RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 323 - Testo della Trasmissione di mercoledì 19 novembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La discesa umiliante del figlio di Dio fatto uomo, vero fratello dell’umanità sofferente, e la sua ascesa trionfale quale Signore di tutto il cosmo: al centro dell’odierna catechesi del Papa all’udienza generale

 

L’urgenza di una specializzazione nell’annuncio del Vangelo agli immigrati: è quanto emerso, oggi a Roma, nella seconda giornata del Congresso mondiale per la Pastorale dei migranti e dei rifugiati. Intervista con il prof. Stefano Zamagni.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Partiti e sindacati in Italia manifestano insieme contro il terrorismo. Oggi le cerimonie funebri delle vittime di Nassiriya nei paesi d’origine. Attesa per il discorso di Bush a Londra mentre in Iraq le truppe americane bombardano posizioni della guerriglia a Baghdad e Tikrit. Ai nostri microfoni, il maggiore Claudio Cappello e Raffaele Salinari, di “Terre des Hommes-Italia”

 

Il “Corriere della Sera” premiato come miglior quotidiano europeo: con noi, il direttore Stefano Folli

 

La stampa cattolica e le leggi razziali, a 65 anni dalla loro promulgazione da parte del regime fascista: ce ne parla lo storico gesuita padre Giovanni Sale.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In un documento pubblicato alla fine della loro assemblea plenaria, i vescovi argentini manifestano la loro preoccupazione per una proposta di legge a favore dell’aborto

 

La promozione di un rinnovato slancio missionario, iniziativa della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani

 

Il Dalai Lama, leader spirituale dei buddisti tibetani, sarà a Roma dal 25 al 28 novembre prossimi

 

Lutto nel mondo della letteratura: è morto lo scrittore Michele Prisco

 

Nel martoriato Afghanistan, è nata l’emittente televisiva “Aina”, che trasmetterà programmi culturali, sociali e sportivi nelle quattro lingue locali

 

Nella Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Onu, sarà inaugurata a Santiago del Cile una mostra fotografica per rappresentare il dolore delle donne cilene vittime di maltrattamenti.

 

24 ORE NEL MONDO:

Continua la visita in Italia del premier israeliano, Sharon: oggi l’incontro col presidente Ciampi

 

Si vota in Mozambico per le amministrative

 

Arrestati in Turchia i presunti responsabili dei recenti attentati antiebraici

 

Riapre il parlamento dello Sri Lanka.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 novembre 2003

 

 DIO DISCESO IN TERRA E RISALITO UOMO AL CIELO: LA RIFLESSIONE DEL PAPA

NELLA CATECHESI ODIERNA, ALL’UDIENZA GENERALE NELL’AULA PAOLO VI,

DEDICATA ALLA LITURGIA DEI VESPRI. TRA I TANTI FEDELI STRETTI

ATTORNO AL PAPA, CHE E’ APPARSO IN BUONA FORMA, I PARTECIPANTI

AL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE DEGLI ZINGARI UNGHERESI

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Espressione liturgica, di grande profondità teologica, della Chiesa nei primi secoli, il Cantico biblico scelto dal Papa dalla “Lettera di san Paolo ai cristiani di Filippi, la città greca che fu la prima tappa dell’annunzio missionario dell’Apostolo in Europa”.

 

“Ed è una gioia associarsi a distanza di due millenni alla preghiera della Chiesa apostolica”

 

In questo Cantico – ha spiegato il Santo Padre, leggendo con voce chiara il suo discorso - troviamo le due dimensioni: da un lato “la discesa umiliante del Figlio di Dio, quando, nell’Incarnazione diventa uomo per amore degli uomini”, e piomba nella kenosis, cioé svuotato “della sua gloria divina, spinto fino alla morte sulla croce”, “vero fratello dell’umanità sofferente, peccatrice e reietta”; d’altro lato “l’ascesa trionfale, che si compie nella Pasqua, quando Cristo viene ristabilito dal Padre nello splendore della divinità”, “celebrato Signore da tutto il cosmo  e da tutti gli uomini ormai redenti”. Il Cristo “vicino a noi nella sofferenza e nella morte”, “ora ci attrae a sé nella gloria, benedicendoci e facendoci partecipi della sua eternità”.

 

“applausi…”

 

L’applauso caloroso, al termine della catechesi, dei fedeli di tanti Paesi che  Giovanni Paolo II ha salutato nello loro lingue, e tra questi i partecipanti al pellegrinaggio nazionale degli Zingari ungheresi, che hanno intonato una struggente melodia

 

“musica…”

 

Quindi il Papa ha ricordato la prossima Giornata per le claustrali, venerdì prossimo 21 novembre, raccomandando di non far mancare ai loro Monasteri “il necessario sostegno spirituale e materiale”

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa nel corso della mattinata ha ricevuto in udienza l’arcivescovo di Nova di Cesare, mons. Rino Passigato, nunzio apostolico in Perù.

 

 

LA FORMAZIONE PERMANENTE E L’AGGIORNAMENTO

CHIAVI FONDAMENTALI PER LA MISSIONE DELLA LA CHIESA VERSO GLI IMMIGRATI E I RIFUGIATI. ALL’AUGUSTINIANUM, SECONDA GIORNATA DI LAVORI

DEL QUINTO CONGRESSO MONDIALE SUL TEMA DELLE MIGRAZIONI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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C’è una “grammatica del dialogo e del rispetto reciproco” che la Chiesa, ma anche le istituzioni civili, possono imparare dall’immigrazione, volontaria o forzata che sia. Una grammatica che sollecita il cristiano “alla pratica della gratuità e al ‘rischio’ del dono”. L’affermazione ha concluso questa mattina l’intervento dell’arcivescovo Agostino Marchetto, in apertura della seconda giornata di lavori del quinto congresso mondiale dedicato alla pastorale dei migranti e dei rifugiati, in corso all’Augustianianum di Roma. Con l’intervento di mons. Marchetto, il congresso è entrato nel vivo della sua analisi, ovvero individuare nuove piste per la cosiddetta missio ad migrantes che per la Chiesa rappresenta una frontiera “calda”, attualissima, della più ampia missio ad gentes. Un tipo di missione che necessita di un aggiornamento e di una specializzazione: entrambi ottenibili solo grazie ad una “formazione permanente” a tutti i livelli di ogni Chiesa locale.

 

L’immigrato che ha lasciato terra e abitudini, costretto dalla povertà o da un conflitto, anche nel nuovo Paese d’adozione deve anzitutto poter ascoltare l’annuncio del Vangelo nella sua lingua. E deve poter trovare nelle strutture della Chiesa, a partire dalle parrocchie, luoghi di accoglienza, di integrazione, di difesa dei suoi diritti di immigrato, al pari di quelli dei suoi nuovi concittadini. Il questo contesto, “una figura-chiave” è stata individuata nel cappellano-missionario, definito un “uomo-ponte tra due culture e mentalità” e per questo chiamato ad “evitare ogni forma di imperialismo culturale” e a “capire che diventare cristiani non significa farsi occidentali”. E’ comprensibile, dunque, che la missione ai migranti imponga una acuta sensibilità di tipo culturale, ecumenico e interreligioso. Su questi aspetti specifici si sono soffermati il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Walter Kasper, segretario del dicastero per l’Unità dei cristiani, e mons. Pier Luigi Celata, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. In un mondo sempre più pluralista ed interetnico, ma spesso impedito - ad esempio dal terrorismo - ad aprirsi al “diverso”, la Chiesa deve levare la propria voce, ha affermato il cardinale Poupard, perché il dialogo tra culture e religioni “avvenga nel rispetto della libertà e della coscienza delle persone”.

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Ma qual è l’attuale situazione in cui versano i rifugiati, rispetto a chi emigra per motivi di lavoro? Al microfono di Giovanni Peduto, risponde uno dei relatori del Congresso, il prof. Stefano Zamagni, presidente del Comitato internazionale cattolico per le migrazioni.

 

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R. – Quando si parla di migranti, il riferimento costante oggi, a livello anche di mass media, è sui migranti per ragioni di lavoro, cioè i cosiddetti migranti economici. In questo modo si è dimenticata la categoria dei rifugiati, di coloro i quali sono costretti ad abbandonare il proprio Paese per minacce serie alla propria esistenza. Un conto è fuggire perché si ha fame, altro conto è fuggire perché si è minacciati di morte. Nonostante la Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati sia stata sottoscritta nel 1951, a tutt’oggi, virtualmente, nessuno Stato ha incorporato nella propria legislazione regole specifiche relative ai rifugiati. Con quale conseguenza? La prima è che se una persona si vede rifiutato lo status di rifugiato non sa dove andare. E poiché il Paese da cui proviene non lo vuole indietro, questa persona inevitabilmente andrà ad ingrossare le file del mercato del lavoro nero o peggio ancora della criminalità organizzata. La seconda ragione ha a che vedere con il fatto che le legislazioni sui richiedenti asilo devono essere fra di loro armonizzate. In altre parole, le regole devono essere decise a livello transnazionale.

 

D. – Come vede lei la situazione in un immediato futuro?

 

R. – La situazione, se non si interviene con misure adeguate, sarà esplosiva. Perché è ovvio che la globalizzazione aumenterà il flusso migratorio. E questo perché la globalizzazione comporta la creazione di un mercato del lavoro globale. Non si può della globalizzazione volere la mondializzazione del mercato delle merci e dei servizi e dei capitali e quella del lavoro. Ovviamente ci sono alcuni progetti che in sede internazionale vengono portati avanti. Noi stessi diamo come Ong un contributo a questo riguardo. Ma purtroppo, devo dire, la difficoltà è quella di far comprendere l’urgenza di intervenire con un approccio veramente globale e non settoriale, come adesso avviene.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Il Cantico è ritenuto espressione della liturgia cristiana delle origini ed è una gioia per la nostra generazione potersi associare, a distanza di due millenni, alla preghiera della Chiesa apostolica” è il messaggio che il Santo Padre ha rivolto ai fedeli nel corso dell’Udienza Generale introducendo la catechesi dedicata al Cantico Fil 2, 6-11 “Cristo, servo di Dio”. In Iraq s’intensifica l’offensiva statunitense: Bush non prevede una nuova risoluzione dell’Onu; a Baghdad e al Parlamento Europeo celebrazioni in suffragio dei morti di Nassiriya; Medio Oriente: nuovi scontri in Cisgiordania; la Ue ribadisce che la costruzione del “muro” ostacoli i negoziati di pace.

 

Nelle pagine vaticane, la presentazione del libro “Paolo VI , Maestro della Parola” di padre Leonardo Sapienza e due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Africa.

 

Nelle pagine estere, la visita del presidente Bush in Gran Bretagna; Ue-Usa: l’incontro tra i ministri degli Interni riafferma i legami transatlantici Terrorismo: nello Yemen rafforzate le misure di sicurezza; la Corea del Sud sgombera l’Ambasciata in Afghanistan per le minacce di “Al Qaeda”; secondo un rapporto internazionale, in Occidente e in Russia ci sarebbero forti carenze nella prevenzione della diffusione di materiali per armi di distruzione di massa.

 

Nella pagina culturale, un ricordo dello scrittore Michele Prisco, morto nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 e una pagina monografica su “Leone XIII nel passaggio fra due secoli” del cardinale Renato Raffaele Martino.

 

Nelle pagine italiane, i funerali in forma privata delle vittime della strage di Nassiriya.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 novembre 2003

 

PARTITI E SINDACATI IN ITALIA MANIFESTANO INSIEME CONTRO IL TERRORISMO.

OGGI LE CERIMONIE FUNEBRI DELLE VITTIME DI NASSIRIYA NEI PAESI D’ORIGINE.

ATTESA PER IL DISCORSO DI BUSH A LONTRA MENTRE IN IRAQ LE TRUPPE AMERICANE BOMBARDANO POSIZIONI DELLA GUERRIGLIA A BAGHDAD E TIKRIT

- Intervista con Claudio Cappello e Raffaele Salinari -

 

 

Uniti contro il terrorismo: oggi a Firenze, Pisa e Arezzo i sindacati manifestano insieme per dire sì alla pace e no qualsiasi opzione terroristica. Ce ne parla Paolo Ondarza.

 

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Con un minuto di silenzio per i caduti di Nassiriya è iniziata questa  mattina al palasport di  Firenze,  la manifestazione dei sindacati contro il terrorismo. Circa tremila i partecipanti secondo gli organiz-zatori, meno di 2500 per le forze dell’ordine. Calorosa l’accoglienza per i leader di Ds e Margherita, Fassino e Rutelli.  Fischi per il coordinatore di An La Russa che ha commentato “La presenza vale più delle parole”. In prima fila anche  Bondi e Cicchitto, rispettivamente coordinatore e vicecoordinatore di Forza Italia. Sul palco il leader della Uil Angeletti e Olga D’antona, vedova del giurista ucciso nel 1999. Alle 15,30 la manifestazione continua ad Arezzo con il leader della Cisl Pezzotta, mentre a Pisa, alle 17,00, interverrà quello della Cgil Epifani.

 

Dai Ds a Forza Italia, uniti a Firenze contro il pericolo Br. Unici assenti Rifondazione Comunista e Lega che si rifiutano di manifestare rispettivamente a fianco della maggioranza e dei sindacati. Nessun imbarazzo per il leader ds Fassino a partecipare a una manifestazione insieme ad esponenti del governo. Commentando l’assenza del Carroccio il coordinatore di An La Russa ha dichiarato:  “Partecipare non è obbligatorio, è  una scelta”. “L’atteggiamento del sindacato contro il terrorismo merita un plauso – ha continuato – noi siamo qui per questo”. Per l’ex leader Uil, Larizza, “quando si parla di terrorismo non ci possono essere divisioni”. Specifica il segretario generale Uil, Angeletti: “Le Brigate Rosse non hanno nulla in comune con il sindacalismo confederale”. D’accordo Olga D’Antona, vedova del giurista ucciso nel 1999:  “Non è accusando il sindacato di essere il mandante morale dell’omicidio Biagi – ha detto - che si copriranno le responsabilità vere di chi non gli ha dato protezione”. Alle parole della donna l’intero pubblico, autorità comprese, si è alzato in piedi in segno di omaggio. “Le  responsabilità – ha continuato - sono ancora più gravi se a pronunciarle sono  uomini che ricoprono cariche politiche, o incarichi di governo”.

 

Alle 15,30 la manifestazione prosegue ad Arezzo con il numero uno della Cisl, Pezzotta, mentre a Pisa alle 17,00, interverrà il leader della Cgil, Epifani. Per quanto riguarda la lotta al terrorismo internazionale nel frattempo, dopo l’espulsione ieri dell’imam di Carmagnola, sono partiti stamane da Malpensa i 7 islamici – sei marocchini e un algerino – espulsi dall’Italia su provvedimento del ministero dell’Interno. Erano indagati da tempo dalla Procura di Torino per sospette collusioni con il terrorismo internazionale.

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Dopo i funerali di Stato ieri a Roma, oggi si sono svolte le cerimonie funebri per le vittime di Nassiriya nei vari paesi d’origine. La grande partecipazione di tutta l’Italia ha confortato i militari tuttora presenti in Iraq. Francesca Sabatinelli ha sentito in proposito il maggiore Claudio Cappello, comandante dell’unità di manovra a Nassiriya: molti dei soldati morti erano ai suoi ordini.

 

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R. – Questo è stato molto importante, soprattutto per chi dovrà rimanere qui an-cora per dei mesi. E’ una cosa che fa piacere, specialmente in questo momento di grande dolore.

 

D. – Maggiore, ma qual è lo stato d’animo che i suoi uomini, le persone che sono rimaste lì a Nassiriya come lei, in questo momento stanno vivendo? E’ cambiato qualcosa nella vostra presenza in Iraq?

 

R. – Qualcosa è sicuramente cambiato. Ci sono delle persone in meno, degli amici in meno, dei colleghi che se ne sono andati. Per noi, poi, è cambiato ovviamente lo stato di tensione al momento, che con il tempo, penso, si riporterà sui livelli normali. Si continua come previsto e com’è giusto che si faccia.

 

D. – E nel rapporto con gli iracheni c’è qualche cambiamento?

 

R. – Il rapporto con le persone non credo cambierà, perché è inutile colpe-volizzare una popolazione, anche se sicuramente l’attuale stato di tensione comporta un minor ravvicinamento, una maggiore tensione quando si è a contatto con loro. Per il resto non credo cambierà tanto.

 

D. – Molte delle vittime erano suoi uomini, anche tra i feriti. Vuole esprimere un ricordo particolare?

 

R. – Esprimere un ricordo sarebbe troppo lungo, perché li conoscevo tutti. Vorrei che con il tempo la gente non dimenticasse. Questi ragazzi, magari tra un anno, saranno i soliti caduti di qualche anno prima e la gente continuerà ad andare avanti pensando che non sia successo niente. Mi piacerebbe che continuassero ad essere ricordati così come lo sono stati in questi giorni.

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In Iraq continuano ad operare anche molte organizzazioni non governative italiane. Tra queste c’è la sezione italiana di “Terre des Hommes”, una Ong che aiuta in particolare i tanti ragazzi di strada che ormai popolano le vie delle città irachene. Ma cosa è cambiato dopo l’attentato di Nassiriya? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Raffaele Salinari, presidente di “Terre des Hommes-Italia”.

 

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R. – Si sono aggravate le condizioni preesistenti. Prima di tutto, ovviamente sul piano della sicurezza. Noi non abbiamo apparati di sicurezza particolari. La sicurezza dei nostri operatori consiste nell’essere persone pubbliche che si impegnano al fianco della popolazione irachena. Fino ad ora è questo che ci ha protetto. Però, quello che sta cambiando e che ci preoccupa evidentemente è un clima generale, un clima che sta prendendo ovviamente proporzioni preoccupanti che, sostanzialmente, si traduce anche nel linguaggio della popolazione locale con “vi dovete schierare”, “dovete dire da che parte state” o con le truppe di occupazione anglo-americane, o con i cascami del regime di Saddam Hussein. Quindi, la popolazione locale è sottoposta ad una pressione crescente. Si deve schierare. Questo pone a noi dei grandi problemi. La nostra indipendenza, la nostra terzietà, il fatto che sin dall’inizio abbiamo rifiutato la guerra come soluzione di questo problema iracheno, e come organizzazione umanitaria ci siamo messi subito a disposizione della popolazione civile, tutto questo non evita che anche per noi la situazione sia più difficile, perché la stessa copertura che fino adesso ci ha dato la società civile irachena rischia di venire meno. Questo ci sovraespone. L’unica cosa che io chiedo, e per cui ringrazio anche la Radio Vaticana e tutti i media che ci hanno dato voce, è che noi abbiamo bisogno del riconoscimento pubblico del nostro lavoro, perché è l’unica forma vera di protezione, che ci consente non solo di andare avanti, ma anche di essere sostenuti da un’opinione pubblica italiana, che vorrei appoggiasse quella parte di società civile che nell’ombra, ogni giorno, fa la sua parte per un Iraq migliore.

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E sul fronte iracheno le Forze armate  americane hanno bombardato, per la terza notte consecutiva, posizioni intorno a Baghdad  e Tikrit - città natale  di Saddam Hussein – per colpire miliziani legati all’ex regime. Intanto oggi a Londra continua la visita del presidente statunitense George Bush che ha già incontrato la regina Elisabetta. C’è attesa per il discorso del capo della Casa Bianca sulla situazione irachena. Dalla capitale britannica Simonetta Musso.

 

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Bush si intratterrà fino a venerdì in quella che è la prima visita di Stato ufficiale di un presidente americano dai tempi di Woodrow Wilson nel 1918. Le relazioni speciali che intercorrono tra i due Paesi anglosassoni e il significato dell’alleanza transatlantica saranno altri temi di discussione durante questa visita di tre giorni piena di appuntamenti. Bush incontrerà oggi anche i leader dei due partiti dell’opposizione - il conservatore Michael Howard e il liberaldemocratico Charles Kennedy - oltre che ricevere i familiari delle vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre, presso l’ambasciata americana. Ma la giornata di domani si prospetta essere la più scottante: è stata infatti annunciata una grande protesta da parte dei movimenti pacifisti contro la guerra in Iraq, in occasione dell’incontro di Bush con Tony Blair a Downing Street . Per domani anche l’incontro tra il presidente americano ed i soldati che hanno combattuto sia in Afghanistan che in Iraq: Prima del suo ritorno a Washington Bush accompagnerà il premier britannico a Sedgefield, dove si trova il Collegio elettorale di Blair.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Simonetta Musso.

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AL CORRIERE DELLA SERA VA IL RICONOSCIMENTO

DELLO EUROPEAN NEWSPAPER AWARD QUALE MIGLIORE QUOTIDIANO EUROPEO

NELLA CATEGORIA DEI GIORNALI A DIFFUSIONE NAZIONALE

- Con noi, il direttore Stefano Folli -

 

 

Al Corriere della Sera va il riconoscimento dello European Newspaper Award quale migliore quotidiano europeo nella categoria dei giornali a diffusione nazionale. Vincitore nella categoria dei giornali regionali è risultato lo spagnolo ‘Heraldo de Aragon’, per quelli locali l’altro spagnolo ‘Goienkaria’, mentre per i settimanali è stato  premiato l’irlandese ‘Sunday Tribune’. Il premio speciale della giuria è andato al quotidiano spagnolo ‘La Voz de Galicia’ per gli articoli e i reportage sul disastro della Prestige davanti alle coste galiziane. I premi saranno consegnati a Vienna nel marzo 2004.  Al concorso, giunto alla quinta edizione, hanno partecipato 331 giornali di 22 Paesi. Fausta Speranza ha chiesto al direttore del Corriere della Sera, Stefano Folli, che cosa della motivazione del premio gli faccia più piacere:

 

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R. – A me sembra che sia un premio dato alla credibilità del nostro giornale, alla sua autorevolezza, al fatto che è percepito dai lettori, anche per la sua forma grafica e per la sua impaginazione, come un giornale veritiero e quindi credibile. Questo, secondo me, è il più grande complimento che si possa fare ad un giornale, soprattutto ad un giornale come il Corriere della Sera che ha da sempre l’ambizione di essere letto come un giornale europeo, cioè come un giornale che racconta l’Italia nella sua cornice internazionale e in particolare europea.

 

D. – Oggi si lamenta velocità e globalizzazione – e lo strumento di internet, naturalmente, ne è l’esempio – come un danno per l’informazione. Dunque, la scommessa di cui lei parla per la credibilità, è difficile oggi?

 

R. – Non è facile, naturalmente, perché la nostra epoca è caratterizzata da flussi di informazione sempre più convulsi. Un tempo era il contrario: la scarsità di informazione rendeva il lavoro forse anche più affascinante, ma certo molto diverso da quello di oggi. Oggi si tratta di selezionare, di capire, di far capire ai lettori andando a fondo, approfondendo. La missione della carta stampata – perché forse potremmo parlare proprio di missione – è quella di scavare negli avvenimenti, di non fermarsi alla superficie perché questa grande quantità di informazioni porta con sé una certa superficialità.

 

D. – Un premio al quotidiano è anche un po’ un premio ai quotidiani in genere, in un momento in cui la televisione sembra prevalere: non è così?

 

R. – Io credo molto nella carta stampata. Credo nella sua funzione, nella sua autonomia, rispetto alla televisione che fa un altro tipo di informazione. Io penso che sia assolutamente indispensabile che il cittadino si informi attraverso la televisione, naturalmente, ma che poi legga i quotidiani, ne legga più di quanto oggi siano letti in Italia. Sono uno strumento essenziale per orientarsi nella nostra vita che è sempre più difficile, sempre più complessa.  Nulla come la carta stampata può aiutare a completare l’informazione.

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IL VATICANO, LA STAMPA CATTOLICA E LE LEGGI RAZZIALI

A 65 ANNI DALLA PROMULGAZIONE IN ITALIA

- A cura di A.V. –

 

A 65 anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia da parte del regime fascista, si continua a dibattere sull’atteggiamento della stampa cattolica del tempo. In un suo recente saggio su “La Civiltà Cattolica”, Padre Giovanni Sale distingue nettamente fra un antigiudaismo cattolico, con motivazioni politiche – la collusione con massoneria e comunismo – e religiose – l’accusa di deicidio – e l’antisemitismo razzistico dell’Europa nazificata di Hitler prima e dell’Italia fascista di Mussolini poi. Anzi, il Vaticano e la stampa cattolica non ancora imbavagliata dalla censura fascista presero posizione ferma e inequivocabile contro l’avanzata del Razzismo in Europa a partire dal 1935. A.V. ne ha parlato con l’estensore dell’articolo, lo storico gesuita padre Giovanni Sale:

 

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R. - L’antisemitismo ha le sue radici nella dottrina razzistica, sposata dagli Stati totalitari, che la Chiesa cattolica, il Magistero pontificio, come anche la nostra rivista, hanno sempre condannato.

 

D. – Il fascismo cercò di strumentalizzare comunque l’antigiudaismo tradizionale cattolico a proprio favore, a favore delle leggi razziali ...

 

R. – Però la stampa cattolica, in particolare la “Civiltà”, non seguì l’indirizzo che il regime voleva dare a questa materia, aprendo soluzioni abbastanza differenti.

 

(cfr. Civ. Catt. IV del 1° Ottobre 1938: “...si vollero mettere quegli scritti nel nostro periodico, di quasi mezzo secolo fa, in recisa e aperta opposizione al sentimento odierno degli altri cattolici, ed a quello perfino dell’autorità ecclesiastica, che è dire della Chiesa gerarchica e docente...” e ancora “... fra i ‘rimedi’ o proposte di soluzione della vessata questione, sono... dal nostro periodico... escluse... la confisca dei beni e il bando delle persone... Similmente rigetta l’altro rimedio... del bando generale dell’ebreo come straniero dal nostro suolo...” e infine “... né per il presente, né per tutto il cinquantennio passato, non è venuto proprio né da parte della Chiesa, né da reggitori o governi cattolici... nessuna mossa violenta, di rappresaglia o di lotta contro gli ebrei... E’ venuta per ultimo proprio dalla Germania, protestantica e nazista, come prima dalla Russia czarista e poi dalla comunistica e internazionalistica,,,” in “La questione giudaica e ‘La Civiltà Cattolica’ ” a firma di P. E. Rosa S. I.)

 

D. – In questo “Civiltà Cattolica” fu una voce piuttosto  isolata?

 

R. – Sì, anche all’interno del mondo cattolico. Ad esempio “Unità cattolica” e “Fede e Ragione” ebbero posizioni più filo-governative, mentre invece “La Civiltà Cattolica”, facendosi anche interprete della volontà pontificia scrisse articoli di critica prima nei confronti della dottrina antisemita e poi anche nei confronti di una sua elaborazione legislativa.

 

D. – Quando poi arrivano le leggi razziali si fa più forte il messaggio di “Civiltà Cattolica” contro il razzismo, contro l’antisemitismo e in particolare i due scrittori che precisano, puntualizzano il pensiero della Chiesa, che poi era il pensiero di Pio XI, che approvò quegli articolo, sono Padre Messineo e Padre Rosa...

 

R. - Padre  Rosa, che pure in passato era stato un sostenitore dell’antigiudaismo per motivi religiosi e politici, dal 1938 scrisse parole anche molto dure contro l’antisemitismo e contro questa ideologia che un po’ alla volta stava avanzando all’interno della società nazionale e che stava indirizzando le sorti della politica. Padre Messineo stigmatizzò il rapporto di unità tra popolo e razza, ritenendo che ogni popolo era costituito da una pluralità di razze e che quindi questa unità non poteva essere data. L’articolo fu chiesto esplicitamente a Padre Messineo pare da un membro del Gran Consiglio del fascismo, perché anche all’interno del regime e anche fra i dirigenti, non tutti erano d’accordo con l’indirizzo che Mussolini in quel momento voleva dare alla politica ebraica. Questo sta a significare non la connivenza tra “La Civiltà Cattolica” e alcuni esponenti del mondo fascista, ma la consapevolezza che soltanto la Santa Sede, facendo leva sulla sua autorità morale,  poteva in qualche modo porre un limite alle scelte governative, e “La Civiltà Cattolica” poteva farsi voce di tutto questo. Questo articolo fu censurato dalle autorità politiche, addirittura fu intimata la chiusura della tipografia nel caso fosse continuata una polemica di denuncia della legislazione razziale. La rivista divenne sempre di più invisa alle autorità politiche e a Mussolini in particolare, che pare fosse un lettore abbastanza assiduo de “La Civiltà Cattolica”.

 

(cfr. Civ. Catt. III del 6 agosto 1938: “La teoria, che riduce la nazione alla razza, è rappresentata oggi e difesa, con una ostinatezza e un fanatismo ideologico... e con una povertà di argomenti pseudo-storici, e pseudo-scientifici, che fanno poco onore alla scienza, da tutti gli scrittori che traggono ispirazione dal mito razzista della nuova Germania.” E più avanti: “Il concetto di razza è derivato dalla zoologia... Si è dunque in presenza di un concetto prettamente materialistico, che non può essere applicato all’uomo integralmente, senza abbassare la creatura ragionevole al livello degli animali. L’uomo non è soltanto animalità, ma è anche spirito... Per quanto i fanatismi ideologici possono violentare i dati della scienza e della storia, ogni uomo di buon senso non potrà fare a meno di respingere sdegnosamente queste acrobazie del pensiero, vere aberrazioni mentali collettive.” Poi sui concetti di nazione e razza: “...non esistono popoli, i quali non risultino da un miscuglio di razze diverse, fusesi insieme e mutatesi in nazioni. ...se l’unità di razza fosse un elemento essenziale della nazione, oggi non esisterebbe alcuna vera nazione, degna di questo nome.” in  “Gli elementi costitutivi della nazione e della razza” a firma di P. Messineo S. I.)

 

D. – “La Civiltà Cattolica” rimase sempre autonoma rispetto al governo fascista, comunque?

 

R. – Sì, godeva di una certa autonomia, proprio per il rapporto privilegiato che aveva con la Santa Sede. Non fu sospesa perché l’autorità pubblica sapeva di toccare un interesse vitale della Santa Sede in Italia.

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CHIESA E SOCIETA’

19 novembre 2003

 

PREOCCUPAZIONE DELL’EPISCOPATO ARGENTINO

 PER UNA PROPOSTA DI LEGGE A FAVORE DELL’ABORTO

E PER LE CRITICHE CIRCOSTANZE CHE STA VIVENDO LA FAMIGLIA.

PUBBLICATO UN DOCUMENTO AL TERMINE

DELL’86.ESIMA ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI

 

BUENOS AIRES. = E’ fondamentale la ricerca di “leggi che promuovano la vita, il principale dei diritti umani, inalienabile ed irrinunciabile e difendano il suo santuario che è rappresentato dalla famiglia”. Questo, in sintesi, il monito dei vescovi argentini, al termine dell’86.ma Assemblea Plenaria. Dinanzi ad un’allarmante proposta di legge che intende legalizzare l’aborto, e pensando alle difficili condizioni in cui versa la famiglia nel Paese latinoamericano, la Chiesa di Buenos Aires ha raccolto alcune riflessioni nel documento “Familia, comunión de amor, tarea de todos” (Famiglia, comunione di amore, compito di tutti), reso noto al termine degli incontri. “La famiglia - si legge nel testo - ha per sua vocazione originale quella di essere scuola di umanità e di amore, rimedio eccellente per superare gli effetti nocivi della disoccupazione e dell’abbandono”. “La vita umana - sottolineano ancora i vescovi argentini - è una realtà preziosa e sacra e deve essere rispettata dal momento del concepimento fino alla sua fine naturale”. (B.C.)

 

 

“VOGLIAMO VEDERE GESU’, VIA VERITA’ E VITA”:

E’ LO SLOGAN DEL NUOVO PROGETTO DELLA CONFERENZA NAZIONALE

DEI VESCOVI BRASILIANI. AL CENTRO DELL’INIZIATIVA,

LA PROMOZIONE DI UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO

 

BRASILIA. = Rievangelizzare i cattolici non praticanti e promuovere l’impegno missionario dei laici: sono i punti chiave di un nuovo progetto promosso dalla Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (Cnbb) e presentato nei giorni scorsi a Brasilia. “Occorre promuovere in modo rinnovato - ha sottolineato mons. Odilio Scherer, segretario generale della Cnbb e vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Paolo - i fondamenti e i motivi evangelici dell’impegno cristiano all’interno della società, in modo che in essa emergano sempre più i segni del Regno di Dio, che è vita piena per ogni persona”. Il nuovo piano di evangelizzazione nazionale, intitolato “Vogliamo vedere Gesù, Via Verità e Vita”sarà operativo in tutte le diocesi del Paese dalla Pasqua 2004. In Brasile esistono diverse situazioni che sfidano la missione evangelizzatrice della Chiesa. “Non possiamo accontentarci di quelli che già frequentano le nostre comunità - ha aggiunto mons. Scherer - se si perde la dimensione missionaria concreta ed effettiva, la Chiesa si impoverisce fino alla perdita della sua vitalità”. Si calcola che in Brasile circa 600 mila persone ogni anno abbandonino il cattolicesimo, la maggior parte di loro per abbracciare nuove sette evangeliche locali. (B.C.)

 

 

IL DALAI LAMA, IL LEADER SPIRITUALE DEI BUDDISTI TIBETANI, SARA’ A ROMA

DAL 25 AL 28 NOVEMBRE PROSSIMI.

L’ARMONIA TRA LE RELIGIONI E I BUONI RAPPORTI

FRA ITALIA E TIBET AL CENTRO DELLA VISITA

 

ROMA. = Promuovere i valori umani ed etici, l’armonia interreligiosa e rafforzare i legami tra popolo italiano e tibetano: sono gli obiettivi che sottendono il 18.esimo viaggio in Italia del Dalai Lama, il leader spirituale dei buddisti tibetani. Il 26 novembre Tenzin Gyatso (questo il suo nome alla nascita) incontrerà i giornalisti alle ore 11:00 all’Hotel Esedra, per poi parlare al pubblico alle 17:30 sul tema ‘Il sentiero della libertà’ all’Auditorium Parco della Musica, in Viale De Coubertin. La conferenza è organizzata dal gruppo interparlamentare italiano per il Tibet (istituito nel maggio 2002 e formato da 90 parlamentari di tutti i principali partiti) e dall’Associazione Italia-Tibet, in collaborazione con Amnesty International e altre organizzazioni pro-tibetane. Sempre il 26 novembre, e anche il giorno seguente, il 14esimo Dalai Lama del Tibet incontrerà esponenti del mondo politico e istituzionale e leader sindacali italiani. Il 28 il leader religioso parteciperà al quarto summit dei Premi Nobel per la Pace organizzato a Roma dalla Fondazione Gorbachov, con il patronato di presidenza della repubblica, Camera, Senato e sindaco di Roma. Il tema di quest’anno sarà “L’etica nella politica e nell’economia”. Il ritorno in India del Premio Nobel per la Pace 1989 è previsto per il 29 novembre. Nato il 6 luglio 1935 da una famiglia di contadini a Taktser, piccolo villaggio nel nordest del Tibet, all’età di due anni fu riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore, il 13esimo Dalai Lama e, secondo la tradizione buddista tibetana, come reincarnazione di Avalokitesvara, il Buddha della Compassione che scelse di tornare sulla terra per servire la gente. Fuggito dalla patria dopo l’invasione cinese del 1949, risiede oggi a Dharamsala, villaggio nell’Himalaya indiano da dove dirige il governo tibetano in esilio. (B.C.)

 

 

LUTTO NEL MONDO DELLA LETTERATURA: E’ MORTO LO SCRITTORE MICHELE PRISCO.

I FUNERALI DELL’83.NE SI SVOLGERANNO DOMANI A POSILLIPO

 

NAPOLI. = Si è spento nella notte a Napoli lo scrittore Michele Prisco. L’83.ne, precedentemente colpito da un ictus, è morto per un malore. I funerali si terranno domani mattina alle 11, nella chiesa di San Luigi a Posillipo. Nato a Torre Annunziata nel 1920, il ‘narratore del sud’ viveva a Napoli. Numerose sono state le opere pubblicate a partire dalla fine degli anni Quaranta, tra queste: “La provincia addormentata” (1949), “Gli eredi del vento” (1950), “Figli difficili” (1954), “La dama di piazza” (1961); fino ai più recenti “Le parole del silenzio” (1981), “Lo specchio cieco” (1984), “I giorni della conchiglia” (1989), e il “Il pellicano di pietra” (1996). Nel corso della sua carriera, Michele Prisco ha vinto numerosi premi, fra i quali lo Strega nel 1966, il Fiuggi - Una vita per la cultura nel 1985 e il Premio Selezione Campiello nel 1996. Le sue opere sono tradotte nei principali Paesi europei ed extraeuropei. (B.C.)

 

 

SEGNI DI NORMALITA’ NEL MARTORIATO AFGHANISTAN.

E’ NATA L’EMITTENTE TELEVISIVA ‘AINA’, CHE TRASMETTERA’ PROGRAMMI CULTURALI,

SOCIALI E SPORTIVI NELLE QUATTRO LINGUE LOCALI

 

KABUL. = A due anni dalla caduta del regime dei talebani, sta nascendo in Afghanistan una nuova televisione. L’emittente, chiamata ‘Aina’ (‘Specchio’), ha iniziato recentemente le prove di trasmissione da Sheberghan, 130 chilometri a ovest di Mazar-i-Sharif, nel nord del Paese. “E’ una tv del tutto indipendente e non collegata ad alcuna fazione politica” ha assicurato Sayeed Anwar Sadat, direttore della stazione televisiva, probabilmente alludendo al fatto che la località è una roccaforte del ‘signore della guerra’ uzbeko Rashid Dostam. Il palinsesto dell’emittente televisiva sarà composto da programmi di cultura, sociali, di spettacolo, politici e sportivi, nelle quattro lingue locali: dari, pashtu, uzbeko e turkmeno. In una prima fase, ‘Aina’ trasmetterà entro un raggio di 300 chilometri, ma non è escluso che in futuro possa raggiungere anche la capitale Kabul. La nuova stazione televisiva è stata realizzata dalla compagnia ‘Zafar Faryabi’, acquistando materiale del valore di 500.000 dollari importato dall’Italia. La costruzione di questa stazione rappresenta per il Paese un grande passo verso quella normalità tanto osteggiata dai talebani. Sotto il regime, infatti, le persone sorprese a guardare la tv rischiavano il carcere; erano consentite solo le trasmissioni radiofoniche, ma dovevano limitarsi ai notiziari giornalistici. (B.C.)

 

 

UNA MOSTRA FOTOGRAFICA PER RAPPRESENTARE IL DOLORE DELLE DONNE CILENE,

VITTIME DI MALTRATTAMENTI, SARA’ INAUGURATA A SANTIAGO

IL PROSSIMO 25 NOVEMBRE, NELLA GIORNATA PER L’ELIMINAZIONE

DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE ISTITUITA DALL’ONU

 

SANTIAGO. = Sarà inaugurata il prossimo 25 novembre, presso la Galleria ‘La Sala’ di Santiago del Cile, la mostra della fotografa cilena María Gracia Subercaseaux, intitolata “18 secondi”. Il titolo dell’esposizione è un’allusione al lasso di tempo che trascorre tra un’aggressione contro le donne e quella successiva nel mondo. I maltrattamenti ai quali sono sottoposte troppe donne cilene sono ritratti in modo allusivo, non esplicito nella collezione di fotografie. Il maltrattamento rappresenta “l’annullamento dell’essere umano”, spiega l’autrice, aggiungendo che “si tratta di donne che vivono come in mondi paralleli perché la società non si accorge che esistono”.  La selezione di immagini è stata patrocinata dal Servizio nazionale delle donne (Sernam) cileno e offre scatti fotografici in bianco e nero, presi con la tecnica della sfocatura. La data di inaugurazione della mostra coincide con la celebrazione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna, istituita dall’Onu. (F.S.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 novembre 2003

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Cinque persone, tutti turisti stranieri, sono state ferite oggi dal fuoco di un terrorista palestinese vicino Eilat, al confine tra Israele e Giordania. L’uomo è stato poi ucciso dai soldati israeliani. Le violenze sono giunte proprio mentre il premier israeliano Sharon - tra imponenti misure di sicurezza - si trova in visita in Italia. Oggi alle 17 l’incontro col capo di Stato Ciampi, ieri quello col premier Berlusconi e il vicepremier Fini, che dal 23 novembre sarà in visita in Israele. Il servizio di Giada Aquilino:

 

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Doveva essere un incontro tra alleati, perché l’Italia “è il più grande amico che Israele ha in Europa”. Lo ha detto e ribadito Sharon, prima e dopo il suo arrivo a Roma. In effetti, lo è stato. Ma il giorno di lutto nazionale per la tragedia di Nassiriya ha dominato anche il colloquio tra il premier israeliano e Berlusconi. Indubbiamente hanno pesato pure le differenti posizioni con l’Unione Europea - presieduta in questo semestre proprio da Berlusconi - a proposito di Arafat e del muro di sicurezza in costruzione tra Israele e Cisgiordania. Per Bruxelles, Arafat rimane il presidente palestinese a tutti gli effetti. Gli israeliani invece non lo considerano un interlocutore affidabile. La barriera di sicurezza - tanto caldeggiata da Sharon come argine ai terroristi, proprio quando domenica il Papa ha detto: “Non muri, ma ponti” per il Medio Oriente - rimane invece per l’Ue un fatto che desta “profonda preoccupazione”. Ma Roma non è Bruxelles e così a Palazzo Chigi tutte le questioni – si legge in una nota della presidenza del Consiglio – sono state affrontate con “moderazione ed equilibrio”. Gli argomenti rimangono quelli di sempre: lotta al terrorismo, ripresa della road map, rischio di antisemitismo in Europa e l’imminente incontro tra Sharon e il premier palestinese Abu Ala.

 

Da Palazzo Chigi, Giada Aquilino, Radio Vaticana.

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In Mozambico, oggi decisivo appuntamento per il progresso democratico del Paese. In 33 città, tra cui la capitale Maputo, si tengono le elezioni amministrative, alle quali partecipa anche il maggior partito dell’opposizione, la Renamo, Resistenza Nazionale del Mozambico, per la prima volta al giudizio dell’elettorato in questo tipo di elezioni, dopo la buona affermazione nelle presidenziali del 1999. Ma il Mozambico, colonia portoghese fino al 1975, sconvolto fino al 1992 da una sanguinosa guerra civile, è veramente pronto per la democrazia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Don Matteo Zuppi, tra i mediatori internazionali che portarono alla pace:

 

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R. – Direi di sì. Il Mozambico ha dimostrato di saper acquisire le regole della democrazia. Dobbiamo ricordare che l’accordo di pace è stato firmato nel ’92, le prime elezioni generali sono state nel ’94 e il Parlamento ha poi sempre funzionato, nonostante difficoltà, le accuse di brogli da parte della Renano, ed  è sempre stato una palestra concreta dove si costruiva la democrazia. Come ovunque, peraltro, i rischi per la democrazia ci sono: essa deve crescere, deve coinvolgere maggiormente la società civile. Diciamo che il Mozambico è un buon laboratorio, che dimostra quanto la democrazia in Africa non sia un sogno, ma una realtà già in molti Paesi.

 

D. – Quali le differenze ci sono tra il Paese di oggi e quello del ’92, che, grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio arrivò alla pace?

 

R. – La prima grande differenza è che la guerriglia è diventata un partito politico. Questa è stata una trasformazione esemplare, anche perché, come vediamo in tantissimi conflitti in Africa e non solo, le guerriglie non sanno compiere questo difficile passaggio che richiede, oltre alla capacità di passare alla lotta politica, un aiuto economico per consentire di non restare legati all’economia di guerra. Queste difficoltà per moltissimi Paesi significano la continuazione della guerra. La Renamo è invece riuscita a diventare un partito, con le difficoltà e con i limiti – se vogliamo – di qualsiasi formazione, ma è comunque entrata a far parte della discussione politica, ottenendo un risultato del 47,7 per cento nelle elezioni presidenziali del ’99. La grande differenza è, quindi, che lo scontro è diventato dibattito, a volte anche molto acceso, ma ha portato il Paese ad uno sviluppo importante. Il Mozambico è uno dei Paesi che ha la maggior percentuale di sviluppo in tutta l’Africa e ci sembra – anche se le contraddizioni della povertà sono enormi – è che si va verso un benessere un pochino più diffuso. Resta certo la tragedia di migliaia di persone colpite dal virus dell’Hiv e per le quali occorre garantire la terapia che rappresenta l’unica possibilità di salvarsi la vita.

 

D. – E’ un Paese ancora dipendente il Mozambico dagli aiuti internazionali?

 

R. – Molto meno, lo è per le grandi strutture, ma per esempio è autosufficiente da un punto di vista alimentare  per i beni più importanti. E’ diventato addirittura un Paese esportatore di alcuni generi alimentari. Questo vuol dire che la pace è l’unica condizione per lo sviluppo e che senza la pace non è pensabile un futuro per nessun Paese e in questo caso ovviamente per il Mozambico.

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Le autorità di Ankara ritengono di aver identificato i due esecutori materiali dei due attentati compiuti sabato scorso contro altrettante sinagoghe a Istanbul, nel quale 25 persone hanno perso la vita e centinaia di altre sono rimaste ferite. Si tratta di due cittadini turchi.

 

Ha riaperto oggi i battenti il Parlamento dello Sri Lanka, le cui attività erano state sospese due settimane fa dalla presidente Kumaratunga. Il capo dello Stato aveva anche licenziato tre ministri del governo. Al centro della contesa politica, i disaccordi col premier Wickremesinghe sui colloqui di pace, ora interrotti, con i separatisti Tamil.

 

Con una celebrazione nella chiesa del Sacro Cuore, Catania ha ricordato oggi Maria Grazia Cutuli, la giornalista del Corriere della Sera uccisa esattamente due anni fa in Afghanistan, sulla strada che collega Jalalabad a Kabul. Con lei furono assassinati anche due colleghi della Reuters ed uno del giornale El Mundo.

 

E’ stata aperta negli Stati Uniti un'inchiesta preliminare sul sequestro del Teatro Dubrovka da parte di un commando di terroristi ceceni, avvenuto lo scorso anno a Mosca e in cui morirono 129 persone dopo l’intervento delle forze di sicurezza russe. Obiettivo delle indagini è quello di stabilire un eventuale coinvolgimento di al Qaida.

 

Ancora violenze in Uganda. Nel nord del Paese i ribelli hanno ucciso almeno 65 civili, secondo fonti autorevoli, ma non ufficiali. Si registrano anche moltissimi feriti, una decina dei quali in gravissime condizioni ed un numero imprecisato di persone rapite.

 

Il presidente egiziano, Hosni Mubarak, è stato colpito oggi da un malore mentre teneva un discorso in Parlamento. Dopo un’assenza di circa 45 minuti il capo dello Stato è rientrato in aula rassicurando i deputati sulle sue condizioni di salute.

 

 

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