RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 280 - Testo della
Trasmissione di martedì 7 ottobre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Nominato dal Papa il nuovo
segretario per i Rapporti con gli Stati
Un Simposio nella sede dell’Onu a New York per i 40
anni della Pacem in Terris.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il dramma dell’Aids, al Simposio
delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar, riunito a Dakar
CHIESA E SOCIETA’:
Assegnato alle Missionarie della
Carità il Premio internazionale per la solidarietà ‘Navarra’
Assegnato a Stoccolma il Premio Nobel per la Fisica.
Israele “colpirà i propri nemici ovunque si
trovino”. E’ la posizione del premier Sharon dopo il raid israeliano in Siria.
A Ramallah intanto ha giurato il governo di Abu Ala
Iraq: esplosione al ministero degli Esteri di
Baghdad. Violenze anche a Kirkuk
Tornano gli scontri in Ituri, nella Repubblica
Democratica del Congo.
7ottobre 2003
ANNUNCIARE
CRISTO A UNA SOCIETA’ CHE NE SMARRISCE LA MEMORIA.
IL
PAPA LEVA LA SUA SUPPLICA DI PACE PER IL MONDO
DAL
SANTUARIO DELLA MADONNA DI POMPEI,
NEL
PELLEGRINAGGIO CHE HA CORONATO L’ANNO DEL ROSARIO
- A
cura di Alessandro De Carolis e Fabio Colagrande -
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Le rovine di Pompei come monito: il destino dell’uomo è
incerto, la certezza sta nel Vangelo che “salva”. Il Rosario è un efficace
“compendio del Vangelo”, per annunciare Cristo ad una società che “si va
allontanando dai valori cristiani”. Ma il Rosario è anche una preghiera sempre
“attuale” per diffondere il messaggio della pace, in particolare all’inizio di un millennio “già sferzato da venti
di guerra”.
Sotto la mole del Vesuvio - che 1924 anni fa distrusse una
piccola località campana, fissando drammaticamente nel tempo i dettagli di
quella tragedia e restituendoceli come uno straordinario documento storico a
cielo aperto - Giovanni Paolo II ha suggellato davanti al Santuario della
Madonna del Rosario l’anno speciale dedicato alla preghiera mariana. Lo ha
fatto ringraziando la Madonna, ma anche più volte le decine di migliaia di
presenti, per aver potuto coronare il suo desiderio di tornare a Pompei, nel
suo 143.mo viaggio in Italia, l’unico del 2003. I fedeli hanno salutato il Papa
con l’identico calore che contraddistinse l’arrivo in questo luogo del giovane
Giovanni Paolo II, nel 1979. Una visita concentrata nei tempi – con partenza in
elicottero alle 9.15 di stamattina dall’eliporto vaticano e l’arrivo a Pompei
un’ora più tardi – ma segnata dalla più ampia gioia di un ritorno, ben visibile
sul volto del Pontefice. E allora, riviviamo questa importante mattina del Papa
nella cronaca del nostro inviato a Pompei, Fabio Colagrande:
“Nell’ottobre del ’79, quando la sua missione di vicario
di Cristo era iniziata da appena 12 mesi, il Papa disse che era arrivato nella
cittadina vesuviana quasi per sciogliere un voto segreto di pietà, gratitudine
e amore. Oggi la sua presenza nel centro della spiritualità del Rosario, a
pochi giorni dal 25.mo del Pontificato, conferma l’intonazione pompeiana del
rilancio della preghiera mariana per eccellenza, centrale nel progetto
pastorale di Giovanni Paolo II. Ma è stata anche occasione per ringraziare il
Signore per i frutti di questo anno che, come ha sottolineato oggi il Papa, ha
prodotto un significativo risveglio del Rosario, pre-ghiera attualissima di
fronte alle sfide del terzo millennio ed all’urgente impegno della nuova
evangelizzazione.
Oltre 40 mila i fedeli, provenienti soprattutto dalla
Campania, ma anche dal resto d’Italia, dagli Stati Uniti, dalla Polonia e dalla
Francia, erano riuniti in preghiera da ore in Piazza Bartolo Longo, quando poco
dopo le 11.45 Giovanni Paolo II è salito sul palco allestito davanti alla
Basilica della Beata Vergine del Rosario. Un lungo, affettuoso applauso
liberatorio ha salutato la figura del Papa. Le preoccupazioni per il suo stato
di salute avevano infatti fatto temere a molti il rinvio di questa visita
annunciata nel marzo del 2003. Ad accoglierlo, come ha sottolineato nel suo
saluto, l’arcivescovo Domenico Sorrentino, prelato di Pompei, c’era il sorriso
della Vergine Santa ed un popolo che vuole veramente bene al Pontefice. Ma
anche una ventina di detenuti arrivati dal carcere napoletano di Poggio Reale e
una delegazione di disoccupati del capoluogo campano, una presenza che conferma
la vocazione solidale della Pompei di Bartolo Longo.
L’elicottero con il quale il Papa è giunto a Pompei era
atterrato poco dopo le 10.00 nella palestra grande degli scavi archeologici. Da
qui Giovanni Paolo II si è spostato in auto fino al Santuario, compiendo un
tragitto dalle rovine dell’antica città romana, al cuore cristiano della nuova
Pompei, carico di significato per l’attualità, come ha sottolineato nel suo
discorso.
‘Oggi, come ai tempi dell’antica Pompei, è necessario
annunciare Cristo ad una società che si va allontanando dai valori cristiani e
ne smarrisce persino la memoria’.
Sullo sfondo dell’antica Pompei – ha continuato il Papa –
la proposta del Rosario acquista il valore simbolico di un rinnovato slancio
dell’annuncio cristiano nel nostro tempo. Un annuncio che nel magistero di
Giovanni Paolo II si concretizza soprattutto nell’invito alla fratellanza
universale. Per questo il Papa ha voluto che all’inizio del nuovo millennio
questo nuovo pellegrinaggio a Pompei avesse il senso di una supplica per la
pace. L’odierna recita dei Misteri della luce introdotti nella formula classica
del Rosario proprio da Giovanni Paolo II è stata dedicata infatti ai cinque
continenti, mentre rappresentanti di Europa, Asia, Africa, America e Oceania
sono saliti sul palco ad accendere altrettanti ceri all’icona della Vergine.
Abbiamo meditato questi misteri – ha ricordato il Papa – quasi per proiettare
la luce di Cristo sui conflitti, le tensioni e i drammi dei cinque continenti,
sottolineando poi l’intuizione profetica di Bartolo Longo, che legò la facciata
del tempio mariano proprio alla pace universale.
‘E’
un’intuizione di cui possiamo cogliere l’attualità, all’inizio di questo
Millennio, già sferzato da venti di guerra e rigato di sangue in tante regioni
del mondo’.
Il Papa ha chiuso la sua
riflessione rivolgendosi alla società civile e alla comunità ecclesiale,
entrambe abbondantemente rappresentate in piazza, invitando tutti ad essere
operatori di pace sulle orme del Beato Bartolo Longo, che seppe unire – ha
detto Giovanni Paolo II – la preghiera all’azione, facendo di questa città
mariana una cittadella della carità. Le
parole conclusive del Papa confermano la gioiosa partecipazione dell’Assemblea
a questa giornata di preghiera. ‘Grazie a tutti i pellegrini per questa
calorosa e bellissima accoglienza’, ha detto Giovanni Paolo II prima di
ripartire alla volta della Città del Vaticano. ‘Pregate per me in questo
Santuario oggi e sempre’.
Dal Santuario di Pompei, Fabio Colagrande, Radio
Vaticana”.
Il celebre Santuario di Pompei, che ricorda a tutto il
mondo dei credenti la figura dell’ “Apostolo del Rosario”, il Beato Bartolo
Longo, è un centro di spiritualità che ha visto generazioni di fedeli
raccogliersi in preghiera e levare incessanti suppliche alla Madonna. Un centro
di irradiazione mariana che ha segnato il cammino di fede di moltissime
persone, a partire dalle gente della Campania, come ricorda il sindaco di
Napoli, Rosa Russo Iervolino:
R. - Noi siamo legatissimi alla Vergine di Pompei e al
Santuario, presso il quale da generazioni le nostre famiglie sono venute nei
momenti difficili, per le singole famiglie e per la comunità - penso ai momenti
della guerra. La devozione del Rosario è ancora viva nelle nostre famiglie. Il
fatto che ci sia qui il Santo Padre a rendere omaggio alla Madonna e a portare
ancora una volta con il suo coraggio un messaggio di speranza e di pace, di
impegno cristiano, per ognuno di noi è un fatto di enorme importanza.
“L’invito al Rosario che si leva da Pompei (…) evoca anche
l’impegno dei cristiani, in collaborazione con tutti gli uomini di buona
volontà, ad essere costruttori e testimoni di pace”. Così il Papa ha voluto
oggi ricordare lo stretto vincolo che lega la preghiera mariana per eccellenza
al valore della pace, così attesa in quelle regioni rigate di sangue, evocate
da Giovanni Paolo II. La pace, dunque,
frutto della preghiera che può illuminare nuovi percorsi di riconciliazione tra
i popoli, come afferma il vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio
Consiglio Giustizia e pace:
R. – La pace, lo dice spesso il Papa, è prima di tutto e
soprattutto un dono di Dio. Lui per primo ci dà l’esempio del fatto che la pace
la si ottiene prima di tutto e soprattutto con la preghiera. Nella preghiera
bisogna anche essere capaci di coltivare – ed essa ben lo consente - quelle
determinazioni lungimiranti di carattere economico, di carattere politico, che
possono risolvere i vari conflitti presenti oggi nel mondo, soprattutto
nell’area mediorientale. Ma non solo. Mi pare vi sia soprattutto al giorno
d’oggi un’esigenza di fondo che è quella di dare credibilità agli organismi
internazionali, alle relazioni internazionali, a quel diritto internazionale
che viene così spesso ripreso e proposto nel magistero del Santo Padre. Volevo
ricordare che proprio oggi, in coincidenza con il pellegrinaggio del Papa, il
Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace celebra al Palazzo di Vetro
di New York il 40.mo anniversario della Pacem in Terris. Mi sembra che
questo collegamento tra il Palazzo di Vetro di New York e il Santuario di
Pompei sulla tema della pace – qui la preghiera, là la riflessione – sia molto
interessante.
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L’elicottero che ha riportato a Roma Giovanni Paolo II è
atterrato all’eliporto vaticano alle 14.15, con circa un’ora di ritardo sul
programma prestabilito.
NOMINATO DAL PAPA IL NUOVO
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI
Il Papa
ha nominato segretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati della
Segreteria di Stato l’arcivescovo italiano Giovanni Lajolo, finora nunzio
apostolico in Germania.
Mons. Lajolo subentra nell’incarico all’arcivescovo
francese Jean-Louis Tauran, che nel prossimo Concistoro del 21 ottobre riceverà
dal Santo Padre la berretta cardinalizia.
Nato a Novara il 3 gennaio 1935, laureato in Diritto
Canonico, mons. Lajolo è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel
1970, prestando la propria opera presso la rappresentanza pontificia in Germania e in seguito presso il Consiglio
per gli Affari Pubblici della Chiesa. E’ stato segretario dell’Apsa,
l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e, dalla fine del 1995,
nunzio apostolico nella Repubblica Federale di Germania.
Il Papa
ha nominato vescovo di Toledo, negli Stati Uniti d’America, il presule mons.
Leonard Paul Blair, finora ausiliare di Detroit.
In Brasile, il Pontefice ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jericò, presentata
dal vescovo mons. Augusto Aristizàbal Ospina, per raggiunti limiti di età. Il
Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Jericò il presule mons. José Roberto
Lòpez Londoño, finora vescovo di Armenia.
25
ANNI DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II
IL
PAPA DELLA FAMIGLIA E DELLA VITA: CON NOI IL CARDINALE ALFONSO LOPEZ TRUJILLO,
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Il Vangelo della Famiglia e
della vita, ha avuto in Giovanni Paolo II, uno straordinario protagonista, un
evangelizzatore entusiasta, un diffusore vigoroso, un ispiratore che come
maestro della fede e zelante pastore, ha impresso un sigillo in certo modo
originale. L’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio apre, come frutto
del Sinodo sulla famiglia, con rinnovato impegno la centralità della famiglia e
nuovi orizzonti. E questo all’interno della Chiesa e a riguardo dell’intera
società ed umanità, per così dire “ad extra”. All’interno della Chiesa è
abbondante e ricchissimo il suo insegnamento. E’ riconosciuta la densità del
trittico: l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, la Lettera
alle famiglie, Gratissimam Sane, e l’Enciclica Evangelium Vitae.
Questo senza accennare adesso a tanti altri scritti. Ma diamo la parola al
cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la
famiglia…
“Mai fu focalizzato questo tema come prioritario e
decisivo nella Chiesa e nella famiglia umana in modo così forte. In tutte le
visite pastorali, nei messaggi ai vescovi, ai movimenti, ecc., non è mancata la
sua parola, che è quella di Cristo, così illuminante e incoraggiante, come
esigenza delle molte sfide e delle speranze”.
Il Santo Padre ha creato il
Pontificio Consiglio per la famiglia e il Pontificio Istituto di Studi su
matrimonio e famiglia che porta il suo nome. Nel mondo, in tutte le Conferenze
episcopali sono state costituite le commissioni episcopali corrispondenti e
anche nelle diocesi c’è un consapevole impegno di formazione, di preparazione
degli Agenti di pastorale. Dà forza alle parrocchie il notevole apporto dei
movimenti, numerosi con il carisma della famiglia e della vita: sono frutto
maturo della sua testimonianza e del suo insegnamento...
“Il Papa ha preso con lucidità e coraggio lo spessore
sociale della famiglia e della vita come un bene prezioso ed insostituibile per
la società e l’umanità. Ribadita l’identità della famiglia, la sua missione
integrale, ha proclamato davanti al mondo il bene senza il quale non è sano il
tessuto sociale. La famiglia è l’unica istituzione capace di formare
integralmente i figli, di garantire la dignità della persona umana, i suoi
diritti fondamentali. Il Papa ha difeso questi diritti nei Fori Internazionali,
nel dialogo con i politici e i legislatori”.
Il mondo sa che nel Santo
Padre ha il più autorevole difensore dei popoli poveri, delle loro famiglie,
contro le nuove ideologie prepotenti, che mettono a rischio la sovranità della
famiglia. Noi, nel Pontificio Consiglio per la Famiglia, abbiamo nel Santo Padre
un ispiratore, che ci stimola, e cerchiamo di tradurre nella realtà questa
dimensione sociale nel lavoro con i dirigenti delle società. Sappiamo come, non
senza difficoltà e tribolazioni, il Vangelo della Famiglia e della Vita sarà
vincente perché il Papa ci ha insegnato che la verità della famiglia gode delle
energie e grazie del Signore Risorto.
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SIMPOSIO, OGGI A NEW YORK, NEL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU,
A 40 ANNI DALLA PACEM IN TERRIS. NELL’OCCASIONE
LA CONSEGNA DEL PREMIO SERVITOR PACIS
- A cura di Roberta Gisotti -
“Pace sulla terra”: per celebrare i 40
anni dell’Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris si tiene oggi a New York un Simposio,
promosso dalla Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, insieme al
Pontifico Consiglio per la Giustizia e la Pace e all’Associazione “Path to
peace”. Ad aprire l’incontro, ospitato nel Palazzo di Vetro dell’Onu, sarà l'arcivescovo
Celestino Migliore, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York,
il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan e il presidente della 58ª sessione
dell'Assemblea Generale, Julian Hunte; prenderà quindi la parola il cardinale
Edward Michael Egan, arcivescovo di New York, cui è affidata la relazione
principale. Seguirà una Tavola rotonda, presieduta dall’arcivescovo Renato
Raffaele Martino, a capo del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cui
parteciperanno British Robinson, direttrice dell'Ufficio dei ministeri sociali
e internazionali della Conferenza dei Gesuiti degli Stati Uniti, e Maria Nigro-Parker,
dell'Unione mondiale delle Organizzazioni femminili cattoliche (Umofc/Wucwo).
Al termine del Simposio vi sarà la
consegna del Premio "Servitor pacis", attribuito annualmente dalla
Fondazione "Path to peace" a persone che si sono distinte nella carità
e nell'aiuto ai più bisognosi. Il riconoscimento è stato quest'anno
assegnato alla memoria del dottor Carlo
Urbani, ucciso il 17 marzo 2003 dal virus della Sars, che per primo era
riuscito ad isolare, e alle Missionarie delle Carità di Madre Teresa, per il
lavoro che svolgono tra i bambini di Baghdad.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Giovanni Paolo II pellegrino a
Pompei - Anno del Rosario”: cosi viene introdotta la prima pagina in cui spicca
il titolo centrale “Proiettare la luce di Cristo sui conflitti, le tensioni e i
drammi dei cinque Continenti”.
Nelle vaticane, il resoconto dettagliato della
visita del Santo Padre a Pompei.
Un articolo di Claudio
Giuliodori sul pellegrinaggio della Segreteria della Cei in Terra Santa.
Nelle estere, i Vescovi
europei: la Costituzione dell’Ue faccia riferimento alle radici cristiane del
Continente.
Medio Oriente: tensione e scontri
nel Libano del Sud dopo l’attacco israeliano in Siria.
Nella pagina culturale, un
articolo di Biagio Buonomo sull’opera “La Chiesa nella storia. Duemila anni di
cristianesimo”.
Nell’“Osservatore libri”, un
approfondito contributo di Roberto Morozzo Della Rocca sul libro di Andrea
Riccardi “Governo carismatico. 25 anni di Pontificato”.
Nelle pagine italiane, in rilievo
i temi delle pensioni e della finanziaria.
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7 ottobre 2003
LA
XIII ASSEMBLEA PLENARIA DEL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
DI
AFRICA E MADAGASCAR, DAL TITOLO: “PASTORE DELLA CHIESA,
FAMIGLIA DI DIO, IN AFRICA, AL TEMPO
DELL’AIDS”,
HA
DEDICATO LE GIORNATE DI IERI E OGGI ALLA SFIDA POSTA DALLA MALATTIA
- Servizio
di padre Joseph Ballong -
Nella
XIII Assemblea pleanaria del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e
Madagascar (Secam), la giornata di ieri è stata dedicata alla presa di coscienza
dell’influsso negativo esercitato dalla malattia sullo sviluppo della società e
della Chiesa nel continente. I lavori sono iniziati con un’attualizzazione dei
dati sull’Aids nel mondo in generale, e in Africa in particolare. Secondo la
signora Marika Fahlen, direttrice del Programma delle Nazioni Unite per la
lotta all’Aids, sono 6.500 le persone che ogni giorno muoiono a causa
dell’epidemia in Africa, mentre sono 1.500 i decessi nel resto del mondo; 9.500
i casi di infezione denunciati ogni giorno in Africa, mentre sono 14.000 i casi
denunciati nel mondo. Per far fronte a questa drammatica situazione, che con i
suoi 11 milioni di orfani ferisce il continente africano più gravemente di
quanto non abbiano potuto fare schiavitù e colonialismo, come ha sottolineato
suor Raffaella Handler, medico e direttrice dei servizi sanitari della Chiesa
cattolica in Namibia, sono necessarie azioni concertate contro la malattia.
Sui
lavori dell’assemblea ce riferisce da Dakar padre Joseph Ballong, responsabile
del programma Francese Africa della nostra emittente:
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E’ stata sottolineata la necessità dell’impegno di tutti i
protagonisti di ciascun Paese – politici, operatori sanitari e soprattutto le
forze religiosi – nell’educazione alla prevenzione, la facilitazione
dell’accesso alle cure, la vicinanza umana e spirituale al malato. E’ stato
questo tipo di impegno a permettere a due Paesi africani – il Senegal e
l’Uganda – di far diminuire il tasso dei sieropositivo negli ultimi dieci anni:
l’Uganda dal 15 al 5 per cento, il Senegal dal 4 all’1 per cento.
Nel pomeriggio di ieri c’è stata una testimonianza
commovente di Ismael, malato di Aids: 43 anni, infermiere militare, ha
contratto l’infezione nell’ospedale nel quale lavorava. Sposato e padre di tre
bambini, di cui uno solo è sieronegativo, egli ha raccontato la sua lotta non
solo per accettare egli stesso la malattia, ma anche per farsi accettare dalla
famiglia e dal suo ambiente. Oggi vive una vita normale senza discriminazione
da parte degli altri.
Questa mattina, i lavori sono iniziati sul tema: “Parola
ed azione della Chiesa di fronte alla sfida dell’Aids”. Già ieri, un vescovo
aveva fatto un breve intervento sulle vocazioni sacerdotali e religiose di
fronte all’Aids.
Domenica prossima, alla fine dei lavori, è atteso un
messaggio dei vescovi africani sulla sfida dell’Aids.
Da Dakar, in Senegal, padre Joseph Ballong.
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IN AFGHANISTAN, CAOS E CRISI DUE ANNI DOPO L’INIZIO
DELLA GUERRA
GUIDATA DAGLI STATI UNITI CONTRO IL TERRORISMO
- Intervista con Alberto Negri -
Due
anni fa l’inizio della lotta internazionale al terrorismo con l’attacco americano
a Kabul. Obiettivo: smantellare Al Qaida e arrestare il suo capo Osama Bin Laden,
ritenuto l’artefice degli attentati dell’11 settembre. Era il 7 ottobre del
2001, infatti, quando le prime bombe americane cadevano sulla capitale afghana.
Ma oggi la resistenza talebana si è riorganizzata e controlla ormai la frontiera
con il Pakistan. Bin Laden ed il suo vice, il mullah Omar, sono ancora latitanti.
La comunità internazionale si mobilita per rafforzare il mandato della Nato in
Afghanistan, a cui si affiancherà una missione ad alto livello del Consiglio di
Sicurezza dell’Onu. Sulla situazione nel Paese sentiamo Alberto Negri, inviato
speciale in Afghanistan del Sole 24 Ore, al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. - Due
anni dopo la vittoria americana sembra lontana, quasi lontanissima. A fine
agosto la resistenza dei talebani infatti è riuscita a mettere insieme alcune
decine di migliaia di uomini per attaccare le forze afgane e americane. I talebani
sono riusciti in qualche modo a consolidare, nonostante la sconfitta durissima,
una loro presenza soprattutto ai confini tra l’Afghanistan ed il Pakistan. E’
proprio questa la zona più difficile da controllare per gli americani.
D. –
Che cos’è che non ha funzionato nel piano americano?
R. – Il
ritorno sulla scena dei talebani, gli errori della guerra americana contro il
terrorismo, possono essere attribuiti ad alcuni fattori tra questi la
solidarietà tra pashtun al di là ed al
di qua della frontiera tra Pakistan ed Afghanistan, la capacità dell’estremismo
islamico non soltanto di continuare a fare proseliti ma anche di vincere per esempio le elezioni e l’instabilità
politica del Pakistan stesso dove Musharraf fa molte difficoltà a controllare
la situazione. E questo ha portato a due conseguenze fondamentali: la capacità
dei talebani di continuare la guerriglia contro l’attuale governo e contro gli
Stati Uniti e la continuazione del contrabbando del traffico di droga per la
frontiera del Pakistan e quella dell’Afghanistan.
D. –
Accennavi al problema dell’instabilità politica della regione. Il governo
Karzai era nato debole e debole è rimasto?
R. –
Direi proprio di si, Hamid Garzai, presidente, la sua figura era quella soprattutto
di un uomo d’affari capace di coagulare alcune forze della controguerriglia
contro i talebani e di aggregare alcune solidarietà tribali, ma al di là di
questo non è certamente in grado di controllare il paese. Tant’è vero che se
dovessimo guardare oggi la mappa politica dell’Afghanistan non assomiglierebbe
certamente a quella del tempo dei talebani ma dovremmo andare ancora più
indietro quando erano “signori della guerra” a dividersi il controllo del territorio.
Karzai ha grandi difficoltà in realtà ad estendere il suo potere al di là della
stessa capitale Kabul.
D. –
Quella americana era nata come una campagna militare a termine, invece due anni
dopo gli americani sono ancora lì, in Afghanistan, fino a quando ci resteranno?
R. –
Questa è una domanda difficile, quasi quanto quella della presenza americana in
Irak, perché in realtà, gli americani dall’Afghanistan, in questo momento non
se ne possono andare. Il ritiro degli americani dall’Afghanistan indicherebbe
un segnale di sfiducia nei confronti del governo Karzai e probabilmente ne provocherebbe
se non la caduta delle gravissime difficoltà ed anzi deve aumentare l’impegno
economico e finanziario non soltanto per il mantenimento delle truppe, ma per
cominciare una ricostruzione del paese molto difficile e che deve essere ancora
tutta da fare.
D. – Ed
in tutto questo i due obiettivi principali non sono ancora stati trovati:
Mullah Omar ed Osama Bin Laden.
R. –
Mullah Omar ed Osama Bin Laden ormai sono entrati di diritto nella galleria dei
grandi latitanti e chissà per quanto ci resteranno ancora. Del Mullah Omar
abbiamo qualche notizia in più, cioè siamo quasi sicuri che sia vivo, di Osama
Bin Laden abbiamo quelle testimonianze che ogni tanto ci arrivano attraverso i
media arabi. Probabilmente uno dei rifugi, come si è sempre detto sin
dall’inizio, più sicuri per Osama Bin Laden è sempre stato il Pakistan, dove
gode di molti appoggi, per esempio nella North-West Frontier l’esercito
pakistano ha provato a dare la caccia agli uomini di Al Qaeda, ma ha avuto
scarso successo proprio perché questa regione attualmente è in mano a una
coalizione di gruppi religiosi che erano in precedenza alleati dei Talebani e
che manifestano ancora sostegno al vecchio regime caduto.
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“OMAGGIO A MADRE TERESA DI CALCUTTA”:
E’ IL
TITOLO CHE ACCOMPAGNERA’ LO SPETTACOLO-EVENTO ORGANIZZATO A ROMA
DALL’ASSOCIAZIONE MUSICALE INTERNAZIONALE. I PROVENTI DELLA SERATA
VERRANNO
INVESTITI PER LA COSTRUZIONE DI UN OSPEDALE A TIRANA
- A
cura di Barbara Castelli -
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ROMA. = Musica
per la solidarietà. Questa sera, presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva,
nel cuore dell’Urbe, l’Orchestra di Roma e del Lazio e il coro Musicanova,
sotto la direzione del maestro Marco Celli Stein, accorderanno gli strumenti
per dar vita ad un spettacolo-evento: Omaggio
a Madre Teresa di Calcutta. La
serata, promossa ed organizzata dall’Associazione Musicale
Internazionale, è inserita nell’ambito delle celebrazioni per la beatificazione
della coraggiosa missionaria della carità, il prossimo 19 ottobre in Piazza San
Pietro. Allo spettacolo, che prevede, inoltre, la lettura di testi, pensieri e
poesie di Madre Teresa, declamati da Anna Proclemer, parteciperà anche il presidente del Comitato d’Onore
il cardinale Pio Laghi che, legato da una profonda amicizia con la suora
albanese, ha recentemente pubblicato un libro intitolato “Madre Teresa di
Calcutta, il Vangelo in cinque dita”. Perfettamente in linea con il pensiero
dell’angelo dei poveri, il ricavato
della serata, con offerta libera, verrà devoluto all’Ospedale Nostra Signora
del Buon Consiglio di Tirana, progetto fortemente voluto da Madre Teresa. Si
possono, inoltre, effettuare versamenti sul conto dell’Associazione Volontari
Dokita. Le coordinate bancarie sono: c/c 14526.31 c/o Banca di Roma Ag.18 ABI
3002 CAB 5037, con la causale “pro Ospedale NSBC di Tirana”.
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LO
SVILUPPO SOCIALE E LA LOTTA CONTRO LA POVERTÀ. SONO QUESTI I TEMI CENTRALI DEL
TERZO FORUM INTERNAZIONALE DEL MICROCREDITO APERTOSI, IERI, IN BRASILE
BRASILIA.
= Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, e la regina Sofía di
Spagna hanno inaugurato ieri, a Brasilia, il terzo Forum internazionale del microcredito.
Il capo dello Stato brasiliano e la sua ospite hanno espresso il loro appoggio
per uno strumento che potrebbe contribuire allo sradicamento della povertà nei
Paesi in via di sviluppo. Sofía di Spagna ha voluto ricordare la figura del
creatore del microcredito: l’economista del Bangladesh, Mohamed Yunus, la cui
invenzione ha permesso o sta permettendo a “cinquanta milioni di persone di affrontare
più dignitosamente il dramma della povertà”. Il Forum, della durata di tre
giorni, è la continuazione di quello del 2000,
svoltosi a Madrid, e della precedente edizione, tenutasi nel 2001 a
Buenos Aires. Lo sviluppo sociale, la lotta contro la povertà, le esperienze
nel settore del microcredito, con particolare attenzione al caso brasiliano,
sono i temi sui quali è incentrato il dibattito. Ai lavori parteciperanno il
presidente della Commissione permanente del Mercato comune del Cono Sud
(Mercosur) ed ex presidente argentino, Eduardo Duhalde, il vicepresidente della
Banca interamericana di sviluppo (Bid), Paulo Paiva e diversi esperti
provenienti da molti Paesi, rappresentanti delle organizzazioni non governative
(ong) e delle agenzie delle Nazioni Unite. “Riuniamo persone che lavorano con
il microcredito nel mondo per parlare di quello che è stato fatto e di quanto
si può ancora fare”, ha detto la presidente della ong spagnola ‘Women
Together’, Joana Caparrós, organizzatrice dell’iniziativa. (A.L.)
ALLE
MISSIONARIE DELLA CARITÀ È STATO ASSEGNATO IL PREMIO INTERNAZIONALE
PER LA
SOLIDARIETÀ ‘NAVARRA’, ISTITUITO DAL GOVERNO
DELLA
COMUNITÀ DI FORAL, IN SPAGNA
MADRID.
= La superiora generale delle Missionarie della Carità, suor Nirmala, riceverà
sabato prossimo il secondo Premio internazionale ‘Navarra’ per la solidarietà.
Il riconoscimento, istituito dal governo della Comunità Foral, le verrà consegnato
dal capo del governo di Navarra, Miguel Sanz Sesma. Non è la prima volta che le
suore di Madre Teresa ricevono un Premio internazionale: nel 1962 hanno
ricevuto, infatti, il ‘Padmashrè dal governo indiano e nel 1971 Paolo VI ha
consegnato alla stessa Madre Teresa il ‘Giovanni 23.mo’ per la pace. L’anno successivo
le suore hanno inoltre vinto il ‘Premio Jawaharlal Nehru’, conferito sempre
dall’India, e nel 1979 il Nobel per la Pace. Suor Nirmala, durante il soggiorno
in Spagna, parteciperà ad una solenne cerimonia eucaristica presiedu-ta dal cardinale
Antonio Maria Rouco Varela e ad una Messa
a Navarra, nella Basilica di Javier, prima di prendere parte alla cerimonia di
premiazione. La candidatura della Congregazione è stata supportata dalla
Fondazione ‘Felipe Rinaldi’ ed il presidente dell’organismo, Carlos Chocarro
San Martin, ha motivato così la scelta: “L’accreditata attività delle
Missionarie della Carità a favore dei più poveri, in tutto il mondo, è in
perfetta linea con lo spirito di questo premio. L’ indicazione delle religiose
non farà altro che porre l’accento sul loro straordinario servizio, sui valori
e sui principi che animano la loro missione”. (M.R.)
L’ARCIDIOCESI DI PESCARA, IN COLLABORAZIONE CON L'ORDINE PROVINCIALE
DEI
FRATI MINORI CAPPUCCINI, ATTIVA LO SPORTELLO DEL DIFENSORE CIVICO
IN
DIFESA DELLE PERSONE SVANTAGGIATE
PESCARA.
= Lo hanno chiamato “sportello Robin Hood” e sarà il punto di riferimento per
persone svantaggiate spesso prive delle minime garanzie di tutela. E’ il nuovo
servizio istituito, nell’ambito dei progetti di volontariato sociale, dall’arcidiocesi
di Pescara-Penne, in collaborazione con l’Ordine provinciale dei Frati Minori
Cappuccini destinato agli indigenti, ai portatori di handicap e agli extracomunitari.
Quello che si presenta come un vero e proprio “difensore civico dei poveri”
svolgerà un indispensabile ruolo di supporto all’attività della Caritas diocesana.
Esperti in consulenza legale ed assistenza burocratica saranno a disposizione
dei cittadini più deboli per assisterli nella difesa dei loro diritti e nella
lotta contro le ingiustizie. Coordinatore del progetto è Lorenzo Cesarone,
specializzato in diritti civili, difesa civica e tutela del consumatore, da
tempo impegnato in incarichi onorari in associazioni e movimenti che si
occupano della difesa dei diritti del cittadino e del consumatore. Nell’attività
dello sportello dell’arcidiocesi Pescara-Penne sarà affiancato da un pool di
consulenti, avvocati e professionisti destinato a crescere nella condivisione
di questo nuovo percorso cristiano. Il progetto sarà presentato ufficialmente
giovedì prossimo dal vescovo di Pescara-Penne, mons. Francesco Cuccarese, e dal
provinciale dei Frati Minori Cappuccini, padre Luciano Antonelli. (A.L.)
ASSEGNATO OGGI A STOCCOLMA IL PREMIO NOBEL PER LA
FISICA
A TRE
ANZIANI SCIENZIATI,
ALEXEI
ABRIKOSOV, ANTHONY LEGGETT E VITALY GINZBURG,
PIONIERI
DELLA SUPERCONDUTTIVITA’
- A
cura di Vincenzo Lanza -
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STOCCOLMA.
= Al 75.enne russo-americano Alexei Abrikosov, al 65.enne britannico-americano
Anthony Leggett – entrambi dell’Università dell’Illinois – ed all’84.enne russo
Vitaly Ginzburg, dell’Istituto di fisica “Lebedev” a Mosca, va quest’anno il
Premio Nobel per la Fisica per i loro contributi alla teoria dei
super-conduttori e dei super-fluidi. A basse temperature, pochi gradi sopra lo
zero assoluto di –273°C, alcuni metalli permettono che una corrente elettrica
passi senza trovare resistenza. Tali materiali super-conduttori hanno anche la
proprietà di poter spostare completamente o parzialmente i flussi magnetici.
Tale ipotesi portò nel ’72 al Nobel in Fisica per i super-conduttori di primo
tipo. Con le scoperte e gli studi pratico-teorici di Abrikovos, Leggett e
Ginzburg si è giunti oggi alla scoperta di super-conduttori di secondo tipo,
con rinnovata importanza nel rapido sviluppo di materiali che dispongono di
proprietà completamente nuove. Tali materiali possono quindi essere resi super-conduttori
a temperature gradualmente superiori ed in forti campi magnetici.
Un’applicazione pratica dell’odierno Premio in Fisica è stata messa in evidenza
con l’assegnazione, lunedì, del Premio Nobel in Medicina per la realizzazione
di apparecchiature che realizzano immagini basandosi sulla risonanza magnetica.
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7 ottobre 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Israele “colpirà i propri nemici, ovunque si
trovino”. Ha scelto la linea dura il premier dello Stato ebraico, Ariel Sharon,
per sostenere anche a posteriori il raid israeliano di sabato notte contro un
obiettivo palestinese in territorio siriano. Soltanto ieri il presidente
statunitense Bush si era schierato al fianco dell'alleato israeliano,
riconoscendo il “diritto di Israele alla difesa” ma sottolineando pure che ogni
ulteriore azione intrapresa “eviti l’escalation” delle violenze. Da Damasco,
invece, il presidente siriano Bashir al Assad ha rilanciato le accuse contro
Sharon, sostenendo che Israele voglia trascinare il Medio Oriente in un
conflitto più vasto. Neppure sul campo, inoltre, cessano le tensioni. Ieri un
altro scontro armato ha coinvolto soldati israeliani al confine col Libano,
quando sono stati sparati razzi della milizia Hezbollah. Uno dei colpi ha
ucciso per errore un bambino libanese; poco prima era morto anche un soldato
dello Stato ebraico. Ce ne parla Graziano Motta:
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Fonti militari israeliane
accusano i guerriglieri Hezbollah di aver voluto dimostrare solidarietà con la
Siria, per il raid compiuto dagli aerei dello Stato ebraico su un campo
profughi palestinese presso Damasco. Evento che è al centro di una risoluzione
al Consiglio di Sicurezza per la richiesta di condanna, presentata dalla Siria,
alla quale però gli Stati Uniti hanno preannunciato un veto, indipendentemente
dal fatto che il testo ignori la strage compiuta da una kamikaze palestinese,
nella città di Haifa. In proposito il presidente Bush ha telefonato al primo
ministro Sharon per esprimergli cordoglio. Senza commentare il raid aereo, egli
ha riaffermato il diritto d’Israele a difendersi, ma evitando - ha aggiunto -
di intraprendere iniziative che aumentino tensioni in Medio Oriente. Bush,
riferendosi alla Costituzione del governo di emergenza palestinese presieduto
da Abu Ala, ha chiesto che egli si impegni a smantellare le organizzazioni
terroristiche per far progredire il processo di pace. Ma Abu Ala - che stamani
a Ramallah ha giurato con altri sette ministri del nuovo governo d'emergenza di
fronte al presidente Arafat - ha sostenuto che non userà la forza contro i
gruppi armati: preferisce far progredire il processo di pace evitando una
guerra civile.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Nuova recrudescenza delle
tensioni in Iraq. Stamani un’esplosione - provocata da colpi d’arma da fuoco -
si è verificata al complesso del ministero degli Esteri di Baghdad. Nei pressi
dell’edificio, sorgono i palazzi nei quali le autorità guidate dagli Stati
Uniti hanno il loro quartier generale. Non ci sono al momento notizie di
vittime. Sempre stamani a Kirkuk, nel nord del Paese, colpi di mortaio erano
stati lanciati contro la sede del Consiglio supremo della rivoluzione islamica,
provocando la morte di un impiegato.
L’Iran non intende rinunciare
alla propria tecnologia nucleare. Lo ha annunciato oggi il ministro degli
Esteri di Teheran, Kamal Kharrazi, spiegando che la Repubblica islamica non
prevede di porre fine al programma per l’arric-chimento dell’uranio, malgrado
le forti pressioni della comunità internazionale e l’ultimatum in tal senso
fissato per il prossimo 31 ottobre dall’Agenzia Onu per l’energia atomica
(Aiea).
No alla partecipazione del
Giappone ad eventuali negoziati multilaterali sulla crisi nucleare nordcoreana.
La decisione è stata annunciata stamani da Pyongyang, le cui autorità
sostengono che Tokyo “si è rivelato un partner non affidabile”. A fine
agosto, nel primo round di negoziati
tenutosi a Pechino, il Giappone aveva insistito perché, oltre alla crisi
nucleare, si discutesse pure dei cittadini giapponesi rapiti dai servizi
segreti di Pyongyang negli anni ’70 e ’80.
E proprio la crisi nordcoreana
è tra gli argomenti in discussione al vertice dell’Associazione dei Paesi del
Sud Est asiatico (Asean), apertosi oggi a Bali, in Indonesia. Il servizio di
Maurizio Pascucci:
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L’incontro si svolge tra imponenti misure di sicurezza: 5
mila, tra agenti e soldati, pattugliano l’area dove si è aperto il summit. Le
forze dell’ordine manterranno la presenza sul territorio fino al 12 ottobre,
quando ricorrerà il primo anniversario degli attentati che un anno fa causarono
202 vittime nell’isola. Nel primo giorno di lavori, i partecipanti hanno discusso
la situazione dei diritti civili in Birmania, dove la giunta militare al potere
mantiene la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi confinata nella sua
residenza. Al centro dei colloqui, anche le misure antiterrorismo in Malaysia,
che pongono seri limiti ai diritti dei cittadini, e le altrettanto repressive
misure adottate in Thailandia per la lotta contro la droga. La recente
richiesta indonesiana, affinché Malaysia e Thailandia assumano una posizione
più dura rispetto alla provincia ribelle di Aceh, nell’isola indonesiana di
Sumatra, ha fornito ulteriori spunti al dibattito.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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Donne, anziani e bambini
inermi, massacrati senza alcun motivo. Tornano le stragi nella Repubblica
Democratica del Congo, nonostante la presen-za da settembre della missione
dell’Onu, la Monuc. Teatro delle ultime violenze il distretto dell’Ituri,
percorso dal 1999 da sanguinosi scontri interetnici. Almeno 23 morti è il
bilancio dell’ultimo attacco di un gruppo di ribelli non ancora identificato.
Alcuni testimoni riferiscono di altri 32 corpi sepolti. Ma cosa si sta facendo
per risolvere il conflitto tra le etnie ribelli in Ituri? Giancarlo La Vella lo
ha chiesto a padre Valerio Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia:
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R. - C’è la commissione di pacificazione dell’Ituri che
sta lavorando e poi c’è il desiderio d’integrare i capi militari di entrambi
gli eserciti ribelli, Lendu e Hema, nell’esercito nazionale. Lo stesso governo
vorrebbe comunque mandare nell’Ituri delle truppe locali: si sta provvedendo
alla formazione di poliziotti congolesi. Da non dimenticare poi la proposta -
che ha fatto ultimamente il presidente dell’ex Zaire, Cabila, all’Onu - di
aprire un tribunale penale sull’Ituri: si spera che con quel tribunale si
arrivi non soltanto a disamare coloro che portano le armi ma a riunificare il
Paese.
D. - La forza internazionale dell’Onu sta veramente
facendo il possibile per controllare la situazione o potrebbe fare di più?
R. – Si spera che tale contingente possa dislocarsi non
solo nell’Ituri ma anche nel nord-est del Congo, dove permangono zone
caldissime. In alcune aree inoltre tutt’oggi sono ancora presenti le truppe
rwandesi e questo è il problema di fondo che c’è lì. La comunità
internazionale, in particolar modo l’Onu, deve appoggiare questo processo di
rinascita.
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Al via in queste ore a Yalta il vertice Unione
europea-Ucraina, che riuni-sce nella cittadina sul Mar Nero il presidente della
Commissione europea Prodi, il presidente di turno dell’Ue, il premier italiano
Berlusconi, e il presidente ucraino Kuchma. Alla riunione si parlerà anche
dell’auspicio dell'Ucraina di avvicinarsi all'Unione europea.
Con una marcia promossa dai
sindacati si è aperta a La Paz, in Bolivia, la seconda settimana dello sciopero
contro i progetti energetici del presidente Sánchez de Lozada. Mentre
l'arcivescovo di Santa Cruz, il cardinale Julio Terrazas Sandoval, ha avvertito
che alla Bolivia “la pace sta sfuggendo” di mano, ai manifestanti si sono uniti
ieri anche i coltivatori di coca del Paese. Il servizio di Maurizio Salvi:
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E’ sempre a La Paz e nella vicina località di El Alto che
la protesta si è fatta sentire con grande vivacità, con migliaia di persone che
sono scese in strada, paralizzando le normali attività cittadine. I
manifestanti si sono concentrati ancora una volta nel centro di La Paz per
chiedere l’annullamento del progetto di esportare il gas boliviano negli Stati
Uniti e in Messico attraverso il Cile, il rigetto dell’adesione all’area di
libero commercio delle Americhe e le dimissioni del presidente della Repubblica,
Gonzalo Sánchez de Lozada. Il governo continua a non voler dialogare con i
differenti settori in sciopero, ma mostra visibilmente di non essere in grado
di assumere una qualsivoglia iniziativa.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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