RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 284 - Testo della
Trasmissione di sabato 11 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In udienza dal Santo Padre il
presidente di Timor Est, Xanana Gusmao.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Proseguono a Roma i
lavori per la rimozione dell’obelisco di Axum, che tornerà all’Etiopia.
Sempre più tesa la situazione in Medio Oriente:
drammatico botta e risposta oggi tra Siria e Israele.
Nuova offensiva dei ribelli maoisti in Nepal: 38 i
morti.
Evasione di massa in Afghanistan: almeno 40
detenuti fuggiti dalla prigione di Kandahar.
Il contingente della Nato in Bosnia potrebbe
lasciare il Paese entro il 2004, se le condizioni del Paese lo consentiranno.
11 ottobre 2003
DI FRONTE ALLE SFIDE DEL
TERZO MILLENNIO, SERVE UN ANNUNCIO COERENTE DEL VANGELO:
COSI’, IL PAPA AI FEDELI DELLA DIOCESI SARDA DI
OZIERI, RICEVUTI STAMANI IN AULA PAOLO VI,
IN OCCASIONE DEL SECONDO CENTENARIO DI COSTITUZIONE
DELLA DIOCESI
“Nessuno sforzo venga risparmiato, nessuna
iniziativa tralasciata, nessuna energia trascurata” per “far incontrare con il
Signore gli uomini e le donne della Sardegna”: è la viva esortazione espressa
stamani del Papa ai pellegrini della diocesi di Ozieri, ricevuti in Aula Paolo
VI, in occasione del secondo centenario della costituzione della diocesi sarda.
Tra i duemila fedeli convenuti per l’udienza, oltre al vescovo Sebastiano
Sanguinetti, anche il cardinale Mario Francesco Pompedda, originario di Ozieri.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La santità è “una meta a cui
tendere con slancio rinnovato”: Giovanni Paolo II ha riecheggiato l’esortazione
contenuta nella Lettera Apostolica Nova Millennio Ineunte. Quindi, ha
evidenziato come solo un “annuncio coerente del Vangelo può far presa sull’uomo
del terzo millennio, sempre più stanco di parole e non di rado tentato dallo
scoraggiamento”. Per affrontare le sfide di quest’epoca, dunque, la comunità
cristiana deve restare fedele “ai
perenni valori della fede e ripresentarli con un linguaggio adatto al mondo di
oggi”.
E’ necessario ripartire da Cristo, ha aggiunto, perché Egli è “la
sorgente a cui attingere per venire incontro ai problemi e alle aspirazioni dei
giovani”, alle “preoccupazioni delle famiglie, alle sofferenze degli ammalati e
di tanti anziani soli”. Parole corredate da un forte richiamo: “Da Cristo – ha avvertito – viene il coraggio per
lottare contro i tristi fenomeni dell'illegalità e della violenza omicida. Con
il suo aiuto è possibile costruire una società solidale nel rispetto della
dignità d’ogni persona”.
Soffermandosi, poi, sulle iniziative che hanno caratterizzato l’evento
giubilare della Chiesa di Ozieri, il Papa ha messo l’accento sulla Missione
Popolare durante la quale la Parola di Dio è stata annunciata in ogni ambiente
di vita della diocesi. Nel suo indirizzo d’omaggio, il vescovo di Ozieri,
Sebastiano Sanguinetti, ha affermato che di fronte alla “grande precarietà
socio-economica” che vive la Sardegna, resa particolarmente acuta dalla
mancanza di lavoro e prospettive soprattutto per i giovani, la Chiesa “rimane
un’ancora di speranza, una guida morale a cui tutti guardano con rispetto e
fiducia”.
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ALTRE UDIENZE: DAL PAPA IL
PRESIDENTE DI TIMOR EST
E IL NUNZIO CLAUDIO GUGEROTTI. NOMINA: IL CARDINALE
ANGELO SODANO
INVIATO SPECIALE PER L’ANNIVERSARIO DI GIULIO II
Il Papa ha ricevuto in udienza stamani il presidente
della Repubblica di Timor Est, Kay Rala Xanana Gusmao, con il seguito.
Sempre questa mattina, il Santo
Padre ha ricevuto l’arcivescovo Claudio Gugerotti, nunzio apostolico in
Georgia, in Armenia e in Azerbaigian.
Giovanni Paolo II ha affidato al
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, l’incarico di Legato pontificio
per la solenne celebrazione del V centenario dell’elezione di Papa Giulio II.
Il sacro rito avrà luogo a Savona, terra natale di quel Pontefice, francescano,
al secolo Giuliano della Rovere, che guidò la Chiesa per circa dieci anni,
fortemente coinvolto nella vita politica del tempo, noto anche come munifico
mecenate, protettore di artisti, quali Michelangelo, Raffaello e Bramante.
SULLA
SALUTE DEL PAPA, VOCI INFONDATE
- Con noi, il portavoce vaticano Jaquín Navarro
Valls -
Il direttore della sala stampa
vaticana, Joaquín Navarro Valls, è tornato oggi a smentire le notizie circolate
ieri sera su un peggioramento delle condizioni di salute del Papa. Le voci
parlavano addirittura di un ricorso alla dialisi. Ma ascoltiamo il dott.
Navarro Valls al microfono di Sergio Centofanti.
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R. - Sono state voci
sorprendenti, perché più che voci sono state scritte e diffuse da un’agenzia di
stampa. Naturalmente sono state smentite, perché niente di tutto ciò era vero.
Non avevano nessuna base di verità. Il primo ad essere rimasto sorpreso da
queste notizie sono stato io, come tanta gente che riceve queste notizie
confuse.
D. – Come è possibile che escano
queste notizie?
R. – A me sembra siano
semplicemente irresponsabili. Il fatto è che durante questo Pontificato, così
trasparente in questi temi, abbiamo sempre dato delle informazioni quando è
stato necessario: prima e dopo gli ingressi del Papa in ospedale o sugli
interventi ecc. Quindi, quando circola una notizia si dovrebbe confermare la
fondatezza di questa notizia.
D. – Come sta il Papa?
R. – Lei mi pone questa domanda
quando il Papa, un’ora e mezza fa, ha appena finito un’udienza che, come molte
altre udienze, non soltanto è seguita dalle persone in aula, ma viene anche
trasmessa per radio e seguita in televisione. Quindi, è un giudizio che
qualsiasi persona può dare. E’ ovvio che il Papa abbia dei limiti fisici,
visibili, che non ostenta, ma che nemmeno cerca di nascondere. Allo stesso
tempo lui fa un grande sforzo perché questi limiti fisici non siano un ostacolo
alla sua missione.
D. – Sono dunque confermati gli
appuntamenti di questi giorni?
R. – Certamente. Come lei sa è un calendario piuttosto complesso e
piuttosto fitto di impegni. Per adesso tutti gli appuntamenti che avevamo già
annunciato giorni fa rimangono nel calendario.
D. – Come si appresta a vivere
il Papa le celebrazioni per il XXV del suo Pontificato?
R. – Penso con grande
interiorità e allo stesso tempo con un senso di ringraziamento, perché Dio ha
voluto che i risultati di questo Pontificato – Pontificato che ancora continua
– siano stati enormi. Penso che il Papa naturalmente ringrazierà Dio di tutto
questo.
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25 ANNI DI PONTIFICATO:
GIOVANNI PAOLO II E LA PROMOZIONE DEL LAICATO.
CON NOI, IL CARDINALE JAMES FRANCIS STAFFORD
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Nella prima allocuzione di
Giovanni Paolo II rivolta ai laici, all’inizio del suo pontificato, c’era un
richiamo a prendere di nuovo in mano i documenti del Concilio Vaticano II.
“Ritornare al Concilio” fu l’invito pressante durante il Giubileo del laicato.
La sua Esortazione apostolica post-sinodale “Christifideles laici” riprende
questi insegnamenti e diventa la “magna charta” per il laicato cattolico del
nostro tempo. Con noi oggi, il cardinale James Francis Stafford, fino a qualche
giorno fa alla guida del Pontificio Consiglio per i Laici ...
“Prima di ‘fare’, il Papa non ha
cessato in questi venticinque anni di rimandare all’‘essere’: ‘ripartire da
Cristo’, da una rinnovata autocoscienza della propria vocazione e missione.
Quanto lontano è questo da una ricerca affannosa e a volte confusa di identità
del laico in contrapposizione ai chierici e ai religiosi, o peggio ancora,
nella rivendicazione di spazi di potere in seno alla compagine ecclesiastica!
E’ importante innanzitutto che i fedeli laici si riconoscano ‘christifideles’,
ossia che la presenza di Cristo, per mezzo della sacramentalità della comunione
cristiana, diventi per loro decisione per tutta l’esistenza. Giovanni Paolo II
ha ripreso con forza, in questo senso, la vocazione universale alla santità,
proponendo grandi testimoni di santità tra i laici, esortando i giovani a ‘non
aver paura ad essere santi’, chiamando tutti i fedeli laici a vivere la santità
nel mondo”.
Giovanni Paolo II, quale grande
pedagogo della fede, ha portato i laici a verificare come la presenza di Cristo
cambia e rende più umano il matrimonio e la famiglia, gli affetti e il lavoro,
e diventa nuova sensibilità, conoscenza e giudizio di tutta la realtà ...
“Anzi, il Pontefice richiama e
attende una più coerente e incisiva partecipazione dei laici negli ‘areopaghi’
della cultura, delle scienze e dell’arte, della politica, dell’economia e degli
affari, della comunicazione sociale. Di loro incoraggia la difesa di una
cultura della vita, la testimonianza del vero bene del matrimonio e della
famiglia, l’amore preferenziale verso i poveri e i sofferenti, la costruzione d
forme di vita più degne dell’uomo e di tutti gli uomini. Non invano ha ripreso
e riformulato il patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, sui pilastri
della dignità della persona, della sussidiarietà e della solidarietà”.
Infine, ci sono altri due
aspetti maggiori del disegno dell’odierno pontificato. Il Santo Padre ha
considerata “provvidenziale” la nuova fase associativa dei fedeli che si
manifesta per mezzo del rinnovamento di associazioni tradizionali e dallo
slancio carismatico, pedagogico e missionario dei movimenti ecclesiali e delle
nuove comunità. L’altro aspetto maggiore da considerare come provvidenziale per
la nuova evangelizzazione dei fedeli laici sono le Giornate Mondiali della
Gioventù. Il Papa custodisce nel cuore i grandi Incontri mondiali di Buenos
Aires, Santiago di Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Roma,
Toronto ... Sono state pietre miliari del suo pontificato, paradigmi di un
rinnovato incontro e dialogo tra la Chiesa ed i giovani, di un accresciuto
senso di appartenenza dei giovani alla Chiesa, di una loro educazione cristiana
e apostolica. E perciò “speranza della Chiesa e del mondo”.
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UN INCONTRO DI RINGRAZIAMENTO PER
LA RITROVATA LIBERTA’ RELIGIOSA:
LA TESTIMONIANZA DELL’ARCIVESCOVO STANISLAW RYLKO
SUL PRIMO CONGRESSO
DEI LAICI CATTOLICI DELL’EUROPA ORIENTALE, IN CORSO
A KIEV
Nella ritrovata libertà
religiosa, i laici cattolici dell’Europa dell’Est avranno un ruolo
fondamentale. Sono le parole di incoraggiamento, che, nei giorni scorsi, il
Pontefice ha rivolto - attraverso un messaggio - ai partecipanti al Primo
congresso dei laici cattolici dell’Europa orientale, in corso a Kiev, capitale
dell’Ucraina. Un incontro di grande significato, che vede la partecipazione di
trecento persone, tra cui spicca la presenza delle delegazioni del laicato di
14 Paesi della ex Unione Sovietica. Il Congresso, che si conclude domani 12
ottobre, è stato promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici. Sulla forte
esperienza che si sta vivendo in questi giorni a Kiev, ecco la testimonianza
del nuovo presidente del dicastero vaticano per i Laici, l’arcivescovo
Stanislaw Rylko, rilasciata al nostro programma lituano:
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R. – E’ un Congresso di speranza, di ringraziamento
per il dono delle libertà di queste Chiese che sono Chiese di particolare
testimonianza, Chiese che nei passati decenni hanno subito prove molto dure
della loro fedeltà a Cristo e al Successore di Pietro. Abbiamo sentito in
questi giorni delle testimonianze commoventi: a quale prezzo questo tesoro
della fede veniva comunque trasmesso di generazione in generazione. Ci sono
storie che commuovono. Storie che al tempo stesso ci obbligano di risvegliare
la nostra responsabilità per la vita della Chiesa in questo momento e in queste
Chiese, in queste terre. E’ una Chiesa che rinasce, è una Chiesa piena di
speranza e noi, in questo Congresso, ne siamo testimoni. Questo Congresso è
considerato un enorme dono della Provvidenza per tutte le Chiese riunite qui, a
Kiev. E come sempre, il dono diventa un compito. A tutti i partecipanti noi
chiediamo che loro stessi, tornando nelle loro comunità, diventino testimoni,
testimoni di tutto ciò che hanno vissuto in questi giorni. Questa esperienza di
Kiev dev’essere un’esperienza di un nuovo coraggio di fede nelle situazioni
nuove, nelle situazioni di libertà e di democrazia ritrovata.
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La prima pagina si apre con la
notizia del massacro perpetrato, nella Repubblica Democratica del Congo, da
miliziani burundesi.
La notizia dell'assassinio di
un sacerdote dell'arcidiocesi di Bangalore, in India.
Riguardo al fondamentale tema "L'Europa o è
cristiana o non è Europa", una citazione dal discorso di Giovanni Paolo II
al Parlamento della Repubblica Italiana (14 novembre 2002): "Europa,
all'inizio di un nuovo millennio, apri ancora le tue porte a Cristo".
Nelle vaticane, nel discorso ai
fedeli di Ozieri - giunti in pellegrinaggio in occasione del secondo
centenario della diocesi - Giovanni Paolo II ha ribadito la necessità di
"ripartire" da Cristo per costruire una società solidale, nel
rispetto della dignità d'ogni persona.
Il Messaggio dei vescovi svizzeri
per il XXV di Pontificato di Giovanni Paolo II.
Tre pagine - con una fitta
serie di testimonianze - dedicate alla visita del Papa in Slovacchia, svoltasi
un mese fa.
Nelle estere, Medio Oriente: in
discussione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu una risoluzione di condanna del
muro israeliano.
Iraq: la Russia si dice
scettica sulla possibilità di raggiungere un generale consenso, nell'ambito
della comunità internazionale, sulla proposta degli Usa relativa
al processo di ricostruzione.
Nella pagina culturale, un
articolo di Irene Iarocci dal titolo "Simile all'acqua di un fiume che
scorre": la concezione del tempo in una ricerca nipponica.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi delle pensioni e della finanziaria.
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11 ottobre 2003
CON L’INTERVENTO DEL CARDINALE CRESCENZIO SEPE,
PREFETTO
DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI,
E’
GIUNTA ALLA FASE FINALE DEI LAVORI
LA
XIII ASSEMBLEA PLENARIA DEL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
DI
AFRICA E MADAGASCAR (SECAM)
-
Servizio di padre Joseph Ballong -
Ieri sera, i partecipanti alla XIII assemblea plenaria del
Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), in corso a
Dakar dal 1° ottobre, hanno rinnovato le cariche al vertice dell’organismo.
Nuovo presidente è l’arcivescovo di Abuja, in Nigeria, mons. John Onaiyekan,
che succede a mons. Laurent Monsengwo Pasinya, che lascia l’incarico dopo due
mandati successivi.
Ai lavori di questa mattina è intervenuto il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei
popoli, il quale ha voluto innanzitutto esprimere incoraggiamento a tutti i
vescovi, che si trovano ad operare in un contesto di crisi e di gravi
difficoltà. Il porporato ha quindi sottolineato il dinamismo e la crescita
della Chiesa in Africa, con un personale apostolico locale ogni giorno più
numeroso, un notevole progresso nel processo di inculturazione con numerose
vocazioni sacerdotali e religiose, nonché un maggiore impegno dei laici,
soprattutto dei catechisti. Da Dakar, il servizio di padre Joseph Ballong:
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Il cardinale Crescenzio Sepe ha indicato due priorità per
la missione della Chiesa nel continente africano. La prima, è la missione ‘ad
intra’: l’Africa deve evangelizzare l’Africa, consolidando la costruzione della
Chiesa, famiglia di Dio; una Chiesa più radicata in Cristo, più sicura, con
cristiani più adulti e più maturi nella loro fede, cioè tutti: vescovi,
sacerdoti, religiosi e laici devono essere testimoni autentici per poter affrontare
le numerose sfide del continente. Tra queste, il cardinale Sepe ha citato le
sètte, il fondamentalismo islamico e il materialismo.
La seconda priorità è la missione ‘ad extra’, cioè
l’Africa deve evangelizzare il mondo, anche con l’invio di missionari fuori dal
continente. In vista di questa duplice missione, il porporato ha insistito
sull’importanza della formazione del personale apostolico, ed ha sottolineato
soprattutto la necessità della formazione dei laici affinché essi possano
assumere responsabilità in campo socio-politico secondo i valori del Vangelo.
La crisi che l’Africa attraversa oggi, infatti, è soprattutto di ordine
socio-politico.
Il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei
popoli ha poi ricordato la necessità di rafforzare comunione e unità tra i
vescovi, tra i vescovi ed i loro sacerdoti e tra i sacerdoti stessi. Infine, il
porporato ha proposto la celebrazione di un Congresso missionario pan-africano.
Domani, il cardinale Sepe presiederà la solenne Messa di
chiusura che si svolgerà nel Santuario mariano di Bopenguine, a circa 60
chilometri a nord di Dakar.
Da Dakar, padre Joseph Ballong.
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LA PENA DI MORTE STRUMENTO DI GIUSTIZIA INUMANO E
INEFFICACE
-
Servizio di Stefano Leszczynski -
Si è
celebrata ieri la seconda Giornata mondiale contro la pena di morte, promossa
dalla World Coalition Against the Death Penalty, cui aderiscono numerose
organizzazioni tra le quali Amnesty International e la Comunità di Sant’Egidio.
Obiettivo della mobilitazione internazionale è la sensibilizzazione
dell’opinione pubblica contro la barbarie di uno strumento di giustizia
inefficacie ed inumano, che secondo le stime nel 2002 ha provocato la morte di
oltre 1500 persone. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
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Dall’inizio dell’anno sono state giustiziate 57 persone
negli Stati Uniti, 83 in Iran e 40 in Arabia Saudita. Sono alcuni dei dati resi
noti da Amnesty International per dare un’idea della drammaticità di un
fenomeno che non può essere ricondotto ad un concetto di giustizia. Per la
segretaria generale di Amnesty, Irene Khan, la pena di morte non serve a
scoraggiare la criminalità, anzi essa alimenta una cultura della violenza e
spesso viene applicata in modo discriminatorio.
Ad oggi 76
Paesi hanno completamente abolito la pena capitale, 16 l’hanno mantenuta solo
per i casi eccezionali, mentre l’Armenia è stata l’ultimo Paese ad avere aderito
al protocollo numero 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, che implica
l’abolizione della pena di morte. Ma quali sono gli Stati che ancora destano
preoccupazione? Risponde Carlo Santoro della Comunità di Sant’Egidio.
R. – La situazione è assai preoccupante per il numero
delle esecuzioni ed anche perché non conosciamo le cifre esatte per quanto
riguarda la Cina. La situazione in Iran sappiamo essere molto difficile:
diverse sono le lapidazioni. Anche lì c’è una mancanza notevole di
informazione, quindi poco si sa. Sappiamo che in Arabia Saudita sono
documentate decapitazioni e l’anno scorso le esecuzioni sono state circa un
centinaio.
Anche l’Unione Europea ha ribadito il proprio impegno a
promuovere l’abolizione della pena capitale in ogni Paese del mondo ed invita
gli Stati ad una moratoria delle esecuzioni come primo passo verso la totale
abolizione. Non sono mancate tuttavia note polemiche, come quella
dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino”, da sempre in prima linea nella lotta
alla pena di morte, che ha però deciso di non aderire alla Giornata mondiale,
criticando lo scarso impegno di alcune organizzazioni nel promuovere presso le
Nazioni Unite una risoluzione per una moratoria delle esecuzioni a livello
mondiale.
Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.
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MOHAMMED: ROMANZO VERITA’, CHE RACCONTA
L’INCONTRO DI UN COPPIA ITALIANA ED UN BAMBINO SOMALO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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La storia di un piccolo Mohammed qualunque, che arriva a
Roma da una delle tante terre
insanguinate del Pianeta, la Somalia, s’incrocia con la storia di una coppia
qualunque, lui dirigente pubblico, lei medico ospedaliero, due figli grandi già
usciti di casa. Dall’incontro scaturisce uno spaccato di vita che segna
l’esistenza dei tre protagonisti del libro. Il bambino, orfano dei genitori,
malato di tumore, giunto in Italia per essere curato, subisce l’amputazione di
una gamba e resta inerme per giorni sul letto d’ospedale; poi la svolta e un
solo desiderio tornare quanto prima al suo villaggio di pastori nomadi. Stefano
Rizzo, in prima persona racconta dopo 10 anni quei fatti, raccolti nel volume
“Mohammed”, edito da Mesogea.
R. - La storia che io racconto è una storia vera,
naturalmente rivissuta attraverso la narrazione, in qualche modo romanzata, che
mi ha toccato molto per due motivi essenziali: primo perché è una storia
triste, Mohammed morirà; secondo perché attraverso questo incontro ho potuto
riflettere sul rapporto tra culture, la nostra, quella dell’Occidente, della
cristianità, e la loro, quella dell’islam, ma anche del Sud del mondo, della
pastorizia.
D. – Ecco, Mohammed viene accolto nella sua casa per una
decisione che magari non era prevista. Come matura tutto ciò?
R. – Credo che uno dei temi fondamentali del libro sia
quello della vita e naturalmente il tema della vita va insieme a quello della
morte. Fu mia moglie, o meglio il personaggio di Giulia, nel romanzo, che
proprio di fronte alla malattia, decide di fare qualcosa. Non può accettare che
un piccolo essere umano sia consegnato ad una fine prematura.
D. – Il bambino, infatti, aveva perso la voglia di vivere
…
R. – C’era in lui un senso di apatia, come se avesse
riconosciuto la propria morte e vi si fosse affidato.
D. – La crisi del bambino però anche vivifica, in qualche
modo, la vita di una coppia …
R. – Ecco, sì, questa è la cosa che cerco di raccontare,
cioè il fatto che questo Mohammed, un bambino qualunque, in realtà è un
portatore di civiltà. Il suo esempio, i suoi valori, la sua vita rimettono
sulla giusta via questa coppia che è perduta, forse, nella propria tristezza,
nel proprio isolamento. E’ proprio attraverso il confronto tra queste culture
che scatta qualche cosa che vivifica il rapporto di tutti.
D. - Lei nel libro si dichiara indifferente alla fede
religiosa, eppure questa poi entra nel suo quotidiano attraverso Mohammed ed in
qualche modo sembra che la influenzi …
R. – Debbo confessare che non sono religioso e tuttavia ho
un grande interesse per le cose religiose. Il tipo, la particolare forma di
islam che Mohammed ed il cugino Ahmed rappresentano, così seria, concentrata e
soprattutto tollerante, mi colpì moltissimo, perché in loro la religiosità era
affidarsi a Dio, un trovare nella religione la forza di superare tremende
avversità.
D. – Questo volume ci fa capire quanto sia importante
saper uscire dal nostro mondo, anche dalle nostre convinzioni, qualche volta
pregiudizi, per andare all’intimo dell’uomo che è in tutti noi …
R. – E’ certamente vero che il confronto tra culture, la
capacità di aprirsi all’altro, non dico soltanto una generica benevolenza o
generosità, ma anche una predisposizione mentale per capire la verità che c’è
nell’altro e nel diverso da noi, sia un modo per essere migliori. Di questo ne
sono convinto.
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11 ottobre 2003
“AVVICINARSI A DIO, ABBRACCIARE LA
SPERANZA”. E’ QUESTO IL TITOLO
DEL DOCUMENTO FINALE DEL SINODO DELL’ARCIDIOCESI DI
SEOUL,
CONCLUSOSI NEI GIORNI SCORSI, NEL QUALE SONO
ILLUSTRATE LE PRIORITÀ
DA AFFRONTARE, NEI PROSSIMI ANNI, DALLA CHIESA
SUDCOREANA
SEOUL.
= La promozione di una più attiva partecipazione dei laici ed in particolare
delle donne nella vita della Chiesa sudcoreana, una più incisiva presenza nella
società, la promozione delle vocazioni ed una maggiore trasparenza nella gestione
delle finanze diocesane. Sono le principali indicazioni emerse dal Sinodo
dell’arcidiocesi di Seoul che si è chiuso nei giorni scorsi dopo tre anni di
lavori. Tutte le proposte approvate dal Sinodo sono state recepite nel
documento finale siglato dall’arcivescovo di Seoul, mons. Nicholas Cheong
Jin-suk. Il documento, intitolato “Avvicinarsi a Dio,
abbracciare la speranza”, illustra quelle che saranno le priorità pastorali
dell’arcidiocesi nei prossimi anni nei vari ambiti: dall’evangelizzazione, alla
promozione vocazionale, alla pastorale sociale fino all’amministrazione della
diocesi. In particolare, durante i lavori è stata sottolineata l’importanza
dell’apostolato dei laici e quindi di un loro maggiore coinvolgimento nella
vita della Chiesa. I partecipanti al Sinodo hanno poi convenuto sulla necessità
di dare più spazio alla promozione delle vocazioni alla vita consacrata. A
questo scopo è stata proposta una più stretta collaborazione con le congregazioni
religiose presenti nell’arcidiocesi.
Per rendere più incisiva la missione della Chiesa locale, è stata
inoltre evidenziata la necessità di promuovere nuove iniziative di
evangelizzazione nei campi della cultura, della giustizia sociale e dell’assistenza.
(L.Z.–A.L.)
220 MILIONI DI POVERI IN SUDAMERICA
NEL 2002:
E’ L’ALLARMANTE DATO RILEVATO DALLA COMMISSIONE
ECONOMICA
PER L’AMERICA LATINA (CEPAL) E DISCUSSO IERI ALL’ISLA
DE MARGARITA,
IN VENEZUELA, IN UNA RIUNIONE SULLA POVERTÀ,
L’EQUITÀ
E L’INCLUSIONE SOCIALE PROMOSSA DALL’ORGANIZZAZIONE
DEGLI STATI AMERICANI (OSA)
CARACAS. = Il divario tra ricchi e poveri in America
Latina è il più ampio del pianeta: a sostenerlo è il presidente della Banca
interamericana per lo sviluppo (Bci), Enrique Iglesias, secondo il quale per
superare la miseria che affligge i Paesi della regione è urgente innanzitutto
dare impulso alla crescita economica, adottando efficaci politiche di
distribuzione delle entrate. Nel suo intervento alla ‘Riunione di alto livello
sulla povertà, l’equità e l’inclusione sociale’, promossa dall’Organizzazione
degli Stati americani (Osa) e conclusasi ieri all’Isla de Margarita, in
Venezuela, Iglesias ha riferito che la Commissione economica per l’America
Latina (Cepal) ha contato nel 2002 ben 220 milioni di poveri in Sudamerica,
ovvero il 43 per cento della popolazione totale. Secondo il segretario
dell’Osa, César Gaviria, la povertà è la principale minaccia per la democrazia
nella regione e la sua crescita si deve all’incapacità degli Stati di
rispondere alle esigenze primarie dei cittadini. La priorità di gran parte dei
governi della regione, per Gaviria, è stata innanzitutto quella di finanziarie
le infrastrutture e lo sviluppo delle industrie di base, dirottando le risorse
economiche dai programmi sociali per destinarle al mantenimento dell’apparato
burocratico. (A.L.)
ALL’ETIOPE
MEAZA ASHENAFI ED ALLA ZAMBIANA SARA LONGWE VIENE ASSEGNATO
OGGI, A NEW YORK, IL “PREMIO AFRICANO 2003 PER LA
FINE DELLA FAME NEL MONDO”,
RICONOSCIMENTO PROMOSSO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
‘THE HUNGER PROJECT’
NEW YORK. = Dopo
l’attribuzione, ieri, del Premio Nobel per la pace alla giurista iraniana,
Shirin Ebadi, altre due donne riceveranno oggi, a New York, un importante
riconoscimento promosso dalla ‘The Hunger Project’, organizzazione impegnata
in attività umanitarie nei Paesi del Sud del mondo. Si tratta del “Premio africano
2003 per la fine della fame nel mondo”, assegnato, in questa edizione,
all’etiope Meaza Ashenafi, fondatrice nel 1995 dell’Associazione delle
avvocatesse etiopi che fornisce aiuto legale nei settori dell’istruzione e
delle riforme, ed alla zambiana Sara Longwe, un’attivista per i diritti umani e
consulente per le questioni legate alla parità dei diritti tra uomini e donne.
Le vincitrici del Premio, considerato da molti una sorta di ‘Nobel africano’, riceveranno
un’opera dello scultore e grafico giapponese, Takenobu Igarashi, e 50 mila
dollari per proseguire nel loro impegno a favore della popolazione africana.
(A.L.)
IL GOVERNO DI PECHINO HA
UFFICIALMENTE DICHIARATO CHE LA CINA, DOPO RUSSIA
E STATI UNITI, SARÀ IL TERZO PAESE A MANDARE UN UOMO
NELLO SPAZIO
PECHINO. = La Cina ha ufficialmente annunciato,
ieri, che il primo cosmonauta cinese partirà per la sua storica missione la
prossima settimana. Lo ha riferito l’agenzia cinese ‘Xinhua’, spiegando che la
navetta spaziale Shenzhou 5, il cui costo è di circa 2,4 miliardi di dollari,
sarà lanciata tra il 15 e il 17 ottobre ed orbiterà 14 volte intorno alla terra prima di atterrare in “un’area
prestabilita”. Al momento è ancora ignoto il nome dell’uomo destinato ad
entrare nella storia cinese come Yuri Gagarin in quella russa e Neil Armstrong
in quella americana. I media ufficiali si sono limitati ad affermare che sono
state selezionate tre persone, una delle quali verrà scelta nelle prossime ore
per diventare ‘yuhangyuan’, ovvero astronauta. Mandando un uomo nello
spazio, la Cina diventerà la terza nazione, dopo l’Unione Sovietica e gli Stati
Uniti, a compiere questa impresa e coronerà un programma iniziato negli anni
cinquanta per volontà del fondatore della Repubblica Popolare, il presidente
Mao Zedong. (A.L.)
PROSEGUONO A ROMA I
LAVORI PER LA RIMOZIONE DELL’OBELISCO DI AXUM
CHE L’ITALIA RICONSEGNERA’ ALL’ETIOPIA
ROMA. = Sono iniziati giovedì scorso, a Roma, i
lavori per la rimozione della stele di Axum allo scopo di restituirla
all’Etiopia. Gli operai hanno cominciato a sezionare i 24 metri di roccia
silicata che compongono questa colonna a base quadrata e pesante 160
tonnellate. Razziata nel 1937 dalla valle di Axum, nel Nord del Paese africano,
il monumento era stato un dono del ministro delle Colonie, Alessandro Lesiona,
a Benito Mussolini per celebrare il quindicesimo anniversario della ‘marcia su
Roma’. La restituzione della stele era prevista dall’articolo 37 del trattato
di pace tra Italia ed Etiopia del 1947. Più volte oggetto di dispute diplomatiche,
la consegna del monumento era stata inoltre garantita anche dal presidente
italiano Oscar Luigi Scalfaro e nel 2002 era stata confermata dal sottosegretario
agli Esteri, Alfredo Mantica. La stele risale ad un periodo tra il primo e
terzo secolo dopo Cristo, riproduce una rappresentazione stilizzata di un
palazzo reale e nello stile ricorda l’architettura delle abitazioni dello Stato
arabico dello Yemen. L’obelisco, che sarà riconsegnato ad Addis Abeba e che è
un simbolo dell’identità nazionale etiopica, è da sessantasei anni collocato a
Roma, a piazza di Porta Capena, di fronte al palazzo della Fao che nel periodo
fascista era la sede del Ministero per le colonie. Il monumento ha recentemente
subito un restauro in seguito ai danni arrecati da un fulmine che, nell’estate
del 2002, ne ha colpito la punta sormontata da una mezza luna. (A.L.)
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11 ottobre 2003
- A cura di Barbara Castelli -
Sempre più tesa la situazione in Medio Oriente. “È
legittimo colpire i Paesi che ospitano i terroristi”, sostiene Israele. “In
caso di nuovo attacco israeliano, ci difenderemo”, risponde la Siria. Questa
mattina i due governi hanno dato vita ad un drammatico botta e risposta a
distanza, che ha gettato un’ulteriore ombra su una situazione sempre più
deteriorata. Intanto, mentre sul fronte palestinese permangono le divisioni tra
il presidente, Yasser Arafat, e il premier Abu Ala, nel campo profughi di Rafah
prosegue la violenta incursione israeliana iniziata giovedì sera: almeno 8 le
vittime. Per i particolari, Graziano Motta:
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E’ la più grande operazione militare svoltasi a Rafah
dalla guerra del 1967, perché tende a localizzare e distruggere il maggior
numero possibile di tunnel scavati attraverso la frontiera con l’Egitto, che
hanno i loro terminal all’interno di abitazioni palestinesi e servono per un
traffico, divenuto nel tempo sempre più importante, di armi e munizioni per la
guerriglia palestinese. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata, intanto,
presentata dalla Siria - sostenuta dai Paesi arabi - una richiesta di condanna
di Israele per la costruzione della barriera di sicurezza che lo divide dai
Territori palestinesi. Alla riunione a porte chiuse dovrebbe seguire martedì un
dibattito pubblico. Il testo della risoluzione appare però squilibrato agli
Stati Uniti, che si accingono ad utilizzare il diritto di veto. A Ramallah, Yasser
Arafat, che ha partecipato alla preghiera del venerdì nella moschea annessa
alla sua residenza, è apparso un po’ ristabilito. Ufficialmente è stato
smentito che soffra di un male incurabile al fegato.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Nuova offensiva dei ribelli maoisti in Nepal, dove può
ormai definirsi tramontata la tregua firmata solo una decina di giorni fa, in
occasione delle festività indù. Un gruppo di circa 600 guerriglieri ha
attaccato un posto di polizia nel villaggio occidentale di Khas-Kusum,
nel distretto di Banke. Un primo bilancio delle vittime, ancora provvisorio,
parla di 35 ribelli e 3 agenti morti. La ribellione maoista contro la
monarchia, cominciata nel 1996, ha provocato finora oltre 7.000 morti e la
paralisi dell’economia.
Non si
arresta la spirale di violenza in Iraq. L’ultimo episodio di sangue è avvenuto
questa mattina nei pressi di Karbala: un gruppo di assalitori ha lanciato bombe
a mano contro un posto di blocco della polizia, uccidendo un ufficiale e ferendo
sei agenti. Il luogo dell’attentato - la città santa sciita a sud di Baghdad -
conferma, dunque, la crescente ribellione della maggioranza sciita, sempre più
ostile alla presenza americana. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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La maggioranza sciita, che controlla soprattutto l’area
centro-meridionale del Paese, finora non ha ostacolato l’occupazione nella
speranza che le restituisca il controllo dell’Iraq, dopo gli anni di
oppressione subiti dai sunniti alleati di Saddam. Ma la corrente che fa capo
all’imam Al Sadr, figlio del religioso a cui è intitolato il quartiere degli
scontri a Baghdad, si è sempre opposta alla presenza americana. Ed ora le
tensioni stanno aumentando anche per l’arresto del leader di una moschea,
accusato di proteggere i terroristi. Ieri, infatti, circa 10 mila fedeli hanno
protestato nella capitale contro l’occupazione, durante il funerale per due
iracheni morti negli scontri di giovedì. Nonostante questi problemi, il vice
presidente, Dick Cheney, è tornato a difendere la guerra in Iraq, nell’ambito
della campagna di pubbliche relazioni lanciata dalla Casa Bianca per cambiare
la percezione negativa del pubblico. La Banca Mondiale, intanto, ha stimato che
per la ricostruzione serviranno 55 miliardi di dollari, mentre all’Onu manca ancora
l’accordo sulla nuova risoluzione, presentata dagli americani.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Decine di detenuti talebani - almeno una quarantina
secondo le prime informazioni - sono evasi la scorsa notte dal carcere a
Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. La notizia è stata confermata dalle forze
di sicurezza. Tra gli evasi, figura anche il fratello di Mawlavi Obaidullah, ex
ministro della difesa dei taleban e ora membro del consiglio nominato in giugno
dal mullah Omar per coordinare la guerriglia contro le truppe statunitensi e il
governo afghano.
Fervono le polemiche sulla detenzione dei prigionieri
della base cubana di Guantánamo. La Croce rossa internazionale ha, infatti,
accusato ieri gli Stati Uniti di costringere i detenuti a condizioni di vita
disumane, causando un grave deterioramento della loro salute mentale. Sono
state formalizzate, infine, dal tribunale militare del Comando centrale
americano, le accuse contro il capitano James Yee, cappellano presso la base
militare a Cuba e sospettato di spionaggio.
Uno
scandalo di corruzione mette a rischio il governo sudcoreano. A soli 8 mesi
dalla sua elezione, il presidente Roh Moo Hyun si è trovato di fronte alle dimissioni
in massa dell’esecutivo, ma le ha respinte. Il primo ministro, Goh Kun, le
aveva presentate in segno di solidarietà con il capo dello Stato.
Sciolto
il Parlamento, il Giappone si avvia ora alle elezioni. È il 9 novembre la data
fissata dal capo del governo, Junichiro Koizumi, per la prima volta alla prova
del voto dalla sua elezione a premier. Da Tokyo, Chiaretta Zucconi:
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Appena rieletto presidente del
partito liberal-democratico e con in tasca una popolarità del 60 per cento,
Junichiro Koizumi punta adesso ad essere riconfermato primo ministro alle
prossime elezioni, considerate una sorta di referendum sul programma di riforme
strutturali, perseguite dal premier nel tentativo di aiutare la fragile
economia nipponica a riprendere quota dopo un decennio di rallentamento. Le
riforme che ha in mente Koizumi fanno rabbrividire le banche e sono fortemente
osteggiate dalla vecchia guardia del partito liberal-democratico. Ma il premier
è sui carboni ardenti anche per un’altra questione: l’opposizione di
centro-sinistra ha attaccato ieri Koizumi per il suo imbarazzante appiattimento
sulle posizioni della Casa Bianca in materia di politica estera, soprattutto
riguardo ai contributi finanziari e militari a favore della ricostruzione
post-bellica irachena, sollecitati con insistenza da Washington e che vedono,
invece, fortemente contraria l’opinione pubblica locale.
Per Radio Vaticana, Chiaretta
Zucconi.
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Scorre ancora il sangue purtroppo nella Repubblica
Democratica del Congo. Sedici persone sono state brutalmente assassinate lunedì
scorso durante un attacco contro il villaggio di Ndunda, nell’est del Paese
africano. Lo ha reso noto ieri un comunicato della Monuc, la missione Onu
nell’ex Zaire. Secondo alcuni testimoni le vittime, in maggioranza donne e
bambini, sono state massacrate senza pietà a colpi di ascia, machete, pugnali e
altre armi bianche. L’attacco potrebbe portare la firma dalle Forze Hutu per la
Difesa della Democrazia (Fdd), un gruppo ribelle del Burundi che imperversa in
questa regione.
Violenta battaglia giovedì sera
nel Nord-Est dell’Uganda. Un gruppo di ribelli ha attaccato il villaggio di
Odudui, nella provincia di Soroti, trovando però una forte resistenza da parte
di un gruppo paramilitare filogovernativo, che opera nella regione. Pesante il
bilancio delle vittime: almeno 11 civili, 3 ribelli e 4 miliziani uccisi.
Il contingente della Nato in
Bosnia potrebbe essere ritirato nel corso del 2004, se le condizioni del Paese
lo permetteranno. Lo ha annunciato ieri il generale James Jones, comandante in
capo delle forze Nato in Europa. Quest’ultimo ha, comunque, chiarito che non è
stata presa ancora alcuna decisione definitiva e che l’Alleanza Atlantica sta
vagliando l’ipotesi che l’Unione Europea la rimpiazzi nel peacekeeping in Bosnia.
E’ di fondamentale importanza “la piena vigenza del
multilateralismo nel commercio e della Wto, che deve continuare ad operare
sulla base del consenso e del rispetto dei diritti di tutti i suoi membri”. Lo
hanno ribadito ieri i paesi del G-20, il gruppo sorto recentemente a Cancun per
opporsi ai sussidi agricoli di Stati Uniti e Unione Europea. Alla riunione,
conclusasi ieri in Argentina, hanno partecipato diversi ministri degli esteri
latinoamericani, nonché esponenti diplomatici di paesi asiatici e del Sud
Africa.
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