RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 281 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 8 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Presentato a
Roma il Rapporto annuale dell’Onu sullo stato demografico 2003.
CHIESA E SOCIETA’:
San Francesco d’Assisi,
un modello per i rapporti tra islam e cristianesimo.
Ruud Lubbers confermato per due anni alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
A Stoccolma, consegnato
il Nobel per la chimica 2003 a due scienziati americani.
Ancora
lontano l’accordo sulla nuova risoluzione per l’Iraq: gli Stati Uniti pensano
di ritirare il testo.
“Colpiremo
ovunque”: Israele non si piega alle critiche per il raid in Siria e minaccia
nuove rappresaglie.
Secondo
test nucleare in una settimana per il Pakistan, mentre l’Iran offre
collaborazione agli ispettori.
Spiragli
di pace in Burundi, dopo l’accordo tra governo e ribelli.
L’ex
attore Schwarzenegger nuovo governatore della California.
8 ottobre 2003
LA PREGHIERA DELLA SERA, ARGINE DI LUCE ALLE
INCURSIONI DEL MALIGNO.
COSI’
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN UN NUOVO CICLO DI CATECHESI
SULLA
LITURGIA DEI VESPRI. ANCORA UN GRAZIE ALLA MADONNA
PER LA VISITA DI IERI AL SANTUARIO DI POMPEI
- Servizio
di Alessandro De Carolis -
**********
Ancora
un grazie alla Madonna per la sosta davanti al Santuario di Pompei. E poi un
invito ad ogni singolo cristiano perché, nella notte della tentazione o della
debolezza, riscopra attraverso la preghiera la luce di Cristo che libera da
ogni “malvagità”. Sotto un sole incerto, scolorito da nubi di passaggio, che ha
permesso a circa 15 mila fedeli di radunarsi in Piazza San Pietro per l’udienza
generale, il Papa ha subito potuto comunicare questa mattina le impressioni
suscitate in lui dal pellegrinaggio mariano di ieri, dominato dalla recita del
Rosario e dalla supplica alla Vergine per la pace nel mondo:
“Ringrazio la Madonna che mi ha dato l’opportunità
di realizzare ieri la visita al Santuario di Pompei a Lei dedicato”.
I
conflitti e la violenza che rigano di sangue il pianeta, evocati ieri dal Papa
a Pompei, hanno trovato un’eco nella catechesi di questa mattina, che ha
introdotto ai temi dei Vespri - la preghiera serale della comunità cristiana -
dopo la conclusione del ciclo di riflessioni sulla liturgia delle Lodi
mattutine. L’insegnamento del Pontefice si è snodato lungo un percorso
fortemente simbolico. Dopo i richiami alla luce che intessono la preghiera
diurna, anche l’arrivo del buio suggerisce una disposizione particolare al
raccoglimento interiore. “Al cadere delle tenebre - ha detto il Papa - i
cristiani sanno che Dio illumina anche la notte oscura con lo splendore della
sua presenza e con la luce dei suoi insegnamenti”:
“Traendo
ispirazione dal simbolismo della luce, la preghiera dei Vespri si è sviluppata
come sacrificio vespertino di lode e di riconoscenza per il dono della luce
fisica e spirituale e per gli altri doni della creazione e della redenzione”.
La
sera, ha osservato ancora Giovanni Paolo II, è un “tempo propizio” per
“considerare davanti a Dio la giornata trascorsa”, per ringraziarlo dei doni
ricevuti o per ciò che di buono abbiamo fatto, per chiedere perdono
dell’eventuale male commesso. Ma c’è di più. La notte, ha affermato il Papa, è
avvertita come “occasione di frequenti tentazioni, di particolare debolezza, di
cedimento alle incursioni del Maligno”. La notte è anche simbolo “di tutte le
malvagità da cui Cristo è venuto a liberarci”. Davanti a ciò, ecco l’importanza
della preghiera che, ha detto Giovanni Paolo II, fa “fiorire la speranza” della
luce divina anche nell’uomo moderno, il quale ha in parte sottratto ai ritmi
del tempo cosmico le sue attività:
“Il
mattino e la sera costituiscono momenti sempre opportuni da dedicare alla
preghiera, sia comunitariamente che singolarmente. Le Ore delle Lodi e dei
Vespri si rivelano così mezzo efficace per orientare il nostro cammino
quotidiano e dirigerlo verso Cristo, 'luce del mondo'”.
Infine,
il nuovo appello a prendere in mano la corona del Rosario, preghiera con la
quale la Chiesa, ha concluso, “invoca in questo nostro tempo, l’intercessione
di Maria specialmente per le famiglie e la pace nel mondo”.
**********
L’ATTUALITÀ DELLA “PACEM IN TERRIS” DI GIOVANNI XXIII
NEL
SIMPOSIO DELL’ONU A NEW YORK PER I 40 ANNI DELLA STORICA ENCICLICA
-
Servizio di Paolo Mastrolilli -
**********
“Possa venire al più presto possibile il tempo in cui
l’Onu riuscirà effettivamente a salvaguardare i diritti della persona umana,
che derivano dalla sua dignità e perciò sono universali, inviolabili ed
inalienabili”. Sono parole di Papa Giovanni XXIII, tratte dall’enciclica Pacem
in Terris citate ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan, celebrando al Palazzo di Vetro il 40.mo anniversario del documento, a
cui ha partecipato anche il cardinale di New York, Edward Egan. Annan ha detto
di essere preoccupato per l’apparente crisi nel consenso mondiale riguardo alle
regole più basilari delle relazioni internazionali, ma proprio per questo ha
aggiunto che la Pacem in Terris resta una sfida attuale per adeguare la
struttura, i metodi e le operazioni dell’Onu all’ampiezza e la nobiltà del suo
compito.
L’arcivescovo Jean-Louis Tauran, intervenendo con un
messaggio letto dall’osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di
Vetro, Celestino Migliore, ha sottolineato l’appassionata difesa della pace
fatta da Giovanni XXIII, basata su una visione naturale della creazione.
L’enciclica infatti protegge i diritti della persona umana senza distinzioni di
fede o convinzioni. Tauran ha sottolineato quale sfida rappresentasse questo
approccio all’apice della guerra fredda e ha indicato i tre concetti chiave
dell’enciclica: nella persona, detentrice di diritti umani che discendono dalla
sua appartenenza all’ordine stabilito da Dio; nella legge, su cui si basa la
pubblica autorità volta al conseguimento del bene comune; e nella fede,
essenziale alla cultura della pace per i suoi insegnamenti di fratellanza
universale e solidarietà.
L’arcivescovo Renato Martino, presidente del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace, ha concluso la celebrazione con un richiamo
all’attualità. La corrente crisi dell’Onu, si è chiesto, provocata anche da
decisioni relative alla guerra in Iraq, contraddice la chiamata della Pacem
in Terris per un’autorità politica mondiale? La risposta è no. Non perché
al Palazzo di Vetro tocchi il compito di creare un governo planetario, ma
perché questa organizzazione è insieme: una destinazione, in quanto la comunità
internazionale esiste anche prima delle relazioni diplomatiche tra gli Stati; e
un punto di partenza, dato che può svolgere un ruolo pedagogico e pratico unico
nel sostegno di relazioni autentiche.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
GIOVANNI
PAOLO II IL PAPA DEL ROSARIO
-
Intervista di Giovanni Peduto al prelato di Pompei, l’arcivescovo Domenico
Sorrentino -
**********
Il
Santo Padre dal giorno della sua elezione a successore di Pietro ha posto il
suo ministero nelle mani della Madre di Gesù e nel suo stemma ha collocato la
‘M’ di Maria sotto la Croce di Cristo. Il Rosario, poi, è stata - lo ha detto
più volte - la sua preghiera prediletta. Lo scorso anno, il 16 ottobre, firmò
in Piazza San Pietro la sua Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” alla
presenza dell’effigie originale della Madonna di Pompei. Così volle indire un
anno del Rosario, che ieri ha coronato con il suo pellegrinaggio al Santuario,
dedicato appunto alla Madonna del Rosario, in Pompei. La parola all’arcivescovo
prelato, mons. Domenico Sorrentino:
R. – E’ con il cuore colmo di gioia e di gratitudine che
rendo questa testimonianza, dopo un evento storico come quello che abbiamo
vissuto in questa giornata memorabile. Il Santo Padre è venuto per la seconda
volta a Pompei. Non è venuto per far visita a questa comunità ecclesiale, ma
per parlare al mondo da Pompei, per mandare al mondo un messaggio di pace e lo
ha mandato con il Santo Rosario, la preghiera che in questo anno ci ha aiutato
a riscoprire. Una preghiera che abbiamo qui visto, a Pompei, nella sua forza di
preghiera evangelizzatrice. Ha sprigionato questa preghiera una forza capace di
toccare i cuori, di illuminare le menti, di dare entusiasmo all’impegno
apostolico. Il Rosario si è dimostrato quale il Papa lo ha illustrato nella sua
Lettera apostolica, una preghiera che ci porta al cuore della fede, ci porta a
Gesù attraverso Maria, ci porta alla contemplazione del suo volto, alla scuola
della Madre. E’, dunque, una preghiera che nutre la vita spirituale ed è
insieme adattissima alla nuova evangelizzazione. E’ veramente bello quello che
il Papa ha detto e fatto qui a Pompei, iniziando la sua visita dalle antiche e
celebri rovine della Pompei coperta dalle ceneri del Vesuvio. Una città che non
potè essere evangelizzata, non ne ebbe il tempo, e che oggi resta sotto lo
sguardo dei visitatori come una città certamente ricca di cultura, con le luci
e le ombre ovviamente della cultura non cristiana, della cultura pagana, ma
anche una città che manda dei messaggi, interpella, perché pone grandi
interrogativi sul senso della vita. Qui, a Pompei, questo sfondo aiuta ancor
meglio a comprendere il Rosario come preghiera evangelizzatrice, preghiera
attraverso cui il volto di Gesù viene presentato e diventa per l’uomo, per
l’uomo di ogni tempo, luce, diventa speranza, diventa compagnia. E’ stata una
giornata veramente bella che resterà nel cuore della Chiesa di Pompei, ma credo
resterà davvero memorabile nella Chiesa universale.
**********
UNA RIFLESSIONE SUL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II E IL RUOLO
DELLA DIPLOMAZIA VATICANA NELLA PROMOZIONE
DELLA PACE NEL MONDO
- Con noi, l’arcivescovo Jean-Louis Tauran -
L’arcivescovo Jean-Louis Tauran lascia la carica di
segretario per i Rapporti con gli Stati. A succedergli – come è noto – un
presule italiano, mons. Giovanni Lajolo, finora nunzio apostolico in Germania.
Questo avvicendamento all’interno della Curia Romana era atteso perché per
mons. Tauran, che riceverà la berretta cardinalizia nel corso del Concistoro
del prossimo 21 ottobre, la dignità cardinalizia non è compatibile con il suo
incarico alla guida della diplomazia vaticana. Romilda Ferrauto, dei servizi
informativi francesi della nostra emittente, gli ha chiesto innanzitutto come
abbia accolto la sua nomina a cardinale e quale significato questa rivesta per
lui e per la Chiesa tutta…
**********
R. – JE L’AI ACCUEILLI
EVIDEMMENT AVEC UNE GRANDE RECONNAISSANCE ...
L’ho accolta evidentemente con grande riconoscenza, perché
l’elevazione alla dignità cardinalizia è una forma di riconoscimento, da parte
del Santo Padre, dell’opera che ho cercato di svolgere in questi ultimi 13
anni, condividendo la sua preoccupazione per il mondo. Penso anche che sia un
riconoscimento per il lavoro perseverante e nascosto di tutti i miei
collaboratori nella sezione dei Rapporti con gli Stati: siamo infatti una
équipe unita, il cui impegno è quello di assecondare il Santo Padre nel suo
ministero in favore della pace nel mondo e della moralizzazione della vita
internazionale. Per me, poi, alla gioia si aggiunge un velo di tristezza nel
dover lasciare la segreteria di Stato, ma in definitiva è la vita: dopo 13
anni, non posso certo pretendere di avere un incarico ‘a vita’ … E’ giusto
lasciare il posto a qualcun altro: mons. Lajolo, attualmente nunzio apostolico
nella Repubblica federale di Germania, è stato nominato mio successore. Sono
contento che la scelta sia caduta su di lui, perché ha fatto parte del nostro
ufficio e pertanto conosce la nostra realtà. Credo che potrà essere un grande
segretario per i Rapporti con gli Stati.
D. – Mons.
Tauran, l’ha detto lei stesso poc’anzi: per 13 anni lei ha guidato quella che,
in termini impropri, si usa chiamare la ‘politica estera’ della Santa Sede, una
politica largamente apprezzata nel mondo. Può fare un bilancio e forse
accennare a qualche prospettiva?
R. – QUAND ON PARLE DE LA
DIPLOMATIE DU SAINT-SIEGE, IL FAUT ...
Quando si parla della diplomazia della Santa Sede, bisogna
sempre ricordare che il primo agente diplomatico della Santa Sede è il Papa: è
lui che conferisce alla diplomazia la forza ed il prestigio. Non cito che un
esempio: quando il Papa è salito al trono di San Pietro, nel 1978, la Santa
Sede intratteneva relazioni diplomatiche con 85 Paesi; oggi, 25 anni dopo, il
numero è salito a 174. Questi sono stati anni particolari: pensiamo alla caduta
del Muro di Berlino, alla prima Guerra del Golfo, ai conflitti africani, le
guerre nella ex-Jugoslavia, l’intervento militare di quest’anno ancora in Iraq,
il processo di pace in Medio Oriente, la trasformazione dell’Unione Europea …
tutti questi argomenti sono stati oggetto di riunioni di lavoro che ho avuto
una settimana via l’altra in questi ultimi 13 anni, ed ho potuto constatare la
preoccupazione che ha sempre guidato il Papa, di poter fare in modo che gli
uomini possano vivere insieme in virtù di convinzioni comuni, in virtù anche
del rispetto del diritto internazionale.
D. – Tra i
‘casi’ che trasmette al suo successore, quale lascia in lei la maggiore
preoccupazione?
R. – JE DIRAIS SANS HESITER,
LE MOYEN-ORIENT. …
Direi senz’altro, il Medio Oriente. Il Medio Oriente con,
innanzitutto, la crisi israelo-palestinese, perché questa è la madre di tutte
le crisi, e ovviamente la situazione in Iraq. Credo che questa regione del
mondo abbia bisogno di ritrovare il cammino della ragione e della fratellanza;
credo che la comunità internazionale abbia il dovere di aiutare le parti in
causa in questo compito.
D. – La Santa Sede auspica, credo, l’invio di una forza
d’interposizione?
R. – OUI, DEPUIS L’ANNEE 2000,
DEPUIS LA SECONDE INTIFADAH NOUS ...
Sì, già dal 2000, da quando è ripresa la Seconda Intifada,
noi abbiamo sempre sostenuto che, di fronte all’incapacità manifesta di
israeliani e palestinesi di considerarsi a vicenda, di parlarsi, di vivere
insieme, sarebbe necessario inviare sul posto una cosiddetta ‘forza amica’,
capace questa di dire agli uni e agli altri: ‘Rimanete a casa vostra per un
mese, senza colpirvi a vicenda; poi, ci metteremo intorno ad un tavolo per
negoziare’. Credo che qualcosa si debba tentare; altrimenti, sarà la
catastrofe.
D. – Anche il “dossier-Iraq” rimane aperto, ovviamente …
R. – OUI, LE DOSSIER IRAKIEN
RESTE OUVERT, EVIDEMMENT, PARCE QUE …
Sì, ovviamente il “dossier-Iraq” rimane aperto, perché l’Iraq
è un Paese membro delle Nazioni Unite, quindi un Paese sovrano che ha il
diritto alla considerazione della medesima dignità, della medesima sovranità,
della medesima libertà degli altri Stati-membri delle Nazioni Unite. Ecco
perché è necessario fare il possibile affinché il popolo iracheno sia messo
nella condizione di scegliere i propri dirigenti, il proprio sistema politico
in maniera che tutti e ciascuno si sentano parte integrante di un progetto di
società.
D. – Giovanni
Paolo II celebrerà tra qualche giorno il suo giubileo di pontificato: quale
bilancio può fare di questi 25 anni?
R. – JE PENSE QUE DURANT CES
ANNEES, LE PAPE EST DEVENU ‘LA’ REFERENCE …
Credo che in questi anni il Papa sia divenuto ‘il’
riferimento morale del mondo, a giudicare se non altro dalla lista di
personalità che vengono a fargli visita. Credo che il segreto del suo carisma,
della grandezza di questo pontificato sia, in definitiva, la fede del Santo
Padre. Nulla sarebbe più errato che immaginarselo seduto nel suo ufficio ad
elaborare, con l’aiuto di un atlante geografico e di voluminosi rapporti, una
‘strategia vaticana’. No. Le grandi decisioni di questo pontificato sono sempre
state pensate e prese in ginocchio, davanti al tabernacolo della sua cappella
privata, ed io ne sono stato testimone più d’una volta. Là si trova, a mio
avviso, la chiave per comprendere in termini corretti l’irradiazione di questo
pontificato fuori dal comune.
**********
=======ooo=======
Anno del Rosario: all'udienza
generale - si sottolinea nell'apertura della prima pagina - il grazie di
Giovanni Paolo II alla Madonna per il pellegrinaggio compiuto nel Santuario di
Pompei.
"Ringrazio la Madonna che
mi ha dato l'opportunità di realizzare ieri la visita al Santuario di Pompei a
Lei dedicato".
Sempre in prima si evidenzia
che il Papa ha avviato un ciclo di catechesi dedicato ai Vespri.
Un pensiero di Mario Pendinelli
sul tema "L'Europa o è cristiana o non è Europa".
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
L'omelia del cardinale
Salvatore De Giorgi durante la solenne concelebrazione eucaristica, il 4
ottobre, ad Assisi.
Nelle estere, Medio Oriente:
Israele proroga il blocco dei Territori autonomi.
Iraq: il Parlamento turco
approva l'invio di truppe.
Nella pagina culturale, un
approfondito articolo di Claudio Toscani che ricorda la tragedia del Vajont,
consumatasi il 9 ottobre 1963.
Una monografica sul tema:
"Scienza della comunicazione e rivoluzione mediatica": le Università
italiane in cerca di risposte qualificate per un settore che ha registrato una
rapidissima evoluzione.
Nelle pagine italiane, in primo piano il tema
dell'immigrazione.
=======ooo=======
8 ottobre 2003
“VOLTARE PAGINA: ARGINARE LE CALAMITA’ ATTRAVERSO LO SVILUPPO
SOSTENIBILE”:
QUESTO
IL TITOLO CHE ACCOMPAGNA L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE
PER LA
RIDUZIONE DEI DISASTRI, INDETTA DALLE NAZIONI UNITE.
“INTERVENIRE
- HA RIBADITO KOFI ANNAN IN UN MESSAGGIO - E’ IN NOSTRO POTERE”
“I rischi naturali sono parte della vita. Tuttavia, i
rischi diventano disastri soltanto quando vengono spazzati via la vita ed i
mezzi di sussistenza delle persone. La vulnerabilità delle comunità è in
crescita a causa delle attività umane, che portano all’incremento della
povertà, ad una maggiore densità urbana, al degrado ambientale e al cambiamento
climatico. Abbiamo il potere di fare qualcosa a riguardo”. Questo, in sintesi,
il messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in
occasione dell’odierna Giornata internazionale per la riduzione dei disastri.
Questa ricorrenza, stabilita dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1989 e
confermata nel 1999, offre alla comunità mondiale l’opportunità di focalizzare
la propria attenzione sulla drammaticità della situazione. Ogni anno, infatti,
alluvioni, siccità, valanghe e movimenti tellurici causano inevitabili ingenti
danni, umani e materiali. Proprio domani, ad esempio, ricorre il 40º
anniversario della tragedia del Vajont, nel bellunese, costata la vita a 1.900
persone. Sul senso di questa giornata internazionale, che quest’anno ha per
tema “Voltare pagina: arginare le calamità attraverso lo sviluppo sostenibile”,
Barbara Castelli ha raccolto il commento di Guido Bertolaso, responsabile del
Dipartimento nazionale di protezione civile italiano.
**********
R. – L’obiettivo di questa giornata è quello di riuscire a
valorizzare le risorse, soprattutto quella dell’acqua. Quest’ultima, infatti,
troppo spesso si trasforma in un grande problema, sia per quello che riguarda
le situazioni di siccità, che interessano parecchi Paesi in via di sviluppo;
sia per quello che riguarda le devastazioni che l’acqua provoca quando
alluvioni, uragani e avvenimenti del genere interessano le diverse aree del
mondo. Occorre, quindi, valorizzare questa risorsa, cercando di superare quelle
che possono essere le conseguenze di uno sviluppo non corretto e non coerente
con gli aspetti ambientali.
D. – Contemporaneamente al crescente numero di disastri
naturali, sta aumentando la vulnerabilità dei Paesi: nessuno completamene al
sicuro. Quando e come influisce in questo senso l’operato dell’uomo?
R. – Purtroppo, influisce molto. Senza dubbio, infatti,
l’uomo ha sviluppato le proprie attività senza tener conto delle conseguenze
sul territorio, soprattutto per quello che riguarda i fenomeni idro-geologici.
Pensiamo anche al problema dei vulcani, alle costruzioni che sono state
realizzate in diverse zone ad alto rischio senza pensare alle conseguenze.
Questo problema riguarda parecchi Paesi in via di sviluppo, basti pensare alle
tragedie che hanno interessato la Colombia o altre zone dell’Africa oppure le
Filippine, o, senza andare tanto lontano, a quello che potrebbe accadere a
Napoli con un’eventuale eruzione del Vesuvio. In campo sismico: i terremoti non
uccidono di per sé, uccidono, invece, le costruzioni che sono state realizzate
male, senza seguire le norme della realizzazione anti-sismica. Accade, quindi,
che in Giappone terremoti violentissimi e devastanti provocano poche vittime e
pochi danni, perché si è costruito tenendo conto di questi aspetti; in altri
Paesi, terremoti meno violenti provocano, invece, centinaia di vittime.
D. – Pensando al binomio povertà-disastri naturali, qual è
la strategia internazionale?
R. – Purtroppo, francamente, di una vera strategia
internazionale, concreta e fattiva, non vedo molti segni o molti esempi
positivi. Sicuramente, c’è un nesso direttissimo, nel senso che diventa una
sorta di circolo vizioso. La povertà impedisce la realizzazione di programmi di
previsione e di prevenzione nei confronti dei disastri; i disastri che accadono
- penso soprattutto alle zone del Bangladesh o ad altre zone ad altissimo
rischio alluvionale per uragani e quant’altro - prostrano ulteriormente le
condizioni di vita di queste persone, nonché le economie dei Paesi stessi.
**********
PRESENTATO A ROMA IL
RAPPORTO ANNUALE DELL’ONU
SULLO
STATO DEMOGRAFICO 2003
-
Servizio di Roberta Gisotti -
**********
Sono la
più grande generazioni di giovani mai esistita nella storia dell’umanità e su
questi giovani si è appuntata l’attenzione del Fondo delle Nazioni Unite per la
popolazione, presentando stamani a Roma il Rapporto annuale sullo stato
demografico 2003. L’agenzia dell’Onu li definisce la più grande sfida del XXI
sec.: un miliardo e duecento milioni di bambini, ragazzi e giovani tra i 10 e i
24 anni. Massima parte di loro vive, però, in condizioni di estremo disagio:
quasi il 60 per cento sopravvive infatti con meno di due dollari al giorno;
oltre 150 milioni sono analfabeti e tra questi in maggioranza sono femmine. Il
Rapporto dell’Onu fotografa una realtà di sofferenza diffusa per questi bambini
e ragazzi che si preparano all’età adulta con un carico così pesante di privazioni.
Si stima che tra i 100 e i 200 milioni vivano per la strada. E poi, il dato più
sconcertante: ogni 14 secondi uno di loro contrae il virus dell’Hiv. Da qui il
motto di questo Rapporto: “Investire nella salute e nei diritti degli
adolescenti”.
Il Fondo dell’Onu per la popolazione punta in particolare
su campagne di informazione per rendere i ragazzi responsabili e consapevoli
sui loro diritti, specialmente in tema di sanità e di educazione sessuale.
Questo impegno prioritario si giustifica – ha spiegato Giulia Vallesi,
assistente speciale del vice direttore del Fondo Onu per la popolazione, a New
York – a fronte del dilagare dell’Aids fra i giovani e delle violazioni dei
diritti della persona, che subiscono soprattutto le ragazze, costrette a rapporti
sessuali e matrimoni precoci, a maternità inconsapevoli e ad aborti a rischio,
tutto ciò senza la dovuta assistenza medica, ma anche psicologica.
Ancora qualche dato a sostegno di questa tesi, che non
mancherà di suscitare dibattiti e forse anche polemiche. Oltre 80 milioni di
ragazze arriverà al matrimonio tra i 10 e i 17 anni, mentre la gravidanza è la
prima causa di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni. E ancora, sarebbero
20 milioni gli aborti pericolosi ogni anno, causa di quasi 80 mila decessi fra
le ragazze della stessa età. Un’ultima annotazione sui giovani e l’Aids. Un
programma scolastico di prevenzione tra gli adolescenti, oltre a salvare loro
la vita si rivela un investimento economico: per ogni dollaro speso rientrano
100 dollari risparmiati nell’assistenza. Un dato rivolto a tutti i governi e
alla coscienza di ognuno di noi.
Dalla Stampa Estera a Roma, Roberta Gisotti.
**********
=======ooo=======
8 ottobre 2003
UN MILIARDO DI
PERSONE NEL MONDO VIVE NELLE BARACCOPOLI:
L’UN – HABITAT, L’ORGANISMO DELL’ONU CHE SI OCCUPA
DELLO SVILUPPO URBANO DEL MONDO,
HA PRESENTATO NEL SUO RAPPORTO ANNUALE, IL NUMERO
DEI POVERI
CHE VIVONO NELLE COSTRUZIONI DI FORTUNA E IN
CONDIZIONI DISUMANE
SVIZZERA. = Un miliardo di persone sulla terra vive
nelle favelas, nelle bidonvilles e nelle baraccopoli. L’Un – Habitat, l’agenzia
dell’Onu che si occupa dello sviluppo urbano del mondo, ha presentato nel suo
rapporto annuale la situazione drammatica in cui versa oltre un terzo della
popolazione mondiale. La proporzione peggiore tra quartieri vivibili e
bidonville si registra nell’Africa subsahariana dove il 72 per cento della
popolazione delle città vive nelle baraccopoli. In America Latina la
percentuale è del 32 per cento, poco meno in Africa del Nord con 28 per cento
mentre in Asia la proporzione si aggira intorno al 58 per cento. Proprio
quest’ultimo Continente ha il maggior numero assoluto di poveri concentrati
nelle favelas: il 60 per cento della popolazione delle baraccopoli mondiale.
Secondo l’Un – Habitat, gli abitanti delle bidonville potrebbero raddoppiare
nei prossimi 30 anni, se non verranno presi provvedimenti. L’organizzazione
dell’Onu fa appello ai governi perché mettano in atto ‘buone pratiche’: tra
queste il risanamento delle zone invase dalle favelas e non lo sgombero o
l’isolamento. La trasformazione in quartieri deve avvenire con la
partecipazione attiva degli abitanti affinché possano ‘mettere radici’ nel posto
e possano vedere nell’impegno delle amministrazioni locali uno stimolo per lo
sviluppo positivo della loro zona. (M.R.)
VERRÀ
INAUGURATO OGGI IL CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE ‘DON BOSCO’
A PRISTINA, IN KOSOVO E ACCOGLIERÀ, PER LA PRIMA
VOLTA NEL PAESE,
RAGAZZI E RAGAZZE, ANCHE DI NAZIONALITÀ SERBA
PRISTINA. = Si inaugura oggi, a Pristina, il centro
di formazione professionale “Qendra sociale educative Don Bosko”, progetto
pilota creato dal Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) la Ong dei
salesiani. Il centro è nato dalla richiesta delle istituzioni e dei tanti
kossovari che durante la guerra hanno trovato rifugio nelle tendopoli dei
centri “Don Bosko” di Tirana e Scutari. In una indagine curata dal Vis sulle
condizioni del Paese, sono emersi dati allarmanti circa la situazione
educativa: su 2 milioni e 300 mila abitanti (dato del 1996), più di un milione
sono privi di un titolo di studio. La scuola, per la prima volta in Kosovo, è
aperta ad entrambi i sessi ed è finalizzata allo sviluppo della formazione
professionale dei giovani disagiati. “Sono particolarmente felice di poter
inaugurare questa scuola che rappresenta un importante ponte verso
un’integrazione possibile tra le varie componenti della popolazione kossovara”,
ha dichiarato Antonio Raimondi, presidente della Ong salesiana.
All’inaugurazione saranno presenti, tra gli altri, il presidente del Kosovo,
Ibraim Rugosa ed il vescovo di Prizren, mons. Mark Sopi. (M.R.)
LA FIGURA DI SAN
FRANCESCO D’ASSISI È UN MODELLO
PER I RAPPORTI TRA ISLAM E CRISTIANESIMO:
AD AFFERMARLO È IL PROFESSOR SAYED HOSSEIN NASR, LEADER
MUSULMANO ED ESPERTO DI STORIA ISLAMICA,
DURANTE UNA LEZIONE TENUTA ALL’ONU DAL TITOLO
‘L’ISLAM E L’OCCIDENTE’
NEW YORK. = San Francesco d’Assisi è un modello per
i rapporti tra Islam e Cristianesimo: così il prof. Seyed Hossein Nasr, esperto
di storia islamica, ha parlato del Santo dei poveri durante una lezione tenuta
all’Onu dal titolo “L’Islam e l’occidente”. Il 4 ottobre scorso, in occasione
della festa di S. Francesco, il leader islamico di New York ha parlato della
visita che il Santo fece, nel 1220, al sultano di Egitto Malek el Kamel:
quell’episodio è un esempio per la comprensione tra le diverse religioni. In quell’occasione, infatti, il sultano
diede le chiavi della sua moschea a Francesco, poiché aveva capito che il Dio
che pregavano era lo stesso. Il prof. Nasr ha ricordato come, anche oggi, la
maggioranza dei cittadini in Medio Oriente e nei Paesi arabi invitino i
francescani a farsi promotori dei loro diritti, attraverso la Franciscans
International l’Organizzazione non governativa della congregazione. I
religiosi di San Francesco, convinti che la missione di pace passa anche
attraverso le nuove tecnologie, hanno deciso di rinnovare il sito internet
della loro Ong. (M.R.)
IL PONTIFICIO
COLLEGIO ETIOPICO COSTRUITO NEL 1930 DA PAPA PIO XI,
È STATO RIAPERTO IERI, DOPO LA RISTRUTTURAZIONE
DURATA UN ANNO
CITTÀ DEL VATICANO. = È stato riaperto, ieri, il
Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano. Alla cerimonia di apertura è
intervenuto il patriarca emerito di Antiochia dei Siri e prefetto della
Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinal Ignace Moussa Daoud. “È
grazie alla volontà e alla costante benevolenza del Santo Padre Giovanni Paolo
II – ha detto il cardinale - se questa Congregazione per le Chiese Orientali,
dopo oltre un anno, può riaccogliere in questo ambiente più confortevole e
familiare i sacerdoti studenti di quelle Chiese e se esse continueranno ad
avere questo luogo così importante per la formazione sacerdotale accanto alla
Basilica di San Pietro e sullo stesso colle Vaticano.” Il Collegio è la presenza più antica nella
Città del Vaticano, da quando, nel 1481, il Papa Sisto IV, concesse la chiesa e
l’ospizio di Santo Stefano degli Abissini a un gruppo di monaci. Nel 1919 Papa
Benedetto XV trasformò il vecchio ospizio degli Abissini in Pontificio collegio
etiopico e nel 1930 Pio XI rinnovò il nome e i diritti di questo attuale
collegio comprendente anche la chiesa di Santo Stefano degli Abissini.
Quest’anno, dopo 75 anni, il Collegio è stato rimesso a nuovo. La cerimonia è
stata aperta dal rettore uscente del Collegio, padre Tekle Mekonnen che ha poi
lasciato la parola al cardinal Moussa Daoud e al presidente della Conferenza
episcopale di Etiopia ed Eritrea, mons. Berhane Jesus Souraphiel. Il nuovo
rettore del Collegio è padre Abba Behane Keflemariam, della Congregazione della
missione mentre vice rettore è padre Hagos Hayish. (M.R.)
RUUD LUBBERS E’ STATO
CONFERMATO FINO AL 2005
ALTO COMMISSARIO DELLE
NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI
GINEVRA.
= L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha esteso, fino alla fine del 2005,
il termine del mandato di Ruud Lubbers, l’Alto Commissario dell’Onu per i
rifugiati (Unhcr). Lubbers ha espresso soddisfazione per il rinnovato sostegno
espresso dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, e dalla
comunità internazionale. “Il nostro obiettivo – ha dichiarato l’Alto
Commissario – è quello di migliorare le condizioni di vita dei rifugiati e
degli sfollati di tutto il mondo”. Per oltre venti anni, Ruud Lubbers, ha
ricoperto incarichi per il governo dei Paesi Bassi – di cui è stato primo
ministro per 12 anni – ed ha riservato una particolare attenzione allo sviluppo
di soluzioni innovative per i rifugiati. Tra queste, la promozione di una
maggiore assistenza internazionale per lo sviluppo dei Paesi poveri, che
ospitano la maggior parte dei rifugiati, e l’attivazione di adeguati programmi
formativi. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati dispone
attualmente di circa 6 mila operatori ed il budget totale richiesto per il 2004
dall’Agenzia è di circa 1 miliardo di dollari. (A.L.)
GLI SCIENZIATI PETER AGRE E RODERICK
MACKINNON SONO STATI PREMIATI CON IL NOBEL PER LA CHIMICA.
IL
RICONOSCIMENTO È STATO ATTRIBUITO PER IL LAVORO COMPIUTO DAI DUE STUDIOSI
NELLE LORO RICERCHE
SULLE MEMBRANE CELLULARI
- A cura di Vincenzo Lanza -
**********
STOCCOLMA. = Il premio Nobel per la chimica 2003 è
stato attribuito a due scienziati americani: il 54.enne Peter Agre, docente di
chimica biologica alla Johns Hopkins University di medicina, a Baltimora, ed il
47.enne Roderick MacKinnon, professore di neurobiologia molecolare e biofisica
presso la Rockefeller University di New York. Si divideranno il premio di 10 milioni
di corone svedesi, circa 1 milione e 340 mila euro, che riceveranno a Stoccolma
il 10 dicembre prossimo. L’Accademia svedese delle scienze nel motivare
l’attribuzione del premio Nobel in chimica 2003 ricorda che un solo individuo
umano è costituito da tante cellule quante sono le stelle che splendono in una
galassia, circa 100 mila milioni. Le varie cellule, ad esempio quelle dei
muscoli, dei reni, del sistema nervoso, agiscono insieme in un intricato
sistema. Ed è per aver fatto scoperte pionieristiche su come funzionano tali
canali, che consentono il flusso di acqua e di ioni attraverso le superfici
delle cellule, che gli svedesi accreditano a Peter Agre e a Roderick Mackinnon,
il merito di aver contribuito alla conoscenza chimica fondamentale sul funzionamento
delle cellule. Agre e Mackinnon, dicono gli accademici svedesi, hanno aperto i
nostri occhi ad una famiglia fantastica di macchine molecolari, canali, strade
e valvole, tutte utili e necessarie perché le cellule funzionino ed
interagiscano perfettamente. Le scoperte dei due scienziati americani sono di
estrema importanza per capire ed affrontare molte malattie, per esempio ai
reni, al cuore, nei muscoli e nel sistema nervoso.
**********
=======ooo=======
8 ottobre 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Prosegue senza
successo il tentativo degli Stati Uniti di allargare il sostegno alle
operazioni militari in Iraq. La nuova risoluzione in esame al Palazzo di vetro
continua ad incontrare resistenze, e c’è la concreta possibilità – rivelata
oggi dalla stampa americana – che Washington decida di ritirare il testo. Non
senza difficoltà è stata accolta anche l’offerta della Turchia di mandare
truppe: il Consiglio di governo provvisorio iracheno teme, infatti, che la
presenza dei militari di Ankara possa infiammare ulteriormente il nord del
Paese, abitato dai curdi.
Il cammino per
la pace in Medio Oriente non riesce a compiere passi concreti. Ai buoni propositi
manifestati ieri dal nuovo premier palestinese, Abu Ala, che aveva chiesto “almeno
un’occasione” per concordare una tregua, Israele ha risposto con voci discordanti:
possibilista l’ex primo ministro Peres, intransigente il Partito nazionale religioso,
di estrema destra. E mentre al confine con il Libano cresce la paura di nuovi
scontri, dal governo israeliano sono giunte nuove minacce:
**********
Il
primo ministro Sharon ha ribadito la determinazione di Israele di colpire i
suoi nemici in ogni luogo e con tutti i mezzi – nonostante l’ondata di proteste
internazionali per il raid aereo di domenica in Siria – anche se, ha detto, non
lascerà passare alcuna occasione per giungere ad un accordo con i vicini ed
alla tanto desiderata pace. Della vocazione di Israele alla guerra ha parlato
in un’intervista il presidente siriano Bashar Assad. Ha accusato lo Stato
ebraico di voler trascinare tutta la regione in un conflitto generalizzato. In
questo clima, il governo palestinese di emergenza, presieduto da Abu Ala, ha
prestato giuramento dinanzi ad Arafat. Degli otto membri ne sono stati assenti
due, tra cui il ministro degli Interni, Nasser Yussef, che vorrebbe conoscere
meglio le sue prerogative: il rais, pur considerandolo un suo uomo fidato, gli
ha messo accanto tre sottosegretari per controllare ognuno dei servizi di
sicurezza e ha lasciato sotto la sua diretta responsabilità i servizi di
informazione e la Forza 17.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
**********
Nuovo segnale di disponibilità dell’Iran a
risolvere diplomaticamente la crisi nucleare. Mentre nel Paese sono ancora in
corso le ispezioni dell’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica, il
presidente Khatami ha assicurato stamattina che il governo fornirà “tutta la
collaborazione possibile per dimostrare al mondo che il Paese non sta cercando
di costruire armi atomiche”.
Notizie meno rassicuranti giungono invece
dal Pakistan, che ha effettuato oggi – per la seconda volta in una settimana –
il lancio sperimentale di un missile a media gittata, capace di trasportare una
testata nucleare. L’operazione, ha affermato Islamabad, è dovuta ad esigenze di
difesa. Ma è un dato di fatto che i test pakistani giungano in un periodo in
cui nella comunità internazionale torna a crescere la paura di un possibile
riarmo. Sulle ragioni di questa corsa all’arma atomica, Giada Aquilino ha
intervistato il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici
all’Università di Trieste:
**********
R. – L’obiettivo della corsa all’armamento nucleare è
sostanzialmente quello di dissuadere un eventuale avversario dal tentare un
attacco. Certamente, questo è l’obiettivo dichiarato e ufficiale di Paesi come
il Pakistan e l’Iran, per non parlare della Corea del nord. Il grande problema
è che nessun organismo internazionale, nessuno Stato e nessuna organizzazione
di difesa e di sicurezza oggi sa esattamente quante siano le testate nucleari
ed i missili per portarle, disponibili al di fuori della Nato.
D. – Quando si potrà dire se queste minacce nucleari sono
davvero esistenti?
R. – Non è facile dotarsi di un armamento nucleare, e
ancora meno facile – per fortuna! – è dotarsi di sistemi per portarli sul campo
dell’avversario. Noi sappiamo dalla nostra intelligence occidentale che ci sono
almeno 12 Paesi – tra cui quelli che abbiamo elencato, ed altri – che stanno
cercando in tutti i modi di dotarsi di armamento nucleare. Questo significa che
la minaccia nucleare è oggi più vasta che in passato. Non dobbiamo però destare
allarme: la situazione è sotto controllo e comunque non è facile neanche per
un’organizzazione terroristica poter usare quell’ordigno.
**********
Dopo 10 anni di guerra e 300 mila morti,
nel Burundi si riapre il dialogo. A Pretoria, in Sudafrica, il governo di Bujumbura
e le Forze per la difesa della democrazia hanno firmato un accordo che
permetterà l’ingresso dei ribelli nell’esercito e nel nuovo esecutivo. Ai
negoziati, però, non ha preso parte un altro importante gruppo di guerriglieri hutu:
le Forze per la liberazione nazionale. E nella società civile rimane la
convinzione che sia ancora prematuro parlare di pace, come ci conferma un
missionario che, per motivi di sicurezza, preferisce mantenere l’anonimato:
**********
R. – Secondo me, quello firmato stanotte è solo uno dei
tanti accordi sottoscritti finora. La ragione è molto semplice: fino ad ora si
è sempre detto che gli hutu vogliono arrivare al potere, ma non si è mai
spiegato quanto questa etnia sia divisa al proprio interno. È difficile ora
fare previsioni sul processo di pace, perché con ogni probabilità anche il
secondo gruppo di ribelli, le Forze per la liberazione nazionale, dovrà trovare
con il governo una propria intesa per partecipare all’esecutivo e per essere
presente nell’esercito. Questo significa che tutto verrà messo nuovamente in
discussione e così sarà sempre, fino a quando non si arriverà alla pace. Ciò
che le parti in causa devono comprendere è che la pace non significa prendersi
“un pezzo di potere”, ma piuttosto iniziare una condivisione a livello politico
ed economico in questo Paese che, ormai, da tantissimi anni è in guerra.
**********
Arnold
Schwarzenegger è il nuovo governatore della California. Nel referendum di ieri,
il popolare attore – repubblicano – ha scalzato il democratico Gray Davis;
entrerà in carica a metà novembre. Colpito da una profonda crisi economica, lo
Stato più popoloso e più stabile degli Stati Uniti ha dunque votato contro un governatore
che aveva scelto solo 15 mesi fa, eleggendo un attore mai approdato
precedentemente alla politica. La nota, da Washington, di Empedocle Maffia:
**********
Schwarzenegger ha chiesto il
voto sulla propria estraneità alla politica, ma anche sulla propria capacità di
riprodurre in politica il successo che ha saputo conseguire come attore. Su
questo messaggio semplice ed anti politico ha vinto in uno Stato come la
California. E questo è segno che questa America sta coltivando un senso di
impazienza democratica che la spinge a far pagare, persino a chi è eletto da
pochi mesi, il peso di una condizione che sente negativa. È l’affermazione
della politica-spettacolo, del leader al quale non si chiedono idee, ma solo
immagini rassicuranti di promesse facili. In soli 77 giorni di campagna
elettorale, un attore di film violenti ha sconfitto un’intera classe dirigente
consolidatasi negli anni. Un messaggio più chiaro la California non poteva mandare
sulla pericolosa instabilità del sentire politico dell’America. Tanto più
preoccupante, quanto più gravi sono i problemi interni ed internazionali con i
quali questo Paese si sta confrontando.
**********
Cresce la
preoccupazione della comunità internazionale per le violazioni dei diritti
umani in Zimbabwe. È di stamani la notizia dell’arresto di una quarantina di sindacalisti,
che si erano radunati nel centro di Harare per protestare contro il
caro-prezzi, l’aumento delle imposte e l’inefficienza dei trasporti pubblici.
La polizia li ha arrestati perché la manifestazione non era stata autorizzata
dal presidente Mugabe.
=======ooo=======