi come fucina privilegiata del
magistero ecclesiale, spesso concluso da una Esortazione apostolica del Papa
che ne raccoglie e sublima le istanze. Il Sinodo come strumento del Concilio
Vaticano II, istituito da Paolo VI nel 1965 allo scopo di rafforzare l’unità
tra la Sede apostolica e i vescovi di tutto il mondo attraverso “uno studio
comune sulle condizioni della Chiesa e la soluzione concorde delle questioni
relative alla sua missione”. L’Esortazione postsinodale Pastores gregis
dedicata alla funzione del ministero episcopale è l’ultima di una serie di analoghi
documenti su temi diversi - dal ruolo della famiglia e dei laici alla
formazione e alla missione dei sacerdoti e dei religiosi - scaturiti dalle
settimane di lavoro collegiale dei vescovi durante le 20 Assemblee ordinarie,
straordinarie, particolari e speciali convocate dal ’67 ad oggi.
Le Assemblee ordinarie sono state finora 10, le
straordinarie 2: quella del ’69, sotto il pontificato di Papa Montini,
incentrata sulla cooperazione tra la Santa Sede e le Conferenze episcopali e
quella dell’85, dedicata ai vent’anni dal Vaticano II. Uno solo il Sinodo
definito “particolare”, che nel 1980 fece il punto sulla situazione pastorale
dei Paesi Bassi. La connotazione geografica ricorre anche nelle 7 Assemblee
speciali dedicate a Paesi o continenti: una al Libano (1995), due all’Europa
(1991 e 1999), e una ciascuna all’Africa (1994), all’America (1997), all’Asia
(1998) e all’Oceania (1998), quest’ultima passata alla storia perché suggellata
dalla prima Esortazione postsinodale inviata dal Papa via Internet.
Dopo il primo atto di questo 16 ottobre e in attesa della
Messa di questa sera - che farà rievocare, con una significativa coincidenza di
orari, quel graduale apparire agli occhi delle telecamere la figura del giovane
e nuovo Papa, in quella sera romana del 16 ottobre 1978 - vogliamo ripercorrere
noi questi 25 anni, ricordandone le tappe più significative e le espressioni
più famose di Giovanni Paolo II. A guidarci in questo percorso, il servizio di
Sergio Centofanti:
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“Annuntio vobis gaudium magnum.
Habemus Papam”.
Erano le 18.45 del 16 ottobre 1978. Il cardinale Pericle
Felici, tra lo stupore di molti, dava l’annuncio dell’elezione del cardinale
polacco Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia. Il Papa sconosciuto, come si
autodefinì lo stesso Giovanni Paolo II, conquistò immediatamente tutti, quando
alle 19.15, affacciandosi alla loggia della Basilica, salutava i fedeli riuniti
in Piazza San Pietro.
“Non so se potrò ben spiegarmi nella vostra lingua,
la nostra lingua italiana. Se mi sbaglio… se mi sbaglio ‘mi corrigerete’”.
Sei giorni dopo, il 22 ottobre, inizio del ministero
petrino, pronuncia il suo discorso programmatico, che ancora oggi resta
l’essenza del suo messaggio: comunicare la speranza del Vangelo, Cristo
redentore dell’uomo, centro del cosmo e della storia.
“Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate, le
porte a Cristo”.
Nato
nella piccola città polacca di Wadowice, il 18 maggio 1920, sarà lui
stesso a raccontare la nascita della sua vocazione, quando era nelle miniere a
spaccare pietre e poi operaio in fabbrica.
“Essa fu una vocazione adulta, maturò tra le
sofferenze della mia nazione, maturò nel lavoro fisico, tra gli operai”.
Da allora le cifre di questo Pontificato sono
impressionanti: 102 viaggi internazionali, oltre un milione e 100 mila
chilometri percorsi in giro per il mondo, 1096 udienze generali, con 17 milioni
di partecipanti, 14 encicliche, 1319 Beati e 476 Santi proclamati. Il Papa è
profondamente missionario e chiede a tutti i cristiani di essere in missione permanente.
“Chiesa missionaria significa Chiesa amata da
Cristo, Chiesa viva, Chiesa madre, Chiesa amica dell’uomo, Chiesa giovane,
Chiesa coraggiosa, Chiesa martire, Chiesa luce del mondo, Chiesa sale della
terra, Chiesa comunione di amore”.
Il Papa che annuncia Cristo a tutti, dialoga con tutti. E’
il primo Pontefice a presenziare ad un grande incontro con i musulmani. A
Casablanca, nel Marocco, nell’’85, li chiama “Fratelli in Abramo”. Ed è il
primo Papa che entra in una sinagoga. Siamo nell’’86. Definisce gli ebrei
“Fratelli maggiori”. Nello stesso anno riunisce ad Assisi le grandi religioni
di tutto il mondo per pregare per la pace. La pace, unita alla giustizia e al
coraggio di perdonare e di chiedere perdono, è uno dei suoi aneliti più
profondi.
“Basta con l’odio. Basta con il sangue. Basta con
la guerra. Chi è responsabile di tali atti, e chi li pianifica, dovrà
rispondere davanti a Dio e agli uomini”.
Giovanni Paolo II chiede con coraggio perdono per le colpe
dei figli della Chiesa, ma offre a sua volta perdono, in particolare dopo
l’attentato compiuto contro di lui da Alì Agca, nell’’81.
“Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale
ho sinceramente perdonato”.
Dopo otto anni crolla il Muro di Berlino. Il comunismo è
fallito, dice Giovanni Paolo II, ma non ha vinto il capitalismo. Gran parte
dell’umanità vive ancora sotto il giogo della miseria. E il Papa del crollo dei
muri tra Est ed Ovest vuole avvicinare anche Nord e Sud, guardando ai diritti
dell’uomo. Ci vuole più libertà, ci vuole più giustizia, più solidarietà.
Lancia appelli per il condono totale del debito estero e per la fine degli
embarghi che affamano i popoli. Il Papa dice parole scomode, anche sul rispetto
della vita. “No” all’aborto, “no” all’eutanasia e alla clonazione umana, “no”
alla pena di morte.
“La vita umana è sacra, solo Dio ne è il Signore.
Ogni breccia aperta sul fronte del pieno rispetto alla vita costituisce una
mina posta alle fondamenta dell’umana convivenza, della sana democrazia e della
vera pace”.
E difende con forza la famiglia:
“Noi tutti, la Chiesa, dobbiamo essere molto
prudenti e molto coraggiosi per difendere la famiglia vera. Avere grande
apertura verso tutte le umane debolezze, perché è chiaro Cristo le aveva
sempre. Ma per la famiglia come principio di costruzione della società dobbiamo
essere intrepidi, intransigenti direi”.
Oggi, sottolinea, è in crisi la verità, regna il
relativismo. Ma la verità esiste, è una: è Cristo, vero uomo e vero Dio. Ed è
verità che libera. E’ un messaggio che consegna in particolare ai giovani,
invitandoli a vivere la fede con radicalità.
“Cari giovani, seguite Cristo, che non è venuto per
essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.
Siate le sue mani e il suo cuore per i vostri fratelli e le vostre sorelle”.
Un’altra costante preoccupazione di Giovanni Paolo II è
l’unità dei cristiani ed esorta tutti a trovare vie nuove di comunione, anche
rivedendo il modo di esercitare il primato del Papa. Un Pontefice instancabile
che non teme di mostrarsi nella debolezza. La sua forza viene dalla preghiera,
soprattutto il Rosario, e dall’Eucaristia. Le decisioni più importanti le
prende sempre di fronte al Tabernacolo. Il Papa si affida in modo
incondizionato, attraverso Maria, al cuore misericordioso di Cristo.
“Rinnovo davanti a Cristo l’offerta della mia
disponibilità a servire la Chiesa quanto a lungo egli vorrà, abbandonandomi
completamente alla sua santa volontà. Lascio a lui la decisione su come e
quando vorrà sollevarmi da questo servizio”.
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Mentre fervono i preparativi per la solenne celebrazione
eucaristica di questa sera in Piazza San Pietro, ricordiamo che la nostra
emittente seguirà l’evento in radiocronaca diretta a partire dalle ore 18, con
commenti in italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, sull’onda media dei 585 e
1260 kHz, sulla modulazione di frequenza dei 105 MHz, e sull’onda corta dei
9875 kHz.
E mentre il
Papa si prepara all’abbraccio di migliaia di fedeli che, a breve, converranno in Piazza San Pietro per la solenne
Messa di ringraziamento, sono numerosi gli auguri che il Santo Padre sta
ricevendo, in queste ore, da capi religiosi, leader politici e personalità
della cultura da ogni parte del mondo. Ieri sera - segno della rilevanza
dell’evento per tutto il popolo italiano - il presidente della Repubblica,
Carlo Azeglio Ciampi, ha rivolto in tv un messaggio di auguri al Pontefice a
reti unificate. Indirizzo, che è stato seguito da oltre dieci milioni di
persone. Ciampi ha voluto mettere l’accento sull’opera instancabile di Giovanni
Paolo II in favore del dialogo tra le religioni e le culture:
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Il suo
coraggio, la sua tenacia, la coerenza nei suoi incitamenti, la chiarezza e la
luminosità delle sue parole hanno fatto breccia nel mondo intero. Uomini e donne
le credono ed hanno fiducia in lei, nelle grandi metropoli come nei piccoli
villaggi. Nella sua parola trovano conforto, speranza ed ispirazione, i giovani
di ogni nazionalità. La sua voce sincera, appassionata è diventata la grande
voce della pace che affronta il tema universale della dignità umana. Con questi
sentimenti vivi, nel profondo del mio animo, le rinnovo, ed a me si unisce mia
moglie Franca, fervidi auguri per la felice ricorrenza e le formulo vivissimi
auspici per la prosecuzione del suo apostolato. L’Italia le è spiritualmente
vicina, la sente vicina.
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Sentimenti, quelli espressi da Ciampi, riecheggiati
stamani nell’aula di Montecitorio dove i deputati italiani hanno reso omaggio
al Pontefice. Dalla Russia, sono giunti gli auguri del patriarca ortodosso di
Mosca. Alessio II rileva come Giovanni Paolo II sia “noto in tutto il mondo per
l’abnegazione della sua fede cristiana”. Augura, quindi, al Papa “forza
spirituale, fisica e lunghi anni di vita”. Dalla capitale russa anche il messaggio
del presidente Vladimir Putin, che si dice certo di “un ulteriore sviluppo dei
rapporti tra Russia e Vaticano”. Il capo del Cremlino riconosce che l’attività
del Santo Padre in favore della pace e della giustizia “nell’interesse
dell’affermazione dei valori universali viene apprezzata dalla comunità
internazionale”. In occasione del 25.mo di pontificato, sono stati espressi
messaggi augurali al Papa anche dal Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, e
dal Rabbino emerito, Elio Toaff. Dal canto loro, i senzatetto di Cracovia hanno
voluto far sentire la propria vicinanza al Papa. In una lettera, firmata da
trecento poveri della città polacca, viene ricordato come Giovanni Paolo II non
solo abbia contribuito a far superare il comunismo, ma ha anche messo in
guardia da “quel sistema indifferente che mette il profitto sopra il bene di
ogni persona e che spinge milioni di uomini ai margini della vita”.
Tanti
dunque i messaggi di auguri per il Papa, come numerosi gli appuntamenti che, in
questi giorni, celebrano i 25 anni dall’elezione di Papa Wojtyla. Tra questi,
un posto di assoluto rilievo lo occupa il Convegno, promosso dal Collegio
Cardinalizio, sugli aspetti dottrinali e pastorali del Pontificato. L’incontro,
apertosi ieri pomeriggio nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, è stato
definito dal cardinale Joseph Ratzinger, decano del collegio cardinalizio e
prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, un invito a rileggere
i grandi testi del pontificato e a trasformarli con nuovo slancio in azione
pastorale. Sulla prima giornata di convegno a cui prendono parte tutti i
porporati, i presidenti delle Conferenze episcopali e, ancora, i capi dicastero
della Curia Romana e i patriarchi, ecco il servizio di Francesca Sabatinelli:
**********
Impossibile
esaurire in soli due giorni la ricchezza del messaggio di Giovanni Paolo II. Il
cardinale Ratzinger non manca di precisarlo, spiegando come riascoltare alcuni
elementi fondamentali del messaggio del Papa sia comunque una forma di
ringraziamento per Karol Wojtyla. E’ un’occasione, dice il cardinale Gantin,
per offrire i propri ricordi di questo pontificato che resterà nella storia
come uno dei più importanti punti di riferimento. Il Papa è stato un faro per
tutti, compresi i vescovi del mondo intero che attraverso questo luminoso
esempio hanno capito come essere vicini alle loro comunità cristiane. I ricordi
del porporato abbracciano tutto il Pontificato: a 25 anni di distanza possiamo
dire che sin dall’inizio il Papa ha dato il tono giusto a tutto il suo
pontificato. E’ stato accolto come il Papa della riedificazione, della
speranza, e del rinnovamento. Da lui si imparano ogni giorno la pazienza ed il
silenzio dei forti, la leggendaria saggezza dei vecchi, l’amore profondo per i
deboli, i bambini ed i giovani, l’intransigenza quando si tratta della difesa
dei diritti umani. Ed è un momento per il cardinale Gantin di dire anche basta
alle voci di una frattura tra la Curia ed il Papa. Il Pontefice non si comporta
mai come dominatore, continua, al contrario tende la mano ai suoi fratelli. Un
punto che viene ribadito anche dal cardinale arcivescovo di Parigi, Lustiger.
La crisi degli anni 70, spiega, quando ad essere contestata era la natura
stessa del sacerdozio e delle vocazioni, ha avuto una importante influenza su
questo Pontificato. Paolo VI affrontò tutto questo nel Sinodo di Roma del 1971,
al quale prese parte Wojtyla, lui immune alla seduzione del marxismo e della
sociologia, che aveva vissuto la tragica esperienza dello schiacciamento
dell’uomo da parte dell’uomo, una volta eletto si rifiutò di entrare in un
gioco di rapporti di forza per risolvere autoritariamente i problemi. Ed oggi,
conclude Lustiger, ci è permesso dire che Karol Wojtyla è stato trascinato
dalla sua vocazione ben più lontano di quanto lui stesso avrebbe mai potuto
immaginare.
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Intanto, si moltiplicano le iniziative per celebrare il
25.mo anno di pontificato. L’ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo
Pontefice, in collaborazione con l’ufficio internet della Santa Sede ha
inaugurato oggi il sito web della cappella Redemptoris Mater del Palazzo
Apostolico. Particolarmente cara al Papa, la cappella è ora visitabile
“virtualmente” all’indirizzo internet www.vatican.va.
Sempre collegandosi al sito vaticano è, inoltre, possibile inviare e-mail di
auguri al Santo Padre. Iniziativa, questa, già sperimentata con successo in
occasione dell’80.mo compleanno di Papa Wojtyla.
UNA
CULTURA DI SOLIDARIETA’ E DI AMORE PER COMBATTERE IL DRAMMA DELLA FAME. E’ IL
MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE
-
Servizio di Barbara Castelli -
“Non si può vivere in un mondo di pace se nello stesso mondo
non si trova la giustizia, la solidarietà e regole uguali per tutti”. Con
queste parole il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, ha aperto stamani
a Roma le celebrazioni per la Giornata mondiale dell’alimentazione.
All’appuntamento, che coincide con la data di fondazione della Fao, è
intervenuto anche il presidente della Repubblica orientale dell’Uruguay, Jorge Batlle Ibañez. “E’ giunto il momento di fare meno discorsi e
passare all’azione”, ha detto quest’ultimo “aprire i mercati e permet-tere alle
persone di vivere del proprio lavoro”. Per noi c’era Barbara Castelli.
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“Partecipare attivamente alla lotta solidale e concertata
contro la miseria e la fame significa concorrere ad instaurare un’azione in
favore della giustizia e della pace”. E’ la riflessione che Giovanni Paolo II
ha espresso nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale dell’alimentazione,
sotto l’egida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione
all’agricoltura. La missiva, indirizzata al direttore generale della Fao,
Jacques Diouf, è stata letta stamani da mons. Renato Volante, osservatore
permanente della Santa Sede presso l’agenzia, nel corso della cerimonia
ufficiale al Palazzo Fao a Roma.
Il tema dell’odierno appuntamento, “Un’alleanza
internazionale contro la fame”, apre la strada ad una serie di questioni chiave
in tema di lotta alla malnutrizione nel mondo, punti che il Papa illustra nel
suo messaggio. “La fame mette quotidianamente a rischio – ricorda il Santo
Padre – la sopravvivenza di tanti nostri fratelli e sorelle. Questa amara
realtà è causa di divisione tra persone, gruppi sociali, comunità e Paesi,
giungendo a segnare il divario tra i livelli di sviluppo e di speranza di vita
delle diverse regioni del mondo”.
Nonostante lo straordinario progresso tecnologico e
agricolo, ammonisce il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, in un
messaggio, l’atavica e gravissima piaga della fame è ancora con noi. Ogni
giorno, infatti, 840 milioni di persone non hanno abbastanza per mangiare, di
queste 799 provengono dai Paesi in via di sviluppo. Cifre drammatiche che
raccontano anche di un bambino morto ogni sette secondi. “La fame e le tensioni
da essa generate – ricorda il Pontefice -
potranno essere superate solo da interventi rapidi ed efficaci frutto di
comuni volontà e di sforzi congiunti. Del bisogno di unire intenti ed azioni
l’umanità è sempre più cosciente e con essa lo è la Chiesa, che dell’umanità
condivide speranze e sofferenze. “Realizzare questa alleanza internazionale -
conclude Giovanni Paolo II - richiede l’esercizio della solidarietà da parte
dei governi, delle organizzazioni internazionali, degli uomini e delle donne di
tutti i continenti, cosicché ogni essere umano possa diventare sempre più
persona e la comunità internazionale una famiglia di nazioni.
Ad impreziosire le celebrazioni per la Giornata mondiale
dell’alimentazione, la presentazione dei nuovi ambasciatori Fao e la consegna
del Premio mondiale dell’alimentazione 2003. A ricevere il tributo, svoltosi
invece nello Stato americano dell’Iowa, Catherine Bertini, già direttore
esecutivo del Programma alimentare mondiale per il contributo profuso nello
sconfiggere la penuria alimentare su vasta scala nel nostro tempo. Ma come si
concretizza questa alleanza internazionale? Ci risponde mons. Renato Volante,
Osservatore permanente della Sana Sede presso la Fao.
R. - Nella riunione generale fatta dalla Fao nel 2002, la
proposta che è stata approvata è che i Paesi sviluppati, dove c’è abbondanza di
mezzi ed abbondanza di cibo; le organizzazioni non governative e le
organizzazioni di volontariato, molte delle quali, come sappiamo, cattoliche;
e, se lo desiderano, anche le organizzazioni o le società private, si uniscano
per cercare di sradicare, o per lo meno diminuire - la meta era del 50% entro
il 2015 - il numero di coloro che nel mondo purtroppo soffrono ancora la fame.
D. - Quanto si è fatto sino ad ora in questo orizzonte e
quanto resta ancora da fare?
R. - Purtroppo sembra che quanto è stato fatto non
corrisponda alle necessità che si evidenziano ogni giorno di più nel mondo. Da
parte dei Paesi e delle organizzazioni donatrici si sta ancora vedendo come
raccogliere i fondi necessari, che sono stati indicati in mezzo miliardo di
dollari, mezzo miliardo di dollari in più nel bilancio annuale della Fao e
delle altre organizzazioni. Da parte dei Paesi che, invece, riceverebbero
questo sostegno sono stati realizzati degli studi per vedere come concretamente
ricevere e distribuire gli aiuti, con questo entriamo nel famoso tema della sicurezza
o, come ora si dice più comunemente, dell’insicurezza alimentare. C’è, inoltre,
da evidenziare che in questi ultimi anni si sono registrati eventi che non
dipendono dalla volontà dei Paesi donatori né dei Paesi recipienti. In alcune
zone dell’Africa, ad esempio, più esattamente nell’Africa Orientale, si sono
verificate forti siccità; in quella Occidentale vi sono, invece, turbolenze di
altro tipo. Ecco, quindi, che questa meta molto importante invece di
avvicinarsi, sembra purtroppo allontanarsi. Questo non vuol dire che non ci sia
una grande buona volontà da parte di tutti nella lotta alla fame e che presto
questa sfida non sia vinta: constato, infatti, un sempre maggiore impegno da
parte dei responsabili, sia della Fao, sia dei singoli Paesi, sia delle
organizzazioni non governative.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Nel venticinquesimo
anniversario della sua elezione, Giovanni Paolo II, “con intima gioia”, firma e
consegna alla Chiesa l’Esortazione apostolica post-sinodale “Pastores gregis”
sul Vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo.
Il
giornale pubblica il testo latino del Documento ed un inserto speciale con la
traduzione italiana.
Nelle vaticane, il discorso del
Papa in occasione della firma dell’Esortazione Apostolica.
Nelle estere, la notizia dello
scambio degli strumenti di ratifica della Convenzione di Sicurezza Sociale tra
la Santa Sede e la Repubblica Italiana.
Onu: ogni sette secondi un
bambino muore di fame; questa tragica realtà viene richiamata in occasione
della Giornata mondiale dell’alimentazione.
Nella pagina culturale, un
articolo di Romana Guarnieri sul libro di Ralf Milton intitolato “Il romanzo di
Juliana di Norwich”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il messaggio augurale del presidente della Repubblica italiana in
occasione dei 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II.
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16 ottobre 2003
A 60 ANNI DAL RASTRELLAMENTO
NAZISTA NEL GHETTO DI ROMA,
UNA
TOCCANTE CERIMONIA HA RACCOLTO AUTORITA’ E GENTE COMUNE
A
PORTICO D’OTTAVIA
“Una profonda ferita per Roma”: così il sindaco della
capitale, Walter Veltroni, ha ricordato la giornata vissuta al Ghetto il 16
ottobre 1943. Sessan-t’anni dopo, la cerimonia toccante avvenuta questa mattina
al Portico d’Ottavia, ha ricordato i 2.091 ebrei romani catturati all’alba dai
nazisti. Deportati nei campi di sterminio, ad eccezione di quindici, finirono
tutti nelle camere a gas. Il presidente della repubblica italiana, Carlo
Azeglio Ciampi, ha scelto la ricorrenza di oggi per conferire la Medaglia d'Oro
al merito civile alla Comunita' ebraica di Roma. Del suo intervento alla
cerimonia ci riferisce Fausta Speranza:
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“La memoria dell’Olocausto dev’essere tenuta viva perché la storia che si
dimentica si ripete”.
Con queste parole il presidente Ciampi ha sottolineato
l’importanza dell’appuntamento di questa mattina al quale hanno preso parte alcune centinaia di persone. Ha
invitato a rivivere quanto accaduto per assicurarne la piena comprensione, che
significa – ha detto – anche non dimenticare le decine di migliaia di italiani
che a diverso titolo hanno aiutato degli ebrei a salvarsi.
Comprendere anche per saper valutare i frutti di quel
vissuto storico:
“Prima,
la libertà perduta, e poi la lotta per riconquistarla: la Costituzione
repubblicana, la stella polare dell’Italia democratica, lo scudo delle nostre
libertà”.
Ma la storia è scritta con la vita, e proprio il vissuto
personale del presidente ha incrinato la sua voce:
“Elio
Toaff non fu soltanto un rabbino perseguitato, fu anche un combattente della
resistenza. Toaff è uno degli amici ebrei livornesi che sono qui con noi;
l’altro si è nascosto perché è commosso. Beniamino Sadun condivise con me,
ambedue fuggiaschi, i lunghi mesi dell’autunno-inverno 1943-44, protetto – come
me – dall’umanità della gente”.
E c’è l’emozione – e quella non si può raccontare – di chi è sopravvissuto alla lacerante
violenza di quel giorno. Nelle parole di una donna, raccolte da Antonella
Palermo, c’è l’eco della disperazione di allora.
“Vedere la disperazione di mia madre, di mio padre, le
urla – mia madre è stata deportata nei campi di concentramento – siamo riusciti
a scappare, io abitavo laggiù, a Santa Maria del Piano … Ma quello che più mi è
rimasto impresso e non dimenticherò mai mentre fuggivamo le urla, le grida, la
disperazione di tutti …”.
Il dolore non si cancella ma può trovare riscatto: sembra
questo il senso della dichiarazione del Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni:
“E’ una
giornata segnata da un ricordo infausto, da un incubo. Il Papa, che è vissuto
in quei luoghi, è stato testimone personale della tragedia che ha colpito gli
ebrei. L’ha saputa sviluppare in termini positivi perché - penso - questo
Pontefice, come nessuno prima di lui, ha dato un impulso decisivo al
miglioramento dei rapporti ebraico-cristiani. Perciò, in questo momento noi
siamo immersi nel ricordo triste di questa giornata ma anche nella partecipazione
felice al 25.mo anniversario della sua elezione, che coincidono in questa
data”.
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16 ottobre 2003
SI
APRE OGGI A TORINO LA ‘SECONDA TAVOLA ROTONDA EUROPEA SULLA POVERTA’
E
L’ESCLUSIONE SOCIALE’: LA CARITAS ITALIANA EVIDENZIA PERPLESSITA’ IN UN DOCUMENTO
DOVE ANALIZZA L’OPERATO DEL GOVERNO SULLE POLITICHE SOCIALI
TORINO (ITALIA). = Oggi e domani si tiene a Torino la
“Seconda tavola rotonda europea sulla povertà e l’esclusione sociale”. Questo
incontro rappresenta una prima verifica dei nuovi Piani nazionali di azione
contro la povertà e l’esclusione sociale presentati dai Paesi membri nello
scorso Luglio. La Caritas Italiana, in un documento, evidenzia alcune
perplessità e annotazioni critiche riguardo al piano del governo contro la
povertà: innanzitutto si sottolinea l’incertezza che da due anni caratterizza
gli interventi di politica sociale e la distanza dagli obiettivi comuni
dell’Unione Europea. Il piano prodotto dal ministro del Welfare non è stato frutto
di un confronto allargato né ha visto il coinvolgimento delle Regioni. E ancora:
si sottovaluta l’importanza di un adeguato sistema di servizi sociali con il
rischio di scaricare sulle famiglie il peso della cura di situazioni croniche e
si presta poca attenzione al Mezzogiorno. La Caritas Italiana conferma la sua
disponibilità a contribuire al confronto sulle politiche di lotta alla povertà
e all’esclusione sociale e auspica, per quanto riguarda il tema dei poveri e
della povertà in Italia, una riflessione allargata ai mondi della solidarietà.
(M.R.)
SI
CHIAMA “SUDAN MIRROR” ED E’ IL GIORNALE CHE, DOPO VENT’ANNI,
RIPORTERA’
IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE AGLI ABITANTI DEL SUD SUDAN
ALLA
FINE DELLA GUERRA CIVILE
KAMPALA. = Dopo vent’anni di assenza totale, il giornale
“Sudan Mirror” riporterà l’informazione nel Sud Sudan, teatro di una lunga e
terribile guerra civile ormai avviata verso una soluzione negoziata. C’è molta
attesa, soprattutto per quell’intera generazione di sudanesi che non ha mai
potuto godere del diritto
all’informazione. “La pace ai nostri giorni” è il titolo a nove colonne che
uscirà sulle ventimila copie del primo numero che, secondo l’editore, arriverà
nel sud del Paese entro la fine della settimana. “Ci piacerebbe che il
giornale venisse usato come un mezzo per incoraggiare l’alfabetizzazione – ha
dichiarato il direttore, Irin Dan Eiffe - ma anche per coinvolgere la gente nel
processo di pace”. Il bimestrale uscirà in lingua inglese e, a detta del
direttore, “è stato pensato per informare ed educare. Scritto da sudanesi per i
sudanesi, su temi sudanesi”. La redazione è composta da venti elementi e
garantirà un’informazione continua senza permettere “a nessuno di usarci per
fare propaganda", ha precisato Eiffe, garantendo la totale autonomia del
giornale finanziato a livello internazionale. Il prossimo passo sarà quello di
portare il “Sudan Mirror” anche al nord del Paese: obiettivo, questo, difficile
e osteggiato dal governo islamico di Khartoum. (M.R.)
DOMANI,
17 OTTOBRE, I CITTADINI DI MOLTE CITTA’ ITALIANE CONDIVIDERANNO,
MUNITI
DI SACCO A PELO, LA NOTTE CON ‘GLI INVISIBILI’ CHE POPOLANO
LE STRADE:
E’ QUESTA LA “NOTTE SENZA DIMORA”, EVENTO ORGANIZZATO
PER LA
GIORNATA MONDIALE DI LOTTA ALLA POVERTA’
ROMA. = Le Nazioni Unite hanno indetto, per domani 17
ottobre, la Giornata Mondiale di lotta alla povertà. In questo giorno i
cittadini sono invitati a scendere in strada ‘armati’ di sacco a pelo, per un
gesto di solidarietà verso chi vive e dorme per strada. È la “Notte dei senza
dimora”, coordinata dal giornale “Terre di mezzo” e che si svolgerà a Roma,
Milano, Genova, Venezia, Lecco e altre città italiane. “La manifestazione –
spiegano i promotori – ha lo scopo di coinvolgere, provocare, far pensare i
partecipanti e tutti i cittadini sulla condizione delle persone che vivono in
strada, sempre più giovani, spesso stranieri o richiedenti asilo”. Nella capitale
l’evento si svolgerà a piazzale dei Partigiani, dove i romani saranno chiamati
a condividere l’esperienza di una notte di veglia attiva e sonno, insieme agli
“invisibili” della nostra società. La giornata del rifiuto della miseria è
stata celebrata per la prima volta a Parigi il 17 ottobre 1987. Padre Joseph Wresinski,
fondatore del movimento “Adt quarto mondo”inaugurò, sul sagrato delle Libertà e
dei diritti dell’uomo al Trocadero, una lapide in onore delle vittime della
miseria su cui sono scolpite le seguenti parole: “Laddove gli uomini sono condannati
a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli
rispettare è un dovere sacro”. Nel 1992 l’Onu l’ha riconosciuta Giornata
mondiale. (M.R.)
NELLO
SRI LANKA IL ‘CONSIGLIO NAZIONALE PER LA PACE’, ORGANIZZAZIONE
IMPEGNATA
NELLA SOLUZIONE DELLA DECENNALE GUERRA CIVILE
CHE
TRAVAGLIA IL PAESE, HA CHIESTO AL GOVERNO DI APRIRE UN’INDAGINE
SUI
RECENTI ATTACCHI ALLE CHIESE CRISTIANE
COLOMBO. = Il ‘Consiglio nazionale per la pace’ (Npc) ha
chiesto al governo dello Sri Lanka di indagare sui recenti attacchi alle chiese
cristiane e di prevenire eventuali e future aggressioni o intimidazioni. L’Npc,
organizzazione impegnata a cercare una soluzione nella guerra civile nello Sri
Lanka, in un comunicato a firma di uno dei dirigenti dell’associazione, Jehan
Perera, afferma: “Si sono verificati di recente una serie di attacchi contro
chiese cristiane in diverse parti del Paese. Gli aggressori si sono
giustificati sostenendo che in queste chiese sono impegnate in conversioni ‘non
etiche’ e approfittano della povertà della gente”. Da tempo, ricorda il
dirigente dell’Npc, i nazionalisti cingalesi e alcuni potenti del clero
buddista definiscono “privi di scrupoli” i metodi con i quali, secondo loro, i
gruppi evangelici convertono i buddisti alla cristianità. Ci si trova di fronte
ad una situazione analoga a quella indiana dove, cristiani e missionari, sono
spesso bersaglio degli estremisti induisti che li accusano di ‘conversioni
forzate’. Nel documento inviato al governo di Colombo si legge ancora: “E’
inoltre in atto un’insidiosa campagna per mescolare le questioni relative alle
conversioni religiose con quelle riguardanti il coinvolgimento della Chiesa nel
processo in atto in Sri Lanka”. (M.R.)
L’OSPEDALE “GRAVINA” DI CALTAGIRONE, IN SICILIA,
CHIUDE IL BILANCIO IN ATTIVO
E
DESTINA L’AVANZO ALLA COSTRUZIONE DI UN DISPENSARIO IN TANZANIA
CALTAGIRONE
(ITALIA). = L’azienda ospedaliera “Gravina” di Caltagirone, in Sicilia, ha
chiuso il bilancio in abbondante attivo e ha deciso di destinare i fondi in
avanzo alla realizzazione di un dispensario in Tanzania. I 120 mila euro, quota
parte dell’utile d’esercizio 2002, erano destinati ai dipendenti dell’ospedale
che si sarebbero trovati sulla busta paga appena 90 euro in più. Un cifra che
non cambia “il peso” dello stipendio. È venuta fuori, così, l’idea di impiegare
il denaro in un progetto solidale. L’occasione giusta è capitata quando mons.
Ludovico Joseph Mind, vescovo di una diocesi della Tanzania, è passato in
Sicilia a salutare Miche le Giongrandi, ostetrico del “Gravina” e membro del
“cope”, una organizzazione non governativa: incontrando il dirigente
dell’azienda, Francesco Iudica è nata l’idea del dispensario. C’è anche da
dire, però, che il personale medico e paramedico dell’ospedale è molto
impegnato nell’attività solidaristica: mantengono circa trecento adozioni a
distanza e finanziano i missionari con la raccolta di fondi attraverso mostre e
altre iniziative. Oltre alla costruzione del dispensario, i 120 mila euro
serviranno alla organizzazione di corsi di formazione per il personale africano
che vi lavorerà. (M.R.)
UN
SOLDATO IRACHENO ABBANDONA LE ARMI PER DEDICARE LA SUA VITA A CRISTO:
INCREDIBILE
TESTIMONIANZA DI FEDE DELL’UOMO DIVENUTO MONACO CALDEO
DOPO
AVER COMBATTUTO GUERRE NELL’ESERCITO DI SADDAM
NINIVE (IRAQ). = Un soldato iracheno è diventato monaco
caldeo, abbandonando i fucili per seguire Cristo. La testimonianza di questo ex
soldato, rimasto nell’anonimato, è stata raccolta dall’agenzia Fides. Dal 1984
l’uomo faceva parte dell’esercito dell’Iraq, combattendo guerre contro l’Iran e
contro i Curdi. Fatto prigioniero dai curdi, subì violenze e torture per tre
mesi, fino a quando fu liberato grazie al pagamento del riscatto da parte della
famiglia. Fuggì dall’esercito di Saddam e fu condannato per diserzione. In
quell’occasione riscoprì la preghiera come “cibo spirituale”, vivendo
l’esperienza del carcere con grande sofferenza e dolore nel corpo e nell’anima.
Inizia da qui il discernimento del soldato iracheno: lo turbava la ricerca
della strada giusta che avrebbe dato senso alla sua vita. Dopo la guerra del
Golfo, nel 1993, molte famiglie lasciarono l’Iraq per le pessime condizioni di
vita: il giovane soldato si iscrisse ad un corso di teologia. La Parola di Dio
lo colpisce al cuore, la consapevolezza della vocazione prende forma. Nel 1995,
dopo un intenso periodo di preghiera arriva il momento di lasciare la famiglia
e di entrare nel convento dei monaci caldei di Baghdad, dove ora sta perfezionando
gli studi. (M.R.)
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16 ottobre 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Gli Stati Uniti raccolgono importanti adesioni alla
risoluzione presentata all’Onu per il futuro dell’Iraq. Oggi Russia, Germania e
Francia hanno deciso di dare il loro assenso al documento di Washington. La decisione
è arrivata a conclusione di intensi contatti telefonici tra il presidente russo
Putin, quello francese Chirac e il cancelliere tedesco Schröder. Lo ha
annunciato proprio Schroeder, durante una pausa della riunione a Bruxelles dei
capi di Stato e di governo dedicata alla Conferenza intergovernativa. Il
cancelliere tedesco ha comunicato pure che Berlino, Parigi e Mosca hanno
concordato di non concedere ulteriori aiuti finanziari o militari all'Iraq.
Sono otto gli attivisti palestinesi arrestati stamani
dalla polizia nel campo profughi di Jabaliya, perché sospettati per l'attentato
di ieri contro un convoglio Usa nel nord della Striscia di Gaza, che ha ucciso
tre agenti di sicurezza americani. Gli arrestati appartengono ai movimenti
Comitati di resistenza popolare e Fronte popolare di liberazione della
Palestina. L’attentato di ieri - il primo che ha preso di mira un obiettivo
americano in Medio Oriente nei tre anni dell'ultima Intifada - è stato duramente
condannato dal presidente palestinese Yasser Arafat e dal premier Abu Ala. Il
presidente statunitense Bush ha addossato la responsabilità della strage
all'incapacità dei palestinesi di dotarsi di un'efficace forza di sicurezza.
Le autorità iraniane sono disposte a firmare il protocollo
aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) che consenta
ispezioni anche a sorpresa ad impianti non dichiarati. Lo ha reso noto il
direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Mohamed
El Baradei, giunto stamani a Teheran. La missione avviene su invito dell'Iran,
in vista della scadenza, il 31 ottobre, di un ultimatum imposto dall'Agenzia
dell’Onu alla Repubblica islamica perché fughi ogni dubbio di voler costruire
armi nucleari.
La violenza in Bolivia sembra non conoscere sosta: gli
scontri tra le forze fedeli al governo ed i manifestanti, che contestano la
vendita di gas a Stati Uniti e Messico, ha provocato tre nuove vittime. Il
bilancio delle violenze sale ora a oltre 70 morti. Con il passare dei giorni,
il presidente Sánchez de Lozada sembra sempre meno in grado di far fronte alla
protesta. Sentiamo Maurizio Salvi:
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Spinto dalla pressione popolare degli ultimi giorni, il
presidente Gonzalo Sánchez de Lozada è uscito ieri sera dal riserbo, tendendo
la ma-no al dialogo ed accettando alcune rivendicazioni della protesta, fra cui
un referendum sull’esportazione del gas. Ma la speranza che l’iniziativa
potes-se aprire un varco nella radicalizzazione del movimento è durata
pochis-simo. A stretto giro di posta, i leader dell’opposizione gli hanno
risposto che l’offerta è giunta troppo tardi ed appare solo un modo per
confondere la gente. Fino a quando Sánchez de Lozada non rinuncerà – ha detto
in particolare il leader dei coltivatori di coca, Evo Morales – non ci sarà
dialo-go. La situazione resta comunque tesissima. Dopo una pausa nelle
violen-ze, ieri è ripreso il triste conteggio delle vittime, dopo un assalto
dell’eser-cito ad una colonna di 3 mila minatori che stavano trasferendosi a La
Paz.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Travagliato “dopo elezioni” in Azerbaijan. Una violenta
manifestazione di piazza, che si è snodata stamani nel centro di Baku, ha
provocato almeno una vittima tra le migliaia di sostenitori dell'opposizione
che contestavano la vittoria del candidato Ilham Aliev, figlio del presidente
uscente Heydar Aliev, alle elezioni presidenziali di ieri. Con il 94% delle
schede scrutinate, la commissione elettorale ha comunicato che Ilham Aliev ha
ottenuto il 79,55% dei voti, contro il 12,1% dello sfidante Issa Gambar. Ma
anche gli osservatori dell’Osce hanno denunciato irregolarità nel voto in
Azerbaijan, giudicato “non conforme alle norme internazionali”.
Dopo il successo della missione del suo primo astronauta,
la Cina è pronta ad organizzarne una seconda entro uno o due anni. Lo ha detto
stamani a Pechino Xie Mingbao, uno dei responsabili del programma spaziale
cinese, dopo che stanotte l’astronauta Yang Liwei - il primo uomo cinese ad
aver viaggiato nello spazio - è rientrato sulla Terra al termine della sua
missione spaziale sulla navetta “Shenzhou 5”. Il primo ministro Wen Jiabao si è
detto entusiasta dell’esperimento. Il servizio di Riccardo Cascioli:
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Le
autorità di Pechino non hanno mai fatto mistero di attendersi da questa
missione un rilancio del patriottismo, della coesione nazionale e della
legittimazione del regime, in un momento in cui in Cina regnano soprattutto
instabilità e disordine. Così, il governo ha pensato proprio a tutto, compresa
la trasmissione tv del lancio in differita di mezz’ora, per evitare che un
eventuale insuccesso diventasse un pericoloso boomerang propagandistico. Ma la
gloria nazionale non spiega tutto. Dietro al programma spaziale, iniziato 11
anni fa e costato miliardi di dollari, ci sarebbero infatti, a detta di molti
esperti, anche interessi militari, sia per lo sviluppo della tecnologia, sia
perché Pechino punta a lanciare satelliti spia militari sull’esempio di Stati
Uniti e Russia.
Per la Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.
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Tragedia ieri nella baia di New York, sotto la Statua
della Libertà. Il traghetto che ogni giorno percorre la breve rotta tra
Manhattan e Staten Island è andato a schiantarsi contro un molo dell'isola. Dei
1.500 i passeggeri a bordo, 14 sono morti. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il traghetto era arrivato davanti a Staten Island ed aveva
cominciato la manovra per attraccare. Qualcosa però non ha funzionato e la nave
ha battuto contro i tronchi del molo. Non c’è stato scampo per le persone che
stavano sedute vicino al punto dove i tronchi hanno sfondato lo scafo. Ieri
sera, secondo il sindaco Michael Bloomberg, c’erano dieci morti confermati, ma
secondo l’agenzia Associated Press le vittime sono almeno 14. Il sindaco ha
detto che molte persone sono rimaste ferite in maniera molto grave. Fonti della
televisione ‘New York One’ hanno detto che, dopo l’incidente, il capitano della
nave è corso a casa e ha cercato di togliersi la vita. Bloomberg ha smentito,
aggiungendo che non si è trattato di un episodio di terrorismo, ma di un
incidente. Gli investigatori stanno ancora accertando le cause. L’ipotesi
circolata a caldo è che il vento forte e le onde alte abbiano fatto sbagliare
la manovra di attracco.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Nuovi
violenti scontri sono avvenuti ieri in Uganda tra le forze governative e i
ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra) nella zona di
Bata, nella parte settentrionale del Paese africano. Il bilancio dei
combattimenti non è ancora chiaro. Alcune migliaia di persone hanno abbandonato
la zona, nel timore di nuove incursioni da parte dei miliziani capeggiati da
Joseph Kony, che da 17 anni tenta di rovesciare il governo del presidente
ugandese Yoweri Museveni.
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