RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 277 - Testo della
Trasmissione sabato 4 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Importanti nomine in alcuni
dicasteri della Curia Romana.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Migliaia di
pellegrini oggi ad Assisi, per le celebrazioni in onore di San Francesco.
Il
presidente Bush cerca di superare le polemiche interne riconfermando la legittimità
dell’attacco in Iraq.
In Cecenia si
svolgeranno, domani, le elezioni presidenziali.
Delusione della
Comunità internazionale per la conclusione della Conferenza sul clima di Mosca.
4 ottobre 2003
IL COMUNE
DESIDERIO DI APPROFONDIRE IL CAMMINO DI COMUNIONE:
AL CENTRO DELL’INCONTRO DEL PAPA
CON L’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY
E PRIMATE ANGLICANO, ROWAN
WILLIAMS, QUESTA MATTINA IN VATICANO
“Condividiamo il desiderio di
approfondire la nostra comunione” ha detto
il Papa nel discorso rivolto all’arcivescovo di Canterbury, Rowan
Williams, che, da parte sua, ha sottolineato che “l’obiettivo comune” si può
sintetizzare nell’espressione “portare la croce di Cristo”. Proprio per questo
il primate anglicano ha affermato di aver accolto con gratitudine la croce pettorale, donatagli da Giovanni Paolo II in occasione
dell’inizio del suo mandato. Il servizio di
Fausta Speranza.
“Giovanni Paolo II ha espresso il suo compiacimento per
l’incontro che – ha sottolineato - continua una tradizione iniziata appena
prima del Concilio Vaticano II, con la visita dell’arcivescovo Geoffrey
Fischer. Da allora, lasciandosi alle spalle i quattro secoli che hanno fatto
seguito alla divisione, “ha avuto inizio una serie di incontri ricchi di
grazia”. Tutto in vista della “piena comunione che – ha detto il Papa - “lo
Spirito Santo desidera per noi e a noi chiede”. Esprimendo soddisfazione per il cammino fatto, il Papa ha affermato
che “nuove e serie difficoltà” si sono sollevate sul cammino dell’unità.
Alcune attengono alla sfera della fede
e della morale. Alla luce di questo – ha ribadito con convinzione Giovanni
Paolo II - noi dobbiamo riaffermare il nostro obbligo di ascoltare la voce di
Cristo per come è giunta a noi attraverso il Vangelo e la Tradizione
apostolica della Chiesa. Proprio di
fronte al crescente secolarismo, “la Chiesa deve assicurare che il deposito
della fede sia proclamato nella sua integrità e preservato da erronee
interpretazioni”.
Giovanni Paolo II ha poi
ricordato che quando il dialogo teologico è cominciato, i predecessori, Paolo
VI e Michael Ramsey, non potevano sapere quanto lungo sarebbe stato il cammino.
Erano certi però che avrebbe richiesto
pazienza e perseveranza e che la reciproca collaborazione avrebbe condotto ad
una più grande comprensione e una più
profonda carità.
Con la necessità di “perseverare
in questo impegno, il Papa ha indicato l’esigenza di cercare in particolare,
dove è possibile, “i modi di una comune testimonianza e missione”. “Il mondo – ha detto – ha bisogno della
testimonianza della nostra unità, radicata nel nostro comune amore ed
obbedienza a Cristo e al suo Vangelo”. Giovanni Paolo II ha apprezzato particolarmente
la visita dell’arcivescovo di Canterbury, voluta proprio all’inizio del suo
mandato.
Il primate anglicano, da parte
sua, ha invece sottolineato un’altra felice coincidenza: l’imminenza del
venticinquesimo di pontificato che ha definito “una fonte di forza per tutti i
cristiani, dentro o fuori la famiglia della Chiesa cattolica romana”. Ha ricordato come “un segno di generosità e apertura” l’invito rivolto da Giovanni
Paolo II per un “paziente e fraterno dialogo sul ministero
petrino”, dando tutta la sua
disponibilità a “partecipare alla riflessione sulla possibile condivisione di
un primato di amore e servizio”.
Anche il primate anglicano è
tornato al 1966, per affermare – quale evidente segno di continuità di intenti
- di indossare l’anello episcopale
donato da Paolo VI all’arcivescovo Michael Ramsey in quell’anno. L’obiettivo
comune, nelle parole del primate anglicano, è portare a pieno compimento il
comando di Dio di essere una cosa sola in Lui.
Ha ribadito il suo impegno a
fare passi avanti nella comunione, ricordando la comune fede battesimale e
dichiarando di aver parlato anche ieri
con il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, cardinale
Walter Kasper, delle “possibilità e
delle sfide” alle quali guardare insieme. A proposito di importanti rapporti di
amicizia e collaborazione, ha sottolineato il legame con il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo della
cattedrale cattolica di Wenstminster.
L’arcivescovo di Canterbury ha
affermato di “aver ereditato con gratitudine” il lavoro teologico fatto negli
ultimi trent’anni, per poi sottolineare di trovare incoraggiamento dalla
creazione della Commissione internazionale anglicana e romano-cattolica per
l’unità e la missione,in particolare per quanto riguarda “la possibilità di tradurre
la convergenza teologica in frutti concreti che potrebbero portare
arricchimento alla vita delle comunità”.
Oggi pomeriggio ci sarà una
conferenza stampa presso il Collegio Inglese di Via Monserrato, a Roma. E’
previsto un “Opening Statement” del cardinale Kasper e un intervento dello
stesso primate anglicano, Rowan
Williams.
Ieri, l’arcivescovo di
Canterbury si era intrattenuto con il presidente del Pontificio Consiglio per
la promozione dell’unità dei cristiani, il cardinale Walter Kasper, e con il
presidente del dicastero per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Louis
Michael Fitzgerald. Sullo sfondo dei
colloqui di questi giorni, c’è il cammino fatto negli ultimi decenni durante
gli incontri della Commissione anglicano-romano-cattolica, come ricorda lo
stesso primate anglicano, Rowan Williams, nell’intervista rilasciata a Philippa
Hitchens della nostra redazione inglese.
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R. - I
THINK OVER THE DECADES…
Penso
che negli ultimi decenni, durante gli incontri della Commissione
anglicano-romano-cattolica, abbiamo accumulato una grande quantità di lavoro
teologico. Durante una conversazione con il cardinale Kasper, in occasione di
questa visita, abbiamo chiarito proprio quanto tutto questo abbia contribuito a
quello che si potrebbe chiamare il lavoro teologico interno delle due Chiese.
Quindi, sono già stati raggiunti, in particolare, accordi basilari sulla
teologia del ministero cristiano e il principio di un accordo su dove poggi
l’autorità, il cui esercizio rimane ovviamente un punto di discussione
ulteriore. Mi sembra che abbiamo raggiunto la fine del primo giro di
discussioni. Abbiamo iniziato a parlare di come questa discussione proseguirà e
credo sia un bene continuare a parlare della natura della Chiesa, dei rapporti
tra la Chiesa locale e universale, ed argomenti di questo genere.
D. - Lei ha menzionato la questione fondamentale
dell’autorità, del primato. Un interessante sviluppo, forse, negli ultimi anni
è stato quello dovuto all’appello di Giovanni Paolo II agli altri leader
cristiani per chiarire il concetto di primato perché fosse accettabile dagli
altri leader cristiani. Ha un’idea che vorrebbe esprimere sulla questione?
R. – I
THINK ALL THE COMMUNIONS…
Credo tutte le Comunioni siano state incoraggiate
enormemente, dall’appello del Papa, ad unirsi a questo dialogo. E per noi
anglicani che abbiamo sminuito l’autorità, punto di riferimento fondamentale,
ciò rappresenta una sfida, perché certamente riguarda i nostri problemi
interni. Penso, però, che molti anglicani vogliano dire che c’è una differenza
tra una autorità centrale, che prende le decisioni, e un’autorità centrale che
è, si potrebbe dire, il punto dove passano la maggior parte delle linee di
discussione. Per noi una delle questioni aperte, finora, è come si sta
evolvendo o potrebbe evolversi il papato.
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Ma è interessante andare ancora
più indietro nel tempo, per ricordare alcuni momenti significativi. Il primo
arcivescovo di Canterbury ad incontrare un Pontefice, dai tempi della Riforma,
è stato il dott. Geoffrey Fischer, che nel 1960 fece visita privata a Giovanni
XXIII. Colloqui con Papa Paolo VI ebbero, invece, Michael Ramsey, nel 1966, e
Donald Coggan, nel 1977.
Per quanto riguarda Giovanni
Paolo II, va detto che ha avuto un incontro ufficiale con il dott. Robert Runcie in due occasioni, nel 1982 e nel 1989.
Poi ha incontrato il precedente arcivescovo di Canterbury, George Carey, nel
1996 e proprio l’anno scorso, al termine del suo mandato. E’ da sottolineare che George Carey per ben
sei volte, nei suoi undici anni e mezzo da arcivescovo di Canterbury, si era recato a Roma.
Il Papa
ha nominato presidente del Pontificio Consiglio per i Laici il presule polacco
mons. Stanislaw Rylko, finora segretario del dicastero, elevandolo alla dignità
arcivescovile. Mons. Rylko subentra in questo incarico al cardinale
statunitense James Francis Stafford, nominato a sua volta da Giovanni Paolo II
penitenziere maggiore della Penitenzieria Apostolica.
Il Santo Padre ha inoltre accolto la rinuncia presentata,
per raggiunti limiti di età, dal vescovo spagnolo mons. Cipriano Calderòn Polo,
come vice presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. A
succedergli, il Papa ha quindi chiamato il presule messicano mons. Luis Robles
Dìaz, finora nunzio apostolico a Cuba.
ALTRA
UDIENZA E RINUNCIA DI AUSILIARE IN ECUADOR
Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di
vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Guayaquil, in Ecuador, presentata dal
vescovo mons. Victór Maldonado Barreno, per raggiunti limiti di età.
DOMANI MATTINA IN PIAZZA SAN PIETRO IL SOLENNE
RITO PRESIEDUTO DAL PAPA
PER LA
CANONIZZAZIONE DEI BEATI DANIELE COMBONI, ARNOLD JANSSEN E JOSEF FREINADEMETZ.
DIRETTA
DELLA RADIO VATICANA
Il
Santo Padre presiederà domani mattina in Piazza San Pietro la solenne Cappella
Papale per la canonizzazione di tre
beati: il vescovo Daniele Comboni, fondatore della Congregazione dei Missionari
Comboniani del Cuore di Gesù e delle Suore Missionarie Comboniane Pie Madri
della Nigrizia; il sacerdote tedesco Arnold Janssen, fondatore della Società del
Verbo Divino, della Congregazione delle Suore
Missionarie Serve dello Spirito Santo e della Congregazione delle Suore
Serve dello Spirito Santo dell’Adorazione Perpetua; e il sacerdote altoatesino
Josef Freinademetz, della congregazione verbita.
Il rito, che avrà inizio alle ore 10.00, sarà trasmesso in
diretta dalla Radio vaticana, sulle consuete frequenze, per l’Italia, l’Europa
occidentale e settentrionale, l’Africa e la zona di Roma, con i commenti in
italiano, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese.
RISPETTARE IL DIRITTO DELL’UOMO A CRESCERE LIBERO
SOCIALMENTE
E SPIRITUALMENTE, IN UN CONTESTO INTERNAZIONALE
DOVE
OGNI PAESE E ORGANISMO SI ADOPERI PER LA COSTRUZIONE DELLA PACE.
COSI’
LA SANTA SEDE ALLA 32.MA CONFERENZA GENERALE DELL’UNESCO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Il rispetto di ogni essere umano, l’educazione, la pace.
Sono i tre principi invocati dalla Santa Sede per un più equo rapporto di
collaborazione tra i Paesi ricchi e quelli poveri, in tema di sviluppo.
Prendendo ieri la parola alla 32.ma Conferenza generale dell’Unesco, in corso a
Parigi, il rappresentante della Santa Sede presso l’organismo dell’Onu, mons.
Francesco Follo, ha messo subito in guardia l’assemblea sui possibili squilibri
derivanti dalla “mondializzazione” dei rapporti di partnenariato tra Nord e Sud
del pianeta. Mondializzazione che - ha osservato mons. Follo - pur mirando al miglioramento delle condizioni delle
nazioni meno favorite, rischia di rendere queste ultime “più fragili e più dipendenti
dai Paesi ricchi, ipotecando gravemente il loro sviluppo”.
Ecco, dunque, l’importanza dei tre valori enunciati nel
consesso di Parigi, a partire dal rispetto dovuto ad ogni persona. Mons. Follo
si è soffermato sul dibattito sempre aperto in materia di bioetica - in particolare
sui temi della clonazione terapeutica – e in ambito etico, a partire dalla
famiglia e dai rapporti uomo-donna per arrivare alle relazioni tra Stati e
continenti. Ribadendo la centralità dell’uomo e “l’inalienabile dignità del suo
essere biologico e spirituale”, la Santa Sede - ha affermato il suo
rappresentante all’Unesco - chiede che non vi sia mai alcuna decisione presa
“contro l’uomo e l’umanità”. Anche il valore dell’educazione è stato messo in
rilievo da mons. Follo: educazione intesa non soltanto come veicolo di
insegnamento culturale e professionale, che permetta ad ogni persona di
inserirsi nella società, ma anche come mezzo che tenga sempre in conto e
valorizzi “l’aspetto spirituale e morale” dell’individuo. Un aspetto, ha
aggiunto mons. Follo, dal quale discende il rispetto di ogni credo religioso e,
all’opposto, la possibilità di arginare ogni forma di intolleranza violenta.
Infine, il valore eterno della pace, “senza il quale – ha affermato il
rappresentante della Santa Sede – non è possibile costruire un ordine mondiale
rispettoso dell’uomo”.
Di fronte a conflitti che non cessano di mietere vittime,
a piani di pace che stentano a trovare risultati concreti e a tentativi di
edificare società più democratiche che “conducono talvolta all’isolamento e
talvolta alla morte dei loro promotori”, la Santa Sede - ha concluso mons.
Follo - continua a invitare la comunità internazionale al rispetto delle regole
internazionali e alla tutela delle minoranze etniche, avendo come obiettivo
principale la costruzione della pace: senza dubbio, “la più grande sfida del
secolo che comincia”.
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"L'Europa o è cristiana o non è Europa".
La rubrica che in queste ultime settimane ha sottolineato quotidianamente la
premura di Giovanni Paolo II perché il richiamo alle radici cristiane del
Continente sia presente anche nel Trattato costituzionale apre, anche oggi, la
prima pagina dell'"Osservatore Romano". Sotto il titolo della rubrica
- a caratteri più evidenti del solito - quest'oggi è riportata la cronaca
dell'apertura della Conferenza intergovernativa dell'Ue, i cui lavori sono
dedicati proprio alla definizione del testo della futura Costituzione europea.
Sempre in prima, un articolo di Giorgio Rumi dal titolo "Il fondo della
questione": dinanzi al buio ed al silenzio calati sull'Italia. Allegato al
giornale, un inserto speciale dedicato alla proclamazione - da parte del Papa,
domenica 5 - di tre nuovi Beati.
Nelle
vaticane, nell'udienza all'Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione
Anglicana, Giovanni Paolo II ha sottolineato che il mondo ha bisogno della
testimonianza della nostra unità. La Lettera di Giovanni Paolo II al Cardinale
Angelo Sodano, in occasione della nomina a Legato Pontificio per la
celebrazione del settecentesimo anniversario della morte di Papa Bonifacio VII,
in programma nella Cattedrale di Anagni domenica 12 ottobre. La Lettera del
Santo Padre al Cardinale Cormac Murphy O'Connor per la nomina a Inviato
Speciale alla celebrazione del cinquantesimo anniversario della fondazione
della Diocesi di Stoccolma.
Nelle estere, l'intervento della Delegazione della
Santa Sede alla XXXII Conferenza Generale dell'Unesco, a Parigi: "Per una
promozione integrale dell'uomo".
Il ragguaglio sui lavori, a Roma, della Conferenza intergovernativa
dell'Unione Europea. Iraq: Bush insiste sulla pericolosità dell'arsenale di
Saddam Hussein. Sudan: una misteriosa malattia sta uccidendo, nelle zone
meridionali, numerosi bambini.
Nella pagina culturale, un articolo di Armando
Rigobello dal titolo "Libertà, giustizia e bene in una società
plurale": dagli Atti di un convegno all'Università di Venezia un
contributo al dibattito sull'etica pubblica.
Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione
politica.
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4 ottobre 2003
UN MOMENTO STORICO PER LA NUOVA EUROPA: AL VIA,
STAMANI,
A ROMA I LAVORI DELLA CONFERENZA
INTERGOVERNATIVA, IMPEGNATA
AD
APPROVARE LA COSTITUZIONE DELL’UNIONE EUROPEA
- A
cura di Alessandro Guarasci e Alessandro Gisotti -
A quarantasei
anni dalla storica firma del Trattato di Roma, i leader dell’Europa, finalmente
riunificata, si trovano nuovamente nella capitale italiana per una tappa
fondamentale sulla strada dell’integrazione continentale: la nascita di una
costituzione, pietra angolare della nuova Unione europea. Stamani, al Palazzo
dei Congressi di Roma, si è aperta dunque la Conferenza Intergovernativa, che
dovrà confrontarsi sulla bozza di costituzione, frutto del lavoro - durato un
anno e mezzo - della Convenzione europea. A seguire i lavori per noi, c’è Alessandro
Guarasci:
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Una
Costituzione Europea è necessaria. Lo afferma la bozza della dichiarazione
finale che sarà adottata oggi dai leader europei che partecipano ai lavori
della Cig. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ricevuto stamane
dalle 9 i capi di Stato e di governo in un palazzo dei Congressi messo a nuovo.
Intorno, un quartiere blindato, l'Eur, quasi un'enclave dove è possibile
accedere solo grazie a speciali permessi. E qui in Sala Stampa, dove sono
presenti 1.300 giornalisti, sono arrivati gli echi degli scontri che sono
avvenuti nel centro di Roma. Una Carta Costituzionale, dunque, appare
indispensabile per assicurare all'Europa una consistenza e un’efficacia nel
mondo. Ma tutto ciò, quando dovrà avvenire? Per i rappresentanti degli Stati,
oggi a Roma, è assolutamente necessario raggiungere un’intesa prima delle
elezioni parlamentari del 2004. E stamattina si sono cominciate a delineare le
posizioni. Da un lato la presidenza dell’Italia che mira ad ottenere
l'approvazione della Costituzione nei tempi più brevi possibili. Al suo fianco,
molti dei Paesi più grandi, soprattutto Francia e Germania, ma anche la Danimarca.
Berlusconi si è detto ottimista sull'esito dei lavori, aggiungendo che questo
testo deve essere una fine e un inizio.
R.
- Deve rappresentare la fine delle
divisioni dell’Europa causate dai totalitarismi del Novecento. Deve
rappresentare l’inizio di un’Europa dalle forti istituzioni comuni, capace di
assicurare la pace, la sicurezza e la prosperità ai suoi cittadini, capace di
una propria forte politica economica per lo sviluppo, ma anche capace di
esprimersi con una voce sola e di assumersi autonome responsabilità politiche e
militari.
Berlusconi ha aggiunto che
bisogna mettere da parte gli interessi particolari. Sull'altro fronte troviamo
Spagna e Polonia, che non intendono rinunciare al sistema di voto ponderato
previsto dal Trattato di Nizza per i Consigli, mentre la bozza prevede un
sistema che concede maggiore peso ai Paesi più popolosi. Non ultimo, le radici
cristiane dell’Europa. Il vicepresidente Fini ha chiesto che vi sia un
riferimento chiaro, “perché - ha detto – c’è una maestosità nella Chiesa in cui
un politico cattolico trova ispirazione”. Il presidente della Commissione Europea,
Romano Prodi, ha aggiunto che serve una Costituzione snella e che dunque è
stato proposto di ridurre in modo notevole il numero delle materie per le quali
serve il voto all'unanimità. Per Prodi è poi irrealistico un referendum sulla
Costituzione e per ogni Paese serve un commissario. Insomma, nelle prossime ore
vedremo se un’intesa è stata trovata.
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In primo piano, nel confronto della Conferenza
intergovernativa, c’è quindi il nuovo assetto di poteri dell’Unione europea. Un
cambiamento, che si rivela necessario per far fronte alle sfide di
un’organizzazione a 25 Stati. La configurazione della nuova struttura inciderà,
così, sugli attuali organismi a partire dalla Commissione di Bruxelles, finora
cuore pulsante dell’amministrazione continentale. A sottolinearlo è la prof.ssa
Maria Rita Saulle, docente di diritto internazionale all’ateneo romano
“La Sapienza”:
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R. - Indubbiamente la Commissione dovrebbe, secondo
l’attuale progetto, vedere ridotto il numero dei suoi componenti e questo ha
come risultato di dare alla Commissione una rilevanza un po’ inferiore rispetto
a quello attuale. Resta il valore della Commissione come motore dell’Europa,
così come era inizialmente. Tuttavia, assume un ruolo importante il presidente dell’Unione Europea che è
nominato dal Consiglio europeo. Ci troviamo di fronte a certi cambiamenti istituzionali
di notevole valore.
D. - Tra i capitoli ancora oggetto di acceso dibattito: la
ponderazione dei voti in seno al Consiglio Europeo e il numero dei commissari
europei. In questi ambiti emergono contrasti dettati dagli interessi nazionali.
Su quali presupposti potrà essere trovato un compromesso?
R. - Innanzitutto, occorrerebbe che questo testo venisse
modificato quasi per nulla. Sono dell’idea che come l’Europa è cresciuta da
sola in questi anni con poche strutture e
norme appena necessarie per farla vivere, così questa Costituzione segni
un passaggio epocale, perché va ad includere nell’Unione Europea Stati che un
tempo appartenevano sia sul piano politico, sia su quello economico ad altri
settori dell’Europa. Ha un valore epocale nel senso che segna un cambiamento,
segna un allargamento. Questa costruzione europea che ha riguardato i primi sei
Paesi è andata crescendo a volte al di fuori e al di là di ogni aspettativa.
Quindi è auspicabile che ciò accada anche in futuro.
D. - In molti, negli ultimi tempi, hanno lamentato una
mancanza di efficacia dell’Europa sullo scenario internazionale. Quali sono le
innovazioni previste dalla Costituzione per dare maggiore forza alla politica
estera del Vecchio Continente?
R. - La presenza di un ministro degli Esteri, che dovrebbe
affiancare il presidente del Consiglio. Quindi c’è questa figura che implica, però, una coesione sul piano della
politica estera oltre che della difesa, della sicurezza, affari interni, eccetera.
Questa è forse la nota più delicata in quanto ci sono sempre state, almeno
finora, delle posizioni che potevano non essere coese, ma si tratterà di
superare, di rendersi conto che soltanto se l’Europa cresce unitariamente - e
attraverso questa Costituzione può compiere sicuramente dei passi in avanti -
soltanto in quel caso noi ci proporremo, sulla scala mondiale, con una veste
veramente importante.
D. - L’attenzione dell’opinione pubblica è concentrata sul
nuovo assetto dei poteri dell’Europa a 25, ma quanto la futura Costituzione
inciderà sulla politica sociale ed economica dell’Unione?
R. - La futura Costituzione si pone sull’impianto del
Trattato di Roma, che partiva dalla funzione primaria della Comunità Economica
Europea come ente per regolare la concorrenza. A quell’epoca la politica
sociale è stata un risultato della politica della concorrenza e poi è avanzata
da sola con passi a volte giganteschi. Tutto questo, però, non si può pensare
che venga distrutto dall’attuale Carta, al contrario questa non contiene
nessuna norma transitoria che per esempio abroghi tutte le direttive e
regolamenti in materia sociale. Certo, il discorso può cambiare se da un punto
di vista economico la situazione dell’Europa dovesse andare a peggiorare.
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LA POLITICA ESTERA STATUNITENSE DOPO L’11 SETTEMBRE IN PRIMO
PIANO ALL’INCONTRO,
IN
CORSO A CAMALDOLI, SUL TEMA “DIO E IL CONFRONTO DELLE CIVILTA’”, PROMOSSO DALLA
RIVISTA “IL REGNO”
- Servizio di Ignazio Ingrao -
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Una
riflessione sulle ragioni ed i valori che sono dietro alle scelte di politica
estera statunitense dopo l’11 settembre ha animato la seconda giornata dei lavori
dell’incontro su “Dio ed il confronto delle civiltà”, organizzato a Camaldoli
dal quindicinale ‘Il Regno’. Molto significativa è stata la testimonianza del
cardinale Pio Laghi, che ha riferito in dettaglio i particolari della sua
missione a Washington e del suo incontro con Bush il 5 marzo scorso per
scongiurare la guerra in Iraq.
“In
quelle ore drammatiche - ha raccontato Laghi - ho trovato un Bush molto sicuro
di sé, quasi illuminato da una missione superiore di crociata del bene contro
il male. Sono venuto non solo per ascoltare, ma anche per essere ascoltato” disse
Laghi a Bush in quell’incontro “ma - commenta lo stesso cardinale - ci siamo
trovati divisi sulla diagnosi e sulle terapie da utilizzare”. L’impressione era
che Bush avesse ormai deciso. “Un generale - riferisce Laghi - mi disse: stia
tranquillo che quello che dobbiamo fare lo faremo presto e bene”. “A posteriori
– commenta il cardinale – possiamo dire che le preoccupazioni del Papa,
espresse allora dalla Santa Sede e dai vescovi, erano fondate”.
Il
politologo statunitense John Harper ha fatto eco alle parole del cardinale
“penso che la dottrina della guerra
preventiva pronunciata un anno fa sia stata smentita dalla guerra in Iraq – ha
detto Harper – non solo perché le famose armi di distruzione di massa non si
trovano, ma perché, invece di intimidire gli altri membri dell’asse del male,
l’intervento americano in Iraq ha spinto l’Iran ad accelerare il suo programma
nucleare. Penso che nei prossimi anni – ha suggerito Harper – si comincerà a
rispolverare la lezione di Henry Kissinger, l’obiettivo della politica estera
americana, diceva Kissinger, non può essere la trasformazione della società
altrui”.
“Gli
Stati Uniti sono ormai sulla via di Damasco – ha osservato Andrew Moravcsik –
docente all’Università di Harvard – non solo sulla via geografica verso Damasco,
ma anche su quella metaforica. Gli Stati Uniti stanno imparando la tragica
lezione che Atene imparò sotto Pericle oltre 2000 anni fa in Sicilia, cioè, che
è più costoso per una potenza imperiale conservare un Impero, piuttosto che
conquistarlo”.
Da Camaldoli, per la Radio Vaticana, Ignazio Ingrao.
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4 ottobre 2003
MIGLIAIA DI PELLEGRINI OGGI AD ASSISI
PER LE
CELEBRAZIONI LITURGICHE IN ONORE DI SAN FRANCESCO
- A
cura d Alessandro De Carolis -
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ASSISI.
= Nel cuore umbro dell’Italia, che parla al mondo della pace, un invito alla
“concordia” anche per la classe politica e alla società italiana, sulla scorta
di quanto affermato lo scorso anno da Giovanni Paolo II, nel corso della
storica visita a Montecitorio. Un invito levato dal presidente della Camera dei
deputati italiana, Pier Ferdinando Casini, dal balcone del Sacro convento
prospiciente alla piazza della Basilica di Assisi, nel giorno dei
festeggiamenti e della memoria liturgica di San Francesco. Un 4 ottobre denso
come sempre di avvenimenti e di riti, quello di oggi, aperto questa mattina
alle 10, sotto i celebri affreschi di Giotto, dalla Messa solenne presieduta
dall’arcivescovo di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi, e concelebrata
dal vescovo di Assisi, Sergio Goretti, e dai ministri generali e provinciali
delle Famiglie francescane. Circa tremila i fedeli e i pellegrini presenti, in
larga parte assiepati all’esterno dove, sotto un cielo nuvoloso ma senza
pioggia, hanno potuto seguire su maxischermo la celebrazione della Messa.
Quest’anno è stata la Sicilia, rappresentata dal presidente regionale Salvatore
Cuffaro, ad offrire, a nome di tutta la Penisola, l’olio per la lampada votiva.
Nel suo discorso in onore del Patrono d’Italia - secondo la consuetudine che
dal 1939 vede presente, nel giorno di San Francesco, un rappresentante delle
istituzioni italiane – il presidente della Camera Casini ha richiamato politici
e cittadini ai valori fondamentali della democrazia: “Rispetto e tolleranza,
dialogo ed apertura alla diversità, umiltà e determinazione a favore dell'
uomo”. Le “vane dispute di parole, gli atteggiamenti che portano ad inutili ed
improduttive divisioni – ha osservato Casini - sono ostacolo costante ed
insidioso all’edificazione di una comunità capace di crescere nell’amore”. Tra
gli appuntamenti del pomeriggio, ricordiamo la celebrazione dei Vespri che si
terrà alle 16, nella Basilica inferiore, presieduta dal nunzio apostolico in
Italia, l’arcivescovo Paolo Romeo. (A.D.C.)
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IL VANGELO E IL CORANO AL CENTRO DEL
PRIMO SIMPOSIO ISLAMO-CRISTIANO IN CORSO A ISTANBUL,
OSPITATO
NELLA CASA DI ACCOGLIENZA DEI CAPPUCCINI DI PARMA
- A
cura di padre Egidio Picucci -
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ISTANBUL.
= I partecipanti al primo Simposio islamo-cristiano, che si tiene dal 2 ottobre
scorso a Istanbul, nella casa di accoglienza dei Frati Minori Cappuccini di
Parma, stanno avendo la possibilità di conoscere più da vicino i Vangeli e il
Corano. Non per nulla il tema del Simposio è: “Conoscersi per rispettarsi”.
Essi hanno così appreso che, nonostante alcune diversità, e talune radicali, tra
Corano e Vangeli, ci sono molte somiglianze, perché ambedue contengono la
Parola rivelata da Dio e sono stati trasmessi prima oralmente e poi per
iscritto, perché non subissero manipolazioni e non venissero dimenticati. Se i
musulmani – ne sono presenti una cinquantina, in gran parte studenti – hanno
appreso che il concetto cristiano della rivelazione è diverso dal loro e che i
cristiani non sono quello che essi dicono, e cioè la famosa gente del Libro, ma
uomini che credono nella Parola di Dio incarnata in Cristo, i cristiani hanno
conosciuto una infinità di particolari relativi alla rivelazione fatta al
profeta, per mezzo dell’angelo Gabriele, in un periodo di 23 anni; l’assoluta
attendibilità del testo originale, che inizialmente fu imparato a memoria, e
poi scritto perché non fosse manipolato a andasse perduto. La redazione
definitiva del Corano fu fatta ai tempi del califfo Osman, verso il 630. Delle
sette copie preparate: quattro sono state distrutte dagli incendi e delle tre
rimaste, una si conserva a Istanbul, una a Londra e l’altra a Tackent, in
India. Notizie marginali, forse, ma che hanno creato negli uditori un clima di
serenità nuova, fatto di sguardi compiacenti, riservata alla scoperta di amici
nuovi. Un particolare significativo ha riguardato l’accenno fatto alla Madonna,
di cui si parla più volte nel Corano, e sempre con termini teologicamente
esatti e letteralmente poetici. Alla domanda se la Vergine può essere un anello
di congiunzione e di intesa fra musulmani e cattolici, l’oratore ha risposto:
“Dio lo voglia”.
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SECCO NO DELLE NAZIONI UNITE AD UNA REVISIONE
DEI CONFINI TRA ETIOPIA
ED ERITREA, RICHIESTA DAL GOVERNO DI ADDIS
ABEBA. SALE LA TENSIONE
TRA I
DUE PAESI DEL CORNO D’AFRICA, A TRE ANNI DALLA FINE DEL CONFLITTO,
CHE HA PROVOCATO LA MORTE DI 90 MILA PERSONE
NEW
YORK. = Le Nazioni Unite hanno respinto la richiesta dell’Etiopia di rivedere i
confini fissati dalla commissione internazionale di arbitraggio al termine del
conflitto con l'Eritrea – tra il 1998 e il 2000 – costato la vita a circa 90
mila persone. A renderlo noto il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Una sola,
secca, pagina di risposta alle richieste di revisione avanzate dal premier
etiopico Meles Zenawi, circa dieci giorni fa. La richiesta riguardava soprattutto
l'attribuzione di Badme, un piccolo villaggio frontaliero, ma di grande valore
simbolico essendo il suo controllo ad aver innescatolo scoppio del conflitto.
Le intese di Algeri che posero fine, nel dicembre del 2000, al conflitto – dove
la diplomazia italiana ebbe un ruolo di primo piano nella mediazione –
obbligavano le parti ad accettare le decisioni della commissione di
arbitraggio. Questa decise nell'aprile del 2002, ribadendolo nel marzo del
2003, che Badme era eritrea. Ora Addis Abeba chiede una revisione della mappa,
mentre l'Eritrea vuole che contro l’Etiopia siano decise sanzioni per la
mancata ottemperanza ai protocolli di Algeri. Secondo alcuni osservatori, i due
Paesi, economicamente e socialmente in ginocchio, cercherebbero di
rivitalizzare l'appoggio dell'opinione pubblica facendo pericolosamente
risalire la tensione, mentre restano ancora aperte le ferite del conflitto
precedente. (A.G.)
L’ESPERIENZA
MISSIONARIA DI DANIELE COMBONI, TRA TEATRO DI PROSA E MUSICAL AFRICANI,
IN
SCENA STASERA E DOMANI ALL’AUDITORIUM ROMANO DI SANTA CECILIA
- A cura di don Raffaello Lavagna -
ROMA.=
L’Auditorium romano di Via della Conciliazione ospita da ieri sera una
manifestazione che lo riporta alle finalità ecclesiali per cui lo volle Pio XII
inaugurandolo. Finalità perfettamente intonata allo spettacolo sul vescovo
Daniele Comboni, “Il giorno e la notte”, che sarà canonizzato dal Papa domani
mattina. Lo spettacolo costituisce una realizzazione che sta tra il teatro di
prosa e il musical, riproponendo la intensa e travagliata vita di Comboni,
all’avanguardia nell’opera missionaria, portata soprattutto nell’Africa
centrale, che lui amava chiamare la sua “Nigrizia”, con particolare attenzione
al Sudan, dove morì pronunciando le profetiche parole: “Morirò io, ma non
morirà la missione”. La realizzazione scenica include tamburi, canti e danze
africane. Le due ultime repliche sono in programma stasera, alle ore 20.30, e
domani, domenica, alle ore 17.00 e alle ore 20.30.
VENTUNO, TRA MUSEI E CELEBRI SITI CULTURALI,
APERTI DOMANI GRATIS
AI
DISABILI IN ITALIA, DOVE SI CELEBRA LA GIORNATA PER L’ABBATTIMENTO DELLE
BARRIERE ARCHITETTONICHE
ROMA. = Percorsi guidati, anche con l’ausilio di
elettroscooter, e poi spettacoli e iniziative in 21 musei e siti italiani di grande
interesse culturale. E’ questa l’“ossatura” della Giornata nazionale per
l’abbattimento delle barriere architettoniche, proclamata dal presidente del
Consiglio dei ministri, che si celebra domani in tutta Italia - nell’ambito
dell’Anno europeo dell’handicap - e che permetterà gratuitamente a migliaia di
disabili di godere degli inestimabili tesori d’arte custoditi in Italia. Dal Museo
delle antichità egizie di Torino, al Museo archeologico nazionale di Reggio
Calabria, - passando per Galleria degli Uffizi di Firenze, Villa d’Este a
Tivoli, o la Reggia di Caserta e decine di altre celebri istituzioni – la
Giornata si propone di porre in rilievo quei siti che rivestono un carattere di
eccellenza in materia di abbattimento delle barriere architettoniche. Il
ministro italiano per i Beni e le Attività Culturali, Giuliano Urbani, sarà
domani mattina alla Pinacoteca di Brera a Milano, dove incontrerà le
associazioni di volontariato per i disabili e consegnerà alla soprintendente
per il Patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico, Maria Teresa
Fiorio, due degli otto elettroscooter destinati ai percorsi guidati.
L’iniziativa è realizzata dal Segretariato Generale del Ministero in collaborazione
con la onlus “Gruppo Angeli” e i Volontari per l’arte iscritti alle
associazioni, che da anni offrono la loro gratuita collaborazione nella cura di
manifestazioni all’insegna della solidarietà. (A.D.C.)
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4 ottobre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq non si arresta lo stillicidio di violenze. Un ex
soldato iracheno è rimasto ucciso ed altri sei sono stati feriti stamani, a
Baghdad, a causa degli spari delle truppe americane durante una manifestazione
organizzata per richiedere il pagamento degli stipendi. Un militare americano,
inoltre, è stato ucciso questa mattina, in un attacco perpetrato nella capitale
irachena mentre era di pattuglia. Proprio la complessa gestione del dopoguerra
nel Paese arabo resta uno dei temi centrali dello scenario politico
internazionale. Il Giappone sarebbe pronto a contribuire alle spese di
ricostruzione, calcolate in circa 55 miliardi di dollari. L’entità esatta della
partecipazione finanziaria dello Stato nipponico dovrebbe essere annunciata il
prossimo 17 ottobre dal premier, Junichiro Koizumi, in occasione della visita,
a Tokyo, del presidente americano, George Bush. Per sostenere le forze della
coalizione Stati Uniti e Corea del Sud stanno inoltre esaminando entità e luoghi
di un eventuale dispiegamento di truppe di Seul in Iraq. Intanto negli Stati
Uniti rimane sempre acceso il dibattito interno sulla legittimità dell’attacco
a Saddam Hussein. Il servizio, da New York, di Paolo Mastrolilli:
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“Saddam era un pericolo per il mondo, anche se gli
ispettori americani non hanno ancora
trovato le armi di distruzione di massa, usate dalla Casa Bianca come
motivazione principale per la guerra”. E’ la risposta venuta da Bush per
arginare le polemiche provocate dalla testimonianza al Congresso dell’inviato
della Cia, David Kay, proprio mentre la maggioranza comincia a dubitare della necessità
di invadere l’Iraq. Il capo della Casa Bianca ha detto che il rapporto di Kay,
responsabile della caccia alle armi vietate, è preliminare e ha provato che
Saddam aveva intenzione di produrle. Quindi, stava violando le risoluzioni
dell’Onu, tenendo in vita i programmi per la creazione di agenti biologici
forse chimici. Perciò, secondo Bush, il leader di Baghdad rappresentava una minaccia
e la guerra era giustificata. Non la pensano così i leader dell’opposizione
democratica, secondo cui l’assenza di armi, dimostra che il pericolo non era
imminente e quindi si poteva dare più tempo agli ispettori dell’Onu e alla
diplomazia. Intanto, in Iraq continuano gli attacchi contro gli americani, in
media almeno 15 al giorno, secondo fonti militari.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Restiamo
in Iraq, dove le truppe polacche hanno rinvenuto quattro missili antiaerei di
fabbricazione francese, di concezione avanzata e prodotti quest’anno, secondo
quanto ha annunciato ieri un portavoce del ministero della Difesa a Varsavia.
Immediata smentita della Francia che ha affermato di non aver mai venduto armi
del genere a Baghdad.
Uniti da comuni interessi in Iraq, Washington e
Teheran si stanno riavvicinando e secondo il quotidiano ‘Los Angeles Times’,
Stati Uniti e Iran stanno cercando di riprendere i colloqui riservati
interrotti nel mese di maggio. Il segretario di Stato americano, Colin Powell,
ha dichiarato che l’amministrazione statunitense “ha ricevuto importanti
segnali di apertura dal Paese del Golfo Persico” ma ha anche aggiunto che gli
Stati Uniti hanno bisogno di “garanzie assolute sui fini non bellici del
programma nucleare iraniano”. Bisogna inoltre registrare che Teheran invierà
una propria delegazione alla Conferenza dei Paesi donatori per l’Iraq, prevista
il 23 ed il 24 ottobre a Madrid.
Da un importante appuntamento politico teso alla
ricostruzione dell’Iraq passiamo ora ad un altro incontro che ha avuto come
tema il processo di riunificazione tedesca. Per partecipare ad un convegno
incentrato sul 13.mo anniversario di questo storico evento, l’ex cancelliere
tedesco, Helmut Kohl, il presidente americano dal 1988 al 1992, George Bush senior, e l’ex
presidente sovietico Mikhail Gorbaciov si sono incontrati ad Atlanta, in
Georgia, dove hanno discusso sulle implicazioni storiche della caduta del Muro
di Berlino.
Un
voto per stabilizzare la Cecenia o un voto che rappresenta “una farsa”. Sono
queste le contrastanti visioni del Cremlino e degli indipendentisti caucasici
sulle elezioni presidenziali che si svolgeranno domani in Cecenia e che vedono
come unico favorito il filorusso Kadyrov. Nella repubblica caucasica la situazione
rimane preoccupante anche per lo stato dei diritti umani, come ha denunciato in
questi giorni a Mosca Amnesty International. Lo conferma Marco Bertotto,
presidente della sezione italiana di Amnesty, intervistato da Giada Aquilino:
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R. - In Cecenia, fonte di gravi violazioni dei diritti
umani, di gravi crimini di guerra commessi sia dalle forze russe che dai
miliziani ceceni, non c’è giustizia, non c’è garanzia alcuna per le vittime,
che nella gran parte dei casi sono la popolazione civile. E quando dico non c’è
giustizia alludo al fatto che su 168 procedimenti aperti in Cecenia contro
violazioni di diritti umani, solo 50 abbiano, o stiano avendo in queste settimane,
uno sbocco dal punto di vista legale.
D. – Cosa chiede Amnesty, in particolare, per la Cecenia?
R. – Che ci sia una mobilitazione della comunità
internazionale. Chiediamo che vengano fatti processi contro i responsabili di
violazioni dei diritti umani; che siano resi pubblici i rapporti del Comitato
europeo per la prevenzione della tortura e vengano attuate le sue
raccomandazioni; e che in ogni caso siano aperte delle indagini imparziali su
tutte le denunce di crimini di guerra, commessi nella Repubblica cecena.
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Cresce la delusione nella Comunità internazionale per la
conclusione della Conferenza sul clima di Mosca dove è stato confermato il
rifiuto del Cremlino a ratificare il Protocollo di Kyoto sulla diminuzione
dell’emissione dei gas che producono l’innalzamento della temperatura
terrestre. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:
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Quattro giorni di intense discussioni e consultazioni su
cui è pesato il congelamento del Protocollo di Kyoto da parte di Vladimir
Putin. Il governo russo sta ancora studiando la questione e chiede che i propri
interessi economici vengano considerati. A nulla sono, quindi, valse le forti
pressioni esercitate su Mosca nelle scorse settimane da europei, canadesi, e
giapponesi. Senza la cruciale scelta positiva russa il trattato non può entrare
in vigore, lo devono ratificare un numero di Paesi che detengono almeno il 55
per cento delle emissioni gassose. Siamo fermi intorno al 44 per cento. La
Russia ha una quota del 17 per cento, mentre gli Stati Uniti di Bush - che ha
già detto di no a Kyoto, a causa degli alti costi per la sua applicazione - ha
il 36 per cento. Firmato nel ’97 da 84 Paesi, il protocollo di Kyoto mira a
tagliare l’emissione dei gas inquinanti, quelli che insomma producono il cosiddetto
effetto serra, entro il 2012.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Il
presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha annunciato, oggi, la sua intenzione
di ricandidarsi per un secondo mandato nelle elezioni 2004. “Ho deciso di rimandare
il mio ritiro dalla politica”, ha dichiarato rivolgendosi ad una folla di
sostenitori nella sua città natale, Pampanga. Cinquantacinque anni, sposata,
tre figli, economista di orientamento liberista, Gloria Arroyo ha assunto la
più alta carica di Stato il 20 gennaio 2001 subentrando a Joseph Estrada, il
presidente arrestato con l’accusa di corruzione.
La felicità non costa nulla e si può vivere con
gioia anche dove regnano miseria e povertà. E’ quanto emerge da una ricerca
condotta da un’autorevole rivista inglese,
“New Scientist”, secondo la quale i nigeriani sono i più felici del mondo. Al secondo
posto di questa speciale classifica c’è il Messico e a seguire Venezuela, El
Salvador, Porto Rico, Vietnam e Colombia. Tutti Paesi dove, probabilmente,
impera una gioia di vivere che la parte del mondo più “progredita” pare aver
perso. Nella graduatoria stilata da New Scientist, l’Italia è solamente ventiseiesima
ed ha una percentuale di felici assai bassa: appena il 17 per cento. Secondo la
ricerca, tra le cose che rendono più felici ci sono l’avere un buon carattere,
invecchiare bene, avere amici e fare del bene. Piccolissimo peso sembrano
avere, invece, i beni materiali dei quali l’opulento ma meno allegro Occidente
non sa fare a meno.
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