RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 278 - Testo della
Trasmissione domenica 5 ottobre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Giovanni Paolo II e i mezzi di comunicazione sociale: una
riflessione dell’arcivescovo John Foley.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Importante tornata elettorale in Cecenia, dove oggi si vota per
eleggere il nuovo presidente locale.
Iniziata oggi la missione del
vice-segretario di Stato americano in Afghanistan
Drammatica in Liberia la condizione
della popolazione
Concluso a Istanbul il simposio sul rapporto tra Cristianesimo ed Islam
5
ottobre 2003
OGNI CRISTIANO E’ INVIATO IN MISSIONE: COSI’,
GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA DI PROCLAMAZIONE DEI NUOVI SANTI DANIELE
COMBONI, ARNOLD JANSSEN E JOSEF FREINADEMETZ. ALL’ANGELUS, IL PENSIERO DEL PAPA
ALLA VISITA
AL SANTUARIO MARIANO DI POMPEI, IN PROGRAMMA
MARTEDI’ 7 OTTOBRE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Con la loro vita e le
loro opere, ci “ricordano la vocazione missionaria” di ogni battezzato.
Stamani, in piazza San Pietro, la cerimonia di canonizzazione nella quale il
Papa ha proclamato santi il vescovo Daniele Comboni, fondatore della
Congregazione dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Suore
Missionarie Comboniane Pie Madri della Nigrizia; il sacerdote tedesco Arnold Janssen,
fondatore della Società del Verbo Divino, della Congregazione delle Suore
Missionarie Serve dello Spirito Santo e della Congregazione delle Suore Serve
dello Spirito Santo dell’Adorazione Perpetua; e il sacerdote altoatesino Josef
Freinademetz, della congregazione verbita. Con il solenne rito di oggi, giunge
a 477 il numero di santi proclamati da Giovanni Paolo II, durante il suo
pontificato. Ma sulle canonizzazioni di oggi, ecco il servizio di Alessandro
Gisotti:
(Canto d’ingresso)
Tre fulgidi esempi della
Chiesa missionaria, guidati da una fede incrollabile, sostenuti da un coraggio
straordinario. In una festa di colori e suoni, che ha sfidato un cielo plumbeo
sovrastante piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ha elevato alla gloria degli
altari il vescovo Daniele Comboni, evangelizzatore del continente africano,
Arnold Janssen, fondatore della congregazione dei missionari Verbiti e uno dei
suoi primi figli spirituali Josef Freinademetz, che dedicò la sua esistenza
all’impegno di “farsi cinese tra i cinesi”.
(Canto africano)
Il rito di canonizzazione
ha vissuto dei momenti suggestivi, come le danze e i canti in costume tipico
offerti da due gruppi africani, animati dal cardinale designato, l’arcivescovo
di Khartoum, Gabriel Zubeir Wako. Espressioni che danno il senso del legame con
la chiesa locale e segno della multiculturalità, che fu un tratto
caratterizzante dell’azione missionaria di Comboni. Alla celebrazione hanno
preso parte anche alcuni sacerdoti arrivati dalla Cina, terra che ha conosciuto
l’opera instancabile di san Josef Freinademetz. Né mancavano tra la folla donne
e uomini in abito tirolese, in onore della regione d’origine del nuovo santo. Anche
l’Asia era presente con un coro indiano, accompagnato da suore missionarie Serve
dello Spirito Santo, che hanno dato vita al rito liturgico “Arati”, secondo la
tradizione della cultura indiana.
(Canto indiano)
I
fedeli, circa trentamila, provenienti dai quattro angoli del pianeta, hanno
partecipato alla celebrazione, ascoltando emozionati la pronuncia della formula
di canonizzazione con cui il Papa ha iscritto i tre beati nell’albo dei santi.
(Ad honorem
Sanctae et Individuae Trinitatis, ad exaltationem fidei catholicae…)
Quindi, con altrettanta
emozione, i pellegrini hanno seguito la collocazione accanto all’altare delle
reliquie dei nuovi santi. Nell’omelia, il Santo Padre ha sottolineato come
questi tre eccezionali figure ci ricordano che l’evangelizzazione, “oltre a
interventi di promozione umana, talora persino rischiosi”, “comporta sempre un
esplicito annuncio di Cristo”. Proprio tale insegnamento, ha aggiunto, è
l’eredità più preziosa che i tre santi lasciano alle loro famiglie religiose.
Quindi, ha corredato questo pensiero con una viva esortazione:
“Primo compito degli Istituti missionari è la missione ad gentes, da non
posporre a nessun altro impegno, pur necessario di carattere sociale ed umanitario”.
Dopo aver, dunque,
ribadito l’urgenza della “missione ad
gentes, anche in questi nostri tempi”, il Papa si è soffermato sulle figure
dei tre nuovi santi. Ha così messo l’accento sull’entusiasmo e la passione
apostolica del vescovo Daniele Comboni, “apostolo di Cristo tra gli africani”,
che, ha evidenziato, “impiegò le risorse della sua ricca personalità e della
sua solida spiritualità per far conoscere ed accogliere Cristo in Africa”. Non
ha, poi, mancato di rivolgere un pensiero speciale alle popolazioni del
continente africano, tanto amate dal santo missionario di Limone sul Garda:
“Come non volgere, anche quest’oggi, lo sguardo con
affetto e preoccupazione a quelle care popolazioni? Terra ricca di risorse
umane e spirituali, l’Africa continua ad essere segnata da tante difficoltà e
problemi. Possa la Comunità internazionale aiutarla attivamente a costruire un
futuro di speranza”.
L’immagine profetica
della nuova Gerusalemme, “che diffonde la luce divina su tutti i popoli – ha
proseguito – illustra bene la vita e l’instancabile apostolato di sant’Arnold
Janssen. Il Pontefice ha rammentato come nella sua zelante diffusione della
Parola di Dio, il santo tedesco utilizzò “i nuovi mezzi di comunicazione di
massa, specialmente la stampa” e mai si “perse d’animo dinnanzi agli ostacoli”.
Ha così auspicato che la sua Famiglia religiosa possa “proseguire fedelmente
nel solco da lui tracciato”, a testimonianza della “permanente validità della
missione evangelizzatrice”.
Quindi, Giovanni Paolo II
ha tratteggiato la figura del verbita san Josef Freinademetz, “modello
esemplare di inculturazione evangelica”. Ricordando l’origine altoatesina del
missionario, ha indicato come “con la tenacia tipica della gente di montagna”,
fece dono di se stesso alle popolazioni cinesi dello Shandong meridionale,
abbracciando “per amore e con amore le loro condizioni di vita”. Concludendo
l’omelia, il Papa ha sottolineato come i tre nuovi santi ricordano la vocazione
missionaria di ogni battezzato. “Ogni cristiano, ha detto, è inviato in missione,
ma per essere autentici testimoni di Cristo, occorre tendere costantemente alla
santità”.
All’Angelus, dopo aver
salutato i fedeli convenuti per onorare i nuovi santi, il Papa ha rivolto il
pensiero alla visita di martedì prossimo al Santuario di Pompei:
Spiritualmente uniti ai nuovi
Santi, invochiamo ora Maria col titolo di Madonna del Rosario, rivolti al
Santuario di Pompei, dove, a Dio piacendo, mi recherò pellegrino dopodomani.
(Applausi)
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IMPEGNARSI PER RAGGIUNGERE LA COMUNIONE
TRA CATTOLICI E ANGLICANI: È QUANTO EMERSO DALLA
CONFERENZA STAMPA DELL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS, CON IL
CARDINALE WALTER KASPER, SVOLTASI IERI AL COLLEGIO INGLESE
- Servizio di Dorotea Gambardella -
Il dialogo tra la Chiesa
cattolica e la comunione anglicana sta attraversando un momento non facile. Ad
affermarlo, il primate della Chiesa d’Inghilterra, Rowan Williams, e il
presidente del pontificio consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,
Walter Kasper, nel corso della conferenza stampa congiunta, tenutasi ieri
presso il Collegio inglese e, seguita all’incontro del primate anglicano col
Papa in Vaticano. Entrambi hanno, però, sottolineato la volontà e l’impegno a
“raggiungere il traguardo” della piena comunione. Il servizio di Dorotea
Gambardella:
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His Holiness ...
“Sua Santità ha parlato delle
speranze che condividiamo, ma ha anche fatto riferimento alle difficoltà che
stiamo incontrando. Spero di cuore che niente di tutto ciò che abbiamo
conquistato durante tutti questi anni, vada perduto”.
Questo è quanto l’arcivescovo di
Canterbury, Rowan Williams, ha detto in merito all’udienza da Giovanni Paolo
II. Incontro, che il primate anglicano, ha definito un evento commovente, in occasione
del quale ha voluto indossare la croce avuta in dono dal Santo Padre per la sua
intronizzazione e l’anello episcopale regalato da Papa Paolo VI al suo
predecessore, l’arcivescovo Michael Ramsey. A tal proposito il primate della
Chiesa d’Inghilterra ha affermato:
Being
admitted ...
“Sono stato ammesso a una
tradizione di amicizia tra il Pontefice e l’arcivescovo di Canterbury”.
Nel suo intervento, durante la
conferenza di ieri, il presidente della comunione anglicana mondiale, ha anche
sottolineato l’ispirazione e l’incoraggiamento tratti dall’incontro con i vari
gruppi religiosi, dai focolarini alla comunità di Sant’Egidio. Quindi,
riferendosi al concetto di ecumenismo di vita spesso ribadito dal presidente
del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Walter
Kasper, il dottor Williams ha evidenziato:
We share a sense
“Condividiamo la convinzione che
in una vita di preghiera il nostro dialogo ecumenico progredisca”.
Non solo, secondo il primate
anglicano, ad unirli è anche la medesima visione del futuro della Chiesa. “Una
Chiesa rinnovata nel coinvolgimento dei fedeli e capace di educare gli uomini a
una profonda adorazione di Dio”. Prima di rispondere alle domande dei
giornalisti, l’arcivescovo di Canterbury ha voluto ribadire l’impegno e la
volontà di continuare il cammino verso la piena comunione.
“Sebbene questo cammino si
mostri lungo e difficoltoso – ha detto il cardinale Kasper – la Chiesa
cattolica e la Comunione anglicana continuano a ricercare tale traguardo e a
impegnarsi in un duplice modo: raggiungere un accordo sulla dottrina mediante
il dialogo teologico e incarnare per quanto possibile in ogni aspetto della
vita ecclesiale, il livello di fede già condiviso”. In merito alla questione
della omosessualità, il porporato si è limitato a dire che l’insegnamento della
Chiesa cattolica è molto chiaro a riguardo e che la situazione è preoccupante,
perché il modo in cui sarà risolta, influirà sulle relazioni tra cattolici e
anglicani. “Fino a poco tempo fa – ha
continuato – potevamo affermare che i principi morali che guidano la sessualità
umana erano in larga parte condivisi da entrambi i credi. Ci auguriamo di poter
affermarlo ancora poiché il mondo di oggi ha bisogno della nostra testimonianza
comune”. E ha concluso: “Il dialogo cattolico–anglicano ha registrato
eccellenti risultati. Il nostro più vivo desiderio è di lavorare insieme
affinché esso continui a realizzarli”.
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VENTICINQUE ANNI DI PONTIFICATO: GIOVANNI PAOLO II E
I MASS MEDIA
- Dichiarazione rilasciata a Giovanni Peduto
dall’arcivescovo John Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali -
Proseguendo con la nostra
rassegna dei principali campi nei quali Giovanni Paolo II ha prodigato la sua
cura pastorale nei suoi 25 anni di Pontificato, oggi ci soffermiamo
sull’attenzione che ha costantemente avuto per i mezzi della comunicazione
sociale. Giovanni Peduto si è a tal riguardo rivolto al presidente del
Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, l’arcivescovo John Foley:
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Giovanni
Paolo II ha sempre nutrito un grande interesse per i mezzi di comunicazione
sociale, perché questi mezzi lo aiutano nel suo intento di proclamare il
Vangelo in tutto il mondo. Il Santo Padre ha ideato il Centro Televisivo
Vaticano, lui è il fondatore del Ctv, ed è stato proprio lui ad elevare il
dicastero delle Comunicazioni sociali a livello di Pontificio Consiglio. Prima
era una Commissione. Egli ha poi autorizzato una Riunione plenaria del nostro
dicastero, che si tiene ogni anno, per dare la possibilità di avere rapporti da
tutto il mondo e di stabilire una strategia delle Comunicazioni sociali per la
Chiesa nel mondo. Durante questo periodo è nata la Rial, la Rete Informatica
della Chiesa in America Latina. Ha dato anche impulso alla Filmoteca vaticana.
Il Santo Padre viene qui al nostro dicastero per vedere alcuni film, forse due
volte l’anno. Ha avuto particolari attenzioni per questo Dicastero perché il
suo amico, il cardinale Andrzej Maria Deskur, era il presidente di questo
Consiglio prima di me ed il Santo Padre ha vissuto nell’appartamento del
cardinale Deskur quando veniva a Roma, anche immediatamente prima della sua
elezione al papato. Il Santo Padre pubblica ogni anno un Messaggio speciale per
la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, la domenica immediatamente
prima della Pentecoste, messaggio normalmente
pubblicato il giorno della Festa di San Francesco di Sales, il patrono
dei giornalisti, il 24 gennaio.
Il Papa
coopera anche pienamente con i media, rendendo ogni attività pubblica aperta
alla stampa, ai mezzi delle comunicazioni sociali. Durante il Giubileo ci sono
state due festività speciali, una per il mondo dello spettacolo ed una per i
giornalisti. Infatti, le celebrazioni del Giubileo del mondo dello spettacolo
sono state l’ultima attività dell’Anno giubilare, immediatamente prima di
Natale. Fu una gran festa, con persone dal mondo circense, con le bande musicali.
Quella in Piazza San Pietro, prima e dopo la Messa celebrata dal Santo Padre
stesso, fu veramente una gran festa.
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5 ottobre
2003
SI È CONCLUSA, A ROMA, LA PRIMA RIUNIONE DELLA
CONFERENZA INTERGOVERNATIVA
INCARICATA DI APPROVARE LA COSTITUZIONE DELLA NUOVA
EUROPA A 25
- A cura
di Alessandro Guarasci e Amedeo Lomonaco -
Roma ha
ricoperto ancora una volta il ruolo di protagonista nella storia d’Europa
ospitando i lavori della Conferenza intergovernativa da cui dovrà scaturire la
nuova Costituzione europea. La storica giornata di ieri, turbata da alcuni
scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, ha costituito una tappa
fondamentale per il futuro dell’Europa. “La nave è partita ed ora occorre
aggiustare la rotta”, ha affermato il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi,
rivolgendosi ai leader europei. Gli sforzi per completare il progetto europeo
proseguiranno il 14 ottobre in occasione della prossima riunione della
Conferenza Intergovernativa. In tale circostanza, la presidenza italiana
dell’Ue presenterà le prime proposte di modifica alla bozza di Costituzione sui
seguenti tre aspetti: il consiglio legislativo, il numero dei consigli dei
ministri ed i criteri per l’attribuzione delle presidenze. Sull’esito dei
lavori della Conferenza intergovernativa tenutasi a Roma, ci riferisce
Alessandro Guarasci:
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Il
presidente italiano, Silvio Berlusconi, ha invitato tutti a superare gli
interessi nazionali, ma in sostanza sulle grandi questioni le posizioni si sono
avvicinate poco. Molte delegazioni, in particolare modo dei Paesi più piccoli,
ieri sono arrivate al Palazzo dei Congressi cariche di proposte di modifica
della Costituzione e questo ha rallentato il dibattito. Così, dopo una giornata
di discussioni, i leader europei hanno concordato che è necessario arrivare ad
una intesa prima delle elezioni di giugno 2004. Francia, Germania, Italia sono
disposte ad approvare la bozza di Costituzione così com’è, ciò nonostante
sembra difficile una intesa entro il prossimo dicembre. Berlusconi, comunque è
sembrato abbastanza ottimista:
“E’ stato importante
cogliere anche dagli interventi dei rappresentanti di ogni governo, di ogni
Stato, qual è l’intensità, la forza con cui certi emendamenti vengono sostenuti
e devo dire che il finale è stato di poter guardare con ottimismo alla
possibilità di trovare un atteggiamento concorde”.
Spagna
e Polonia si sono ‘impuntate’ sul meccanismo di calcolo dei voti che assegna
maggiore peso alle nazioni più popolose e hanno comunicato che se non si
dovesse raggiungere un accordo in questo ambito rimane valido il Trattato di Nizza. La Gran Bretagna ha poi difeso il
diritto di veto su difesa, esteri e fisco. Per il presidente della Commissione
europea, Romano Prodi, serve invece ridurre il numero di materie per le quali
si vota all’unanimità:
“Abbiamo proposto una
notevole riduzione di casi in cui si debba decidere all’unanimità. Sappiamo
benissimo che l’unanimità con 25 membri significa non decisione. Conclusione
della Commissione: noi pensiamo che si debba accettare l’idea che ogni Paese abbia
un commissario, come è stato proposto, l’idea di commissari senza diritto di
voto la troviamo un’idea un po’ peregrina. Sono in special modo le piccole
nazioni a spingere per il principio “un Paese, un commissario”.
Per
quanto riguarda le radice cristiane dell’Europa, l’Italia ha continuato a
chiedere che un riferimento sia inserito, ma il presidente francese Chirac
sembra irremovibile. Tutto ciò mentre all’esterno del Palazzo dei Congressi
sfilava il Social Forum. Una frangia di disobbedienti si è scontrata con la
polizia anche nel centro di Roma, ma nonostante questi fatti il sistema di
sorveglianza ha retto.
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CON LA PROPOSTA DI UN’ASSEMBLEA ECUMENICA DELLE
CHIESE CRISTIANE PER LA PACE, LANCIATA DAL CARDINALE ACHILLE SILVESTRINI, SI E’
CONCLUSO A CAMALDOLI L’INCONTRO SU “DIO E IL CONFRONTO DELLE CIVILTA’”
PROMOSSO DALLA RIVISTA “IL REGNO”
- Servizio di Ignazio Ingrao -
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Un’assemblea
ecumenica delle Chiese cristiane per la pace. E’ la proposta lanciata dal
cardinale Achille Silvestrini a conclusione dell’incontro su “Dio e il
confronto delle civiltà”, organizzato a Camaldoli dal quindicinale “Il Regno”.
Il porporato ha affrontato il tema del dialogo tra le religioni e la pace nel
Magistero di Giovanni Paolo II. “L’impatto che gli interventi del Papa sulla
pace hanno registrato in tutta la cristianità – ha detto Silvestrini – ha
rivelato una dimensione del ministero petrino che non si conosceva. Di fronte
alle tragiche vicende irachene si è guardato al Papa come alla guida morale
della cristianità. Ora – ha suggerito il cardinale Silvestrini – si dovrebbe
trovare il modo di dare respiro e sviluppo a questa convergenza. Penso ad una
convocazione ecumenica, in cui tutti gli esponenti delle Chiese cristiane,
insieme al Papa, riflettano sulle responsabilità dei cristiani di fronte alla
guerra”.
A
conclusione dei lavori è intervenuto il presidente della Commissione europea, Romano
Prodi. Commentando l’apertura della Conferenza intergovernativa, Prodi ha
definito l’Europa un grande cantiere aperto, un cantiere lunghissimo. “Per
farlo procedere ci si deve accontentare di progressi parziali. E nei diversi
interventi che hanno aperto la Conferenza intergovernativa - ha riferito il presidente della
Commissione – si respirava questa atmosfera di disponibilità alla mediazione.
L’allargamento ed il consolidamento dell’Unione – ha osservato ancora Prodi –
sono state il più grande fattore di pace nei Balcani e nell’Est Europa. La
prospettiva di aderire all’Unione – ha detto infatti Prodi – è stata una
formidabile arma di pace. Dopo l’Est, ora l’Europa – ha suggerito il presidente
della Commissione – deve anche guardare al Mediterraneo per aiutare a superare
le tensioni che la attraversano. Quanto all’Alleanza con gli Stati Uniti, il
presidente della Commissione ha definito la Nato un arco che si regge su due
pilastri: uno gli Stati Uniti, l’altro deve essere un’Unione rafforzata nella
politica estera e di difesa. Secondo Romano Prodi, anche il riferimento delle
radici cristiane, accanto all’affermazione della laicità nella futura
Costituzione europea, possono rappresentare un valido strumento di
pacificazione. Radici laiche e radici cristiane nella Carta costituzionale – ha
concluso Prodi – possono aiutare a ricomporre alcune fratture rimaste aperte
nella storia del Continente”.
Da
Camaldoli, per la Radio Vaticana, Ignazio Ingrao.
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MEZZI DI COMUNICAZIONE E SERVIZIO PUBBLICO
OLTRE ALLE
LEGGI DI MERCATO, LE ESIGENZE DEL RENDIMENTO SOCIALE
- Servizio di padre Ignacio Arregui -
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Si va
verso l’eliminazione o l’indebolimento della radio e tv pubblica per lasciare
all’iniziativa privata un dominio egemonico della comunicazione sociale? Un
ampio settore dell’opinione pubblica, in particolare in Europa, manifesta la
sua preoccupazione per le possibili conseguenze di questa tendenza sulla
qualità del servizio radiotelevisivo alla società, indipendentemente da altri obiettivi caratteristici dell’impresa
privata.
Il
Professor Graham, che vanta una lunga esperienza di direzione presso la Bbc e
la Itv di Gran Bretagna, nominato presidente onorario del Concorso
internazionale Prix Italia, è stato sempre molto sensibile al carattere di
servizio pubblico che tutti i mezzi di comunicazione, in maggior o minor grado,
sono chiamati a rendere alla società.
In
occasione della recente crisi che ha sofferto la Bbc-tv nei suoi rapporti con
il governo della Gran Bretagna, il professor Graham si è mostrato preoccupato
per le eventuali conseguenze negative in una tv che ha sempre goduto di un
notevole prestigio ed esemplarità. Ed ha chiesto qualche gesto di solidarietà
con la tv pubblica britannica. Ecco la sua spiegazione:
R. – I DID SAY THAT …
Ho detto
questo, ma non solo per la Bbc. La televisione e le varie emittenti sono
altamente competitive e sarebbe stato possibile per altre emittenti, vedendo
che la Bbc era in difficoltà, trovare un vantaggio materiale in questo. Ma ciò
sarebbe sbagliato. Nessuno dovrebbe pensare di lasciare la Bbc al suo destino,
se in difficoltà. Se un’organizzazione così stimata e di grandezza mondiale
come la Bbc è in difficoltà, siamo
tutti in difficoltà. Vedo la Bbc come una pietra angolare nelle trasmissioni e
nella qualità. Se fossimo in difficoltà dovremmo condividere i nostri problemi,
e dovremmo ricordare che se la Bbc è posta sotto pressione, ciascuno di noi
potrebbe essere messo sotto pressione in seguito. Così, credo che dovremmo
mostrare solidarietà a questa grande emittente, sarebbe la dimostrazione di
come dovremmo agire se altre grandi emittenti fossero sotto una pressione
simile.
D. – Il numero delle radio e
delle stazioni televisive sta aumentando in Europa ed in altri Paesi. E sembra
che ce ne saranno ancora di più. Orbene qual è il ruolo della radio e della
televisione pubblica nella competizione con le società private?
R. – THE ANSWER IS VERY CLEAR …
La risposta è chiara: fissare
gli standard e mantenerli. Ci sono pressioni differenti sulle operazioni radio
e televisive: molte sono commerciali e l’obiettivo è quello di aumentare il
pubblico, vendere il pubblico ai pubblicitari e sviluppare sia la radio che la
televisione come business. A condizione che abbiano la licenza e che le condizioni
di licenza siano mantenute come elementi di servizio pubblico delle
trasmissioni, tutto va bene. Questo è quello che è accaduto alla ITV nel Regno
Unito. Il loro ruolo, come servizio pubblico, però, non è quello di aumentare
l’audience e di fare soldi. La loro funzione è quella di servire non i
pubblicitari, ma gli ascoltatori e chi guarda. E noi dobbiamo incoraggiare il
mantenimento di un servizio di alta qualità per il bene di chi guarda e per un
proposito di democrazia. Il loro ruolo è di fissare uno standard, pensare al
pubblico e al sistema democratico. Inoltre, bisogna mantenere alti i valori
culturali. Questo potrebbe non attrarre una grande audience, ma è questo il
ruolo del servizio pubblico.
D. – Molte persone gridano contro la mediocrità e il basso livello dei
programmi televisivi, in molte stazioni televisive. Da parte loro molte
emittenti ripetono che questi sono i tipi di programma che l’audience ama di
più…
R. – THERE IS SOME TRUTH …
In parte
è vero, ma non del tutto. Per esempio, a Roma il popolo andava al Colosseo per
guardare i giochi tremendi che lì avevano luogo. Solo un piccolo numero andava
al Foro a seguire le attività politiche e sociali dell’Impero. E’ sempre stato
così, quindi. L’umanità è sempre andata a assistere a show spettacolari. Quello
che è importante è distinguere ciò che è intrattenimento da ciò che è
interessante. Considerando che ci sono sempre più stazioni radio e televisive,
esse si trovano a competere per la maggiore audience e probabilmente questo
porterà ad un abbassamento del livello di qualità. Le emittenti pubbliche e
coloro che hanno licenza di trasmettere nel servizio pubblico, devono sempre
preoccuparsi dei valori culturali, delle questioni politiche, per mantenere un
dibattito democratico. Perché la tendenza, comunque, è sempre quella di
abbassare la qualità.
D. – Tutti i produttori, nel Prix
Italia, sembrano preoccupati della qualità dei prodotti e vorrebbero
incrementare gli standard di qualità delle trasmissioni radio-televisive.
Mentre invece poi la realtà è un’altra…
R. – EACH YEAR TECHNOLOGY …
Ogni
anno la tecnologia migliora. Quest’anno il Prix Italia ha introdotto il sistema
digitale on demand. Cosa significa? Significa che possiamo, premendo un
bottone, avere sul computer tutti i programmi che vogliamo vedere. Quindi il
progresso tecnico, l’uso di un certo tipo di telecamere leggere, del fast-editing
può migliorare la qualità dei programmi che vediamo sullo schermo o che
ascoltiamo dall’altoparlante. La questione più importante è la completezza del prodotto,
che non ha niente a che fare con la sola tecnologia. Ha a che far invece con i
propositi e gli intenti di coloro che trasmettono. Questo non può cambiare.
D. – Signor Graham, alcune
caratteristiche importanti di questa edizione del Prix Italia?
R. – I THINK THE IMPORTANT …
Penso
che un fatto importante sia che nell’aumento delle televisioni - via satellite,
via cavo - delle radio in tutto il mondo, abbiamo dimostrato ancora una volta
che ci sono dei produttori ansiosi di fare programmi seri, con valori culturali
e vogliono esporre ed illuminare la verità. Questo è importante. Il volume di
“share” dei programmi nel mondo non ha messo da parte l’alta qualità. Quindi,
abbiamo scoperto che con la nuova tecnologia sono presenti programmi di qualità,
e per questo le persone sono incoraggiate nel loro lavoro. Vorrei ringraziare
la Rai per il mantenimento del Prix Italia, una sorta di faro per coloro che si
dedicano all’alta qualità dei programmi. Il numero record dei partecipanti a
questo Festival dimostra che l’alta qualità è ancora viva e più forte che mai.
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5 ottobre
2003
AL GRAVE ATTENTATO PERPETRATO IERI AD HAIFA, HA
FATTO SEGUITO LA DURA RISPOSTA DI ISRAELE CHE STAMANI HA COLPITO IN SIRIA
UN CAMPO DI ADDESTRAMENTO UTILIZZATO, SECONDO TEL
AVIV, DALLE ORGANIZZAZIONI ESTREMISTE PALESTINESI
HAIFA. = Il tragico attentato che ieri ha devastato
il ristorante ‘Maxim’ di Haifa causando la morte di almeno 19 persone, tra le
quali anche cinque bambini e cinque arabi, ha inferto un ulteriore, duro colpo
al piano di pace della Road map. Il locale colpito è infatti
gestito congiuntamente da arabi ed ebrei e costituisce, quindi, un
significativo simbolo della possibile coesistenza tra israeliani e palestinesi.
L’inqualificabile strage, rivendicata dalla Jihad islamica, è stata compiuta da
una militante dell’organizzazione estremista, un’avvocatessa di 29 anni,
Hannadi Tayassir, originaria di Jenin. Il presidente dell’Autorità nazionale
palestinese, Yasser Arafat, ha condannato l’attentato ed ha lanciato una nuova
proposta di tregua con Israele. Ma lo Stato ebraico, dove oggi si celebra la
solennità del Kippur, ha reagito duramente all’ennesimo attacco ed ha condotto,
ieri pomeriggio, un’incursione a Tulkarem, nel corso della quale è rimasto
ucciso un palestinese. Tel Aviv ha inoltre lanciato, la scorsa notte, almeno
due missili contro obiettivi palestinesi a Gaza e, stamani, l’aviazione
israeliana ha attaccato una base di addestramento a Ein Zaheb, in territorio
siriano, usata secondo Tel Aviv da diversi gruppi estremisti palestinesi. E
mentre si attendono le reazioni ufficiali di Damasco dopo il primo attacco
israeliano in Siria dal 1982, crescono purtroppo i timori di una drammatica
estensione del conflitto all’intera regione. (A.L.)
TRA
IMPONENTI MISURE DI SICUREZZA SI SVOLGONO OGGI IN CECENIA LE ELEZIONI
PRESIDENZIALI LOCALI, PASSO FONDAMENTALE DEL PROGETTO
DI PUTIN
PER PORTARE LA PACE NELLA REGIONE DEL CAUCASO
GROZNY. = Urne aperte oggi per le elezioni
presidenziali locali in Cecenia, repubblica autonoma russa del Caucaso dove,
dal 1994, si svolge un feroce conflitto tra forze federali russe e milizie
unioniste da un lato e guerriglia islamico-secessionista dall’altro. Dopo il
referendum costituzionale di marzo e l’amnistia di maggio, l’odierna
consultazione costituisce il culmine del processo politico promosso da Vladimir
Putin per cercare di portare la pace nella regione. Il rafforzamento
dell’autonomia locale dovrebbe servire ad emarginare gli indipendentisti e
riaffermare al contempo l’appartenenza alla Russia. Al voto sono chiamati 560
mila ceceni e 30 mila militari delle unità di stanza permanente nella
repubblica. Anche se nelle ultime ore non sono stati segnalati incidenti di
rilievo, la tensione resta alta e le misure di sicurezza sono in massima
allerta: circa 16 mila poliziotti sono schierati a protezione di seggi e
obiettivi sensibili, nel timore di nuovi attentati o imboscate da parte della
guerriglia. I candidati rimasti in corsa sono sette, ma i favori del pronostico
sono per l’attuale capo dell’amministrazione cecena filorussa, Akhmad Kadyrov,
leader islamico moderato, che dopo essere stato vicino ai ribelli, si è
schierato con Mosca dal 1999, in polemica con l’ala fondamentalista della
guerriglia. Kadyrov è sostenuto dal Cremlino e da una milizia lealista di 5
mila uomini. Le elezioni, criticate da alcune associazioni per la difesa dei
diritti umani, non sono seguite da osservatori europei né americani,
ufficialmente per ragioni di sicurezza. È invece confermata la presenza di
osservatori della Comunità degli Stati Indipendenti, della Lega Araba e
dell’Organizzazione della Conferenza islamica. (M.A.)
INIZIATA OGGI LA MISSIONE DEL VICE SEGRETARIO DI STATO
AMERICANO, ARMITAGE, IN AFGHANISTAN. UN
VIAGGIO PER RIBADIRE L’IMPEGNO STATUNITENSE
NEL PROCESSO DI RICOSTRUZIONE DEL PAESE ASIATICO
KANDAHAR. = Il vice segretario di Stato americano
Richard Armitage è giunto oggi in
Afghanistan, per una breve visita, con lo scopo di ribadire l’impegno
Usa in un Paese dove, dopo quasi due anni, la violenza continua a minare il
processo democratico. Armitage ha
cominciato la sua visita a Kandahar, roccaforte della guerriglia dei talebani,
dove è in aumento il numero degli attacchi di militanti islamici. Avrà un
colloquio con il governatore della
provincia Yusuf Pashtun, che è in carica da agosto. Poi andrà a Kabul per
incontrare il presidente Hamid Karzai e altre personalità. L’ambasciata americana ha fatto sapere che
Armitage vuole riconfermare il pieno appoggio degli Stati Uniti agli accordi di
Bonn, che disegnano il futuro politico del Paese dopo la cacciata dei talebani
alla fine del 2001. Le tappe previste dagli accordi sono la convocazione in
dicembre della Loya Jirga, l’assembla dei capi tribù locai, che dovrà approvare
una Costituzione, cui seguiranno nel 2004 le elezioni e una più rapida fase di
ricostruzione. (M.A.)
DOPO L’INTERVENTO MILITARE STATUNITENSE IN LIBERIA,
ANCORA DRAMMATICA LA CONDIZIONE DELLA POPOLAZIONE.
A DENUNCIARLO, L’ARCIVESCOVO DI MONROVIA, MONS. FRANCIS,
CHE HA
CHIESTO AGLI USA DI RAFFORZARE IL LORO IMPEGNO UMANITARIO
MONROVIA.
= “Benché gli Stati Uniti abbiano lasciato la Liberia, il conflitto, la crisi
umanitaria e il terrore rimangono ancora qui”. Esprime tutta la sua
preoccupazione, mons. Michael Francis, arcivescovo di Monrovia, nel commentare
il ritiro dell’esercito statunitense dal Paese africano. Il presule ha inviato
un messaggio all’agenzia Misna nel quale descrive la situazione del suo Paese,
la cui agonia, lunga 14 anni, non è cessata dopo il breve periodo di presenza
Usa. L’arcivescovo ricorda quanto accaduto mercoledì scorso a Monrovia. Il
corteo del capo dei ribelli del Lurd (Liberiani uniti per la riconciliazione e
la democrazia), Sekou Conneh, che andava a incontrare il presidente ad interim,
Moses Blah, è stato attaccato: nello scontro a fuoco sono morte tre persone.
Mons. Francis sottolinea, soprattutto, la situazione delle zone rurali dove
migliaia di liberiani continuano a scappare da vessazioni, furti ed esecuzioni
sommarie perpetrate sia dell’esercito governativo che dei due movimenti ribelli
(il Lurd e il Movimento per la democrazia in Liberia-Model). La situazione di
ingovernabilità rende vani gli sforzi dei contingenti di pace della Comunità
economica dell’Africa Occidentale e dell’Onu: la maggior parte del territorio
liberiano rimane inaccessibile agli aiuti. Secondo le agenzie umanitarie
internazionali tra le 200 e 500 mila persone avrebbero bisogno urgente di cibo,
acqua, ricovero, medicinali e assistenza sanitaria. Per questo Mons. Francis
rivolge un appello all’amministrazione americana: “Anche senza fornire
assistenza militare – scrive l’arcivescovo - gli Usa dovrebbero garantire
interventi di aiuto immediato per la Liberia e supporto per la ricostruzione,
compreso il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione dei ribelli nella
società”. (M.A.)
SI È CONCLUSO A ISTANBUL IL SIMPOSIO SUL RAPPORTO
TRA CRISTIANESIMO E ISLAM ORGANIZZATO DAI CAPPUCCINI. TRE GIORNI DI DIALOGO PER
CONOSCERE E IMPARARE A RISPETTARE LE PECULIARITÀ DELLE DUE RELIGIONI
- A cura
di Padre Egidio Picucci -
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ISTANBUL. = L’ultima giornata
del Simposio islamo-cristiano dal titolo “Conoscersi per rispettarsi”, iniziato
il 2 ottobre a Istanbul, ha fornito l’opportunità per mettere a confronto
l’autorità di cui godono i testi sacri nella comunità cristiana e nella
comunità musulmana. I partecipanti hanno fatto notare che mentre il
cristianesimo non rifiuta nessun contributo che possa facilitare l’esatta
comprensione dei Vangeli, i musulmani non sono ancora arrivati a tanto. Questo
avviene – ha detto padre Maurice
Borrmans, profondo conoscitore dell’Islam – perché ci si trova di fronte a due
mondi diversi. Mentre i cristiani sono abituati ad un approccio storico-critico
ai testi sacri e ritengono che essi sono frutto di una collaborazione tra lo
Spirito di Dio e la genialità dell’autore umano, i musulmani credono che il
Corano è stato dettato direttamente da Dio al Profeta e quindi vada letto così
come è, senza proporre spiegazioni. I cristiani credono in una dinamica della
rivelazione che per i musulmani, invece, è finita con il Corano. E’ una delle
tante differenze che si incontrano sul cammino e che costituiscono una certa
difficoltà al dialogo, ma che si devono accettare e rispettare sperando di
superare in futuro. Questo non toglie nulla, comunque, all’iniziativa presa dai
frati cappuccini di Istanbul, che hanno offerto a quattro professori islamici e
a due cattolici di presentare con semplicità e spontaneità il proprio punto di
vista per quanto riguarda l’approccio alla realtà dei rispettivi libri sacri e
la loro composizione, trasmissione, interpretazione e assimilazione da parte
delle rispettive comunità. Si tratta di un prezioso passo in avanti per
conoscere reciprocamente la fede, i riti e la morale e intraprendere un cammino
spirituale aperto alla condivisione e alla fraternità.
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