RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 283 - Testo della
Trasmissione di venerdì 10 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Oggi Giornata Mondiale contro la pena di morte, strumento crudele, disumano e degradante.
Tra crisi politica
palestinese ed incursioni militari israeliane, il Medio Oriente si allontana
ancora dalla pace.
L’Iraq ormai in preda all’insicurezza. Si allunga
di ora in ora la lista delle vittime.
Paura per il futuro della Cecenia: il
neopresidente Kadyrov, filorusso, promette guerra agli indipendentisti.
Koizumi scioglie il Parlamento e manda il Giappone
alle elezioni anticipate.
Cresce la protesta in Bolivia: i vescovi chiedono
al governo di risolvere la crisi.
IN UDIENZA DAL PAPA NELLA SALA CLEMENTINA IN VATICANO
I
PARLAMENTARI DEI 55 PAESI MEMBRI DELL’OSCE,
IN
OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA
E LA
COOPERAZIONE IN EUROPA, PER LA PRIMA VOLTA OSPITATA,
DA
IERI E FINO A DOMANI, A ROMA, NELL’AULA DI MONTECITORIO.
-
Servizio di Roberta Gisotti -
**********
La difesa della libertà religiosa cartina di tornasole per
il rispetto di tutti gli altri diritti umani. Se ne era parlato ieri pomeriggio
nella Conferenza dedicata proprio al tema della libertà religiosa, in apertura
dell’Assemblea parlamentare dell’Osce, la più grande al mondo, cui partecipano
tutti i Paesi europei, oltre a Stati Uniti, Canada, Cipro, Turchia e le otto
Repubbliche asiatiche dell’ex Unione sovietica.
E questa mattina Giovanni Paolo II ricevendo i 330
delegati di fede cristiana, ebrea, musulmana ha ripreso questo tema cruciale
per la stessa Osce, tanto che fin dalla nascita, nel ’75 ad Helsinki, di questa
organizzazione regionale, questo diritto - come ha ricordato il Papa - è stato
al centro dell’interesse degli Stati membri che “hanno riconosciuto la
dimensione internazionale del diritto della libertà religiosa e la sua
importanza per la sicurezza della comunità di Nazioni”. E tutt’oggi l’Osce
“continua nel suo mandato per assicurare che questo basilare diritto umano,
fondato sulla dignità della persona umana, sia adeguatamente rispettato”, ha
aggiunto il Santo Padre, esprimendo “apprezzamento e allo stesso tempo
incoraggiamento” perché si “continui generosamente in questa impresa”.
Non ha nascosto Giovanni Paolo II che ai nostri giorni
molti giovani “sono cresciuti senza essere consapevoli dell’eredità religiosa,
che appartiene loro. Ma a dispetto di ciò, la dimensione religiosa non cessa di
influenzare vasti gruppi di cittadini”. “Per questo è importante - ha
proseguito Giovanni Paolo II – che mentre venga rispettata” “la natura secolare
dello Stato, sia riconosciuto il ruolo positivo dei credenti nella vita
pubblica”. Ciò risponde anche “alle domande di salutare pluralismo e
contribuisce a costruire un autentica democrazia”. Infatti “quando gli Stati -
ha proseguito il Papa - sono disciplinati ed equilibrati nell’espressione della
loro natura secolare, il dialogo tra i diversi settori sociali è favorito e di
conseguenza viene promossa la cooperazione trasparente e frequente tra la
società civile e religiosa, a beneficio del bene comune.” Ma si arreca invece “danno alla società quando la
religione è relegata alla sfera privata, così anche la società e le istituzioni
civili sono impoverite quando la legislazione – in violazione della libertà
religiosa - promuove l’indifferenza religiosa, il relativismo e il sincretismo
religioso, forse anche giustificandoli con “un errata comprensione di
tolleranza”.
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ALTRE
UDIENZE: NUOVO GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE IN VISITA “AD LIMINA”. RINUNCE E NOMINE NEGLI STATI UNITI E IN CILE
Conclusi
ieri gli incontri con il secondo gruppo di vescovi delle Filippine in visita
“ad Limina”, il Papa ha iniziato i colloqui con il terzo gruppo di quella
Conferenza episcopale ricevendo stamani quattro presuli del Paese asiatico per
la quinquennale visita canonica.
Il
Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Green Bay, negli Stati Uniti d’America, dal vescovo mons. Robert Joseph Banks,
per raggiunti limiti di età. Come nuovo vescovo di Green Bay, il Pontefice ha
quindi nominato il presule mons. David Allen Zubik, finora ausiliare di
Pittsburgh.
In Cile, il Papa ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Bernardo, presentata per
limiti di età dal vescovo mons. Orozimbo Fuenzalida Fuenzalida. Giovanni Paolo
II ha quindi nominato vescovo di San Bernardo il sacerdote 47enne Juan Ignacio
Gonzàlez Erràzuriz, della prelatura personale dell’Opus Dei, finora docente di
Teologia e di Diritto Canonico, oltre che cappellano dell’Università di Los
Andes.
SOLO L’ELIMINAZIONE TOTALE DELLE ARMI
NUCLEARI PUO’ ESSERE GARANZIA
CONTRO L’USO O LA MINACCIA DELL’USO: COSI’ MONS. MIGLIORE,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU,
INTERVENUTO AL PRIMO COMITATO DELL’ASSEMBLEA
GENERALE DELL’ONU
SUL DISARMO GENERALE E COMPLETO
- Servizio di Fausta Speranza -
Apprezzando
il lavoro fatto finora dall’Onu in favore della pace, mons. Celestino Migliore,
osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni
Unite, ha assicurato piena collaborazione al Primo Comitato dell’Assemblea
Generale sul tema del disarmo generale e completo, davanti al quale è intervenuto l’altro ieri. Il
servizio di Fausta Speranza:
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Per assaporare i frutti della
pace, bisogna aver prima sparso semi di pace. Così mons. Migliore ha
sottolineato che se in questo momento è impossibile ottenere il disarmo
completo degli Stati significa che non c’è stata sufficiente preparazione
perché i loro leader potessero sentirsi sicuri senza lo sviluppo e la
produzione di armi. E proprio il fattore lungimiranza fa riflettere
sull’importanza delle Nazioni Unite, deputate a costruire una cultura di pace.
Se aspiriamo ad ottenere un generale e completo disarmo, dobbiamo innanzitutto
difendere il rispetto per la vita, per la dignità di ogni persona, per i
diritti umani fondamentali.
Si deve lavorare – ha proseguito
mons. Migliore – per arrivare a un rifiuto
della violenza, promuovendo libertà, giustizia, solidarietà, tolleranza
e accettazione delle differenze. E tutto ciò significa, in concreto, cercare
migliore comprensione e armonia tra etnie, religioni, culture e gruppi sociali.
Mons. Migliore ha citato parole del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan,
per parlare di dirette e indirette minacce alla pace. Tra le prime spiccano il
terrorismo e la proliferazione di armi di distruzione di massa. Ma non si
possono dimenticare il persistere dell’estrema povertà, la disparità di redditi
tra società e all’interno di una stessa società. E poi ancora i rischi per la
diffusione di infezioni e il degrado ambientale.
Il lavoro di questo Primo
Comitato, dunque, si incentra sulle questioni del disarmo ma deve essere
supportato da diverse iniziative multilaterali e da accordi. Mons. Migliore ha
parlato di “dialogo, negoziazione, diplomazia, considerazione del ruolo della
legge”. Rappresentano un margine enorme di mediazione, ma – ha affermato mons.
Migliore – non vengono adeguatamente utilizzati, anzi piuttosto mortificati da
un “costante ricorso al militarismo”. Questa scelta va combattuta contrastando
la proliferazione di armi.
E a questo proposito, mons.
Migliore ha ricordato la distinzione fatta da chi parla di “piccole armi” e di
“armi leggere”, per ricordare che questi strumenti ogni anno uccidono più di
mezzo milione di persone, di cui il 90% sono civili. Ecco che in tema di
legalità c’è la responsabilità degli Stati per quanto riguarda traffici
illeciti o accordi di commercio legalizzato. Basta pensare alle difficoltà per
costruire la cultura di pace in un Paese che esce dalla guerra ma nel quale
questo tipo di armi continua liberamente a circolare.
Con lo sguardo al periodo della
guerra fredda, l’osservatore della Santa Sede presso l’Onu ha ricordato il
principio della minaccia reciproca che faceva da deterrente per l’uso degli
ordigni nucleari. La storia degli equilibri internazionali è cambiata ma – ha
sottolineato mons. Migliore - sono anche di più gli Stati che puntano sul
possesso di tali armi. Eppure nella fase segnata dal terrorismo, che il mondo
sta attraversando, il rischio è sempre maggiore. Le armi nucleari, dunque, nel
XI° secolo sono incompatibili con la
pace. Lo ha sottolineato mons. Migliore, ricordando quanto si legge nel
documento finale del Trattato di non proliferazione del 2000: “la totale
eliminazione degli ordigni nucleari rappresenta la sola assoluta garanzia
contro l’uso o la minaccia di uso delle armi nucleari”.
In definitiva, però, a cambiare
non può essere solo l’atteggiamento degli Stati ma anche quello dei singoli
individui. Dobbiamo realizzare – ha raccomandato mons. Migliore – che la
violenza non è parte di un destino ineluttabile dell’umanità. La speranza va riposta
negli strumenti internazionali della legge, nella mediazione politica, nella
scelta di un multilateralismo che trovi fondamento nei valori di
responsabilità, solidarietà e dialogo.
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FILOSOFI,
TEOLOGI E L’ATTUALITÀ DELLA “FIDES ET RATIO”
-
Intervista con Vittorio Possenti -
In
occasione del quinto anniversario dalla pubblicazione dell’enciclica “Fides et
Ratio” e nell’ambito delle celebrazioni per il 25.mo di Pontificato di Giovanni
Paolo II, si è aperto ieri a Roma il convegno internazionale “Il desiderio di
conoscere la verità” che si svolgerà per tre giorni alla Pontificia Università
Lateranense.
L’evento
vede la partecipazione, oltre che del cardinale Camillo Ruini e del rettore
dell’ateneo, mons. Rino Fisichella, dei più noti esperti dell’enciclica tra
teologi e filosofi provenienti dalle più prestigiose università europee.
Ma
quale l’attualità dell’enciclica “Fides et ratio”? Daniele Semeraro lo ha
chiesto al filosofo Vittorio Possenti, ordinario all’Università di Venezia, che
interverrà nell’ultima giornata dei lavori.
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R. – La sua particolare attualità è di aver sottolineato
questo grande problema che è il rapporto tra fede e ragione; noi ci scontriamo
costantemente nella cultura contemporanea anche al di là delle frontiere
visibili della Chiesa con questo difficile dialogo tra la rivelazione e
l’attuale condizione della ragione umana, che è una condizione in cui la
ragione è un po’ rinchiusa su se stessa, si volge verso il metodo del
fallibilismo per cui ritiene che ogni asserzione sia di per sé soggetta al
dubbio. Dunque, la Fides et Ratio ha come grande attualità anche quella
di rilanciare il valore della ragione umana, cioè un messaggio di speranza, un
messaggio di apertura che i filosofi, gli uomini ricomincino ad usare come si
deve la ragione, che può portarli abbastanza lontano.
D. – Come può la ragione aiutare l’esperienza della fede?
R. – Giovanni Paolo II ci dice, con un linguaggio molto
chiaro, che il compito della fede è aiutato se la ragione – appunto – è una
ragione aperta, una ragione che potremmo chiamare ‘forte’, perché altrimenti la
fede rischia di essere ridotta a mito e superstizione. Quindi, vi è un compito
essenziale della ragione umana, certamente illuminata e indirizzata dalla fede,
perché il pensiero credente scopra l’intelligibilità della fede, il valore di
verità e di sapienza che sta nella fede cristiana.
D. – Come vede il fatto che il Papa – quindi un uomo di
fede – esalti la ragione?
R. – Se noi parliamo male della ragione umana, finiamo per
sminuire anche il Creatore, perché la ragione umana è una partecipazione, una
scintilla di quella divina. Quindi, se noi per malintesa apologetica abbassiamo
la ragione umana, la denigriamo, rischiamo di parlar male indirettamente anche
della Ragione Divina, della Sapienza Divina.
D. – La religione di oggi sembra essere l’utilitarismo e
anche la ragione, spesso, segue questa strada. Quale può essere allora la via
d’uscita?
R. – La via d’uscita è riprendere il discorso del
fondamento, il discorso cioè di tipo metafisico perché è questo tipo di
discorso che sbocca poi in un’area, per così dire, sapienziale, che difende la
ragione umana dalle forme di strumentalizzazione che certamente noi oggi
incontriamo che sono la riduzione della ragione al discorso strumentale al
potere, strumentale alla volontà di potenza, strumentale soprattutto – direi –
alla manipolazione tecnologica della vita. Dunque, solo una ragione sapienziale
e rivelativa riesce a sconfiggere, a oltrepassare questi limiti attuali che
incontriamo in molti aspetti dell’uso attuale della ragione umana.
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Con forte evidenza, la prima pagina è
caratterizzata da titolo "Nel ventunesimo secolo il rispetto della libertà
di religione garantisce la sicurezza e la stabilità in seno alla famiglia dei
popoli e delle nazioni": Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea
Parlamentare dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.
Riguardo al forte tema
"L'Europa o è cristiana o non è Europa", si dà rilievo ad un passo
del discorso del Papa, in cui si sottolinea che "nello stesso modo in cui
la società viene danneggiata quando si relega la religione alla sfera privata,
anche la società e le istituzioni civili vengono impoverite quando la
legislazione promuove l'indifferenza religiosa".
Nelle vaticane, due pagine
dedicate alla figura di padre Marco Antonio Cavanis, "esempio di santità
nel Veneto del XIX secolo".
Nelle estere, nuove violenze
sia in Medio Oriente, sia in Iraq.
Per la rubrica dell'Atlante
geopolitico, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "La Bolivia
agitata da forti tensioni".
Nella pagina culturale, un
contributo di Giovanni Marchi che ricorda l'opera di Vittorio Alfieri, a
duecento anni dalla morte.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi delle pensioni, della finanziaria e dell'immigrazione.
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10 ottobre 2003
L’IRANIANA SHIRIN EBADI, MAGISTRATO E ATTIVISTA PER I
DIRITTI CIVILI
NEL
SUO PAESE, E’ LA VINCITRICE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2003.
HA
DEDICATO LA VITA ALLA DIFESA DEI BAMBINI
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Premiata per “per i suoi sforzi per la democrazia e i
diritti umani”, in particolare per la sua “battaglia per i diritti delle donne
e dei bambini”. Premiata per aver sempre creduto che le differenti culture e
religioni del mondo debbano essere in dialogo, prendendo “come punto di
partenza i loro valori comuni”. Shirin Ebadi, 56 anni, iraniana, è la
vincitrice dell’edizione 2003 del Premio Nobel per la pace. L’annuncio è stato
dato, secondo tradizione, questa mattina alle 11, ad Oslo, dal presidente del
comitato incaricato della designazione. Undicesima donna ad aggiudicarsi il
prestigioso riconoscimento, il nome della Ebadi è stato scelto all’interno di
una lista che ne comprendeva 165 (140 individui e 25 organizzazioni), tra i
quali quelli di Giovanni Paolo II, dell’ex presidente ceco Vaclav Havel, e
dell’attuale presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva.
Personalità di grande spicco all’interno della società
iraniana - e non solo per il suo essere entrata in magistratura e per aver
ricoperto incarichi di responsabilità all’interno del tribunale di Teheran, per
poi venire emarginata dall’avvento degli ayatollah - la nuova vincitrice del
Nobel per la pace ha fatto parlare di sé negli anni scorsi anche in ambito
internazionale per il suo ininterrotto e multiforme impegno in favore dei
diritti civili. “Sono sbalordita”, ha commentato da Parigi, dove la Ebadi si
trovava al momento della notizia. Lo considero, ha aggiunto, “un
incoraggiamento a tutti gli iraniani che si battono per la democrazia”. Il
premio - che ammonta a 10 milioni di corone svedesi, pari a un milione e 300
mila euro - le sarà consegnato il prossimo 10 dicembre. Ma chi è Shirin Ebadi?
Scopriamolo in questa scheda curata da Andrea Sarubbi:
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Passerà alla storia per essere stata la prima donna
iraniana a diventare giudice. Una carriera, in realtà, durata poco, perché dopo
la Rivoluzione del 1979 fu costretta a dimettersi. “Le donne sono troppo
emotive ed irrazionali per fare i magistrati”, spiegarono gli ayatollah, che da
allora non hanno cambiato linea. E non lo ha fatto neppure Shirin Ebadi,
continuando ad impegnarsi nel campo della giustizia: spesso nelle situazioni
più scomode, come quando si è trattato di difendere le famiglie di alcuni
scrittori ed intellettuali iraniani uccisi nel 1998-99. Il processo ha fatto
crescere l’ostilità nei suoi confronti da parte del regime, che nel 2000 l’ha
condannata a 22 giorni di carcere con la condizionale e l’ha sospesa
dall’insegnamento all’Università, per aver “disturbato l’opinione pubblica” con
la diffusione di una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio
1999.
Ma oltre che al fianco del dissenso, il neo premio Nobel
per la pace si è battuta anche contro le discriminazioni subite dai bambini e
soprattutto dalle donne, e da lei per prima sperimentate. “In Iran – ha
ripetuto più volte – la vita di una donna vale quanto l’occhio strabico di un
uomo”. Questo impegno le è valso, all’estero, diversi riconoscimenti: come il
premio Rafto, assegnatole sempre in
Norvegia due anni fa. In patria, invece, non sono mancate le minacce: l’ayatollah
Mohammed Yazdi, fino a poco fa capo del potere giudiziario, l’ha accusata di
avere istigato le rivolte studentesche del luglio scorso. “Chiunque difenda i
diritti umani in Iran – ha commentato Ebadi – deve convivere con la paura. Io,
la mia, ho già imparato a superarla”.
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Ma quali sono state le prime reazioni da Oslo, dopo
l’annuncio della vittoria di Shirin Ebadi? Ci riferisce Vincenzo Lanza:
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I primi
commenti in Norvegia e in Svezia per il premio Nobel per la pace, attribuito
all’iraniana Shirin Ebadi, sono in gran parte positivi e con qualche delusione
per la mancata attribuzione del premio per la pace al Papa o all’ex presidente
cecoslovacco, Vaclav Havel. Alcuni esperti di cose iraniane presenti in Svezia
sono scettici sull’eventualità che il governo iraniano possa essere influenzato
positivamente per il premio alla loro concittadina. Ma Frida Bloom, presidente
dell’Organizzazione per la pace in Svezia, ritiene che la Ebadi sia meritevole
del premio per la pace per la sua lotta costante a difesa dei diritti umani
delle donne e dei minori. Ma è anche con soddisfazione che si apprende, proprio
da parte del mondo musulmano, dell’attribuzione del premio Nobel ad una donna.
Tale premio, si dice, invia un segnale importante in un tempo in cui le
tensioni tra mondo musulmano e mondo occidentale stanno aumentando: premio che
porterà certamente conseguenze positive in Iran.
Per la
Radio Vaticana, Vincenzo Lanza.
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“Come avvocato, giudice, conferenziere, scrittore e
attivista, ha parlato sempre con grande forza e chiarezza nel suo Paese,
l'Iran, e molto al di là delle sue frontiere. Si e' distinta come una seria
professionista, una persona coraggiosa, e non ha mai ceduto alle minacce contro
la sua sicurezza”. Così recita un altro passaggio della motivazione del Nobel
per la pace, che ponendo in risalto l’attenzione della Ebadi per le fasce più
deboli di ogni convivenza civile, aggiunge: “Nessuna società merita di essere
definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono
rispettati”. Anmad Rafat, giornalista iraniano, già segretario della stampa
estera in Italia, offre una sua testimonianza dell’impegno del neo Premio
Nobel, nell’intervista di Giada Aquilino:
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R. – Shirin Ebadi è un’avvocatessa che ha dedicato tutta
la vita alla difesa dei diritti dei bambini. Ha scritto diversi libri sui
diritti dell’infanzia, si è occupata di far modificare alcune leggi che
riguardavano i bambini, si è sempre opposta duramente ai matrimoni - permessi
dalla legge - di bambini al di sotto dei 10 anni. Negli ultimi 4-5 anni, come
molti altri avvocati iraniani, si è vista costretta a difendere i familiari
delle vittime della repressione o i prigionieri che per questioni politiche sono
stati arrestati. Lei stessa è stata arrestata: è un simbolo della giustizia in
Iran, si batte per uno Stato di diritto e pertanto la sua nomina come vincitrice
del Premio Nobel per la pace 2003 può essere interpretato come un appoggio alla
lotta degli iraniani per una democrazia.
D. - Il riconoscimento, quindi, può essere un
incoraggiamento al cammino delle riforme democratiche in Iran?
R. - Sicuramente. E gli stessi organizzatori del Premio
Nobel, nelle varie interviste dei giorni scorsi, avevano detto che premiare
persone come Shirin Ebadi significa dare impulso alla lotta, alle riforme che
sono in corso e che vorrebbero essere attuate in Iran. Potrebbe essere un
segnale per tutto il mondo islamico per avviare riforme in tutti i Paesi che
hanno problemi, almeno per ciò che riguarda lo Stato di diritto.
D. – Ma qual è la situazione dei diritti umani in Iran,
oggi?
R. – La situazione dei diritti umani in Iran nell’ultimo
anno è andata praticamente peggiorando di giorno in giorno. Martedì scorso è
iniziato il processo per l’uccisione di Zahrah Khasemi, la giornalista
fotografa canadese di origine iraniana, che è stata arrestata in Iran ed uccisa
in carcere. Ma ci sono tanti altri casi: molti giornalisti, attivisti dei
diritti dell’uomo che in questo momento si trovano in carcere, mentre nel
frattempo si continuano a chiudere le redazioni dei giornali. E’ una situazione tragica ed un riconoscimento
di questo tipo potrebbe veramente smuovere le acque ed aiutare questa gente a
continuare, sia pure in condizioni difficili, la loro lotta per riformare il Paese.
D. – Da iraniano a iraniana: che messaggio invii alla
nuova Premio Nobel per la pace?
R.- Io ho cercato di chiamarla – lei in questo momento si
trova all’estero – ma non sono riuscito a contattarla. Allora, attraverso la
Radio Vaticana, le dico quello che avrei voluto dirle di persona: “Vai avanti
così!”
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GARANTIRE LO SVILUPPO DELLA
PERSONALITA’ DEI BAMBINI CON DISTURBI
MENTALI:
E’ QUANTO CHIEDE IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,
NELL’ODIERNA
GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA SALUTE MENTALE.
UNA
RIFLESSIONE DELLO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI
- Intervista con Vittorino Andreoli -
E’ necessario un maggiore impegno per trasformare in
realtà i diritti dei bambini: e’ quanto auspica il segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale per
la salute mentale, dedicata quest’anno proprio ai minori con disturbi mentali,
emotivi e comportamentali. Il fardello associato a questi problemi, afferma Annan,
è sempre più una “minaccia al sano sviluppo ed al benessere dei bambini e degli
adolescenti di tutto il mondo”. C’è poi il rischio, avverte, che questi
“giovani, già profondamente vulnerabili” possano essere “stigmatizzati e
discriminati” e non abbiano mai “la possibilità di costruirsi il futuro che,
come tutti i giovani meritano”. La scelta, da parte dell’Onu, di dedicare la
giornata per la salute mentale ai problemi dei minori è un segnale
significativo. Ne è convinto lo psichiatra Vittorino Andreoli, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. - Mi
sembra molto opportuno, perché sempre più vediamo che conflitti o danni
all’infanzia o all’adolescenza, poi, si manifestano anche in età successive. E’
giusto affrontare il problema della salute mentale fin dall’inizio della vita.
D. – In molti Paesi in via di sviluppo, i bambini
subiscono dei traumi a causa della guerra, della fame e delle malattie. Come
influiscono questi shock sulla loro crescita, sullo sviluppo della personalità
…
R. – Sono dei traumi gravissimi, perché fanno percepire il
mondo, l’esistenza e, soprattutto, le relazioni affettive come qualche cosa di
tremendo e quindi vivono delle esperienze di abbandono, spesso perché c’è la
perdita della madre, del padre, ma sovente perché invece di una relazione
tranquilla di attaccamento, finiscono per sperimentare continuamente un lutto,
come se la madre sparisse, come se il mondo finisse domani, e mancherà quindi
quella fiducia e quello stimolo che sono assolutamente necessari per una vita equilibrata.
D. - Quali sono, nei cosiddetti Paesi ricchi, le
situazioni che destano maggiore preoccupazione sul fronte della salute mentale
dell’infanzia? Quali i rimedi?
R. – Questa domanda ormai ci porta ad analizzare e a
studiare i bambini e l’adolescenza in situazioni economicamente diverse e
persino contrapposte. Un tempo i sociologi pensavano che solo le difficoltà
economiche creassero dei traumi. Oggi, noi vediamo che pur essendo dei problemi
diversi da quelli dei Paesi in via di sviluppo, anche le società ricche hanno
un’infanzia molto difficile e soprattutto un’adolescenza fortemente gravata da
disturbi mentali. Oggi, per esempio, l’adolescenza è fortemente conflittuale: i
conflitti padri-figli. Le società, cosiddette avanzate, sembrano aver poco spazio
per i giovani e a rimandare sempre di più un loro ruolo sociale. Da una parte i
Paesi poveri, dove è proprio difficile sopravvivere, dall’altra i Paesi ricchi,
dove i giovani vivono un senso di mancanza di valore e di significato e lo
cercano compiendo azioni che invece sono inaccettabili.
D. – Kofi Annan esorta i governi di tutti i Paesi,
sviluppati e non, ad impegnarsi di più per alleviare le sofferenze dei giovani
con disturbi mentali. Cosa, dunque, può essere fatto concretamente?
R. – Deve cambiare completamente la visione dell’infanzia
e dell’adolescenza. Ci occorre una nuova cultura. Insomma, è necessario che la
società sposti il proprio sguardo dalle economie, sposti la preoccupazione
principale, che è appunto quella solo del benessere o del malessere economico,
e pensi all’importanza della mente e della salute mentale. Bisogna spostare il
nostro sguardo dall’economia che ha dominato il secolo scorso e fondarla
sull’educazione, sulle relazioni e sul senso che i giovani hanno in questo
mondo.
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10 ottobre 2003
SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE,
UN INGIUSTIFICABILE STRUMENTO CHE VIOLA LE
FONDAMENTA DEI VALORI
E DELLA DIGNITÀ DELL’ESSERE UMANO
ROMA. = Per far crescere la consapevolezza
dell’opinione pubblica mondiale sulla
barbaria della condanna capitale, si celebra oggi la seconda Giornata
mondiale contro la pena di morte, promossa da Amnesty
international, la comunità di Sant’Egidio e dalle maggiori organizzazioni per
la difesa dei diritti umani. “Nonostante l’evidente tendenza
mondiale verso l’abolizione – denuncia Amnesty international in un rapporto
diffuso ieri - alcuni Paesi continuano purtroppo a mandare a morte uomini e
donne mediante iniezione letale, impiccagione, plotone di esecuzione e persino
la lapidazione”. Il rapporto evidenzia che 83 Paesi rifiutano di seguire la
tendenza mondiale verso l’abolizione della pena di morte e tra questi ci sono
Stati Uniti, Giappone, Cina, Nigeria, Iran, Arabia Saudita e Uzbekistan. Nei
primi nove mesi del 2003 - secondo i dati di Amnesty - gli Stati Uniti hanno
inoltre mandato a morte 57 persone ed in Iran le esecuzioni capitali sono state
almeno 83 e non meno di 40 quelle in Arabia Saudita. “Nessuna ricerca - rileva
l’organizzazione internazionale per i diritti umani - ha dimostrato che la pena
di morte serva a combattere la criminalità: al contrario, essa alimenta una
cultura di violenza e pertanto non trova alcun posto in una società moderna che
intenda rispettare i valori dei diritti umani”. Per rafforzare la pressione sui
governi affinché aboliscano la pena di morte e per aumentare la sensibilità su
questa pena crudele, disumana e degradante sono previsti oggi, in molti Paesi
del mondo, manifestazioni, seminari e dibattiti. In Italia sono in programma
numerose iniziative e tra gli eventi più significativi si segnalano: una
fiaccolata a Milano, con inizio in piazza San Babila alle 18.30; un sit-in a
Bologna, in piazza Nettuno, dalle 18 alle 20 ed una manifestazione a Napoli, in
piazza San Domenico Maggiore, dalle 10 alle 24. (A.L.)
“JESUS
YOUTH INTERNATIONAL”, MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO
SORTO IN INDIA NEGLI ANNI SETTANTA, RACCOGLIE
MIGLIAIA DI GIOVANI INTORNO ALL’EVANGELIZZAZIONE
E ALLA PREGHIERA PER ARRIVARE AL CUORE DI CHI NON
CONOSCE GESÙ
KERALA (INDIA). = Portare Gesù Cristo ai giovani con
i loro strumenti: è questo lo scopo del “Jesus youth international”, movimento
giovanile cattolico di spiritualità carismatica nato nello Stato indiano di
Kerala negli anni settanta. Sono cinque i punti cardine intorno ai quali si
sviluppa lo stile di vita del “Jesus youth international”: la preghiera
personale, la parola di Dio, i sacramenti, la sequela di Cristo e l’impegno per
l’evangelizzazione. Fin dalla sua nascita, il movimento ha avuto un carattere
cristocentrico, rivolgendo particolare attenzione missionaria agli adolescenti
e ai giovani delle università, delle parrocchie. Il movimento sta coinvolgendo
un numero sempre maggiore di giovani intorno alle grandi riunioni di preghiera
e di lode e ai ferventi preparativi per le iniziative di missione.
L’appuntamento che si sta preparando in questo momento è per la Giornata
mondiale della gioventù di Colonia, in Germania, nel 2005: sono già coinvolti
almeno mille giovani e la speranza è di allargarne il numero. Il movimento funziona
con la logica della rete: diverse cellule sono sparse nel mondo e si incontrano
ogni tanto. Durante l’ultima assemblea, nel settembre scorso a Roma, si è
formato un ufficio internazionale e si è formulata la richiesta di un
riconoscimento ufficiale alla Santa Sede, attraverso il Pontificio consiglio
per i laici. (M.R.)
SU 10
CASI DI CECITA’ BEN OTTO SONO EVITABILI. E’ QUESTO UNO DEI DATI
PIÙ SIGNIFICATIVI EMERSI NEL DOSSIER PRESENTATO IERI
DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA VISTA
BRUXELLES. = Nel mondo ci sono
oltre 45 milioni di non vedenti, ogni cinque secondi una persona diventa cieca
ed ogni minuto un bambino perde la vista. Sono questi alcuni dei drammatici
dati emersi nel dossier
presentato ieri, in occasione della Giornata mondiale della vista,
dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il dossier contiene una serie
di raccomandazioni tecniche e pratiche che hanno il fine di “aiutare i governi
ad elaborare dei piani nazionali per prevenire la cecità”. “Le ricerche più
recenti – ha affermato il direttore generale dell’Oms, Lee Jong-wook – mostrano
che è in aumento il numero delle persone che diventano cieche quando ciò
potrebbe essere evitato”. Nel rapporto dell’Oms, che ha lanciato nel 1999 il
programma Vision 2000, volto ad eliminare la cecità evitabile entro 20 anni,
viene evidenziato che il 90 per cento delle persone cieche vive nei Paesi in
via di sviluppo, dove la situazione è aggravata dall’assenza di occhiali. Il
tema della lotta alla cecità è stato affrontato anche nella conferenza stampa dal titolo “La cecità
evitabile: una sfida da vincere”, organizzata ieri, a Roma, dalla sezione
italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (Iapb) e
dalle Missioni Cristiane per i Ciechi nel mondo (Cbm). Nell’incontro, aperto
dal presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini, e dal
ministro della salute, Girolamo Sirchia, è stato messo in risalto che la
maggior parte delle patologie visive è prevenibile con trattamenti tempestivi,
caratterizzati da un elevato rapporto costo/efficacia. Tra queste cause di
cecità, spesso evitabili, ci sono la degenerazione maculare legata all’età, il
glaucoma, la retinopatia diabetica, la miopia degenerativa, la retinite pigmentosa,
la cataratta congenita e le patologie ereditarie ed infettive. (A.L.)
RICORRE OGGI IL SETTIMO
ANNIVERSARIO DEL TRAGICO SEQUESTRO PERPETRATO
AD ABOKE, IN UGANDA, DOVE FURONO RAPITE 193 RAGAZZE
ABOKE. =
Sono trascorsi sette anni dalla tragica notte del 10 ottobre 1996, quando i
ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) assaltarono il St. Mary’s
College di Aboke (Lira), nel Nord Uganda, e rapirono 139 ragazze. Questo
drammatico episodio è diventato il simbolo delle migliaia di sequestri che
hanno purtroppo coinvolto i bambini dei distretti settentrionali del Paese.
Oggi, come ha spiegato all’Agenzia missionaria Misna, suor Rachele Passera, i
genitori delle vittime si recheranno in preghiera sul luogo del sequestro per
ricordare una ventina di ragazze mai tornate. Oltre un centinaio furono invece
liberate grazie al coraggio della stessa suor Fassera, all’epoca responsabile
della scuola, che implorò i ribelli di liberare le vittime. In oltre 17 anni di
attività, il dramma della guerriglia ha causato morte e distruzione, ma
soprattutto il sequestro di migliaia di minori costretti con la forza a
combattere nelle fila dello Lra. (A.L.)
UNA
MOSTRA INAUGURATA A BRUXELLES DAL TITOLO “LA VERGINE NELL’ARTE CONTEMPORANEA”
CHE RACCOGLIE OPERE DI ARTISTI SULLA FIGURA DI
MARIA,
È L’OMAGGIO DEL PARLAMENTO EUROPEO AL PAPA PER IL
25.MO DEL SOGLIO PONTIFICIO
BRUXELLES. = Le sculture e i quadri di 24 artisti
contemporanei rappresentanti la figura della Vergine Maria, fanno parte
dell’esposizione inaugurata lo scorso mercoledì nella sede del Parlamento
europeo, a Bruxelles, in omaggio al 25.mo anniversario del pontificato di
Giovanni Paolo II. La mostra, intitolata “La Vergine nell’arte contemporanea”,
è stata presentata su iniziativa del vicepresidente del partito popolare
europeo, Antonio Tajani, sarà trasferita a Roma, nel Panteon, dal 14 ottobre al
20 novembre per permetterne la visita ai pellegrini che raggiungono la capitale
italiana per la beatificazione di Madre Teresa e per l’anniversario pontificio.
Le immagini, raccolte a forma di corona intorno alla “Vergine della povertà” di
Giacomo Manzù, presentano diversi momenti della vita di Maria. Le opere portano
la firma di artisti famosi: “La piccola deposizione” di Carlo Carrà, “La
Vergine con il bambino” di Mimmo Paladino. A Bruxelles si esporrà l’incisione
per illustrare la Bibbia di Salvador Dalì, mentre a Roma verrà esposto
“L’annuncio”, pittura del 1960 sempre del pittore spagnolo. L’artista che ha realizzato la bandiera
europea nel 1950, si è ispirato alle dodici stelle della corona della Madonna.
Il disegnatore cattolico che ha realizzato la bandiera vinse un concorso
pubblico convocato dal Consiglio Europeo al quale vennero presentati 101
progetti. (M.R.)
NELL’AMBITO
DEL XIV SIMPOSIO INTERNAZIONALE MARIOLOGICO
E’ STATO ATTRIBUITO AL PROFESSORE DI TEOLOGIA,
CANDIDO POZO,
IL PREMIO “RENE’ LAURENTIN – PRO ANCILLA DOMINI”
ROMA. = In occasione della sessione di chiusura del
XIV Simposio internazionale mariologico è stato assegnato stamani, nella sede della
Pontificia facoltà teologica “Marianum”, al docente emerito di Teologia
dogmatica presso la facoltà teologica di Granata, Candido Pozo, il Premio “Renè
Laurentin – Pro Ancilla Domini”. Il Premio, giunto all’ottava edizione e che
consiste in una somma di denaro, viene attribuito ad uno studioso di mariologia
che abbia contribuito ad approfondire la presenza di Maria nel mistero di
Cristo e della Chiesa. Candido Pozo, nato a Caceres il 3 dicembre 1925 è
entrato nella Compagnia di Gesù nel 1941 ed è stato ordinato presbitero nel
1951. Dal 1957 è docente ordinario della Facoltà di teologia di Granata, della
quale è stato decano dal 1958 al 1961. (A.L.)
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10 ottobre 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Gli ostacoli sul cammino di pace in Medio Oriente sembrano
moltiplicarsi di ora in ora. Alle continue violenze sul terreno – proseguite
nella notte con un’incursione israeliana a Rafah, che ha provocato sei morti e
trentacinque feriti – si aggiunge una crisi politica di difficile soluzione sul
fronte palestinese: nessuno dei candidati a premier, infatti, sembra in grado
di coesistere con il presidente Arafat. Motivo dei dissidi, il controllo della
sicurezza interna: per questa ragione il mese scorso si era dimesso Abu Mazen,
e ieri anche Abu Ala ha annunciato di voler lasciare l’incarico.
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Dopo il mancato voto di fiducia di ieri verso il nuovo
governo di Abu Ala, fonti palestinesi riferiscono che Arafat ha confermato al
premier l’incarico. In attesa che la situazione si chiarisca, il segretario di
Stato americano, Powell, ed il ministro degli Esteri italiano, Frattini – in
qualità di presidente di turno dell’Unione Europea – hanno convenuto sulla necessità
che si formi presto un governo palestinese con pieni poteri su polizia e
sicurezza, che abbia come priorità lo smantellamento dei gruppi terroristici:
uno smantellamento su cui, tuttavia, Abu Ala ha espresso riserve, sostenendo
che intende evitare una guerra civile. Continua intanto, nel sud della Striscia
di Gaza, una grande operazione militare israeliana intrapresa ieri pomeriggio,
volta a distruggere parecchi tunnel da cui i guerriglieri palestinesi fanno
passare notevoli quantitativi di armi e munizioni. Forte la resistenza incontrata
nell’abitato di Rafah, adiacente la frontiera con l’Egitto; un’altra operazione
di blindati israeliani è in corso alla periferia di Gaza, per distruggere
depositi di armi.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Le
violenze in Iraq proseguono senza sosta e questa mattina hanno provocato nuove
vittime: 2 miliziani sciiti hanno perso la vita in una sparatoria con soldati
americani a Sadr City, località alla periferia di Baghdad in cui ieri sera 2 marines
erano morti e 4 erano stati feriti in un’imboscata. La tensione è alta anche
nella città settentrionale di Erbil, dove sono morte 4 persone, e nei pressi di
Baaquba, dove stanotte una granata ha ferito 4 poliziotti iracheni. Cresce,
dunque, la preoccupazione per l’insicurezza, e la Spagna ha chiesto agli Stati
Uniti maggiore protezione per i suoi diplomatici, dopo la morte di Bernal
Gómez, ucciso ieri davanti alla sua residenza. E non è escluso che la
coalizione venga presto allargata al Pakistan: lo ha lasciato intendere il
premier di Islamabad, Jamali, di ritorno da Washington.
Per la
Cecenia si annuncia un futuro di guerra. Il neo presidente eletto, Akhmad
Kadyrov, ha oggi dichiarato che combatterà senza pietà la guerriglia
indipendentista ed ha invitato il suo leader, Aslan Maskhadov, ad arrendersi
per essere processato. Nel corso di una conferenza stampa nella sede
dell'agenzia Interfax a Mosca, Kadyrov ha assicurato che si impegnerà per la
ricostruzione della Cecenia, in ginocchio dopo tanti anni di guerra civile.
Un
incontro all’insegna della piena sintonia, sia nelle questioni bilaterali che
internazionali. Russia e Germania guardano ad un futuro di forte cooperazione,
a conclusione di due giorni di colloqui tra il presidente russo Putin ed il
cancelliere tedesco Schröder. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:
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La Russia potrebbe vendere presto le proprie risorse
energetiche in euro invece che in dollari: l’ha detto il presidente Putin a
margine del summit di Ekaterinenburg con il cancelliere tedesco Schröder. Mosca
e Berlino intensificano la loro cooperazione e prossimamente progettano di
costruire insieme un gasdotto dalla Siberia fino in Germania. I rapporti
bilaterali sono così buoni che il Cremlino acconsentirà al passaggio sul suo
territorio di convogli militari tedeschi diretti in Afghanistan. Berlino
aiuterà Mosca nello smantellamento dei sottomarini nucleari e nella costruzione
della magistrale ferroviaria Europa occidentale-Asia meridionale. Infine,
polemica a distanza fra Putin e la Commissione europea per la finora mancata
adesione russa all’Organizzazione del Commercio mondiale.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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La
Corea del Nord sarebbe pronta ad accettare un nuovo round di negoziati a sei,
nel mese di dicembre, sulla crisi nucleare innescata da Pyonyang. Lo ha
riferito la maggiore rete radiotelevisiva sudcoreana, Kbs, precisando che a
fare queste dichiarazioni è stato un rappresentante nordcoreano all’Onu in un
colloquio telefonico con giornalisti sudcoreani. Un primo round di negoziati
tra Corea Nord, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud, Giappone e Russia si era
tenuto a Pechino lo scorso agosto, ma senza risultati di rilievo.
Il
primo ministro liberaldemocratico giapponese, Junichiro Koizumi, ha sciolto
stamani la Camera bassa ed ha indetto elezioni generali anticipate per il 9
novembre. Il voto – il primo affrontato da Koizumi, al potere dall’aprile 2001
– sarà una sorta di referendum sul programma di riforme strutturali perseguito
dal premier.
“La
vendita del gas boliviano a Stati Uniti e Messico non è ancora stata decisa”.
Il presidente della Bolivia, Gonzalo Sánchez de Lozada, cerca di porre un freno
alle proteste contro il piano energetico del governo che, da giorni, stanno bloccando
il Paese. Anche quella di ieri si è rivelata una giornata difficile: oltre ai
coltivatori di coca, sono scesi in piazza i minatori. Sentiamo Maurizio Salvi:
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La tensione è schizzata alle stelle quando 800 minatori si
sono messi in marcia per trasferirsi a La Paz, bloccando il traffico e
provocando l’intervento della polizia, che ha ingaggiato scontri con i
manifestanti. La paralisi è stata totale, e solo in serata una delegazione
dell’Assemblea permanente dei diritti umani ha potuto raggiungere la località
di Ventanilla, dove sono avvenuti gli incidenti più duri, per raccogliere i
feriti. Di fronte a questo scenario preoccupante, sono sempre più insistenti le
voci di misure straordinarie che il governo si appresterebbe a decretare: fra
tutte, lo stato d’assedio. Secondo il vice presidente dell’Assemblea per i
diritti umani, addirittura vi sarebbe il progetto di arrestare duemila
oppositori. Preoccupata per gli avvenimenti, la Chiesa cattolica boliviana ha
inviato una lettera al governo che ha come primo firmatario il vescovo di
Potosí, mons. Walter Pérez Villamonte, in cui si chiede la riunione di
un’assemblea costituente che possa porre fine alla grave crisi che il Paese
attraversa.
Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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Arresto eccellente in Perù. È
finito infatti in carcere Alberto Pandolfi, ex primo ministro durante i due
mandati presidenziali di Alberto Fujimori, tra il 1990 ed il 2000. Latitante
dallo scorso 12 settembre, l’ex premier si è consegnato spontaneamente alla
giustizia: dovrà rispondere di peculato, malversazione di fondi, associazione a
delinquere e falso ideologico, per aver apposto la sua firma sotto i decreti
d’urgenza che stabilivano l’acquisto irregolare di alcuni aerei da guerra dalla Bielorussia. Con lui sono indagati
altri 16 ministri.
Nonostante l’avvio ormai
prossimo del nuovo governo, guidato da Moses Blah ed accettato dai ribelli,
l’Onu teme ancora per il futuro della Liberia. Motivo principale di preoccupazione,
l’attività politica dell’ex presidente Taylor, che dal suo esilio in Nigeria
continua a mantenere contatti con esponenti politici e del mondo economico. Il
Consiglio di sicurezza ha così intimato all’ex capo di Stato di interrompere questi
rapporti, “rispettando le condizioni del suo esilio e l’impegno preso di non interferire
in attività politiche al di fuori della Nigeria”.
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