RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 285 - Testo della
Trasmissione di domenica 12 ottobre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Medio Oriente: parziale compromesso tra Arafat e Abu Ala.
Nei territori ancora episodi di violenza
Concerto di gala a Toronto per
celebrare i 25 anni di Pontificato di Giovanni Paolo II.
12 ottobre 2003
ANNUNCIANDO LA SOLENNE MESSA PER
IL 25ESIMO DI PONTIFICATO,
IL PAPA HA RICORDATO IL SUO PRIMO
ANGELUS E IL SUO “DIALOGO
PREFERENZIALE” CON I GIOVANI
CONFIDANDO DI NON ESSERE DELUSO DA
LORO
E PIUTTOSTO DI CONTINUARE A
CONTARE SU DI LORO
“Celebrerò
una solenne messa di ringraziamento, giovedì alle 18”. Con queste parole il
Papa ha ricordato che il 16 ottobre prossimo si compirà il 25esimo anno del suo
Pontificato. Lo ha fatto ringraziando fin da ora chi vorrà “unirsi con la
preghiera e, soprattutto, rendendo grazie a Dio per la continua e provvida
assistenza”. Il servizio di Fausta Speranza:
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Il Papa è tornato con la mente ai “giorni dell’ottobre
1978 e in modo speciale al primo Angelus” recitato il 22 ottobre. Ed è stata forte la sensazione di sentire
ancora stretto l’abbraccio nei
confronti della famiglia umana venuto spontaneo allora, proprio durante la
preghiera che aiuta a contemplare il mistero dell’Incarnazione, e rinsaldato dalle parole di oggi:
“Cercai allora di abbracciare
tutto il futuro del Pontificato, del popolo di Dio e di tutta la famiglia
umana, perché – dicevo - la famiglia prende inizio dalla volontà del Padre, ma
sempre viene concepita sotto il cuore della Madre”.
E il
futuro, ma soprattutto la speranza del futuro, sono i giovani- torna ancora una
volta a sottolineare il Papa. Ma oggi lo fa con la forza nuova di una confidenza:
i giovani non lo hanno deluso.
“Debbo
riconoscere che la risposta dei giovani è stata davvero incoraggiante. Oggi
vorrei ringraziarli per essermi stati sempre vicini durante questi anni e
vorrei che sapessero che continuo a contare su di loro”.
E sempre, come una preziosa confidenza, il Papa afferma di ripensare “con riconoscenza al
passato” e al rapporto speciale con chi cammina nella vita senza ancora la
definizione di adulto.
“Il mio sguardo si volge ai giovani con cui ho stabilito fin
dall’inizio del mio ministero petrino un dialogo preferenziale”.
E, 25 anni dopo, Giovanni Paolo II ha voluto ricordare - o
meglio, potremmo dire è tornato a
pronunciare - il suo primo saluto ai giovani:
“Voi siete l’avvenire del mondo, voi siete la speranza della
Chiesa, voi siete la mia speranza”.
Nel chiudere un saluto
pieno di emozione, che si è
tradita in particolare con il fragoroso applauso scoppiato quando il Papa si è
interrotto per un semplicissimo
starnuto, Giovanni Paolo II ha
affidato le nuove generazioni a Maria,
chiedendo che siano “disponibili alla volontà di Dio, per costruire
generosamente un mondo più giusto e fraterno”.
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SI
CELEBRA OGGI IN POLONIA LA “GIORNATA DEL PAPA”.
VOLUTA TRE ANNI FA DALL’EPISCOPATO
POLACCO,
ASSUME PARTICOLARE RILIEVO NEL
25.MO ANNO DI PONTIFICATO
In
Polonia si celebra oggi la “Giornata del Papa”, voluta nel 2001 dalla
Conferenza episcopale polacca nella domenica che precede il 16 ottobre,
anniversario dell’elezione del cardinale Karol Wojtyla, arcivescovo di
Cracovia, alla cattedra di Pietro. La preghiera si accompagna a diverse
iniziative, tra cui concerti, convegni, mostre fotografiche e momenti particolari dedicati ai giovani. A
Cracovia è stata organizzata una lettura pubblica di brani tratti dai testi del
Magistero e dall’opera poetica del Papa intitolata “Trittico Romano”.
L’iniziativa
assume quest’anno speciale rilievo alla vigilia del 25.mo anniversario del
Pontificato. E una speciale trasmissione televisiva, curata dall’emittente
polacca TVP, viene eccezionalmente ospitata questa sera alle 20.15 nella Sala
Clementina del Palazzo Apostolico. La diretta prevede collegamenti con
Cracovia, Varsavia, Wadovice, Czestochowa.
Per una riflessione, che parte dalla prima giornata di tre
anni fa, ascoltiamo, nell’intervista di Stanislaw Tasiemski del nostro
programma polacco, l’arcivescovo Tadeusz Goclowski, responsabile dell’episcopato
polacco per l’organizzazione della Giornata:
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R. – Da tra anni celebriamo quella che chiamiamo la
“Giornata papale”. La prima, nel 2001, è stata celebrata sul motto “Giovanni
Paolo II, il Pontificato della storica svolta”; l’anno seguente, il tema
cruciale era “Il Pontificato della speranza”. Quest’anno, “Giovanni Paolo II,
apostolo dell’unità”. Su questo tema è stata pubblicata anche una lettera dei
vescovi polacchi. L’istituzione della Giornata papale è un’iniziativa
dell’episcopato polacco e si sta svolgendo nella Fondazione “Opera del nuovo
millennio”, che si occupa della gioventù povera ma molto capace. Al momento
abbiamo assegnato una borsa di studio a 1.200 allievi poveri ma con grandi
potenzialità. La fondazione è un monumento vivo al pontificato di Papa Wojtyla.
In Polonia, ben 55 sono le città alle quali il Papa ha fatto una visita
apostolica durante il suo pontificato.
D. – Cosa significa questo pontificato per i giovani
polacchi?
R. – Penso che questo significhi soprattutto ‘speranza’.
Il Santo Padre ha parlato di un problema sentito anche in Polonia, che è quello
dell’unità dell’Europa. Quale Europa? In questo senso, mi sembra un tema
speciale per i giovani polacchi, quello della ‘speranza’ da condividere con il
Santo Padre per guardare al futuro della propria vita ma anche a quello della
Nazione e dell’Europa.
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IL RAPPORTO TRA FEDE E CULTURA E
TRA FEDE E NON CREDENZA
NEL MAGISTERO DEL PAPA. CON NOI IL CARDINALE PAUL POUPARD
- Servizio di Giovanni Peduto
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Va ricordato quanto lo stesso Pontefice ebbe a dire
all’inizio del Pontificato al Collegio cardinalizio, e cioè: “Non vi è sfuggito
l’interesse che personalmente e con l’aiuto dei miei diretti collaboratori
intendo dedicare ai problemi della cultura, della scienza e dell’arte, oggetto
di particolare studio da parte del Concilio Vaticano II, perché questo è un
campo vitale sul quale si gioca il destino della Chiesa e del mondo”. Erano
parole forti, come ci sottolinea ora il cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontificio Consiglio della cultura:
“Si potrebbe dire che i 25 anni di Pontificato sono stati vissuti come un
continuo impegno per realizzare questo obiettivo in un orizzonte globale,
perché tutti i settori della vita della Chiesa sono stati interpellati per
confrontarsi con le sfide epocali, quasi tutte di carattere culturale, compresa
la non credenza. Bisogna rammentare la creazione del Pontificio Consiglio della
cultura all’inizio del Pontificato e, 10 anni dopo, l’unione del Pontificio
Consiglio della cultura con quello del dialogo con i non credenti, l’altro
dicastero, creato da Paolo VI, che mi aveva chiamato a guidare dopo il
cardinale König. La constatazione è che, se la cultura dei popoli risulta
refrattaria o del tutto indifferente al messaggio del Vangelo, allora risultano
vani gli sforzi compiuti, ad esempio, in campo vocazionale e liturgico
missionario. Il nostro Papa, dunque, ha messo tutta la sua forza enorme di
gigante della fede per inculturare il Vangelo ed evangelizzare le culture in
una circolarità ermeneutica continua”.
I
problemi dell’ateismo, della non credenza e dell’indifferenza religiosa stanno
veramente a cuore al Santo Padre e sono sempre affrontati sul terreno del
dialogo culturale perché la cultura – secondo l’insegnamento del papa - in
tutti i suoi aspetti si offre come
ponte per incontrare gli uomini e partecipare la grande visione del Vangelo. I
campi particolarmente fecondi e promettenti sono stati quindi settori che hanno
abbracciato fede e arte, fede e cultura, fede e scienza.
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12 ottobre 2003
“UN’EUROPA PIU’ AMPIA E COSCIENTE DELLE PROPRIE
RADICI E DEI PROPRI VALORI
POTRA’
ESSERE FATTORE DI PACE NEL MONDO”.
COSI’
OGGI CARLO AZEGLIO CIAMPI NEL MESSAGGIO PER LA MARCIA DELLA PACE
PERUGIA-ASSISI.
DECINE DI MIGLIAIA I PARTECIPANTI
SOTTO LA BANDIERA CON I COLORI DELL’ARCOBALENO
-
Intervista con Luigi Bobba -
Il
popolo della pace si è ritrovato ancora una volta per la tradizionale marcia Perugia-Assisi.
Diversi striscioni - uno dei quali con la scritta “Centomila mani di pace” e
con impresse decine di palmi multicolori - hanno aperto questa mattina il
corteo dal Giardino del Frontone nel capoluogo umbro. I 300 mila partecipanti,
secondo le stime fornite dagli organizzatori, percorreranno i 24 km fino alla
Rocca di Assisi, rilanciando la sfida di un mondo senza guerra. “La nuova
edizione della Marcia Perugia-Assisi - scrive il Presidente della Repubblica,
Carlo Azeglio Ciampi, nel messaggio inviato - rafforza l’impegno collettivo per
l’incontro fra diverse culture e per la difesa della pace, della solidarietà e
della cooperazione fra i popoli”. Sul tema scelto per la marcia di quest’anno,
Luca Collodi ha raccolto la riflessione di Luigi Bobba, presidente delle Acli,
una delle tante associazioni o movimenti che hanno aderito.
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R. – Il titolo della marcia è: “Europa, forza della pace”,
quindi la scommessa, il punto-chiave di questa edizione della marcia, è quello
di costruire una società civile a livello europeo capace di incidere nella
costruzione di questa nuova patria, di questa nuova nazione che è l’Europa. E
di costruirla non solo avendo presente le regole ma anche gli elementi decisivi
per il ruolo che l’Europa vuole svolgere nel prossimo futuro. Penso all’appello
che abbiamo portato a Romano Prodi, che contiene una proposta di revisione
sostanziale dell’articolo 2 del Trattato costituzionale europeo, perché segua
quello che dice la nostra Costituzione all’articolo 11, ovvero che si ripudia la guerra come strumento di
risoluzione delle controversie internazionali e ci si affida ai grandi
organismi internazionali come unica via per costruire la pace, per promuovere
lo sviluppo e per combattere la povertà. Vorremmo che queste parole così
chiare, così cristalline fossero anche dentro questo nuovo processo costituente
dell’Europa.
D. – La marcia va avanti, praticamente, dal 1961, quindi è
un’occasione ormai forte, istituzionale per parlare di argomenti molto vicini
alla vita dell’uomo, alla vita quotidiana, ai grandi tempi anche poi del futuro
dell’umanità ...
R. – Ci sono state anche delle edizioni straordinarie, in
occasione di conflitti particolarmente gravi, che hanno suscitato
partecipazione e mobilitazione. E’ diventato un luogo di convergenza di quel
popolo delle bandiere di pace, di quei tanti che nei mesi passati avevano
dichiarato la loro presa di posizione di fronte alla questione della guerra, in
questo caso della guerra contro l’Iraq, con un gesto dalle loro case e cioè
esponendo la bandiera. Dicevano qualcosa che aveva a che fare con il futuro del
mondo, qualcosa che era una presa di posizione chiara, ben identificata
rispetto alla questione ‘pace o guerra’. Ora, queste bandiere bisogna portarle
in marcia per significare che quel lavoro, quel fermento, quei tanti
comportamenti individuali che si erano messi in moto non sono scomparsi ma sono
capaci di affrontare nuove sfide. Possono essere capaci di guardare a un’Europa
che diventi effettivamente forza di pace, cioè un’Europa che si costruisca non
tanto e non solo come potenza economica, ma come potenza civile.
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GIOVANISSIMI IN PRIMO PIANO NEI
PROGRAMMI DELL’ONU
PER SOSTENERE CAMPAGNE
D’INFORMAZIONE SANITARIA E DI EDUCAZIONE SESSUALE
E PER SENSIBILIZZARE I PAESI SUI
LORO DIRITTI
- Intervista con Giulia Vallese -
Sono 6 miliardi e 800 milioni le persone che nel 2003
abitano il nostro Pianeta, quasi la metà ha meno di 25 anni, mentre gli adolescenti
– considerati tra i 10 e i 24 anni – sono 1 miliardo e 200 milioni. E su questa
generazione si è concentrata l’attenzione del Fondo Onu per la popolazione
(Unfpa), che nel suo Rapporto annuale sullo stato demografico nel mondo 2003 -
presentato questa settimana - chiede d’investire nella salute e nei diritti di
questi giovanissimi. Perché questa scelta? Roberta Gisotti lo ha chiesto alla
dott.ssa Giulia Vallesi, assistente speciale del vicedirettore dell’Unfpa, a
New York.
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R. – C’è questa grande generazione di adolescenti nel
mondo che ha diritto a informazioni e servizi in materia di salute
riproduttiva, perché vediamo che più della metà dei contagi da virus dell’Hiv è
tra giovani. Nei Paesi in via di sviluppo le ragazze si sposano in età
adolescenziale e sono soggette a complicanze da parto, a morti precoci, a
gravidanze indesiderate e spesso questo è dovuto a disinformazione o a mancanza
di informazione.
D. – Ecco, dunque, campagne di informazione – come lei ha
sottolineato – sulla salute riproduttiva. Una terminologia che, a dire il vero,
già in passato ha suscitato ampi dibattiti e sollevato anche forti polemiche in
sede Onu, riguardo ad interventi che possono essere considerati ‘coercitivi’ in
un campo così delicato che tocca l’intimo delle persone e potrebbe violare le
libere scelte degli individui o anche scavalcare, quindi esautorare, le
famiglie nell’educazione dei loro figli ...
R. – Noi lavoriamo molto anche con i genitori. Spesso i
genitori, però, non sanno come parlare ai propri figli di queste tematiche,
proprio perché sono molto sensibili. Quindi facciamo programmi con genitori,
con leader religiosi, con coetanei perché molto spesso i ragazzi magari possono
sentirsi a proprio agio a parlare con altri ragazzi. L’importante è che
ricevano informazioni adeguate. E per
questo i politici hanno un ruolo da
giocare, così come i mass media. E’ un intervento un po’ a tutto campo, in cui
ogni parte può avere un ruolo rilevante.
D. – Dal vostro programma, ho visto che queste campagne
poi sono differenziate da Paese a Paese, da situazione a situazione ...
R. – Quando si parla di adolescenti e di giovani, non si
parla di un blocco unico. Ci sono grosse differenze non solo tra Nord e Sud del
mondo, ma tra gli stessi Paesi in via di sviluppo. Ci sono differenze tra
adolescenti sposati e adolescenti non sposati, tra adolescenti che sono orfani
di genitori e quindi in condizioni ancora più a rischio, e adolescenti che
invece beneficiano dell’appoggio della famiglia ... Quindi, bisogna tenere in
considerazione tutte queste diversità e anche il contesto culturale, per vedere
quale sia la strategia che possa funzionare meglio in base a quel contesto.
D. – C’è da dire, però, che il Rapporto sullo stato della
popolazione nel mondo mette in evidenza anche come massima parte di questa
gioventù sia estremamente povera e viva in condizioni di estremo disagio
sociale. Ora, anche la responsabilità in campo sessuale, in campo familiare
viene dallo sviluppo ...
R. – Il problema comunque è che, per esempio, il contagio
dell’Hiv non fa che peggiorare la povertà. Il fatto che le ragazze sono
soggette comunque a violenze sessuali, molto spesso a gravidanze precoci,
questo significa che hanno meno opportunità di uscire poi dal circolo vizioso
della povertà. Quindi, cercando di affrontare il tema della salute
riproduttiva, si cerca di dare un contributo allo sviluppo.
D. – E anche, forse, di far prendere coscienza della dignità
della persona nel suo insieme?
R. – Sicuramente, perché molto spesso le donne – e il
Rapporto lo evidenzia – non sanno nemmeno di avere dei diritti come persone. E’
fondamentale, dunque, condurre campagne
di sensibilizzazione.
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LANCIATA UNA CAMPAGNA MONDIALE CONTRO
LE ARMI LEGGERE:
UN FACILE COMMERCIO A DANNO DEI
CIVILI
- Intervista con Emilio Emmolo -
Convincere i governi di tutto il mondo a ridurre la
proliferazione e l’uso indebito delle armi: è l’obiettivo della campagna
mondiale lanciata oggi a Londra e in altri 50 Paesi, insieme con la
presentazione di un rapporto, da varie organizzazioni tra cui Amnesty
International. Ma che cosa si vuole far emergere con questa nuova iniziativa
per la messa al bando delle armi leggere? Risponde Emilio Emmolo, responsabile del coordinamento armi di Amnesty
International Italia. L’intervista è di Giancarlo La Vella:
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R. – In particolare, gli attacchi dell’11 settembre e la
successiva guerra al terrorismo, quindi i conflitti in Afghanistan e in Iraq,
hanno puntato l’indice sul commercio di armi. Ricordiamo che il conflitto in Iraq
è stato giustificato da parte statunitense affermando che questo Stato deteneva
armi di distruzione di massa. Insomma, dall’11 settembre abbiamo sentito molte
dichiarazioni che legavano la facile disponibilità di armi al problema del
terrorismo. Tuttavia, alle dichiarazioni di principio non ha fatto seguito
nessuna iniziativa concreta per controllare maggiormente le armi a livello
internazionale. Nessun passo in avanti è stato fatto, in quella che è stata
definita la guerra contro il terrorismo, per migliorare la più evidente azione
preventiva per evitare il terrorismo e per fermare i conflitti, cioè il
controllo del commercio di armi a livello internazionale.
D. – Sono sempre i Paesi occidentali, i Paesi
industrializzati che promuovono il commercio delle armi ai Paesi del Terzo
Mondo: ecco, questa è un’affermazione valida ancora oggi?
R. – Sicuramente. Circa i due terzi dell’esportazione
globale di armi negli anni tra il 1997 e il 2001 proviene dai Paesi del G8.
Ricordo che al primo posto figurano gli Stati Uniti, seguiti dalla Russia,
dalla Francia, dal Regno Unito e, all’ottavo posto, dall’Italia. Quindi, sono
sicuramente i Paesi del Nord del mondo che sicuramente hanno le maggiori
responsabilità per questo commercio assolutamente fuori controllo.
D. – Chi paga il costo più drammatico di questa facile
circolazione delle armi nel mondo?
R. – Sono le popolazioni civili in spregio a tutte le
normative internazionali, in particolare al diritto internazionale umanitario
che regola i conflitti armati. Vorrei ricordare che tanto in Afghanistan quanto
in Iraq, l’ampia diffusione e proliferazione delle armi leggere sono tuttora,
dopo i conflitti, uno dei maggiori ostacoli all’avvento della pace. Ma vorrei
ricordare tanti di quelli che chiamiamo ‘conflitti dimenticati’. In primis, sicuramente, la Repubblica democratica
del Congo e i tanti focolai in Africa, dall’Africa Occidentale – Liberia,
Sierra Leone, la Regione dei Grandi Laghi, la tragica esperienza del genocidio
del ’94 in Rwanda. In tutti questi conflitti sicuramente la proliferazione di
armi, e di armi leggere in particolare, è stata una delle cause scatenanti dei
conflitti e soprattutto uno degli ostacoli quasi insormontabili alla
pacificazione di queste zone e alla possibilità di riportare serenità alle popolazioni
civili.
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UNA CHIESA CHE RIPARTE DAI POVERI
PER UN NUOVO MILLENNIO SEGNATO
DALL’AMORE
- Servizio di Fabio Brenna -
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Due cammini apparentemente diversi fra di loro, ma che
convergono fino a sovrapporsi, sono quelli evocati dai due libri di mons.
Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, la cui seconda edizione è stata presentata
nella sede milanese del Corriere della Sera da mons. Gianfranco Ravasi,
prefetto della Biblioteca Ambrosiana, da Ferruccio de Bortoli, già direttore
del Corriere e dal presidente di Rcs, Cesare Romiti.
La “Storia dei poveri in Occidente” e la “Lettera di un
amico che non crede” sono dunque due percorsi che finiscono col coincidere. Il
primo è il cammino da Gerico a Gerusalemme del buon Samaritano, che non voltò
la sua faccia dall’altra parte. L’altro percorso segue la strada dei discepoli
di Emmaus, ai quali il Signore risorto infiammò il cuore. “La storia dei poveri
è la vera storia della Chiesa” – ha osservato mons. Ravasi – “ed incamminandosi
lungo i sentieri della carità si finisce per forza di cose sui territori di
frontiera, quelli dell’amore. Sono terreni che
conducono verso quel nudo essere che deve rappresentare il frutto della
ricerca, del dialogo fra gli uomini, anche oltre la foresta delle fedi o i
deserti della ragione che non si apre al trascendente”. La Chiesa, allora, deve
ripartire dai poveri? Ascoltiamo Mons.
Vincenzo Paglia:
R. – Credo che così sia partita, nel primo secolo, con
Gesù. Quando gli chiesero se era Lui quello che doveva venire o no, Egli disse:
“Andate a riferire a Giovanni quel che vedete. I ciechi vedono, gli storpi
camminano ed ai poveri è annunziata la buona novella”. Così è partita la Chiesa
e così deve ripartire all’inizio di questo nuovo millennio. Oggi la marea dei
poveri è incredibilmente aumentata rispetto ai tempi di Gesù ed io credo che
noi dobbiamo essere attenti a quel che Gesù dice ai discepoli: “Voi farete cose
anche più grandi”. Noi oggi, rispetto a Gesù, abbiamo miliardi di poveri in più
e, quindi, dobbiamo moltiplicare amore e solidarietà. Questa è la via che la
Chiesa deve percorrere in questo nuovo millennio, perché sia un millennio
segnato non dalla solitudine e dalla crudeltà, ma dalla compassione e
dall’amore.
D. – Lei cita una serie di nuove povertà, come ad esempio
l’immigrazione, e giudica scandalosa la risposta che si sta dando nel nostro
Paese …
R. – Infatti, perché viviamo ad occhi chiusi. E’
necessario studiare, è necessario conoscere, informarsi. Oggi nessuno può dire,
come in passato poteva accadere, “io non lo sapevo”. Le guerre le vediamo
tutti. I poveri che muoiono li vediamo tutti. Gli anziani abbandonati
quest’anno, durante l’estate, li abbiamo visti tutti! Ecco perché tutto ciò
deve continuare a muoverci, a scandalizzarci. Deve farci sentire un po’ in
debito, trasmetterci un po’ di senso di
colpa che, secondo me, è più che salutare per cambiare il mondo in una
prospettiva più bella.
D. – Mons. Paglia, ci spiega come i sentieri della carità,
cioè quelli del buon Samaritano, e quelli della ricerca dei discepoli di Emmaus
riescano a coincidere?
R. –
Credo che essere viandanti significhi anzitutto non rimanere dove uno è ma,
soprattutto, porsi ovunque con occhi aperti e cuore aperto. Il Samaritano aprì
gli occhi e vide l’uomo mezzo morto, il prete ed il levita pensavano solo agli
affari loro e continuarono. Ad Emmaus, quei due che erano tristi, aprirono le
orecchie ed il cuore a chi parlava e si sentirono scaldare il cuore nel petto.
E’ una grande lezione anche per noi.
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12 ottobre 2003
NUOVO
ATTENTATO STAMANI IN IRAQ: DUE AUTOBOMBA HANNO SQUARCIATO
L’HOTEL
BAGHDAD, CHE OSPITA IL PERSONALE AMERICANO NEL PAESE.
ALMENO
10 LE VITTIME
BAGHDAD.
= Baghdad nuovamente scossa da un violento attentato. Una fortissima esplosione
si è registrata stamani nel centro della capitale irachena, precisamente in via
Saadun, dove sorge il Baghdad Hotel usato dal personale americano. Secondo le
prime informazioni, la deflagrazione, innescata con ogni probabilità da due
autobomba, ha causato almeno dieci morti. Il boato ha ridotto in macerie parte
dell’albergo. Soldati americani mandati sul posto hanno circondato la zona. Il
quartiere è nel caos. La situazione nel Paese resta, quindi, tesa mentre il
segretario di Stato americano, Colin Powell, cerca di creare consenso sulla proposta
di risoluzione per l’Iraq presentata dagli Stati Uniti all’Onu. Possibile proroga
del mandato, infine, per i 3.000 militari italiani dell’operazione Antica Babilonia,
di stanza nella provincia di Dhi Qar. Secondo quanto ha annunciato ieri il ministro
della Difesa italiano, Antonio Martino, la missione potrebbe essere protratta
per altri sei mesi. (B.C.)
MEDIO ORIENTE: PARZIALE COMPROMESSO FRA ARAFAT E
ABU ALA.
NEI
TERRITORI ANCORA EPISODI DI VIOLENZA
GERUSALEMME.
= Parzialmente risolte le divergenze tra il presidente palestinese, Yasser
Arafat, e il suo primo ministro, Abu Ala. Secondo quanto ha riferito il
portavoce di Arafat, Nabil Abu Rudeina, i due uomini politici, nell’incontro a
quattr’occhi a tratti molto teso, si sono accordati per un governo di emergenza sino a
fine mese. Un’altra fonte palestinese, tuttavia, ha indicato che resta irrisolta
la disputa sul ministro dell’interno Nasser Yussef, principale punto di
contrasto fra Arafat e Abu Ala. Si moltiplicano, inoltre, gli sforzi della
diplomazia internazionale per ricercare una soluzione pacifica al conflitto
israelo-palestinese. “Noi non sospenderemo la nostra azione anche se ne vediamo
i limiti in questo momento”: è quanto ha dichiarato stamani il presidente della
Commissione europea, Romano Prodi, dopo l’incontro con il presidente egiziano,
Hosni Mubarak. Nei territori, intanto, la situazione resta tesa. Stamani un
palestinese ha perso la vita nei campi della colonia ebraica di Morag, a sud di
Gaza. Altri due sono stati feriti dagli spari di agenti della Guardia di frontiera
israeliana ad un posto di blocco presso il villaggio di Kfar Menachem, a pochi
chilometri dalla città di Beit Shemesh. Ieri sera, invece, l’esercito
israeliano si è ritirato parzialmente da Rafah, nel sud della Striscia, dopo
un’operazione costata la vita a otto palestinesi in meno di 48 ore e lanciata
per stroncare il contrabbando di armi dall’Egitto. (B.C.)
ANCORA
ACCESI I TONI DELLA PROTESTA IN BOLIVIA PER L’ESPORTAZIONE DEL GAS.
SALE A
10 IL BILANCIO DELLE VITTIME DEI DISORDINI MENTRE
IL
GOVERNO CERCA DI INTAVOLARE UN DIALOGO CON L’OPPOSIZIONE
LA PAZ. = Si inaspriscono i disordini in Bolivia, per la
campagna organizzata dall’opposizione contro l’esportazione di gas boliviano
verso gli Stati Uniti e il Messico. Nelle ultime 24 ore, infatti, altre tre persone,
fra cui un bambino di cinque anni, hanno perso la vita, mentre un gruppo di
minatori ha sequestrato due agenti di polizia. Sale così a 10 il numero delle
vittime della protesta, che da oltre tre settimane paralizza il Paese. Dopo lo
sciopero a tempo indeterminato proclamato 13 giorni fa, il leader del “Movimento
al socialismo” (Mas, opposizione), Evo Morales, ha annunciato che i coltivatori
di coca del tropico di Cochabamba e del Chapare manifesteranno a partire da
domani, con blocchi stradali sulla nevralgica arteria commerciale
Cochabamba-Santa Cruz de la Sierra. “I nostri militanti - ha dichiarato -
dispongono di fucili Mauser e di altre armi da fuoco e sono autorizzati ad
usarli per difendersi”. Il governo del presidente Gonzalo Sanchez, intanto, ha
ricevuto ieri una delegazione composta da esponenti dell’episcopato di El Alto,
dell’Assemblea permanente dei diritti umani e del Sindacato dei giornalisti,
per cercare di intavolare un dialogo che per il momento sembra di difficile
realizzazione. (B.C.)
“NON
BASTA OSSERVARE I SEGNI DEI TEMPI, BISOGNA ANCHE OFFRIRE DEI SEGNI
AI
NOSTRI TEMPI”: COSI’ IL CARDINALE POUPARD, DURANTE LA CELEBRAZIONE
EUCARISTICA
CONCLUSIVA DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE
“SPIRITUALITA’
DI COMUNIONE PER UN MONDO SOLIDALE”
ROMA. = La luce del Vangelo “ci aiuta ad accogliere senza
paura le sfide provenienti dai fratelli e dalle sorelle, partecipi della gioia
e della fatica del vivere e ci aiuta a condividere con essi, nel dialogo, la
nostra esperienza di vita con Cristo”. Lo ha ribadito stamani il cardinale Paul
Poupard, presidente del Pontificio consiglio della cultura, nella
concelebrazione eucaristica conclusiva del congresso internazionale
“Spiritualità di comunione per un mondo solidale”. L’incontro è stato
organizzato dal servizio di animazione comunitaria Movimento per un mondo migliore,
nel 50.esimo anniversario del proclama di Pio XII per un mondo migliore.
“L’impegno è arduo - ha proseguito il porporato rivolgendosi ai fedeli convenuti
nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma - per questo imploriamo che la
Parola del Signore sia lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino’.
“Siamo chiamati - ha insistito il cardinale Poupard - a inserire la linfa
vitale del Vangelo nelle culture. L’obiettivo è rinnovare dall’interno e trasformare
alla luce della Rivelazione le visioni dell’uomo e della società che modellano
le culture: le concezioni dell’uomo e della donna, della famiglia e
dell’educazione, della scuola e dell’università, della libertà e della verità,
del lavoro e degli svaghi, dell’economia e della società, delle scienze e delle
arti”. “Non basta osservare i segni dei tempi - ha concluso - bisogna anche
offrire dei segni ai nostri tempi: segni di amore soprattutto, di condivisione,
di solidarietà, sotto la guida dello Spirito Santo, Spirito di Intelligenza e
di Amore”. (B.C.)
UN
CONCERTO DI GALA PER CELEBRARE
I 25
ANNI DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II.
IL
CANADA RENDE OMAGGIO CON LA MUSICA
ALLA
MISSIONE PASTORALE DEL SANTO PADRE
TORONTO.
= Si moltiplicano le iniziative per celebrare il 25.esimo anniversario di Pontificato
di Giovanni Paolo II. In Canada sono la Catholic Radio e gli organizzatori
della Gmg 2002, che stamani accordano gli strumenti per un concerto di gala,
per rendere omaggio alla vita e alla missione pastorale del Santo Padre.
L’evento si svolge oggi presso l’Air Canada Centre, alla presenza del nunzio apostolico
in Canada, arcivescovo Luigi Ventura, patrono onorario dell’iniziativa, ma
anche di rappresentanti del governo, dei media ed esponenti di diverse tradizioni
religiose. Ad animare il concerto circa 200 artisti di fama internazionale, tra
i quali cui Helmut Lotti (Belgio), Malgorzata Walewska (Polonia), Tony Melendez (Stati Uniti) e Georgh Zamfir (Romania). Si
esibisce, inoltre, il coro della Giornata Mondiale della Gioventù e
un’orchestra sinfonica diretta da Michael Newnham. (B.C.)
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