RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 329 - Testo della Trasmissione di martedì 25 novembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa incontra in Vaticano il premier portoghese

 

Il messaggio della Chiesa cattolica agli amici musulmani per la fine del Ramadan: intervista con l’arcivescovo Pier Luigi Celata.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cresce la fame nel mondo e combatterla diventa sempre più difficile: lo afferma il rapporto della FAO. Il commento di Eugenio Melandri

 

Unione Europea: è scontro istituzionale tra Commissione e Consiglio dopo la sospensione delle procedure contro Francia e Germania per deficit eccessivo: intervista con Andrea Bonanni

 

Oggi si celebra la Giornata internazionale per la eliminazione della violenza contro la donna: ai nostri microfoni Cecilia Nava

 

“Dopo le guerre il dialogo”: questo è il tema del seminario organizzato a Roma dalla Caritas Italiana: con noi don Vittorio Nozza e Mario Scialoja

 

Aids: al via test vaccino sull’uomo. Ce ne parla Enrico Garaci.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Iniziato nell’abbazia di San Nilo, a Rocca di Papa presso Roma, l’incontro ecumenico dei vescovi amici del Movimento dei Focolari; è presente anche mons. Warduni, ausiliare di Baghdad

 

Si apre oggi in Guatemala il secondo Congresso americano missionario (Cam-2)

 

Alla vigilia della decisione comunitaria, si riaccende il dibattito negli Stati dell’Unione Europea sulla ricerca sulle cellule staminali condotta su embrioni umani

 

I vescovi dell’Africa centrale manifestano la loro indignazione per l’iniqua divisione delle risorse naturali in quell’area del continente

 

“Ripensare la finanza dal punto di vista etico, in rapporto all’uomo e alla sua dignità”: è questo l’invito del cardinale Tettamanzi in un incontro con alcuni dei massimi dirigenti finanziari italiani.

 

24 ORE NEL MONDO:

Preoccupazione per la crisi politica in Georgia: alle urne a gennaio per il nuovo presidente

 

Prosegue la visita in Israele del vicepremier italiano Fini

 

Si vota domani in Irlanda del Nord per la nuova assemblea locale – Bush stanzia nuovi fondi per la difesa americana.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 novembre 2003

 

 

UDIENZE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto, stamani, in Vaticano il primo ministro portoghese, José Manuel Durao Barroso, accompagnato dalla moglie e da un seguito di cinque persone. L'incontro, in un clima cordiale, è durato complessivamente venti minuti. Gli ospiti hanno donato un grande piatto d'argento al Papa, che ha ricambiato con le medaglie del pontificato. Dopo l'udienza, il premier portoghese ha avuto un colloquio con il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Sempre nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in udienza un gruppo di presuli francesi in visita ad limina.

 

 

IL MESSAGGIO DELLA CHIESA CATTOLICA AI MUSULMANI DI TUTTO IL MONDO

PER LA FINE DEL RAMADAN: COSTRUIAMO INSIEME LA PACE

- Intervista con l’arcivescovo Pier Luigi Celata -

 

Con la festa dell’Id al-Fitr termina oggi il Ramadan, il mese sacro per i musulmani, tempo di digiuno e preghiera. Per l’occasione il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha inviato, come è ormai consuetudine, un messaggio alle comunità musulmane di tutto il mondo dal titolo “Costruire oggi la pace”. Ce ne parla il segretario del dicastero, l’arcivescovo Pier Luigi Celata, al microfono di Giovanni Peduto.

 

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R. – La festa dell’Id al-Fitr, che conclude il Ramadan, offre l’occasione di esprimere ai musulmani felicitazioni ed auguri. Per i musulmani infatti la celebrazione del Ramadan è un evento molto importante nella loro vita religiosa e sociale. Attraverso il digiuno, la preghiera, le opere di carità, gli incontri con i familiari e gli amici, i musulmani vivono con più intensità il loro rapporto con Dio e con le persone a loro vicine. Ciò offre motivo per partecipare amichevolmente alla loro gioia e alla loro rinnovata tensione verso il bene. Quanto al messaggio di quest’anno, riprendendo la lezione dell’enciclica “Pacem in terris”, il messaggio afferma la necessità di edificare il bene fondamentale della pace su quattro pilastri: la verità, la giustizia, l’amore, la libertà. E’ solo vivendo questi valori, infatti, che possono essere evitati i conflitti e possono essere instaurate relazioni pacifiche, armoniose fra persone e fra popoli.

 

D. – Eccellenza, avete riscontro di come venga accolto questo messaggio nelle comunità musulmane?

 

R. – Sappiamo dalle reazioni che riceviamo, anche per iscritto, che il messaggio per la fine del Ramadan, ormai divenuto in certo modo una consuetudine, è sempre bene accolto dagli amici musulmani delle varie tradizioni e nelle varie parti del mondo. Esso è considerato come un’espressione di rispetto, di vicinanza e di amicizia.

 

D. – E’ di questi giorni la tragica attualità della recrudescenza del terrorismo, opera del fondamentalismo islamico. Cosa possono fare i seguaci delle varie religioni per bloccare, arginare questo terrorismo?

 

R. – Mi pare che si possano individuare alcuni tipi di reazione di fronte a questi eventi, reazioni tutte ispirate a valori umani e cristiani. Ed è su queste reazioni che il nostro spirito si rianima di speranza. Innanzitutto, questa ferma riprovazione di atti di violenza, così barbari e ciechi, che con le loro conseguenze tragiche di numerosi morti e feriti, manifestano un totale disprezzo per la vita umana. Mi pare poi che emerga nella coscienza piuttosto diffusa, a livello di opinione pubblica, l’urgenza di un impegno serio, responsabile, a fare tutto il possibile per rimuovere le cause, anche remote, che contribuiscono all’esplosione di una violenza tanto efferata. Penso qui alle non poche situazioni di ingiustizia e di sottosviluppo in varie regioni del mondo. Vorrei poi richiamare, sottolineandolo, la necessità di una forte determinazione nel promuovere il dialogo tra le diverse religioni. Esse, infatti, possono e devono contribuire - come ha richiamato il Santo Padre – ad eliminare alcuni elementi che si trovano a volte presenti, quasi come a giustificazione, in movimenti fondamentalisti, responsabili di attentati terroristici. Il Papa lo ha affermato con vigore: “Il nome di Dio deve rimanere un nome di pace”. Le diverse religioni, pertanto, se vogliono rimanere fedeli alla loro natura più profonda, al loro mandato, devono sviluppare ciò che di più positivo è presente nelle loro tradizioni a favore della pace. Esse devono educare al valore incomparabile della pace, attraverso la predicazione, le scuole le università ed ogni altra attività culturale.

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NOMINE

 

In Germania, il Papa ha nominato nunzio apostolico nella Repubblica federale di Germania mons. Erwin Josef Ender, finora nunzio apostolico nella Repubblica Ceca.

 

In Cile, il Pontefice ha nominato vescovo di Arica il reverendo Héctor Vargas Bastidas, vicario ispettoriale della provincia cilena dei Salesiani.

 

Negli Stati Uniti, il Santo Padre ha nominato vescovo di Phoenix mons. Thomas James Olmsted, finora vescovo di Wichita.

 

Nelle Filippine, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Novaliches, presentata da mons. Teodoro C. Bacani, in conformità al canone 401  paragrafo 2 del Codice di diritto canonico. Il Santo Padre ha nominato vescovo della Diocesi filippina di Novaliches mons. Antonio R. Tobias, finora vescovo di San Fernando de La Union.

 

Il Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata, per raggiunti limiti di età, da mons. Giuseppe Pittau all’incarico di segretario della Congregazione per l’educazione cattolica ed ha nominato segretario della stessa Congregazione il reverendo padre Michael Miller, attualmente presidente della St. Thomas University di Houston in Texas, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Vertara, con dignità di arcivescovo.

 

Il Papa ha nominato segretario del Pontificio consiglio per i Laici mons. Josef Clemens, finora sotto-segretario della congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di Vita Apostolica, elevandolo alla chiesa titolare vescovile di Se germe.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con la situazione in Iraq, dove si sono registrate nuove, sanguinose violenze.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alle celebrazioni promosse dalle Nunziature Apostoliche per il XXV anniversario di Pontificato di Giovanni Paolo II.

“La ricerca non può mai giustificare la distruzione degli embrioni umani” è il titolo alle dichiarazioni emanate dalla Commissione degli episcopati dei Paesi membri della Comunità europea e dalla Conferenza episcopale della Germania.

 

Nelle estere, Georgia: annullate le elezioni del 2 novembre.

Un articolo di Marco Tonacini Tami sulla Celebrazione eucaristica - nel Cantone Ticino - in suffragio dei caduti di Nassiriya. 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Andrea Fagioli sulla celebre “Crocifissione” custodita nel convento di santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze.

Per l’“Osservatore libri”, un contributo di Armando Rigobello dedicato all’opera “Sull’anima. L’immortalità dell’anima. La grandezza dell’anima” di Sant’Agostino, a cura di Giovanni Capatano.

 

Nelle pagine italiane, tra i temi posti in rilievo il terrorismo e l’immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 novembre 2003

 

RAPPORTO FAO 2003: CRESCE LA FAME NEL MONDO

- Intervista con Eugenio Melandri -

 

 

È sempre più difficile combattere la fame nel mondo, e si allontana l’obiettivo – fissato dall’ultimo Summit per l’alimentazione – di dimezzarla entro il 2015. Lo afferma il rapporto 2003 sullo stato dell’insicurezza alimentare, diffuso oggi dalla Fao. Ce ne parla Andrea Sarubbi:

 

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La fame cresce, soprattutto nei Paesi poveri: degli 842 milioni di persone che ancora oggi non hanno da mangiare a sufficienza, ben 798 vivono nel sud del mondo. Ed il loro numero, che agli inizi degli anni Novanta sembrava diminuire, è tornato drammaticamente a salire di almeno 18 milioni, nella seconda metà del decennio. Fanno eccezione 19 Paesi, in maggioranza latinoamericani o carabici; ma per fortuna tra loro c’è anche la Cina, lo Stato più popoloso del mondo e dunque quello più a rischio.

 

Dove c’è sviluppo, prosegue il rapporto, la fame è così nascosta che non fa notizia. Ma i 34 milioni di sottoalimentati nei Paesi mediamente sviluppati ed i 10 milioni nel mondo industrializzato invitano comunque a riflettere. Tra le cause della mancanza di cibo, sostiene l’agenzia alimentare dell’Onu, la principale è la guerra: i conflitti dimenticati dell’Africa centro-occidentale hanno portato ad un’impennata del fenomeno in quell’area, ma altri fattori cruciali sono la siccità e la diffusione dell’Aids.

 

Fermarsi qui, però, sarebbe fuorviante. Perché più che una mancanza di risorse – ha scritto il segretario generale della Fao, Jacques Diouf, nell’introduzione al rapporto – la fame rispecchia una scarsa volontà politica della comunità internazionale. Capace di svegliarsi in occasione di catastrofi – ha concluso Diouf – ma altrettanto incline, passata l’emergenza, a riaddormentarsi in fretta.

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Sul rapporto della FAO ascoltiamo il commento di Eugenio Melandri, coordinatore della campagna “Chiama l’Africa”, al microfono di Sergio Centofanti.

 

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R. – Il primo commento che viene è questo, che cioè questo sistema che viene proposto come un sistema che crea ricchezze, sta creando la ricchezza ma solo per qualcuno e poggia le basi solamente sull’aumento di ricchezza senza tener conto della sua distribuzione. La seconda cosa è che l’Africa è praticamente fuori dalle agende internazionali e, dopo che le è stata tolta la possibilità  di nutrirsi con le proprie risorse, proprio perché sono stati imposti attraverso il sistema del mercato internazionale tutta una serie di prodotti che vengono dall’estero, a questo punto l’Africa si trova a non avere più i propri prodotti e a non avere la forza di comprare sui mercati i prodotti che vengono dall’estero. Terza cosa, dietro a queste statistiche che parlano di fame nel mondo, ci sta molto spesso la proposta delle multinazionali di utilizzare l’agricoltura ogm, quindi geneticamente modificata. Bisogna dire che la terra, invece, sta già producendo moltissimo cibo: c’è cibo in sovrappiù, tant’è che l’agricoltura europea ed americana buttano via le eccedenze. Il problema di fondo sta nella distribuzione.

 

D. – Che cosa oggi non si fa per la fame nel mondo?

 

R. – Non si fanno tutta una serie di cose che si potrebbero fare. Primo, non si da ai Paesi più poveri la possibilità di stare degnamente sul mercato: le sovvenzioni agricole in Europa e negli Stati Uniti, praticamente, bloccano ogni possibilità di agricoltura dell’Africa. Si pensi solamente che ogni mucca europea è sovvenzionata per due dollari e mezzo al giorno: ciò significa che è sovvenzionata di più una mucca europea che le donne e gli uomini più poveri. Seconda cosa: attraverso tutta una serie di sistemi, anche dovuti ai cosiddetti ‘aiuti umanitari’, si espellono i contadini dalle proprie terre perché se arrivano derrate alimentari a costi bassissimi in un Paese, gli agricoltori non hanno più la possibilità di vendere i propri prodotti. Bisognerebbe ri-sistemare un pochino queste regole e la gente avrebbe la possibilità di ricominciare a sopravvivere.

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IL NO DEI MINISTRI DELLE FINANZE EUROPEI ALLA PROCEDURA

PROPOSTA DALLA COMMISSIONE NEI CONFRONTI DI FRANCIA E GERMANIA

PER L’ECCESSIVO DEFICIT. IL  COMMISSARIO UE PEDRO SOLBES

PARLA DI REGOLE NON RISPETTATE

 

 

Il Consiglio dei ministri Ecofin dell’Ue ha bloccato la procedura proposta nei confronti di Francia e Germania per il loro eccessivo deficit. Nella notte già i leader dell’Eurogruppo, cioè i Paesi che hanno aderito all’Euro, avevano bocciato le nuove raccomandazioni proposte dalla Commissione per l'eccessivo deficit strutturale che supera il 3%, cioè il tetto massimo previsto dal Patto di stabilità e di crescita. Secondo il ministro Giulio  Tremonti, presidente di turno del Consiglio europeo, si è trattato di “un voto coerente con lo spirito e la lettera del  Trattato”. Mentre il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Pedro Solbes, ha parlato di  “regole non rispettate”, non escludendo il ricorso alla Corte  di giustizia e sottolineando il voto contrario espresso da quattro stati membri: Olanda, Austria, Finlandia e Spagna. Ma qual è il peso politico di questa decisione? Fausta Speranza lo ha chiesto a Andrea Bonanni, esperto di questioni europee del quotidiano la Repubblica:

 

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R. – Il peso politico è enorme perché la decisione di sospendere, di fatto, il patto di stabilità pone la parola fine a un accordo che era stato alla base della creazione dell’Euro. Nel momento in cui non si seguono più le procedure previste dai trattati, non c’è più garanzia che la disciplina di bilancio, che era iscritta nel Patto di stabilità, venga rispettata. Nessuno si è sentito di andare contro la Francia e la Germania e l’Italia, presidente di turno, si è accodata a questa disposizione. Evidentemente, a questo punto il patto si può considerare morto.

 

D.- Però, in precedenza il comportamento è stato diverso. Ci sono paesi, tra virgolette minori,  che sono stati invece bacchettati ...

 

R. – Certo, il Portogallo ha dovuto fare una politica di risanamento durissima. L’Irlanda ha ricevuto delle raccomandazioni addirittura per i motivi opposti, perché aveva troppa crescita. Con i Paesi ‘grandi’ si poteva arrivare ben oltre la flessibilità  perché tutti erano disposti a negoziare sulle cifre dai tagli da apportare ai bilanci francese e tedesco, ma sempre salvando comunque  la procedura e cioè il diritto comunitario. Invece, è  proprio questo che è stato affossato.

 

D. – Il Commissario Solbes  non ha escluso il ricorso alla Corte di giustizia, ma allora si apre una crisi?

 

R. – Sì, a questo punto il rischio o anzi la probabilità è che questo contrasto tra il Consiglio e la Commissione coinvolga altre istituzioni. Prima tra tutte la  Corte di giustizia, cui probabilmente la Commissione farà ricorso perché la procedura scelta dal Consiglio viola il Trattato. E poi c’è il rischio ancora peggiore perché la Banca centrale europea ha già lasciato intendere che potrebbe reagire ad una decisione di questo genere alzando i tassi di interesse.

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OGGI GIORNATA INTERNAZIONALE PER ELIMINARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE:

UN MALE DIFFUSO IN TUTTO IL MONDO.

AMNESTY INTERNATIONAL LANCIA UN APPELLO PER FERMARE MIGLIAIA DI ABUSI,

CHE SI CONSUMANO OGNI ANNO AI DANNI DELLE DONNE RUSSE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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         Una donna su cinque subisce violenza fra le pareti domestiche: il dato che appare incredibile è invece documentato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Assume mille forme la violenza contro le donne, ad ogni latitudine, in ogni ceto sociale e contesto culturale. Un fenomeno che interessa Paesi poveri e ricchi. Emancipazione femminile e sviluppo sociale non hanno messo al riparo le donne da abusi di ogni genere ed atti violenti ancora oggi diffusi in tutto il mondo, come ci conferma Cecilia Nava, vicepresidente di Amnesty International in Italia.

 

R. – Sì, infatti, quasi dappertutto la violenza è aumentata. Le statistiche possono variare certamente da Stato a Stato, tuttavia la sofferenza e le cause che portano a questo tipo di fenomeno sono simili: donne di ogni classe sociale, razza, religione ed età subiscono violenza in questo ambito così particolare, perché è per mano degli uomini con i quali condividono le proprie vite. Negli Stati Uniti, secondo le statistiche ufficiali sappiamo che ogni 15 secondi una donna viene picchiata e 700 mila sono le donne violentate ogni anno. In India i dati ricavati da alcuni studi rilevano che più del 40 per cento delle donne sposate sono state picchiate o violentate dai propri mariti. Certamente ci sono alcuni gruppi di donne che sono particolarmente vulnerabili di fronte a questa violenza domestica e sono in particolare le casalinghe e le donne coinvolte in matrimoni forzati, fenomeno, questo, diffuso in molti Paesi dell’Asia.

 

D. – Ma quali sono i meccanismi che fanno scattare la violenza contro le donne?

 

R. – Meno una donna ha opportunità nel campo dell’educazione, del diritto all’alloggio, all’alimentazione, al lavoro, all’accesso alla vita politica, più una donna è vulnerabile nei confronti della società.

 

D. – In particolare vogliamo segnalare in questa Giornata un Paese - non certo l’unico - dove le donne subiscono maltrattamenti massivi, la Russia. Sappiamo che Amnesty ha lanciato un appello…..

 

R. – E’ un appello che fa parte della campagna di Amnesty International, iniziata un anno fa sul problema delle violazioni dei diritti umani in Russia. Le autorità sono consapevoli della gravità di questo fenomeno. Hanno infatti dichiarato che ci sono circa 14 mila donne ogni anno in Russia che sono vittime della violenza domestica, nel senso che vengono addirittura uccise per mano dei propri mariti o dei parenti. A fronte di questa gravissima situazione è stato fatto ben poco, anche dal punto di vista legislativo e quindi è molto importante dare una svolta a questa situazione, cercando di porre in atto tutta una seria di rimedi e non ultimo, anzi il fondamentale, è garantire che non ci sia impunità su questi casi. Le poche donne che denunciano questi abusi devono scontrarsi con un sistema giudiziario che non le aiuta e che anzi tende a proteggere i responsabili di questi abusi.

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UN’AUTENTICA EDUCAZIONE ALLA MONDIALITA’ E ALLA PACE

PROMUOVENDO L’INCONTRO CON L’ALTRO. E’ QUESTO IL TEMA DEL SEMINARIO

“DOPO LE GUERRE, IL DIALOGO”, ORGANIZZATO A ROMA DALLA CARITAS ITALIANA

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

 

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“Dopo le guerre, il dialogo. Posizioni e prospettive per la Caritas nell’area mediorientale, Terra Santa, Iraq, Iran, Afghanistan”. E’ il titolo del seminario apertosi ieri, a Roma, e promosso dalla Caritas italiana. L’iniziativa, che si conclude oggi, intende essere un’occasione per concordare linee comuni con le Caritas diocesane impegnate nelle zone di guerra.  Ma come promuovere, soprattutto in queste aree, la cultura della tolleranza e della riconciliazione? Ascoltiamo in proposito il direttore della Caritas italiana, don Vittorio Nozza:

 

R. – Mi sembra importante individuare, in modo particolare, tre azioni che siano strumento per il dialogo e per la costruzione della pace. La prima è quella che riguarda le persone. L’azione di attenzione alla persona, a livello internazionale e a livello nazionale, fa sì che il dialogo diventi lo strumento attraverso il quale costruire sempre più realtà ‘ponti’ in grado, poi, di promuovere la pace. Una seconda grande azione è quella legata alle dottrine, alle religioni che vanno conosciute, comprese, ponendoci in forte ascolto dell’identità dell’altro. E la terza grande azione che riteniamo importante, che possa essere messa in atto, è quella con le istituzioni, attraverso una riscoperta dell’azione politica.

 

Nella tavola rotonda “Quale dialogo” alla quale ieri hanno partecipato, tra gli altri, il segretario della Commissione per i rapporti con i musulmani, mons. Khaled Akasheh e l’ambasciatore e direttore della sezione italiana della Lega musulmana mondiale, Mario Scialoja, è stato soprattutto messo in luce il valore del dialogo tra Islam e Cristianesimo. Ma da quali basi si deve partire per promuovere un incontro tra queste due religioni? Risponde l’ambasciatore Mario Scialoja:

 

R. – A partire dalla convivenza negli stessi Paesi. Il dialogo islamo-cristiano va avanti da tempo. Progredisce, forse lentamente, perché ci sono incomprensioni anche di carattere politico. Ma è l’unica strada da percorrere.

 

D. – Quali frutti può portare il dialogo interreligioso?

 

R. – I frutti certamente di una maggiore comprensione reciproca, di un maggior rispetto dell’altro e soprattutto la cooperazione su tutti quei temi nei quali le religioni hanno le stesse vedute.

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AL VIA IN ITALIA I PRIMI TEST SULL’UOMO DEL VACCINO ANTI-AIDS

- Intervista con Enrico Garaci -

 

Annunciato oggi il via ai primi test sull'uomo del vaccino anti Aids basato sulla Tat. Il metodo è stato messo a punto dalla ricercatrice  italiana Barbara Ensoli dell'Istituto Superiore di Sanità. Ma cosa è la Tat e quale l’aspettativa per il vaccino? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Enrico Garaci presidente dell'Istituto Superiore di Sanità.

 

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R. – E’ una proteina regolatoria che viene prodotta una volta che il virus infetta la cellula e che è essenziale alla diffusione e alla replica del virus. Quindi, bloccando l’attività di questa proteina con gli anticorpi si ritiene si debba bloccare anche l’infezione. Così almeno parlano gli studi preclinici, effettuati sulla scimmia.

 

D. – 88 persone verranno coinvolte nella sperimentazione: prima 32 volontari e poi 56. Quali sono le fasi?

 

R. – La fase uno, si inizia per valutare la sicurezza del vaccino. Poi, le fasi due e tre, condotte su un numero più ampio di pazienti, servono per valutare l’efficacia. Quindi, noi diamo l’annuncio che, avendo superato tutti gli esami e le prove, che sono molto complesse, abbiamo avuto l’autorizzazione finale. Quindi, inizieremo questa prima fase.

 

D. – Molto ottimismo, ma anche cautela …

 

R. – Certamente. Bisogna aspettare i risultati. L’ottimismo può derivare da quello che è avvenuto a livello preclinico, a livello delle scimmie. Ovviamente, la situazione nell’uomo è diversa. Quindi, aspettiamo i risultati. E’ importante però dire che l’Italia inizia una sperimentazione del genere.

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CHIESA E SOCIETA’

25 novembre 2003

 

INIZIATO CON UNA PREGHIERA NELL’ABBAZIA DI SAN NILO,

L’INCONTRO ECUMENICO DEI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI,

INTITOLATO: “LA PRESENZA DI CRISTO IN MEZZO AI SUOI E IL DIALOGO DELLA VITA”.

TRA I PRESENTI, L’AUSILIARE DI BAGHDAD, SHLEMON WARDUNI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

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ROCCA DI PAPA (ROMA).= L’apertura dell’incontro ecumenico era iniziata ieri sera con una preghiera in molte lingue, in arabo ed aramaico, per invocare la pace per le vittime in Turchia, per il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Metropoliti, vescovi ortodossi, siro-ortodossi, armeno-apostolici, anglicani, evangelico-luterani, cattolici, appena giunti da vari Paesi, hanno invocato l’abbondanza dello Spirito Santo, perché affretti la piena comunione visibile tra le Chiese, come indispensabile contributo, perché in un mondo minacciato dalla divisione e dall’odio possa dilagare la pace nella giustizia. Particolarmente significativo il fatto che quella preghiera sia echeggiata nella splendida cornice greco-bizantina dell’abbazia di San Nilo a Grottaferrata, fondata esattamente 1000 anni fa, quando la Chiesa era indivisa. Ma già dalle prime battute di questa mattina ben si delinea la caratteristica di questo incontro, tutto improntato alla comunione. Lo esprime il titolo: “La presenza di Cristo in mezzo ai suoi e il dialogo della vita”. Quello assunto dai vescovi, infatti, è innanzitutto un impegno di vita. “Sono personalmente convintissimo – ha detto il cardinale Vlk – che senza questa esperienza di comunione profondamente vissuta non può esistere ecumenismo, vero dialogo. Nemmeno il dialogo teologico è fruttuoso”. Una comunione iniziata dal momento delle presentazioni. Toccante quella del vescovo caldeo, ausiliare, patriarcale, di Baghdad, Shlemon Warduni. “Sono molto grato per l’invito. Avevo bisogno per uscire dai bombardamenti di trovare altri bombardamenti, quelli spirituali”. Ricco il programma, pur stilato in poche ore. I vescovi non hanno rinunciato a partecipare, domenica prossima, alla festa di Sant’Andrea apostolo a Costantinopoli. Vi assisterà di persona una rappresentanza dei vescovi. Mentre tutti gli altri seguiranno le celebrazioni in diretta televisiva.

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LA CHIESA LATINOAMERICANA IN PRIMA LINEA NELL’EVANGELIZZAZIONE

DEL CONTINENTE, COME PURE DELL’ASIA E DELL’AFRICA.

L’AFFERMAZIONE DEL CARDINALE SEPE, ALLA VIGILIA DEL CONGRESSO

MISSIONARIO MONDIALE, CHE SI APRE OGGI IN GUATEMALA

 

CITTA’ DEL VATICANO.= “Accogliere la chiamata alla santità da parte di ogni singolo fedele e di tutta la comunità cristiana costituisce la premessa indispensabile perché le Chiese particolari in America assumano responsabilmente e in spirito di solidarietà l’impegno per la missione ad gentes”. Individua così, il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, il significato profondo del secondo Congresso missionario mondiale, che si apre oggi in Guatemala. In una lunga intervista all’agenzia Fides, il porporato ha messo in luce “gli esempi di dedizione senza limiti alla causa del Vangelo” da parte di molti uomini e donne dei Paesi latinoamericani, come quello offerto dallo stesso vescovo ausiliare guatemalteco, Juan Gerardi Conedera, ucciso nel ‘98. Nonostante i suoi molti problemi socioeconomici, l’America Latina, ha proseguito il cardinale Sepe, è oggi un importante “agente” evangelizzatore: “Posso constatare già ora che la Chiesa in America sta dando risposte concrete e efficaci alle esigenze e alle sfide dell’evangelizzazione, non solo all’interno delle proprie frontiere continentali, ma anche al di là del continente. Gradualmente si sta facendo strada l’idea che la povertà economica e di mezzi non concede il diritto di definirsi ‘Chiese che devono essere solamente aiutate’.” Inoltre, ha riconosciuto il prefetto di Propaganda fide, “l’impulso evangelizzatore della Chiesa in America viene anche avvertito in modo crescente, in Asia e soprattutto nel continente africano”. E’ grande “l’apporto offerto da alcuni anni alla crescita della coscienza missionaria, da parte di differenti Istituti religiosi e Società di vita apostolica”, in modo speciale quelli nati in America e consacrati alla missione ad gentes. Segno, ha concluso il cardinale Sepe, di una Chiesa particolare che desidera rinnovare la sua fede donandola agli altri, anche “al di là delle proprie frontiere”. (A.D.C.)

 

 

SI RIACCENDE IL DIBATTITO NEGLI STATI DELL’UNIONE EUROPEA

ALLA VIGILIA DELLA DECISIONE COMUNITARIA

SULLA RICERCA DI CELLULE STAMINALI CONDOTTA SU EMBRIONI UMANI

- A cura di Enzo Farinella -

 

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DUBLINO.= Il voto europeo a favore della ricerca su cellule staminali in embrioni umani divide ancora una volta l’Irlanda, con la Chiesa nettamente opposta alla proposta dell’Unione Europea e con vari parlamentari che si dicono contrari a tale ricerca. Non si tratta solo di quanto accade agli embrioni – ha affermato il cardinale Connell di Dublino- la questione si pone anche per la società, che acconsenta alla distruzione di una vita umana innocente. “E’ una contraddizione – insiste il cardinale – volere salvare vite causando la morte. Per questo io chiedo al primo ministro e al vice primo ministro di assicurare che l’Irlanda prenda una posizione profetica a difesa della vita umana, votando contro questa proposta”, ha detto ancora il cardinale Connell. I parlamentari irlandesi discutono su questo delicato problema e non si sa se la preoccupazione per la salvaguardia della sacralità della persona umana prevarrà sulle considerazioni di ricerche e sviluppi futuri.

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L’INDIGNAZIONE DEI VESCOVI DELL’AFRICA CENTRALE,

PER L’INIQUA DIVISIONE DELLE RISORSE NATURALI IN QUELL’AREA DEL CONTINENTE,

ESPRESSA AL TERMINE DI UN SEMINARIO DI STUDIO IN CIAD

 

N’DJAMENA.= I vescovi dell’Acérac, l’Associazione delle Conferenze episcopali della regione dell’Africa centrale, si sono detti “indignati” per la gestione iniqua delle risorse naturali negli Stati africani centrali, afflitti da cronica povertà. La presa di posizione è emersa durante i lavori di un seminario svoltosi a N’Djamena, capitale del Ciad. Nel documento finale, i partecipanti all’incontro di studio hanno sottolineato l’impegno intrapreso dal Ciad su queste tematiche. Nel testo si ricorda che il Paese africano, divenuto ufficialmente quest’anno produttore di petrolio, ha emanato una legge sulla gestione delle proprie risorse petrolifere, in base alla quale oltre l’80% dei ricavi è destinato ai settori sociali come educazione e sanità, oltre che allo sviluppo delle infrastrutture. Le autorità del Ciad hanno inoltre istituito un collegio di sorveglianza per l’applicazione di queste norme. Un complesso di iniziative che l’Acérac ha esortato ad assumere e rendere operative anche negli altri Stati dell’Africa centrale, ispirandosi alla legge in vigore in Ciad per l’emanazione di “normative trasparenti in materia di gestione delle risorse naturali”. L’Associazione ha anche invitato la società civile a impegnarsi “per formare e rendere cosciente la popolazione” e ha fatto appello ai governi perché agiscano con intenti positivi. (A.D.C.)

 

 

RIPENSARE LA FINANZA DAL PUNTO DI VISTA ETICO,

IN RAPPORTO ALL’UOMO E ALLA SUA DIGNITA’.

L’INVITO RIVOLTO IERI DAL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI

IN UN INCONTRO CON ALCUNI DEI MASSIMI DIRIGENTI FINANZIARI ITALIANI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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MILANO. = “Non è l’uomo per la finanza, ma la finanza per l’uomo”. Usa una parafrasi di chiaro sapore evangelico il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, davanti ad una platea di massimi dirigenti finanziari italiani. Il porporato ha partecipato ieri sera ad un incontro svoltosi al Centro congressi Cariplo, dove ha parlato dei rapporti tra etica e mondo finanziario, con un intervento intitolato “Orientamenti morali dell'operare nel credito e nella finanza”. Di fronte ai presidenti di vari istituti bancari (Unicredit, Banca Intesa, Mediobanca), al presidente di Borsa Italiana Angelo Tantazzi, alla dirigente della Banca d'Italia, Maria Ceppi, e al responsabile economico della Margherita, Enrico Letta, il cardinale Tettamanzi ha affermato: “Al centro della finanza ci deve essere l’uomo nella totalità dei suoi valori. C’è un’espressione evangelica che dice: ‘non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo'. La si può tradurre: 'non e' l' uomo per la finanza, ma la finanza per l'uomo'”. Secondo il massimo responsabile dell’arcidiocesi ambrosiana, “occorrerebbe ripensare” a un nuovo equilibrio tra finanza, produzione, lavoro. “Quanto più gli operatori finanziari hanno un alto grado di collocazione - ha osservato - tanto più cresce la loro responsabilità di promuovere, proprio grazie alla finanza e al credito, tutte le esigenze dell’uomo. Pensandolo, però, sempre non soltanto in se stesso, ma profondamente inserito nella società. In questo senso forse - ha sottolineato il porporato - occorrerebbe ritrovare un equilibrio più profondo all'accentuazione molto forte che in questi ultimi tempi ha ricevuto la finanza e il mondo della produzione, quindi anche dell'economia reale, del lavoro”. “So di formulare un principio generale – ha concluso il cardinale - ma questo non è affatto generico. E' un principio molto concreto e molto stimolante se noi facciamo continuamente il confronto fra i diritti e i doveri che ha la persona, che ha la società, e quanto responsabilmente la finanza e il credito sono chiamati a realizzare a favore, per sostenere e promuovere la dignità personale”.

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24 ORE NEL MONDO

25 novembre 2003

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

La comunità internazionale continua a guardare con preoccupazione l’evoluzione della crisi in Georgia, in piena fase di transizione dopo l’uscita di scena del presidente Shevardnadze. Il ministro degli Esteri russo, Ivanov, ha definito oggi “non del tutto democratiche” le circostanze in cui l’ex capo di Stato georgiano si è dimesso ed ha esortato i nuovi dirigenti a “mantenere la situazione nel quadro del diritto”. E mentre le autorità hanno annullato le recenti elezioni, il parlamento  georgiano, riunito a Tbilisi, ha deciso oggi la data delle elezioni presidenziali che si terranno il 4 gennaio prossimo. Ci riferisce Giuseppe D’Amato:

 

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La Corte Costituzionale ha parzialmente accolto la richiesta dell’opposizione riguardante le contestate elezioni del 2 novembre ed ha annullato i risultati del voto con il sistema proporzionale, quello con le liste dei partiti. Gli esiti con il sistema maggioritario dovrebbero invece rimanere validi. Intanto il presidente ad interim, Burdzhanazde, ha affermato che la situazione economica è peggiore di quanto si pensasse e il Paese è vicino al collasso. La Georgia ha chiesto agli Stati Uniti 5 milioni di dollari per pagare le spese per le nuove elezioni. Nel frattempo la Repubblica autonoma dell’Adzharia ha dichiarato lo stato di emergenza ed ha mobilitato le forze armate. Dopo 120 anni di vita in comune c’è il serio rischio della secessione. Il leader adzhario, Abashidze, non ne vuol sapere di scendere a patti con la nuova leadership nazionalista di Tbilisi.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Tra i motivi di tensione nella regione caucasica, anche la situazione in Cecenia, che fa registrare un’impennata delle violenze nelle ultime 48 ore. Teatro degli scontri fra le forze armate russe e la guerriglia indipendentista è villaggio di Serzen-Iurt, nella regione meridionale di Shali, dove sarebbero state uccise decine di persone.

 

In Iraq continuano le tensioni e le violenze in concomitanza con la fine della ricorrenza islamica del Ramadan. Tre iracheni sono rimasti feriti dallo scoppio di un ordigno all’entrata del principale albergo di Kirkuk, nel nord-est dell’Iraq, residenza di numerosi stranieri. Tre iracheni sono stati poi uccisi oggi da soldati americani presso Falluja, 60 chilometri ad ovest di Baghdad, mentre sembra stessero innescando una mina su un’autostrada. Ferito lievemente un soldato italiano a Nassiriya, colpito da un proiettile di ricaduta d’arma leggera.

 

E negli Stati Uniti aumentano gli stanziamenti militari. Il presidente Bush ha firmato ieri la legge di spesa di 401 miliardi di dollari per la Difesa. La normativa, tra le varie cose, prevede un aumento del 4 per cento del salario per il personale militare. Si tratta di uno stanziamento separato rispetto al pacchetto di 87 miliardi e mezzo di dollari che il capo della Casa Bianca ha varato all'inizio del mese, oltre due terzi  per le operazioni militari in Iraq ed Afghanistan ed il resto per la ricostruzione in Iraq.

 

Prosegue la visita in Israele del vicepremier italiano Gianfranco Fini. Stamani, il presidente di Alleanza Nazionale ha incontrato i vertici della Knesset, il parlamento ebraico. Fini, che ieri ha definito “infami” le leggi razziali del ’38 ed ha condannato esplicitamente il fascismo e la repubblica di Salò, ha sottolineato oggi che “condannare significa assumersi una responsabilità”. Sempre nel corso della mattinata, Fini ha piantato, nel “Bosco della pace”, un albero in memoria dei caduti italiani a Nassiriya. Sul significato politico della visita del leader della destra italiana a Gerusalemme, Alessandro Gisotti ha raccolto l’opinione del prof. Agostino Giovagnoli, storico dell’Università Cattolica di Milano:

 

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R. – Fini viene dal Movimento Sociale Italiano, partito che si collegava esplicitamente al fascismo nella sua duplice veste: cioè il fascismo-regime e poi anche il fascismo di Salò, che voleva tornare all’idea rivoluzionaria delle origini. Ora, Fini ha voluto prendere posizione rispetto ad entrambi questi aspetti, condannando un elemento qualificante del fascismo regime, cioè le leggi razziali del 1938, e anche condannando l’appendice rivoluzionaria rappresentata da Salò. Si tratta di una rottura totale con l’esperienza del Movimento sociale italiano.

 

D. – Per la politica italiana, quale significato ha il percorso iniziato da Fini a Fiuggi nel 1995 e conclusosi in questi giorni con la visita a Gerusalemme?

 

R. – Certamente ha il significato di legittimare pienamente Alleanza Nazionale come forza politica accettabile nel quadro della Costituzione repubblicana. Va detto che questa rottura sarebbe dovuta avvenire dieci anni fa, nel senso che oggi completa - come giustamente lei dice - un percorso, che in realtà sarebbe stato opportuno già completare 10 anni fa nel momento del passaggio dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale. Sotto questo profilo è una mossa molto importante, però per un certo verso tardiva.

 

D. – Molti riconoscono Fini come un leader autorevole, ma non seguito fino in fondo dalla base del partito. E’ prevedibile una rottura a lungo andare?

 

R. – Credo di no. Occorre che la svolta di Fini venga recepita dal partito e soprattutto che nel suo complesso questa, come altre forze politiche, si pongano i problemi nuovi all’interno del contesto della globalizzazione.

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“Israele non vuole l’applicazione della road-map”. Dal suo quartier generale di Ramallah, il presidente palestinese, Arafat, è tornato ad accusare il premier israeliano, Sharon, invocando l’arrivo nella regione di osservatori dell’Onu. La Germania ha intanto respinto la richiesta di acquisto di due sottomarini avanzata dallo Stato ebraico: Berlino teme che i sommergibili possano essere armati con testate nucleari.

 

In Irlanda del Nord sono oltre un milione i cittadini chiamati alle urne domani, per eleggere i 108 deputati dell’Assemblea locale. Si tratta della seconda consultazione generale dopo gli accordi di pace dell’aprile del 1998. Le istituzioni di autogoverno, guidate da David Trimble e formate da rappresentanti unionisti e repubblicani, vennero poi più volte sospese dalle autorità britanniche a causa dei profondi disaccordi tra le parti sulla questione della smilitarizzazione dell’Ira, l’Esercito repubblicano irlandese. Ma quali sono ancora i nodi da sciogliere per una pacifica convivenza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. John Mc Areavey, vescovo di Dromore:

 

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R. – La cosa che manca ancora è la fiducia reciproca. In questo momento ci troviamo in una situazione, per così dire, di dopo guerra. Stiamo quindi provando ad uscire da 30 anni di conflitto e questo è molto difficile. I maggiori ostacoli ad esempio, sono per quei ministri, che si sono trovati opposti per 30 anni, lavorare ora insieme.

 

D. – Le due Chiese locali che cosa stanno facendo affinché in Nord Irlanda si cominci un’epoca di reale democrazia e di pacifica convivenza?

 

R. – Le Chiese cercano di collaborare al massimo, per riuscire a creare una atmosfera di pace e di riconciliazione della nostra società. Come è possibile fare questo? Ieri mattina, ad esempio, mi trovavo a Belfast con il mio collega vescovo anglicano, col quale abbiamo discusso su come organizzare – a partire dal nuovo anno - incontri fra il clero anglicano e il clero cattolico nella nostra diocesi. Già in gennaio, poi, nella Settimana di preghiera per l’unità della Chiesa, avremo degli incontri per pregare per la pace e per l’unità dei cristiani. Speriamo che questi sforzi avranno – come sento – la possibilità di creare una società più unità e più vivibile.

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Nonostante l’ingresso dei ribelli nel governo, il Burundi non riesce ancora a trovare la pace. Le Forze nazionali di liberazione – un gruppo minoritario di guerriglieri, che non ha accettato l’intesa tra il governo e le Forze per la difesa della democrazia – hanno sparato nella notte colpi di mortaio contro il palazzo presidenziale, a Bujumbura. Fortunatamente, l’attacco non avrebbe provocato vittime.

 

Inizierà alla mezzanotte di oggi il cessate-il-fuoco provvisorio alla frontiera tra India e Pakistan, divisi dalla disputa territoriale sul Kashmir. Lo ha annunciato stamani il ministero degli Esteri indiano, precisando però che una tregua totale sarà possibile solo se Islamabad riuscirà a bloccare le infiltrazioni in kashmir della guerriglia islamica.

 

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