RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 334 - Testo della Trasmissione di domenica 30 novembre 2003

 

 

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Prima domenica d’Avvento nel segno del lutto per i nuovi sanguinosi attentati in Iraq: appello del Papa all’Angelus a tutti i leader religiosi per riportare la pace nei cuori  

 

Avvento Tempo di attesa e di speranza: oggi più che mai urgente testimoniare il messaggio cristiano. Un commento dell’arcivescovo Angelo Comastri 

 

Oggi festa di Sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli: messaggio del Santo Padre al patriarca ecumenico Bartolomeo I. Ai nostri microfoni il vescovo Brian Farrell.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuova strage in Iraq: vittime ieri 7 agenti spagnoli e 2 diplomatici giapponesi, mentre stamane sono caduti  2 soldati americani: con noi Fernandez Bonelli e Maurizio Calvi.

 

Città di tutto il mondo unite per dire ‘no’ alla pena capitale : ce ne parlano Mario Marazziti, David Attwod e Ross Byrd-

 

Documento finale del IV Summit mondiale dei Premi Nobel per la pace, a Roma 

 

Le conclusioni  a Città del Guatemala del Congresso missionario americano: la testimonianza di Anna Maria Chiavacci Leonardi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

A Savona, l’inizio delle celebrazioni per il V centenario dell’elezione del Papa Giulio II.

 

Annullato l’incontro tra i rappresentanti di tutte le religioni  previsto  per il  2 dicembre ad Istanbul e  dedicato ai venticinque anni di pontificato di Papa Giovanni Paolo II

 

Si aprira’ domani a Vienna la conferenza generale dell’Unido, l’agenzia dell’Onu che si occupa dello sviluppo industriale nei paesi meno avanzati.

 

Conclusi ieri a Roma i  lavori dell’assemblea semestrale dell’Unione Superiori Generali , incentrata sul dialogo interreligioso.

 

La foresta amazzonica non è più il polmone del mondo, a confermarlo uno studio dell’Universita’ di San Paolo, allarme degli ambientalisti.

 

Domani e’ la giornata mondiale della lotta all’aids. ieri sera un grande concerto a  Citta’ del Capo, presente Nelson Mandela.

 

Una ricerca promossa dall’Universita’ “La Sapienza” di Roma documenta l’attenzione dei media sulla violenza agli immigrati

 

24 ORE NEL MONDO:

 Accordo sulla Difesa europea al termine del Vertice di Napoli, ma non sul voto tra gli Stati – Dichiarazione congiunta di Usa, Giappone e Corea del sud contro il riarmo nucleare nordocoreano.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 novembre 2003

 

 

LA PACE SI COSTRUISCE DEPONENDO LE ARMI DEL RANCORE, DELLA VENDETTA E DI OGNI FORMA DI EGOISMO: APPELLO DEL PAPA ALL’ANGELUS A TUTTI I LEADER RELIGIOSI

 

 

Una prima domenica d’Avvento nel segno del lutto per i nuovi sanguinosi attentati in Iraq, una domenica percorsa dall’inquietudine davanti a tanti eventi drammatici sulla scena internazionale. E la parola del Papa all’Angelus si è levata ancora una volta per invitare gli uomini a percorrere vie di pace e di amore, e si è rivolto in particolare con un appello ai leader religiosi. Il servizio di Roberta Gisotti

 

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         “Preparate la via del Signore!”: Giovanni Battista grida annunciando il Messia per invitare alla conversione del cuore ed alla preghiera. La voce del profeta risuona nella liturgia di questa prima domenica d’Avvento, “itinerario di rinnovamento spirituale in preparazione al Natale”. E prepararci al Natale significa – ha detto Giovanni Paolo II  – risvegliare in noi e nel mondo intero la speranza della pace”

 

“La pace anzitutto nei cuori, che si costruisce deponendo le armi del rancore, della vendetta e di ogni forma di egoismo. Ha grande bisogno di questa pace il mondo! Penso in modo speciale agli ultimi episodi di violenza in Medio Oriente e nel Continente africano, come pure a quelli che la cronaca quotidiana registra in tante altre parti della Terra. Rinnovo il mio appello ai responsabili delle grandi religioni: uniamo le forze nel predicare la non-violenza, il perdono e la riconciliazione!”

 

Dopo la recita della preghiera mariana il pensiero del Papa è andato a decine di milioni di persone ammalate di Aids, in vista della Giornata mondiale – che ricorre domani - dedicata alla lotta per debellare questo virus mortale, la cui diffusione - ha ricordato il Santo Padre - è “purtroppo ancora in forte crescita, specialmente nei Paesi più poveri”. Da qui l’incoraggiamento “a quanti nella Chiesa svolgono…. un inestimabile servizio di accoglienza, di cura e di accompagnamento spirituale” verso questi fratelli e sorelle. Infine un saluto alla Comunità di Sant’Egidio, che ha promosso la Giornata internazionale contro la pena di morte, coinvolgendo oltre 100 città nel mondo.

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OGGI FESTA DI SANT’ANDREA PATRONO DELLA CHIESA DI COSTANTINOPOLI: MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I

 

- A cura di  Roberta Gisotti -

 

Oggi festa di Sant’Andrea apostolo, fondatore e patrono della Chiesa di Costantinopoli. Una ricorrenza che riveste particolare significato per il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e per la Chiesa cattolica. Sant’Andrea, infatti, è fratello dell’apostolo San Pietro ed è tradizione l’invio di delegazioni tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Santa sede, in occasione delle due festività di San Pietro il 29 giugno e di Sant’Andrea il 30 novembre, con uno scambio di messaggi tra il Papa e il Patriarca ecumenico. Anche quest’oggi dunque una delegazione vaticana - guidata dal cardinale Walter Kasper presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani - si è recata nella sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli al Fanar, portando con se un messaggio di Giovanni Paolo II per Bartolomeo I.

 

“Queste feste patronali  - scrive il Santo Padre – ci permettono di vivere meglio la gioia di essere fratelli e di partecipare una medesima comunione d’intenti, che è necessario incoraggiare e proseguire, perché ciò appare chiaramente al mondo, a noi fedeli e a tutte le persone che operano e pregano per la comunione dell’Oriente e dell’Occidente cristiani”. “La partecipazione reciproca a queste feste patronali” – prosegue il Papa – “è l’espressione la più completa del nostro desiderio mutuo di ricreare tra noi un contesto d’amore e di partecipazione alla preghiera degli uni e degli altri, in maniera di nutrire ed approfondire il nostro desiderio della piena comunione” .

 

Ma ascoltiamo l’intervista di Giovanni Peduto al vescovo Brian Farrel, segretario del Dicastero vaticano per l’unità dei cristiani:

 

 

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R.- Ormai da 40 anni i rapporti fraterni con il Patriarcato ecumenico sono ottimi. In questi anni abbiamo fatto tanto cammino nell’avvicinarci. Queste visite per cui una delegazione ufficiale del Patriarcato viene a Roma a celebrare la festa dei Santi Pietro e Paolo e noi andiamo al Patriarcato per celebrare la festa del fratello di Pietro, Andrea, sono il simbolo di una crescente intensificazione del desiderio di ritrovare quell’unità della Chiesa che il Signore ha voluto.

 

D. – La visita viene in un momento di grandi tensioni: pensiamo ai recenti attentati a Istanbul. Con quale spirito di recate in questa città?

 

R. – Sì,  viviamo momenti difficili nel mondo. Noi andiamo lì coscienti del dolore di tante famiglie. Vogliamo portare la solidarietà della Chiesa cattolica, l’assicurazione delle preghiere tante volte dette dal Santo Padre per le vittime e per tutti quelli che si trovano ogni giorno con la paura. Preghiamo per la pace nel mondo, questo è importantissimo.

 

D. – Qual è il ruolo del Patriarcato di Costantinopoli nel contesto del dialogo cattolico-ortodosso?

 

R. – In questo momento il Patriarcato ecumenico ha un ruolo importantissimo nel senso di essere il punto di riferimento per noi nello sforzo di dare una continuazione al dialogo formale, teologico, ma soprattutto anche nel senso di dare valore a tutti i contatti bilaterali che abbiamo con le Chiese ortodosse e che in questi anni si sviluppano rapidamente in senso molto positivo, tanto che per noi non si può parlare, come molte volte si sente o si legge, di una fase difficile. Noi crediamo che ci sono delle difficoltà ma che sono superabili e che nel frattempo stiamo facendo grandi passi nel dialogo della vita, nel dialogo dell’amore.

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AVVENTO, TEMPO DI ATTESA E DI SPERANZA:

OGGI PIU’ CHE MAI SI AVVERTE L’URGENZA DI TESTIMONIARE

IL MESSAGIO CRISTIANO DELL’AMORE IN UN MONDO PERCORSO DA ODII E VIOLENZE

-          Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -

 

Oggi, prima domenica di Avvento, la Chiesa riprende il suo cammino e ci invita a riflettere più intensamente sul mistero di Cristo. E mentre la cronaca internazionale ci riporta eventi drammatici i cristiani in tutto il mondo sono richiesti di testimoniare la loro fede in questo Tempo forte di attesa e di speranza. Barbara Castelli ha raccolto il commento dell’arcivescovo Angelo Comastri, delegato pontificio di Loreto:

 

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R. – Per capire il senso dell’Avvento cristiano bisogna ricordare che noi cristiani viviamo in questo mondo aspettando il ritorno del Signore. Madre Teresa di Calcutta, una donna profondamente illuminata dalla fede, diceva spesso: “Il più bello deve ancora venire”. Nell’Avvento, quindi, noi cristiani ricordiamo la prima venuta di Gesù, la nascita di Gesù a Betlemme, ma ricordiamo quella venuta per prepararci alla seconda venuta, alla seconda grande venuta: il ritorno di Gesù. E’ verso quel giorno che sono orientati i nostri cuori. E teniamo la lampada accesa per poter camminare nel buio di questo mondo incontro al Signore.

 

D. – In un tempo così intriso di tensione e violenza, quale significato assume oggi l’attesa del Salvatore?

 

R. – Mai come oggi il messaggio cristiano si sente che è vero e mai come oggi si avverte che respingendo il messaggio cristiano l’uomo precipita nel caos.

 

D. – Come si deve predisporre, preparare, il credente all’Avvento?

 

R. – A me sembrano bellissime le indicazioni che dà il profeta Isaia: “Abbassare i monti e colmare le valli”. Abbassare i monti vuol dire abbassare l’orgoglio, riprendere – e anche questa è una frase di Madre Teresa – la statura che tutti abbiamo quando siamo scalzi. Quindi, prendere l’atteggiamento dell’umiltà, perché l’orgoglio impedisce di sentire Dio. D’altra parte bisogna colmare le valli, colmare i vuoti, il che vuol dire buttar via tutta la vanità con la quale noi talvolta cerchiamo di nascondere il bisogno di Dio che abbiamo dentro di noi.

 

D. – L’Avvento è anche sinonimo di speranza. Questo tempo può aprire la porta alla fiducia anche nel cuore dei non credenti, in un mondo in cui l’uomo sembra convinto sempre più di poter vivere bene anche senza Dio?

 

R. – Oggi c’è tanta tristezza in giro. Noi vediamo vetrine illuminate, persone ben vestite. Sembrano tutti sazi ed invece dentro ci sono persone disperate. Oggi ci sono tantissime conversioni, perché Dio passa in punta di piedi nelle strade del mondo, così come in punta di piedi si avvicinò ai discepoli di Emmaus, che si stavano allontanando da Gerusalemme. La storia continua e le conversioni sono ancora oggi le pagine più belle e il segno più sicuro che Cristo è vivo e sta camminando nelle strade del mondo.

(musica)

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 novembre 2003

 

 

 

 

 

DOLORE E COMMOZIONE IN SPAGNA E IN TUTTA LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

PER IL TRAGICO ATTACCO COSTATO LA VITA, IN IRAQ,

A 7 SPAGNOLI E 2 DIPLOMATICI GIAPPONESI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq una ennesima, drammatica ondata di violenze ha provocato ieri, a Sud di Baghdad, la morte di sette agenti dei Servizi segreti spagnoli. In un altro agguato, compiuto a Nord della capitale irachena, sono stati inoltre uccisi due diplomatici giapponesi, che si stavano recando a Tikrit, per partecipare ad una riunione di Ong sulla ricostruzione del Paese arabo. A questi drammatici episodi di violenza si deve purtroppo aggiungere un nuovo attacco, perpetrato stamani a Ramadi, a Ovest di Baghdad, e costato la vita a due soldati americani. Sempre oggi, due stranieri sono rimasti gravemente feriti in un agguato compiuto sull’autostrada a Sud di Tikrit. Fonti locali hanno detto che potrebbe trattarsi di coreani, ma questa informazione non ha ancora ricevuto conferme. Sull’attacco al convoglio dei Servizi segreti spagnoli, ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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Il generale Ricardo Sanchez, capo delle Forze di occupazione in Iraq, aveva appena detto che gli attacchi della guerriglia erano diminuiti negli ultimi giorni quando è arrivata la notizia dell’aggressione contro gli agenti di Intelligence spagnoli. L’agguato è avvenuto a Sud di Baghdad, mentre le vittime viaggiavano su due automobili dalla città di Hilla verso la capitale. La nuova operazione contro le forze alleate degli Stati Uniti dopo l’attentato di Nassiriya, che aveva ucciso 19 italiani, è stata lanciata al termine del mese più sanguinoso dall’inizio della guerra. Infatti 77 militari americani hanno perso la vita a novembre anche se il generale Sanchez ha dichiarato ieri che il numero degli attacchi è diminuito dopo i raid condotti dal Pentagono nella zona centrale del Paese. La strage degli agenti spagnoli arriva anche dopo il viaggio a sorpresa compiuto giovedì dal presidente Bush a Baghdad proprio per rispondere alle critiche sulle difficoltà incontrate dall’occupazione e ridare fiducia agli americani sulla vittoria finale. Il capo della Casa Bianca ha dedicato il discorso radiofonico del sabato alla sua missione, dicendo di aver trovato le truppe con il morale alto e convinte di prevalere.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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I corpi dei sette agenti spagnoli uccisi ieri in un’imboscata, in Iraq, ritorneranno oggi in Spagna. Lo riferisce l’Ansa aggiungendo che le sette salme arriveranno prima a Kuwait City insieme all’unico sopravvissuto all’attacco, l’agente Josè Manuel Sanchez Riera, per poi proseguire il viaggio di ritorno nel Paese iberico. Ma come si è svegliata la Spagna all’indomani del tragico attentato che ha causato la morte di 7 agenti dei servizi segreti. Ascoltiamo in proposito, il corrispondente dell’Ansa in Spagna, Javier Fernandez Bonelli:

 

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          L’attacco contro gli agenti dell’Intelligence spagnola, che ha portato a 10 il numero totale di vittime spagnole in Iraq, dalla fine delle ostilità, occupa oggi evidentemente la prima pagina di tutti i giornali spagnoli, e ha causato una particolare commozione nell’opinione pubblica. Le immagini, che sono state trasmesse ieri da tutti i telegiornali, riprese dai due giornalisti di Sky News che sono arrivati sul posto dell’attentato prima ancora che fossero raccolti i cadaveri, hanno mostrato iracheni e anche bambini festeggiare la morte degli agenti spagnoli. In Spagna il  sentimento contrario alla guerra è sempre stato molto forte. Non dimentichiamo che a Madrid è stata organizzata la principale delle manifestazioni contrarie alla guerra prima dell’intervento militare, con quasi 2 milioni di persone per la strada. Per il momento, però, il senso di lutto e di dolore è maggiore che la polemica politica. Il governo spagnolo si trova evidentemente in una posizione difficile per spiegare soprattutto all’opinione pubblica spagnola la situazione attuale in Iraq. Un 65% degli spagnoli, secondo un sondaggio fatto dal giornale El Mundo sarebbero favorevoli ad un ritorno delle truppe. E’ molto poco probabile che il governo cambi la sua posizione.

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Sul significato dell’agguato costato la vita agli agenti spagnoli, che sono stati barbaramente tirati fuori dalle auto e giustiziati sul ciglio della strada, ascoltiamo il presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo (Ceas), Maurizio Calvi:

 

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Quello che stupisce è la gravità, il modo attraverso il quale questa esecuzione è stata fatta. Questo eccidio era non solo prevedibile, ma era previsto. Sono i partiti della coalizione che hanno sostenuto Bush, e la guerra preventiva sotto il tiro di questi assassini e di conseguenza si paga il prezzo di una scelta politica. L’eccidio di Nassiriya quello di ieri, e quelli contro l’Onu e la Croce Rossa sono il prezzo di una scelta di carattere politico. L’uso della forza ha come contraltare la sfida che gli iracheni assassini accettano. E’ una sfida perdente per gli americani. La guerra in Iraq doveva risolversi in un altro contesto. Quindi si paga il prezzo di scelte sbagliate sul piano politico.

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CITTA’ DI TUTTO IL MONDO UNITE OGGI PER DIRE “NO” ALLA PENA DI MORTE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

       

Niente giustizia senza vita: all’insegna di questo principio si celebra oggi la Giornata mondiale contro la pena di morte, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. L’iniziativa ha raccolto l’entusiasta adesione di oltre 100 metropoli di tutto il mondo, che al calare del sole illumineranno il proprio monumento simbolo per dire “no” alla pena capitale. A Roma - alla presenza di numerosi premi Nobel per la pace - il Colosseo sarà illuminato a giorno e diventerà il punto d’incontro ideale delle tante manifestazioni che, da Buenos Aires ad Hiroshima, caratterizzano questa giornata di mobilitazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Tante luci per illuminare il buio della pena di morte, cha ancora oggi è praticata in tante, troppe nazioni del mondo. Con questo spirito si celebra oggi la Giornata mondiale contro la pena capitale. Ma a che punto è oggi la battaglia per la messa al bando della pena di morte? Risponde Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio.

 

R. - Oggi ci sono 112 Paesi che hanno abolito la pena di morte nella legislazione o de facto e 83 Paesi che la mantengono. Armenia, Serbia Montenegro, Cile e Costa d’Avorio hanno abolito negli ultimi due anni la pena capitale.

 

D. – Queste sono note positive che segnalano un’efficacia anche della mobilitazione dell’opinione pubblica ...

 

R. – E’ una delle strade; tentare un approccio che coinvolga l’opinione pubblica perché i governi non possano utilizzare l’argomento del consenso popolare per tenere uno strumento che è sempre più violento e sempre più pieno di errori. La pena di morte non risolve nessuno dei problemi sociali e nemmeno il problema del crimine. Non c’è nessun Paese al mondo dove sia stata abolita la pena capitale e dove siano aumentati i reati gravi. Al contrario, in molti Paesi sono diminuiti. E chi la mantiene, per esempio gli Stati della cintura Sud degli Stati Uniti – Louisiana, Missouri, Texas – vedono almeno tre volte il tasso di omicidi degli altri Stati americani.

 

D. – I casi di innocenti condannati a morte scuotono le coscienze; ma al di là dell’emozione del momento, quale lezione ne possiamo trarre?

 

R. – Il sistema giudiziario non è mai infallibile e non è mai perfetto. La pena di morte è uno strumento chiamato di “giustizia irreversibile”. L’uomo non può togliere ciò che non può restituire. In sintesi: la pena di morte non può essere dentro gli ordinamenti giuridici.

 

Tra i Paesi dove la pena di morte è ancora praticata gli Stati Uniti. Anche qui, tuttavia, l’opinione pubblica comincia a mostrare maggiore sensibilità sul tema come sottolinea David Atwood, responsabile in Texas della campagna per l’abolizione della pena capitale:

 

FIGHTING AGAINST THE DEATH PENALTY IN THE UNITED STATES IS ALWAYS A ...

“E’ sempre una sfida, combattere la pena di morte negli Stati Uniti, perché nonostante tutto, la maggioranza della popolazione ancora la sostiene, anche se è vero che il sostegno è andato calando fortemente negli ultimi dieci anni. Nel Texas è particolarmente difficile questa lotta, perché il sostegno alla pena capitale è veramente forte. Però, abbiamo visto che perfino in Texas si sta verificando un cambiamento nell’opinione pubblica: anche lì il sostegno sta diminuendo. La nostra organizzazione si occupa fondamentalmente di educare la gente. Così facendo andiamo contro la cultura dominante. Eppure, secondo me, stiamo facendo grandi progressi. Per esempio, la maggior parte dei maggiori quotidiani del Texas si sono ora espressi a favore almeno di una moratoria”.

 

E tra gli alfieri della lotta contro la pena di morte c’è anche il texano Ross Byrd. Figlio di un uomo barbaramente ucciso dal Ku Klux Klan, non ha scelto la via della vendetta, ma quella della riconciliazione con l’autore dell’omicidio del padre. Ecco la sua testimonianza:

 

AS RIGHT NOW, THOSE INNOCENT MEN ..

“Sono gli innocenti che ci vanno di mezzo, e lo dico perché ne conosco uno. La gente ormai è informata e comincia a comprendere che questa macchina per uccidere, che continua a lavorare in America, è solo fonte di nuova violenza. Applicare la pena di morte significa spegnere la luce nella propria vita, quindi è una sorta di auto-distruzione. Allora, al contrario, bisogna imparare ad amare la gente, fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a noi. Questo dovrebbe essere il modello che governa il mondo. Uccidere non fa che mantenere il circolo vizioso in movimento: ci saranno più omicidi e più assassini”.

 

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RISPONDERE AI GRANDI SQUILIBRI DEL NOSTRO TEMPO SENZA STANCARSI DI CERCARE IL DIALOGO: LA PROMESSA DEI PREMI NOBEL RIUNITI A ROMA

NEL DOCUMENTO FINALE DEL IV SUMMIT

 

Si è concluso oggi a Roma all’insegna dell’impegno costruttivo per il benessere dell’umanità, il IV Summit mondiale dei Premi Nobel per la pace. A presentare il documento finale dell’appuntamento, il sindaco di Roma, Walter Veltroni e il presidente dell’omonima fondazione Mikhail Gorbaciov. Il servizio dal Campidoglio di Barbara Castelli:

 

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         Affermare le ragioni della pace e del dialogo per rispondere ai grandi squilibri del nostro tempo. E’ la promessa che si sono scambiati stamane i premi Nobel per la pace firmando il documento conclusivo del loro IV Summit mondiale. I protagonisti della storia del nostro tempo, che più si sono adoperati per la pace nel mondo, si sono dati appuntamento nell’Urbe per ribadire con forza che non può esistere pace senza giustizia, che vuol dire vera integrazione, tolleranza tra i popoli e le civiltà e rispetto dei diritti della persona. Da qui l’urgenza di una nuova politica planetaria per i bisogni dell’umanità, che abbatta i vecchi modelli basati sulla contesa di forze antagoniste. Quella politica che ignora la moralità – ha dichiarato il premio Nobel Mikhail Gorbaciov – non è in grado di gestire le sfide del nostro tempo. Abbiamo una grande responsabilità nelle nostre mani – ha aggiunto il presidente Gorbaciov, ecco perché insieme abbiamo voluto dire ‘no’ al riarmo nucleare, ‘no’ alla guerra preventiva, no al terrorismo internazionale e ‘no’ alla violenza in genere che oggi sembra avere sempre l’ultima parola.

 

Costruire una società, un mondo migliore – è emerso inoltre durante i lavori del mattino – vuol dire anche unirsi per abbattere la cultura della morte, protagonista ancora oggi in diverse zone del pianeta con la pena capitale. La lotta per la vita – ha specificato in proposito Sergio D’Elia, presidente dell’Associazione Nessuno tocchi Caino coincide con la lotta per la democrazia. La maggior parte delle persone che percorrono l’ultimo miglio, infatti, vivono in Stati totalitari, dove ancora oggi è praticamente impossibile tendere la mano di questi condannati di serie B, gli innominati della pena di morte. Dinanzi a questa drammatica realtà occorre quindi una poliedrica strategia, quella del dialogo con i governi e dell’impegno delle associazioni, nonché dell’informazione e dell’iniziativa dei singoli cittadini.

 

Dal Campidoglio, per la Radio Vaticana, Barbara Castelli.

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LE CONCLUSIONI OGGI A CITTA’ DEL GUATEMALA

DEL II CONGRESSSO MISSIONARIO AMERICANO

- Intervista con Madre Teresa Vaccari -

 

“Chiesa in America, la tua vita è missione”: questo il motto che ha animato i lavori del II Congresso missionario americano,.che si chiuderà oggi in giornata, dopo sei giorni di incontri e dibattiti a Città del Guatemala. presente il cardinale Crescenzio Sepe, quale Inviato speciale del Papa. Incentrato sul tema “La missione: annuncio del Vangelo della vita, compito fondamentale del Popolo di Dio pellegrinante in America”, l’importante assise ha visto la partecipazione di circa 3000 delegati, tra porporati, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Tre le linee guida del Congresso: la comunione, la missione ad gentes e la testimonianza. Ascoltiamo la testimonianza di Maria Teresa Vaccari delegata laica delle Pontificie Opere Missionarie al microfono di Padre Pedro Rodriguez, responsabile del Programma ispano-americano della nostra emittente:

 

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R. – Questi Congressi sono un momento di grande festa, per il grande numero di partecipanti. Sono infatti più di 3 mila le persone che vengono da tutti i Paesi americani e che insieme si interrogano sull’evangelizzazione e sulla missione oggi qui e nel mondo. Mi sembra che sia qualcosa da cui noi, nel nostro continente europeo, e in particolare in Italia, dobbiamo imparare molto: questo scambio fra Chiese che porta ad uscire per arrivare anche nelle situazioni più vicine, ma anche poi nei Paesi più lontani, a portare il dono del Vangelo e della fede. In tutti i contributi che sono stati dati e le riflessioni, che sono state molto importanti, si nota una grande comunione tra i partecipanti e i loro pastori. Questo mi sembra un grande segno di comunione per poter parlare di missione e di evangelizzazione.

 

D. – A lei come italiana, come europea, cosa le piace di più di questo ambiente latino-americano. E soprattutto cosa l’ha colpita?

 

R. – Quello che mi ha colpito di più di questo ambiente è come si punti piuttosto che sulla teoria, sulla testimonianza. Ho avuto modo di incontrare nel mio gruppo delle persone che presentandosi hanno detto: “Noi siamo quasi analfabeti, però annunciamo il Vangelo. Siamo dei campesinos che lavorano, ma annunciamo il Vangelo, perché questa per noi è la cosa più importante. Lo facciamo in famiglia. Lo facciamo come famiglia. E vediamo delle grandi cose che succedono attorno a noi, proprio perché ci abbandoniamo allo Spirito ed è lo Spirito che ci conduce in quest’opera”. Mi sembra che dobbiamo imparare come veramente il discorso dell’evangelizzazione, della missionarietà, non sia una teoria e non sia neanche una pratica di assistenza, ma sia proprio una vita donata. Qui, questi amici, questi fratelli di queste Chiese, ce lo insegnano. Basta guardarsi intorno. Si tratta di Chiese giovani. Moltissimi partecipanti sono giovani, sono ragazzi. Certamente questo è un segno di speranza che talvolta forse da noi in qualche situazione sembra venir meno, sembra vacillare.

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CHIESA E SOCIETA’

30 novembre 2003

 

 

 

DA SAVONA L’INIZIO OGGI DELLE CELEBRAZIONI PER IL V CENTENARIO DELL’ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO DI GIULIANO DELLA ROVERE, SAVONESE DI ALBISSOLA,

DIVENUTO PAPA CON IL NOME DI GIULIO II

- A cura di Dino Frambati -

 

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SAVONA.= E’ una grande giornata di festa e devozione quella di oggi a Savona, che segna l’inizio importante delle celebrazioni per il 500.mo dell’elezione al soglio pontificio di Giulio II, Papa nato ad Albissola, appunto di origine savonese, con la Messa celebrata dal cardinale Angelo Sodano, presso la cattedrale della città nel pomeriggio, momento ufficiale di via alle manifestazioni che peraltro già in mattinata hanno suscitato entusiasmo per un drappello di Guardie svizzere, con armi e bandiera appositamente giunte dal Vaticano. Una breve sfilata, terminata con il saluto della città da parte del sindaco Carlo Ruggirei e della risposta del vescovo mons. Domenico Calcagno. A tutto ciò ieri c’è stato un prologo molto interessante: presso il Priamar, cinquecentesca fortezza e simbolo della seconda città ligure è stata inaugurata la mostra “La Sistina e Michelangelo. Storia e fortuna di un capolavoro”, iniziativa che è un po’ il perno delle celebrazioni e che mostra, forse come mai è avvenuto prima d’ora, al pubblico le meraviglie di arte, cultura e fede di questo gioiello architettonico ed artistico che tanto nei secoli influenzò arte e costume. Più in dettaglio la rassegna mostra le origini della Cappella con sezioni dedicate a Sisto  IV ma anche alla volontà di Papa Giulio II di volerne rifare la volta affidandone l’esecuzione a Michelangelo. E’ di oggi, ancora, la presentazione del restauro del coro ligneo della cattedrale di Savona, un pezzo risalente al cinquecento e che venne commissionato all’epoca da Giuliano della Rovere, vescovo di Savona a quel tempo. Quando venne realizzato costò 1.132 ducati d’oro e fu costruito su esempio del coro dei monaci della Certosa di Pavia.

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ANNULLATO L’INCONTRO TRA I RAPPRESENTANTI DI TUTTE LE RELIGIONI  PREVISTO  PER IL  2 DICEMBRE AD ISTANBUL E  DEDICATO AI VENTICINQUE ANNI DI PONTIFICATO DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

 

INSTANBUL. = La segnalazione di pericolo specifico, giunta alle autorità turche, ha spinto il Ministero degli Esteri Italiano ad annullare l’incontro del 2 dicembre ad Istanbul, dedicato ai festeggiamenti per i 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II. L’appuntamento fissato da molto tempo, rappresentava l’occasione per un incontro tra i rappresentanti di tutte le religioni del mondo, fra i quali il Cardinale Roger Etchegaray. La Farnesina ha organizzato iniziative del genere, con conferenze di vari vaticanisti  in tutti gli Istituti di cultura italiana nel mondo. (B.C.)

 

 

SI APRIRA’ DOMANI A VIENNA LA CONFERENZA GENERALE DELL’UNIDO, L’AGENZIA DELL’ONU CHE SI OCCUPA DELLO SVILUPPO INDUSTRIALE NEI PAESI MENO AVANZATI.

 

VIENNA. =  Sarà l’Italia, rappresentata dal Sottosegretario agli Esteri, Mario Baccini, ad aprire la decima Conferenza generale dell’Unido, l’organismo internazionale che si occupa di sviluppo industriale nei Paesi meno avanzati. L’assise, in programma dal 1 al 5 dicembre a  Vienna, vedrà per la prima volta la partecipazione  di due capi di Stato, quelli di Timor Est ed Uganda e di due vicepresidenti, della Sierra Leone e Panama. L’agenzia Onu, diretta fin dal 1997 dall’argentino Carlo Alfredo Magarinos, conta attualmente 171 Paesi, gli ultimi entrati a farne parte sono stati Sudafrica, il Principato di Monaco e Timor Est. La Conferenza che si aprirà domani avrà come finalità quella di programmare il raggiungimento di alcuni obiettivi, che l’Onu ha intenzione di realizzare entro il prossimo millennio. Uno di questi è il dimezzamento entro il 2015 del numero di persone che vivono in estrema povertà. Secondo Magarinos, tale obiettivo è raggiungibile solo se la quota Pil pro capite nei Paesi cosiddetti a sviluppo minimo aumenterà del 4% annuo, passo necessario soprattutto in considerazione del blocco di crescita di questo indice negli ultimi 30 anni. (B.C.)

 

 

CONCLUSI IERI A ROMA I  LAVORI DELL’ASSEMBLEA SEMESTRALE

DELL’UNIONE SUPERIORI GENERALI, INCENTRATA SUL DIALOGO INTERRELIGIOSO.

 

ROMA. = Tre giorni per dialogare sul significato dell’essere religiosi in un contesto allargato alle altre dottrine del mondo. I duecento delegati in rappresentanza di oltre duecentomila religiosi in tutto il mondo, hanno avviato una riflessione proprio sul dialogo interreligioso come compito principale di chi consacra la propria vita. Secondo il Segretario dell’Unione Superiori Generali, Padre Josè Maria Arniz, il processo appena avviato è ancora lungo ma fondamentale per rivitalizzare la nostra consacrazione religiosa. “Nella condivisione, ha dichiarato padre Arnitz, si potranno risolvere i problemi che sconvolgono il mondo, la vita religiosa ha una tradizione molto concreta  di dialogo e di incontro, e questa va proposta come strada per una soluzione non solo ideologica e culturale ma anche politica”. (B.C.)

 

 

LA FORESTA AMAZZONICA NON E’ PIU’ IL POLMONE DEL MONDO.

A CONFERMARLO UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DI SAN PAOLO.

ALLARME DEGLI AMBIENTALISTI

 

SAN PAOLO. = Nel giro di soli trent’anni la Foresta Amazzonica diventerà savana secca. Questo l’allarme lanciato da uno studio realizzato dall’Università di San Paolo e condotto da alcuni ricercatori americani e brasiliani. L’inchiesta, che sarà pubblicata il mese prossimo sulla rivista “Science”, ha rivelato che “il polmone del mondo”  è un ecosistema in costante involuzione data la crescita dell’emissione di anidride carbonica, infatti, gli alberi di questa vasta foresta negli ultimi tre anni ne hanno prodotta più di quanta ne abbiano assorbita. Solitamente la maggior produzione di anidride carbonica è legata al periodo delle grandi piogge tra dicembre ed aprile,mentre l’emissione del gas avviene durante la stagione secca: lo studio condotto ha osservato il contrario. L’anomalo fenomeno si lega alla variazione climatica che investe il nostro Pianeta; in questa zona in particolare si è registrato un calo delle precipitazioni  del 17 % negli ultimi dieci anni. La siccità ha così aumentato la mortalità di alcune piante, in particolare quelle di alto fusto e l’accumulazione di “necromassa”, foglie, rami e tronchi, il cosiddetto humus che produce a sua volta anidride carbonica. Secondo Humberto da Rocha, uno degli autori di questo studio, “il risultato più importante è la conclusione che l’Amazzonia è molto più complessa di quanto si immagini… e che quindi non possiamo dare per scontato luoghi comuni come quello del “polmone del mondo”. (B.C.)

 

DOMANI E’ LA GIORNATA MONDIALE DELLA LOTTA ALL’AIDS.

IERI SERA UN GRANDE CONCERTO A  CITTA’ DEL CAPO, PRESENTE NELSON MANDELA.

 

CITTA’ DEL CAPO. = Un concerto-evento si è tenuto ieri sera al Greenpoint Stadiumin Sudafrica, molte le star della musica internazionale intervenute, come Bono il leader del gruppo irlandese U2, gli Eurythmics, Peter Gabriel, Brian May e Roger Tylor, componenti dei Queen che nel ‘92 tennero insieme al Freddy Mercury il primo grande concerto rock per raccogliere fondi a favore della ricerca sull’aids. Ospite d’eccezione Nelson Mandela, l’ex presidente sudafricano vittima dell’aparthaid e rinchiuso per 18 anni nel Carcere di Robber Islands. Proprio a ricordo di quel periodo, il concerto è stato denominato “46664”, il numero di registrazione di Mandela. Numerose le manifestazioni previste per domani: la Giornata, il cui tema è “Vivi e lascia vivere”; viene osservata da molte agenzie delle Nazioni Unite e diverse organizzazioni internazionali e nazionali. Molti i convegni in cui si illustreranno stime e rapporti sulla malattia e le iniziative di sostegno e solidarietà ai malati di Aids. (B.C.)

 

 

UNA RICERCA PROMOSSA DALL’UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” DI ROMA DOCUMENTA L’ATTENZIONE DEI MEDIA SULLA VIOLENZA AGLI IMMIGRATI

 

ROMA:= La Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma, in collaborazione con l’Associazione “A buon diritto” hanno monitorato i quotidiani italiani, per capire come i fatti di violenza riguardanti gli immigrati vengono trattati. Secondo questa ricerca, il dato relativo alla violenza di “chiara derivazione razzista” è in crescita; dal 2001 si registra un aumento di circa il  2%, ma emerge chiaramente il legame degli episodi di intolleranza con le emergenze sociali, i fatti raccontati diventano espressione di un disagio più ampio,  in cui spesso l’immigrato viene considerato un capro espiatorio a cui attribuire le responsabilità di ciò che succede. C’è comunque la tendenza ad approfondire il retroscena culturale in cui nascono le violenze e a livello verbale si nota un affinamento del linguaggio e dei toni usati, le cronache infatti sono più precise e i termini più appropriati. Secondo lo stesso rapporto, i fatti di violenza legati agli immigrati non guadagnano quasi mai la prima pagina, e questo dato può essere letto come una inusuale abitudine alla violenza stessa, “una sostanziale sottostima del fenomeno”.  (B.C.)

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24 ORE NEL MONDO

30 novembre 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

• L’accordo a tre sulla difesa europea raggiunto da Francia, Germania e Gran Bretagna, l’accordo su una Commissione a 25 membri tutti con il diritto di voto rispetto ai 15 previsti dalla bozza Giscard, ed il controverso punto sul sistema di voto, dopo che la Spagna, appoggiata dalla Polonia, ha confermato la sua opposizione alla proposta della doppia maggioranza. Sono questi gli aspetti più significativi del Vertice dei ministri degli Esteri conclusosi, ieri, a Napoli. Il servizio di Ersilia Giglio:


        
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                  Il vertice dei ministri degli esteri dell’Unione Europea a Napoli si chiude con due obiettivi raggiunti e un nulla di fatto importante. Uno riguarda la composizione della commissione. I ministri, infatti, si sono tutti trovati concordi sull’ipotesi di garantire la presenza di un commissario per ogni Paese, come richiesto dai rappresentanti dei cosiddetti piccoli Paesi. Accordo raggiunto anche sulla difesa: la proposta italiana, appoggiata anche da Francia Germania e Gran Bretagna, di creare una cooperazione strutturata permanente a cui tutti i Paesi potranno partecipare sulla base di capacità operative non finanziarie. Il ministro degli esteri italiano Frattini nella conferenza stampa di chiusura parla apertamente di passi in avanti utili per avere un accordo sulla Costituzione, riferendosi anche all’appello lanciato da Prodi che aveva chiesto un significativo salto in avanti. Resta in piedi ancora il problema sulle modalità di voto su cui è nato anche un giallo. Il ministro britannico Straw ha dichiarato che non c’è ragione di litigare poiché se ne riparlerà solo dopo il 2009, fino a quanto cioè verrà il Trattato di Nizza, precisando che l’idea è stata italiana. Subito è arrivata la smentita di Frattini che invece si è affrettato a dire di non aver mai proposto di rinviare ogni decisione sul sistema di vota fra gli Stati. Un argomento che sarà, invece, trattato già nel prossimo consiglio a Bruxelles con i Capi di Stato, il12 e il 13 dicembre.

 

                  Da Napoli, per la Radi Vaticana, Ersilia Giglio.

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Non serve l’incontro con Sharon se Israele continuerà a costruire la sua barriera di difesa. Lo ha dichiarato ieri, a Ramallah, il primo ministro palestinese Abu Ala prima di partire per Amman dove ha incontrato il sottosegretario di Stato americano, William Burns, e il re di Giordania, Abdullah II. “Se il governo israeliano dice di voler continuare a costruire il muro indipendentemente da quanto accade, allora non c'e' bisogno di nuovi negoziati” ha aggiunto Abu Ala chiedendo una posizione seria ad Israele sulla barriera di sicurezza che separa lo Stato ebraico dalla Cisgiordania.

 

●Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti si incontreranno mercoledì e giovedì prossimi, a Washington, per preparare nei dettagli la bozza di una dichiarazione congiunta da sottoporre alla Corea del Nord in vista del prossimo giro di consultazioni multilaterali a sei fissato, a Pechino, per il 17 dicembre. Nell’incontro le parti cercheranno di convincere Pyongyang a rinunciare alle proprie ambizioni nucleari. Sulla situazione relativa al programma atomico nordcoreano, ci riferisce Chiaretta Zucconi:

 

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Non si conosce ancora il contenuto del documento, ma secondo un portavoce sud coreano esso dovrebbe contenere quattro punti principali, tra cui anche quello in cui Pyongyang accetta di rinunciare al suo programma nucleare e di aprire le porte dei suoi arsenali atomici alle ispezioni internazionali. Per Seul, Tokyo e Washington è estremamente importante che dai prossimi colloqui emerga un risultato documentato. Alla fine di agosto si era tenuto nella capitale cinese il primo round di negoziati a sei sulla crisi nucleare nord coreana, alla presenza delle Coree, Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone. Ma da quell’incontro, complessivamente piuttosto deludente, non era emersa alcuna dichiarazione scritta, se non l’impegno verbale ad incontrarsi ancora. Il prossimo giro di consultazioni - per la realizzazione del quale Pechino, grande alleata storica di Pyongyang, ma anche Mosca hanno lavorato a lungo dietro le quinte - è considerato di estrema importanza per il raggiungimento di una svolta decisiva nella crisi nucleare nord coreana.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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