RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 327 - Testo della Trasmissione di domenica 23 novembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Oggi solennità di Cristo Re, il Papa all’Angelus invita tutti i cristiani a collaborare alla costruzione del Regno di Dio

 

Ieri sera  in Vaticano il concerto dell’Associazione Italiana Santa Cecilia, alla presenza del Papa, e  oggi nella Basilica vaticana Santa Messa presieduta dal cardinale Angelo Sodano, nel giorno del suo 76° compleanno, in occasione del centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” di san Pio X e di quello dell’associazione musicale

 

Chiusa ieri la plenaria di Cor Unum: intervista a mons. Karel Kasteel.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Elezioni parlamentari oggi in Croazia: intervista con Federico Eichberg

 

Le scuole interetniche di Sarajevo sono una dimostrazione della possibile convivenza nella diversità religiosa e culturale: ce lo spiega mons. Pero Sudar

 

Con una solenne celebrazione nella cattedrale, si apre oggi a Belluno la Causa diocesana per la beatificazione di Papa Luciani. Con noi, mons. Vincenzo Savio

 

“Come parla il potere?”, il nuovo libro di Paolo Scandaletti: ce ne parla l’autore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella festa di Cristo Re, i vescovi filippini consacrano al Sacro Cuore l’intero Paese

 

Dramma immigrazione: ancora sbarchi sulle coste siciliane

 

Il Fondo Monetario premia la lotta alla corruzione: riattivati i canali di finanziamento per il Kenya, interrotti da tre anni

 

Grande mobilitazione in Basilicata contro la costruzione del deposito nazionale di scorie radioattive

 

Epidemia di colera in Mali: minacciate oltre mezzo milione di persone.

 

24 ORE NEL MONDO:

Non cessano le violenze in Iraq: due soldati americani sgozzati a Mossùl

 

L’ex repubblica sovietica della Georgia nel caos: la guardia nazionale si schiera con la piazza contro il presidente Shevardnadze

 

Oggi elezioni in Hong Kong.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 novembre 2003

 

OGGI SOLENNITA’ DI CRISTO RE, IL PAPA ALL’ANGELUS  INVITA I CRISTIANI

A COLLABORARE ALLA COSTRUZIONE DEL REGNO DI DIO

 

Oggi, ultima domenica dell’Anno liturgico, il Papa ha dedicato l’Angelus  alla solennità di Gesù Cristo, Re dell’universo, invitando i cristiani a collaborare alla costruzione del Regno di Dio. Migliaia i pellegrini giunti in piazza San Pietro da tutto il mondo. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Giovanni Paolo II non fa che ribadire quanto detto nella sua prima enciclica Redemptor Hominis del 1979: “Gesù Cristo è “centro del cosmo e della storia”. Il disegno di Dio è “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” : Occorre dunque  guardare a Colui che la liturgia orientale chiama il “Pantocrator”, cioè “Onnipotente” e, in questo contesto, afferma il Papa:

 

“Assume pieno rilievo la missione dei credenti, chiamati a cooperare, nella varietà dei ministeri e dei carismi, alla costruzione del suo Regno”.

 

Tutti i cristiani sono perciò chiamati a costruire il Regno di Dio, che è Regno di amore, pace e giustizia. E accanto a Gesù, Re dell’universo, ha aggiunto il papa, contempliamo Maria, la Madre del Re, che perciò invochiamo come Regina del Cielo e della Terra.

 

“Sia Lei ad aiutarci nel fare della nostra vita un cantico di lode e di fedeltà a Dio, santo e misericordioso”.

 

Il Pontefice ha quindi salutato i numerosissimi partecipanti al Congresso di Musica Sacra dell’Associazione Santa Cecilia, organizzato a Roma nel centenario del Motu proprio “Tra le sollecitudini”, col quale san Pio X emanò un’importante Istruzione sulla musica sacra. Giovanni Paolo II ha espresso riconoscenza a quanti mettono al servizio della liturgia i loro talenti e le loro competenze musicali. Il Papa ha salutato poi anche i Wiener Philarmoniker, i musicisti di San Pietroburgo e i coristi degli Stati Uniti d’America giunti a Roma per il Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra.

 

E infine rivolgendosi ai pellegrini polacchi ha  ricordato che “domani ricorre il  65.mo anniversario del lavoro apostolico della Sezione Polacca della Radio Vaticana. Il mio pensiero – ha detto -  va a tutti i giornalisti, che in questi anni con dedizione e sollecitudine anno proclamato il Vangelo in polacco”.

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IL CONCERTO IERI IN VATICANO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA,

ALLA PRESENZA DEL PAPA

 

 

“Verso l’incontro con Cristo con la festosità del canto e della musica”. Questo l’invito del Santo Padre al termine del concerto ieri in Aula Paolo VI che gli è stato dedicato dall’Associazione Italiana di Santa Cecilia nel giorno in cui i musicisti festeggiano la loro patrona. Celebrazioni che si sono svolte anche all’insegna del centenario della firma del Motu Proprio Tra le sollecitudini di San Pio X e concluse stamane con una festosa celebrazione eucaristica nella Basilica Vaticana accompagnata dalle Scholae Cantorum e presieduta dal cardinale Angelo Sodano in occasione del suo compleanno. Il servizio è di Luca Pellegrini:

 

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Santa Cecilia, martire e per tradizione millenaria patrona della musica e dei musicisti, assume un compito particolare per Giovanni Paolo II: “Invita i credenti a camminare vigilanti verso l’incontro con Cristo, allietando il pellegrinaggio terreno con la festosità del canto e della musica”.

 

Queste le parole del Papa al termine del concerto di ieri in Vaticano che l’Associazione Italiana Santa Cecilia gli ha dedicato in un giorno di autentica festa per la musica e in occasione del centenario della firma del Motu Proprio Tra le sollecitudini col quale San Pio X ridefiniva pastoralmente i rapporti tra la musica sacra, quella liturgica e il dovere “di mantenere e promuovere il decoro della Casa di Dio”. Nell’ambito delle manifestazioni commemorative si è tenuto in questi giorni anche il 27. mo Congresso nazionale di Musica sacra e sono convenuti a Roma oltre ventimila tra cantori, parenti ed accompagnatori, sacerdoti, direttori ed organisti, impegnati tutti, a livello di Chiesa locale, a mantenere vivi gli impegni costitutivi della centenaria Associazione di Santa Cecilia.

 

Tra questi preme sottolineare la difesa e la promozione del canto liturgico ed il sostegno alle Scholae Cantorum, che tanta parte hanno avuto e dovrebbero avere nell’animazione liturgica con l’esecuzione della polifonia classica e moderna, vero patrimonio perenne dell’arte e della Chiesa. Scholae che ancora sono, probabilmente, alla ricerca di un loro preciso servizio a seguito della riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II.

 

Le corali hanno, inoltre, nella mattinata di oggi, accompagnato con entusiasmo e la ricchezza del loro repertorio la celebrazione di una festosa messa nella Basilica Vaticana, presieduta dal cardinale Angelo Sodano, il quale proprio oggi festeggia i suoi settantasei anni. Un rendimento di grazie al Signore che si eleva come autentico canto ed inno di lode. Così come ha fatto Lorenzo Perosi nel corso della sua intera vita. Fu Maestro perpetuo della Cappella Sistina dal 1902 al 1956, anno della morte, indimenticabile e prolifico compositore e fervente cultore della musica sacra. Potrebbe ancora oggi contribuire a formare e tenere viva una cultura, una coscienza e un interesse verso la produzione sacra.

 

Giustamente il concerto di ieri nell’Aula Paolo VI prevedeva l’esecuzione della sua Passione di Cristo secondo San Marco, diretta da PierAngelo Pilucchi alla guida dell’Orchestra Sinfonica di Gessate. Scritta nel biennio 1895-1897, si tratta di una trilogia sacra per quattro voci maschili, coro e orchestra, suddivisa negli episodi della cena del Signore, l’orazione al Monte e la morte del Redentore. Punto di partenza dell’ispirazione è sicuramente la passione bachiana, che si avverte soprattutto nella struttura generale e nella scrittura delle fughe corali con le quali le tre parti hanno termine. Ma Perosi riesce nell’impresa di mirabilmente fondere l’antico col moderno: nei momenti lirici, soprattutto nelle arie di Cristo, assume spunti e colori assai più vicini al melodramma italiano e francese, con rimandi soprattutto alla cosiddetta “giovane scuola italiana”, nella quale spiccano i nomi di Puccini e di Mascagni.

 

Perosi ci suggerisce con la sua opera e la sua testimonianza quanto siano oggi necessari sia un approccio più meditato e consapevole alla musica sacra e liturgica che una rinnovata collaborazione tra la Chiesa ed i compositori, per inaugurare così una nuova, felice stagione al servizio di una liturgia fervorosa, luogo privilegiato della preghiera, dell’arte e della inculturazione della fede.

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CHIUSA LA PLENARIA DI COR UNUM

- Intervista con mons. Karel Kasteel -

 

 

Si è chiusa ieri in Vaticano la 25.ma assemblea plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum, il dicastero istituito da Paolo VI nel 1971 con lo scopo di operare nel campo degli aiuti umanitari. Al centro dei lavori, il tema: “La dimensione della religione nella nostra attività caritativa”. Durante la plenaria si è analizzato anche il problema dei  finanziamenti esterni che possono limitare l’indipendenza e la libertà decisionale delle agenzie umanitarie cattoliche. Ma che differenza c’è tra filantropia e carità? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario di Cor Unum, mons. Karel Kasteel:

 

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R. – Penso al Buon Samaritano, penso al Vangelo: c’è un plusvalore nel Vangelo che fa sì che per noi la carità cristiana, che è il primo precetto che il Signore ci ha dato, permetta a noi di voler bene a tutti quanti, anche a quelli che non ci vogliono bene, anzi amare i nemici è uno dei più grandi doveri del cristiano: noi aiutiamo tutti quelli che hanno bisogno perché in tanti Paesi aumentano i poveri ...

 

D. – Da dove arrivano gli aiuti della Chiesa cattolica?

 

R. – Molti aiuti vengono da doni dei fedeli ed è straordinario constatare quanto siano generosi i fedeli in tutto il mondo.

 

D. – C’è un’intensa collaborazione tra le Chiese cristiane nel campo umanitario?

 

R. – Direi di sì. E’ uno dei compiti che Paolo VI affida al nostro dicastero; un compito ecumenico per far sì che la dottrina sociale della Chiesa, che è condivisa in gran parte anche dai protestanti, sia veramente attuata. In altre parole, che non siano solo parole ma anche fatti.

 

D. – Quali difficoltà incontrate, oggi, nel sostegno alle popolazioni in difficoltà?

 

R. – Diverse difficoltà. La prima è che bisogna coordinare bene gli aiuti. Come si sa, non vi è nulla di più difficile che far bene il bene, soprattutto quando ci sono delle catastrofi o quando bisogna intervenire in modo non previsto come in Afghanistan o in Iraq o in altri Paesi. Allora: dal momento in cui si sa quali sono i bisogni, si agisce immediatamente. E devo dire che in questo è formidabile la grande rete che si chiama Caritas Internationalis.

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 novembre 2003

 

ELEZIONI PARLAMENTARI OGGI IN CROAZIA

- Intervista con Federico Eicberg -

 

Si sono aperti questa mattina in Croazia i seggi per l’elezione del nuovo parlamento monocamerale, nel quarto scrutinio dall’indipendenza nel 1991. Sono circa 4 milioni e 400 mila gli elettori che dovranno scegliere 150 deputati tra i 5 mila candidati di 67 partiti e coalizioni. Si vota con il sistema proporzionale con lo sbarramento del 5%. Si contendono la vittoria la coalizione di centrosinistra del premier uscente Ivica Racan e i partiti del centrodestra guidati da Ivo Sanader, erede dello scomparso presidente Franjo Tudjman. I vescovi croati in un messaggio hanno invitato il Paese a superare definitivamente i residui dell’ex regime comunista, a porre più attenzione ai poveri e alla famiglia, e a guardare all’integrazione europea. Ma sul significato di queste elezioni Giancarlo La Vella ha sentito il prof. Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica.

 

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R. – Credo che si tratti delle prime consultazioni dell’era post-tudjmaniana. Tudjman ha rappresentato l’unità del Paese, l’identità del Paese per tanti anni e le scorse consultazioni si erano svolte quando Tudjman era negli ultimi giorni di vita, e questo evento condizionò moltissimo le elezioni. Queste rappresentano in qualche misura il primo vero momento in cui le fazioni si confrontano non su temi appunto legati a questa figura, ma legata a temi concreti. Quindi ci si attende innanzitutto che le coalizioni si formino in maniera più omogenea e poi che si formino su contenuti. La cosa è avvenuta, il confronto elettorale è molto serrato e le due coalizioni, ad oggi, sembrano molto prossime al 40%. Decisivo sarà probabilmente il ruolo del partito di destra del leader Japic, se si schiererà effettivamente con l’ex partito di Tudjman e il partito di Budicia, o se resterà fuori da questa coalizione. Ad oggi, i due blocchi sono molto vicini e i temi della campagna elettorale sembrano quelli di una democrazia matura.

 

D. – La Croazia, tra i Paesi dell’ex Jugoslavia, sembra essere quello più stabile?

 

R. – La Croazia dovrà, innanzitutto, dare prova di maturità rispetto ai Paesi dell’area. Negli ultimi due anni, le elezioni di tutti i Paesi dell’area – dalla Bosnia Erzegovina all’Albania, dalla Serbia Montenegro alla Macedonia – hanno registrato un’affluenza molto bassa. Il che è chiaramente sintomatico di una scarsa affezione da parte dell’elettorato. La Croazia dovrà innanzitutto dare prova di maturità con una maggiore partecipazione al voto; dovrà dare anche una maggiore prova di un desiderio concreto di avvicinarsi all’Unione Europea, per esempio rivedendo alcune sue posizioni come quella relativa allo spazio marittimo di pesca: la Croazia ha unilateralmente dichiarato, segnando un momento innovativo rispetto alle procedure classiche dell’Unione Europea, che sono multilaterali. Ci si aspetta che il nuovo governo possa assumere delle decisioni più in linea con l’orientamento multilaterale europeo e di maggiore apertura verso i propri vicini. Però, va detto che su quest’ultimo punto la Croazia ha davvero fatto consistenti passi in avanti. Ci si aspetta che questo possa portare beneficio a tutta l’area, Serbia compresa. I tempi sono chiaramente legati a logiche interne; speriamo però che elezioni ben condotte e all’insegna del rispetto reciproco tra le fazioni portino anche il nuovo governo croato ad un maggiore rispetto di alcune indicazioni che l’Unione Europea sta fornendo.

 

D. – C’è la possibilità di un certo ritorno al passato?

 

R. – La Croazia presenta delle fazioni politiche estremamente mature. Quindi, la Croazia non sembra sull’orlo di un ritorno al passato. Quello che sicuramente è importante sottolineare è che la scarsa affluenza alle urne di tutti gli altri Paesi – speriamo non della Croazia – solitamente apre la strada a personaggi che invece sanno riproporre temi politici piuttosto incendiari. Quindi bisognerà far sì che i popoli di quest’area riscoprano il gusto di una politica e di un confronto democratico veri, concreti su fatti che poi si realizzano e non sulle promesse non mantenute degli ultimi anni da parte di molti esponenti politici, perché questo potrebbe effettivamente aprire la strada a ritorni nostalgici autoritari o comunisti.

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LE SCUOLE INTERETNICHE DI SARAJEVO:

UNA DIMOSTRAZIONE DELLA POSSIBILE CONVIVENZA

NELLA DIVERSITA’ RELIGIOSA E CULTURALE

- Intervista con mons. Pero Sudar -

 

“La pace nasce dall’accettazione degli altri per quello che sono; chi è cristiano non può considerare giusta nessuna guerra”. Sono alcune affermazioni contenute nel testo “Convivere per vivere” di mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo. Il libro racconta l’esperienza delle scuole interetniche in Bosnia, un progetto educativo nato nei drammatici anni ’90 ,che vede in un’unica aula scolastica ragazzi appartenenti a religioni ed etnie diverse. A mons. Sudar Paolo Ondarza ha chiesto di raccontare la sua esperienza durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina.

 

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R. – Non è facile tornare con la mente  a quei giorni, a quegli anni, quando l’odio aveva convinto tutti che solo con la violenza ci si può difendere dalla violenza. In questo senso, si è tentati di credere che un’alternativa non ci sia, però anche in mezzo a questo buio c’è tanta gente che desidera la vittoria del bene!

 

D. – Nella sua esperienza, in particolare, la fondazione delle scuole interetniche a Sarajevo ...

 

R. – Si tratta di un’iniziativa che è maturata proprio durante la guerra, per convincere prima di tutto i pochi cattolici che erano rimasti a Sarajevo a rimanere, dando loro la possibilità di mandare i loro ragazzi in una scuola dove non sarebbero stati maltrattati; allo stesso tempo abbiamo pensato che non fosse giusto dare questa possibilità solo ai cattolici, solo ai croati: abbiamo provato a proporla anche ad altri promuovendo anche la nostra convinzione: non è possibile accettare la divisione etnica. E con nostra sorpresa, le iscrizioni hanno superato di tre volte le nostre aspettative e la reale capienza dell’edificio. Si iscrivevano alunni tu tutte le religioni e le etnie.

 

D. – Quindi dalla differenza tra religioni può scaturire una convivenza pacifica che si può imparare addirittura tra i banchi di scuola?

 

R. – Le scuole sono oggi 13 nella nostra diocesi, e ospitano 4.090 alunni dimostrando che questo è possibile.

 

D. – Che età hanno, gli alunni?

 

R. – Cominciano in terza media, fino alla maturità.

 

D. – E i genitori come reagiscono?

 

R. – Sono molto soddisfatti; le nostre scuole non hanno veramente un posto libero.

 

D. – Spostandoci sullo scenario attuale: in che modo si può uscire dal vortice della violenza?

 

R. – Non possiamo cedere. Non è vero che questi fatti rappresentano la tendenza maggioritaria. Questi– se si paragonano a tutto ciò che si fa a favore della convivenza, della pace – sono veramente episodi isolati. Questo non significa che siano meno pericolosi: ma non è questo il messaggio delle religioni; l’islam non sostiene la guerra come metodo per imporre la fede. Poi, nessun uomo che creda in Dio può fare del male ad altri uomini, perché Dio ha creato tutti. Si tratta veramente di una strumentalizzazione dei sentimenti religiosi, con cui si vogliono risolvere altri problemi.

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SOLENNE CERIMONIA NELLA CATTEDRALE DI BELLUNO

PER L’APERTURA DELLA CAUSA DIOCESANA DI BEATIFICAZIONE

DI PAPA ALBINO LUCIANI

- Intervista con il vescovo di Belluno, mons. Vincenzo Savio -

 

Solenne cerimonia oggi nella cattedrale di Belluno per l’apertura ufficiale della Causa diocesana di beatificazione di Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, papa per 33 giorni nel 1978. Alla celebrazione partecipano il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei santi, e il vescovo della diocesi di Belluno-Feltre, mons. Vincenzo Savio. Ma come si è arrivati a questo momento solenne? Adriana Masotti l’ha chiesto allo stesso mons. Savio:

 

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R. – Da molti anni, c’era una forte insistenza da parte della gente: qualcosa come 300 mila firme, anche da parte degli episcopati – per esempio, l’episcopato brasiliano per intero – che bussavano alla porta per chiedere che fosse messo come testimone di santità nella Chiesa e nel mondo, Albino Luciani. Questa insistenza ci ha determinati a pensare che fosse un segno che Dio ci mandava, e quindi abbiamo domandato a Roma. E Roma è stata attenta a questa richiesta ed ha affidato alla diocesi di Belluno-Feltre questa opportunità.

 

D. – In base a quali testimonianze, a quali fatti si è potuta aprire questa causa?

 

R. – Papa Giovanni Paolo II, nella Novo Millennio Ineunte, come punto programmatico per il nuovo millennio, parla della santità ordinaria, di questo profilo alto della vita che però fa sì che la santità non sia un fatto eccezionale; e proprio quasi affianco a questa indicazione è emersa subito la figura di Papa Luciani il quale non si presenta per qualcosa di straordinario, non è l’uomo delle grandi fondazioni, non è l’uomo dei miracoli, non è l’uomo delle grandi opere; è stato l’uomo della ordinaria vita di un cristiano che lui ha vissuto nella sua esemplarità di ragazzo, di giovane, di prete, di vescovo e poi di papa, ma che ha vissuto così, molto tranquillamente. Allora, mi pare che poi quello che lui ha tradotto nella indicazione della humilitas, dell’umiltà messa anche nel suo motto come emblema della sua vita, cioè: stare dentro la storia facendo sì che la propria vita sia il luogo dove Gesù possa manifestare se stesso attraverso di noi. Al primo posto, servire la volontà di Dio. A volte pagando anche amare conseguenze, a volte con difficoltà. Ma con assoluta generosità e fedeltà. E’  questa ordinarietà di cose che ci incoraggia a sentire questo profilo nuovo, questo profilo disponibile per tutti.

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“COME PARLA IL POTERE?”: LA RISPOSTA IN UN LIBRO DI PAOLO SCANDALETTI,

EX PRESIDENTE DELL’UNIONE CATTOLICA DELLA STAMPA ITALIANA

- Interviste con Massimo Milone, Corrado Augias, Fabrizio Ferragni e Paolo Scandaletti -

 

“Come parla il potere?”: è  l’interrogativo che pone il titolo del libro edito da Sperling e Kupfer, firmato da Paolo Scandaletti, giornalista, docente univer-sitario ed ex presidente dell’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa. Ce ne parla Roberta Gisotti:

 

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 La risposta è complessa: piovono critiche sui politici, le istituzioni ed anche sugli operatori dell’informazione. Comunicazioni pubblica e politica sotto accusa in un Incontro ospitato a Roma dall’Unione cattolica della stampa italiana. Massimo Milone, presidente dell’Ucsi:

 

“E’ una professione che sta cambiando; sta cambiando pelle velocemente. Esigenza di qualificazione ulteriore, accesso alla professione diversa e quindi presto riforma dell’Ordine dei giornalisti – Ordine datato 1963 – e sullo sfondo, recupero dei valori etici. Peraltro, dobbiamo chiedere alla politica di fare un passo indietro”.

 

Ma la stampa italiana negli ultimi anni ha fatto i conti con una crescente concentrazione delle proprietà non solo in campo televisivo ma anche nei media di carta, ha lamentato Corrado Augias:

 

“Si lede quel principio che è il pluralismo, il quale non è un principio astratto. Mi chiedo molto, quando vedo soprattutto i telegiornali: a) ignorare le notizie: addirittura in qualche caso falsificare le notizie; b) quando vedo dare le notizie ma in maniera tale che una persona ‘normale’ non le capisca. Poi, se le capiscono soltanto i tecnici della politica o dell’informazione, è come non averle date”.

 

Condizionamenti ci sono, ha ammesso Fabrizio Ferragni, vicedirettore del Tg1, ma è necessario ridare briglia alle redazioni per ritrovare l’entusiasmo di fare giornalismo:

 

“In questa fase ritengo che se appunto ci fosse più spazio per l’inchiesta televisiva, per una maggiore libertà di movimento professionale, ne trarrebbe vantaggio tutto il sistema, non solo dell’informazione ma il sistema civile di per sé. Naturalmente, il giornalista questo spazio deve anche poterselo conquistare con la propria personalità, con la propria preparazione, andando un po’ all’essenza del suo lavoro che è la ricerca della notizia senza andare a condirla con ingredienti che vanno a deteriorarla”.

 

E la politica che colpe ha nel fare informazione? Paolo Scaldaletti:

 

“Eh sì, critiche fondate, perché il potere parla secondo i propri interessi, secondo il gioco interno della classe politica, dell’ambito politico. Difficilmente si apre e racconta ciò che non gli conviene. La dialettica con i giornalisti, con il mondo dei media, dovrebbe essere proprio su questo. Prima di tutto sulle tematiche, oltre che sul linguaggio: i temi che interessano la gente e su questi costringere i politici a dire la propria”.

 

Inoltre il dibattito parlamentare spesso si gioca sui dispacci delle agenzie di stampa:

 

“Sì, sulle agenzie di stampa e sui salotti televisivi, con un grande depauperamento della qualità della politica e al limite, ormai pressoché generalizzato, la messa fuori gioco del cittadino. Il cittadino non conta più niente. C’è da interrogarsi sulla qualità di questa democrazia che stiamo vivendo”.

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CHIESA E SOCIETA’

23 novembre 2003

 

NELLA FESTA DI CRISTO RE I VESCOVI FILIPPINI CONSACRANO AL SACRO CUORE L’INTERO PAESE. UN ATTO DI FIDUCIA NEI CONFRONTI DI UNA SOCIETA’

CHE SI STA DISGREGANDO. LA PROPOSTA ERA EMERSA A META’ NOVEMBRE,

DURANTE L’ULTIMO INCONTRO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FILIPPINA

 

MANILA. = Un nuovo movimento spirituale per dedicare le Filippine al Sacro Cuore. L’Atto verrà proclamato oggi, nella Festa di Cristo Re, a protezione delle famiglie, delle comunità religiose e “del popolo filippino, famiglia di Dio”. L’atto di consacrazione, presentato in una conferenza stampa dal gesuita p. Catalino Arevalo, ha come finalità quella di ridare fiducia ad un Paese che si sta disgregando. Molte “ giovani coppie”, ha detto p. Arevalo, “lasciano le Filippine perché non vedono nessun futuro”. Culmine delle celebrazioni: il 18 giugno 2004, festa del Sacro Cuore, con una speciale consacrazione dei sacerdoti. “Gli eventi recenti e gli sviluppi del nostro Paese  - dicono i vescovi filippini - rivelano i tempi difficili in cui il nostro popolo si sta muovendo. Vi sono crisi su crisi, economiche e politiche, ma vi sono anche correnti che minano la fede profonda del popolo, i valori della famiglia, la nostra vita di comunità, Chiesa e nazione”. Un contesto socio-politico in continua evoluzione, insomma, con eventi che hanno segnato il popolo filippino: un tentativo di colpo di Stato da parte di un gruppo di militari; poi il tentativo di eliminare il giudice della Corte Suprema; poi ancora una grande manifestazione di protesta, con oltre 250 mila poveri e senza tetto che hanno protestato nel centro commerciale di Manila chiedendo le dimissioni del presidente Arroyo. Solo pochi giorni fa la Arroyo ha concesso di lasciare il Paese all’ex presidente Estrada, accusato di corruzione. A minare inoltre il già fragile equilibrio: rapimenti, uccisioni, insicurezza economica; elementi che sommati causano la fuga degli investimenti commerciali verso aree più tranquille dell’Asia. “Tutto questo genera confusione, frustrazione, amarezza fra i filippini” ha commentato p. James Reuter, responsabile della Commissione Mass Media della Conferenza episcopale. (S.S.)

 

 

DRAMMA IMMIGRAZIONE: ANCORA SBARCHI SULLE COSTE SICILIANE.

68 EXTRACOMUNITARI ALLA DERIVA SALVATI DA UN MOTOPESCA

E DA UN GUARDACOSTE. A LAMPEDUSA, ARRIVANO 7 NAUFRAGHI

 MENTRE UN ALTRO NATANTE E’ STATO AVVISTATO IN MATTINATA

 

AGRIGENTO. = Nemmeno le cattive condizioni del mare riescono a frenare gli immigrati. Questa mattina un nuovo sbarco ha rischiato di trasformarsi nell’ennesima tragedia della speranza. A fare da sfondo al salvataggio di 68 clandestini stipati su un  gommone, il Canale di Sicilia, divenuta la rotta obbligata per quanti tentano di giungere sulle coste italiane.  Gli immigrati sono stati soccorsi dal motopesca Domenico Aiello di Mazara del Vallo e da un Guardacoste della Capitaneria di Porto di Pantelleria. I naufraghii sono stati tutti trasbordati per le cattive condizioni del mare sulle due imbarcazioni: 46 sul peschereccio, gli altri 22 sulla motovedetta. Il gommone, non appena finito il trasbordo dei naufraghi, è affondato. Due di loro, secondo quanto hanno riferito via radio i soccorritori, sono in precarie condizioni di salute. I medici dell'ospedale Bernardo Nagar di Pantelleria sono già stati allertati, in attesa del loro arrivo in porto. Alle operazioni di soccorso ha partecipato anche un elicottero della nave Vega della Marina Militare, in servizio di pattugliamento nel Canale di Sicilia. A Lampedusa, invece, sono già arrivati sette immigrati che erano su una barca di quattro metri, soccorsi a due miglia dall' isola. Un' altra settantina di immigrati, su una barca, avvistati a 35 miglia dalla costa, stanno invece, attendendo due motovedette della capitaneria di porto. (S.S.)

 

 

IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE PREMIA LA LOTTA ALLA CORRUZIONE.

RIATTIVATI I CANALI DI FINANZIAMENTO PER IL KENYA, INTERROTTI DA TRE ANNI. CONCESSI A NAIROBI FONDI PER 250 MILIONI DI DOLLARI

 

NAIROBI. = Riaccesi i canali di finanziamento al Kenya. E’ quanto deciso dal Fondo Monetario Internazionale, che ha concesso al governo guidato da Mwai Kibaki prestiti per 250 milioni di dollari. Erano tre anni che Nairobi non riceveva aiuti dal FMI, in seguito alla diffusa corruzione che imperversava in tutti i settori del Paese africano. Autorizzato inoltre un prestito immediato di 36 milioni di dollari in base al “programma per la riduzione della povertà e la facilitazione della crescita economica”, che dovrebbe garantire interessi bassi ai Paesi in via di sviluppo. Grande soddisfazione è stata espressa dal capo dello Stato, che si è detto entusiasta per la decisione dell’istituto finanziario di Washington, affermando di sperare che questo gesto sia seguito anche dai donatori della comunità internazionale. “Il governo – si legge in una dichiarazione della presidenza keniana – ha messo in atto adeguate misure per garantire un uso appropriato dei fondi dei donatori”. Il Fmi e la Banca Mondiale avevano tagliato gli aiuti a Nairobi dopo che il governo dell’ex presidente Daniel Arap Moi si era rifiutato di prendere iniziative contro la corruzione. I detrattori dell’ex capo di Stato, al potere per oltre 25 anni, lo hanno sempre accusato di clientelismo verso i propri famigliari e i componenti del suo gruppo etnico. A dicembre del 2002 Kibaki ha sconfitto Arap Moi alle presidenziali e ha impresso un’accelerata alla lotta alla corruzione. La chiusura dei canali di finanziamento al Kenya era comunque stata duramente criticata da numerose associazioni a livello internazionale, che avevano parlato di aperture di credito non sufficienti a fronteggiare i reali problemi economici dei Paesi del sud del mondo.(S.S.)

 

 

GRANDE MOBILITAZIONE IN BASILICATA CONTRO LA COSTRUZIONE

DEL DEPOSITO NAZIONALE DI SCORIE RADIOATTIVE. 50 MILA PERSONE OGGI SFILANO DA POLICORO A SCANZANO JONICO PER DIRE NO AL DECRETO GOVERNATIVO.

PREGHIERE IN TUTTE LE PARROCCHIE LUCANE AFFINCHE’ LA QUESTIONE SI RISOLVA “NELLA GIUSTIZIA E NELLA PACE”

 

SCANZANO JONICO (MATERA). = E’ il giorno della grande mobilitazione per la Basilicata. Oltre 50mila persone hanno sfilato da Policoro a Scanzano Jonico, nel materano, per dire no al decreto governativo che prevede la costruzione del deposito nazionale di scorie radioattive presso le miniere di salgemma di Scanzano. La manifestazione odierna giunge dopo 9 giorni di blocchi che hanno letteralmente isolato la regione. Presidi di manifestanti hanno, infatti, paralizzato le principali arterie e linee ferroviarie lucane.  Al corteo, aperto dai gonfaloni di tutti i comuni,  si è aggiunto anche il presidente della Regione Basilicata, Filippo Bubbico, accompagnato dai dirigenti sindacali, da parlamentari e da decine di amministratori locali. ''Mi pare proprio evidente - ha detto Bubbico - che la Basilicata è qui, si è fermata e chiede che si torni indietro e che il decreto sia ritirato e siano ripristinate le regole del gioco democratico''. ''Siamo qui presenti per testimoniare solidarietà, vicinanza, coraggio, ad una intera comunità che si sta battendo per una causa giusta” – ha invece detto monsignor Francesco Nolè, vescovo della diocesi di Tursi-Lagonegro- che in rappresentanza della Conferenza episcopale dei vescovi lucani, ha partecipato al corteo. Una mobilitazione che vede coinvolti anche i parroci della regione, che durante l’intera giornata odierna rivolgeranno preghiere perché la questione si risolva “nella giustizia e nella pace” L' arcivescovo metropolita di Potenza, monsignor Agostino Superbo - che prima di giungere nel capoluogo della Basilicata è  stato assistente nazionale dell' Azione Cattolica italiana - ha detto che “non sono state date direttive precise, ma è evidente che né i sacerdoti né i fedeli possono ignorare ciò che accade in questi giorni. La nostra preghiera - ha concluso monsignor Superbo - si rivolge a Dio perché illumini i governanti e sia trovata, nella giustizia e nella concordia, la soluzione più giusta per tutti, non solo per la Basilicata ma per tutta l' Italia”. (S.S.)

 

 

EPIDEMIA DI COLERA IN MALI LUNGO IL FIUME NIGER.

MINACCIATE OLTRE MEZZO MILIONE DI PERSONE. GIA’ 75 I MORTI, CON UN IMPENNATA DELLE VITTIME NELLE ULTIME SETTIMANE.

DAL 2001 AD OGGI 14 PAESI AFRICANI SONO INTERESSATI DALLA MALATTIA

 

BAMAKO. = Settantacinque persone morte; oltre mezzo milione di abitanti a rischio; 212 nuovi malati. Questi i numeri dell’epidemia di colera che sta interessando il Mali. La zona in cui più alto è il rischio di contaminazione è quella lungo il corso del fiume Niger, il terzo del continente africano. Il focolaio della malattia è stato individuato nella zona meridionale del Paese, ma si starebbe diffondendo rapidamente a causa delle abitudini di una popolazione prevalentemente nomade, avvezza a vivere proprio lungo il fiume. L'allarme è stato lanciato dall'organizzazione non governativa “Medici senza frontiere”, che ha inoltre diffuso alcuni dati sui contagi ed i tempi di diffusione dell’epidemia. Da agosto alla metà di novembre, Msf aveva registrato 693 casi di infezione e la morte di 55 pazienti. Il bilancio si è però impennato nell'ultima settimana, durante la quale sono stati scoperti altri venti morti. Le epidemie di colera sono particolarmente diffuse in quelle zone dove le condizioni igienico-sanitarie ancora precarie favoriscono la diffusione di simili infezioni. In Africa dal 2001 ad oggi ben 14 Paesi sono stati interessati dal colera. (S.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

23 novembre 2003

A cura di Dorotea Gambardella -

 

In Iraq, torna a scorrere il sangue nel famigerato ‘triangolo sunnita’ a nord di Baghdad. Tra ieri e oggi, in diversi attentati, sono morte oltre venti persone e altre trenta sono rimaste ferite. I particolari nel servizio di Dorotea Gambardella:

 

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Resta altissima la tensione in Iraq. Secondo quanto riferito da testimoni oculari, due soldati americani sono stati sgozzati oggi a Mossul, nel nord del Paese, mentre erano bloccati nel traffico cittadino. Un altro militare statunitense è morto e due sono rimasti feriti presso Baaquba, a nord di Baghdad, nell’esplosione di una bomba che ha fatto saltare il loro convoglio. Nella stessa zona, ieri, gli attentati a due stazioni di polizia avevano provocato diciotto vittime e oltre trenta feriti. Intanto a Nassiriya, la città irachena sotto il controllo dei soldati italiani, resta alto l’allarme per nuovi attacchi. Lo ha detto il capo della polizia locale, Hassan, che ha anche annunciato alcuni fermi di uomini coinvolti nella strage del 12 novembre. Sul fronte delle indagini, il ministro degli esteri australiano, Alexander Downer, ha reso noto oggi che un connazionale di 45  anni, sospettato di essere un sostenitore del regime dell'ex leader Saddam Hussein, è stato arrestato in Iraq dai soldati britannici. L'uomo, impiegato in una società internazionale, è stato bloccato venerdì durante un raid dei soldati della coalizione contro una casa dove si sarebbero rifugiati partigiani dell'ex presidente. Infine, le autorità curde di Kirkuk hanno annunciato l'arresto di tre cittadini turchi, sospettati di aver organizzato l'attentato suicida, che la settimana scorsa ha provocato quattro vittime nella città dell'Iraq settentrionale.

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Stato di emergenza nella ex repubblica sovietica della Georgia in seguito all'assalto di ieri al Parlamento da parte dell'opposizione, che ha costretto il presidente Eduard Shevardnadze a ritirarsi. La guardia nazionale si è schierata oggi con i ribelli e il leader Mikhail Saakashvili ha incitato la popolazione a prendere il controllo della televisione di Stato e del ministero degli Interni. Sugli ultimi aggiornamenti ci riferisce Giuseppe D’Amato:

 

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Mosca scende in campo in Georgia: il ministro degli esteri russo, Igor Ivanov, sta portando avanti una complessa mediazione facendo la spola tra Shevardnadze e l’opposizione. Si cerca una soluzione costituzionalmente valida, come richiede la Comunità internazionale. Mosca ha dichiarato di essere al di sopra delle parti: due giorni per la mediazione. Georgiani e russi hanno due secoli di storia di convivenza, la stessa fede religiosa ortodossa e non pochi politici in comune: basti un nome, Josip Stalin. Lo stesso Igor Ivanov è nato nel Nord della Georgia. La Russia trema al pensiero di vedere l’ex repubblica sovietica instabile ed in mani ostili, proprio al confine con la Cecenia. Il Caucaso, che è già una polveriera, diventerebbe incontrollabile. Il Parlamento rimane nelle mani dell’opposizione, che da lì conduce un affollato meeting senza sosta. Le strade di Tblisi sono presidiate dalle forze speciali. La Georgia vive un momento difficile dal punto di vista economico; il tasso di disoccupazione rimane alto, come l’emigrazione; le pensioni raggiungono a mala pena i 10 dollari mensili e gli stipendi degli statali i 30. Resta irrisolto il nodo dei 100 mila profughi dell’Abkhazia che spesso manifestano in piazza il loro scontento. Siamo, insomma, davanti alla classica situazione esplosiva. Le prossime ore ci diranno se Shavardnadze sarà in grado di uscirne o la sua stella tramonterà definitivamente.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Urne aperte ad Hong Kong, dove si vota per il rinnovo dei consigli di distretto. Secondo le previsioni, favorita è la coalizione democratica. Il servizio è di Salvatore Sabatino.

 

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Sono oltre due milioni gli aventi diritto al voto ad Hong Kong, che esprimeranno oggi la loro scelta per i 400 rappresentanti che governeranno i 18 distretti di cui è composta la città. Un test importante per la coalizione democratica che, dopo la massiccia manifestazione del 1° luglio scorso, dovrà dimostrare se sarà in grado di vincere la tornata odierna anche in vista delle elezioni politiche del prossimo settembre. Ricordiamo che quattro mesi fa, mezzo milione di persone scese in piazza per protestare contro un progetto di legge sulla sicurezza interna giudicato lesivo delle libertà fondamentali. Un atto di protesta, dunque, di forte valore simbolico, per dire no alla gestione del governatore Tung Chee-hwa, considerato incapace di affrontare disoccupazione e crisi economica, ma anche criticato per la gestione dell’epidemia della polmonite atipica. Secondo i pronostici, alla consultazione di oggi, è previsto un afflusso maggiore del 5 per cento rispetto alle amministrative del ’99. Quasi scontata la vittoria dei democratici. I seggi chiuderanno tra poco meno di mezz’ora. 

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“Solo un inizio e non un punto di arrivo”, così il vicepremier italiano Gianfranco Fini, riferendosi al suo viaggio in Israele, definito dalle radio isrealiane  “una visita storica”. In un'intervista che apparirà domani su un giornale tedesco, Fini ha parlato anche dell'incremento delle posizioni anti-semite in Europa, affermando che “sono da collegare alle scarse conoscenze storiche”. Il leader di An, che arriverà a Gerusalemme in serata, martedì incontrerà gli ebrei di origine italiana e visiterà lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto.

 

A Kabul, almeno un afghano è morto e altri sei sono rimasti feriti, dopo che oggi alcuni dimostranti hanno fatto irruzione nel ministero della Difesa. Secondo i manifestanti, i soldati di guardia all'edificio hanno sparato alla folla, ma le autorità hanno negato.

 

Sono sette e non dodici, come inizialmente annunciato, gli uomini rimasti intrappolati in una miniera della provincia di Karaman, in Turchia. I lavoratori sono imprigionati a 300 metri di profondità dopo un'esplosione causata da una fuga di metano.

 

Il Fondo Monetario Internazionale ha concesso al Kenya l’attesissimo prestito triennale di 250 milioni di dollari, dopo tre anni di sospensione a causa della corruzione nel Paese africano e del ritardo nelle riforme economiche.

 

Migliaia di manifestanti riuniti davanti al palazzo presidenziale a Vilnius, in Lituania, hanno chiesto le dimissioni del presidente Rolandas Paksas. Il motivo della richiesta è il denaro che il capo dello Stato avrebbe ricevuto da un uomo d'affari coinvolto con il crimine organizzato.

 

Entro la fine dell’anno la Cina comincerà a sperimentare sull’uomo un vaccino contro la polmonite atipica. A renderlo noto, oggi, è l'agenzia Nuova Cina, specificando che il vaccino è già stato testato sulle scimmie, che non hanno subito effetti collaterali.

 

 

 

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