RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 324 - Testo della Trasmissione di giovedì 20 novembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Durissima condanna della Santa Sede contro gli attentati a Istanbul, dove almeno 25 persone  hanno perso la vita: con noi Joaquin Navarro Valls

 

 Un appello agli Stati perché aderiscano e rispettino i Trattati internazionali a tutela dei rifugiati e dei migranti: lo ha lanciato oggi Giovanni Paolo II ricevendo i partecipanti al Congresso mondiale sull’argomento: intervista con padre Isaia Birollo

 

 Al via oggi in Vaticano la plenaria di “Cor Unum”: ai nostri microfoni l’arcivescovo Paul Cordes.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Gli attentati a Istanbul contro obiettivi britannici: Al Qaeda rivendica gli attacchi. Il commento del giornalista turco Dundar Kesapli e del prof. Luigi Bonanate

 

 Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’infanzia – Visto per la prima volta in pubblico il vescovo cinese Su Zhimin, ancora agli arresti: ai nostri microfoni padre Bernardo Cervellerra

 

 Il Vaticano, la stampa cattolica e le leggi razziali in Italia a 65 anni dalla promulgazione: intervista con lo storico Giampaolo Venturi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Forte preoccupazione dei vescovi europei per l’approvazione al Parlamento dell’Unione di una raccomandazione a favore del finanziamento Ue di progetti di ricerca che utilizzano embrioni umani e cellule staminali embrionali umane

 

Allarme emigrazione in Libano. La denuncia arriva dai vescovi e patriarchi riuniti a Bkirki

 

Si celebra oggi la giornata di “Reporter san frontieres” per ricordare i 130 giornalisti in prigione in diverse regioni del mondo

 

I campesinos sono arrivati ieri a Brasilia per chiedere al presidente Luiz Ignacio Lula da Sylva la riforma agraria

 

A 40 anni dalla morte, è ancora vivo il  ricordo della figura di John Fitzgerald Kennedy: inaugurata oggi una mostra a Montecitorio.

 

24 ORE NEL MONDO:

“Qualche infrazione, ma c’è voglia di cooperare”. A Vienna, l’Aiea esamina la crisi nucleare iraniana

 

Algeria, in carcere il capo del Gruppo islamico armato

 

L’Onu condanna il saccheggio delle risorse nella Repubblica democratica del Congo e chiede il ripristino dell’autorità dello Stato

 

Minoranze nel mirino in Assam, nel nordest dell’India: almeno 36 morti negli ultimi due giorni

 

Shevarnadze torna in testa: i risultati definitivi delle elezioni in Georgia gli attribuiscono il 21 per cento.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 novembre 2003

 

 

DURISSIMA CONDANNA DELLA SANTA SEDE DEGLI ATTENTATI A ISTANBUL

E’ durissima la condanna della Santa Sede per gli terroristici avvenuti questa mattina ad Istanbul, in Turchia, che hanno causato la morte di almeno 25 persone e il ferimento di altre 400. Colpiti in particolare il consolato e una banca  britannici: tra le vittime il console del Regno Unito Roger Short.  Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede,  Joaquín Navarro-Valls, ha rilasciato  ai giornalisti la seguente dichiarazione:

**********

La logica barbara del terrorismo causa solo la morte di innocenti e distruzione. In più aggrava i problemi che intende risolvere. Torna in mente quanto affermato dal Santo Padre: "Il terrorismo si fonda sul disprezzo della dignità dell'uomo" e per questo "è un crimine contro l'umanità", soprattutto "quando si fa strategia politica”.

**********

 

 

I DIRITTI DEI MIGRANTI E DEI RIFUGIATI IN PRIMO PIANO

NELLE PREOCCUPAZIONI DELLA CHIESA: UNA SFIDA DA COGLIERE PER FAVORIRE

LA PACE NEL MONDO ED IL DIALOGO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO.

Il PAPA HA ACCOLTO STAMANE NELLA SALA CLEMENTINA IN VATICANO

350 PARTECIPANTI AL V CONGRESSO MONDIALE PROMOSSO

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEI MIGRANTI E DEI RIFUGIATI,

IN CORSO A ROMA FINO A SABATO PROSSIMO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

**********

Un appello agli Stati perché aderiscano e rispettino i Trattati internazionali a tutela dei rifugiati e dei migranti, ultima la Convenzione per la protezione dei diritti dei lavoratori emigrati e dello loro famiglie, in vigore dal 1 luglio 2003: la voce del Papa si è levata ancora una volta stamane per richiamare la responsabilità di tutte le società civili e di ogni cristiano a riconoscere i diritti e a rispettare la dignità umana di questi fratelli: 175 milioni – ricordiamo - i migranti nel mondo e 40 milioni i rifugiati all’estero e gli sfollati nel proprio Paese.

 

Promuovere “il benessere di tanti uomini e donne che per svariate ragioni non vivono nelle loro patrie – ha ricordato Giovanni Paolo II – rappresenta un vasto campo per la nuova evangelizzazione alla quale l’intera Chiesa è chiamata”. E “importante condizione di questo compito è riconoscere la mobilità - volontaria o involontaria – di così tante famiglie oggi”. “La Chiesa continua a cercare di rispondere ai segni dei tempi” e per questo il Pontificio Consiglio sta preparando un’Istruzione che indicherà le necessità spirituali e pastorali dei migranti e rifugiati e presenterà il fenomeno della migrazione quale via per favorire il dialogo, la pace e la proclamazione del Vangelo”. In questo ambito – ha sottolineato il Santo Padre – “speciale attenzione deve essere data all’aspetto ecumenico della migrazione, con riferimento ai Cristiani non in piena comunione  con la Chiesa cattolica, e allo stesso modo alla dimensione interreligiosa, con particolare riguardo ai seguaci dell’Islam”. Il Papa ha auspicato quindi “un programma pastorale aperto ai nuovo sviluppi, ma sempre attento al dovere degli operatori pastorali di collaborare pienamente con le gerarchie locali”.

 

Infine l’incoraggiamento a tutti i partecipanti al Congresso, accompagnati dal presidente del Dicastero vaticano, il cardinale Stephen Fumio Hamao, e il richiamo al tema centrale dei lavori “Ripartire da Cristo”, “enfatizzando la dimensione della carità e dando speciale considerazione al mistero dell’Eucarestia, in particolare alla liturgia domenicale”.

***********

 

Partecipa al Congresso mondiale padre Isaia Birollo, superiore generale dei missionari scalabriniani, congregazione in prima linea nell’assistenza ai migranti. Giovanni Peduto lo ha intervistato.

 

**********

R. – La Chiesa dev’essere sempre vicina a tutto quello che succede nella storia; è lì proprio per dare quella testimonianza del vivere il Vangelo con queste persone, quindi accogliere l’emigrante, il rifugiato, la persona che si trova in questa situazione particolare, accoglierlo non solo per aiutarlo, per assisterlo, per dargli una mano, proprio per tirarlo fuori dalla sua situazione di emergenza, ma soprattutto perché questo emigrante, questo rifugiato rappresenta parte della grande famiglia della Chiesa universale, dove tutti, tutti hanno il diritto di partecipare come cittadini. Non ci sono stranieri, perché la Chiesa è formata da tutti i popoli, non c’è una cultura superiore all’altra, ma tutti i popoli sono chiamati a sentirsi dentro alla Chiesa, sono invitati, sono accolti.

 

D. – Voi Scalabriniani siete in prima linea in quest’opera di assistenza ai migranti: qualche episodio che ha caratterizzato la sua vita di missionario ...

 

R. – Mi trovavo nel Sud degli Stati Uniti e lavoravo con una comunità di immigrati dal Guatemala. Mi è arrivata una telefonata dalla California, quindi eravamo lontani 2-3 mila chilometri dalla California; arriva una telefonata da un orfanotrofio, da una casa dove ricevevano i ragazzi, e dicevano che lì era arrivato un ragazzo del Guatemala che aveva passato il confine dal Guatemala, aveva attraversato tutto il Messico, poi era entrato negli Stati Uniti alla ricerca di suo padre. E di suo padre aveva solo il nome della città in cui mi trovavo io, lì, in Florida. Abbiamo ritrovato quell’uomo. Una bella storia, di come con la presenza della Chiesa tra gli immigranti nella California, al servizio dei ragazzi, e in Florida, a molti chilometri di distanza, abbiano permesso a questa famiglia di indios del Guatemala di ricongiungersi.

**********

 

 

AL VIA OGGI IN VATICANO LA PLENARIA DI “COR UNUM”

- Intervista con l’arcivescovo Paul Cordes -

 

Si è aperta oggi in Vaticano la 25° assemblea plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, il dicastero istituito da Paolo VI nel 1971 che promuove e coordina le iniziative cattoliche nel campo degli aiuti umanitari e della solidarietà. Al centro dei lavori il tema: “La dimensione della religione nella nostra attività caritativa”. Sugli scopi di questa plenaria ascoltiamo l’arcivescovo Paul Cordes, presidente di Cor Unum, al microfono di Giovanni Peduto:

 

**********

R. – Forse posso incominciare con una piccola esperienza che ho fatto come Rappresentante della Santa Sede a Madrid, alla Conferenza dei Paesi donatori per l’Iraq, con membri delle alte istituzioni della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Colin Powell, il governatore dell’Iraq, Paul Bremer. In questa occasione si è potuto constatare l’importante lavoro svolto: hanno raccolto la promessa di donazioni di 32 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Iraq. La prospettiva della Conferenza era però orientata esclusivamente al denaro. Nei discorsi, i partecipanti hanno riservato il loro interesse al ‘management’ economico, perciò nel mio intervento ho cercato di sottolineare come l’obiettivo finanziario sia solo un aspetto degli aiuti per l’Iraq. Tra i bisogni devono essere considerati anche i fattori non materiali dell’essere uomo. Certamente, gli sforzi devono essere incentrati sulla sicurezza sociale, devono garantire alla popolazione cibo, abitazione e vestiario, ma contano anche le consuetudini di vita, la cultura, la religione, l’autostima dei riceventi. Perché i poveri – e questo si è visto spesso – si lasciano aiutare solo a questa condizione, percepiscono se la loro dignità è considerata o se si tratta unicamente di realizzare progetti decisi sulle loro teste. Ecco perché per me Madrid è stata un esempio per noi, come agenzia di aiuto: dobbiamo includere formalmente anche la religione nelle nostre deliberazioni. Per questo siamo anche fortemente convinti che la nostra assemblea plenaria sia importantissima non solo per “Cor Unum” ma anche per tutte le iniziative di aiuto di fronte alla miseria dell’uomo, alla guerra, al terrorismo.

 

D. – Un accenno a come si articoleranno i lavori ...

 

R. – Sarà il cardinale camerunense Tumi che ci parlerà della dimensione religiosa nell’uomo. Penso che la sensibilità dell’uomo africano sia ancora molto più sviluppata per quanto riguarda la dimensione trascendentale; lo statunitense Kenneth Hacket, direttore della maggiore agenzia caritativa cattolica del mondo, la Catholic Relief Services, spiegherà il rapporto tra finanziamentopubblico e la libertà decisionale delle agenzie, perché spesso quando terzi danno denaro alle agenzie della Chiesa, la Chiesa non è più libera. Sul versante ecumenico, parteciperà ai lavori un rappresentante del Consiglio mondiale delle Chiesa, il direttore per gli affari internazionali Peter Weidwood, che approfondirà il delicato rapporto tra organismi di aiuto e istituzioni governative internazionali.

**********

 

ALTRE UDIENZE

 

Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche  il  ministro degli Esteri della Corea,  Yoon Young-Kwan, e seguito.

 

Il Santo Padre ha quindi ricevuto alcuni  presuli della Conferenza episcopale del Belgio, in visita "ad Limina Apostolorum" e il cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"Una strategia di morte” è il titolo di apertura della prima pagina in riferimento ai due attentati terroristici compiuti a Istabul da Al Qaeda e nei quali sono rimaste uccise almeno 25 persone e quattrocento quelle ferite. Bush e Blair dichiarano l’intenzionalità di restare uniti nella lotta al terrorismo.

 

“Rivolgere particolare attenzione all’aspetto ecumenico e interreligioso delle migrazioni, specialmente per quanto riguarda i seguaci dell’Islam”: è il messaggio che Giovanni Paolo II ha rivolto ai partecipanti al V Congresso della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati

 

Nelle pagine vaticane, articoli dedicati alla Giornata “pro Orantibus”.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: l’Onu vota la risoluzione russa sulla “road map”; Abu Ala avvia le consultazioni con i gruppi palestinesi per arrivare ad una tregua con Israele. Bush critica  il “muro”, ma Israele ribadisce che la costruzione andrà avanti; Sharon chiude la crisi diplomatica con l’Austria. Iraq: due bambini muoiono per un’esplosione in una scuola a Kermali; assassinato a Bassora il rappresentante del partito cristiano; autobomba a Ramadi provoca diversi morti; all’Onu si valuta l’ipotesi una nuova risoluzione; gli Usa mettono una taglia per la cattura di Izzat Ibrahim Al-Douri (vice di Saddam Hussein). Vertice Usa-Gran Bretagna: George W. Bush a Londra ribadisce l’intenzione di “esportare” la democrazia in tutto il mondo.

 

Nella pagina culturale, una mostra al Vittoriano di Roma ricorda la figura di Alcide De Gasperi a cinquant’anni dalla morte

 

Nelle pagine italiane, le polemiche dopo l’allarme del Sismi sui rischi di attentati contro i militari italiani in Iraq, i funerali nei luoghi di origine delle vittime di Nassiriya e il tema della Finanziaria

 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

20 novembre 2003

 

 

SENZA FINE LA FOLLIA DEL TERRORISMO:

NUOVI ATTENTATI AD ISTANBUL

 

Torna a colpire la violenza del terrorismo in Turchia. Diverse esplosioni, causate da Kamikaze, stamani hanno nuovamente sconvolto Istanbul. Colpiti soprattutto punti sensibili e di interesse britannici. Anche questa volta drammatico il bilancio delle vittime, un bilancio che purtroppo sembra destinato a salire. 25 sinora i morti - britannici, turchi e di altre nazionalità - e 400 i feriti. Tra le vittime anche il console britannico Roger Short. Una giornata che cade dopo i due sanguinosi attentati di sabato scorso sempre a Istanbul. Ci riferisce in studio Giancarlo La Vella:

 

*********

Due violentissime esplosioni che hanno preso di mira la banca britannica Hsbc e il consolato del Regno Unito. Per tutta la mattinata si sono inseguite voci contrastanti sull’entità della nuova offensiva terroristica. Sembrava in un primo momento che le esplosioni fossero cinque e che fosse stato colpito anche il consolato israeliano. Poi il ridimensionamento solo sulla carta di quanto successo, vista l’entità del numero delle vittime, e dietro cui ancora una volta c’è Al Qaeda. Dopo gli attentati, una persona ha telefonato all'agenzia turca Anadolu ed ha affermato che le esplosioni di questa mattina a Istanbul sono frutto di un'azione congiunta della rete di Osama Bin Laden e  del gruppo turco Ibda-C.

 

Nella città di Istanbul le autorità locali hanno decretato l’allarme rosso, ovvero il massimo grado d’allerta per la sicurezza pubblica. Unanime la condanna internazionale e il cordoglio per questa nuova giornata di sangue che colpisce soprattutto la Gran Bretagna. E proprio da Londra, dove si stanno incontrando, il presidente Bush e il premier Blair hanno ribadito la scelta della fermezza per battere il terrorismo. “Non riusciranno ad intimidirci e a demoralizzarci” – ha detto con forza il capo della Casa Bianca, confermando le tappe della transizione dei poteri in Iraq dalle forze anglo-americane ad un’autorità locale legittima. Gli hanno fatto eco le parole del premier britannico Blair secondo il quale “nessun compromesso, nessuna marcia indietro può essere intrapresa di fronte al terrorismo. Resteremo in Iraq fino alla fine”. Forte la preoccupazione di Javier Solana, alto rappresentante europeo per la politica estera: “gli attentati di oggi a Istanbul – ha detto – hanno colpito un Paese molto vicino all’Unione Europea e ci spingono a proseguire la cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo”.

*********

 

Ma perché colpire ora il consolato britannico e una banca britannica? Risponde il giornalista turco Dundar Kesapli, corrispondente da Roma per la televisione turca TV8:

 

*********

R. - Durante la guerra in Iraq i terroristi, Al Qaeda, avevano dichiarato l’inten-zione di colpire diversi Paesi del mondo. Visto e considerato che Istanbul, la Turchia è un Paese vicino all’Europa è forse più facile colpire questo posto per vendicare tutto quello che è accaduto durante la guerra in Iraq. E’ sicuramente un modo per vendicarsi, un modo per tenere sotto pressione i Paesi alleati, l’America, la Gran Bretagna, che hanno subito danni.

 

D. –  Soltanto sabato gli attentati alle due sinagoghe di Istanbul. Perché colpire di nuovo la città?

 

R. -  Forse perché vogliono arrivare fino in fondo a spaventare la gente. Dopo gli attentati che ci sono stati in varie località di Istanbul, molti li hanno definiti molto simili a quelli dell’11 settembre.

 

D. – La Turchia si aspettava questa ennesima tragedia?

 

R. – Dopo quelli delle sinagoghe forse no, però alla sinagoga può darsi che se l’aspettavano. Infatti c’erano misure di massima sicurezza intorno a tutte le ambasciate, obiettivo dei terroristi di Al Qaeda. Effettivamente è difficile dire se finiranno, quando finiranno questi attentati. E’ una triste constatazione dopo quanto è accaduto nel cuore di Istanbul.

*********

 

“Il terrorismo è una minaccia contro la civiltà” e “opera con inaudita violenza”. E’ quanto afferma il presidente della Repubblica, Ciampi, nel messaggio di cordoglio inviato al presidente della Repubblica di Turchia, Ahmet Mecdet Sezer. Tra lo sgomento di tutti, ci si chiede come sperare in una globalizzazione di quella volontà di pace più volte palesata da tanta parte dell’opinione pubblica in tutto il mondo. Fausta Speranza lo ha chiesto  al prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

**********

R. – Soltanto le opinioni pubbliche, in questo momento, hanno la possibilità di fare interventi davvero significativi. Ma naturalmente, quando dico opinione pubblica, non intendo soltanto quella delle grandi metropoli dell’Occidente; intendo dire anche l’opinione pubblica islamica. Noi sappiamo perfettamente che non tutto l’Islam è fondamentalista. Bene: perché non invitiamo il mondo islamico pacifico a manifestare con noi? Abbiamo addirittura inventato il modello della guerra delle civiltà e non abbiamo cercato di dialogare con l’Islam civile almeno quanto l’Occidente. Dall’11 settembre del 2001 abbiamo praticamente interrotto i canali di comunicazione con l’Islam. Cosa facciamo per aiutare, dal punto di vista economico, l’Islam per bene?

 

D. – Quindi, a parte l’aspetto mediatico, lei sta parlando proprio di responsabilità politica, in questo senso?

 

R. – Ma, io penso proprio di sì. E’ chiaro, si tratta di responsabilità politiche che non possono essere accollate a questo o a quello statista; è una storia che noi dobbiamo rimeditare, è la storia del rapporto tra il mondo occidentale, sviluppato, ricco e fortunato nei suoi rapporti con il mondo islamico o quanto meno, più in generale, con il mondo della povertà e dell’arretratezza. Dopo aver vinto la guerra con il comunismo, invece di aprire quella con l’Islam, si sarebbe dovuto cercare di aprire dei grandi canali di ‘conversazione’, cioè di rapporto reciproco con un mondo che, tra l’altro, sta espandendosi in tutte le aree del mondo sviluppato. Non possiamo continuare a considerarli soltanto dei nemici. Mi rendo conto che in questo momento c’è l’emergenza, c’è il pericolo, c’è anche la paura, suppongo, dei cittadini. Ma se noi cadiamo in questa spirale facciamo in realtà, tra l’altro, il gioco di quelle frange minoritarie ma proprio per questo ancora più capaci di agire e che continueranno a colpire.

**********

 

 

OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA

- Interviste con Luca Leoni, Maria Rita Saulle e Antonello Sacchetti -

 

Ricorre oggi la Giornata Mondiale per l’Infanzia in occasione degli anniversari di due importanti documenti internazionali per la tutela dei bambini nel mondo: la Dichiarazione dei diritti del bambino del 20 novembre 1959 e della Convenzione internazionale ONU sui diritti dell’Infanzia del 20 novembre 1989. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

**********

I bambini soggetti, portatori di diritti umani inviolabili, al pari degli adulti. Eppure, nel mondo sono ancora milioni i ragazzi e le ragazze tra gli 0 ed i 18 anni che nessuna legislazione tutela o difende da abusi e violenze generalizzate. Guerre, carestie, povertà sono solo alcuni dei flagelli che investono l’età dell’innocenza trasformando la vita in un incubo. La testimonianza di Luca Leoni, autore del libro-dossier “Infanzia Negata”:

 

“Sono 300 milioni i bambini che vivono in queste condizioni, ed è ancora più aberrante il fatto che a fronte di così tanti bambini sfruttati, violentati, rovinati per tutta la vita, l’altra faccia della medaglia siamo noi, in quanto società opulenta che molto spesso beneficia dello sfruttamento di questi bambini. I dati che mi hanno colpito di più, però, forse sono stati quelli sui bambini-soldato. C’è chi parla di 300 mila, chi di mezzo milione di bambini-soldato, ed è un po’ la fotografia della condizione infantile nel mondo”.

 

Ma quale significato attribuire allora alla giornata mondiale dell’infanzia, e quanto resta ancora da fare? Ce lo spiega Maria Rita Saulle, docente di diritti umani alla Sapienza di Roma:

 

“Non possiamo essere particolarmente soddisfatti, non solo perché i bambini spesso sono vittime di attentati e di guerre, mai come in questo periodo, ma anche perché negli Stati cosiddetti industrializzati o negli Stati più evoluti, la situazione dei bambini è spesso quella di abbandono, anche da parte dei genitori benestanti, oggetto di attentati alla loro innocenza attraverso l’internet, attraverso la pedofilia, attraverso varie situazioni. E c’è da dire che tutto questo potrebbe migliorare con maggiore attenzione e soprattutto applicando il principio della Convenzione che parla del superiore interesse del minore”.

 

Molto è stato fatto in questi ultimi anni in materia di difesa dell’infanzia e di promozione dei diritti dei più piccoli, soprattutto nei Paesi più avanzati. Ma c’è veramente da stare tranquilli? Antonello Sacchetti, portavoce di Save the Children Italia:

 

“In genere siamo tutti convinti che i problemi come la fame, come il diritto alla vita, come il diritto all’istruzione siano problemi, tematiche esclusive dei Paesi in via di sviluppo. Non è così. Per esempio, nella civilissima Gran Bretagna, quindi – insomma – in Europa, in una realtà molto simile alla nostra, quella italiana, c’è invece un problema di povertà, un problema che riguarda un milione di ragazzi sotto ai 18 anni; per povertà intendo una condizione che sfiora l’indigenza, cioè si fa fatica a raggiungere le calorie necessarie a vivere, si fa fatica a trovare il denaro per comprare indumenti pesanti per l’inverno ed ovviamente tutto questo si paga anche in termini di esclusione sociale, quindi si paga con il ritardo nelle scuole, con il ritardo nella crescita e poi, ovviamente, nel mondo del lavoro”.

**********

 

 

VISTO PER LA PRIMA VOLTA DOPO SEI ANNI IL VESCOVO CINESE SU ZHIMIN:

E’ ANCORA AGLI ARRESTI

- Intervista con padre Bernardo Cervelliera -

 

Dopo più di 6 anni, per la prima volta il vescovo cinese mons. Giacomo Su Zhimin è stato visto in un ospedale di Baoding, nella provincia cinese dell’Hebei. E’ stato arrestato almeno 5 volte, l’ultima nel ’97. Ne ha dato notizia Asia News, l’agenzia del Pime, che riprende le informazioni diffuse dalla Kung Foundation di Stanford. Per avere più informazioni Debora Donnini ha sentito il direttore di Asia News, padre Bernardo Cervellera.

 

**********

R. – Il fatto è che è stato visto all’ospedale, dove sembra sia stato curato per un’operazione all’occhio e al cuore, perché ammalato. Lui ha 72 anni. Il punto è che alcuni fedeli sono andati a visitarlo, ma all’ospedale hanno detto che non c’era, che non era registrato tra i pazienti. Chi l’ha visto ha detto che il vescovo era circondato da almeno una ventina di poliziotti. Questo significa due cose: o che il vescovo è molto grave, perché ormai da sei anni è rimasto isolato in un luogo che nessuno conosceva, anzi alcuni temevano che fosse morto; oppure che il vescovo sta per essere ‘restaurato’ per essere liberato. Questo perché appunto da oltre sei anni tantissimi gruppi, organizzazioni non governative, ed anche governi hanno chiesto la sua liberazione. Perché lui, assieme al suo vescovo ausiliare Francesco An Su Shin, sono praticamente i prigionieri da più tempo nelle mani della polizia cinese.

 

D. – Quindi, come commenta lei questa notizia?

 

R. – Io trovo che anzitutto sia un miracolo che sia vivo. Però, bisogna anche chiedere al governo cinese che liberi veramente questi vescovi e tanti altri sacerdoti arrestati, e garantisca la libertà religiosa alla popolazione cinese. Vorrei anche dire che da diversi anni molti monasteri di clausura stanno pregando per la liberazione di questi vescovi.

 

D. – Mons. Giacomo Su Zhimin è vivo, però non si sa dove sia attualmente…

 

R. – Non si sa dove sia, perché è scomparso anche dall’ospedale. Bisogna pregare intensamente, fare pressioni sul governo cinese perché questi vescovi vengano liberati. Sono anziani e quindi hanno una salute molto cagionevole.

**********

 

 

IL VATICANO, LA STAMPA CATTOLICA E LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

A 65 ANNI DALLA PROMULGAZIONE.

PRIMO PIANO SUL MOVIMENTO POPOLARE DI BOLOGNA E “L’AVVENIRE D’ITALIA”

- A cura di A.V. -

 

Concludiamo la nostra inchiesta sulle reazioni della stampa cattolica alla legislazione razziale italiana del 1938, nel 65° anniversario della promulgazione. Fedeli alla voce del Papa Pio XI, fermo avversario del nazionalismo e del razzismo, rimasero anche sotto il regime fascista “L’Osservatore Romano” e “La Civiltà Cattolica”. Gli altri organi diocesani e confessionali subirono alterne vicende, determinate dalla censura dell’epoca: molte testate cattoliche vennero chiuse, altre subirono pesanti minacce e saccheggi nelle redazioni. Ma sentiamo in proposito A.V.:

 

**********

A Bologna, dove la presenza cattolica era importante, anche in termini di cooperazione sociale, già dalla fine dell’800, e dove nel 1919 era sorto il Partito Popolare Italiano, nel 1920 il Comune viene commissariato, e dopo la Marcia su Roma del ’22 il Fascismo si impossessa progressivamente dell’amministrazione provinciale. Anche il mondo cattolico non resta indenne da questo processo, spiega lo storico Giampaolo Venturi, autore del libro “Il Partito Popolare Italiano in Emilia Romagna 1919-1926” (Ed. Cinque Lune):

 

R. – Dal ’23, soprattutto, la stampa bolognese si allinea progressivamente a favore del Fascismo, perché rinvia all’insieme dei giornali presieduto da Giovanni Grosoli di Ferrara, il quale fa la scelta del Centro nazionale italiano. Il giornale propriamente impegnato dal fascismo era “Il Resto del Carlino”.

 

D. – Le voci libere dei cattolici popolari come si esprimono allora?

 

R. – Attraverso altri periodici direttamente di partito o attraverso voci collaterali, come ad esempio giornali con titoli significativi del tipo “La Semente”, in formato tra l’altro molto piccolo, ed ancora più piccolo “Il Sementino”. Fra la stampa cattolica dell’epoca anche "Il Mulo" di Rocca d'Adria (sequestrato e sospeso a fine 1924), il “Diario” di Imola, periodico della Diocesi diretto da Don Giovanni Bettelli e "La sorgente” diretta da C. Strazziari, nata nel 1924, chiusa due anni più tardi, , che si avvalse della collaborazione di F. Milani e V. Gotti. Nel ‘26  “L’Avvenire” cambia proprietà e viene affidato ad un gruppo che viene da Milano, intitolato al cardinal Ferrari, allora dei Paolini. Poi, nel ’27, arriva il direttore Raimondo Manzini. Da quel momento “L’Avvenire” fa una scelta diversa. Non potendo scegliere di essere un giornale politico – non c’erano più testate libere, allora si trovò la soluzione: si scelse di fare un giornale religioso. Quindi, Manzini, che era il più adatto in questo senso, perché era di fatto un consacrato laico, venne a Bologna con l’intento di fare un giornale religioso, prendendo anche posizione con coraggio e con il rischio di essere soppresso, ma mantenendosi sempre su questa linea di un giornale che esprimeva il modo di essere della Chiesa. Fra i collaboratori dell'"Avvenire" in quegli anni: Salviati, Corsanego, Gonella, Civardi, Baroni, Bargellini, Dalla Torre. Si sono avuti punti di frizione anche molto forti, non solo nei confronti del “Resto del Carlino” nelle sue posizioni fasciste, ma soprattutto del locale “Assalto”. “L’Assalto” era il periodico locale del fascismo bolognese, che ha contato, non dimentichiamolo, nomi di importanza nazionale, a cominciare da Grandi, lo stesso Arbinati e Pini,  poi direttore del “Resto del Carlino fra il ’43 e il ‘45.

 

D. – 1931-1938: l’attacco all’Azione Cattolica, l’emanazione delle Leggi Razziali. L’opposizione della Chiesa cattolica in questi due casi sulla stampa è comparabile?

 

R. – In entrambi i casi la situazione della stampa, pensando in particolare a “L’Avvenire”, fu di estrema misura. Manzini aveva questa capacità (non va dimenticato che poi fu chiamato nel ’58 alla direzione de “L’Osservatore Romano”), di dirigere un giornale in termini diplomatici, se posso esprimermi così. Manzini condusse tutta la “battaglia” sia nell’uno che nell’altro caso, durante tutto il decennio, con estrema tensione e ribadendo sempre la dimensione ecclesiale, il magistero pontificio in genere della Chiesa, come diverso da tutta l’impostazione che veniva data. “L’Avvenire” costituiva una sorta di alternativa all’unico modo di pensare e di scrivere che veniva presentato nel Paese. Anche perché il riferimento stabile de “L’Avvenire” era “L’Osservatore Romano”. Quindi, era proprio la stampa del Papa che in qualche modo era autonoma, che faceva da misura per “L’Avvenire”. “L’Avvenire” in quegli anni ’30 non fu più soltanto il giornale regionale, acquistò un prestigio crescente.

 

D. – Quali erano le firme, gli intellettuali che scrissero all’epoca?

 

R. – Penso al personaggio più noto di Bologna del Partito Popolare, che era Fulvio Milani. Rimase nel giro bolognese, ma al riparo da ogni accusa di continuare a fare partito. La posizione di Milani era la posizione anche di altri, i quali, nello stesso modo, facevano uso di uno pseudonimo. Non dimentichiamo il caso di De Gasperi, illuminante per tutti. Gli pseudonimi erano necessari, per continuare a collaborare. Fra i personaggi oggi più considerati del tempo, figura interessante è stata quella di don Emilio Faggioli, assistente scouts; e anche il domenicano padre Casati.

**********

 

   

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

20 novembre 2003

 

 

 

LA FORTE PREOCCUPAZIONE DEI VESCOVI EUROPEI PER L’APPROVAZIONE,

IERI POMERIGGIO, AL PARLAMENTO DELL’UNIONE DI UNA RACCOMANDAZIONE

A FAVORE DEL FINANZIAMENTO UE DI PROGETTI DI RICERCA

CHE UTILIZZANO EMBRIONI UMANI E CELLULE STAMINALI EMBRIONALI UMANE

- A cura di Fausta Speranza -

 

**********

STRASBURGO. = Forte preoccupazione esprime la Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (Comece) in seguito all’approvazione da parte del Parlamento dell’Unione di una raccomandazione a favore del finanziamento di progetti di ricerca che prevedono l’utilizzo di embrioni umani e di cellule staminali embrionali umane. Il voto al Parlamento europeo c’è stato ieri pomeriggio con 298 sì, 214 no e 21 astenuti. Secondo i vescovi europei, ricerche di questo tipo “sollevano fondamentali problemi morali” e proprio per questo “la legislazione interna di molti Stati membri dell’Unione non le ammette” e, inoltre, quegli stessi Stati “si sono opposti quando si è trattato di stanziare fondi del budget europeo”. Il voto di ieri – spiegano i vescovi europei – contrasta la condizione posta dalla Commissione, secondo la quale soltanto gli embrioni esistenti prima della data limite del 27 giugno 2002 possono essere usati, e dunque distrutti, allo scopo di ottenere cellule staminali embrionali. Inoltre – avvertono i vescovi – si apre la strada alla possibilità di incentivare indirettamente la creazione di embrioni umani al solo scopo di sfruttarli per le ricerche.  Con la raccomandazione rivolta al Consiglio dei Ministri dell’Unione perché non approvi il via libera allo stanziamento di fondi, i vescovi ribadiscono di restare contrari, in linea di principio, alla distruzione di qualsiasi embrione umano con l’obiettivo di ottenere cellule staminali.

**********

 

 

ALLARME EMIGRAZIONE IN LIBANO. LA DENUNCIA ARRIVA DAI VESCOVI E PATRIARCHI

RIUNITI A BKIRKI. LA PREOCCUPAZIONE MAGGIORE RIGUARDA I GIOVANI

CHE VANNO VIA PER NON TORNARE PIU’ .

PRESENTATE LE LINEE GUIDA PER LIMITARE IL FENOMENO

 

BEIRUT. = Una continua emorragia di risorse umane che il Libano vive a causa della partenza, senza prospettive di ritorno, di molta parte dei giovani cristiani. E’ quanto denuncia la Chiesa cattolica libanese, attraverso l’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici libanesi, che si è riunita a Bkirki, sede del Patriarcato maronita. La 37.esima sessione annuale è stata consacrata al tema dell’emigrazione e della diaspora, focalizzando innanzitutto l’attenzione sul primo punto, “una delle piaghe più sanguinose della comunità cristiana nel Paese dei Cedri”. L’incontro ha visto la partecipazione del Patriarca maronita Nasrallah Butros Sfeir, del Patriarca armeno Nerses Bedros XIX, e del Patriarca melchita Gregorios III Laham. Presenti anche numerosi vescovi delle varie diocesi. Un quadro preoccupante quello che emerge dal documento finale dell’incontro: la scelta dei giovani libanesi di emigrare all’estero ha raggiunto, negli ultimi anni, livelli allarmanti. Elemento ancor più grave: i giovani lasciano il Paese con l’intenzione di non rientrare mai  più. L’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi offre dunque delle linee guida per ridurre gli effetti di questa “emorragia di risorse umane”. I prelati vogliono un’applicazione “adeguata e fedele” degli accordi di Taif del 1990 che sancivano la fine della guerra civile libanese. Non manca un accenno di critica alla “sovranità” non paritaria in chiaro riferimento alla presenza militare siriana nel paese. Uno dei maggiori ostacoli ad un eventuale rientro dei giovani in patria sta poi nelle norme che riguardano il servizio di leva. Riguardo a questo punto, il Patriarca Sfeir ha fatto appello affinché i giovani nati o vissuti all'estero per più di 5 anni siano esonerati dal servizio militare. (S.S.)

 

 

SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA DI “REPORTER SAN FRONTIERES”

PER RICORDARE I 130 GIORNALISTI IN PRIGIONE IN DIVERSE REGIONI DEL MONDO.

UN MODO PER CELEBRARE LA LIBERTA’ D’INFORMAZIONE,

COME DIRITTO FONDAMENTALE PER TUTTI

 

MILANO. = Una giornata per la libertà d’informazione e per la liberazione dei 130 giornalisti, attualmente detenuti per aver fatto il loro lavoro in venti Paesi dove non esiste liberta' di espressione. Questo il senso della celebrazione odierna organizzata in tutto il mondo da “Reporter sans frontieres”, cha alla vigilia ha diffuso una serie di dati sulla difficile situazione dell’informazione in alcune regioni del mondo. Al 30 ottobre scorso sono stati uccisi 31 reporter, più di 350 sono stati indagati e 600 minacciati o aggrediti; 250 le testate censurate. ''Per la metà dei Paesi che siedono all'Onu - scrive “Reporter sans frontieres” - la libertà di stampa è un'espressione priva di significato: un principio sì affermato, ma altrettanto disinvoltamente sbeffeggiato, nonostante la maggior parte di questi Stati abbiamo firmato e ratificato tutti i trattati e le convenzioni che garantiscono questo fondamentale diritto''. A Milano la sezione italiana dell'associazione, per sostenere la propria opera, ha messo in vendita un magazine con 80 immagini scattate da Helmut Newton ed ha invitato le redazioni ad adottare sei giornalisti le cui condizioni fisiche sono particolarmente gravi. (S.S.)

 

 

I CAMPESINOS SONO ARRIVATI IERI A BRASILIA PER CHIEDERE

AL PRESIDENTE LUIZ IGNACIO LULA DA SYLVA LA RIFORMA AGRARIA.

CHIESTI MAGGIORI STANZIAMENTI PER I DIRITTI DERIVANTI

DALLA CONFISCA DI TERRENI E LA FORMAZIONE DEI LAVORATORI

 

BRASILIA. = E’ arrivata ieri a Brasilia la marcia dei circa 1.700 “campesinos” partiti lo scorso 10 novembre da numerosi stati brasiliani per partecipare alla “Marcia nazionale per la riforma agraria”. La Confederazione nazionale dei lavoratori dell’agricoltura chiede al governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva di stanziare il prossimo anno, nel budget della riforma agraria, quattro miliardi di reales - circa un miliardo e 136 milioni di euro- per il pagamento dei soli diritti sulle terre che dovrebbero essere confiscate dallo Stato e distribuite ai contadini senza terra. Richiesto, inoltre, lo stanziamento, nei prossimi quattro anni, di un totale di 7 miliardi e 700 milioni di reales, anche per la necessità di formare i lavoratori e di dotarli delle strutture minime per avviare l’attività agricola. Per oggi è attesa, nel centro della capitale, la riunione di circa 5mila “campesinos”, giunti da ogni parte del Paese. Incontreranno il ministro dello sviluppo agricolo, Miguel Rossetto, che tenterà di illustrare i piani del governo. Lula nelle scorse settimane aveva dovuto fare marcia indietro rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale, ammettendo di non avere denaro sufficiente a garantire l’assegnazione di terre a più di 25 mila famiglie tra il 2003 e il 2004. (S.S.)

 

 

A QUARANT’ANNI DALLA MORTE, E’ ANCORA VIVO IL RICORDO DELLA FIGURA

 DI JOHN FITZGERALD KENNEDY. PER RICORDARE LA STRAORDINARIA PARABOLA UMANA E POLITICA DEL PRESIDENTE AMERICANO, LA CAMERA DEI DEPUTATI HA ORGANIZZATO UN CONVEGNO E UNA MOSTRA A MONTECITORIO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

**********

ROMA. = A quarant’anni dalla sua tragica morte, John Fitzgerald Kennedy continua ad essere una delle figure più popolari nel mondo, fonte di ispirazione per molti, e non solo negli Stati Uniti. Per celebrare il carismatico leader americano, a Montecitorio è stata allestita una suggestiva mostra, inaugurata stamani con un convegno di studi introdotto dal presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini. All’incontro, oltre a numerosi studiosi, sono intervenuti lo storico Arthur Schlesinger, tra i più stretti collaboratori di Kennedy, e la sorella del presidente americano, Jean, che lo accompagnò nella visita in Italia, nel luglio del 1963, quattro mesi prima dell’assassinio a Dallas. La mostra, curata dal giornalista Gianni Bisiach, ripercorre i principali momenti della vicenda personale e politica del presidente Kennedy, primo e finora unico cattolico ad insediarsi nella Casa Bianca. Attraverso immagini, riviste, libri e giornali vengono raccontati passaggi cruciali della sua breve, ma intensa presidenza: dalla crisi di Cuba alla lotta per i diritti civili, dal confronto con l’Unione Sovietica di Krusciov alla conquista dello spazio, ancora allo storico incontro in Vaticano con Papa Paolo VI. Un presidente insomma molto più concentrato sulla politica estera che su quella interna. Nel suo intervento, Casini ha sottolineato la grande attualità dell’aspirazione kennedyana alla pace, all’eguaglianza, alla libertà, così come il richiamo al multilateralismo sempre ricercato da Kennedy, convinto che le Nazioni Unite andassero rafforzate nel mondo diviso in due blocchi. Schlesinger ha invece messo l’accento sulla grande considerazione che il più giovane presidente americano nutriva per l’Europa. Era convinto che un’Europa forte non sarebbe stata un rivale, bensì un partner dell’America. Quindi, con una serie di aneddoti ha parlato del viaggio in Italia di Kennedy. Visitando il Campidoglio – ha ricordato – il leader di un Paese d’immigrati fece notare che rappresentava più italiani del sindaco di Roma.

**********   

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

24 ORE NEL MONDO

20 novembre 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Mentre il terrorismo continua a mietere vittime in Turchia, le violenze non si placano neppure in Iraq. Diversi attacchi si sono succeduti questa mattina, sia da parte irachena che americana. Ecco la cronaca:

 

*********

Tre vittime a Kirkuk, almeno 2 a Ramadi: sono ormai le esplosioni delle autobombe a scandire il passare delle ore in un Paese che – come ha dichiarato al Corriere della Sera il nunzio, mons. Fernando Filoni – vive “una sorta di deterioramento”: alto il tasso di violenza, “molto ridotta” l’attività diplomatica. Tra gli errori da evitare, ha aggiunto il presule, quello di abbandonare l’Iraq a se stesso e quello di imporre agli iracheni “prospettive e soluzioni che non sentono come proprie”.

 

Le vittime degli attacchi di questa mattina – alle quali va aggiunta anche una guardia, uccisa davanti all’ambasciata giordana di Baghdad – sono stati gli esponenti del partito curdo, membri del nuovo governo provvisorio, e quelli di un Consiglio locale giudicato troppo vicino agli americani. La stessa colpa che, martedì sera a Bassora, era costata la vita ad un membro del Movimento democratico assiro. Ma le violenze delle ultime ore non hanno risparmiato neppure i bambini – ieri ne sono morti due, per l’esplosione di un ordigno in una scuola di Kerbala – né, va detto, gli stessi iracheni, duramente colpiti dall’intensificarsi dell’offensiva militare americana.

 

Il raid più pesante è avvenuto stamattina a Tikrit, città natale di Saddam Hussein: almeno 10 le vittime, presunti autori di un attacco nei giorni scorsi. Altre 8 persone erano state uccise  ieri, nell’operazione “Martello di ferro”, lanciata dalla Casa Bianca. Da Londra, Bush ha cercato di giustificarla, affermando che la sicurezza mondiale riposa su “tre pilastri: istituzioni multilaterali, capacità di ricorrere alla forza quando necessario ed esportazione della democrazia e dello sviluppo”. Parole che, evidentemente, non hanno convinto gli inglesi: saranno in decine di migliaia, oggi pomeriggio, a sfilare verso il Parlamento, in segno di protesta contro il vertice di questa mattina tra il presidente degli Stati Uniti ed il premier Blair.

*********

 

“Teheran ha commesso omissioni ed infrazioni, ma è pronta a collaborare”. Lo ha affermato Mohammed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia Onu per l’energia atomica, che oggi e domani è riunita a Vienna per discutere della crisi nucleare iraniana. El Baradei ha chiesto maggiori poteri al Consiglio dei governatori ed ha annunciato l’avvio di ispezioni più severe nei confronti dell’Iran.

 

Importante arresto in Algeria: in carcere Rachid Abu Tourab, leader del Gruppo islamico armato. Ferito in uno scontro a fuoco, era rifugiato nella casa dei suoi genitori a Saoula, alle porte di Algeri. In più occasioni, la stampa algerina aveva annunciato la sua morte: l’ultima volta, a luglio. I fondamentalisti del Gia, contrari alla politica di riconciliazione nazionale del presidente Bouteflika, sono impegnati in una lotta armata con l’esercito che, dall’inizio dell’anno, ha già causato 840 vittime.

 

Israele è disposto ad accettare la road map, ma “solo se la sua attuazione sarà verificata esclusivamente dagli Stati Uniti”. Così il governo dello Stato ebraico ha risposto, stamattina, alla risoluzione 1515 approvata nella notte dall’Onu, che ha adottato il piano di pace elaborato con Washington, Bruxelles e Mosca. Sul terreno, intanto, è da segnalare la morte di una turista ecuadoriana, rimasta ferita ieri in un attacco al valico di Eilat.

 

Dopo tre anni di monitoraggio nella Repubblica democratica del Congo, il Consiglio di sicurezza dell’Onu è tornato a condannare il saccheggio delle risorse naturali nel Paese africano. Ce ne parla Alessandro Guarasci:

 

*********

Il documento, consegnato al Palazzo di Vetro il 30 ottobre scorso, sottolinea che lo sfruttamento illegale delle risorse congolesi costituisce una delle principali fonti di finanziamento dei gruppi armati protagonisti del conflitto in ex Zaire. Il Consiglio ha condannato “categoricamente” il saccheggio, chiedendo che cessi al più presto ed invitando “tutti gli Stati coinvolti, soprattutto quelli confinanti, a prendere misure appropriate” in tal senso. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha inoltre precisato come lo sfruttamento delle risorse congolesi sia strettamente legato al traffico di armi, e per questo ha fatto sapere che è attualmente in fase di studio “un meccanismo di sorveglianza” che consentirebbe un monitoraggio più efficace delle violazioni all’embargo sulle armi destinate all’ex Zaire decretato lo scorso luglio. Sottolineato, inoltre, che un “elemento determinante”, per mettere fine allo sfruttamento illegale delle risorse congolesi, è rappresentato dal ripristino dell’autorità dello Stato, attraverso il governo di unità nazionale attualmente in carica a Kinshasa, su tutto il territorio nazionale.

********

 

Terribili violenze in Assam, nel nordest dell’India, contro le minoranze di lingua indi e bengali: almeno 36 vittime negli ultimi due giorni. In vigore il coprifuoco, ma per ora il governo non invia soldati.

 

Rallenta il processo di pace in Burundi: la trasformazione delle Forze per la difesa della democrazia da gruppo di guerriglia in partito politico, prevista per oggi, è stata rimandata sine die.

 

 

I deputati del nord Uganda hanno lasciato il Parlamento: vi ritorneranno solo quando il governo affronterà la grave crisi della regione. Appello alla comunità internazionale, per un aiuto “anche militare”.

 

14 persone sono in ostaggio da martedì su due piattaforme petrolifere nel delta del Niger. I sequestratori hanno chiesto un elevato riscatto al governo nigeriano, che ha inviato sul posto la marina.

 

Shevarnadze torna in testa: il suo partito avrebbe vinto le elezioni del 2 novembre in Georgia. I risultati ufficiali diffusi poco fa a Tbilisi gli attribuiscono il 21 per cento dei voti.

 

Tragedia nella notte a Roma, per l’incendio di una baracca abitata da sei rumeni nel quartiere Tuscolano. Quattro di loro sono morti, gli altri due sono rimasti gravemente ustionati.

 

 

 

=======ooo=======