RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 276 - Testo della
Trasmissione venerdì 3 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Liturgia e geopolitica alla ribalta nella Plenaria dei vescovi d’Africa e Madagascar.
CHIESA E SOCIETA’:
Venerdì di preghiera drammatico per i musulmani
dell’Asia: attentati in Pakistan e nelle Filippine.
Gli ispettori americani confermano: nessuna arma
di distruzione di massa ritrovata in Iraq.
Nuova offensiva della guerriglia nel nord Uganda.
Pesante scontro con l’esercito.
La Costa d’Avorio in piazza, per chiedere il
disarmo dei ribelli.
È una donna il successore di Anna Lindh al
ministero degli Esteri svedese.
3 ottobre 2003
SCRUTARE I SEGNI DEI TEMPI CON “FEDELTA’ CREATIVA”
PER RISPONDERE
ALLE
URGENZE PASTORALI DI OGGI: COSI’ GIOVANNI PAOLO II,
RICEVENDO
I MISSIONARI REDENTORISTI, RIUNITI A ROMA PER IL CAPITOLO GENERALE,
SUL
TEMA “DARE LA VITA PER LA REDENZIONE ABBONDANTE”
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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“Andate
avanti con speranza”: non si stanca mai il Papa d’incoraggiare quanti arrivano
ogni giorno al suo cospetto. E stamane rivolto ai padri Redentoristi si è detto
certo che il loro Capitolo generale “imprimerà un più deciso impulso all’opera
di rinnovamento” che hanno intrapreso, “individuando priorità e coraggiose
scelte apostoliche”. Nel discorso consegnato a padre Joseph Tobin, riconfermato
superiore generale della Congregazione del SS.mo Redentore, Giovanni Paolo
II, ha osservato che questo Istituto,
“al pari di altri” in alcune parti del mondo vive “una fase di incoraggiante
ripresa”, mentre altrove mostra “segni di crisi e di stanchezza” e se “in taluni
Paesi fioriscono le vocazioni” in altri “scarseggiano in modo così preoccupante
da mettere in forse il futuro stesso” della Famiglia redentorista in tali
regioni. E “se la tentazione di conformarsi a stili di vita, oggi culturalmente
dominanti – ha proseguito il Santo Padre - facesse breccia nelle vostre
comunità, rischierebbe di indebolirne lo spirito religioso e la spinta
evangelizzatrice. Ugualmente, un rassegnato rinchiudersi in forme pastorali che
non forniscono più risposte adeguate al bisogno di redenzione degli uomini
d’oggi potrebbe bloccare l’auspicato risveglio missionario dell’intera vostra
famiglia religiosa.”
Occorre dunque - ha indicato il
Papa ai padri Redentoristi - “discernimento” per scrutare “profeticamente i
segni dei tempi”, “contando sull’aiuto di Cristo” che “compie anche oggi la sua
opera”, ma “dobbiamo avere occhi penetranti per vederla” e “un cuore grande”
per esserne “strumenti”. E se il vostro ministero è soprattutto “un servizio
d’amore” prestato agli uomini “più abbandonati e poveri” nello spirito e nella
società, “anche oggi – ha sollecitato Giovanni Paolo II – “tanti sono lontani
da Cristo e dalla Chiesa e non pochi attendono un primo annuncio del Vangelo”,
a cominciare dai giovani” spesso di fronte “a proposte di vita
contraddittorie”. Quindi un ultima raccomandazione: “fatevi maestri di vita
evangelica”, servitevi dello “stile popolare” per ricordare “a tutti i
battezzati la loro chiamata alla santità”, pure nella “vita ordinaria”, e condividete questo vostro carisma con i
laici, perché siano anche loro “pronti a dare la vita per la redenzione
abbondante”.
**********
Nel
corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in udienza il ministro degli Esteri
del Libano, Jean Obeid, con la consorte e il seguito.
Il Santo Padre ha inoltre ricevuto tre vescovi della Conferenza episcopale delle Filippine,
in visita “ad Limina”.
Per stasera alle ore 19.00, Giovanni Paolo II ha in agenda
un’udienza al primo ministro della Polonia, Leszek Miller, con le persone del
seguito.
ALL’INSEGNA DELL’ECUMENISMO, GLI INCONTRI
DI STAMANI DELL’ARCIVESCOVO
DI
CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS, PER LA PRIMA VOLTA IN VISITA A ROMA,
DALLA
NOMINA A PRESIDENTE DELLA COMUNIONE ANGLICANA. DOMANI,
L’ATTESO INCONTRO IN VATICANO CON GIOVANNI
PAOLO II.
AI
NOSTRI MICROFONI, IL CARDINALE WALTER KASPER
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Un gesto di grande significato sul percorso del dialogo
ecumenico: nel primo giorno d’incontri a Roma, l’arcivescovo di Canterbury,
Rowan Williams, si è intrattenuto, stamani, in conversazioni con il presidente
del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il
cardinale Walter Kasper, e il presidente del dicastero per il dialogo
interreligioso, l’arcivescovo Louis Michael Fitzgerald. Cresce intanto l’attesa
per l’incontro di domani tra il primate anglicano e Giovanni Paolo II, previsto
per le ore 11 al Palazzo Apostolico. Si tratta del primo colloquio con il Papa
del dott. Williams, da quando - nel luglio dell’anno scorso - è stato nominato
104.mo arcivescovo di Canterbury. Il suo predecessore George Carey, si era
recato sei volte a Roma, negli undici anni e mezzo di mandato. Il primo
arcivescovo di Canterbury ad incontrare un Pontefice, dai tempi della Riforma,
è stato il dott. Geoffrey Fisher, che - il 2 dicembre del 1960 - visitò
privatamente Giovanni XXIII. Dopo di lui, fu la volta del dott. Michael Ramsey
nel 1966 e del dott. Donald Coggan nel 1977, che ebbero colloqui con Paolo VI.
Quindi, il dott. Robert Runcie, che nel 1982 e nel 1989 s’incontrò
ufficialmente con Giovanni Paolo II. Ma torniamo all’incontro di stamani tra
l’arcivescovo Williams e il cardinale Kasper, attraverso la testimonianza del
porporato, raccolta dalla nostra Philippa Hitchen:
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Abbiamo parlato di tutti i problemi riguardanti
l’ecumenismo, dei nostri rapporti con gli ortodossi, con i luterani, ma
soprattutto con la Comunione anglicana. Abbiamo menzionato i progressi che sono
stati fatti. Adesso stiamo completando
un documento molto importante sulla mariologia. Abbiamo parlato anche dei
conflitti e delle tensioni che sono emersi negli ultimi mesi all’interno della
Comunione anglicana in seguito alla ordinazione di preti che praticano
l’omosessualità. Al riguardo ho espresso la mia preoccupazione perché non è
soltanto un problema interno alla Comunione anglicana, ma anche un problema che
tocca i nostri rapporti. Noi, infatti, abbiamo una posizione chiara che è
quella espressa nel catechismo della Chiesa cattolica, abbiamo anche una
tradizione, una eredità comune su questo punto. Speriamo che essi adesso non
abbandonino questa comune tradizione. Ho espresso il mio desiderio, il mio
augurio che egli sia capace di trovare una soluzione che sia gradita alla
Comunione anglicana e non abbia ripercussioni sui rapporti con la nostra
Chiesa. L’arcivescovo Williams ha parlato delle sue aspettative,
particolarmente in riferimento all’incontro straordinario di tutti i primati
della Comunione anglicana che si svolgerà tra due settimane.
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Ad accompagnare il primate della Chiesa anglicana
d’Inghilterra, nella sua visita ricca d’incontri, oltre al seguito, anche il
cardinale Cormac Murphy-O’ Connor, arcivescovo di Westminster. Oggi pomeriggio,
l’arcivescovo di Canterbury prenderà parte ad una tavola rotonda al Centro
Anglicano di Palazzo Doria Pamphilj a cui parteciperanno anche padre James
Puglisi del Centro Pro Unione,
esponenti della Comunità di Sant’Egidio e del movimento dei Focolari. Nato in
Galles, nel 1950, teologo di fama internazionale, Rowan Williams è il primo
arcivescovo di Canterbury non inglese. Sposato con due figli, è docente di
Teologia all’università di Oxford. A lungo è stato co-presidente della
commissione per il dialogo teologico tra la Comunione anglicana e la Chiesa
ortodossa. Prima di assumere l’incarico, l’arcivescovo Williams - nel gennaio
dell’anno scorso - si è ritirato per dodici giorni nella comunità ecumenica di
Bose, in Piemonte, per prepararsi spiritualmente alla nuova importante
missione. La comunione anglicana - presente in 160 Paesi - conta 70 milioni di
fedeli, e si articola in 37 Chiese regionali autonome.
25 ANNI DI PONTIFICATO: L’ATTENZIONE DEL SANTO
PADRE
ALLE
CHIESE ORIENTALI: CON NOI IL CARDINALE
IGNACE MOUSSA I DAOUD
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Oggi vogliamo puntualizzare la
sollecitudine del Pontefice per le Chiese orientali e lo facciamo con il
cardinale prefetto dell’apposito Dicastero vaticano, Sua Beatitudine Ignace
Moussa I Daoud, che si è detto lieto di poter offrire una testimonianza
sull’amore di Giovanni Paolo II per queste Chiese e di poterlo fare
nell’imminenza del 25.mo anniversario della sua elezione alla Cattedra
dell’Apostolo Pietro. Venuto dall’Est, nato nella Chiesa latina, ma in un
contesto che gli ha presto consentito di avere contatti con la tradizione
orientale, con altre confessioni cristiane e religioni non cristiane, il Papa
ha sempre portato con sé uno sguardo e un impeto interiore veramente cattolico-universale.
L’esperienza del Concilio Vaticano II lo ha segnato in profondità. Egli ha
saputo diffondere in modo efficace il pensiero del Concilio sull’Oriente
cristiano, sulla dignità per il tesoro di spiritualità, teologia, storia e
cultura di cui è portatore. Ha fatto risentire la nostalgia dei tempi in cui la
Chiesa ha già potuto respirare a due polmoni! L’immagine ben nota ha fatto
breccia nel cuore di tanti figli della Chiesa cattolica e di tanti non
cattolici, ma ha soprattutto toccato l’animo degli orientali cattolici. Il Papa
ha espresso questo amore lungo l’arco dei 25 anni di Pontificato con la
convinzione degli inizi, quando disse a tutta la Chiesa, con un importante
significato, poi, per i popoli dell’Est europeo: “Aprite, anzi spalancate le
porte a Cristo!”. Ed ora la parola al porporato:
D. – Beatitudine, con quali
modalità il Santo Padre ha portato avanti questa attenzione all’Oriente
cristiano?
R. – Prima di tutto, penso
alla cura ordinaria a favore delle Chiese orientali, anche attraverso i
Dicasteri della Curia Romana (tra questi, in modo speciale, la Congregazione
per le Chiese orientali di cui sono prefetto e il Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani). In secondo luogo ai gesti, in particolare
ai viaggi apostolici. E qui consentitemi di citare il viaggio in Siria, mia
patria, e, ancor più quello in Terra Santa. Furono dei veri miracoli di
comunione tra cristiani e tra credenti di altre religioni, quasi un’incredibile
profezia realizzata della universale pace alla quale il Signore vuole
condurci. Penso ai viaggi nei Paesi dell’Est europeo, così attenti a
raccogliere le più alte testimonianze della fedeltà a Cristo. Sono tornato da
poco dalla Slovacchia: a Presov e a Kosice ho fatto eco alle parole del Papa
che ha beatificato due martiri, un vescovo di rito orientale e una religiosa
latina. Infine, penso ai documenti autorevoli del suo lungo Pontificato.
D. – Tra questi, quali ritiene
i più eloquenti per le Chiese orientali?
R. – Tutto il magistero di
Giovanni Paolo II è attento alla dimensione orientale del mistero,
dell’annuncio, della vita della Chiesa nelle sue diverse espressioni. Spicca,
tuttavia, la lettera apostolica Orientale Lumen, tutta dedicata al senso
autentico della tradizione orientale nella Chiesa di oggi. Ma vorrei citare
anche l’Esortazione post-sinodale Una speranza nuova per il Libano, che
il Papa ha firmato a Beirut durante la visita pastorale del maggio 1997. Sono
stato patriarca della Chiesa sira in quella terra. Le parole di Giovanni Paolo
II contenute in quel documento sono una vera anticipazione dell’immediato
futuro ecclesiale, che ci vedrà impegnati nell’accoglienza della diversità,
all’interno della Chiesa cattolica prima di tutto, tra i vari riti, perché i
figli dell’Oriente sempre più si muovono verso Occidente, e poi tra cristiani.
E’ ormai del tutto urgente un cammino di unità tra i discepoli in Cristo.
L’Esortazione post-sinodale è un’anticipazione del confronto, ed io spero
vivamente nel dialogo, sul piano interreligioso. E il Papa ha presentato
l’Oriente cristiano come il laboratorio in cui si prepara il domani globale dal
punto di vista religioso.
D. – Beatitudine, un pensiero
conclusivo…
R. – Il servizio alla pace, di
cui il Papa ha dato prova nel recente conflitto in Iraq, ha confermato il suo
magistero di speranza per tutta l’umanità. Il Signore benedica il Papa e gli
consenta di continuare a chiamare dall’Oriente e dall’Occidente i figli di Dio
nell’unica lode al loro Creatore e Padre. E sia la pace per tutti!
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La prima pagina si apre con
l'Iraq: ancora nessuna traccia delle armi di distruzione di massa - Rapporto
della Cia presentato al Congresso degli Stati Uniti.
Nelle vaticane, nel discorso al Capitolo Generale
della Congregazione del Santissimo Redentore, Giovanni Paolo II ha sottolineato
l'esigenza di alimentare lo slancio missionario attraverso la sapienza del
cuore e l'ardore profetico.
Una pagina sul tema
"Assisi - Basilica di san Francesco: due altorilievi per il XXV di
Pontificato di Giovanni Paolo II".
Una pagina in occasione del X
anniversario della visita del Santo Padre alla Verna.
Nelle estere, Medio Oriente: i
palestinesi chiedono un intervento internazionale contro il "muro di
sicurezza" costruito da Israele.
Filippine: attaccata con bombe
a mano una moschea nell'isola di Mindanao.
Nella pagina culturale, un
contributo di Claudio Toscani dal titolo "La moralità di facciata della
civiltà occidentale": al centro dell'opera di J.M. Coetzee.
Nelle pagine italiane, tra i
temi in rilievo le pensioni e il Ddl Gasparri.
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3 ottobre 2003
PRESENTATO A GINEVRA IL RAPPORTO UNCTAD
2003 SUL COMMERCIO E LO SVILUPPO:
IN CALO PRODUZIONE E OFFERTE DI LAVORO, AFRICA ISOLATA DALLE
TENDENZE GLOBALI
-
Servizio di Mario Martelli -
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Un
rapporto non troppo ottimista quello su “Commercio e sviluppo nel 2003”,
pubblicato a Ginevra dall’Unctad. La Conferenza delle Nazioni Unite per il
commercio e lo sviluppo, nel suo studio di più di 150 pagine, osserva che il
commercio mondiale dovrebbe ripartire quest’anno, ma senza raggiungere i livelli
degli anni ’90. L’economia mondiale attraversa attualmente un pericolo
deflazionista, creato dall’insufficienza della domanda. Mercati del lavoro e
delle merci ne risentono: troppi prodotti per troppo pochi acquirenti e troppi
lavoratori per troppo poche offerte di lavoro.
La politica monetaria è incapace di fermare ed invertire
il calo della produzione e delle offerte di posti di lavoro. Mentre, nelle
previsioni, il tasso di crescita mondiale di quest’anno non dovrebbe superare
quello del 2002, vale a dire l’1,9 per cento. Gli economisti dell’Unctad
rilevano che la ripresa degli Stati Uniti è minacciata da una ricaduta e non è
creatrice di posti di lavoro. Domanda debole, deficit e patto di stabilità per
l’Europa, ristagno degli investimenti per il Giappone, impediscono una
sostituzione del ruolo guida degli Stati Uniti ed in tale contesto ad essere
penalizzati sono i Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi registrano risultati
economici sempre più divergenti. Risultati che si spiegano con situazioni
interne diverse. Un contrasto che risulta evidente, paragonando i Paesi
dell’Asia orientale a quelli dell’America Latina, con i Paesi latinoamericani
meno capaci di adattarsi agli avvenimenti economici esterni e vittime di un
processo di disindustrializzazione che comporta una diminuzione dei posti di
lavoro e della produzione nel settore manifatturiero, oltre ad un regresso
verso attività a debole intensità tecnologica.
L’Africa, osserva il Rapporto dell’Unctad, rimane
relativamente isolata dalle tendenze globali ed è più legata alle condizioni
della domanda dell’Europa. Fattori politici e climatici continuano ad avere un
impatto maggiore sulle sue capacità economiche. Africa meridionale ed orientale
hanno subito conseguenze della siccità, creatrice di carestia alimentare e di
depressione nei prezzi all’esportazione. Poi, tensioni politiche e conflitti in
vari altri Paesi hanno avuto effetti negativi nel commercio anche con Paesi
confinanti. Altri Paesi del continente sono riusciti tuttavia a mantenere una
crescita relativamente stabile, ma per l’Africa, nell’assieme, si ritiene che
non si potranno raggiungere gli obiettivi di sviluppo fissati per il 2015,
fondati su ipotesi di una crescita mondiale di almeno il 3 per cento annuo.
Da Ginevra, Mario Martelli, per la Radio Vaticana.
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IL
CONTRIBUTO CRISTIANO ALL’UNITA’ DELL’EUROPA
RICHIAMATO
DA MONS. AMÉDÉE GRAB NELL’ASSEMBLEA EPISCOPALE DI VILNIUS
-
Servizio di Francesca Sabatinelli -
La rievangelizzazione dell’Europa: una delle grandi sfide
all’esame dell’Assemblea plenaria delle Conferenze episcopali d’Europa,
apertasi ieri a Vilnius, in Lituania, con la prolusione del presidente mons.
Amédée Grab. Un importante appuntamento che sarà illuminato, sono le parole del
vescovo, dal documento post sinodale Ecclesia in Europa, promulgato dal
Papa nel giugno scorso. Servizio di Francesca Sabatinelli.
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L’Europa
non può rinnegare o tradire le sue radici e la sua identità cristiana. I
vescovi europei affermano con vigore ciò che Giovanni Paolo II ribadisce ormai
da tempo, e annunciano che nella loro assemblea plenaria discuteranno proprio
dell’opportunità di inviare un messaggio a Roma in occasione sabato
dell’apertura della Conferenza intergovernativa. La prolusione di mons. Grab è
un richiamo ai capi di stato e di governo a non tacere nel preambolo della
nuova costituzione europea che l’Europa è il continente fecondato dal
cristianesimo: sarebbe come rinnegare che il processo di unificazione politica
in atto sia stato storicamente preparato e reso possibile da un processo di
unificazione etica, religiosa, culturale che è andato sviluppandosi nel vecchio
continente.
Ma
l’Europa è stata anche teatro di tragedie che non devono più ripetersi,
sottolinea ancora mons. Grab, e ora è chiamata a farsi portatrice di pace e di
speranza per quelle terre dove pace non c’è. Di qui una critica alle leadership
europee: di fronte a crisi come quelle irachena e mediorientale, l’Europa si è
rivelata divisa in se stessa, incapace di offrire positive soluzioni politiche
a tali gravi tensioni. Dunque l’auspicio che occupi con responsabilità il
proprio ruolo all’interno dell’ordine globale.
E
dall’Europa, dove sono nate le divisioni tra i cristiani, deve ripartire anche
il cammino verso la piena unità della Chiese. Ed è questa una delle altre
importanti sfide, assieme a quella della nuova evangelizzazione dell’Europa.
Fondamentale resta il dialogo con le altre Chiese cristiane e l’incontro tra le
religioni. Mentre prosegue il cammino sulla Charta Ecumenica, spiega il
messaggio, sta lentamente avviandosi la riflessione su una terza assemblea
ecumenica europea, dopo Basilea nel 1989 e Graz nel 1997. Così come non manca
una riflessione sulla costituzione di una commissione incaricata di
accompagnare i dialoghi con le altre fedi, islam e buddismo in particolare.
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NELLA
BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE SI TERRÀ DOMANI UN CONCERTO
PER PRESENTARE IL PROGETTO “MARIA DI NAZARETH”
- A cura di Catherine Smibert e Amedeo Lomonaco -
Con l’obiettivo di presentare un
progetto finalizzato alla costruzione di un Centro Internazionale Mariano in
Terra Santa, si terrà domani sera alle 20.30, nella Basilica romana di Santa
Maria Maggiore, un suggestivo concerto organizzato dall’Associazione francese
Maria di Nazareth e sponsorizzato dal Pontificio consiglio della cultura e
dalla Radio Vaticana. Durante la manifestazione musicale, che vedrà la
partecipazione della Corale dei piccoli cantori di San Croix di Neully e del
Coro antoniano maronita, saranno cantati inni orientali ed occidentali dedicati
a Maria. Il progetto del Centro Mariano, la cui realizzazione è prevista nel
2004 davanti alla Basilica dell’Annunciazione, ha fatto registrare la
partecipazione di tutte le Chiese di Terra Santa. Per fornire risposte chiare
ed illustrate in multimedia alle domande sulla Vergine Maria e sulla fede
cristiana, è stato inoltre realizzato un sito internet il cui indirizzo è www.mariedenazareth.com. Sugli
obiettivi del Centro internazionale mariano ascoltiamo Françoise Brennar, impegnata nella realizzazione di
questo importante progetto, al microfono di Chaterine Smibert:
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R. -
Per accogliere i pellegrini di fronte alla Basilica di Nazareth, in una casa
che apparteneva alle suore, costruiremo un Centro mariano internazionale. E’ un
progetto di unità e di pace, perché la Madre di Gesù è anche la Regina della
pace. Insieme a questo progetto ce ne è anche un altro legato ad internet: un
sito cattolico, tradotto in 12 o più lingue, con una grande apertura ecumenica.
D. – Per aiutare questo progetto c’è un grande concerto…
R. – Il concerto è una preghiera che segue tutta la vita
di Cristo e di Maria e soprattutto l’Incarnazione. Dopo questa preghiera
cantata dai piccoli cantori, ci sarà la presentazione di tutto il progetto e,
successivamente, una preghiera finale dei monaci antoniani, che usano ancora la
lingua siriaca-aramaica, la lingua di Cristo.
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LITURGIA E GEOPOLITICA ALLA RIBALTA
NELLA PLENARIA DEI VESCOVI D’AFRICA E MADAGASCAR
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Servizio di padre Joseph Ballong -
Proseguono a Dakar, in Senegal, i lavori della XIII
Assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e
Madagascar (Secam). La seduta di ieri, è stata aperta da un intervento del prefetto
della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il
cardinale Francis Arinze. Dalla capitale del Senegal il servizio di padre
Joseph Ballong, responsabile del programma Francese Africa della nostra
emittente.
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Il dicastero, diretto dal cardinale Arinze, ha numerose
competenze, perciò il porporato si è limitato a parlare di alcune materie che
lui ritiene prioritarie e urgenti per la Chiesa in Africa. Egli ha dunque
richiamato la necessità di elaborare, come lo permette la legge della Chiesa
universale, calendari liturgici particolari ad uso del Continente o delle varie
diocesi, di curare la traduzione dei libri liturgici nelle varie lingue
africane e soprattutto di avviare degli studi sui problemi specifici relativi
ad alcuni Sacramenti. Ieri ci sono stati altri due interventi importanti,
quello di mons. Laurent Monsengwo Pasinya e il saluto del delegato del
Consiglio episcopale Latino-americano. Nella sua relazione da presidente del Secam,
mons. Monsengwo ha attirato l’attenzione dei vescovi su una situazione che in
Africa corre il rischio di generalizzarsi. “Infatti - ha precisato - i grandi
leader della geopolitica del mondo hanno deciso, dopo la guerra fredda, di
cambiare l’Africa dei colonnelli con l’ Africa dei capi di guerra.
Progressivamente in Africa si affida la gestione o il governo dei Paesi a delle
persone che hanno commesso dei crimini di sangue. L’Africa non ha forse
nient’altro di meglio da offrire al mondo, per il buon governo dei suoi
Paesi?”, si è interrogato mons. Monsengwo prima di precisare: “ovviamente
questa situazione pone un problema etico e morale che sembra non dare
preoccupazione ai geopolitici, ma è una situazione che deve preoccupare ogni
coscienza cristiana ed i vescovi in primo luogo”. Il secondo intervento è stato
del delegato del Celam. Il delegato del Consiglio episcopale latino-americano,
il Celam, mons. Pierre Antoine Paulo, vescovo di Port de Paix, in Haiti, è
intervenuto per augurare che si stabiliscano dei legami più stretti di collaborazione
e di scambi tra la Chiesa in Africa e quella in America Latina nei campi della
teologia, della spiritualità pastorale e della missione ad gentes.
Da Dakar, in Senegal, Joseph Ballong, Radio Vaticana.
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3 ottobre 2003
UN SEQUESTRO DI PERSONA AL
GIORNO È LA TRISTE SITUAZIONE
IN CUI VERSA LA PROVINCIA DI BUENOS AIRES
ANCHE A CAUSA DELLA CRISI ECONOMICA CHE TRAVAGLIA
L’ARGENTINA
BUENOS AIRES. = Negli ultimi
sedici giorni sono stati 17 i casi di sequestro di persona nella provincia
della capitale dell’Argentina. L’ondata di rapimenti, da mettere in relazione
con la gravissima crisi economica in cui versa il Paese, ha subito un drastico
aumento nelle ultime due settimane: la media di un sequestro ogni 36 ore è
stata superata da quella di uno al giorno. Nella giornata di ieri sono stati
sei i rapimenti nella città: le autorità hanno individuato due categorie di
sequestri, quelli ‘pianificati’ e quelli ‘espressi’ che durano il tempo di
raccogliere la cifra richiesta. Ciò che colpisce l’opinione pubblica è la
ferocia con la quale vengono compiuti: ieri alcuni componenti di una banda ha
rapito un commerciante e lo ha tenuto prigioniero su un’auto rubata mentre gli
altri svaligiavano la casa dell’uomo facendosi scudo della moglie e della
figlia di dieci mesi. La polizia è intervenuta arrestando i rapinatori e
l’avvocato della famiglia che si è scoperto essere connivente con i malviventi
dopo essere stato scelto come mediatore per il rilascio. (M.R.)
DURANTE LA CELEBRAZIONE
PER L’87.MO ANNIVERSARIO DEL GIORNALE MESSICANO
‘EL
UNIVERSAL’, L’ARCIVESCOVO DI CITTÀ DEL MESSICO,
IL CARDINALE NORBERTO RIVERA CARRERA INCORAGGIA I
GIORNALISTI
A PERSEGUIRE LA VIA DELLA VERITÀ PER GARANTIRE LA
PACE
CITTA’ DEL MESSICO. = “Il giornalista non deve
ergersi a giudice del tribunale della discordia, ma deve tutelare e garantire
la pace. Non abbiate paura a perseguire la via del bene e della verità”.
L’arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera, si
rivolge così ai redattori del quotidiano ‘El Universal’, giornale della
capitale messicana, nel giorno del suo 87.esimo anniversario. “La nostra è una
società che predilige il libertinaggio mediatico, piuttosto che il giudizio
ponderato o la notizia che rispecchia fedelmente la verità – prosegue il
cardinal Rivera Carrera -. E’ chiaro
che in un contesto come questo, il comunicatore tende ad alimentare il fuoco
dello scandalo, a definire colpevole chi non è ancora stato giudicato
sostenendo, di fatto, interessi precisi”. Ai giornalisti convenuti nella
Basilica di Guadalupe per celebrare l’evento, il porporato, riferendosi ad una
recente affermazione di un redattore di El Universal secondo cui nei media si
annida “un esercito di calunniatori”, ha dichiarato: “Si tratta di una considerazione
del tutto personale, ma che ci deve invitare a riflettere su quello che sta
succedendo nel mondo dell’informazione.” Di fronte al presidente e direttore
generale de Los Universales, Juan Francisco Ealy Ortiz e ai vertici della casa editrice,
il cardinale Rivera Carrera ha ribadito che: “La Chiesa non censura, non controlla
e né tanto meno impone”. (M.R.)
CON UNA NOTA DAL TITOLO ‘I
POVERI, PRIORITA’ DELLA CHIESA’,
MONS. AUGUSTIN GARCIA GASCO, ARCIVESCOVO DI
VALENCIA,
ESORTA I SUOI FEDELI A VOLGERE LO SGUARDO VERSO I
POVERI
PER RISCOPRIRE IL VALORE E LA BELLEZZA
DEL SERVIZIO NEI CONFRONTI DEGLI EMARGINATI
VALENCIA. = “La storia della Chiesa ricorda tanti
umili servitori di Cristo che hanno dimostrato, attraverso le loro opere, che
il segreto della felicità è riposto nel dare e non nel ricevere.” L’arcivescovo
di Valencia, mons. Augustin Garcia Gasco, scrive così nella sua ultima nota
settimanale, dal titolo “I poveri, priorità della Chiesa”, invitando i fedeli a
tradurre in “opere concrete” la loro dedizione e il loro amore verso i più
deboli. “Né il capitalismo, né tanto meno il marxismo o la società tecnologica
sono riuscite a sanare la piaga della povertà che, anche oggi continua ad
essere un problema diffuso - aggiunge l’arcivescovo di Valencia -. Il valore
della persona non viene stimato in base a ciò che la stessa guadagna, né nei
suoi titoli o nei suoi successi, anche se la corsa al guadagno e il primato
dell’economia impongono questi parametri di giudizio così difformi da quelli
della Chiesa”. Secondo mons. Garcia Gasco “è facile incontrare il volto del
povero in Europa. Il disoccupato e l’immigrato ne sono due esempi. Anche nel
malato è possibile riscontrare la sofferenza dell’emarginato. Ma la continua
ricerca del mito della giovinezza ci fanno dimenticare la reale condizione
umana, ponendo l’accento sull’individualismo”. Il presule spagnolo continua
sottolineando come “il servizio nei confronti degli emarginati riempie il cuore
di speranza.” Esorta, quindi, i fedeli “a dedicare più tempo a questi nostri
fratelli e a sostenerli attraverso la Caritas o le Ong”. (M.R.)
LE ORGANIZZAZIONI NON
GOVERNATIVE DELLO SRI LANKA ACCUSANO
QUELLE INTERNAZIONALI DI NON AVER MIGLIORATO LE
CONDIZIONI DI VITA
DELLA POPOLAZIONE LOCALE E CHIEDONO MAGGIORE
CHIAREZZA
SUI FINANZIAMENTI DATI LORO DALL’AMMINISTRAZIONE
PUBBLICA
COLOMBO. = Le organizzazioni non
governative dello Sri Lanka criticano quelle internazionali, sostenendo che non
hanno fatto abbastanza per il Paese che, da Nord a Est è devastato da una
decennale guerra civile condotta dai ribelli delle ‘Tigri per la liberazione
della patria tamil’. Con una lettera all’amministrazione della regione di
Jaffna, penisola nell’estremo settentrione contesa a lungo dai ribelli, il
consorzio delle Ong locali critica gli operatori delle Organizzazioni
internazionali: “I programmi di assistenza
alla ricostruzione e alla riabilitazione messi in atto da diverse ong
internazionali a Jaffna - si legge nel documento, che si riferisce al processo
di pace in corso in Sri Lanka da gennaio 2002 – non hanno prodotto alcun
concreto miglioramento nella vita delle vittime del conflitto. Inoltre –
prosegue la lettera – alcune famiglie hanno ricevuto assistenza solo in modo
marginale, o non ne hanno avuta affatto". Gli operatori umanitari di
Jaffna chiedono che le Ong internazionali si appoggino alle associazioni locali
per la realizzazione dei progetti nel loro Paese. Gli organismi non governativi
dello Sri Lanka chiedono, inoltre, che quelli stranieri rendano pubblici i
bilanci e i finanziamenti che ricevono dall’amministrazione locale, e che
questa si impegni a verificare se in effetti la popolazione ha beneficiato
degli interventi internazionali. (M.R.)
LA TESTIMONIANZA DI FEDE DEI
‘PICCOLI EVANGELIZZATORI’ NEL MYANMAR
ARRIVA AI VILLAGGI ISOLATI DEL PAESE SFIDANDO LE
IMPOSIZIONI DEL GOVERNO
CHE LIMITA
LA LIBERTA’ RELIGIOSA AI CATTOLICI
MYANMAR. = Nel Myanmar (ex Birmania), c’è un gruppo
di giovani cattolici che sfidano le limitazioni del governo per evangelizzare
la popolazione dei villaggi situati nelle zone impervie. Con una intervista
all’Agenzia Fides, mons. Peter Hla, vescovo ausiliare di Taunggyi, presenta
l’attività dei ragazzi chiamati in lingua locale “zetamans”, ‘piccoli
evangelizzatori’, che girano per i villaggi insegnando ai bambini e
testimoniando l’amore di Gesù. I ‘zetamans’ arrivano nelle aree rurali dove è
difficile arrivare, condividono per alcuni giorni la vita della comunità e
trascorrono molto tempo con i bambini. “Il loro stile di presenza è fatto di
amore, amicizia, relazionarsi con affetto – ha dichiarato mons. Hla - poi, se
viene loro richiesto, danno testimonianza della loro fede. La gente, infatti,
ne ama il modo di essere.” Il lavoro che i ‘zetamans’ fanno tra la gente è reso
difficoltoso dal controllo del governo che concede la libertà di culto ma non
di missione. La speranza che hanno i cattolici è che sia concessa loro più
libertà di svolgere la missione pastorale per evangelizzare. Il governo,
intanto, continua ad avere forti pressioni dall’occidente e dalle
organizzazioni non governative per la liberazione del premio Nobel Aung San Suu
Kyi. In questi giorni il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha mandato
un inviato speciale per richiederne il rilascio. (M.R.)
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3 ottobre 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Venerdì di preghiera drammatico, per i musulmani
dell’Asia. A cominciare dal Pakistan, dove la violenza ha colpito stamattina
un gruppo di sciiti che si recava in
una moschea di Karachi. Il minibus su cui viaggiavano è stato attaccato da un
commando armato, che ha aperto il fuoco uccidendo 5 persone e ferendone 7.
Secondo la polizia, si tratta di estremisti sunniti, protagonisti di recenti
attacchi contro la minoranza sciita.
Un episodio analogo si è verificato in un’altra zona calda
del continente asiatico: l’isola di Mindanao, nelle Filippine meridionali.
Quattro i fedeli uccisi nella moschea di Midsayap, nella provincia di Cotabato,
da una bomba a mano lanciata in un’ora di grande affollamento. Anche in questo
caso, le indagini puntano sugli estremisti islamici, che con la strategia del
terrore stanno tentando di ottenere l’indipendenza dell’isola da Manila.
Sembra invece accidentale, ma non per questo meno
preoccupante, l’esplosione avvenuta stamattina in Afghanistan, nei pressi della
base militare americana di Bagram. Un bilancio anche in questo caso pesante –
almeno 7 morti e 6 feriti – ed una dinamica ancora da verificare. Tra le
ipotesi c’è quella secondo cui l’abitazione all’interno della quale è esploso
l’ordigno venisse utilizzata dalla guerriglia talebana come deposito di armi.
Nessuna arma di distruzione di
massa è stata ancora trovata in Iraq. Questo, in sintesi, il rapporto degli
ispettori americani al Congresso di Washington, mentre un’altra battaglia si
combatte al Palazzo di Vetro di New York. Ha riscosso infatti giudizi negativi
la bozza di risoluzione statunitense sul futuro iracheno: documento che parla
di una presenza temporanea dei militari americani nel Paese del Golfo, senza
però fissare alcuna data per il passaggio di poteri a Baghdad. Il servizio di
Paolo Mastrolilli:
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“Non va nella direzione che avevo raccomandato, ma dobbiamo
studiarla in maniera più approfondita”. E’ negativo il primo giudizio del
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, sulla nuova risoluzione per creare
una forza multinazionale a Baghdad, rivista dagli Stati Uniti e fatta circolare
tra i membri del Consiglio di Sicurezza, proprio mentre gli Stati Uniti
vorrebbero che il documento fosse approvato entro il 23 ottobre, quando in
Spagna comincerà la conferenza dei Paesi donatori. La Francia ha detto che non
userà il veto, ma si è dichiarata insoddisfatta e potrebbe astenersi. La
Germania ha commentato che la risoluzione rappresenta un passo avanti, ma ha
bisogno di essere rifinita, e anche la Russia ha espresso riserve. L’iniziativa
di Washington all’Onu ha lo scopo di allentare le tensioni sul terreno dove
continuano le violenze, e ieri le truppe di occupazione sono state ancora
attaccate a Falluja. Al Congresso, intanto, è cominciata la testimonianza
davanti alle commissioni Intelligence del capo degli ispettori americani, David
Kay, che ha dichiarato di non aver trovato le armi di distruzione di massa,
anche se Saddam voleva conservare i programmi per ricostruirle.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il nuovo governo palestinese sarà presentato mercoledì
prossimo al Consiglio legislativo di Ramallah. Lo ha annunciato Abu Ala,
premier designato, che nell’intervista ad un quotidiano locale ha illustrato
l’obiettivo principale del suo mandato: il raggiungimento di una tregua con
Israele e l’applicazione della road map, il piano di pace presentato da
Stati Uniti, Russia, Unione europea ed Onu.
La guerriglia continua a mietere vittime nell’Uganda settentrionale, dove
le ultime 48 ore hanno visto un’impennata di incursioni e saccheggi da parte
del sedicente Esercito di resistenza del Signore. Numerosi i villaggi
attaccati, almeno 50 le persone sequestrate. In una delle scorribande, però, i
ribelli si sono trovati di fronte l’esercito di Kampala, e ne è scaturito uno
scontro molto violento: 5 vittime tra i guerriglieri, 2 tra i soldati.
Situazione
sempre tesa in Costa d’Avorio. Migliaia di persone si sono riversate ieri per
le strade di Abidjan, per chiedere il disarmo degli ex ribelli che ancora
controllano la zona nord-occidentale del Paese africano e che recentemente sono
usciti dal governo: un gesto di forte contestazione, nei confronti del
presidente Gbagbo, che rischia di innescare un nuovo conflitto. Il servizio di
Giulio Albanese:
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Al grido di “Siamo stanchi”, in migliaia hanno lasciato le
zone residenziali della capitale commerciale della Costa d’Avorio, prendendo
parte ad una manifestazione organizzata dai Giovani Patrioti, il movimento
giovanile vicino al presidente Laurent Gbagbo. Durante il comizio, i leader dei
giovani hanno lanciato parole di sfida nei confronti delle Forze Nuove, la
grande coalizione politica che raccoglie i tre movimenti armati, protagonisti
della lunga crisi ivoriana esplosa con il sollevamento armato anti Gbagbo, il
19 settembre dello scorso anno. La tensione tra Gbagbo e gli ex ribelli è
tornata a salire in modo esponenziale la scorsa settimana, dopo la decisione
delle Forze Nuove di uscire dall’esecutivo per protestare apertamente contro il
capo dello Stato, accusato di impedire il processo di riconciliazione e di non
applicare gli accordi pregressi.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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I
risultati definitivi delle elezioni in Rwanda confermano la schiacciante
vittoria del Fronte patriottico: il partito del presidente Kagame ha infatti
conquistato 40 dei 53 seggi disponibili in Parlamento. Ma sullo svolgimento
della consultazione rimangono i dubbi degli osservatori internazionali: quelli
inviati dall’Unione europea accusano Kagame di aver minacciato i suoi
avversari, escludendone due dalla corsa elettorale.
Dopo il
golpe del 14 settembre, la Guinea Bissau ha da oggi un nuovo governo di
transizione. Ma nell’esecutivo la presenza dei militari è piuttosto limitata –
sia il presidente, Henrique Rosa, che il premier, Artur Sanha, sono civili – e
non mancano segnali di continuità: due ministri appartengono infatti alla
passata amministrazione, quella di Kumba Yala. L’accordo è stato reso possibile
anche grazie alla mediazione del vescovo di Bissau, mons. José Cámnate Na
Bissign, che ha guidato il Consiglio nazionale di transizione.
Il
primo ministro svedese, Goran Persson, ha scelto il successore di Anna Lindh al
ministero degli Esteri. Si tratta di Laila Freivalds, originaria della
Lettonia, che già per 9 anni aveva ricoperto una carica di ministro: dal 1988
al 1991 e dal 1994 al 2000, infatti, era stata titolare del dicastero della
Giustizia.
Continuano a venire alla luce gli orrori della guerra nei
Balcani. I medici legali hanno annunciato stamattina di aver completato il
lavoro di ricerca ed identificazione dei corpi contenuti nella fossa comune più
grande ritrovata finora: quella situata nei pressi di Zvornik, nella Repubblica
Srpska, l’entità serba di Bosnia. Complessivamente, i cadaveri sono 629: fra
loro, anche 11 bambini. Dall’abbigliamento delle vittime e dai pochi documenti
trovati, si è giunti alla conclusione che si trattasse di civili musulmani,
abitanti nei dintorni.
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