RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 283 - Testo della Trasmissione di venerdì 10 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Una sana laicità dello Stato comporta che sia riconosciuto il ruolo dei credenti nella vita pubblica. Così il Papa, nell’udienza ai parlamentari dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

 

Il rispetto della vita e della persona, via maestra per la eliminazione totale delle armi. L’intervento della Santa Sede al Comitato dell’Onu sul disarmo generale e completo.

 

Filosofi e teologi alla Pontificia Università Lateranense sull’attualità dell’enciclica “Fides et Ratio”. Intervista con il prof. Vittorio Possenti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La iraniana Shirin Ebadi, magistrato e attivista per i diritti civili nel suo Paese, vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2003. Una testimonianza del giornalista suo connazionale Anmad Rafat.

 

Garantire lo sviluppo della personalità  dei bambini con disturbi mentali. E’ il messaggio di Kofi Annan, nell’odierna Giornata internazionale per la salute mentale. Con noi, lo psichiatra Vittorino Andreoli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oggi Giornata Mondiale contro la pena di morte, strumento crudele, disumano e degradante.

 

Portare Gesù Cristo ai giovani con i loro strumenti: questo lo scopo del Movimento carismatico cattolico “Jesus youth international”, sorto in India negli settanta.

 

Su 10 casi di cecità 8 sono evitabili: questo uno dei dati emersi nel dossier presentato ieri dall’Organizzazione mondiale della sanità in occasione della Giornata mondiale della vista.

 

Ricorre oggi l’anniversario del tragico sequestro avvenuto in Uganda 7 anni fa, dove furono rapite 193 ragazze.

 

Una mostra su “La Vergine nell’arte contemporanea”, omaggio del Parlamento Europeo al Papa per il 25.mo di Pontificato.

 

Nell’ambito del XIV Simposio internazionale mariologico e’ stato attribuito al professore di teologia Candido Pozo, il premio “Rene’ Laurentin – Pro Ancilla Domini”.

 

24 ORE NEL MONDO:

Tra crisi politica palestinese ed incursioni militari israeliane, il Medio Oriente si allontana ancora dalla pace.

 

L’Iraq ormai in preda all’insicurezza. Si allunga di ora in ora la lista delle vittime.

 

Paura per il futuro della Cecenia: il neopresidente Kadyrov, filorusso, promette guerra agli indipendentisti.

 

Koizumi scioglie il Parlamento e manda il Giappone alle elezioni anticipate.

 

Cresce la protesta in Bolivia: i vescovi chiedono al governo di risolvere la crisi.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 ottobre 2003

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA NELLA SALA CLEMENTINA IN VATICANO

I PARLAMENTARI DEI 55 PAESI MEMBRI DELL’OSCE,

IN OCCASIONE DELL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA

E LA COOPERAZIONE IN EUROPA, PER LA PRIMA VOLTA OSPITATA,

DA IERI E FINO A DOMANI, A ROMA, NELL’AULA DI MONTECITORIO.

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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La difesa della libertà religiosa cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti umani. Se ne era parlato ieri pomeriggio nella Conferenza dedicata proprio al tema della libertà religiosa, in apertura dell’Assemblea parlamentare dell’Osce, la più grande al mondo, cui partecipano tutti i Paesi europei, oltre a Stati Uniti, Canada, Cipro, Turchia e le otto Repubbliche asiatiche dell’ex Unione sovietica.

 

E questa mattina Giovanni Paolo II ricevendo i 330 delegati di fede cristiana, ebrea, musulmana ha ripreso questo tema cruciale per la stessa Osce, tanto che fin dalla nascita, nel ’75 ad Helsinki, di questa organizzazione regionale, questo diritto - come ha ricordato il Papa - è stato al centro dell’interesse degli Stati membri che “hanno riconosciuto la dimensione internazionale del diritto della libertà religiosa e la sua importanza per la sicurezza della comunità di Nazioni”. E tutt’oggi l’Osce “continua nel suo mandato per assicurare che questo basilare diritto umano, fondato sulla dignità della persona umana, sia adeguatamente rispettato”, ha aggiunto il Santo Padre, esprimendo “apprezzamento e allo stesso tempo incoraggiamento” perché si “continui generosamente in questa impresa”.

 

Non ha nascosto Giovanni Paolo II che ai nostri giorni molti giovani “sono cresciuti senza essere consapevoli dell’eredità religiosa, che appartiene loro. Ma a dispetto di ciò, la dimensione religiosa non cessa di influenzare vasti gruppi di cittadini”. “Per questo è importante - ha proseguito Giovanni Paolo II – che mentre venga rispettata” “la natura secolare dello Stato, sia riconosciuto il ruolo positivo dei credenti nella vita pubblica”. Ciò risponde anche “alle domande di salutare pluralismo e contribuisce a costruire un autentica democrazia”. Infatti “quando gli Stati - ha proseguito il Papa - sono disciplinati ed equilibrati nell’espressione della loro natura secolare, il dialogo tra i diversi settori sociali è favorito e di conseguenza viene promossa la cooperazione trasparente e frequente tra la società civile e religiosa, a beneficio del bene comune.” Ma si  arreca invece “danno alla società quando la religione è relegata alla sfera privata, così anche la società e le istituzioni civili sono impoverite quando la legislazione – in violazione della libertà religiosa - promuove l’indifferenza religiosa, il relativismo e il sincretismo religioso, forse anche giustificandoli con “un errata comprensione di tolleranza”.

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ALTRE UDIENZE: NUOVO GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE IN VISITA “AD LIMINA”.  RINUNCE E NOMINE NEGLI STATI UNITI E IN CILE

 

Conclusi ieri gli incontri con il secondo gruppo di vescovi delle Filippine in visita “ad Limina”, il Papa ha iniziato i colloqui con il terzo gruppo di quella Conferenza episcopale ricevendo stamani quattro presuli del Paese asiatico per la quinquennale visita canonica.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Green Bay, negli Stati Uniti d’America, dal vescovo mons. Robert Joseph Banks, per raggiunti limiti di età. Come nuovo vescovo di Green Bay, il Pontefice ha quindi nominato il presule mons. David Allen Zubik, finora ausiliare di Pittsburgh.

 

In Cile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Bernardo, presentata per limiti di età dal vescovo mons. Orozimbo Fuenzalida Fuenzalida. Giovanni Paolo II ha quindi nominato vescovo di San Bernardo il sacerdote 47enne Juan Ignacio Gonzàlez Erràzuriz, della prelatura personale dell’Opus Dei, finora docente di Teologia e di Diritto Canonico, oltre che cappellano dell’Università di Los Andes.

 

 

SOLO L’ELIMINAZIONE TOTALE DELLE ARMI NUCLEARI PUO’ ESSERE GARANZIA

CONTRO L’USO O LA MINACCIA DELL’USO: COSI’ MONS. MIGLIORE,

OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU,

INTERVENUTO AL PRIMO COMITATO DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

SUL DISARMO GENERALE E COMPLETO

- Servizio di Fausta Speranza -

 

Apprezzando il lavoro fatto finora dall’Onu in favore della pace, mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha assicurato piena collaborazione al Primo Comitato dell’Assemblea Generale sul tema del disarmo generale e completo, davanti al  quale è intervenuto l’altro ieri. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Per assaporare i frutti della pace, bisogna aver prima sparso semi di pace. Così mons. Migliore ha sottolineato che se in questo momento è impossibile ottenere il disarmo completo degli Stati significa che non c’è stata sufficiente preparazione perché i loro leader potessero sentirsi sicuri senza lo sviluppo e la produzione di armi. E proprio il fattore lungimiranza fa riflettere sull’importanza delle Nazioni Unite, deputate a costruire una cultura di pace. Se aspiriamo ad ottenere un generale e completo disarmo, dobbiamo innanzitutto difendere il rispetto per la vita, per la dignità di ogni persona, per i diritti umani fondamentali.

 

Si deve lavorare – ha proseguito mons. Migliore – per arrivare a un rifiuto  della violenza, promuovendo libertà, giustizia, solidarietà, tolleranza e accettazione delle differenze. E tutto ciò significa, in concreto, cercare migliore comprensione e armonia tra etnie, religioni, culture e gruppi sociali. Mons. Migliore ha citato parole del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, per parlare di dirette e indirette minacce alla pace. Tra le prime spiccano il terrorismo e la proliferazione di armi di distruzione di massa. Ma non si possono dimenticare il persistere dell’estrema povertà, la disparità di redditi tra società e all’interno di una stessa società. E poi ancora i rischi per la diffusione di infezioni e il degrado ambientale.

 

Il lavoro di questo Primo Comitato, dunque, si incentra sulle questioni del disarmo ma deve essere supportato da diverse iniziative multilaterali e da accordi. Mons. Migliore ha parlato di “dialogo, negoziazione, diplomazia, considerazione del ruolo della legge”. Rappresentano un margine enorme di mediazione, ma – ha affermato mons. Migliore – non vengono adeguatamente utilizzati, anzi piuttosto mortificati da un “costante ricorso al militarismo”. Questa scelta va combattuta contrastando la proliferazione di armi.

 

E a questo proposito, mons. Migliore ha ricordato la distinzione fatta da chi parla di “piccole armi” e di “armi leggere”, per ricordare che questi strumenti ogni anno uccidono più di mezzo milione di persone, di cui il 90% sono civili. Ecco che in tema di legalità c’è la responsabilità degli Stati per quanto riguarda traffici illeciti o accordi di commercio legalizzato. Basta pensare alle difficoltà per costruire la cultura di pace in un Paese che esce dalla guerra ma nel quale questo tipo di armi continua liberamente a circolare.

 

Con lo sguardo al periodo della guerra fredda, l’osservatore della Santa Sede presso l’Onu ha ricordato il principio della minaccia reciproca che faceva da deterrente per l’uso degli ordigni nucleari. La storia degli equilibri internazionali è cambiata ma – ha sottolineato mons. Migliore - sono anche di più gli Stati che puntano sul possesso di tali armi. Eppure nella fase segnata dal terrorismo, che il mondo sta attraversando, il rischio è sempre maggiore. Le armi nucleari, dunque, nel XI° secolo sono incompatibili con  la pace. Lo ha sottolineato mons. Migliore, ricordando quanto si legge nel documento finale del Trattato di non proliferazione del 2000: “la totale eliminazione degli ordigni nucleari rappresenta la sola assoluta garanzia contro l’uso o la minaccia di uso delle armi nucleari”.

 

In definitiva, però, a cambiare non può essere solo l’atteggiamento degli Stati ma anche quello dei singoli individui. Dobbiamo realizzare – ha raccomandato mons. Migliore – che la violenza non è parte di un destino ineluttabile dell’umanità. La speranza va riposta negli strumenti internazionali della legge, nella mediazione politica, nella scelta di un multilateralismo che trovi fondamento nei valori di responsabilità, solidarietà e dialogo.

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FILOSOFI, TEOLOGI E L’ATTUALITÀ DELLA “FIDES ET RATIO”

- Intervista con Vittorio Possenti -

 

In occasione del quinto anniversario dalla pubblicazione dell’enciclica “Fides et Ratio” e nell’ambito delle celebrazioni per il 25.mo di Pontificato di Giovanni Paolo II, si è aperto ieri a Roma il convegno internazionale “Il desiderio di conoscere la verità” che si svolgerà per tre giorni alla Pontificia Università Lateranense.

 

L’evento vede la partecipazione, oltre che del cardinale Camillo Ruini e del rettore dell’ateneo, mons. Rino Fisichella, dei più noti esperti dell’enciclica tra teologi e filosofi provenienti dalle più prestigiose università europee.

 

Ma quale l’attualità dell’enciclica “Fides et ratio”? Daniele Semeraro lo ha chiesto al filosofo Vittorio Possenti, ordinario all’Università di Venezia, che interverrà nell’ultima giornata dei lavori.

 

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R. – La sua particolare attualità è di aver sottolineato questo grande problema che è il rapporto tra fede e ragione; noi ci scontriamo costantemente nella cultura contemporanea anche al di là delle frontiere visibili della Chiesa con questo difficile dialogo tra la rivelazione e l’attuale condizione della ragione umana, che è una condizione in cui la ragione è un po’ rinchiusa su se stessa, si volge verso il metodo del fallibilismo per cui ritiene che ogni asserzione sia di per sé soggetta al dubbio. Dunque, la Fides et Ratio ha come grande attualità anche quella di rilanciare il valore della ragione umana, cioè un messaggio di speranza, un messaggio di apertura che i filosofi, gli uomini ricomincino ad usare come si deve la ragione, che può portarli abbastanza lontano.

 

D. – Come può la ragione aiutare l’esperienza della fede?

 

R. – Giovanni Paolo II ci dice, con un linguaggio molto chiaro, che il compito della fede è aiutato se la ragione – appunto – è una ragione aperta, una ragione che potremmo chiamare ‘forte’, perché altrimenti la fede rischia di essere ridotta a mito e superstizione. Quindi, vi è un compito essenziale della ragione umana, certamente illuminata e indirizzata dalla fede, perché il pensiero credente scopra l’intelligibilità della fede, il valore di verità e di sapienza che sta nella fede cristiana.

 

D. – Come vede il fatto che il Papa – quindi un uomo di fede – esalti la ragione?

 

R. – Se noi parliamo male della ragione umana, finiamo per sminuire anche il Creatore, perché la ragione umana è una partecipazione, una scintilla di quella divina. Quindi, se noi per malintesa apologetica abbassiamo la ragione umana, la denigriamo, rischiamo di parlar male indirettamente anche della Ragione Divina, della Sapienza Divina.

 

D. – La religione di oggi sembra essere l’utilitarismo e anche la ragione, spesso, segue questa strada. Quale può essere allora la via d’uscita?

 

R. – La via d’uscita è riprendere il discorso del fondamento, il discorso cioè di tipo metafisico perché è questo tipo di discorso che sbocca poi in un’area, per così dire, sapienziale, che difende la ragione umana dalle forme di strumentalizzazione che certamente noi oggi incontriamo che sono la riduzione della ragione al discorso strumentale al potere, strumentale alla volontà di potenza, strumentale soprattutto – direi – alla manipolazione tecnologica della vita. Dunque, solo una ragione sapienziale e rivelativa riesce a sconfiggere, a oltrepassare questi limiti attuali che incontriamo in molti aspetti dell’uso attuale della ragione umana.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Con forte evidenza, la prima pagina è caratterizzata da titolo "Nel ventunesimo secolo il rispetto della libertà di religione garantisce la sicurezza e la stabilità in seno alla famiglia dei popoli e delle nazioni": Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea Parlamentare dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Riguardo al forte tema "L'Europa o è cristiana o non è Europa", si dà rilievo ad un passo del discorso del Papa, in cui si sottolinea che "nello stesso modo in cui la società viene danneggiata quando si relega la religione alla sfera privata, anche la società e le istituzioni civili vengono impoverite quando la legislazione promuove l'indifferenza religiosa".

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla figura di padre Marco Antonio Cavanis, "esempio di santità nel Veneto del XIX secolo".

 

Nelle estere, nuove violenze sia in Medio Oriente, sia in Iraq.

Per la rubrica dell'Atlante geopolitico, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "La Bolivia agitata da forti tensioni". 

 

Nella pagina culturale, un contributo di Giovanni Marchi che ricorda l'opera di Vittorio Alfieri, a duecento anni dalla morte.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo i temi delle pensioni, della finanziaria e dell'immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 ottobre 2003

 

 

L’IRANIANA SHIRIN EBADI, MAGISTRATO E ATTIVISTA PER I DIRITTI CIVILI

NEL SUO PAESE, E’ LA VINCITRICE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2003.

HA DEDICATO LA VITA ALLA DIFESA DEI BAMBINI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Premiata per “per i suoi sforzi per la democrazia e i diritti umani”, in particolare per la sua “battaglia per i diritti delle donne e dei bambini”. Premiata per aver sempre creduto che le differenti culture e religioni del mondo debbano essere in dialogo, prendendo “come punto di partenza i loro valori comuni”. Shirin Ebadi, 56 anni, iraniana, è la vincitrice dell’edizione 2003 del Premio Nobel per la pace. L’annuncio è stato dato, secondo tradizione, questa mattina alle 11, ad Oslo, dal presidente del comitato incaricato della designazione. Undicesima donna ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento, il nome della Ebadi è stato scelto all’interno di una lista che ne comprendeva 165 (140 individui e 25 organizzazioni), tra i quali quelli di Giovanni Paolo II, dell’ex presidente ceco Vaclav Havel, e dell’attuale presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva.

 

Personalità di grande spicco all’interno della società iraniana - e non solo per il suo essere entrata in magistratura e per aver ricoperto incarichi di responsabilità all’interno del tribunale di Teheran, per poi venire emarginata dall’avvento degli ayatollah - la nuova vincitrice del Nobel per la pace ha fatto parlare di sé negli anni scorsi anche in ambito internazionale per il suo ininterrotto e multiforme impegno in favore dei diritti civili. “Sono sbalordita”, ha commentato da Parigi, dove la Ebadi si trovava al momento della notizia. Lo considero, ha aggiunto, “un incoraggiamento a tutti gli iraniani che si battono per la democrazia”. Il premio - che ammonta a 10 milioni di corone svedesi, pari a un milione e 300 mila euro - le sarà consegnato il prossimo 10 dicembre. Ma chi è Shirin Ebadi? Scopriamolo in questa scheda curata da Andrea Sarubbi:

 

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Passerà alla storia per essere stata la prima donna iraniana a diventare giudice. Una carriera, in realtà, durata poco, perché dopo la Rivoluzione del 1979 fu costretta a dimettersi. “Le donne sono troppo emotive ed irrazionali per fare i magistrati”, spiegarono gli ayatollah, che da allora non hanno cambiato linea. E non lo ha fatto neppure Shirin Ebadi, continuando ad impegnarsi nel campo della giustizia: spesso nelle situazioni più scomode, come quando si è trattato di difendere le famiglie di alcuni scrittori ed intellettuali iraniani uccisi nel 1998-99. Il processo ha fatto crescere l’ostilità nei suoi confronti da parte del regime, che nel 2000 l’ha condannata a 22 giorni di carcere con la condizionale e l’ha sospesa dall’insegnamento all’Università, per aver “disturbato l’opinione pubblica” con la diffusione di una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999.

 

Ma oltre che al fianco del dissenso, il neo premio Nobel per la pace si è battuta anche contro le discriminazioni subite dai bambini e soprattutto dalle donne, e da lei per prima sperimentate. “In Iran – ha ripetuto più volte – la vita di una donna vale quanto l’occhio strabico di un uomo”. Questo impegno le è valso, all’estero, diversi riconoscimenti: come il premio Rafto, assegnatole  sempre in Norvegia due anni fa. In patria, invece, non sono mancate le minacce: l’ayatollah Mohammed Yazdi, fino a poco fa capo del potere giudiziario, l’ha accusata di avere istigato le rivolte studentesche del luglio scorso. “Chiunque difenda i diritti umani in Iran – ha commentato Ebadi – deve convivere con la paura. Io, la mia, ho già imparato a superarla”.

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Ma quali sono state le prime reazioni da Oslo, dopo l’annuncio della vittoria di Shirin Ebadi? Ci riferisce Vincenzo Lanza:

 

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I primi commenti in Norvegia e in Svezia per il premio Nobel per la pace, attribuito all’iraniana Shirin Ebadi, sono in gran parte positivi e con qualche delusione per la mancata attribuzione del premio per la pace al Papa o all’ex presidente cecoslovacco, Vaclav Havel. Alcuni esperti di cose iraniane presenti in Svezia sono scettici sull’eventualità che il governo iraniano possa essere influenzato positivamente per il premio alla loro concittadina. Ma Frida Bloom, presidente dell’Organizzazione per la pace in Svezia, ritiene che la Ebadi sia meritevole del premio per la pace per la sua lotta costante a difesa dei diritti umani delle donne e dei minori. Ma è anche con soddisfazione che si apprende, proprio da parte del mondo musulmano, dell’attribuzione del premio Nobel ad una donna. Tale premio, si dice, invia un segnale importante in un tempo in cui le tensioni tra mondo musulmano e mondo occidentale stanno aumentando: premio che porterà certamente conseguenze positive in Iran.

 

Per la Radio Vaticana, Vincenzo Lanza.

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“Come avvocato, giudice, conferenziere, scrittore e attivista, ha parlato sempre con grande forza e chiarezza nel suo Paese, l'Iran, e molto al di là delle sue frontiere. Si e' distinta come una seria professionista, una persona coraggiosa, e non ha mai ceduto alle minacce contro la sua sicurezza”. Così recita un altro passaggio della motivazione del Nobel per la pace, che ponendo in risalto l’attenzione della Ebadi per le fasce più deboli di ogni convivenza civile, aggiunge: “Nessuna società merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati”. Anmad Rafat, giornalista iraniano, già segretario della stampa estera in Italia, offre una sua testimonianza dell’impegno del neo Premio Nobel, nell’intervista di Giada Aquilino:

 

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R. – Shirin Ebadi è un’avvocatessa che ha dedicato tutta la vita alla difesa dei diritti dei bambini. Ha scritto diversi libri sui diritti dell’infanzia, si è occupata di far modificare alcune leggi che riguardavano i bambini, si è sempre opposta duramente ai matrimoni - permessi dalla legge - di bambini al di sotto dei 10 anni. Negli ultimi 4-5 anni, come molti altri avvocati iraniani, si è vista costretta a difendere i familiari delle vittime della repressione o i prigionieri che per questioni politiche sono stati arrestati. Lei stessa è stata arrestata: è un simbolo della giustizia in Iran, si batte per uno Stato di diritto e pertanto la sua nomina come vincitrice del Premio Nobel per la pace 2003 può essere interpretato come un appoggio alla lotta degli iraniani per una democrazia.

 

D. - Il riconoscimento, quindi, può essere un incoraggiamento al cammino delle riforme democratiche in Iran?

 

R. - Sicuramente. E gli stessi organizzatori del Premio Nobel, nelle varie interviste dei giorni scorsi, avevano detto che premiare persone come Shirin Ebadi significa dare impulso alla lotta, alle riforme che sono in corso e che vorrebbero essere attuate in Iran. Potrebbe essere un segnale per tutto il mondo islamico per avviare riforme in tutti i Paesi che hanno problemi, almeno per ciò che riguarda lo Stato di diritto.

 

D. – Ma qual è la situazione dei diritti umani in Iran, oggi?

 

R. – La situazione dei diritti umani in Iran nell’ultimo anno è andata praticamente peggiorando di giorno in giorno. Martedì scorso è iniziato il processo per l’uccisione di Zahrah Khasemi, la giornalista fotografa canadese di origine iraniana, che è stata arrestata in Iran ed uccisa in carcere. Ma ci sono tanti altri casi: molti giornalisti, attivisti dei diritti dell’uomo che in questo momento si trovano in carcere, mentre nel frattempo si continuano a chiudere le redazioni dei giornali. E’  una situazione tragica ed un riconoscimento di questo tipo potrebbe veramente smuovere le acque ed aiutare questa gente a continuare, sia pure in condizioni difficili, la loro lotta per riformare il Paese.

 

D. – Da iraniano a iraniana: che messaggio invii alla nuova Premio Nobel per la pace?

 

R.- Io ho cercato di chiamarla – lei in questo momento si trova all’estero – ma non sono riuscito a contattarla. Allora, attraverso la Radio Vaticana, le dico quello che avrei voluto dirle di persona: “Vai avanti così!”

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GARANTIRE LO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’ DEI BAMBINI CON DISTURBI

MENTALI: E’ QUANTO CHIEDE IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

NELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA SALUTE MENTALE.

UNA RIFLESSIONE DELLO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI

- Intervista con Vittorino Andreoli -

 

E’ necessario un maggiore impegno per trasformare in realtà i diritti dei bambini: e’ quanto auspica il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale per la salute mentale, dedicata quest’anno proprio ai minori con disturbi mentali, emotivi e comportamentali. Il fardello associato a questi problemi, afferma Annan, è sempre più una “minaccia al sano sviluppo ed al benessere dei bambini e degli adolescenti di tutto il mondo”. C’è poi il rischio, avverte, che questi “giovani, già profondamente vulnerabili” possano essere “stigmatizzati e discriminati” e non abbiano mai “la possibilità di costruirsi il futuro che, come tutti i giovani meritano”. La scelta, da parte dell’Onu, di dedicare la giornata per la salute mentale ai problemi dei minori è un segnale significativo. Ne è convinto lo psichiatra Vittorino Andreoli, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Mi sembra molto opportuno, perché sempre più vediamo che conflitti o danni all’infanzia o all’adolescenza, poi, si manifestano anche in età successive. E’ giusto affrontare il problema della salute mentale fin dall’inizio della vita.

 

D. – In molti Paesi in via di sviluppo, i bambini subiscono dei traumi a causa della guerra, della fame e delle malattie. Come influiscono questi shock sulla loro crescita, sullo sviluppo della personalità …

 

R. – Sono dei traumi gravissimi, perché fanno percepire il mondo, l’esistenza e, soprattutto, le relazioni affettive come qualche cosa di tremendo e quindi vivono delle esperienze di abbandono, spesso perché c’è la perdita della madre, del padre, ma sovente perché invece di una relazione tranquilla di attaccamento, finiscono per sperimentare continuamente un lutto, come se la madre sparisse, come se il mondo finisse domani, e mancherà quindi quella fiducia e quello stimolo che sono assolutamente necessari per una vita equilibrata.

 

D. - Quali sono, nei cosiddetti Paesi ricchi, le situazioni che destano maggiore preoccupazione sul fronte della salute mentale dell’infanzia? Quali i rimedi?

 

R. – Questa domanda ormai ci porta ad analizzare e a studiare i bambini e l’adolescenza in situazioni economicamente diverse e persino contrapposte. Un tempo i sociologi pensavano che solo le difficoltà economiche creassero dei traumi. Oggi, noi vediamo che pur essendo dei problemi diversi da quelli dei Paesi in via di sviluppo, anche le società ricche hanno un’infanzia molto difficile e soprattutto un’adolescenza fortemente gravata da disturbi mentali. Oggi, per esempio, l’adolescenza è fortemente conflittuale: i conflitti padri-figli. Le società, cosiddette avanzate, sembrano aver poco spazio per i giovani e a rimandare sempre di più un loro ruolo sociale. Da una parte i Paesi poveri, dove è proprio difficile sopravvivere, dall’altra i Paesi ricchi, dove i giovani vivono un senso di mancanza di valore e di significato e lo cercano compiendo azioni che invece sono inaccettabili.

 

D. – Kofi Annan esorta i governi di tutti i Paesi, sviluppati e non, ad impegnarsi di più per alleviare le sofferenze dei giovani con disturbi mentali. Cosa, dunque, può essere fatto concretamente?

 

R. – Deve cambiare completamente la visione dell’infanzia e dell’adolescenza. Ci occorre una nuova cultura. Insomma, è necessario che la società sposti il proprio sguardo dalle economie, sposti la preoccupazione principale, che è appunto quella solo del benessere o del malessere economico, e pensi all’importanza della mente e della salute mentale. Bisogna spostare il nostro sguardo dall’economia che ha dominato il secolo scorso e fondarla sull’educazione, sulle relazioni e sul senso che i giovani hanno in questo mondo.

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CHIESA E SOCIETA’

10 ottobre 2003
 

 

SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE,

UN INGIUSTIFICABILE STRUMENTO CHE VIOLA LE FONDAMENTA DEI VALORI

E DELLA DIGNITÀ DELL’ESSERE UMANO

 

ROMA. = Per far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica mondiale sulla  barbaria della condanna capitale, si celebra oggi la seconda Giornata mondiale contro la pena di morte, promossa da  Amnesty international, la comunità di Sant’Egidio e dalle maggiori organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Nonostante l’evidente tendenza mondiale verso l’abolizione – denuncia Amnesty international in un rapporto diffuso ieri - alcuni Paesi continuano purtroppo a mandare a morte uomini e donne mediante iniezione letale, impiccagione, plotone di esecuzione e persino la lapidazione”. Il rapporto evidenzia che 83 Paesi rifiutano di seguire la tendenza mondiale verso l’abolizione della pena di morte e tra questi ci sono Stati Uniti, Giappone, Cina, Nigeria, Iran, Arabia Saudita e Uzbekistan. Nei primi nove mesi del 2003 - secondo i dati di Amnesty - gli Stati Uniti hanno inoltre mandato a morte 57 persone ed in Iran le esecuzioni capitali sono state almeno 83 e non meno di 40 quelle in Arabia Saudita. “Nessuna ricerca - rileva l’organizzazione internazionale per i diritti umani - ha dimostrato che la pena di morte serva a combattere la criminalità: al contrario, essa alimenta una cultura di violenza e pertanto non trova alcun posto in una società moderna che intenda rispettare i valori dei diritti umani”. Per rafforzare la pressione sui governi affinché aboliscano la pena di morte e per aumentare la sensibilità su questa pena crudele, disumana e degradante sono previsti oggi, in molti Paesi del mondo, manifestazioni, seminari e dibattiti. In Italia sono in programma numerose iniziative e tra gli eventi più significativi si segnalano: una fiaccolata a Milano, con inizio in piazza San Babila alle 18.30; un sit-in a Bologna, in piazza Nettuno, dalle 18 alle 20 ed una manifestazione a Napoli, in piazza San Domenico Maggiore, dalle 10 alle 24. (A.L.)

 

 

“JESUS YOUTH INTERNATIONAL”, MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO

SORTO IN INDIA NEGLI ANNI SETTANTA, RACCOGLIE MIGLIAIA DI GIOVANI INTORNO ALL’EVANGELIZZAZIONE

E ALLA PREGHIERA PER ARRIVARE AL CUORE DI CHI NON CONOSCE GESÙ

 

KERALA (INDIA). = Portare Gesù Cristo ai giovani con i loro strumenti: è questo lo scopo del “Jesus youth international”, movimento giovanile cattolico di spiritualità carismatica nato nello Stato indiano di Kerala negli anni settanta. Sono cinque i punti cardine intorno ai quali si sviluppa lo stile di vita del “Jesus youth international”: la preghiera personale, la parola di Dio, i sacramenti, la sequela di Cristo e l’impegno per l’evangelizzazione. Fin dalla sua nascita, il movimento ha avuto un carattere cristocentrico, rivolgendo particolare attenzione missionaria agli adolescenti e ai giovani delle università, delle parrocchie. Il movimento sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di giovani intorno alle grandi riunioni di preghiera e di lode e ai ferventi preparativi per le iniziative di missione. L’appuntamento che si sta preparando in questo momento è per la Giornata mondiale della gioventù di Colonia, in Germania, nel 2005: sono già coinvolti almeno mille giovani e la speranza è di allargarne il numero. Il movimento funziona con la logica della rete: diverse cellule sono sparse nel mondo e si incontrano ogni tanto. Durante l’ultima assemblea, nel settembre scorso a Roma, si è formato un ufficio internazionale e si è formulata la richiesta di un riconoscimento ufficiale alla Santa Sede, attraverso il Pontificio consiglio per i laici. (M.R.)

 


SU 10 CASI DI CECITA’ BEN OTTO SONO EVITABILI. E’ QUESTO UNO DEI DATI

PIÙ SIGNIFICATIVI EMERSI NEL DOSSIER PRESENTATO IERI DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA VISTA

 

BRUXELLES. = Nel mondo ci sono oltre 45 milioni di non vedenti, ogni cinque secondi una persona diventa cieca ed ogni minuto un bambino perde la vista. Sono questi alcuni dei drammatici dati emersi nel dossier presentato ieri, in occasione della Giornata mondiale della vista, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il dossier contiene una serie di raccomandazioni tecniche e pratiche che hanno il fine di “aiutare i governi ad elaborare dei piani nazionali per prevenire la cecità”. “Le ricerche più recenti – ha affermato il direttore generale dell’Oms, Lee Jong-wook – mostrano che è in aumento il numero delle persone che diventano cieche quando ciò potrebbe essere evitato”. Nel rapporto dell’Oms, che ha lanciato nel 1999 il programma Vision 2000, volto ad eliminare la cecità evitabile entro 20 anni, viene evidenziato che il 90 per cento delle persone cieche vive nei Paesi in via di sviluppo, dove la situazione è aggravata dall’assenza di occhiali. Il tema della lotta alla cecità è stato affrontato anche nella conferenza stampa dal titolo “La cecità evitabile: una sfida da vincere”, organizzata ieri, a Roma, dalla sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (Iapb) e dalle Missioni Cristiane per i Ciechi nel mondo (Cbm). Nell’incontro, aperto dal presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini, e dal ministro della salute, Girolamo Sirchia, è stato messo in risalto che la maggior parte delle patologie visive è prevenibile con trattamenti tempestivi, caratterizzati da un elevato rapporto costo/efficacia. Tra queste cause di cecità, spesso evitabili, ci sono la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma, la retinopatia diabetica, la miopia degenerativa, la retinite pigmentosa, la cataratta congenita e le patologie ereditarie ed infettive. (A.L.)

 

 

RICORRE OGGI IL SETTIMO ANNIVERSARIO DEL TRAGICO SEQUESTRO PERPETRATO

AD ABOKE, IN UGANDA, DOVE FURONO RAPITE 193 RAGAZZE

 

ABOKE. = Sono trascorsi sette anni dalla tragica notte del 10 ottobre 1996, quando i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) assaltarono il St. Mary’s College di Aboke (Lira), nel Nord Uganda, e rapirono 139 ragazze. Questo drammatico episodio è diventato il simbolo delle migliaia di sequestri che hanno purtroppo coinvolto i bambini dei distretti settentrionali del Paese. Oggi, come ha spiegato all’Agenzia missionaria Misna, suor Rachele Passera, i genitori delle vittime si recheranno in preghiera sul luogo del sequestro per ricordare una ventina di ragazze mai tornate. Oltre un centinaio furono invece liberate grazie al coraggio della stessa suor Fassera, all’epoca responsabile della scuola, che implorò i ribelli di liberare le vittime. In oltre 17 anni di attività, il dramma della guerriglia ha causato morte e distruzione, ma soprattutto il sequestro di migliaia di minori costretti con la forza a combattere nelle fila dello Lra. (A.L.)

 

 

UNA MOSTRA INAUGURATA A BRUXELLES DAL TITOLO “LA VERGINE NELL’ARTE CONTEMPORANEA”

CHE RACCOGLIE OPERE DI ARTISTI SULLA FIGURA DI MARIA,

È L’OMAGGIO DEL PARLAMENTO EUROPEO AL PAPA PER IL 25.MO DEL SOGLIO PONTIFICIO

 

BRUXELLES. = Le sculture e i quadri di 24 artisti contemporanei rappresentanti la figura della Vergine Maria, fanno parte dell’esposizione inaugurata lo scorso mercoledì nella sede del Parlamento europeo, a Bruxelles, in omaggio al 25.mo anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II. La mostra, intitolata “La Vergine nell’arte contemporanea”, è stata presentata su iniziativa del vicepresidente del partito popolare europeo, Antonio Tajani, sarà trasferita a Roma, nel Panteon, dal 14 ottobre al 20 novembre per permetterne la visita ai pellegrini che raggiungono la capitale italiana per la beatificazione di Madre Teresa e per l’anniversario pontificio. Le immagini, raccolte a forma di corona intorno alla “Vergine della povertà” di Giacomo Manzù, presentano diversi momenti della vita di Maria. Le opere portano la firma di artisti famosi: “La piccola deposizione” di Carlo Carrà, “La Vergine con il bambino” di Mimmo Paladino. A Bruxelles si esporrà l’incisione per illustrare la Bibbia di Salvador Dalì, mentre a Roma verrà esposto “L’annuncio”, pittura del 1960 sempre del pittore spagnolo.  L’artista che ha realizzato la bandiera europea nel 1950, si è ispirato alle dodici stelle della corona della Madonna. Il disegnatore cattolico che ha realizzato la bandiera vinse un concorso pubblico convocato dal Consiglio Europeo al quale vennero presentati 101 progetti. (M.R.)

 

 

NELL’AMBITO DEL XIV SIMPOSIO INTERNAZIONALE MARIOLOGICO

E’ STATO ATTRIBUITO AL PROFESSORE DI TEOLOGIA, CANDIDO POZO,

IL PREMIO “RENE’ LAURENTIN – PRO ANCILLA DOMINI”

 

ROMA. = In occasione della sessione di chiusura del XIV Simposio internazionale mariologico è stato assegnato stamani, nella sede della Pontificia facoltà teologica “Marianum”, al docente emerito di Teologia dogmatica presso la facoltà teologica di Granata, Candido Pozo, il Premio “Renè Laurentin – Pro Ancilla Domini”. Il Premio, giunto all’ottava edizione e che consiste in una somma di denaro, viene attribuito ad uno studioso di mariologia che abbia contribuito ad approfondire la presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Candido Pozo, nato a Caceres il 3 dicembre 1925 è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1941 ed è stato ordinato presbitero nel 1951. Dal 1957 è docente ordinario della Facoltà di teologia di Granata, della quale è stato decano dal 1958 al 1961. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 ottobre 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Gli ostacoli sul cammino di pace in Medio Oriente sembrano moltiplicarsi di ora in ora. Alle continue violenze sul terreno – proseguite nella notte con un’incursione israeliana a Rafah, che ha provocato sei morti e trentacinque feriti – si aggiunge una crisi politica di difficile soluzione sul fronte palestinese: nessuno dei candidati a premier, infatti, sembra in grado di coesistere con il presidente Arafat. Motivo dei dissidi, il controllo della sicurezza interna: per questa ragione il mese scorso si era dimesso Abu Mazen, e ieri anche Abu Ala ha annunciato di voler lasciare l’incarico.

 

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Dopo il mancato voto di fiducia di ieri verso il nuovo governo di Abu Ala, fonti palestinesi riferiscono che Arafat ha confermato al premier l’incarico. In attesa che la situazione si chiarisca, il segretario di Stato americano, Powell, ed il ministro degli Esteri italiano, Frattini – in qualità di presidente di turno dell’Unione Europea – hanno convenuto sulla necessità che si formi presto un governo palestinese con pieni poteri su polizia e sicurezza, che abbia come priorità lo smantellamento dei gruppi terroristici: uno smantellamento su cui, tuttavia, Abu Ala ha espresso riserve, sostenendo che intende evitare una guerra civile. Continua intanto, nel sud della Striscia di Gaza, una grande operazione militare israeliana intrapresa ieri pomeriggio, volta a distruggere parecchi tunnel da cui i guerriglieri palestinesi fanno passare notevoli quantitativi di armi e munizioni. Forte la resistenza incontrata nell’abitato di Rafah, adiacente la frontiera con l’Egitto; un’altra operazione di blindati israeliani è in corso alla periferia di Gaza, per distruggere depositi di armi.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Le violenze in Iraq proseguono senza sosta e questa mattina hanno provocato nuove vittime: 2 miliziani sciiti hanno perso la vita in una sparatoria con soldati americani a Sadr City, località alla periferia di Baghdad in cui ieri sera 2 marines erano morti e 4 erano stati feriti in un’imboscata. La tensione è alta anche nella città settentrionale di Erbil, dove sono morte 4 persone, e nei pressi di Baaquba, dove stanotte una granata ha ferito 4 poliziotti iracheni. Cresce, dunque, la preoccupazione per l’insicurezza, e la Spagna ha chiesto agli Stati Uniti maggiore protezione per i suoi diplomatici, dopo la morte di Bernal Gómez, ucciso ieri davanti alla sua residenza. E non è escluso che la coalizione venga presto allargata al Pakistan: lo ha lasciato intendere il premier di Islamabad, Jamali, di ritorno da Washington.

 

Per la Cecenia si annuncia un futuro di guerra. Il neo presidente eletto, Akhmad Kadyrov, ha oggi dichiarato che combatterà senza pietà la guerriglia indipendentista ed ha invitato il suo leader, Aslan Maskhadov, ad arrendersi per essere processato. Nel corso di una conferenza stampa nella sede dell'agenzia Interfax a Mosca, Kadyrov ha assicurato che si impegnerà per la ricostruzione della Cecenia, in ginocchio dopo tanti anni di guerra civile.

 

Un incontro all’insegna della piena sintonia, sia nelle questioni bilaterali che internazionali. Russia e Germania guardano ad un futuro di forte cooperazione, a conclusione di due giorni di colloqui tra il presidente russo Putin ed il cancelliere tedesco Schröder. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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La Russia potrebbe vendere presto le proprie risorse energetiche in euro invece che in dollari: l’ha detto il presidente Putin a margine del summit di Ekaterinenburg con il cancelliere tedesco Schröder. Mosca e Berlino intensificano la loro cooperazione e prossimamente progettano di costruire insieme un gasdotto dalla Siberia fino in Germania. I rapporti bilaterali sono così buoni che il Cremlino acconsentirà al passaggio sul suo territorio di convogli militari tedeschi diretti in Afghanistan. Berlino aiuterà Mosca nello smantellamento dei sottomarini nucleari e nella costruzione della magistrale ferroviaria Europa occidentale-Asia meridionale. Infine, polemica a distanza fra Putin e la Commissione europea per la finora mancata adesione russa all’Organizzazione del Commercio mondiale.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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La Corea del Nord sarebbe pronta ad accettare un nuovo round di negoziati a sei, nel mese di dicembre, sulla crisi nucleare innescata da Pyonyang. Lo ha riferito la maggiore rete radiotelevisiva sudcoreana, Kbs, precisando che a fare queste dichiarazioni è stato un rappresentante nordcoreano all’Onu in un colloquio telefonico con giornalisti sudcoreani. Un primo round di negoziati tra Corea Nord, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud, Giappone e Russia si era tenuto a Pechino lo scorso agosto, ma senza risultati di rilievo.

 

Il primo ministro liberaldemocratico giapponese, Junichiro Koizumi, ha sciolto stamani la Camera bassa ed ha indetto elezioni generali anticipate per il 9 novembre. Il voto – il primo affrontato da Koizumi, al potere dall’aprile 2001 – sarà una sorta di referendum sul programma di riforme strutturali perseguito dal premier.

 

“La vendita del gas boliviano a Stati Uniti e Messico non è ancora stata decisa”. Il presidente della Bolivia, Gonzalo Sánchez de Lozada, cerca di porre un freno alle proteste contro il piano energetico del governo che, da giorni, stanno bloccando il Paese. Anche quella di ieri si è rivelata una giornata difficile: oltre ai coltivatori di coca, sono scesi in piazza i minatori. Sentiamo Maurizio Salvi:

 

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La tensione è schizzata alle stelle quando 800 minatori si sono messi in marcia per trasferirsi a La Paz, bloccando il traffico e provocando l’intervento della polizia, che ha ingaggiato scontri con i manifestanti. La paralisi è stata totale, e solo in serata una delegazione dell’Assemblea permanente dei diritti umani ha potuto raggiungere la località di Ventanilla, dove sono avvenuti gli incidenti più duri, per raccogliere i feriti. Di fronte a questo scenario preoccupante, sono sempre più insistenti le voci di misure straordinarie che il governo si appresterebbe a decretare: fra tutte, lo stato d’assedio. Secondo il vice presidente dell’Assemblea per i diritti umani, addirittura vi sarebbe il progetto di arrestare duemila oppositori. Preoccupata per gli avvenimenti, la Chiesa cattolica boliviana ha inviato una lettera al governo che ha come primo firmatario il vescovo di Potosí, mons. Walter Pérez Villamonte, in cui si chiede la riunione di un’assemblea costituente che possa porre fine alla grave crisi che il Paese attraversa.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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Arresto eccellente in Perù. È finito infatti in carcere Alberto Pandolfi, ex primo ministro durante i due mandati presidenziali di Alberto Fujimori, tra il 1990 ed il 2000. Latitante dallo scorso 12 settembre, l’ex premier si è consegnato spontaneamente alla giustizia: dovrà rispondere di peculato, malversazione di fondi, associazione a delinquere e falso ideologico, per aver apposto la sua firma sotto i decreti d’urgenza che stabilivano l’acquisto irregolare di alcuni aerei da guerra  dalla Bielorussia. Con lui sono indagati altri 16 ministri.

 

Nonostante l’avvio ormai prossimo del nuovo governo, guidato da Moses Blah ed accettato dai ribelli, l’Onu teme ancora per il futuro della Liberia. Motivo principale di preoccupazione, l’attività politica dell’ex presidente Taylor, che dal suo esilio in Nigeria continua a mantenere contatti con esponenti politici e del mondo economico. Il Consiglio di sicurezza ha così intimato all’ex capo di Stato di interrompere questi rapporti, “rispettando le condizioni del suo esilio e l’impegno preso di non interferire in attività politiche al di fuori della Nigeria”.

 

 

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