RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 334 - Testo della
Trasmissione di domenica 30 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Documento
finale del IV Summit mondiale dei Premi Nobel per la pace, a Roma
CHIESA
E SOCIETA’:
A
Savona, l’inizio delle celebrazioni per il V centenario dell’elezione del Papa
Giulio II.
Accordo
sulla Difesa europea al termine del Vertice di Napoli, ma non sul voto tra gli
Stati – Dichiarazione congiunta di Usa, Giappone e Corea del sud contro il
riarmo nucleare nordocoreano.
30 novembre 2003
LA PACE SI COSTRUISCE DEPONENDO LE
ARMI DEL RANCORE, DELLA VENDETTA E DI OGNI FORMA DI EGOISMO: APPELLO DEL PAPA
ALL’ANGELUS A TUTTI I LEADER RELIGIOSI
Una
prima domenica d’Avvento nel segno del lutto per i nuovi sanguinosi attentati
in Iraq, una domenica percorsa dall’inquietudine davanti a tanti eventi
drammatici sulla scena internazionale. E la parola del Papa all’Angelus si è
levata ancora una volta per invitare gli uomini a percorrere vie di pace e di
amore, e si è rivolto in particolare con un appello ai leader religiosi. Il
servizio di Roberta Gisotti
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“Preparate
la via del Signore!”: Giovanni Battista grida annunciando il Messia per
invitare alla conversione del cuore ed alla preghiera. La voce del profeta
risuona nella liturgia di questa prima domenica d’Avvento, “itinerario di rinnovamento
spirituale in preparazione al Natale”. E prepararci al Natale significa – ha
detto Giovanni Paolo II – risvegliare
in noi e nel mondo intero la speranza della pace”
“La pace anzitutto nei cuori, che si costruisce deponendo le armi del
rancore, della vendetta e di ogni forma di egoismo. Ha grande bisogno di questa
pace il mondo! Penso in modo speciale agli ultimi episodi di violenza in Medio
Oriente e nel Continente africano, come pure a quelli che la cronaca quotidiana
registra in tante altre parti della Terra. Rinnovo il mio appello ai
responsabili delle grandi religioni: uniamo le forze nel predicare la non-violenza, il perdono e la riconciliazione!”
Dopo la recita della preghiera mariana il pensiero del
Papa è andato a decine di milioni di persone ammalate di Aids, in vista della
Giornata mondiale – che ricorre domani - dedicata alla lotta per debellare
questo virus mortale, la cui diffusione - ha ricordato il Santo Padre - è
“purtroppo ancora in forte crescita, specialmente nei Paesi più poveri”. Da qui
l’incoraggiamento “a quanti nella Chiesa svolgono…. un inestimabile servizio di
accoglienza, di cura e di accompagnamento spirituale” verso questi fratelli e
sorelle. Infine un saluto alla Comunità di Sant’Egidio, che ha promosso la
Giornata internazionale contro la pena di morte, coinvolgendo oltre 100 città
nel mondo.
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OGGI
FESTA DI SANT’ANDREA PATRONO DELLA CHIESA DI COSTANTINOPOLI: MESSAGGIO DEL
SANTO PADRE AL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I
- A
cura di Roberta Gisotti -
Oggi
festa di Sant’Andrea apostolo, fondatore e patrono della Chiesa di
Costantinopoli. Una ricorrenza che riveste particolare significato per il
Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e per la Chiesa cattolica. Sant’Andrea,
infatti, è fratello dell’apostolo San Pietro ed è tradizione l’invio di
delegazioni tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Santa sede, in occasione
delle due festività di San Pietro il 29 giugno e di Sant’Andrea il 30 novembre,
con uno scambio di messaggi tra il Papa e il Patriarca ecumenico. Anche
quest’oggi dunque una delegazione vaticana - guidata dal cardinale Walter
Kasper presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani - si è
recata nella sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli al Fanar,
portando con se un messaggio di Giovanni Paolo II per Bartolomeo I.
“Queste
feste patronali - scrive il Santo Padre
– ci permettono di vivere meglio la gioia di essere fratelli e di partecipare
una medesima comunione d’intenti, che è necessario incoraggiare e proseguire,
perché ciò appare chiaramente al mondo, a noi fedeli e a tutte le persone che
operano e pregano per la comunione dell’Oriente e dell’Occidente cristiani”.
“La partecipazione reciproca a queste feste patronali” – prosegue il Papa – “è
l’espressione la più completa del nostro desiderio mutuo di ricreare tra noi un
contesto d’amore e di partecipazione alla preghiera degli uni e degli altri, in
maniera di nutrire ed approfondire il nostro desiderio della piena comunione” .
Ma
ascoltiamo l’intervista di Giovanni Peduto al vescovo Brian Farrel, segretario
del Dicastero vaticano per l’unità dei cristiani:
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R.- Ormai da 40 anni i rapporti
fraterni con il Patriarcato ecumenico sono ottimi. In questi anni abbiamo fatto
tanto cammino nell’avvicinarci. Queste visite per cui una delegazione ufficiale
del Patriarcato viene a Roma a celebrare la festa dei Santi Pietro e Paolo e
noi andiamo al Patriarcato per celebrare la festa del fratello di Pietro,
Andrea, sono il simbolo di una crescente intensificazione del desiderio di
ritrovare quell’unità della Chiesa che il Signore ha voluto.
D. – La visita viene in un momento
di grandi tensioni: pensiamo ai recenti attentati a Istanbul. Con quale spirito
di recate in questa città?
R. – Sì, viviamo momenti difficili nel mondo. Noi andiamo lì coscienti del
dolore di tante famiglie. Vogliamo portare la solidarietà della Chiesa
cattolica, l’assicurazione delle preghiere tante volte dette dal Santo Padre
per le vittime e per tutti quelli che si trovano ogni giorno con la paura.
Preghiamo per la pace nel mondo, questo è importantissimo.
D. – Qual è il ruolo del
Patriarcato di Costantinopoli nel contesto del dialogo cattolico-ortodosso?
R. – In questo momento il
Patriarcato ecumenico ha un ruolo importantissimo nel senso di essere il punto
di riferimento per noi nello sforzo di dare una continuazione al dialogo
formale, teologico, ma soprattutto anche nel senso di dare valore a tutti i
contatti bilaterali che abbiamo con le Chiese ortodosse e che in questi anni si
sviluppano rapidamente in senso molto positivo, tanto che per noi non si può
parlare, come molte volte si sente o si legge, di una fase difficile. Noi crediamo
che ci sono delle difficoltà ma che sono superabili e che nel frattempo stiamo
facendo grandi passi nel dialogo della vita, nel dialogo dell’amore.
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AVVENTO, TEMPO DI ATTESA E DI
SPERANZA:
OGGI PIU’ CHE MAI SI AVVERTE
L’URGENZA DI TESTIMONIARE
IL MESSAGIO CRISTIANO DELL’AMORE
IN UN MONDO PERCORSO DA ODII E VIOLENZE
-
Intervista
con l’arcivescovo Angelo Comastri -
Oggi, prima domenica di
Avvento, la Chiesa riprende il suo cammino e ci invita a riflettere più
intensamente sul mistero di Cristo. E mentre la cronaca internazionale ci
riporta eventi drammatici i cristiani in tutto il mondo sono richiesti di testimoniare
la loro fede in questo Tempo forte di attesa e di speranza. Barbara Castelli ha
raccolto il commento dell’arcivescovo Angelo Comastri, delegato pontificio di
Loreto:
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R. – Per capire il senso
dell’Avvento cristiano bisogna ricordare che noi cristiani viviamo in questo
mondo aspettando il ritorno del Signore. Madre Teresa di Calcutta, una donna
profondamente illuminata dalla fede, diceva spesso: “Il più bello deve ancora
venire”. Nell’Avvento, quindi, noi cristiani ricordiamo la prima venuta di
Gesù, la nascita di Gesù a Betlemme, ma ricordiamo quella venuta per prepararci
alla seconda venuta, alla seconda grande venuta: il ritorno di Gesù. E’ verso
quel giorno che sono orientati i nostri cuori. E teniamo la lampada accesa per
poter camminare nel buio di questo mondo incontro al Signore.
D. – In un tempo così intriso di
tensione e violenza, quale significato assume oggi l’attesa del Salvatore?
R. – Mai come oggi il messaggio
cristiano si sente che è vero e mai come oggi si avverte che respingendo il
messaggio cristiano l’uomo precipita nel caos.
D. – Come si deve predisporre, preparare, il credente
all’Avvento?
R. – A me
sembrano bellissime le indicazioni che dà il profeta Isaia: “Abbassare i monti
e colmare le valli”. Abbassare i monti vuol dire abbassare l’orgoglio, riprendere
– e anche questa è una frase di Madre Teresa – la statura che tutti abbiamo
quando siamo scalzi. Quindi, prendere l’atteggiamento dell’umiltà, perché
l’orgoglio impedisce di sentire Dio. D’altra parte bisogna colmare le valli,
colmare i vuoti, il che vuol dire buttar via tutta la vanità con la quale noi
talvolta cerchiamo di nascondere il bisogno di Dio che abbiamo dentro di noi.
D. – L’Avvento è anche sinonimo di
speranza. Questo tempo può aprire la porta alla fiducia anche nel cuore dei non
credenti, in un mondo in cui l’uomo sembra convinto sempre più di poter vivere
bene anche senza Dio?
R. – Oggi c’è
tanta tristezza in giro. Noi vediamo vetrine illuminate, persone ben vestite.
Sembrano tutti sazi ed invece dentro ci sono persone disperate. Oggi ci sono
tantissime conversioni, perché Dio passa in punta di piedi nelle strade del
mondo, così come in punta di piedi si avvicinò ai discepoli di Emmaus, che si
stavano allontanando da Gerusalemme. La storia continua e le conversioni
sono ancora oggi le pagine più belle e il segno più sicuro che Cristo è vivo e
sta camminando nelle strade del mondo.
(musica)
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30 novembre 2003
DOLORE E COMMOZIONE IN SPAGNA E IN TUTTA LA
COMUNITÀ INTERNAZIONALE
PER IL TRAGICO ATTACCO COSTATO LA VITA, IN IRAQ,
A 7 SPAGNOLI E 2 DIPLOMATICI GIAPPONESI
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq una ennesima, drammatica ondata di violenze ha provocato
ieri, a Sud di Baghdad, la morte di sette agenti dei Servizi segreti spagnoli.
In un altro agguato, compiuto a Nord della capitale irachena, sono stati
inoltre uccisi due diplomatici giapponesi, che si stavano recando a Tikrit, per
partecipare ad una riunione di Ong sulla ricostruzione del Paese arabo. A questi
drammatici episodi di violenza si deve purtroppo aggiungere un nuovo attacco,
perpetrato stamani a Ramadi, a Ovest di Baghdad, e costato la vita a due soldati
americani. Sempre oggi, due stranieri sono rimasti gravemente feriti in un
agguato compiuto sull’autostrada a Sud di Tikrit. Fonti locali hanno detto che
potrebbe trattarsi di coreani, ma questa informazione non ha ancora ricevuto conferme.
Sull’attacco al convoglio dei Servizi segreti spagnoli, ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
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Il generale Ricardo Sanchez, capo
delle Forze di occupazione in Iraq, aveva appena detto che gli attacchi della
guerriglia erano diminuiti negli ultimi giorni quando è arrivata la notizia
dell’aggressione contro gli agenti di Intelligence spagnoli. L’agguato è
avvenuto a Sud di Baghdad, mentre le vittime viaggiavano su due automobili
dalla città di Hilla verso la capitale. La nuova operazione contro le forze
alleate degli Stati Uniti dopo l’attentato di Nassiriya, che aveva ucciso 19
italiani, è stata lanciata al termine del mese più sanguinoso dall’inizio della
guerra. Infatti 77 militari americani hanno perso la vita a novembre anche se
il generale Sanchez ha dichiarato ieri che il numero degli attacchi è diminuito
dopo i raid condotti dal Pentagono nella zona centrale del Paese. La strage
degli agenti spagnoli arriva anche dopo il viaggio a sorpresa compiuto giovedì
dal presidente Bush a Baghdad proprio per rispondere alle critiche sulle
difficoltà incontrate dall’occupazione e ridare fiducia agli americani sulla
vittoria finale. Il capo della Casa Bianca ha dedicato il discorso radiofonico
del sabato alla sua missione, dicendo di aver trovato le truppe con il morale
alto e convinte di prevalere.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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I corpi dei sette agenti spagnoli uccisi ieri in
un’imboscata, in Iraq, ritorneranno oggi in Spagna. Lo riferisce l’Ansa
aggiungendo che le sette salme arriveranno prima a Kuwait City insieme all’unico
sopravvissuto all’attacco, l’agente Josè Manuel Sanchez Riera, per poi
proseguire il viaggio di ritorno nel Paese iberico. Ma come si è svegliata la
Spagna all’indomani del tragico attentato che ha causato la morte di 7 agenti
dei servizi segreti. Ascoltiamo in proposito, il corrispondente dell’Ansa in
Spagna, Javier Fernandez Bonelli:
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L’attacco contro gli agenti
dell’Intelligence spagnola, che ha portato a 10 il numero totale di vittime
spagnole in Iraq, dalla fine delle ostilità, occupa oggi evidentemente la prima
pagina di tutti i giornali spagnoli, e ha causato una particolare commozione
nell’opinione pubblica. Le immagini, che sono state trasmesse ieri da tutti i
telegiornali, riprese dai due giornalisti di Sky News che sono arrivati sul
posto dell’attentato prima ancora che fossero raccolti i cadaveri, hanno
mostrato iracheni e anche bambini festeggiare la morte degli agenti spagnoli.
In Spagna il sentimento contrario alla
guerra è sempre stato molto forte. Non dimentichiamo che a Madrid è stata
organizzata la principale delle manifestazioni contrarie alla guerra prima
dell’intervento militare, con quasi 2 milioni di persone per la strada. Per il
momento, però, il senso di lutto e di dolore è maggiore che la polemica
politica. Il governo spagnolo si trova evidentemente in una posizione difficile
per spiegare soprattutto all’opinione pubblica spagnola la situazione attuale
in Iraq. Un 65% degli spagnoli, secondo un sondaggio fatto dal giornale El
Mundo sarebbero favorevoli ad un ritorno delle truppe. E’ molto poco probabile
che il governo cambi la sua posizione.
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Sul significato dell’agguato costato la vita agli agenti
spagnoli, che sono stati barbaramente tirati fuori dalle auto e giustiziati sul
ciglio della strada, ascoltiamo il presidente del Centro Alti Studi per la
lotta al terrorismo (Ceas), Maurizio Calvi:
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Quello che stupisce è la gravità,
il modo attraverso il quale questa esecuzione è stata fatta. Questo eccidio era
non solo prevedibile, ma era previsto. Sono i partiti della coalizione che
hanno sostenuto Bush, e la guerra preventiva sotto il tiro di questi assassini
e di conseguenza si paga il prezzo di una scelta politica. L’eccidio di
Nassiriya quello di ieri, e quelli contro l’Onu e la Croce Rossa sono il prezzo
di una scelta di carattere politico. L’uso della forza ha come contraltare la
sfida che gli iracheni assassini accettano. E’ una sfida perdente per gli
americani. La guerra in Iraq doveva risolversi in un altro contesto. Quindi si
paga il prezzo di scelte sbagliate sul piano politico.
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CITTA’ DI TUTTO IL MONDO UNITE
OGGI PER DIRE “NO” ALLA PENA DI MORTE
- Servizio di Alessandro Gisotti
-
Niente giustizia senza vita: all’insegna di questo principio si celebra
oggi la Giornata mondiale contro la pena di morte, promossa dalla Comunità di
Sant’Egidio. L’iniziativa ha raccolto l’entusiasta adesione di oltre 100 metropoli
di tutto il mondo, che al calare del sole illumineranno il proprio monumento
simbolo per dire “no” alla pena capitale. A Roma - alla presenza di numerosi
premi Nobel per la pace - il Colosseo sarà illuminato a giorno e diventerà il
punto d’incontro ideale delle tante manifestazioni che, da Buenos Aires ad
Hiroshima, caratterizzano questa giornata di mobilitazione. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Tante luci per illuminare il buio della pena di morte, cha ancora oggi è
praticata in tante, troppe nazioni del mondo. Con questo spirito si celebra
oggi la Giornata mondiale contro la pena capitale. Ma a che punto è oggi la
battaglia per la messa al bando della pena di morte? Risponde Mario Marazziti,
portavoce della Comunità di Sant’Egidio.
R. - Oggi ci sono 112 Paesi che hanno abolito la pena di morte nella
legislazione o de facto e 83 Paesi che la mantengono. Armenia, Serbia
Montenegro, Cile e Costa d’Avorio
hanno abolito negli ultimi due anni la pena capitale.
D. – Queste sono
note positive che segnalano un’efficacia anche della mobilitazione
dell’opinione pubblica ...
R. – E’ una delle
strade; tentare un approccio che coinvolga l’opinione pubblica perché i governi
non possano utilizzare l’argomento del consenso popolare per tenere uno
strumento che è sempre più violento e sempre più pieno di errori. La pena di
morte non risolve nessuno dei problemi sociali e nemmeno il problema del
crimine. Non c’è nessun Paese al mondo dove sia stata abolita la pena capitale
e dove siano aumentati i reati gravi. Al contrario, in molti Paesi sono
diminuiti. E chi la mantiene, per esempio gli Stati della cintura Sud degli
Stati Uniti – Louisiana, Missouri, Texas – vedono almeno tre volte il tasso di
omicidi degli altri Stati americani.
D. – I casi di
innocenti condannati a morte scuotono le coscienze; ma al di là dell’emozione
del momento, quale lezione ne possiamo trarre?
R. – Il sistema
giudiziario non è mai infallibile e non è mai perfetto. La pena di morte è uno
strumento chiamato di “giustizia irreversibile”. L’uomo non può togliere ciò
che non può restituire. In sintesi: la pena di morte non può essere dentro gli
ordinamenti giuridici.
Tra i Paesi
dove la pena di morte è ancora praticata gli Stati Uniti. Anche qui, tuttavia,
l’opinione pubblica comincia a mostrare maggiore sensibilità sul tema come
sottolinea David Atwood, responsabile in Texas della campagna per l’abolizione
della pena capitale:
FIGHTING AGAINST THE DEATH PENALTY IN THE UNITED
STATES IS ALWAYS A ...
“E’ sempre una sfida, combattere
la pena di morte negli Stati Uniti, perché nonostante tutto, la maggioranza
della popolazione ancora la sostiene, anche se è vero che il sostegno è andato
calando fortemente negli ultimi dieci anni. Nel Texas è particolarmente
difficile questa lotta, perché il sostegno alla pena capitale è veramente
forte. Però, abbiamo visto che perfino in Texas si sta verificando un
cambiamento nell’opinione pubblica: anche lì il sostegno sta diminuendo. La
nostra organizzazione si occupa fondamentalmente di educare la gente. Così
facendo andiamo contro la cultura dominante. Eppure, secondo me, stiamo facendo
grandi progressi. Per esempio, la maggior parte dei maggiori quotidiani del
Texas si sono ora espressi a favore almeno di una moratoria”.
E tra gli alfieri della lotta contro la pena di morte c’è anche il texano
Ross Byrd. Figlio di un uomo barbaramente ucciso dal Ku Klux Klan, non ha scelto
la via della vendetta, ma quella della riconciliazione con l’autore
dell’omicidio del padre. Ecco la sua testimonianza:
AS RIGHT NOW, THOSE INNOCENT MEN ..
“Sono gli innocenti che ci vanno di mezzo, e lo dico perché ne conosco
uno. La gente ormai è informata e comincia a comprendere che questa macchina
per uccidere, che continua a lavorare in America, è solo fonte di nuova violenza.
Applicare la pena di morte significa spegnere la luce nella propria vita,
quindi è una sorta di auto-distruzione. Allora, al contrario, bisogna imparare
ad amare la gente, fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a noi.
Questo dovrebbe essere il modello che governa il mondo. Uccidere non fa che
mantenere il circolo vizioso in movimento: ci saranno più omicidi e più assassini”.
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RISPONDERE AI GRANDI SQUILIBRI DEL NOSTRO TEMPO
SENZA STANCARSI DI CERCARE IL DIALOGO: LA PROMESSA DEI PREMI NOBEL RIUNITI A
ROMA
NEL DOCUMENTO FINALE DEL IV SUMMIT
Si è concluso oggi a Roma
all’insegna dell’impegno costruttivo per il benessere dell’umanità, il IV
Summit mondiale dei Premi Nobel per la pace. A presentare il documento finale
dell’appuntamento, il sindaco di Roma, Walter Veltroni e il presidente
dell’omonima fondazione Mikhail Gorbaciov. Il servizio dal Campidoglio di
Barbara Castelli:
********
Affermare le
ragioni della pace e del dialogo per rispondere ai grandi squilibri del nostro
tempo. E’ la promessa che si sono scambiati stamane i premi Nobel per la pace
firmando il documento conclusivo del loro IV Summit mondiale. I protagonisti
della storia del nostro tempo, che più si sono adoperati per la pace nel mondo,
si sono dati appuntamento nell’Urbe per ribadire con forza che non può esistere
pace senza giustizia, che vuol dire vera integrazione, tolleranza tra i popoli
e le civiltà e rispetto dei diritti della persona. Da qui l’urgenza di una nuova
politica planetaria per i bisogni dell’umanità, che abbatta i vecchi modelli basati
sulla contesa di forze antagoniste. Quella politica che ignora la moralità – ha
dichiarato il premio Nobel Mikhail Gorbaciov – non è in grado di gestire le
sfide del nostro tempo. Abbiamo una grande responsabilità nelle nostre mani –
ha aggiunto il presidente Gorbaciov, ecco perché insieme abbiamo voluto dire
‘no’ al riarmo nucleare, ‘no’ alla guerra preventiva, no al terrorismo
internazionale e ‘no’ alla violenza in genere che oggi sembra avere sempre
l’ultima parola.
Costruire una società, un mondo
migliore – è emerso inoltre durante i lavori del mattino – vuol dire anche
unirsi per abbattere la cultura della morte, protagonista ancora oggi in
diverse zone del pianeta con la pena capitale. La lotta per la vita – ha
specificato in proposito Sergio D’Elia, presidente dell’Associazione Nessuno
tocchi Caino coincide con la lotta per la democrazia. La maggior parte delle
persone che percorrono l’ultimo miglio, infatti, vivono in Stati totalitari,
dove ancora oggi è praticamente impossibile tendere la mano di questi
condannati di serie B, gli innominati della pena di morte. Dinanzi a questa
drammatica realtà occorre quindi una poliedrica strategia, quella del dialogo
con i governi e dell’impegno delle associazioni, nonché dell’informazione e
dell’iniziativa dei singoli cittadini.
Dal Campidoglio, per la Radio
Vaticana, Barbara Castelli.
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LE
CONCLUSIONI OGGI A CITTA’ DEL GUATEMALA
DEL II
CONGRESSSO MISSIONARIO AMERICANO
-
Intervista con Madre Teresa Vaccari -
“Chiesa
in America, la tua vita è missione”: questo il motto che ha animato i lavori
del II Congresso missionario americano,.che si chiuderà oggi in giornata, dopo
sei giorni di incontri e dibattiti a Città del Guatemala. presente il cardinale
Crescenzio Sepe, quale Inviato speciale del Papa. Incentrato sul tema “La missione:
annuncio del Vangelo della vita, compito fondamentale del Popolo di Dio pellegrinante
in America”, l’importante assise ha visto la partecipazione di circa 3000
delegati, tra porporati, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Tre le linee
guida del Congresso: la comunione, la missione ad gentes e la testimonianza.
Ascoltiamo la testimonianza di Maria Teresa Vaccari delegata laica delle
Pontificie Opere Missionarie al microfono di Padre Pedro Rodriguez,
responsabile del Programma ispano-americano della nostra emittente:
**********
R. –
Questi Congressi sono un momento di grande festa, per il grande numero di partecipanti.
Sono infatti più di 3 mila le persone che vengono da tutti i Paesi americani e
che insieme si interrogano sull’evangelizzazione e sulla missione oggi qui e
nel mondo. Mi sembra che sia qualcosa da cui noi, nel nostro continente europeo,
e in particolare in Italia, dobbiamo imparare molto: questo scambio fra Chiese
che porta ad uscire per arrivare anche nelle situazioni più vicine, ma anche
poi nei Paesi più lontani, a portare il dono del Vangelo e della fede. In tutti
i contributi che sono stati dati e le riflessioni, che sono state molto
importanti, si nota una grande comunione tra i partecipanti e i loro pastori.
Questo mi sembra un grande segno di comunione per poter parlare di missione e di
evangelizzazione.
D. – A
lei come italiana, come europea, cosa le piace di più di questo ambiente
latino-americano. E soprattutto cosa l’ha colpita?
R. –
Quello che mi ha colpito di più di questo ambiente è come si punti piuttosto
che sulla teoria, sulla testimonianza. Ho avuto modo di incontrare nel mio
gruppo delle persone che presentandosi hanno detto: “Noi siamo quasi analfabeti,
però annunciamo il Vangelo. Siamo dei campesinos che lavorano, ma annunciamo il
Vangelo, perché questa per noi è la cosa più importante. Lo facciamo in
famiglia. Lo facciamo come famiglia. E vediamo delle grandi cose che succedono
attorno a noi, proprio perché ci abbandoniamo allo Spirito ed è lo Spirito che
ci conduce in quest’opera”. Mi sembra che dobbiamo imparare come veramente il
discorso dell’evangelizzazione, della missionarietà, non sia una teoria e non
sia neanche una pratica di assistenza, ma sia proprio una vita donata. Qui,
questi amici, questi fratelli di queste Chiese, ce lo insegnano. Basta
guardarsi intorno. Si tratta di Chiese giovani. Moltissimi partecipanti sono
giovani, sono ragazzi. Certamente questo è un segno di speranza che talvolta
forse da noi in qualche situazione sembra venir meno, sembra vacillare.
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30 novembre 2003
DA SAVONA L’INIZIO OGGI DELLE CELEBRAZIONI PER IL V
CENTENARIO DELL’ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO DI GIULIANO DELLA ROVERE,
SAVONESE DI ALBISSOLA,
DIVENUTO PAPA CON IL NOME DI GIULIO II
- A cura di Dino Frambati -
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SAVONA.= E’
una grande giornata di festa e devozione quella di oggi a Savona, che segna
l’inizio importante delle celebrazioni per il 500.mo dell’elezione al soglio
pontificio di Giulio II, Papa nato ad Albissola, appunto di origine savonese,
con la Messa celebrata dal cardinale Angelo Sodano, presso la cattedrale della
città nel pomeriggio, momento ufficiale di via alle manifestazioni che peraltro
già in mattinata hanno suscitato entusiasmo per un drappello di Guardie
svizzere, con armi e bandiera appositamente giunte dal Vaticano. Una breve
sfilata, terminata con il saluto della città da parte del sindaco Carlo
Ruggirei e della risposta del vescovo mons. Domenico Calcagno. A tutto ciò ieri
c’è stato un prologo molto interessante: presso il Priamar, cinquecentesca fortezza
e simbolo della seconda città ligure è stata inaugurata la mostra “La Sistina e
Michelangelo. Storia e fortuna di un capolavoro”, iniziativa che è un po’ il
perno delle celebrazioni e che mostra, forse come mai è avvenuto prima d’ora,
al pubblico le meraviglie di arte, cultura e fede di questo gioiello
architettonico ed artistico che tanto nei secoli influenzò arte e costume. Più
in dettaglio la rassegna mostra le origini della Cappella con sezioni dedicate
a Sisto IV ma anche alla volontà di
Papa Giulio II di volerne rifare la volta affidandone l’esecuzione a
Michelangelo. E’ di oggi, ancora, la presentazione del restauro del coro ligneo
della cattedrale di Savona, un pezzo risalente al cinquecento e che venne
commissionato all’epoca da Giuliano della Rovere, vescovo di Savona a quel
tempo. Quando venne realizzato costò 1.132 ducati d’oro e fu costruito su
esempio del coro dei monaci della Certosa di Pavia.
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ANNULLATO L’INCONTRO TRA I RAPPRESENTANTI DI TUTTE
LE RELIGIONI PREVISTO PER IL
2 DICEMBRE AD ISTANBUL E
DEDICATO AI VENTICINQUE ANNI DI PONTIFICATO DI PAPA GIOVANNI PAOLO II
INSTANBUL. = La segnalazione di
pericolo specifico, giunta alle autorità turche, ha spinto il Ministero degli
Esteri Italiano ad annullare l’incontro del 2 dicembre ad Istanbul, dedicato ai
festeggiamenti per i 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II.
L’appuntamento fissato da molto tempo, rappresentava l’occasione per un
incontro tra i rappresentanti di tutte le religioni del mondo, fra i quali il
Cardinale Roger Etchegaray. La Farnesina ha organizzato iniziative del genere,
con conferenze di vari vaticanisti in
tutti gli Istituti di cultura italiana nel mondo. (B.C.)
SI APRIRA’ DOMANI A VIENNA LA CONFERENZA GENERALE
DELL’UNIDO, L’AGENZIA DELL’ONU CHE SI OCCUPA DELLO SVILUPPO INDUSTRIALE NEI
PAESI MENO AVANZATI.
VIENNA.
= Sarà l’Italia, rappresentata dal
Sottosegretario agli Esteri, Mario Baccini, ad aprire la decima Conferenza
generale dell’Unido, l’organismo internazionale che si occupa di sviluppo industriale
nei Paesi meno avanzati. L’assise, in programma dal 1 al 5 dicembre a Vienna, vedrà per la prima volta la partecipazione di due capi di Stato, quelli di Timor Est ed
Uganda e di due vicepresidenti, della Sierra Leone e Panama. L’agenzia Onu, diretta
fin dal 1997 dall’argentino Carlo Alfredo Magarinos, conta attualmente 171
Paesi, gli ultimi entrati a farne parte sono stati Sudafrica, il Principato di
Monaco e Timor Est. La Conferenza che si aprirà domani avrà come finalità
quella di programmare il raggiungimento di alcuni obiettivi, che l’Onu ha
intenzione di realizzare entro il prossimo millennio. Uno di questi è il
dimezzamento entro il 2015 del numero di persone che vivono in estrema povertà.
Secondo Magarinos, tale obiettivo è raggiungibile solo se la quota Pil pro
capite nei Paesi cosiddetti a sviluppo minimo aumenterà del 4% annuo, passo
necessario soprattutto in considerazione del blocco di crescita di questo
indice negli ultimi 30 anni. (B.C.)
CONCLUSI IERI A ROMA I LAVORI DELL’ASSEMBLEA SEMESTRALE
DELL’UNIONE SUPERIORI GENERALI, INCENTRATA SUL
DIALOGO INTERRELIGIOSO.
ROMA. = Tre giorni per dialogare
sul significato dell’essere religiosi in un contesto allargato alle altre
dottrine del mondo. I duecento delegati in rappresentanza di oltre duecentomila
religiosi in tutto il mondo, hanno avviato una riflessione proprio sul dialogo
interreligioso come compito principale di chi consacra la propria vita. Secondo
il Segretario dell’Unione Superiori Generali, Padre Josè Maria Arniz, il processo
appena avviato è ancora lungo ma fondamentale per rivitalizzare la nostra
consacrazione religiosa. “Nella condivisione, ha dichiarato padre Arnitz, si
potranno risolvere i problemi che sconvolgono il mondo, la vita religiosa ha
una tradizione molto concreta di
dialogo e di incontro, e questa va proposta come strada per una soluzione non
solo ideologica e culturale ma anche politica”. (B.C.)
LA FORESTA AMAZZONICA NON E’ PIU’ IL POLMONE DEL
MONDO.
A CONFERMARLO UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DI SAN
PAOLO.
ALLARME DEGLI AMBIENTALISTI
SAN
PAOLO. = Nel giro di soli trent’anni la Foresta Amazzonica diventerà savana
secca. Questo l’allarme lanciato da uno studio realizzato dall’Università di
San Paolo e condotto da alcuni ricercatori americani e brasiliani. L’inchiesta,
che sarà pubblicata il mese prossimo sulla rivista “Science”, ha rivelato che
“il polmone del mondo” è un ecosistema
in costante involuzione data la crescita dell’emissione di anidride carbonica,
infatti, gli alberi di questa vasta foresta negli ultimi tre anni ne hanno
prodotta più di quanta ne abbiano assorbita. Solitamente la maggior produzione
di anidride carbonica è legata al periodo delle grandi piogge tra dicembre ed
aprile,mentre l’emissione del gas avviene durante la stagione secca: lo studio
condotto ha osservato il contrario. L’anomalo fenomeno si lega alla variazione
climatica che investe il nostro Pianeta; in questa zona in particolare si è
registrato un calo delle precipitazioni
del 17 % negli ultimi dieci anni. La siccità ha così aumentato la
mortalità di alcune piante, in particolare quelle di alto fusto e
l’accumulazione di “necromassa”, foglie, rami e tronchi, il cosiddetto humus
che produce a sua volta anidride carbonica. Secondo Humberto da Rocha, uno
degli autori di questo studio, “il risultato più importante è la conclusione
che l’Amazzonia è molto più complessa di quanto si immagini… e che quindi non
possiamo dare per scontato luoghi comuni come quello del “polmone del mondo”.
(B.C.)
DOMANI E’ LA GIORNATA MONDIALE DELLA LOTTA
ALL’AIDS.
IERI SERA UN GRANDE CONCERTO A CITTA’ DEL CAPO, PRESENTE NELSON MANDELA.
CITTA’
DEL CAPO. = Un concerto-evento si è tenuto ieri sera al Greenpoint Stadiumin
Sudafrica, molte le star della musica internazionale intervenute, come Bono il
leader del gruppo irlandese U2, gli Eurythmics, Peter
Gabriel, Brian May e Roger Tylor, componenti dei Queen che nel ‘92 tennero
insieme al Freddy Mercury il primo grande concerto rock per raccogliere fondi a
favore della ricerca sull’aids. Ospite d’eccezione Nelson Mandela, l’ex presidente
sudafricano vittima dell’aparthaid e rinchiuso per 18 anni nel Carcere di
Robber Islands. Proprio a ricordo di quel periodo, il concerto è stato
denominato “46664”, il numero di registrazione di Mandela. Numerose le manifestazioni
previste per domani: la Giornata, il cui tema è “Vivi e lascia vivere”; viene
osservata da molte agenzie delle Nazioni Unite e diverse organizzazioni
internazionali e nazionali. Molti i convegni in cui si illustreranno stime e
rapporti sulla malattia e le iniziative di sostegno e solidarietà ai malati di
Aids. (B.C.)
UNA RICERCA PROMOSSA DALL’UNIVERSITA’
“LA SAPIENZA” DI ROMA DOCUMENTA L’ATTENZIONE DEI MEDIA SULLA VIOLENZA AGLI
IMMIGRATI
ROMA:= La Facoltà di Scienze
della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma, in collaborazione
con l’Associazione “A buon diritto” hanno monitorato i quotidiani italiani, per
capire come i fatti di violenza riguardanti gli immigrati vengono trattati.
Secondo questa ricerca, il dato relativo alla violenza di “chiara derivazione
razzista” è in crescita; dal 2001 si registra un aumento di circa il 2%, ma emerge chiaramente il legame degli
episodi di intolleranza con le emergenze sociali, i fatti raccontati diventano
espressione di un disagio più ampio, in
cui spesso l’immigrato viene considerato un capro espiatorio a cui attribuire
le responsabilità di ciò che succede. C’è comunque la tendenza ad approfondire
il retroscena culturale in cui nascono le violenze e a livello verbale si nota
un affinamento del linguaggio e dei toni usati, le cronache infatti sono più
precise e i termini più appropriati. Secondo lo stesso rapporto, i fatti di
violenza legati agli immigrati non guadagnano quasi mai la prima pagina, e
questo dato può essere letto come una inusuale abitudine alla violenza stessa,
“una sostanziale sottostima del fenomeno”.
(B.C.)
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30 novembre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
• L’accordo a tre sulla difesa europea raggiunto da
Francia, Germania e Gran Bretagna, l’accordo su una Commissione a 25 membri
tutti con il diritto di voto rispetto ai 15 previsti dalla bozza Giscard, ed il
controverso punto sul sistema di voto, dopo che la Spagna, appoggiata dalla
Polonia, ha confermato la sua opposizione alla proposta della doppia
maggioranza. Sono questi gli aspetti più significativi del Vertice dei ministri
degli Esteri conclusosi, ieri, a Napoli. Il servizio di Ersilia Giglio:
Il vertice dei ministri degli esteri
dell’Unione Europea a Napoli si chiude con due obiettivi raggiunti e un nulla
di fatto importante. Uno riguarda la composizione della commissione. I
ministri, infatti, si sono tutti trovati concordi sull’ipotesi di garantire la
presenza di un commissario per ogni Paese, come richiesto dai rappresentanti
dei cosiddetti piccoli Paesi. Accordo raggiunto anche sulla difesa: la proposta
italiana, appoggiata anche da Francia Germania e Gran Bretagna, di creare una
cooperazione strutturata permanente a cui tutti i Paesi potranno partecipare
sulla base di capacità operative non finanziarie. Il ministro degli esteri
italiano Frattini nella conferenza stampa di chiusura parla apertamente di
passi in avanti utili per avere un accordo sulla Costituzione, riferendosi
anche all’appello lanciato da Prodi che aveva chiesto un significativo salto in
avanti. Resta in piedi ancora il problema sulle modalità di voto su cui è nato
anche un giallo. Il ministro britannico Straw ha dichiarato che non c’è ragione
di litigare poiché se ne riparlerà solo dopo il 2009, fino a quanto cioè verrà
il Trattato di Nizza, precisando che l’idea è stata italiana. Subito è arrivata
la smentita di Frattini che invece si è affrettato a dire di non aver mai
proposto di rinviare ogni decisione sul sistema di vota fra gli Stati. Un
argomento che sarà, invece, trattato già nel prossimo consiglio a Bruxelles con
i Capi di Stato, il12 e il 13 dicembre.
Da Napoli, per la Radi Vaticana,
Ersilia Giglio.
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Non serve l’incontro con Sharon se
Israele continuerà a costruire la sua barriera di difesa. Lo ha dichiarato
ieri, a Ramallah, il primo ministro palestinese Abu Ala prima di partire per
Amman dove ha incontrato il sottosegretario di Stato americano, William Burns,
e il re di Giordania, Abdullah II. “Se il governo israeliano dice di voler
continuare a costruire il muro indipendentemente da quanto accade, allora non
c'e' bisogno di nuovi negoziati” ha aggiunto Abu Ala chiedendo una posizione seria
ad Israele sulla barriera di sicurezza che separa lo Stato ebraico dalla
Cisgiordania.
●Giappone, Corea del Sud e
Stati Uniti si incontreranno mercoledì e giovedì prossimi, a Washington, per
preparare nei dettagli la bozza di una dichiarazione congiunta da sottoporre
alla Corea del Nord in vista del prossimo giro di consultazioni multilaterali a
sei fissato, a Pechino, per il 17 dicembre. Nell’incontro le parti cercheranno
di convincere Pyongyang a rinunciare alle proprie ambizioni nucleari. Sulla situazione
relativa al programma atomico nordcoreano, ci riferisce Chiaretta Zucconi:
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Non
si conosce ancora il contenuto del documento, ma secondo un portavoce sud
coreano esso dovrebbe contenere quattro punti principali, tra cui anche quello
in cui Pyongyang accetta di rinunciare al suo programma nucleare e di aprire le
porte dei suoi arsenali atomici alle ispezioni internazionali. Per Seul, Tokyo
e Washington è estremamente importante che dai prossimi colloqui emerga un
risultato documentato. Alla fine di agosto si era tenuto nella capitale cinese
il primo round di negoziati a sei sulla crisi nucleare nord coreana, alla
presenza delle Coree, Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone. Ma da
quell’incontro, complessivamente piuttosto deludente, non era emersa alcuna
dichiarazione scritta, se non l’impegno verbale ad incontrarsi ancora. Il
prossimo giro di consultazioni - per la realizzazione del quale Pechino, grande
alleata storica di Pyongyang, ma anche Mosca hanno lavorato a lungo dietro le
quinte - è considerato di estrema importanza per il raggiungimento di una
svolta decisiva nella crisi nucleare nord coreana.
Per Radio Vaticana, Chiaretta
Zucconi.
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