RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 275 - Testo della
Trasmissione giovedì 2 ottobre 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Riunito da oggi a Vilnius, in Lituania, il Consiglio delle
Conferenze episcopali europee.
Si è
aperta ieri a Roma, nella sede Fao, la IX Conferenza europea sulla nutrizione.
Il Premio Nobel per la Letteratura, al
romanziere sudafricano Michael Coetzee.
Sarà presentato oggi
pomeriggio, a Roma, un volume che propone l’omaggio di 20 cardinali a Maria.
Violenti scontri in Pakistan fra l’esercito ed Al-Qaeda:
almeno 20 le vittime.
Contro la costruzione del muro, i palestinesi
chiedono aiuto al Quartetto.
Cresce la tensione in Cecenia, a 48 ore dalle
presidenziali.
Al via a Teheran le nuove ispezioni dell’Aiea.
L’Iran assicura: nucleare solo a scopi civili.
Netta affermazione del partito di Kagame, nelle
presidenziali in Rwanda.
2 ottobre 2003
IN UDIENZA DAL PAPA, IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA LITUANA,
ROLANDAS
PASKAS, ALLA GUIDA DI UNO STATO
CHE
NEL 2004 ENTRERA’ NELL’UNIONE EUROPEA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Giovanni
Paolo II ha ricevuto questa mattina il presidente della Repubblica di Lituania,
il 46.enne Rolandas Paskas, accompagnato dalla moglie e dal seguito. Il capo di
Stato lituano è in carica dal gennaio di quest’anno, quando superò al
ballottaggio il presidente uscente, Algirdas Adamkus. Paskas – ricevuto stamani
anche dal presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi – aveva
ricoperto in precedenza le cariche di premier e di sindaco della capitale,
Vilnius. L’incontro, come riferiscono fonti giornalistiche ammesse nel Palazzo
apostolico, è durato circa quindici minuti e si è concluso con il tradizionale
scambio dei doni. Al Pontefice è stata donata una statua in bronzo della
Madonna.
Nel
referendum del 12 maggio scorso, la popolazione del piccolo Stato baltico ha
votato a stragrande maggioranza (circa il 90 per cento) l’adesione all’Unione
Europea, nelle cui strutture la Lituania entrerà nel 2004, con il primo gruppo
di Stati dello scacchiere orientale del continente. Ma, parallelamente alla
crescita socioeconomica, anche la Chiesa locale registra un notevole fermento,
come ci descrive nel suo servizio Alessandro De Carolis:
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L’ultimo
dei Paesi baltici ad abbracciare il cristianesimo, ma anche l’unico a rimanere
fedele alla Chiesa di Roma durante la riforma luterana. Così nel 2000, durante
il pellegrinaggio nazionale a Roma per il Giubileo, Giovanni Paolo II definì la
Lituania, ricordandone in quel contesto la ritrovata vocazione europeista, dopo
l’epoca della persecuzione comunista, e invitandola a “contribuire al
rinnovamento spirituale dell’Europa e alla riconciliazione tra i popoli”.
Nel
cuore dei lituani è rimasto scolpito il viaggio che nel settembre del ’93 il
Papa compì nelle Repubbliche baltiche. Tra le tante immagini, quella della
Messa celebrata il 7 settembre nei pressi della Collina delle croci, nella
pianura di Siauliai, fece il giro del mondo per la sua forte carica simbolica,
di sofferenza e insieme di speranza. Tra quella foresta di croci di ogni
dimensione – piantate fin dall’epoca zarista, sradicate dai comunisti e nuovamente
piantate con l’avvento dell’indipendenza nazionale – Giovanni Paolo II volle
salutare “tutti i popoli dell’Europa cristiana”, indicando loro nella Croce il
simbolo di una redenzione non solo spirituale.
Oggi,
dal punto di vista ecclesiale, i 2 milioni e 800 mila cattolici lituani
costituiscono l’82% della popolazione totale. La Chiesa locale conta 14
vescovi, circa 800 sacerdoti, tra diocesani e religiosi, distribuiti in 670
parrocchie. Le religiose sono 750 e oltre 2 mila catechisti. Una vasta comunità
impegnata a realizzare il mandato giubilare del Papa: “Approfondire la
conoscenza del Concilio Vaticano II, per tradurre i suoi insegnamenti nel
concreto della vita ecclesiale e sociale, a partire dalle vostre famiglie e dalle vostre parrocchie”.
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IL CONCISTORO DEL 21 OTTOBRE PER LA CREAZIONE DI 30
NUOVI CARDINALI.
NOTA
DELL’UFFICIO DELLE CERIMONIE PONTIFICIE
- A
cura di Paolo Salvo -
Il
Concistoro ordinario pubblico per la creazione di trenta nuovi cardinali,
annunciato dal Papa all’Angelus di domenica scorsa, si svolgerà martedì mattina
21 ottobre alle ore 10.30 sul sagrato della Basilica Vaticana. Questo ed altri
particolari sull’importante avvenimento sono contenuti in una notificazione
diffusa questa mattina dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie.
Le
tradizionali visite di cortesia ai nuovi cardinali – precisa pure la nota
firmata dall’arcivescovo Piero Marini – si svolgeranno sempre martedì 21
ottobre, dalle ore 16.30 alle ore 18.30, nei luoghi che come è consuetudine
saranno a suo tempo indicati.
Il
giorno successivo, mercoledì mattina 22 ottobre alle ore 10.30, in Piazza San
Pietro, avrà luogo la solenne Cappella Papale, durante la quale il Santo Padre
presiederà la concelebrazione della Santa Messa con i nuovi porporati, ai quali
consegnerà l’anello cardinalizio.
Nel
corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in successive udienze tre vescovo
delle Filippine, in visita “ad Limina”, e il ministro degli Esteri d’Australia,
Alexander Downer, con le persone del seguito.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Long Xuyen, in Vietnam,
presentata dal vescovo mons. Jean Baptiste Bui Tuan, per raggiunti limiti di
età. Gli subentra il vescovo mons. Joseph Tran Xuan Tiéu, coadiutore della
stessa diocesi vietnamita.
IL 25.MO DI PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II,
IL PAPA DELLA SANTITA’
Intervista
di Giovanni Peduto col cardinale prefetto della Congregazione
per le
Cause dei Santi, José Saraiva Martins -
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Uno degli aspetti salienti di questo Pontificato è stato
quello del grande numero di beatificazioni e canonizzazioni che si sono avute
nel corso di questi 25 anni. Con noi oggi il cardinale prefetto della
Congregazione per le cause dei Santi, José Saraiva Martins:
D. – Eminenza, che cosa ricorda del giorno in cui il
cardinale Wojtyla è stato eletto Papa?
R. - Risuonano ancora nelle nostre orecchie le parole da
lui pronunciate, in quell’indimenticabile 16 ottobre 1978, dalla Loggia della
Basilica di San Pietro: “Non abbiate paura. Aprite le porte a Cristo”. Queste
parole, con cui il cardinale Karol Wojtyla, appena eletto Papa, si è presentato
alla Chiesa e al mondo come il nuovo Successore di Pietro, illuminano tutto il
suo Pontificato.
D. – Straordinaria l’attività pastorale di questo Papa…
R. - Un
Pontificato quanto mai intenso e fecondo, quello del Papa ‘venuto da lontano’.
Nell’arco di tutti questi anni, egli ha esercitato una instancabile ed efficace
azione pastorale a tutti i livelli della Chiesa e della società del nostro
tempo. I suoi numerosi pellegrinaggi apostolici ne sono una delle più perfette
espressioni. Sulla scia di Paolo, anche questo Papa si è messo in cammino per
il mondo, per annunciare il Vangelo a tutti gli uomini e a tutti i popoli. Egli
è stato così il primo missionario della Chiesa.
D. – Un Papa sempre vicino all’uomo…
R. – Certamente. Credo che una delle caratteristiche del
Pontificato di Papa Wojtyla, sia proprio la sua vicinanza all’uomo di oggi.
Nell’Enciclica programmatica “Redemptor hominis” il nuovo Pontefice affermava
che “l’uomo è la via della Chiesa”. In piena sintonia con questa affermazione,
il Papa, in un mondo complesso e travagliato come il nostro, è stato sempre
vicino all’uomo, ai suoi problemi, difendendo sempre, con grande vigore e
coraggio, in nome del Vangelo, la dignità della persona umana, i suoi diritti
fondamentali e, quindi, sacri e intangibili. L’offesa all’uomo è, e sarà
sempre, un’offesa a Dio suo Creatore.
D. – Giovanni Paolo II, non possiamo dimenticarlo, si è
tanto prodigato per la pace… E’ un vero costruttore di pace…
R. - Non si può dimenticare quanto ha fatto questo Papa
per la pace tra gli uomini e tra i popoli. I suoi messaggi annuali sulla pace
sono stupende lezioni su tale prezioso dono che Cristo, il Principe della pace,
è venuto a portare nel mondo. E i suoi frequenti ed appassionanti appelli alla
pace fondata sulla verità, la giustizia, l’amore ed il perdono, sono
altrettanto forti richiami all’obbligo che incombe su tutti di essere dei veri
e convinti costruttori di pace.
D. – Ma possiamo dire, senza tema di smentita, che
Giovanni Paolo II passerà alla storia anche come il Papa della santità?
R. – Credo proprio di sì, anzi, vorrei proprio
sottolineare, come prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, questo
aspetto essenziale del Pontificato di Giovanni Paolo II: la santità. Quello
della santità è, senza dubbio, uno degli argomenti portanti del magistero
dell’attuale Pontefice. La valorizzazione di essa, sia a livello teologico che
pastorale, è stata sempre, sin dall’inizio del suo Pontificato, uno dei punti
basilari del suo ministero petrino. La santità, ricorda spesso il Papa,
appartiene alla stessa natura della Chiesa, al suo Dna. E’ uno dei suoi elementi
costitutivi. La Chiesa di Cristo è chiamata ad essere la ‘Chiesa del grembiule’
(vesc. Bello), ossia dell’azione del servizio pastorale ai fratelli, ma è
chiamata anche, e prima ancora, ad essere la ‘Chiesa della santità’. A
suscitare questa santità è finalizzata tutta l’attività pastorale della Chiesa:
“Non esito a dire - si legge nella ‘Nova Millennio ineunte’ - che la
prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale della Chiesa è quella
della santità”. Il Papa dice ancora che il primo dovere dei pastori è quello di
suscitare la santità nei fedeli, quindi penso che meritatamente questo Papa
passerà alla storia anche come il Papa della santità. La nostra gioia per il
25.mo di Pontificato dell’attuale Pontefice, il Papa della santità, si fa preghiera
perché il Signore gli dia ancora molti anni di vita. La Chiesa e il mondo hanno
ancora bisogno della sua testimonianza profetica, del suo slancio apostolico e
del suo ricco e fecondo magistero. “Dominus conservet eum”.
Con le 5 beatificazioni già programmate per il prossimo 9
novembre, Giovanni Paolo II fino a tutto il 2003 avrà proclamato 1.320 Beati.
Con le canonizzazioni di domenica prossima, 5 ottobre, saranno 477 i Santi dichiarati dal Pontefice.
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NEL SEGNO DEL DIALOGO ECUMENICO, INIZIA STASERA
A ROMA LA VISITA
DELL’ARCIVESCOVO
DI CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS.
SABATO
MATTINA, L’INCONTRO CON IL PAPA IN VATICANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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Una visita che è il segno della volontà di continuare a
operare insieme verso il traguardo della piena comunione: animata da questo
spirito ecumenico, inizia oggi la visita a Roma dell’arcivescovo di Canterbury,
Rowan Williams. Il presidente della comunione anglicana arriverà stasera -
proveniente da Londra - alle ore 21.05 all’aeroporto Leonardo da Vinci,
dove sarà ricevuto dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani. L’arcivescovo - informa
una nota del dicastero vaticano - si tratterrà a Roma, sino al pomeriggio di
domenica 5 ottobre, e verrà accompagnato nella visita dalla consorte, signora
Jane Williams, da suoi collaboratori diretti, da responsabili a livello della
Comunione Anglicana e dell’Anglican Communion Office, ancora da
rappresentanti della Comunione Anglicana in Europa. Sarà inoltre accompagnato
dal cardinale Murphy-O’ Condor, arcivescovo di Westminster.
Nella mattinata di domani, l’arcivescovo Williams sarà
impegnato in conversazioni con il presidente del Pontificio consiglio per la
promozione dell’Unità dei Cristiani e il presidente del dicastero per il
Dialogo Interreligioso, l’arcivescovo Fitzgerald. Quindi, nel pomeriggio,
parteciperà con vari esponenti cattolici ad una tavola rotonda presso il Centro
Anglicano. La sera, infine, il cardinale Kasper offrirà una cena in onore
della delegazione anglicana presso la Domus Sanctae Marthae in Vaticano.
Sabato mattina, il momento centrale della visita: dopo una sosta di preghiera
nella Basilica Vaticana, infatti, alle ore 11 il primate anglicano sarà ricevuto
dal Papa in udienza al Palazzo Apostolico. Nel pomeriggio, poi, l’arcivescovo
Williams presenzierà alla cerimonia di insediamento ufficiale del nuovo
direttore dell’Anglican Centre di Roma, il vescovo John Flack. Il Centro
è stato inaugurato nel 1966. Da allora, il suo direttore svolge l’incarico
di rappresentare presso la Santa Sede l’arcivescovo di Canterbury ed i primati
della comunione anglicana. Negli anni, ha sempre rappresentato un valido
strumento per promuovere le relazioni tra cattolici ed anglicani.
Domenica 5 ottobre, dopo l’eucaristia presieduta presso la
All Saints’ Anglican Church di via del Babuino, l’arcivescovo partirà
alla volta di Londra. Il dr. Rowan Williams, già primate anglicano della Chiesa
del Galles, è stato nominato 104.mo arcivescovo di Canterbury nel luglio del
2002 ed intronizzato nel febbraio di quest’anno, succedendo all’arcivescovo
George Carey. In tale occasione, l’arcivescovo Williams mise l’accento
sull’importanza della continuità delle relazioni e del dialogo teologico tra
Chiesa cattolica e comunione anglicana. Un dialogo che si svolge attualmente
tramite due strutture l’Arcic, commissione mista cattolica-anglicana e la Iarccum,
commissione per l’Unità e la Missione. L’Arcic, attiva da oltre 30 anni,
ha concentrato la sua ricerca su temi teologici controversi tra cattolici ed
anglicani, pubblicando numerosi documenti. Tra breve, l’organismo ecumenico
finalizzerà un ulteriore documento sul ruolo di Maria nella vita e nella
dottrina della fede della Chiesa, con l’auspicio di raggiungere un
significativo progresso nella comune comprensione dell’argomento.
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Apre la prima pagina la situazione in Medio
Oriente: il Governo israeliano approva l'estensione del muro di separazione con
la Cisgiordania.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alle iniziative pastorali nell'ambito dell'Anno del Rosario.
Due pagine sul cammino della
Chiesa in Italia, con articoli che illustrano l'attività delle varie diocesi.
Nelle estere, riguardo
all'Iraq, pronta la risoluzione degli Usa sul processo di ricostruzione; un
articolo di Gabriele Nicolò sull'emergenza alimentare che, nel Paese
asiatico, affligge milioni di persone.
Liberia: sparatoria a Monrovia
mentre si avvia la missione Onu.
Nella pagina culturale, un
contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo "Rappresentare il sacro
in un contesto secolare": tema centrale della narrativa di Flannery
O'Connor
Nelle pagine italiane, in primo
piano il Ddl Gasparri ed il tema delle pensioni.
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2 ottobre 2003
GUERRE DIMENTICATE: UNO STUDIO DOCUMENTA LA COPERTURA GIORNALISTICA
IN ITALIA DI CONFLITTI ‘LONTANI’,
DAI
NOSTRI INTERESSI. BOCCIATE LE PRINCIPALI TESTATE QUOTIDIANE, ASSOLTA LA STAMPA
CATTOLICA
- A
cura di Roberta Gisotti -
Le guerre dimenticate, ovvero ignorate dal grande pubblico
nel mondo, perché i circuiti della stampa internazionale, le agenzie, i
principali quotidiani, le riviste, le televisioni e le radio non ne danno
notizia, o se ne occupano saltuariamente e marginalmente. Nel 2001 sono state
24 le guerre che hanno devastato il Pianeta, 25 l’anno prima, mentre nei 10
anni precedenti, dalla caduta del Muro di Berlino, ben 57 conflitti hanno
attraversato con il loro carico di morte, distruzione ed odio 45 Paesi diversi.
Una delle vergogne del nostro tempo, come ha sottolineato tante volte il Papa.
Una realtà drammatica che ogni giorno – anche se non ci pensiamo - affligge
decine di milioni di persone, sotto il dominio delle armi, a volte per mesi,
anni, decenni. Eppure dai nostri giornali non sappiamo quasi nulla di queste
guerre, come documenta una ricerca che è stata condotta dalla Caritas italiana,
in collaborazione con le riviste “Famiglia Cristiana” ed “Il Regno”, con il
supporto scientifico dell’Istituto universitario europeo di Firenze. Uno studio
davvero interessante, che premia peraltro la stampa cattolica. Rosario
Tronnolone del nostro programma “One o five live” ne ha parlato stamane con il
cardinale Roberto Tucci.
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R. - Quello che mi ha sorpreso piacevolmente è che tra i
dati si dice questo: “L’analisi qualitativa dimostra che tra le diverse
emittenti radiofoniche spicca per completezza d’informazione Radio Vaticana”.
E poi si fa anche un elogio meritato dell’Avvenire. Esaminando per dieci
settimane i cinque conflitti presi a campione, dal punto di vista delle
frequenze su quattro quotidiani nazionali, Avvenire è l’unica testata
che abbia riportato informazioni su tutti i conflitti, lasciando a distanza,
con 33 articoli: La Repubblica, con 8 articoli, Il Corriere della
Sera, con 7 articoli e La Stampa, con 4 articoli”. Mi fa piacere
questo, perché dimostra in fondo che la fede cattolica ci apre all’universalità
e ci apre alla compassione di tutte le sofferenze umane, senza distinzioni di
importanza di Paese, di etnia, di religione e così via. Ma rimane che le
televisioni, i grandi organismi di stampa, le agenzie di stampa, non danno lo
stesso rilievo alle guerre, ma si concentrano su quelle guerre che implicano le
grandi potenze. Per esempio, di quello che succede in Sudan pochi ne parlano,
di quello che succede in Sri Lanka pochi ne parlano, di quello che succede in
Cecenia, nonostante sia implicata la Russia, se ne parla ogni tanto, ma non con
grande attenzione, con grande rilievo. Ma ce ne sono tante altre di guerre,
purtroppo, dimenticate.
D. – Nel nostro mondo, ciò che non è visibile è
praticamente quasi inesistente…
R. – Questa è una giusta considerazione che, però, fa
capire quanto sia in fondo partigiana l’informazione del nostro mondo, dei
Paesi che stanno meglio, dei Paesi del mondo occidentale, sia nordamericano,
sia europeo. Noi non ce ne accorgiamo, ma abbiamo una visione un poco razzista
anche nell’informazione.
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RUOLO DELLA CHIESA, VALORI UMANI E
RELIGIOSI,
LOTTA
CONTRO L’AIDS AL SIMPOSIO DEI VESCOVI D’AFRICA E MADAGASCAR
-
Servizio di padre Joseph Ballong -
Alla presenza di 8 cardinali africani, tra i quali
Bernardin Gantin, decano emerito del collegio cardinalizio, e Francis Arinze,
prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei
sacramenti, di mons. Robert Sarah, segretario della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, di mons. Agostino Marchetto segretario del
Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e del nunzio apostolico in
Senegal, mons. Giuseppe Pinto, che ha letto un messaggio del Papa, si sono
aperti ieri a Dakar i lavori della 13.ma Assemblea plenaria del Simposio delle
Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Secam).
Tra le autorità civili erano presenti il primo ministro
senegalese, in rappresentanza del Capo dello Stato momentaneamente assente, i
membri del governo, del corpo diplomatico e di diverse organizzazioni
internazionali e della giunta municipale di Dakar. Inoltre c’erano delegati
dell’islam e delle Chiese protestanti. Dal Senegal, il servizio di padre Joseph
Ballong, responsabile del Programma francese africa della nostra emittente.
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Nel suo discorso di benvenuto l’arcivescovo di Dakar,
mons. Theodore-Adrian Sarr, ha soprattutto sottolineato il carattere sereno di
collaborazione che caratterizza le relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato
laico del Senegal, che riconosce e rispetta il ruolo delle confessioni
religiose del Paese, dove l’islam è maggioritario con più del 95 per cento. E’
intervenuto, poi, il segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei
popoli, mons. Robert Sarah. Egli ha insistito sul fatto che ormai la Chiesa è a
casa sua in Africa, è africana e fa parte integrante della storia del
continente. La Chiesa ha arricchito l’Africa con la ricchezza della rivelazione
del Dio unico e l’Africa ha arricchito la Chiesa con i suoi valori culturali e
religiosi e con la testimonianza di santità di molti dei suoi figli.
Dopo aver richiamato l’urgenza dell’inculturazione e della
missione, mons. Sarah, ha esortato i vescovi ad impegnarsi di più in una
pastorale che aiuti a ridare all’africano la sua dignità e il senso profondo
della vita. Dal canto suo, l’intervento del presidente del Secam, mons. Laurent
Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani nella Repubblica Democratica del
Congo, ha evocato il secondo tema all’ordine del giorno di questa plenaria,
cioè il problema dell’Aids, per dire che non è solo un problema medico, ma per
i vescovi è un grande problema pastorale nella sua prevenzione, nella cura
della malattia e nell’accompagnamento umano e spirituale del malato.
Infine, il primo ministro del Senegal, nel suo intervento
di benvenuto, ha soprattutto sottolineato che il governo del Senegal ha fatto
sue molte delle preoccupazioni dei vescovi africani, contenute nel loro
messaggio della XII Assemblea plenaria del Secam, tenuta a Rocca di Papa nel
2000. Ha, dunque, citato gli sforzi del governo per promuovere e garantire le
libertà fondamentali: il rispetto ed il consolidamento di uno Stato di diritto
in Senegal, il grande impegno di lotta contro l’Aids, che ha già dato risultati
molto significativi in Senegal, dove il numero dei sieropositivi è diminuito
molto. Dopo aver ascoltato i diversi messaggi di alcuni dicasteri romani e di una
delegazione di tre vescovi della Conferenza episcopale degli Stati Uniti
d’America, i quali hanno annunciato di voler intensificare la collaborazione
con i vescovi africani e hanno annunciato anche un contributo di 50 mila
dollari per aprire una struttura per la lotta contro l’Aids, questa prima
giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica solenne, in serata, in
una parrocchia della città.
Da Dakar, in Senegal, Joseph Ballong, Radio Vaticana.
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RADIO MARIA E L’AFRICA. AL CONVEGNO MONDIALE DI WORD
FAMILY, A ROMA,
SI
AFFRONTA LA SFIDA DEL CONTINENTE NERO E SI TRACCIANO BILANCI:
L’EMITTENTE
CATTOLICA NATA NEL 1983 OGGI È PRESENTE IN 4 CONTINENTI
“Una
Radio, una missione” questo il tema del secondo Convegno mondiale dell’associazione World Family of Radio
Maria, che si è aperto a Roma il 30 settembre. Mons. Michael Fitzgerald,
presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, ha dato
inizio ai lavori che termineranno domani. Presenti le delegazioni e i rappresentanti
di oltre 40 Paesi nel mondo, assieme ad alcuni volontari della sede romana di
Radio Maria Italia. L’incontro rappresenta un momento di verifica e di gioia
per questa realtà mondiale nata nel 1983 in una parrocchia in provincia di Como
che si prefigge il compito, di diffondere il messaggio evangelico usando tutte
le potenzialità del mezzo radiofonico. Oggi Radio Maria è un'emittente presente
in più di 30 nazioni ed ogni giorno si rivolge a milioni di ascoltatori in 13
lingue. Ma entriamo nel vivo del convegno. Lo facciamo con il direttore di
Radio Maria, padre Livio Fanzaga, al quale Massimiliano Menichetti ha chiesto
di presentare gli obiettivi fino ad oggi focalizzati …
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R. – Come priorità la nostra attenzione è rivolta a far sì
che ogni Radio Maria del mondo abbia i carismi di Radio Maria Italia. Ciò
significa incentrare il lavoro sulla preghiera, poi, naturalmente,
l’evangelizzazione, quindi la promozione umana; poiché l’Emittente è fortemente
cattolica, in comunione con la gerarchia e con particolare attenzione alla
cattedra di Pietro. Tutto questo, naturalmente, ha bisogno di continui
approfondimenti e questo convegno, che si tiene ogni tre anni, serve per
ritornare continuamente alle sorgenti della Radio.
D. – Radio Maria Italia e le tante Radio Maria nel mondo:
come vi coordinate?
R. – Abbiamo un sistema interno di Internet molto efficace
per cui tutti i nostri settori, tutti i direttori sono collegati continuamente,
abbiamo investito molto in tecnologia. Io, per esempio, che sono il responsabile
della programmazione mondiale posso anche sorvegliare, sentire, vigilare e
vedere, per esempio, come trasmette una Radio Maria in America Latina, o
un'altra a San Pietroburgo.
D. – Come riesce a sopravvivere questa realtà?
R. – E’ uno dei
temi brucianti del convegno perché finora chi ha finanziato la nascita di tutte
le Radio Maria nel mondo è stato il gruppo italiano, il quale, a sua volta,
vive delle sole offerte dei fedeli. Noi, dal 1988 ad oggi, abbiamo distribuito
36 milioni di euro, grazie al sostegno degli ascoltatori.
D. – Chi vi ascolta cosa cerca?
R. – Certamente la consolazione e la forza della
preghiera, però cercano anche molta dottrina. Quindi, possiamo dire che la
radio, non è soltanto un riferimento per la consolazione ma che è una realtà
viva di formazione.
D. – Venerdì termina il convengo: quale sarà la vostra
prossima sfida?
R. – La sfida che intendiamo affrontare in questo triennio
è l’Africa, dove ci sono 7 Radio Maria che già funzionano e 7 che stanno per
iniziare a trasmettere, ma da quasi tutti i Paesi del continente ci chiedono di
essere presenti. E’ il momento di intervenire e di superare le difficoltà
economiche, perché lì, non ci sono problemi di frequenze ed è abbastanza facile
avere le licenze.
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2 ottobre 2003
“CONOSCERSI
PER RISPETTARSI”. E’ IL TEMA
DEL PRIMO SIMPOSIO ISLAMO-CRISTIANO, APERTOSI QUESTA
MATTINA AD ISTANBUL
E PROMOSSO DAI FRATI MINORI CAPPUCCINI
- A cura di padre Egidio Picucci -
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ISTANBUL.
= Con il ricordo degli Angeli, di cui la Chiesa celebra oggi la festa e che il
Corano ricorda nella terza sura, è iniziato questa mattina, ad Istanbul, il
primo Simposio islamo-cristiano, sul tema “Conoscersi per rispettarsi”.
L’iniziativa si deve ai Frati minori cappuccini della provincia di Parma,
presenti in Turchia da oltre 70 anni. Avvalendosi della disponibilità al
dialogo dell’Università islamica di Marmara, essi hanno preparato insieme ad
alcuni professori di questo ateneo una serie di conferenze sulla conoscenza
reciproca, “perché – ha detto il professor Faruk Harman, aprendo i lavori – le
lotte e le guerre nascono dal fatto di non conoscersi. Essere diversi in nessun
modo vuol dire essere nemici”. Le otto relazioni previste presenteranno i libri
sacri delle due confessioni religiose: il Corano ed i Vangeli. Da parte
musulmana si sta parlando e si parlerà della formazione del Corano, della sua
autorità, della sua interpretazione nella comunità musulmana e della sua
rivelazione da parte di Dio. Da parte cattolica, padre Maurice Borrmans e padre
Roland Meynet tratteranno invece della formazione del genere letterario, della
trasmissione e della interpretazione autentica dei Vangeli. I timori della
vigilia sulla riuscita del Simposio – nessun dubbio è mai sorto sulla sua
opportunità – sono stati cancellati dal più che soddisfacente numero di partecipanti.
Sono infatti presenti oltre 70 persone, tra cattolici, ortodossi, armeni, siriaci
e musulmani. Tra questi alcuni sono professori e altri studenti, provenienti
dalle università di Istanbul, Ankara e Sakarya. Il Simposio si concluderà domenica
5 ottobre, con la partecipazione del nunzio apostolico in Turchia, mons. Edmond
Farhat.
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IN VISTA DELLA CONFERENZA
INTERGOVERNATIVA
SULLA NUOVA COSTITUZIONE
EUROPEA, CHE SI PARE SABATO A ROMA,
LE PREOCCUPAZIONI DELLE
ONG IN UN DOCUMENTO CONGIUNTO
BRUXELLES.
= In vista della Conferenza intergovernativa (Icg), che si terrà a Roma il
prossimo 4 ottobre, e alla vigilia del Consiglio giustizia e affari interni
dell’Unione Europea, decine di organizzazioni non governative (Ong), che si occupano
di asilo, immigrazione, giustizia penale e diritti umani, hanno reso pubblico,
ieri, un documento congiunto nel quale illustrano le loro preoccupazioni sul
progetto di Costituzione europea. Le Ong, tra cui Amnesty international, il
Consiglio Europeo per i rifugiati e gli esuli (Ecre) e Medici senza frontiere
(Msf), chiedono alla Conferenza intergovernativa di premere per il pieno
rispetto dei fondamentali diritti umani perché “senza un preciso chiarimento –
si legge nel testo – alcune delle disposizioni della nuova Costituzione
rischiano di essere applicate male”. Tra le varie questioni sollevate dal
documento delle Ong figurano, in particolare, la gestione dei flussi di
richiedenti asilo o protezione temporanea, la necessità di una politica comune
in materia di immigrazione e la piena attuazione dei principi contenuti nella
Carta dei diritti fondamentali. (A.L.)
SI
APRE OGGI A VILNIUS, IN LITUANIA,
L’ASSEMBLEA ANNUALE DEL
CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA
VILNIUS. = L’Europa, l’allargamento dell’Unione ed
il Trattato Costituzionale. Sono questi i temi centrali dell’Assemblea annuale
del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee), in programma a
Vilnius, in Lituania, da oggi fino al prossimo 5 ottobre. Alla luce
dell’esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Europa”, pubblicata lo
scorso 28 giugno 2003, i presuli si confronteranno, durante le tre giornate di
lavori, sulle attuali sfide per la Chiesa nel Continente europeo. Per casuale
coincidenza, l’assemblea dei vescovi europei si svolgerà in concomitanza con la
riunione dei capi di Stato e di governo per l’apertura a Roma, il prossimo 4
ottobre, della Conferenza intergovernativa di revisione dei Trattati. Questa
concomitanza è un’ulteriore testimonianza di come l’Europa cresca grazie ad una
molteplicità di apporti. Per questo le Chiese auspicano che al più presto –
come previsto dall’attuale proposta dell’articolo 51 della Convenzione – si
sviluppino forme e luoghi adatti “per un dialogo trasparente e regolare” tra
istituzioni politiche e religiose. (A.L.)
LA
QUALITÀ DELL’ALIMENTAZIONE IN EUROPA È AL VAGLIO DEGLI ESPERTI
CHE PARTECIPANO ALLA NONA CONFERENZA EUROPEA SULLA
NUTRIZIONE,
APERTA IERI A ROMA CON L’INTERVENTO DEL PROFESSOR
PHILIP JAMES
DELLA ‘INTERNATIONAL OBESITY TASKFORCE’
ROMA. = “In Europa il 61 per cento delle malattie
cardiovascolari è legato all’alimentazione”: il professor Philip James della International
obesity taskforce ha presentato così la situazione alimentare nel Vecchio
Continente durante la cerimonia di apertura della “Nona conferenza europea
sulla nutrizione”, in corso da ieri fino a sabato, a Roma, nella sede della
Fao. Il prof. James ha citato i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità
(Oms), contenuti in un rapporto che uscirà nei prossimi giorni. La pressione
alta, causata spesso da una cattiva alimentazione, è la prima causa di morte
precoce in Europea: dal documento emerge il forte legame tra nutrizione e
salute, visto che l’ipertensione può essere curata con una dieta corretta.
L’alimentazione gioca un ruolo primario anche nel 51 per cento dei disturbi
neuropsichiatrici, nel 4 per cento delle anormalità congenite e nel 13 per
cento delle malattie respiratorie. Il problema è drammatico e urgente: “Al
posto della dieta Mediterranea, povera di grassi e ricca di frutta, verdura e
cereali - ha dichiarato James - Paesi come l’ Italia e la Grecia hanno adottato
un regime alimentare dell’Europa del Nord e per questo i bambini del Mediterraneo
sono i più obesi del continente. Colpa della televisione e della pubblicità
martellante”. (M.R.)
IL PREMIO
NOBEL PER LA LETTERATURA 2003 E’ STATO ASSEGNATO AL ROMANZIERE SUDAFRICANO,
MICHAEL COETZEE,
L’AUTORE DI “VITA E IL TEMPO DI MICHAEL K.”
STOCCOLMA.
= L’edizione 2003 del Premio Nobel per la letteratura è stata vinta dallo
scrittore sudafricano, John Maxwell Coetzee. L’Accademia svedese, nel motivare
il Premio, sottolinea la grande bravura dello scrittore nel raccontare storie
che “sotto innumerevoli forme descrivono il sorprendente ruolo degli outsider
nella storia”. “Al tempo stesso – si legge nella nota dell’Accademia - Coetzee è
uno scettico scrupoloso, inflessibile nella sua critica del crudele razionalismo
e della moralità di facciata della civiltà occidentale”. Coetzee, nato in
Sudafrica il 9 Febbraio 1940, ha frequentato l’Università di Città del Capo
dove si è laureato in Matematica e in Inglese. Successivamente si è trasferito
a Londra che ha lasciato nel 1965 per gli Stati Uniti, dove ottenne un dottorato
in linguistica all’Università texana di Austin. Il suo primo romanzo è “Terre
al crepuscolo”, uscito nel 1974, al quale ha fatto seguito “Aspettando i
barbari” (1980), “Vita e il tempo di Michael K.”, che nel 1983 gli valse il Booker Prize, il maggior premio
letterario inglese. Tra le altre opere figurano “Foe” (1986), “Età di ferro”
(1990), “Vergogna” (1999), e “Gioventù -
scene di vita di provincia”, pubblicato nel 2002. (A.L.)
SARÀ PRESENTATO
OGGI POMERIGGIO, A ROMA,
UN VOLUME CHE PROPONE L’OMAGGIO DI 20 CARDINALI A
MARIA
ROMA. = “Omaggio a Maria di 20 cardinali – Rosario
preghiera prediletta”. È questo il titolo del volume edito da ‘Nova Itinere”
che sarà presentato oggi a Roma, alle ore 17.45 nell’aula magna
dell’Augustinianum. Alla presentazione del libro interverranno, tra gli altri,
il prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista
Re, il prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, cardinale Josè
Saraiva Martins, il senatore Giulio Andreotti ed il vice presidente del
parlamento albanese, Jozefina Topalli. Coordinerà l’incontro il direttore della
Sala Stampa del Vaticano, Joaquin Navarro Valls. (A.L.)
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2 ottobre 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
La
lotta al terrorismo continua a mietere vittime. Soprattutto in Pakistan, dove
l’esercito ha sferrato una violenta offensiva contro un gruppo di militanti
islamici, ritenuti membri di Al-Qaeda. Negli scontri – avvenuti in una zona
tribale nell’ovest del Paese, a poche centinaia di metri dal confine afghano –
sono morti almeno 12 presunti terroristi e 10 sono stati arrestati. Ma le
perdite non mancano neppure nell’esercito: 8 soldati sono stati uccisi, nella
notte tra martedì e mercoledì, in un’imboscata nella zona di Kandahar, nel sud
del Paese.
Vittime
anche sul fronte iracheno, dove anche oggi si sono ripetuti episodi di violenza.
L’ultimo questa mattina a Baghdad: un attacco ad un convoglio americano, il cui
bilancio è ancora incerto. Sul fronte diplomatico, l’Ue sembra ritrovare maggiore
unità: il Consiglio d’Europa si è pronunciato a favore dell’invio di una forza
multinazionale sotto mandato Onu, mentre il vertice di Berlino tra Schroeder ed
Aznar ha ricomposto le divergenze dei mesi scorsi tra Germania e Spagna. Per
gli Stati Uniti, intanto, non mancano i motivi di preoccupazione, come ci
riferisce Paolo Mastrolilli:
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Una soldatessa americana è morta in un attacco dinamitardo
a Tikrit e tre militari sono rimasti feriti. Nella capitale, la polizia
irachena ha sparato contro una folla di connazionali che si erano radunati
davanti alla sua sede per chiedere lavoro. A Washington, però, l’attenzione è
concentrata soprattutto sull’inchiesta condotta dall’Fbi per verificare se la
Casa Bianca ha rivelato alla stampa il nome di un’agente donna della Cia, per
punire suo marito che aveva smentito l’acquisto di uranio arricchito da parte
dell’Iraq in Niger, e poi aveva criticato l’amministrazione per aver incluso
questa accusa tra le ragioni usate allo scopo di giustificare la guerra. Il portavoce
del presidente Bush ha detto che i funzionari sono pronti a sottoporsi anche
alla macchina della verità per provare la loro innocenza. I rappresentanti
statunitensi, intanto, hanno fatto circolare tra i membri del Consiglio di
Sicurezza la nuova risoluzione per creare una forza multinazionale. Il testo
dice che il potere deve tornare al più presto agli iracheni, ma non specifica i
tempi.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Terza
condanna a morte per l’attentato di Bali, in Indonesia, che il 12 ottobre 2002
costò la vita a 202 persone. I giudici del tribunale di Denpasar hanno infatti
ritenuto colpevole Ali Gufron, detto Mukhlas, fratello del terrorista Amrozi:
entrambi sono membri di spicco dell’organizzazione estremista Jemaah Islamiyah,
nata allo scopo di creare un grande Stato musulmano composto da alcune nazioni
asiatiche.
La
costruzione della barriera di sicurezza in Cisgiordania continua ad alimentare
le tensioni in Medio Oriente. Ieri l’annuncio, da parte israeliana, del via
libera al secondo segmento del muro. Oggi la richiesta palestinese al Quartetto
– Stati Uniti, Unione europea, Russia ed Onu – di fermare i lavori. Sentiamo
Giada Aquilino:
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Il capo
negoziatore Erekat lo ha definito “il muro della segregazione”. Costruirlo – ha
detto stamattina – significa demolire il processo di pace. E la preoccupazione
non è soltanto palestinese: Washington ha confermato di seguire la vicenda con
attenzione, e la Casa Bianca sembra intenzionata a detrarre dai fondi destinati
ad Israele un importo pari alle spese per il muro. Ma neppure la prospettiva di
sanzioni economiche sembra fermare il governo di Sharon, che prosegue la sua
politica aggressiva. Oltre alla barriera, infatti, verranno costruiti nuovi
alloggi per i coloni: 565 abitazioni in tre insediamenti urbani della
Cisgiordania, per le quali proprio oggi è partita la gara d’appalto. La
tensione rimane alta anche sul terreno, per il ritrovamento a Nablus di un’automobile
carica di esplosivo. Otto, infine, i palestinesi feriti in un’incursione
dell’esercito israeliano a Deir-el-Balah, nella striscia di Gaza.
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Cresce
la tensione in Cecenia, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali in programma
domenica. Ieri sera è stato ucciso in un attentato il sindaco della cittadina
di Shali, Musa Dakayev, ed ancora oggi i separatisti hanno definito
“prevedibile” un ulteriore aumento delle violenze. Ilyas Akhmadov, ministro
degli Esteri del governo separatista, ha criticato aspramente Stati Uniti ed
Unione europea, per la “tolleranza eccessiva” mostrata nei confronti della
linea del presidente russo, Putin. Sia a Washington che a Bruxelles, poi, ha
chiesto di non riconoscere le consultazioni, già considerate irregolari da gran
parte delle organizzazioni umanitarie.
Al via
oggi a Teheran il nuovo ciclo di ispezioni dell’Aiea, l’Agenzia dell’Onu per
l’energia atomica. Soltanto ieri il ministro degli Esteri iraniano, Kamal
Kharrazi, aveva annunciato nuovi tentativi per evitare che il Consiglio di
Sicurezza si occupi del dossier sul nucleare della Repubblica islamica, di
fronte ai dubbi della comunità internazionale. Alberto Zanconato,
corrispondente dell’Ansa da Teheran, ci illustra la posizione iraniana:
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R. - Teheran nega di voler costruire armi atomiche. Il
motivo principale di preoccupazione, però, sono le tracce di uranio altamente
arricchito che gli ispettori dell’Aiea hanno già trovato in Iran: tracce che
potrebbero essere giustificate solo con un programma di armamenti atomici. Di
fronte a questa scoperta, l’Iran ha risposto che la contaminazione era già
presente in macchinari importati dall’estero. Ma bisognerà vedere se questa
versione sarà confermata da eventuali ispezioni più approfondite.
D. – Quanto valgono le minacce degli Stati Uniti di
rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, se Teheran non tornerà sui suoi
passi?
R. – È una ipotesi altamente probabile: non solo per la
posizione degli Stati Uniti, ma anche per quella di altri Paesi occidentali,
anche se potrebbero esserci ancora spazi di trattative tra l’Iran e l’Aiea.
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I dati
non sono ancora ufficiali, ma le proiezioni confermano i pronostici della
vigilia: le elezioni parlamentari conclusesi ieri in Rwanda hanno fatto
segnalare una netta vittoria del partito del presidente Kagame. Nelle
consultazioni – le prime dopo il genocidio del ’94 e l’introduzione del
multipartitismo – lo schieramento del Fronte patriottico ha ottenuto più del 73
per cento dei voti. Sopra il 10 per cento il partito social democratico e
quello liberale.
Sono 15
mila i caschi blu della missione di peacekeeping dell’Onu dispiegati da
ieri in Liberia. Il contingente ha il compito di vigilare sul rispetto del
cessate il fuoco, sottoscritto in agosto dopo una sanguinosa guerra civile. Il
servizio di Giulio Albanese:
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I primi soldati
dell’Onu sono sbarcati all’aeroporto internazionale di Monrovia intorno alle
10, ora locale di ieri, e come accadde per i 3500 uomini del contingente di
pace inviato nei mesi scorsi dalla comunità economica dei Paesi dell’Africa
occidentale, l’Ecowas, l’arrivo dei caschi blu ha suscitato grande gioia tra la
popolazione liberiana. Si spera infatti che il contingente Onu faciliti la
distribuzione degli aiuti umanitari. La situazione resta infatti preoccupante:
secondo le più recenti stime internazionali, in tutta la Liberia vi sarebbero
ancora oltre 300 mila sfollati, 60 mila dei quali solo nella capitale.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Per la
seconda volta in due giorni, il governo italiano è stato battuto alla Camera,
nella votazione a scrutinio segreto sulla riforma del sistema radio-televisivo.
I deputati hanno infatti approvato un emendamento, presentato dalla Margherita,
sulle procedure e sui termini di rilascio delle licenze e delle autorizzazioni
per la radiodiffusione in digitale.
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