RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 276 - Testo della Trasmissione venerdì 3 ottobre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Un invito alla speranza e al discernimento per scrutare “i segni dei tempi”, nel discorso ai religiosi redentoristi ricevuti in occasione del Capitolo generale.

 

All’insegna dell’ecumenismo, proseguono oggi gli incontri romani dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. Domani mattina, l’attesa udienza del Papa al Primate anglicano. Ai nostri microfoni, il cardinale Walter Kasper.

 

Il 25.mo di Pontificato. L’attenzione di Giovanni Paolo II alle Chiese Orientali. Con noi, il cardinale Ignace Moussa Daoud.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’Europa non può rinnegare le sue radici cristiane. L’intervento del vescovo Amédée Grab, alla Plenaria delle Conferenze episcopali europee riunita a Vilnius.

 

Presentato a Ginevra il Rapporto Unctad 2003 sul commercio e lo sviluppo. In calo produzione e offerte di lavoro.

 

Nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, domani sera un concerto per presentare il progetto di un Centro mariano in Terra Santa.. Intervista con Francoise Brennar.

 

Liturgia e geopolitica alla ribalta nella Plenaria dei vescovi d’Africa e Madagascar.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aumenta l’ondata dei rapimenti a Buenos Aires, causata anche dalla grave crisi economica in cui versa l’Argentina.

 

Appello ai giornalisti del cardinale arcivescovo di Città del Messico Norberto Rivera Carrera: perseguite la via della verità per garantire la pace.

 

L’arcivescovo di Valencia esorta i fedeli a tradurre in ‘opere concrete’ la loro dedizione e il loro amore verso i più deboli.

 

Le Ong dello Sri Lanka accusano quelle internazionali di non aver fatto abbastanza per il Paese, devastato da una decennale guerra civile.

 

La testimonianza di fede dei ‘piccoli evangelizzatori’ nel Myanmar arriva ai villaggi isolati del Paese sfidando le imposizioni del governo che limita la libertà religiosa ai cattolici.

 

24 ORE NEL MONDO:

Venerdì di preghiera drammatico per i musulmani dell’Asia: attentati in Pakistan e nelle Filippine.

 

Gli ispettori americani confermano: nessuna arma di distruzione di massa ritrovata in Iraq.

 

Nuova offensiva della guerriglia nel nord Uganda. Pesante scontro con l’esercito.

 

La Costa d’Avorio in piazza, per chiedere il disarmo dei ribelli.

 

È una donna il successore di Anna Lindh al ministero degli Esteri svedese.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 ottobre 2003

 

 

SCRUTARE I SEGNI DEI TEMPI CON “FEDELTA’ CREATIVA” PER RISPONDERE

ALLE URGENZE PASTORALI DI OGGI: COSI’ GIOVANNI PAOLO II,

RICEVENDO I MISSIONARI REDENTORISTI, RIUNITI A ROMA PER IL CAPITOLO GENERALE,

SUL TEMA “DARE LA VITA PER LA REDENZIONE ABBONDANTE”

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“Andate avanti con speranza”: non si stanca mai il Papa d’incoraggiare quanti arrivano ogni giorno al suo cospetto. E stamane rivolto ai padri Redentoristi si è detto certo che il loro Capitolo generale “imprimerà un più deciso impulso all’opera di rinnovamento” che hanno intrapreso, “individuando priorità e coraggiose scelte apostoliche”. Nel discorso consegnato a padre Joseph Tobin, riconfermato superiore generale della Congregazione del SS.mo Redentore, Giovanni Paolo II,  ha osservato che questo Istituto, “al pari di altri” in alcune parti del mondo vive “una fase di incoraggiante ripresa”, mentre altrove mostra “segni di crisi e di stanchezza” e se “in taluni Paesi fioriscono le vocazioni” in altri “scarseggiano in modo così preoccupante da mettere in forse il futuro stesso” della Famiglia redentorista in tali regioni. E “se la tentazione di conformarsi a stili di vita, oggi culturalmente dominanti – ha proseguito il Santo Padre - facesse breccia nelle vostre comunità, rischierebbe di indebolirne lo spirito religioso e la spinta evangelizzatrice. Ugualmente, un rassegnato rinchiudersi in forme pastorali che non forniscono più risposte adeguate al bisogno di redenzione degli uomini d’oggi potrebbe bloccare l’auspicato risveglio missionario dell’intera vostra famiglia religiosa.”

 

Occorre dunque - ha indicato il Papa ai padri Redentoristi - “discernimento” per scrutare “profeticamente i segni dei tempi”, “contando sull’aiuto di Cristo” che “compie anche oggi la sua opera”, ma “dobbiamo avere occhi penetranti per vederla” e “un cuore grande” per esserne “strumenti”. E se il vostro ministero è soprattutto “un servizio d’amore” prestato agli uomini “più abbandonati e poveri” nello spirito e nella società, “anche oggi – ha sollecitato Giovanni Paolo II – “tanti sono lontani da Cristo e dalla Chiesa e non pochi attendono un primo annuncio del Vangelo”, a cominciare dai giovani” spesso di fronte “a proposte di vita contraddittorie”. Quindi un ultima raccomandazione: “fatevi maestri di vita evangelica”, servitevi dello “stile popolare” per ricordare “a tutti i battezzati la loro chiamata alla santità”, pure  nella “vita ordinaria”, e condividete questo vostro carisma con i laici, perché siano anche loro “pronti a dare la vita per la redenzione abbondante”.

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ALTRE UDIENZE DI OGGI

 

Nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in udienza il ministro degli Esteri del Libano, Jean Obeid, con la consorte e il seguito.

 

Il Santo Padre ha inoltre ricevuto tre vescovi  della Conferenza episcopale delle Filippine, in visita “ad Limina”.

 

Per stasera alle ore 19.00, Giovanni Paolo II ha in agenda un’udienza al primo ministro della Polonia, Leszek Miller, con le persone del seguito.

 

 

ALL’INSEGNA DELL’ECUMENISMO, GLI INCONTRI DI STAMANI DELL’ARCIVESCOVO

DI CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS, PER LA PRIMA VOLTA IN VISITA A ROMA,

DALLA NOMINA A PRESIDENTE DELLA COMUNIONE ANGLICANA. DOMANI,

 L’ATTESO INCONTRO IN VATICANO CON GIOVANNI PAOLO II.

AI NOSTRI MICROFONI, IL CARDINALE WALTER KASPER

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Un gesto di grande significato sul percorso del dialogo ecumenico: nel primo giorno d’incontri a Roma, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, si è intrattenuto, stamani, in conversazioni con il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il cardinale Walter Kasper, e il presidente del dicastero per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Louis Michael Fitzgerald. Cresce intanto l’attesa per l’incontro di domani tra il primate anglicano e Giovanni Paolo II, previsto per le ore 11 al Palazzo Apostolico. Si tratta del primo colloquio con il Papa del dott. Williams, da quando - nel luglio dell’anno scorso - è stato nominato 104.mo arcivescovo di Canterbury. Il suo predecessore George Carey, si era recato sei volte a Roma, negli undici anni e mezzo di mandato. Il primo arcivescovo di Canterbury ad incontrare un Pontefice, dai tempi della Riforma, è stato il dott. Geoffrey Fisher, che - il 2 dicembre del 1960 - visitò privatamente Giovanni XXIII. Dopo di lui, fu la volta del dott. Michael Ramsey nel 1966 e del dott. Donald Coggan nel 1977, che ebbero colloqui con Paolo VI. Quindi, il dott. Robert Runcie, che nel 1982 e nel 1989 s’incontrò ufficialmente con Giovanni Paolo II. Ma torniamo all’incontro di stamani tra l’arcivescovo Williams e il cardinale Kasper, attraverso la testimonianza del porporato, raccolta dalla nostra Philippa Hitchen: 

 

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Abbiamo parlato di tutti i problemi riguardanti l’ecumenismo, dei nostri rapporti con gli ortodossi, con i luterani, ma soprattutto con la Comunione anglicana. Abbiamo menzionato i progressi che sono stati fatti. Adesso stiamo  completando un documento molto importante sulla mariologia. Abbiamo parlato anche dei conflitti e delle tensioni che sono emersi negli ultimi mesi all’interno della Comunione anglicana in seguito alla ordinazione di preti che praticano l’omosessualità. Al riguardo ho espresso la mia preoccupazione perché non è soltanto un problema interno alla Comunione anglicana, ma anche un problema che tocca i nostri rapporti. Noi, infatti, abbiamo una posizione chiara che è quella espressa nel catechismo della Chiesa cattolica, abbiamo anche una tradizione, una eredità comune su questo punto. Speriamo che essi adesso non abbandonino questa comune tradizione. Ho espresso il mio desiderio, il mio augurio che egli sia capace di trovare una soluzione che sia gradita alla Comunione anglicana e non abbia ripercussioni sui rapporti con la nostra Chiesa. L’arcivescovo Williams ha parlato delle sue aspettative, particolarmente in riferimento all’incontro straordinario di tutti i primati della Comunione anglicana che si svolgerà tra due settimane. 

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Ad accompagnare il primate della Chiesa anglicana d’Inghilterra, nella sua visita ricca d’incontri, oltre al seguito, anche il cardinale Cormac Murphy-O’ Connor, arcivescovo di Westminster. Oggi pomeriggio, l’arcivescovo di Canterbury prenderà parte ad una tavola rotonda al Centro Anglicano di Palazzo Doria Pamphilj a cui parteciperanno anche padre James Puglisi del Centro Pro Unione, esponenti della Comunità di Sant’Egidio e del movimento dei Focolari. Nato in Galles, nel 1950, teologo di fama internazionale, Rowan Williams è il primo arcivescovo di Canterbury non inglese. Sposato con due figli, è docente di Teologia all’università di Oxford. A lungo è stato co-presidente della commissione per il dialogo teologico tra la Comunione anglicana e la Chiesa ortodossa. Prima di assumere l’incarico, l’arcivescovo Williams - nel gennaio dell’anno scorso - si è ritirato per dodici giorni nella comunità ecumenica di Bose, in Piemonte, per prepararsi spiritualmente alla nuova importante missione. La comunione anglicana - presente in 160 Paesi - conta 70 milioni di fedeli, e si articola in 37 Chiese regionali autonome.

 

 

25 ANNI DI PONTIFICATO: L’ATTENZIONE DEL SANTO PADRE 

ALLE CHIESE ORIENTALI: CON NOI IL  CARDINALE IGNACE MOUSSA I DAOUD

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Oggi vogliamo puntualizzare la sollecitudine del Pontefice per le Chiese orientali e lo facciamo con il cardinale prefetto dell’apposito Dicastero vaticano, Sua Beatitudine Ignace Moussa I Daoud, che si è detto lieto di poter offrire una testimonianza sull’amore di Giovanni Paolo II per queste Chiese e di poterlo fare nell’imminenza del 25.mo anniversario della sua elezione alla Cattedra dell’Apostolo Pietro. Venuto dall’Est, nato nella Chiesa latina, ma in un contesto che gli ha presto consentito di avere contatti con la tradizione orientale, con altre confessioni cristiane e religioni non cristiane, il Papa ha sempre portato con sé uno sguardo e un impeto interiore veramente cattolico-universale. L’esperienza del Concilio Vaticano II lo ha segnato in profondità. Egli ha saputo diffondere in modo efficace il pensiero del Concilio sull’Oriente cristiano, sulla dignità per il tesoro di spiritualità, teologia, storia e cultura di cui è portatore. Ha fatto risentire la nostalgia dei tempi in cui la Chiesa ha già potuto respirare a due polmoni! L’immagine ben nota ha fatto breccia nel cuore di tanti figli della Chiesa cattolica e di tanti non cattolici, ma ha soprattutto toccato l’animo degli orientali cattolici. Il Papa ha espresso questo amore lungo l’arco dei 25 anni di Pontificato con la convinzione degli inizi, quando disse a tutta la Chiesa, con un importante significato, poi, per i popoli dell’Est europeo: “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”. Ed ora la parola al porporato:

 

D. – Beatitudine, con quali modalità il Santo Padre ha portato avanti questa attenzione all’Oriente cristiano?

 

R. – Prima di tutto, penso alla cura ordinaria a favore delle Chiese orientali, anche attraverso i Dicasteri della Curia Romana (tra questi, in modo speciale, la Congregazione per le Chiese orientali di cui sono prefetto e il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani). In secondo luogo ai gesti, in particolare ai viaggi apostolici. E qui consentitemi di citare il viaggio in Siria, mia patria, e, ancor più quello in Terra Santa. Furono dei veri miracoli di comunione tra cristiani e tra credenti di altre religioni, quasi un’incredibile profezia realizzata della universale pace alla quale il Signore vuole condurci. Penso ai viaggi nei Paesi dell’Est europeo, così attenti a raccogliere le più alte testimonianze della fedeltà a Cristo. Sono tornato da poco dalla Slovacchia: a Presov e a Kosice ho fatto eco alle parole del Papa che ha beatificato due martiri, un vescovo di rito orientale e una religiosa latina. Infine, penso ai documenti autorevoli del suo lungo Pontificato.

 

D. – Tra questi, quali ritiene i più eloquenti per le Chiese orientali?

 

R. – Tutto il magistero di Giovanni Paolo II è attento alla dimensione orientale del mistero, dell’annuncio, della vita della Chiesa nelle sue diverse espressioni. Spicca, tuttavia, la lettera apostolica Orientale Lumen, tutta dedicata al senso autentico della tradizione orientale nella Chiesa di oggi. Ma vorrei citare anche l’Esortazione post-sinodale Una speranza nuova per il Libano, che il Papa ha firmato a Beirut durante la visita pastorale del maggio 1997. Sono stato patriarca della Chiesa sira in quella terra. Le parole di Giovanni Paolo II contenute in quel documento sono una vera anticipazione dell’immediato futuro ecclesiale, che ci vedrà impegnati nell’accoglienza della diversità, all’interno della Chiesa cattolica prima di tutto, tra i vari riti, perché i figli dell’Oriente sempre più si muovono verso Occidente, e poi tra cristiani. E’ ormai del tutto urgente un cammino di unità tra i discepoli in Cristo. L’Esortazione post-sinodale è un’anticipazione del confronto, ed io spero vivamente nel dialogo, sul piano interreligioso. E il Papa ha presentato l’Oriente cristiano come il laboratorio in cui si prepara il domani globale dal punto di vista religioso.

 

D. – Beatitudine, un pensiero conclusivo…

 

R. – Il servizio alla pace, di cui il Papa ha dato prova nel recente conflitto in Iraq, ha confermato il suo magistero di speranza per tutta l’umanità. Il Signore benedica il Papa e gli consenta di continuare a chiamare dall’Oriente e dall’Occidente i figli di Dio nell’unica lode al loro Creatore e Padre. E sia la pace per tutti!

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l'Iraq: ancora nessuna traccia delle armi di distruzione di massa - Rapporto della Cia presentato al Congresso degli Stati Uniti.

 

Nelle vaticane, nel discorso al Capitolo Generale della Congregazione del Santissimo Redentore, Giovanni Paolo II ha sottolineato l'esigenza di alimentare lo slancio missionario attraverso la sapienza del cuore e l'ardore profetico.

Una pagina sul tema "Assisi - Basilica di san Francesco: due altorilievi per il XXV di Pontificato di Giovanni Paolo II".

Una pagina in occasione del X anniversario della visita del Santo Padre alla Verna.

 

Nelle estere, Medio Oriente: i palestinesi chiedono un intervento internazionale contro il "muro di sicurezza" costruito da Israele.

Filippine: attaccata con bombe a mano una moschea nell'isola di Mindanao.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Claudio Toscani dal titolo "La moralità di facciata della civiltà occidentale": al centro dell'opera di J.M. Coetzee.

 

Nelle pagine italiane, tra i temi in rilievo le pensioni e il Ddl Gasparri.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 ottobre 2003

 

 

PRESENTATO A GINEVRA IL RAPPORTO UNCTAD 2003 SUL COMMERCIO E LO SVILUPPO:

IN CALO PRODUZIONE E OFFERTE DI LAVORO, AFRICA ISOLATA DALLE TENDENZE GLOBALI

- Servizio di Mario Martelli -

 

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Un rapporto non troppo ottimista quello su “Commercio e sviluppo nel 2003”, pubblicato a Ginevra dall’Unctad. La Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, nel suo studio di più di 150 pagine, osserva che il commercio mondiale dovrebbe ripartire quest’anno, ma senza raggiungere i livelli degli anni ’90. L’economia mondiale attraversa attualmente un pericolo deflazionista, creato dall’insufficienza della domanda. Mercati del lavoro e delle merci ne risentono: troppi prodotti per troppo pochi acquirenti e troppi lavoratori per troppo poche offerte di lavoro.

 

La politica monetaria è incapace di fermare ed invertire il calo della produzione e delle offerte di posti di lavoro. Mentre, nelle previsioni, il tasso di crescita mondiale di quest’anno non dovrebbe superare quello del 2002, vale a dire l’1,9 per cento. Gli economisti dell’Unctad rilevano che la ripresa degli Stati Uniti è minacciata da una ricaduta e non è creatrice di posti di lavoro. Domanda debole, deficit e patto di stabilità per l’Europa, ristagno degli investimenti per il Giappone, impediscono una sostituzione del ruolo guida degli Stati Uniti ed in tale contesto ad essere penalizzati sono i Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi registrano risultati economici sempre più divergenti. Risultati che si spiegano con situazioni interne diverse. Un contrasto che risulta evidente, paragonando i Paesi dell’Asia orientale a quelli dell’America Latina, con i Paesi latinoamericani meno capaci di adattarsi agli avvenimenti economici esterni e vittime di un processo di disindustrializzazione che comporta una diminuzione dei posti di lavoro e della produzione nel settore manifatturiero, oltre ad un regresso verso attività a debole intensità tecnologica.

 

L’Africa, osserva il Rapporto dell’Unctad, rimane relativamente isolata dalle tendenze globali ed è più legata alle condizioni della domanda dell’Europa. Fattori politici e climatici continuano ad avere un impatto maggiore sulle sue capacità economiche. Africa meridionale ed orientale hanno subito conseguenze della siccità, creatrice di carestia alimentare e di depressione nei prezzi all’esportazione. Poi, tensioni politiche e conflitti in vari altri Paesi hanno avuto effetti negativi nel commercio anche con Paesi confinanti. Altri Paesi del continente sono riusciti tuttavia a mantenere una crescita relativamente stabile, ma per l’Africa, nell’assieme, si ritiene che non si potranno raggiungere gli obiettivi di sviluppo fissati per il 2015, fondati su ipotesi di una crescita mondiale di almeno il 3 per cento annuo.

 

Da Ginevra, Mario Martelli, per la Radio Vaticana.

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IL CONTRIBUTO CRISTIANO ALL’UNITA’ DELL’EUROPA

RICHIAMATO DA MONS. AMÉDÉE GRAB NELL’ASSEMBLEA EPISCOPALE DI VILNIUS

- Servizio di Francesca Sabatinelli -

 

La rievangelizzazione dell’Europa: una delle grandi sfide all’esame dell’Assemblea plenaria delle Conferenze episcopali d’Europa, apertasi ieri a Vilnius, in Lituania, con la prolusione del presidente mons. Amédée Grab. Un importante appuntamento che sarà illuminato, sono le parole del vescovo, dal documento post sinodale Ecclesia in Europa, promulgato dal Papa nel giugno scorso. Servizio di Francesca Sabatinelli.

 

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L’Europa non può rinnegare o tradire le sue radici e la sua identità cristiana. I vescovi europei affermano con vigore ciò che Giovanni Paolo II ribadisce ormai da tempo, e annunciano che nella loro assemblea plenaria discuteranno proprio dell’opportunità di inviare un messaggio a Roma in occasione sabato dell’apertura della Conferenza intergovernativa. La prolusione di mons. Grab è un richiamo ai capi di stato e di governo a non tacere nel preambolo della nuova costituzione europea che l’Europa è il continente fecondato dal cristianesimo: sarebbe come rinnegare che il processo di unificazione politica in atto sia stato storicamente preparato e reso possibile da un processo di unificazione etica, religiosa, culturale che è andato sviluppandosi nel vecchio continente.

 

Ma l’Europa è stata anche teatro di tragedie che non devono più ripetersi, sottolinea ancora mons. Grab, e ora è chiamata a farsi portatrice di pace e di speranza per quelle terre dove pace non c’è. Di qui una critica alle leadership europee: di fronte a crisi come quelle irachena e mediorientale, l’Europa si è rivelata divisa in se stessa, incapace di offrire positive soluzioni politiche a tali gravi tensioni. Dunque l’auspicio che occupi con responsabilità il proprio ruolo all’interno dell’ordine globale.

 

E dall’Europa, dove sono nate le divisioni tra i cristiani, deve ripartire anche il cammino verso la piena unità della Chiese. Ed è questa una delle altre importanti sfide, assieme a quella della nuova evangelizzazione dell’Europa. Fondamentale resta il dialogo con le altre Chiese cristiane e l’incontro tra le religioni. Mentre prosegue il cammino sulla Charta Ecumenica, spiega il messaggio, sta lentamente avviandosi la riflessione su una terza assemblea ecumenica europea, dopo Basilea nel 1989 e Graz nel 1997. Così come non manca una riflessione sulla costituzione di una commissione incaricata di accompagnare i dialoghi con le altre fedi, islam e buddismo in particolare.

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NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE SI TERRÀ DOMANI UN CONCERTO

PER PRESENTARE IL PROGETTO “MARIA DI NAZARETH”

- A cura di Catherine Smibert e Amedeo Lomonaco -

 

Con l’obiettivo di presentare un progetto finalizzato alla costruzione di un Centro Internazionale Mariano in Terra Santa, si terrà domani sera alle 20.30, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, un suggestivo concerto organizzato dall’Associazione francese Maria di Nazareth e sponsorizzato dal Pontificio consiglio della cultura e dalla Radio Vaticana. Durante la manifestazione musicale, che vedrà la partecipazione della Corale dei piccoli cantori di San Croix di Neully e del Coro antoniano maronita, saranno cantati inni orientali ed occidentali dedicati a Maria. Il progetto del Centro Mariano, la cui realizzazione è prevista nel 2004 davanti alla Basilica dell’Annunciazione, ha fatto registrare la partecipazione di tutte le Chiese di Terra Santa. Per fornire risposte chiare ed illustrate in multimedia alle domande sulla Vergine Maria e sulla fede cristiana, è stato inoltre realizzato un sito internet il cui indirizzo è www.mariedenazareth.com. Sugli obiettivi del Centro internazionale mariano ascoltiamo Françoise Brennar, impegnata nella realizzazione di questo importante progetto, al microfono di Chaterine Smibert:

 

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R. - Per accogliere i pellegrini di fronte alla Basilica di Nazareth, in una casa che apparteneva alle suore, costruiremo un Centro mariano internazionale. E’ un progetto di unità e di pace, perché la Madre di Gesù è anche la Regina della pace. Insieme a questo progetto ce ne è anche un altro legato ad internet: un sito cattolico, tradotto in 12 o più lingue, con una grande apertura ecumenica.

 

D. – Per aiutare questo progetto c’è un grande concerto…

 

R. – Il concerto è una preghiera che segue tutta la vita di Cristo e di Maria e soprattutto l’Incarnazione. Dopo questa preghiera cantata dai piccoli cantori, ci sarà la presentazione di tutto il progetto e, successivamente, una preghiera finale dei monaci antoniani, che usano ancora la lingua siriaca-aramaica, la lingua di Cristo.

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LITURGIA E GEOPOLITICA ALLA RIBALTA

 NELLA PLENARIA DEI VESCOVI D’AFRICA E MADAGASCAR

- Servizio di padre Joseph Ballong -

 

Proseguono a Dakar, in Senegal, i lavori della XIII Assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam). La seduta di ieri, è stata aperta da un intervento del prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Francis Arinze. Dalla capitale del Senegal il servizio di padre Joseph Ballong, responsabile del programma Francese Africa della nostra emittente.

 

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Il dicastero, diretto dal cardinale Arinze, ha numerose competenze, perciò il porporato si è limitato a parlare di alcune materie che lui ritiene prioritarie e urgenti per la Chiesa in Africa. Egli ha dunque richiamato la necessità di elaborare, come lo permette la legge della Chiesa universale, calendari liturgici particolari ad uso del Continente o delle varie diocesi, di curare la traduzione dei libri liturgici nelle varie lingue africane e soprattutto di avviare degli studi sui problemi specifici relativi ad alcuni Sacramenti. Ieri ci sono stati altri due interventi importanti, quello di mons. Laurent Monsengwo Pasinya e il saluto del delegato del Consiglio episcopale Latino-americano. Nella sua relazione da presidente del Secam, mons. Monsengwo ha attirato l’attenzione dei vescovi su una situazione che in Africa corre il rischio di generalizzarsi. “Infatti - ha precisato - i grandi leader della geopolitica del mondo hanno deciso, dopo la guerra fredda, di cambiare l’Africa dei colonnelli con l’ Africa dei capi di guerra. Progressivamente in Africa si affida la gestione o il governo dei Paesi a delle persone che hanno commesso dei crimini di sangue. L’Africa non ha forse nient’altro di meglio da offrire al mondo, per il buon governo dei suoi Paesi?”, si è interrogato mons. Monsengwo prima di precisare: “ovviamente questa situazione pone un problema etico e morale che sembra non dare preoccupazione ai geopolitici, ma è una situazione che deve preoccupare ogni coscienza cristiana ed i vescovi in primo luogo”. Il secondo intervento è stato del delegato del Celam. Il delegato del Consiglio episcopale latino-americano, il Celam, mons. Pierre Antoine Paulo, vescovo di Port de Paix, in Haiti, è intervenuto per augurare che si stabiliscano dei legami più stretti di collaborazione e di scambi tra la Chiesa in Africa e quella in America Latina nei campi della teologia, della spiritualità pastorale e della missione ad gentes.

 

Da Dakar, in Senegal, Joseph Ballong, Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

3 ottobre 2003

 

 

UN SEQUESTRO DI PERSONA AL GIORNO È LA TRISTE SITUAZIONE

IN CUI VERSA LA PROVINCIA DI BUENOS AIRES

ANCHE A CAUSA DELLA CRISI ECONOMICA CHE TRAVAGLIA L’ARGENTINA

 

BUENOS AIRES. = Negli ultimi sedici giorni sono stati 17 i casi di sequestro di persona nella provincia della capitale dell’Argentina. L’ondata di rapimenti, da mettere in relazione con la gravissima crisi economica in cui versa il Paese, ha subito un drastico aumento nelle ultime due settimane: la media di un sequestro ogni 36 ore è stata superata da quella di uno al giorno. Nella giornata di ieri sono stati sei i rapimenti nella città: le autorità hanno individuato due categorie di sequestri, quelli ‘pianificati’ e quelli ‘espressi’ che durano il tempo di raccogliere la cifra richiesta. Ciò che colpisce l’opinione pubblica è la ferocia con la quale vengono compiuti: ieri alcuni componenti di una banda ha rapito un commerciante e lo ha tenuto prigioniero su un’auto rubata mentre gli altri svaligiavano la casa dell’uomo facendosi scudo della moglie e della figlia di dieci mesi. La polizia è intervenuta arrestando i rapinatori e l’avvocato della famiglia che si è scoperto essere connivente con i malviventi dopo essere stato scelto come mediatore per il rilascio. (M.R.)

 

 

DURANTE LA CELEBRAZIONE PER L’87.MO ANNIVERSARIO DEL GIORNALE MESSICANO

 ‘EL UNIVERSAL’, L’ARCIVESCOVO DI CITTÀ DEL MESSICO,

IL CARDINALE NORBERTO RIVERA CARRERA INCORAGGIA I GIORNALISTI

A PERSEGUIRE LA VIA DELLA VERITÀ PER GARANTIRE LA PACE

 

CITTA’ DEL MESSICO. = “Il giornalista non deve ergersi a giudice del tribunale della discordia, ma deve tutelare e garantire la pace. Non abbiate paura a perseguire la via del bene e della verità”. L’arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera, si rivolge così ai redattori del quotidiano ‘El Universal’, giornale della capitale messicana, nel giorno del suo 87.esimo anniversario. “La nostra è una società che predilige il libertinaggio mediatico, piuttosto che il giudizio ponderato o la notizia che rispecchia fedelmente la verità – prosegue il cardinal Rivera Carrera -.  E’ chiaro che in un contesto come questo, il comunicatore tende ad alimentare il fuoco dello scandalo, a definire colpevole chi non è ancora stato giudicato sostenendo, di fatto, interessi precisi”. Ai giornalisti convenuti nella Basilica di Guadalupe per celebrare l’evento, il porporato, riferendosi ad una recente affermazione di un redattore di El Universal secondo cui nei media si annida “un esercito di calunniatori”, ha dichiarato: “Si tratta di una considerazione del tutto personale, ma che ci deve invitare a riflettere su quello che sta succedendo nel mondo dell’informazione.” Di fronte al presidente e direttore generale de Los Universales, Juan Francisco Ealy Ortiz e ai vertici della casa editrice, il cardinale Rivera Carrera ha ribadito che: “La Chiesa non censura, non controlla e né tanto meno impone”. (M.R.)

 

 

CON UNA NOTA DAL TITOLO ‘I POVERI, PRIORITA’ DELLA CHIESA’,

MONS. AUGUSTIN GARCIA GASCO, ARCIVESCOVO DI VALENCIA,

ESORTA I SUOI FEDELI A VOLGERE LO SGUARDO VERSO I POVERI

PER RISCOPRIRE IL VALORE E LA BELLEZZA

DEL SERVIZIO NEI CONFRONTI DEGLI EMARGINATI

 

VALENCIA. = “La storia della Chiesa ricorda tanti umili servitori di Cristo che hanno dimostrato, attraverso le loro opere, che il segreto della felicità è riposto nel dare e non nel ricevere.” L’arcivescovo di Valencia, mons. Augustin Garcia Gasco, scrive così nella sua ultima nota settimanale, dal titolo “I poveri, priorità della Chiesa”, invitando i fedeli a tradurre in “opere concrete” la loro dedizione e il loro amore verso i più deboli. “Né il capitalismo, né tanto meno il marxismo o la società tecnologica sono riuscite a sanare la piaga della povertà che, anche oggi continua ad essere un problema diffuso - aggiunge l’arcivescovo di Valencia -. Il valore della persona non viene stimato in base a ciò che la stessa guadagna, né nei suoi titoli o nei suoi successi, anche se la corsa al guadagno e il primato dell’economia impongono questi parametri di giudizio così difformi da quelli della Chiesa”. Secondo mons. Garcia Gasco “è facile incontrare il volto del povero in Europa. Il disoccupato e l’immigrato ne sono due esempi. Anche nel malato è possibile riscontrare la sofferenza dell’emarginato. Ma la continua ricerca del mito della giovinezza ci fanno dimenticare la reale condizione umana, ponendo l’accento sull’individualismo”. Il presule spagnolo continua sottolineando come “il servizio nei confronti degli emarginati riempie il cuore di speranza.” Esorta, quindi, i fedeli “a dedicare più tempo a questi nostri fratelli e a sostenerli attraverso la Caritas o le Ong”. (M.R.)

 

 

LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE DELLO SRI LANKA ACCUSANO

QUELLE INTERNAZIONALI DI NON AVER MIGLIORATO LE CONDIZIONI DI VITA

DELLA POPOLAZIONE LOCALE E CHIEDONO MAGGIORE CHIAREZZA

SUI FINANZIAMENTI DATI LORO DALL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

 

COLOMBO. = Le organizzazioni non governative dello Sri Lanka criticano quelle internazionali, sostenendo che non hanno fatto abbastanza per il Paese che, da Nord a Est è devastato da una decennale guerra civile condotta dai ribelli delle ‘Tigri per la liberazione della patria tamil’. Con una lettera all’amministrazione della regione di Jaffna, penisola nell’estremo settentrione contesa a lungo dai ribelli, il consorzio delle Ong locali critica gli operatori delle Organizzazioni internazionali: “I programmi di assistenza alla ricostruzione e alla riabilitazione messi in atto da diverse ong internazionali a Jaffna - si legge nel documento, che si riferisce al processo di pace in corso in Sri Lanka da gennaio 2002 – non hanno prodotto alcun concreto miglioramento nella vita delle vittime del conflitto. Inoltre – prosegue la lettera – alcune famiglie hanno ricevuto assistenza solo in modo marginale, o non ne hanno avuta affatto". Gli operatori umanitari di Jaffna chiedono che le Ong internazionali si appoggino alle associazioni locali per la realizzazione dei progetti nel loro Paese. Gli organismi non governativi dello Sri Lanka chiedono, inoltre, che quelli stranieri rendano pubblici i bilanci e i finanziamenti che ricevono dall’amministrazione locale, e che questa si impegni a verificare se in effetti la popolazione ha beneficiato degli interventi internazionali. (M.R.)

 

 

LA TESTIMONIANZA DI FEDE DEI ‘PICCOLI EVANGELIZZATORI’ NEL MYANMAR

ARRIVA AI VILLAGGI ISOLATI DEL PAESE SFIDANDO LE IMPOSIZIONI DEL GOVERNO

 CHE LIMITA LA LIBERTA’ RELIGIOSA AI CATTOLICI

 

MYANMAR. = Nel Myanmar (ex Birmania), c’è un gruppo di giovani cattolici che sfidano le limitazioni del governo per evangelizzare la popolazione dei villaggi situati nelle zone impervie. Con una intervista all’Agenzia Fides, mons. Peter Hla, vescovo ausiliare di Taunggyi, presenta l’attività dei ragazzi chiamati in lingua locale “zetamans”, ‘piccoli evangelizzatori’, che girano per i villaggi insegnando ai bambini e testimoniando l’amore di Gesù. I ‘zetamans’ arrivano nelle aree rurali dove è difficile arrivare, condividono per alcuni giorni la vita della comunità e trascorrono molto tempo con i bambini. “Il loro stile di presenza è fatto di amore, amicizia, relazionarsi con affetto – ha dichiarato mons. Hla - poi, se viene loro richiesto, danno testimonianza della loro fede. La gente, infatti, ne ama il modo di essere.” Il lavoro che i ‘zetamans’ fanno tra la gente è reso difficoltoso dal controllo del governo che concede la libertà di culto ma non di missione. La speranza che hanno i cattolici è che sia concessa loro più libertà di svolgere la missione pastorale per evangelizzare. Il governo, intanto, continua ad avere forti pressioni dall’occidente e dalle organizzazioni non governative per la liberazione del premio Nobel Aung San Suu Kyi. In questi giorni il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha mandato un inviato speciale per richiederne il rilascio. (M.R.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

3 ottobre 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Venerdì di preghiera drammatico, per i musulmani dell’Asia. A cominciare dal Pakistan, dove la violenza ha colpito stamattina un  gruppo di sciiti che si recava in una moschea di Karachi. Il minibus su cui viaggiavano è stato attaccato da un commando armato, che ha aperto il fuoco uccidendo 5 persone e ferendone 7. Secondo la polizia, si tratta di estremisti sunniti, protagonisti di recenti attacchi contro la minoranza sciita.

 

Un episodio analogo si è verificato in un’altra zona calda del continente asiatico: l’isola di Mindanao, nelle Filippine meridionali. Quattro i fedeli uccisi nella moschea di Midsayap, nella provincia di Cotabato, da una bomba a mano lanciata in un’ora di grande affollamento. Anche in questo caso, le indagini puntano sugli estremisti islamici, che con la strategia del terrore stanno tentando di ottenere l’indipendenza dell’isola da Manila.

 

Sembra invece accidentale, ma non per questo meno preoccupante, l’esplosione avvenuta stamattina in Afghanistan, nei pressi della base militare americana di Bagram. Un bilancio anche in questo caso pesante – almeno 7 morti e 6 feriti – ed una dinamica ancora da verificare. Tra le ipotesi c’è quella secondo cui l’abitazione all’interno della quale è esploso l’ordigno venisse utilizzata dalla guerriglia talebana come deposito di armi.

 

Nessuna arma di distruzione di massa è stata ancora trovata in Iraq. Questo, in sintesi, il rapporto degli ispettori americani al Congresso di Washington, mentre un’altra battaglia si combatte al Palazzo di Vetro di New York. Ha riscosso infatti giudizi negativi la bozza di risoluzione statunitense sul futuro iracheno: documento che parla di una presenza temporanea dei militari americani nel Paese del Golfo, senza però fissare alcuna data per il passaggio di poteri a Baghdad. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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“Non va nella direzione che avevo raccomandato, ma dobbiamo studiarla in maniera più approfondita”. E’ negativo il primo giudizio del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, sulla nuova risoluzione per creare una forza multinazionale a Baghdad, rivista dagli Stati Uniti e fatta circolare tra i membri del Consiglio di Sicurezza, proprio mentre gli Stati Uniti vorrebbero che il documento fosse approvato entro il 23 ottobre, quando in Spagna comincerà la conferenza dei Paesi donatori. La Francia ha detto che non userà il veto, ma si è dichiarata insoddisfatta e potrebbe astenersi. La Germania ha commentato che la risoluzione rappresenta un passo avanti, ma ha bisogno di essere rifinita, e anche la Russia ha espresso riserve. L’iniziativa di Washington all’Onu ha lo scopo di allentare le tensioni sul terreno dove continuano le violenze, e ieri le truppe di occupazione sono state ancora attaccate a Falluja. Al Congresso, intanto, è cominciata la testimonianza davanti alle commissioni Intelligence del capo degli ispettori americani, David Kay, che ha dichiarato di non aver trovato le armi di distruzione di massa, anche se Saddam voleva conservare i programmi per ricostruirle.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il nuovo governo palestinese sarà presentato mercoledì prossimo al Consiglio legislativo di Ramallah. Lo ha annunciato Abu Ala, premier designato, che nell’intervista ad un quotidiano locale ha illustrato l’obiettivo principale del suo mandato: il raggiungimento di una tregua con Israele e l’applicazione della road map, il piano di pace presentato da Stati Uniti, Russia, Unione europea ed Onu.

 

La guerriglia continua a mietere vittime nell’Uganda settentrionale, dove le ultime 48 ore hanno visto un’impennata di incursioni e saccheggi da parte del sedicente Esercito di resistenza del Signore. Numerosi i villaggi attaccati, almeno 50 le persone sequestrate. In una delle scorribande, però, i ribelli si sono trovati di fronte l’esercito di Kampala, e ne è scaturito uno scontro molto violento: 5 vittime tra i guerriglieri, 2 tra i soldati.

 

Situazione sempre tesa in Costa d’Avorio. Migliaia di persone si sono riversate ieri per le strade di Abidjan, per chiedere il disarmo degli ex ribelli che ancora controllano la zona nord-occidentale del Paese africano e che recentemente sono usciti dal governo: un gesto di forte contestazione, nei confronti del presidente Gbagbo, che rischia di innescare un nuovo conflitto. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Al grido di “Siamo stanchi”, in migliaia hanno lasciato le zone residenziali della capitale commerciale della Costa d’Avorio, prendendo parte ad una manifestazione organizzata dai Giovani Patrioti, il movimento giovanile vicino al presidente Laurent Gbagbo. Durante il comizio, i leader dei giovani hanno lanciato parole di sfida nei confronti delle Forze Nuove, la grande coalizione politica che raccoglie i tre movimenti armati, protagonisti della lunga crisi ivoriana esplosa con il sollevamento armato anti Gbagbo, il 19 settembre dello scorso anno. La tensione tra Gbagbo e gli ex ribelli è tornata a salire in modo esponenziale la scorsa settimana, dopo la decisione delle Forze Nuove di uscire dall’esecutivo per protestare apertamente contro il capo dello Stato, accusato di impedire il processo di riconciliazione e di non applicare gli accordi pregressi.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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I risultati definitivi delle elezioni in Rwanda confermano la schiacciante vittoria del Fronte patriottico: il partito del presidente Kagame ha infatti conquistato 40 dei 53 seggi disponibili in Parlamento. Ma sullo svolgimento della consultazione rimangono i dubbi degli osservatori internazionali: quelli inviati dall’Unione europea accusano Kagame di aver minacciato i suoi avversari, escludendone due dalla corsa elettorale.

 

Dopo il golpe del 14 settembre, la Guinea Bissau ha da oggi un nuovo governo di transizione. Ma nell’esecutivo la presenza dei militari è piuttosto limitata – sia il presidente, Henrique Rosa, che il premier, Artur Sanha, sono civili – e non mancano segnali di continuità: due ministri appartengono infatti alla passata amministrazione, quella di Kumba Yala. L’accordo è stato reso possibile anche grazie alla mediazione del vescovo di Bissau, mons. José Cámnate Na Bissign, che ha guidato il Consiglio nazionale di transizione.

 

Il primo ministro svedese, Goran Persson, ha scelto il successore di Anna Lindh al ministero degli Esteri. Si tratta di Laila Freivalds, originaria della Lettonia, che già per 9 anni aveva ricoperto una carica di ministro: dal 1988 al 1991 e dal 1994 al 2000, infatti, era stata titolare del dicastero della Giustizia.

 

Continuano a venire alla luce gli orrori della guerra nei Balcani. I medici legali hanno annunciato stamattina di aver completato il lavoro di ricerca ed identificazione dei corpi contenuti nella fossa comune più grande ritrovata finora: quella situata nei pressi di Zvornik, nella Repubblica Srpska, l’entità serba di Bosnia. Complessivamente, i cadaveri sono 629: fra loro, anche 11 bambini. Dall’abbigliamento delle vittime e dai pochi documenti trovati, si è giunti alla conclusione che si trattasse di civili musulmani, abitanti nei dintorni.

 

 

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