RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 325 - Testo della Trasmissione di venerdì 21 novembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Appello del Papa dopo gli attentati di ieri ad Istanbul: contro la violenza, disprezzo dell’umanità, va intrapresa la via del dialogo e della pace. Ribadita la più ferma condanna contro il terrorismo

 

Non solo carità materiale ma spirituale verso ogni uomo per offrire risposte ai suoi interrogativi esistenziali: questa la raccomandazione del Papa a tutti i partecipanti all’Assemblea Plenaria di Cor Unum. Ai nostri microfoni il cardinale Claudio Hummes

 

L’Eucaristia fonte di grazia per amare il prossimo, specialmente quando ha il volto di un immigrato o un rifugiato: con noi mons. Method Kilaini.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi è il giorno degli arresti in Turchia dopo la strage: 7 le persone fermate

 

In Iraq razzi contro due hotel che ospitano i giornalisti stranieri e personale statunitense. A Baghdad trovato un lanciarazzi con 40 missili vicino all'ambasciata italiana: interviste con mons. Giampaolo Crepaldi e Lorenzo Cremonesi

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale per le Claustrali: ce ne parla Suor Cristiana Dobner.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Grave episodio di violenza in Nigeria: bruciate 13 chiese da fondamentalisti islamici nel nord del Paese

 

Il messaggio dei vescovi italiani a conclusione della loro Assemblea generale ad Assisi.

 

Si è conclusa con un forte appello alla costruzione della democrazia, la 77.ma Assemblea dei vescovi della Bolivia

 

Con l’obiettivo di ricordare i conflitti causati, in Africa, dalla colonizzazione, si è conclusa ieri, in Burkina Faso, la “Marcia contro le guerre e le povertà”

 

Si è tenuta ieri a Roma, nella sede dell’Università della Santa Croce, la giornata di studio sul tema: giornalismo e conflitti – i media per la pace

 

24 ORE NEL MONDO:

L’europarlamento critica Berlusconi per l’appoggio alla politica russa in Cecenia

 

 L’Eritrea ritira il proprio ambasciatore presso l’Unione Africana

 

 In Georgia vittoria dei partiti del presidente Schevardnadze alle ultime elezioni.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 novembre 2003

 

 

 

CONTRO LA VIOLENZA, DISPREZZO DELL’UMANITÀ,

VA INTRAPRESA LA VIA DEL DIALOGO E DELLA PACE:

 COSI’, IL PAPA NEL TELEGRAMMA DI CORDOGLIO AL PRIMO MINISTRO TURCO

PER GLI ATTENTATI CHE IERI HANNO INSANGUINATO ISTANBUL.

RIBADITA LA PIU’ FERMA CONDANNA CONTRO IL TERRORISMO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“La violenza assassina costituisce un disprezzo delle persone e dell'umanità; solo il dialogo è la strada degna dell’uomo nelle tensioni che oppongono persone o gruppi umani”. E’ quanto afferma Giovanni Paolo II in un telegramma di cordoglio indirizzato al primo ministro turco, Erdogan, dopo i terribili attentati che ieri hanno scosso per la seconda volta in cinque giorni la città di Istanbul.

 

Assicurando la sua vicinanza spirituale al popolo turco, il Papa chiede “all'Onnipotente di accogliere nel suo regno di luci le persone morte e di dare forza e coraggio ai colpiti, ai loro familiari e a tutti i soccorritori nelle prove che attraversano”. Nel telegramma - a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - si sottolinea che il “Santo Padre desidera lanciare un nuovo appello, condannando fermamente gli atti terroristi che colpiscono in  maniera cieca le popolazioni innocenti. Infine il Papa “chiede all'Onnipotente di illuminare le coscienze di quanti sono coinvolti sulla strada del terrorismo perché intraprendano coraggiosamente la via della pace”.

 

 

NON SOLO CARITÀ MATERIALE MA SPIRITUALE VERSO OGNI UOMO

PER OFFRIRE RISPOSTE AI SUOI INTERROGATIVI ESISTENZIALI:

LA RACCOMANDAZIONE DEL PAPA A TUTTI I PARTECIPANTI

ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DI COR UNUM

 

L’opera di carità della Chiesa non si limita agli aspetti materiali ma va incontro alle attese esistenziali di ogni uomo: così il Papa stamane ricevendo nella Sala Clementina in Vaticano i membri del Pontificio Consiglio Cor Unum – una settantina, guidati dal presidente l’arcivescovo Paul Cordes - giunti  a Roma per partecipare ai lavori dell’Assemblea del Dicastero. Il servizio di  Roberta Gisotti:

 

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Se “l’uomo è la via della Chiesa” non dobbiamo omettere di “guardare in profondità all’anelito ad una pienezza di vita, che è nel suo cuore”. Da qui l’opportunità  - sottolineata dal Papa - di riflettere sulla dimensione religiosa nell’attività caritativa, tema al centro dei lavori della Plenaria di Cor Unum, organismo della Santa Sede, voluto da Paolo VI nel ’71, per promuovere e coordinare le iniziative cattoliche nel campo degli aiuti umanitari e della solidarietà. Tre giorni di serrato dibattito, aperto ieri nell’Aula Vecchia del Sinodo, tra 40 delegati di organizzazioni internazionali caritative insieme a vescovi dei 5 Continenti.

 

“Nel recare sollievo a chi è affamato, malato, solo, sofferente - ha ribadito Giovanni Paolo II - non va trascurata quell’intima aspirazione che pulsa in ogni umana creatura, ad incontrare e conoscere Iddio. Tutti, infatti, siamo alla ricerca di risposte esaurienti ai grandi interrogativi dell’esistenza.”

 

“Ecco perché la Chiesa non si limita a soddisfare le sole attese materiali di chi è in difficoltà”

 

La Chiesa dunque “non esaurisce la sua azione caritativa nel costruire strutture e opere filantropiche, per quanto lodevoli esse siano”

 

“Ma si sforza pure di andare incontro alle domande esistenziali più nascoste, anche se non chiaramente espresse”.

 

“E con semplicità e prudenza pastorale non esita a testimoniare Cristo”,  ha concluso il Santo Padre, additando infine Madre Teresa di Calcutta esempio luminoso di questo servizio all’amore verso Dio e verso il prossimo.

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Ma sul problema della povertà nel mondo ascoltiamo l’arcivescovo di San Paolo del Brasile  il cardinale Claudio Hummes, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Tutti sappiamo che la povertà è cresciuta nel mondo negli ultimi tempi.Si sperava qualcosa di diverso con il nuovo ordine economico mondiale globalizzato, con i mercati aperti. Si pensava che questa fosse la strada per riscattare la povertà e i poveri. Però si è visto che sotto molti aspetti la situazione è peggiorata. E’ stata questa la sgradevole sorpresa, la povertà è cresciuta: è cresciuta la disoccupazione,manca il lavoro, la cosa fondamentale, che è la chiave essenziale della questione sociale. Di conseguenza ci sono tanti emarginati: persone, gruppi, persino Paesi che sono esclusi come nel centro Africa. Tutto questo è inaccettabile per la Chiesa, per noi che siamo cristiani., Non si può lasciare escluso nessuno. Perciò di tutto il lavoro che la Chiesa fa nel campo della solidarietà verso i poveri e persino per il cambiamento delle politiche pubbliche affinché tutti abbiano qualche opportunità, di tutto questo lavoro la Chiesa deve sempre dire, spiegare  il perché si fa. Perché facciamo questo? Perché siamo solidali? Non basta dire che dobbiamo esserlo: sarebbe fare del moralismo. Sono le ragioni che convincono la gente a essere solidale. Quali sono le ragioni? E’ qui ovviamente entra la dimensione religiosa, perché è Gesù Cristo la ragione fondamentale, perché Lui che ci ha amati, Lui ci ha detto di amare gli altri, Lui ha dato la sua vita per noi affinché noi diamo la vita agli altri e siamo capaci di fare questo. Gesù ha detto che saremo riconosciuti come suoi discepoli se saremo capaci di amarci gli uni gli altri.

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L’EUCARISTIA FONTE DI GRAZIA PER AMARE IL PROSSIMO,

SPECIALMENTE QUANDO HA IL VOLTO DI UN IMMIGRATO O UN RIFUGIATO.

ALL’AUGUSTINIANUM, QUARTO GIORNO DI LAVORI

DEL QUINTO CONGRESSO MONDIALE DEDICATO ALLA PASTORALE DEI MIGRANTI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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“Le disparità nello sviluppo economico dei popoli”, che non è né integrale né solidale, “restano una bomba ad orologeria nell’ordine internazionale e pertanto una causa potenziale di conflitti, di migrazioni, di esodi di massa delle persone e del fenomeno sempre crescente dei rifugiati”. Arriva dall’Africa, per bocca di mons. Monsengwo Pasinya, presidente uscente del Secam - l’organismo che riunisce gli episcopati di Africa e Madagascar - una denuncia forte contro quello che il presule africano ha individuato come causa principale dell’impoverimento dei Paesi in via di sviluppo e quindi alla fuga di migliaia di persone: ovvero, “l’ordine politico e socio-economico mondializzato e globalizzato”. L’intervento di mons. Pasinya ha aperto la quarta mattinata di lavori al congresso mondiale in corso all’Augustinianum. In precedenza, il cardinale Raffaele Martino, presidente di Giustizia e Pace, aveva introdotto la giornata con una riflessione spirituale sul tema dell’Eucaristia e della liturgia domenicale. Una riflessione centrata sul Giovedì Santo e sul comandamento nuovo dell’amore reciproco che – ha affermato il porporato – ha portato il tempo della Chiesa ad “essere il tempo della carità”: il tempo dell’incontro con il Signore attraverso il fratello, emigrante o rifugiato che sia. “Ci giochiamo la salvezza - ha detto il cardinale Martino - nella misura in cui ci apriamo o ci chiudiamo all’amore”.

 

Dopo l’udienza di ieri mattina dal Papa, i 300 congressisti hanno ripreso a condividere le singole esperienze pastorali condotte nei cinque continenti. Sacerdoti, religiose, laici – tutti esperti del fenomeno delle migrazioni - si alternano durante le tavole rotonde che scandiscono il lavoro pomeridiano del congresso. Dalle iniziative ecclesiali per gli immigrati nel Nord e nel Sud America, al lavoro tra le donne oggetto di traffico in Thailandia, passando per i progetti di assistenza ai migranti e ai rifugiati in Africa e Asia, il fenomeno degli spostamenti di massa viene analizzato sotto molteplici aspetti. Un fenomeno attuale che è anche “una vergognosa piaga del nostro tempo”, come ha ricordato questa mattina, citando Giovanni Paolo II, uno dei relatori, il vescovo Renato Ascencio León, presidente della Commissione episcopale per la Mobilità umana del Messico. Di fronte all’indifferenza e alla xenofobia dilaganti nei confronti degli immigrati, mons. León ha nuovamente invitato i cristiani a giocare in prima linea nel servizio a chi è costretto ad abbandonare il proprio Paese . Il cristiano, che ha nell’Eucaristia la “fonte inesauribile di grazia” che lo spinge all’amore nei confronti del prossimo. “Solo un amore autenticamente evangelico – ha ripetuto con il Papa il presule messicano -  sarà sufficientemente forte per aiutare la comunità a passare dalla mera tolleranza, nei confronti degli altri, al rispetto reale delle loro differenze”.

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Sulla situazione dei rifugiati in Africa, Giovanni Peduto ha intervistato il vescovo ausiliare di Dar-es-Salaam in Tanzania, mons. Method Kilaini:

 

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R. – Il maggiore problema per l’Africa è sicuramente quello dei rifugiati a causa della guerra e della situazione politica, come ad esempio il caso dei Grandi Laghi. Il secondo naturalmente è quello causato dallo spostamento della gente che fugge dalla fame e dalla siccità e si reca  in altri luoghi dove pensano di poter avere una vita migliore. Per esempio in Tanzania abbiamo più di 800 mila rifugiati registrati. Molti di loro vengono dal Burundi e dalla Repubblica Democratica del Congo. Sono concentrati in due diocesi di frontiera e la Chiesa deve lavorare tanto per accoglierli: una volta sistemati nei campi hanno necessità religiose, pastorali, familiari  delle quali si prendono cura i nostri sacerdoti, suore e anche laici, particolarmente catechisti. Ci sono anche rifugiati che entrano clandestinamente e per loro la situazione è ancora più difficile perché non sanno dove andare. Vanno in chiesa perché sanno che lì possono ricevere un aiuto. Li accogliamo, cerchiamo con i nostri fondi di dar loro da mangiare, da vivere fino dal momento in cui vengono riconosciuti  dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati.

 

D. – Quali sono i problemi umani più urgenti dei rifugiati?

 

R. – I donatori, i benefattori adesso sono un po’ stanchi. Ultimamente hanno dimezzato il cibo che davano. Per questo molti profughi vanno a cercare da mangiare, vanno a procurarsi il cibo loro stessi. Non posso dire che vanno a rubarlo, perché quando si ha fame non si può dire che si rubi, ma comunque vanno a prendere ciò che non è loro. E questo è la causa di un conflitto tra i rifugiati e la popolazione. Un altro problema è quello della sicurezza perché abbiamo rifugiati che vengono con armi, fermano gli autobus e questo causa un conflitto tra la gente, il governo e i rifugiati. Adesso poi c’è anche il problema dell’Aids. Si vive concentrati per tanti anni insieme e questo rappresenta un grande pericolo.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in successive udienze il cardinale Bernard Francis Law, arcivescovo emerito di Boston, e due presuli della Conferenza episcopale del Belgio, in Visita “ad Limina”, mons. Aloysius Jousten, vescovo di Liège e mons. Guy Harpigny, vescovo di Tornai.

 

Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Miami mons. Felipe de Jesús Estevez, direttore della formazione spirituale del Seminario regionale “Saint Vincent de Paul”a Boynton Beach, assegnandogli la sede titolare vescovile di Kearney.

 

         In Germania, il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Aachen, presentata da mons. Gerd Dicke per sopraggiunti limiti d’età. Ha quindi nominato ausiliare di Aachen il reverendo Karl Borsch, finora direttore della “Casa San Paolo” a Bonn, assegnandogli la sede titolare vescovile di Crepedula.

 

 

         In Costa d’Avorio, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Abengourou, presentata da mons. Bruno Kouamé, per sopraggiunti limiti d’età ed ha nominato vescovo il reverendo Jean-Jacques Koffi Oi Koffi, vicario generale e parroco della cattedrale.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Istanbul sfigurata dalla brutalità del terrorismo internazionale” è il titolo che apre la prima pagina in riferimento al recente attentato che ha causato la morte di 27 persone e il ferimento di altre 440. Il cardinale Angelo Sodano invia a nome del Santo Padre un telegramma di condoglianze e di vicinanza spirituale al primo ministro turco Tayyp Erdogan. Iraq: bombe al ministero del petrolio e due alberghi; arrestati 131 presunti guerriglieri. “La beata Madre Teresa di Calcutta esempio luminoso di servizio all’amore verso Dio e verso il prossimo” è il messaggio del Santo Padre rivolto alla Plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”

 

Nelle pagine vaticane, diversi articoli dedicati alla figura del beato Ivan Merz. Per il cammino delle Chiesa in Asia, in India il 1° dicembre la Chiesa celebra la Giornata mondiale di lotta contro l’AIDS.

 

Nelle pagine estere, Usa: allarme alla Casa Bianca per una violazione dello spazio aereo. Medio Oriente: Abu Ala ritiene possibile un accordo con Israele entro sei mesi; Israele respinge seccamente la risoluzione sulla “road map”; si estendono i consensi all’”Intesa di Ginevra”; Nigeria: bruciate 13 chiese cristiane nel nord del Paese.

 

Nella pagina culturale, un convegno ed una mostra a Montecitorio per i quarant’anni della morte di J.F. Kennedy.

 

Nelle pagine italiane, l’allarme terrorismo coinvolge anche l’Italia; varato dal Consiglio dei Ministri un vitalizio per i familiari delle vittime di Nassiriya

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 novembre 2003

 

 

 

I TERRORISTI VOGLIONO IMPEDIRE IL DIALOGO TRA OCCIDENTE E ORIENTE:

COSI’ MONS. GIAMPAOLO CREPALDI,

SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE.

PRIMI 7 ARRESTI IN TURCHIA ANCORA VIOLENZE IN IRAQ

 

 

A 24 ore dai terribili attentati di ieri, in Turchia è il giorno degli arresti. La polizia ha fermato stamattina numerose persone, accusate di aver organizzato le azioni terroristiche contro il consolato britannico e la banca Hsbc, destinata ad un ruolo chiave nella ricostruzione del sistema bancario iracheno. Il servizio Giancarlo La Vella:

 

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Il giorno dopo, Istanbul è ancora una città sotto choc. I quartieri dove sono esplose ieri le due bombe kamikaze portano i segni della distruzione. I palazzi della banca e del consolato britannici, sventrati, mostrano la gravità del duplice attentato nel quale hanno perso la vita 27 persone, tra cui il console inglese Roger Short. Il timore che il bilancio sia ben più alto è confermato dal fatto che, dei 450 feriti, ben 57 sono quelli trattenuti ancora nei nosocomi di Istanbul. Intanto oggi una nuova rivendicazione attribuisce definitivamente ad Al Qaida gli episodi terroristici. Una sedicente cellula della rete terroristica di Bin Laden, le “Brigate di Sheit Ebu Hafz al Nisri”, ha rivendicato gli attacchi di ieri. Lo ha affermato la televisione turca Ntv. Anche lo sport professionistico si è fermato in questa emergenza. Sono infatti state rinviate le partite di calcio delle coppe europee che avrebbero dovuto giocarsi questa settimana in Turchia. Visitando oggi i luoghi degli attentati, il ministro degli esteri britannico, Jack Straw, ha definito gli atti un vero e proprio attacco alla civiltà, che però non allontanerà le prospettive di un ingresso di Ankara nell'Unione Europea. Una voce, questa, che si unisce a quelle di dolore e di sdegno espresse ieri dalle più alte autorità europee. E oggi il presidente americano Bush ha chiamato telefonicamente il premier turco, Erdogan. I due hanno convenuto sull’idea che il terrorismo non ha confini ideologici o religiosi.

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Con i terribili attentati di ieri ad Istanbul, i terroristi hanno dimostrato, ancora una volta, nel volgere di pochi giorni di poter colpire mortalmente obiettivi situati in zone distanti tra loro: Riad, Nassiriya, e due volte la città turca. Un terrorismo, che assume così drammaticamente una dimensione globale. Un aspetto questo sul quale si sofferma – ai microfoni – di Alessandro Gisotti mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace:

 

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R. – Coglierei due aspetti. Un aspetto è che questi terroristi hanno il loro background ideologico in un certo fondamentalismo religioso. L’altro dato è che ormai il terrorismo non è più un fenomeno circoscritto a determinate aree, ma pur operando localmente è un soggetto globale e quindi è a livello globale che va affrontato.

 

D. – Istanbul è storicamente il punto di incontro tra islam e cristianesimo, tra civiltà europea ed asiatica, proprio per questo è stata colpita?

 

R. – Credo che sia anche questa una delle ragioni. Molto probabilmente ce ne sono anche delle altre. Chiaramente, è difficile tra le emozioni di sgomento e l’incredulità riuscire ad individuare tutte le ragioni che spingono i terroristi a questi atti brutali e terribili. Certamente, però, mi pare che uno dei punti più delicati sia l’impedire un dialogo costruttivo e fecondo tra occidente e oriente, tra cristianesimo ed islam.

 

D. – Qual è la strategia per combattere efficacemente il terrorismo?

 

R. – Certamente bisognerà arrivare a delineare una strategia. Ci sono però alcuni punti chiari. Prima di tutto una condanna di questo fanatismo religioso. Il Santo Padre, con le due straordinarie iniziative del 1986 e del 2002 ad Assisi, ci ha detto che le religioni non devono essere, e non sono di fatto, fonte di conflitto e di odio, ma sono delle grandi sorgenti di pace, purché trovino la strada del dialogo della comprensione reciproca, del rispetto reciproco. Mi pare che questa sia la prima grande indicazione. Secondo, mi pare che debba crescere l’analisi di questo fenomeno e la messa a punto anche di tutti quegli strumenti necessari per combattere questo fenomeno terribile. E’ come un “vulnus” nel cammino di crescita e di sviluppo dell’umanità. Dovrà, anche, essere rivisto il diritto internazionale nell’affrontare questo soggetto che non è catalogabile nelle fattispecie previste dalle materie che regolano il diritto internazionale. In terzo luogo, credo che dobbiamo anche sviluppare tutti noi il senso della solidarietà, della prossimità verso le persone che sono colpite, le loro famiglie, i Paesi a cui appartengono – penso agli Stati Uniti, penso all’Italia, alla Turchia, alla Gran Bretagna e a tanti altri – ed anche pregare perché il Signore, che è onnipotente e buono, tocchi il cuore di questi assassini e li porti sulla strada del bene.

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E la paura è grande anche a Baghdad, svegliata stamattina dall’esplosione di alcune bombe. Missili lanciati dalla strada hanno colpito il ministero del Petrolio e due alberghi frequentati da occidentali: lo Sheraton ed il Palestine. Proprio al Palestine è alloggiato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera, raggiunto telefonicamente da Andrea Sarubbi:

 

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R. – I colpi sono arrivati alle 7.10. Eravamo ancora tutti a letto, ci stavamo svegliando… Hanno sparato dalla strada, poco distante da qui… Sembra da un carretto trainato da un mulo o da un asino: un gesto di furbizia per non essere notati dalle sentinelle americane che pattugliano tutta la zona. Io mi trovo al 17.mo piano e questi proiettili sono arrivati al 16.mo, quindi appena sotto di me.

 

D. – Tu eri a Baghdad anche durante la guerra “vera e propria”, quella tra marzo ed aprile, ai tempi dell’arrivo degli americani. Che cosa è cambiato oggi, rispetto ad allora?

 

R. – Mentre durante la guerra ci si aspettavano, più o meno, delle cose del genere - c’erano addirittura gli orari fissi in cui gli americani bombardavano e la contraerea irachena rispondeva - adesso siamo passati ad una fase di guerriglia, in cui tutto avviene senza preavviso. Un attentato, in questo momento, può arrivare dovunque, e tra l’altro noi al Palestine sapevamo benissimo di essere un obiettivo. La scelta di restare in questo albergo è una scelta anche di comodo, perché qui ci sono le televisioni internazionali, si tengono le conferenze stampa... Insomma, da un punto di vista di lavoro conviene, sebbene si sapesse che era un obiettivo evidente degli attentatori della guerriglia.

 

D. – Questa ondata di attentati dà l’impressione che gli americani abbiano perso un po’ il controllo della situazione: sei d’accordo?

 

R. – Credo che il controllo degli americani sia più o meno invariato: semmai, il numero dei posti di sicurezza è perfino aumentato. Semplicemente, la guerriglia si è più articolata, ha imparato delle lezioni, è divenuta più furba: adesso mira direttamente ai mass media. In realtà, se noi guardiamo il livello delle operazioni, non possiamo definire quella attuale una guerra: non sono due eserciti e gli stessi guerriglieri non si confrontano neppure con le armi, contro gli americani. La loro strategia è quella delle bombe, e sono bombe mirate a far parlare. Insomma, è una guerra con i media.

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Tra i bersagli della guerriglia irachena continua ad essere anche l’Italia, alleata di Stati Uniti e Gran Bretagna. Vicino all’ambasciata italiana di Baghdad stamattina sono stati trovati due carretti, contenenti una quarantina di razzi. A Nassiriya, intanto, la polizia ha arrestato due persone, sospettate di coinvolgimento nell’attentato del 12 novembre contro la base dei carabinieri.

 

Sul piano politico, è da segnalare la fine della visita di Bush in Gran Bretagna. Il presidente americano – che ha manifestato ad un giornale arabo il suo desiderio di volersi recare presto a Baghdad – è oggi ospite del premier britannico Blair a Sedgefield, nell’Inghilterra nordorientale. Anche qui, come a Londra, è stato accolto dalle proteste.

 

 

OGGI LA GIORNATA MONDIALE PER LE CLAUSTRALI

- Intervista con suor Cristiana Dobner -

 

Si celebra oggi la “Giornata mondiale per le claustrali”, nella Presentazione di Maria al Tempio e nell’anniversario della Costituzione apostolica di Pio XII “Sponsa Christi”. Anche il Papa, nell’udienza generale di mercoledì scorso, ha voluto esprimere parole di ammirazione per le tante donne che consacrano la vita al Signore e la cui opera di incessante preghiera ci rende loro debitori. Ma quali sono gli aspetti della vita claustrale che meno si conoscono? Benedetta Capelli ha girato la domanda a Suor Cristiana Dobner, carmelitana scalza del monastero di Concinedo di Barzio in provincia di Lecco:

 

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R. – Sono quelli più profondi, più nascosti: perché apparentemente fa molto effetto il fatto che noi siamo ‘rinchiuse’, e quindi ci pensano come delle recluse, come persone che non hanno vita. Mentre non pensano alla ragione per la quale noi rimaniamo dentro, in questo perimetro che davvero è circoscritto. Noi rimaniamo in ascolto continuo della parola incarnata e della presenza di Gesù com’è nell’Eucaristia. Allora, noi vogliamo essere anche semplicemente queste pietre, queste braccia che sostengono gli altri; indichiamo che nella vita noi siamo stati creati per un unico scopo: per amare e seguire Dio. E’ questa la vera risposta alla vita.

 

D. – Vita monastica intesa anche come vita contemplativa: cosa vuol dire, oggi, la parola ‘contemplazione’?

 

R. – Lasciare esplodere in noi il desiderio di Dio stesso che ci cerca.

 

D. – Qual è il carattere apostolico della vita monastica?

 

R. – E’ legato alla comunione con Dio che viene donata a tutti. Quindi, noi siamo mandate in un modo invisibile, siamo delle sottratte, come tutti i cristiani sono sottratti alla negatività del mondo, non alla positività. E la nostra apostolicità è questa comunione perenne con Dio che viene donata, se noi diventiamo dei canali aperti e ci lasciamo invadere da questo grande flusso trinitario che entra in noi e si dirige verso tutti. Noi siamo un seme che acquista un volto particolare, un colore particolare che è un segno di sottrazione, che però poi diventa un’addizione perché nel momento in cui io mi sottraggo alla negatività del mondo e mi apro alla luce della Parola, l’addizione si fa da sé!

 

D. – Le monache sono vicine al cuore dell’umanità: ma come si esprime questo al di là delle mura del convento?

 

R. – Serviamoci, per esempio, dell’immagine della luce: qualunque cristiano, nel momento in cui si apre a Dio, diventa luce perché è la luce che si comunica nelle tenebre della storia, noi – che vogliamo essere solo luce, rinunciando alla nostra professionalità, all’aiuto ai fratelli dato in termini di un soccorso concreto – questa tensione di luce si espande a tutti e comunque.

 

D. – La luce del vostro messaggio, che poi è il messaggio di Dio, stride in maniera forte con la realtà che in questo momento stiamo vivendo ...

 

R. – Edith Stein – Teresa Benedetta della Croce – è una carmelitana, però ha lasciato scritta una frase: ‘Ora stanno vincendo le tenebre, in apparenza, ma la luce ha già vinto: noi siamo certi di questo!’.

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CHIESA E SOCIETA’

21 novembre 2003

 

 

GRAVE EPISODIO DI VIOLENZA IN NIGERIA:

BRUCIATE 13 CHIESE DA FONDAMENTALISTI ISLAMICI NEL NORD DEL PAESE

 

NAIROBI. = Nel Nord della Nigeria gruppi di fondamentalisti islamici hanno dato alle fiamme, martedì scorso, 13 chiese cristiane, negozi ed abitazioni. Pretesto dell’attacco, la presunta blasfemia di alcuni studenti cristiani che avrebbero offeso il profeta Maometto. Gli islamici avrebbero, prima, tentato di attaccare la scuola da dove sarebbero partite le offese e, successivamente, hanno riversato il loro furore su chiese, abitazioni e case di persone non musulmane. Teatro dell’attacco è stata la città di Kazure, poco meno di 90 chilometri a Nord di Kano, capitale di uno degli Stati settentrionali della Nigeria, dove la ‘sharia’ è stata imposta quale legge e dove, particolarmente sanguinose, sono state le violenze interreligiose. Negli ultimi quattro anni sono state migliaia le vittime degli scontri tra musulmani e cristiani; quasi sempre si è trattato di vere e proprie cacce all’uomo da parte di islamici nei confronti di quanti considerano ‘miscredenti’. (A.L.)

 

 

CON UN MESSAGGIO DEI VESCOVI ITALIANI INCENTRATO SUL TEMA DELLA PARROCCHIA, SI È CONCLUSA IERI, AD ASSISI,

LA 52.MA ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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ASSISI. = “La parrocchia: Chiesa che vive tra le case degli uomini”. E’ questo il tema del messaggio redatto dai vescovi italiani al termine della 52.ma Assemblea generale della Cei conclusasi, ieri, ad Assisi. “Le trasformazioni in atto nella nostra società - scrivono i presuli - costringono la parrocchia a ripensarsi, a trovare occasioni, stile e linguaggio idonei per il presente”. Nel documento è sottolineato come, in questa epoca, il bisogno del sacro e di sentiti legami affettivi portino la parrocchia a rispondere a tali istanze cercando di “indicare possibili percorsi di crescita umana e nella fede, soprattutto per i giovani e le famiglie”. Secondo i presuli la parrocchia, “una realtà umile e grande che abita tra le case degli uomini”, può sprigionare il proprio impegno tramite la promozione di un autentico cammino delle persone in modo che “il sentimento religioso ed il bisogno di vicinanza prendano la forma di una relazione personale, viva e forte con Gesù Cristo e di una vera esperienza di comunione fraterna”. In questo contesto c’è una peculiarità che la parrocchia non deve assolutamente perdere: la visibilità della Chiesa “radicata in un luogo”, non soltanto in senso geografico ma anche e soprattutto come “rapporto con la gente, le famiglie e il tessuto della società che vive ed opera sul territorio”. Proprio in virtù di questa presenza della parrocchia tra le case degli uomini, i vescovi rimarcano, infine, come tale realtà debba riconoscere il suo compito fondamentale nel farsi “memoria viva” di Gesù assumendosi la propria responsabilità missionaria.

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LA COSTRUZIONE DI UNA AUTENTICA DEMOCRAZIA, IL COINVOLGIMENTO DEI CITTADINI E LA RICONCILIAZIONE DOPO ANNI DI GUERRA. SONO LE PRIORITÀ INDICATE DAI VESCOVI DELLA BOLIVIA

NEL MESSAGGIO CONCLUSIVO DELLA LORO ASSEMBLEA

 

COCHABAMBA. = Si è conclusa con un forte appello alla costruzione della democrazia, la 77.ma Assemblea dei vescovi della Bolivia terminata, mercoledì scorso, a Cochabamba. Nel messaggio conclusivo i presuli del Paese andino hanno indicato quattro priorità da perseguire. Le prime due riguardano la partecipazione dei cittadini alla vita del Paese e lo sviluppo di una economia sociale. “Negli ultimi decenni – hanno osservato i vescovi - abbiamo constatato come le ricchezze della Bolivia siano state ingiustamente accumulate in poche mani creando, anche a causa della corruzione, ampi spazi di povertà e di esclusione estrema”. La terza priorità evocata è la riconciliazione con Dio, primo passo verso la conversione, e la riconciliazione con il prossimo. “Così come Dio perdona – hanno evidenziato i presuli boliviani – anche noi dobbiamo saper perdonare”. “La riconciliazione e il perdono – hanno aggiunto - devono essere attivi per eliminare il peccato e le sue cause”. Alla riconciliazione segue la quarta priorità, “la coerenza di vita”, esemplificata dall’ancestrale saggezza andina del non rubare, del non mentire e del non essere debole.

 

 

CON L’OBIETTIVO DI RICORDARE I CONFLITTI CAUSATI, IN AFRICA,

DALLA COLONIZZAZIONE, SI E’ CONLUSA IERI, IN BURKINA FASO,

LA “MARCIA CONTRO LE GUERRE E LE POVERTÀ” GUIDATA DAL FONDATORE

 DEL MOVIMENTO “EMMAUS”, L’ABBE’ PIERRE

 

OUAGADOUGOU. = “Marcia contro le guerre e le povertà”. E’ il titolo della manifestazione, svoltasi ieri, in Burkina Faso, per denunciare i conflitti causati in Africa dalle frontiere assurde della colonizzazione. L’Abbè Pierre, anziano sacerdote francese e storico fondatore del movimento “Emmaus”, ha voluto partecipare all’iniziativa organizzata dalla rete internazionale delle comunità di Emmaus, riunita da lunedì scorso nella capitale del Paese africano con oltre 400 delegati provenienti da 40 Paesi per il decimo congresso mondiale. Durante le manifestazioni, i partecipanti hanno scandito slogan come “combattiamo la povertà” e il motto del congresso di Emmaus, “Insieme, per agire e denunciare”. La povertà è la causa fondamentale di molte miserie e ha ridotto l’uomo africano a subire trattamenti indegni, rendendolo vittima di manipolazioni da parte dei ricchi e dei potenti. La povertà, inoltre, è causa di molte ingiustizie e può avere diverse forme e gradi. L’iniziativa è stata voluta in particolare dalla sezione africana del network internazionale del Movimento: “Vogliamo denunciare coloro che saccheggiano le ricchezze dell’Africa, coloro che vendono le armi, che sono responsabili delle fame, dei problemi dell’acqua, delle fughe dei civili, dello sfruttamento dei bambini-soldato” ha dichiarato Emmanuel Siambo, responsabile di Emmaus per il continente nero. Il Movimento, fondato nel 1949 dall’Abbè Pierre, dopo l’impegno teso a salvare migliaia di persone dai nazisti e dalla militanza tra le file della Resistenza, è oggi una realtà consolidata e improntata sulla solidarietà con i poveri del mondo. Attualmente Emmaus è presente in 35 Paesi con circa 300 gruppi facenti parte del Movimento. (M.A.)

 

 

SI È TENUTA IERI A ROMA, NELLA SEDE DELL’UNIVERSITA’ DELLA SANTA CROCE, LA GIORNATA DI STUDIO SUL TEMA: GIORNALISMO E CONFLITTI – I MEDIA PER LA PACE

 

ROMA. = “Giornalismo e Conflitti - Che cosa possono fare i mezzi di comunicazione per la pace”. E’ questo il tema della Giornata di studio organizzata dalla Facoltà di comunicazione sociale istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce, svoltasi ieri a Roma. “Lo scopo dell’iniziativa – hanno precisato gli organizzatori - è stato quello di tradurre in termini concreti il messaggio di Giovanni Paolo II per la XXXVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni: “I mezzi di comunicazione sociale a servizio di un’autentica pace alla luce della Pacem in terris”. L’attualità dell’argomento è stata tragicamente evidenziata in questi mesi dalla situazione internazionale ma il messaggio non si limita solo al ruolo dei mass media in momenti di guerra. La complessità del tema suggerisce, infatti, un approccio che tenga presenti sia le prospettive accademiche che quelle professionali”. Alla Giornata hanno presenziato sia accademici che giornalisti professionisti di diverse nazioni. I lavori sono stati introdotti dalla relazione del professore dell’Università della Santa Croce, Diego Contreras, sul tema “Il conflitto come valore giornalistico” seguito dal dibattito dal titolo “L’Enciclica Pacem in Terris alla luce dell’attività giornalistica”. Tra gli appuntamenti del pomeriggio si devono infine registrare l’intervento di padre Piero Gheddo su “I conflitti dimenticati” e la tavola rotonda intitolata “Corrispondenti di guerra: raccontare per cambiare le cose”. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 novembre 2003

 

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Una risoluzione che ribadisce le profonde differenze sulla Cecenia col presidente di turno dell’Unione Europea, Berlusconi. E’ quella adottata ieri a Strasburgo dal Parlamento Europeo, che ha criticato l’appoggio del premier italiano alla politica russa nella repubblica caucasica, espresso durante il recente incontro a Roma con il presidente russo Putin. Intanto in Cecenia si registrano nuovi episodi di violenza: due agenti di polizia sono stati uccisi la notte scorsa a Grozny, dove montavano la guardia ad un oleodotto. Ma torniamo sulla decisione dell’europarlamento con il servizio di Gianandrea Garancini:

 

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Il documento riporta l’indignazione già espressa dal presidente dell’Assemblea, il liberale cattolico irlandese, Pat Cox, per il fatto che le conclusioni del Vertice trattino in maniera inadeguata il tema ceceno. Inoltre, l’europarlamento approva le critiche mosse dallo stesso Cox a Silvio Berlusconi, per avere espresso, nella sua qualità di presidente di turno dell’Unione Europea, una posizione a difesa del presidente russo Putin, in palese contrasto con la linea di Bruxelles. Si legge, infatti, nella risoluzione che il Parlamento europeo deplora le dichiarazioni fatte dal presidente in carica del Consiglio europeo alla fine del recente vertice Ue-Russia, dove ha espresso appoggio alle posizioni del governo di Mosca circa la situazione dei diritti umani in Cecenia e lo stato della democrazia nella Federazione russa.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Gianandrea Garancini.

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Centinaia di giovani, per lo più studenti, starebbero lasciando la provincia pachistana del Baluchistan per arruolarsi tra le file dei talebani, che operano in territorio afghano. A lanciare l'allarme è il settimanale pakistano “Newsline”, secondo cui più di 5.000 ragazzi avrebbero già raggiunto i campi di addestramento dei talebani in Afghanistan.

 

Episodi di violenza si registrano in Burundi. Quattro civili ed un ribelle sono rimasti uccisi ieri, vicino la capitale Bujumbura, nel corso di un attacco dei guerriglieri delle Forze Nazionali di Liberazione. Appena domenica scorsa era stata firmata la pace tra  governo e il principale gruppo ribelle, le Forze per la Difesa della Democrazia, per porre fine a quasi 10 anni di guerra civile che ha causato circa 300 mila morti.

 

Il governo dell’Eritrea ha ritirato il proprio ambasciatore presso l’Unione Africana, con sede ad Addis Abeba. La decisione è stata adottata in segno di protesta per l’irrisolta disputa territoriale tra Asmara e l’Etiopia.

 

Una bomba è esplosa stamani in una moschea della città di Parbhani, nell'India occidentale. Almeno 26 persone sono rimaste ferite, secondo quanto rende noto da fonti locali e dall'emittente americana Cnn. Quello, che certamente è un attentato, è avvenuto durante le preghiere islamiche del venerdì.

 

La Croazia si prepara ad andare domenica alle urne per il rinnovo del parlamento. Si tratta del quarto voto legislativo da quando, nel 1991, il Paese ex jugoslavo è diventato indipendente. Circa 4 milioni e 370 mila gli elettori che dovranno scegliere 150 deputati tra i 5 mila candidati iscritti in 40 liste elettorali.

 

In Georgia i due gruppi politici che supportano il presidente Eduard Shevardnadze hanno ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni dello scorso 2 novembre con oltre il 40 per cento dei consensi espressi. Lo ha reso noto ieri la commissione elettorale, aggiungendo che il principale partito d’opposizione, guidato da Mikhail Saakashvili, è arrivato terzo con circa il 18 per cento dei voti.

 

34 Paesi del continente americano, praticamente ad eccezione di Cuba, si sono accordati ieri sera a Miami, in Florida, per la creazione di un’area di libero scambio nell’area. Contro l’iniziativa hanno sfilato nella città circa 5 mila manifestanti. Nel corso della protesta sono rimasti feriti due poliziotti e 36 persone sono state tratte in arresto.

 

La riunione sul programma nucleare iraniano dell'Aiea, l’agenzia internazionale dell’Onu per l’energia atomica, in corso a Vienna, è stata aggiornata a mercoledì prossimo a causa del mancato accordo sul progetto di risoluzione in merito ai controlli da effettuare sulle installazioni nucleari iraniane.

 

 

 

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