RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 323 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 19 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il Dalai Lama, leader spirituale dei buddisti tibetani, sarà
a Roma dal 25 al 28 novembre prossimi
Lutto nel mondo della letteratura: è morto lo scrittore Michele
Prisco
Continua la visita in
Italia del premier israeliano, Sharon: oggi l’incontro col presidente Ciampi
Si vota in Mozambico per
le amministrative
Arrestati in Turchia i
presunti responsabili dei recenti attentati antiebraici
Riapre il parlamento dello
Sri Lanka.
19 novembre 2003
DIO
DISCESO IN TERRA E RISALITO UOMO AL CIELO: LA RIFLESSIONE DEL PAPA
NELLA CATECHESI ODIERNA, ALL’UDIENZA GENERALE NELL’AULA PAOLO VI,
DEDICATA ALLA LITURGIA DEI VESPRI. TRA I TANTI FEDELI STRETTI
ATTORNO AL PAPA, CHE E’ APPARSO IN BUONA FORMA, I PARTECIPANTI
AL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE DEGLI ZINGARI UNGHERESI
- Servizio di Roberta Gisotti -
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Espressione liturgica, di grande profondità teologica,
della Chiesa nei primi secoli, il Cantico biblico scelto dal Papa dalla
“Lettera di san Paolo ai cristiani di Filippi, la città greca che fu la prima
tappa dell’annunzio missionario dell’Apostolo in Europa”.
“Ed è una gioia
associarsi a distanza di due millenni alla preghiera della Chiesa apostolica”
In questo
Cantico – ha spiegato il Santo Padre, leggendo con voce chiara il suo discorso
- troviamo le due dimensioni: da un lato “la discesa umiliante del Figlio di
Dio, quando, nell’Incarnazione diventa uomo per amore degli uomini”, e piomba
nella kenosis, cioé svuotato “della sua gloria divina, spinto fino alla morte
sulla croce”, “vero fratello dell’umanità sofferente, peccatrice e reietta”;
d’altro lato “l’ascesa trionfale, che si compie nella Pasqua, quando Cristo
viene ristabilito dal Padre nello splendore della divinità”, “celebrato Signore
da tutto il cosmo e da tutti gli uomini
ormai redenti”. Il Cristo “vicino a noi nella sofferenza e nella morte”, “ora
ci attrae a sé nella gloria, benedicendoci e facendoci partecipi della sua
eternità”.
“applausi…”
L’applauso
caloroso, al termine della catechesi, dei fedeli di tanti Paesi che Giovanni Paolo II ha salutato nello loro
lingue, e tra questi i partecipanti al pellegrinaggio nazionale degli Zingari
ungheresi, che hanno intonato una struggente melodia
“musica…”
Quindi il Papa
ha ricordato la prossima Giornata per le claustrali, venerdì prossimo 21
novembre, raccomandando di non far mancare ai loro Monasteri “il necessario
sostegno spirituale e materiale”
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Il Papa nel corso della mattinata ha ricevuto in udienza
l’arcivescovo di Nova di Cesare, mons. Rino Passigato, nunzio apostolico in
Perù.
LA
FORMAZIONE PERMANENTE E L’AGGIORNAMENTO
CHIAVI
FONDAMENTALI PER LA MISSIONE DELLA LA CHIESA VERSO GLI IMMIGRATI E I RIFUGIATI.
ALL’AUGUSTINIANUM, SECONDA GIORNATA DI LAVORI
DEL
QUINTO CONGRESSO MONDIALE SUL TEMA DELLE MIGRAZIONI
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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C’è una “grammatica del dialogo e del rispetto reciproco”
che la Chiesa, ma anche le istituzioni civili, possono imparare dall’immigrazione,
volontaria o forzata che sia. Una grammatica che sollecita il cristiano “alla
pratica della gratuità e al ‘rischio’ del dono”. L’affermazione ha concluso
questa mattina l’intervento dell’arcivescovo Agostino Marchetto, in apertura
della seconda giornata di lavori del quinto congresso mondiale dedicato alla
pastorale dei migranti e dei rifugiati, in corso all’Augustianianum di
Roma. Con l’intervento di mons. Marchetto, il congresso è entrato nel vivo
della sua analisi, ovvero individuare nuove piste per la cosiddetta missio
ad migrantes che per la Chiesa rappresenta una frontiera “calda”,
attualissima, della più ampia missio ad gentes. Un tipo di missione che
necessita di un aggiornamento e di una specializzazione: entrambi ottenibili
solo grazie ad una “formazione permanente” a tutti i livelli di ogni Chiesa
locale.
L’immigrato che ha lasciato terra e abitudini, costretto
dalla povertà o da un conflitto, anche nel nuovo Paese d’adozione deve
anzitutto poter ascoltare l’annuncio del Vangelo nella sua lingua. E deve poter
trovare nelle strutture della Chiesa, a partire dalle parrocchie, luoghi di
accoglienza, di integrazione, di difesa dei suoi diritti di immigrato, al pari
di quelli dei suoi nuovi concittadini. Il questo contesto, “una figura-chiave” è
stata individuata nel cappellano-missionario, definito un “uomo-ponte tra due
culture e mentalità” e per questo chiamato ad “evitare ogni forma di
imperialismo culturale” e a “capire che diventare cristiani non significa farsi
occidentali”. E’ comprensibile, dunque, che la missione ai migranti imponga una
acuta sensibilità di tipo culturale, ecumenico e interreligioso. Su questi
aspetti specifici si sono soffermati il cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Walter Kasper, segretario del
dicastero per l’Unità dei cristiani, e mons. Pier Luigi Celata, segretario del
Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. In un mondo sempre più
pluralista ed interetnico, ma spesso impedito - ad esempio dal terrorismo - ad
aprirsi al “diverso”, la Chiesa deve levare la propria voce, ha affermato il
cardinale Poupard, perché il dialogo tra culture e religioni “avvenga nel
rispetto della libertà e della coscienza delle persone”.
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Ma qual è l’attuale situazione in
cui versano i rifugiati, rispetto a chi emigra per motivi di lavoro? Al
microfono di Giovanni Peduto, risponde uno dei relatori del Congresso, il prof.
Stefano Zamagni, presidente del Comitato internazionale cattolico per le
migrazioni.
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R. – Quando si parla di migranti, il riferimento costante
oggi, a livello anche di mass media, è sui migranti per ragioni di lavoro, cioè
i cosiddetti migranti economici. In questo modo si è dimenticata la categoria
dei rifugiati, di coloro i quali sono costretti ad abbandonare il proprio Paese
per minacce serie alla propria esistenza. Un conto è fuggire perché si ha fame,
altro conto è fuggire perché si è minacciati di morte. Nonostante la
Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati sia stata sottoscritta nel
1951, a tutt’oggi, virtualmente, nessuno Stato ha incorporato nella propria
legislazione regole specifiche relative ai rifugiati. Con quale conseguenza? La
prima è che se una persona si vede rifiutato lo status di rifugiato non sa dove
andare. E poiché il Paese da cui proviene non lo vuole indietro, questa persona
inevitabilmente andrà ad ingrossare le file del mercato del lavoro nero o
peggio ancora della criminalità organizzata. La seconda ragione ha a che vedere
con il fatto che le legislazioni sui richiedenti asilo devono essere fra di
loro armonizzate. In altre parole, le regole devono essere decise a livello transnazionale.
D. – Come vede lei la situazione in un immediato futuro?
R. – La situazione, se non si interviene con misure
adeguate, sarà esplosiva. Perché è ovvio che la globalizzazione aumenterà il
flusso migratorio. E questo perché la globalizzazione comporta la creazione di
un mercato del lavoro globale. Non si può della globalizzazione volere la
mondializzazione del mercato delle merci e dei servizi e dei capitali e quella
del lavoro. Ovviamente ci sono alcuni progetti che in sede internazionale
vengono portati avanti. Noi stessi diamo come Ong un contributo a questo
riguardo. Ma purtroppo, devo dire, la difficoltà è quella di far comprendere
l’urgenza di intervenire con un approccio veramente globale e non settoriale,
come adesso avviene.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Il Cantico è ritenuto espressione della liturgia
cristiana delle origini ed è una gioia per la nostra generazione potersi
associare, a distanza di due millenni, alla preghiera della Chiesa apostolica”
è il messaggio che il Santo Padre ha rivolto ai fedeli nel corso dell’Udienza
Generale introducendo la catechesi dedicata al Cantico Fil 2, 6-11 “Cristo,
servo di Dio”. In Iraq s’intensifica l’offensiva statunitense: Bush non prevede
una nuova risoluzione dell’Onu; a Baghdad e al Parlamento Europeo celebrazioni
in suffragio dei morti di Nassiriya; Medio Oriente: nuovi scontri in
Cisgiordania; la Ue ribadisce che la costruzione del “muro” ostacoli i negoziati
di pace.
Nelle pagine vaticane, la presentazione del libro
“Paolo VI , Maestro della Parola” di padre Leonardo Sapienza e due pagine
dedicate al cammino della Chiesa in Africa.
Nelle pagine estere, la visita del presidente Bush in Gran
Bretagna; Ue-Usa: l’incontro tra i ministri degli Interni riafferma i legami
transatlantici Terrorismo: nello Yemen rafforzate le misure di sicurezza; la
Corea del Sud sgombera l’Ambasciata in Afghanistan per le minacce di “Al
Qaeda”; secondo un rapporto internazionale, in Occidente e in Russia ci
sarebbero forti carenze nella prevenzione della diffusione di materiali per
armi di distruzione di massa.
Nella pagina culturale, un ricordo dello scrittore Michele
Prisco, morto nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 e una pagina
monografica su “Leone XIII nel passaggio fra due secoli” del cardinale Renato
Raffaele Martino.
Nelle pagine italiane, i funerali in forma privata delle
vittime della strage di Nassiriya.
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19 novembre 2003
PARTITI
E SINDACATI IN ITALIA MANIFESTANO INSIEME CONTRO IL TERRORISMO.
OGGI
LE CERIMONIE FUNEBRI DELLE VITTIME DI NASSIRIYA NEI PAESI D’ORIGINE.
ATTESA
PER IL DISCORSO DI BUSH A LONTRA MENTRE IN IRAQ LE TRUPPE AMERICANE BOMBARDANO
POSIZIONI DELLA GUERRIGLIA A BAGHDAD E TIKRIT
-
Intervista con Claudio Cappello e Raffaele Salinari -
Uniti contro il terrorismo: oggi a Firenze, Pisa e Arezzo
i sindacati manifestano insieme per dire sì alla pace e no qualsiasi opzione
terroristica. Ce ne parla Paolo Ondarza.
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Con un
minuto di silenzio per i caduti di Nassiriya è iniziata questa mattina al palasport di Firenze,
la manifestazione dei sindacati contro il terrorismo. Circa tremila i
partecipanti secondo gli organiz-zatori, meno di 2500 per le forze dell’ordine.
Calorosa l’accoglienza per i leader di Ds e Margherita, Fassino e Rutelli. Fischi per il coordinatore di An La Russa
che ha commentato “La presenza vale più delle parole”. In prima fila anche Bondi e Cicchitto, rispettivamente coordinatore
e vicecoordinatore di Forza Italia. Sul palco il leader della Uil Angeletti e
Olga D’antona, vedova del giurista ucciso nel 1999. Alle 15,30 la
manifestazione continua ad Arezzo con il leader della Cisl Pezzotta, mentre a
Pisa, alle 17,00, interverrà quello della Cgil Epifani.
Dai Ds
a Forza Italia, uniti a Firenze contro il pericolo Br. Unici assenti Rifondazione
Comunista e Lega che si rifiutano di manifestare rispettivamente a fianco della
maggioranza e dei sindacati. Nessun imbarazzo per il leader ds Fassino a
partecipare a una manifestazione insieme ad esponenti del governo. Commentando
l’assenza del Carroccio il coordinatore di An La Russa ha dichiarato: “Partecipare non è obbligatorio, è una scelta”. “L’atteggiamento del sindacato
contro il terrorismo merita un plauso – ha continuato – noi siamo qui per
questo”. Per l’ex leader Uil, Larizza, “quando si parla di terrorismo non ci
possono essere divisioni”. Specifica il segretario generale Uil, Angeletti: “Le
Brigate Rosse non hanno nulla in comune con il sindacalismo confederale”.
D’accordo Olga D’Antona, vedova del giurista ucciso nel 1999: “Non è accusando il sindacato di essere il
mandante morale dell’omicidio Biagi – ha detto - che si copriranno le responsabilità
vere di chi non gli ha dato protezione”. Alle parole della donna l’intero
pubblico, autorità comprese, si è alzato in piedi in segno di omaggio. “Le responsabilità – ha continuato - sono ancora
più gravi se a pronunciarle sono uomini
che ricoprono cariche politiche, o incarichi di governo”.
Alle
15,30 la manifestazione prosegue ad Arezzo con il numero uno della Cisl,
Pezzotta, mentre a Pisa alle 17,00, interverrà il leader della Cgil, Epifani.
Per quanto riguarda la lotta al terrorismo internazionale nel frattempo, dopo
l’espulsione ieri dell’imam di Carmagnola, sono partiti stamane da Malpensa i 7
islamici – sei marocchini e un algerino – espulsi dall’Italia su provvedimento
del ministero dell’Interno. Erano indagati da tempo dalla Procura di Torino per
sospette collusioni con il terrorismo internazionale.
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Dopo i
funerali di Stato ieri a Roma, oggi si sono svolte le cerimonie funebri per le
vittime di Nassiriya nei vari paesi d’origine. La grande partecipazione di tutta
l’Italia ha confortato i militari tuttora presenti in Iraq. Francesca
Sabatinelli ha sentito in proposito il maggiore Claudio Cappello, comandante
dell’unità di manovra a Nassiriya: molti dei soldati morti erano ai suoi
ordini.
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R. – Questo è stato molto importante, soprattutto per chi
dovrà rimanere qui an-cora per dei mesi. E’ una cosa che fa piacere,
specialmente in questo momento di grande dolore.
D. – Maggiore, ma qual è lo stato d’animo che i suoi
uomini, le persone che sono rimaste lì a Nassiriya come lei, in questo momento
stanno vivendo? E’ cambiato qualcosa nella vostra presenza in Iraq?
R. – Qualcosa è sicuramente cambiato. Ci sono delle
persone in meno, degli amici in meno, dei colleghi che se ne sono andati. Per
noi, poi, è cambiato ovviamente lo stato di tensione al momento, che con il
tempo, penso, si riporterà sui livelli normali. Si continua come previsto e
com’è giusto che si faccia.
D. – E nel rapporto con gli iracheni c’è qualche
cambiamento?
R. – Il rapporto con le persone non credo cambierà, perché
è inutile colpe-volizzare una popolazione, anche se sicuramente l’attuale stato
di tensione comporta un minor ravvicinamento, una maggiore tensione quando si è
a contatto con loro. Per il resto non credo cambierà tanto.
D. – Molte delle vittime erano suoi uomini, anche tra i
feriti. Vuole esprimere un ricordo particolare?
R. – Esprimere un ricordo sarebbe troppo lungo, perché li
conoscevo tutti. Vorrei che con il tempo la gente non dimenticasse. Questi ragazzi,
magari tra un anno, saranno i soliti caduti di qualche anno prima e la gente
continuerà ad andare avanti pensando che non sia successo niente. Mi piacerebbe
che continuassero ad essere ricordati così come lo sono stati in questi giorni.
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In Iraq continuano ad operare anche molte organizzazioni
non governative italiane. Tra queste c’è la sezione italiana di “Terre des Hommes”,
una Ong che aiuta in particolare i tanti ragazzi di strada che ormai popolano
le vie delle città irachene. Ma cosa è cambiato dopo l’attentato di Nassiriya?
Fabio Colagrande lo ha chiesto a Raffaele Salinari, presidente di “Terre des
Hommes-Italia”.
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R. – Si sono
aggravate le condizioni preesistenti. Prima di tutto, ovviamente sul piano
della sicurezza. Noi non abbiamo apparati di sicurezza particolari. La sicurezza
dei nostri operatori consiste nell’essere persone pubbliche che si impegnano al
fianco della popolazione irachena. Fino ad ora è questo che ci ha protetto.
Però, quello che sta cambiando e che ci preoccupa evidentemente è un clima
generale, un clima che sta prendendo ovviamente proporzioni preoccupanti che,
sostanzialmente, si traduce anche nel linguaggio della popolazione locale con
“vi dovete schierare”, “dovete dire da che parte state” o con le truppe di
occupazione anglo-americane, o con i cascami del regime di Saddam Hussein.
Quindi, la popolazione locale è sottoposta ad una pressione crescente. Si deve
schierare. Questo pone a noi dei grandi problemi. La nostra indipendenza, la
nostra terzietà, il fatto che sin dall’inizio abbiamo rifiutato la guerra come
soluzione di questo problema iracheno, e come organizzazione umanitaria ci
siamo messi subito a disposizione della popolazione civile, tutto questo non
evita che anche per noi la situazione sia più difficile, perché la stessa
copertura che fino adesso ci ha dato la società civile irachena rischia di
venire meno. Questo ci sovraespone. L’unica cosa che io chiedo, e per cui
ringrazio anche la Radio Vaticana e tutti i media che ci hanno dato voce, è che
noi abbiamo bisogno del riconoscimento pubblico del nostro lavoro, perché è
l’unica forma vera di protezione, che ci consente non solo di andare avanti, ma
anche di essere sostenuti da un’opinione pubblica italiana, che vorrei appoggiasse
quella parte di società civile che nell’ombra, ogni giorno, fa la sua parte per
un Iraq migliore.
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E sul fronte iracheno le Forze armate americane hanno bombardato, per la terza
notte consecutiva, posizioni intorno a Baghdad
e Tikrit - città natale di
Saddam Hussein – per colpire miliziani legati all’ex regime. Intanto oggi a
Londra continua la visita del presidente statunitense George Bush che ha già
incontrato la regina Elisabetta. C’è attesa per il discorso del capo della Casa
Bianca sulla situazione irachena. Dalla capitale britannica Simonetta Musso.
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Bush si intratterrà fino a venerdì in quella che è la
prima visita di Stato ufficiale di un presidente americano dai tempi di Woodrow
Wilson nel 1918. Le relazioni speciali che intercorrono tra i due Paesi
anglosassoni e il significato dell’alleanza transatlantica saranno altri temi
di discussione durante questa visita di tre giorni piena di appuntamenti. Bush
incontrerà oggi anche i leader dei due partiti dell’opposizione - il
conservatore Michael Howard e il liberaldemocratico Charles Kennedy - oltre che
ricevere i familiari delle vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre,
presso l’ambasciata americana. Ma la giornata di domani si prospetta essere la
più scottante: è stata infatti annunciata una grande protesta da parte dei
movimenti pacifisti contro la guerra in Iraq, in occasione dell’incontro di
Bush con Tony Blair a Downing Street . Per domani anche l’incontro tra il
presidente americano ed i soldati che hanno combattuto sia in Afghanistan che
in Iraq: Prima del suo ritorno a Washington Bush accompagnerà il premier
britannico a Sedgefield, dove si trova il Collegio elettorale di Blair.
Da Londra, per la Radio Vaticana, Simonetta Musso.
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AL CORRIERE DELLA SERA VA IL RICONOSCIMENTO
DELLO EUROPEAN
NEWSPAPER AWARD QUALE MIGLIORE QUOTIDIANO EUROPEO
NELLA
CATEGORIA DEI GIORNALI A DIFFUSIONE NAZIONALE
- Con
noi, il direttore Stefano Folli -
Al Corriere della Sera va il riconoscimento dello European
Newspaper Award quale migliore quotidiano europeo nella categoria dei giornali
a diffusione nazionale. Vincitore nella categoria dei giornali regionali è
risultato lo spagnolo ‘Heraldo de Aragon’, per quelli locali l’altro
spagnolo ‘Goienkaria’, mentre per i settimanali è stato premiato l’irlandese ‘Sunday Tribune’. Il
premio speciale della giuria è andato al quotidiano spagnolo ‘La Voz de Galicia’
per gli articoli e i reportage sul disastro della Prestige davanti alle
coste galiziane. I premi saranno consegnati a Vienna nel marzo 2004. Al concorso, giunto alla quinta edizione,
hanno partecipato 331 giornali di 22 Paesi. Fausta Speranza ha chiesto al direttore
del Corriere della Sera, Stefano Folli, che cosa della motivazione del premio
gli faccia più piacere:
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R. – A me sembra che sia un premio dato alla credibilità
del nostro giornale, alla sua autorevolezza, al fatto che è percepito dai
lettori, anche per la sua forma grafica e per la sua impaginazione, come un
giornale veritiero e quindi credibile. Questo, secondo me, è il più grande
complimento che si possa fare ad un giornale, soprattutto ad un giornale come
il Corriere della Sera che ha da sempre l’ambizione di essere letto come un giornale
europeo, cioè come un giornale che racconta l’Italia nella sua cornice
internazionale e in particolare europea.
D. –
Oggi si lamenta velocità e globalizzazione – e lo strumento di internet, naturalmente,
ne è l’esempio – come un danno per l’informazione. Dunque, la scommessa di cui
lei parla per la credibilità, è difficile oggi?
R. – Non è facile, naturalmente, perché la nostra epoca è
caratterizzata da flussi di informazione sempre più convulsi. Un tempo era il
contrario: la scarsità di informazione rendeva il lavoro forse anche più affascinante,
ma certo molto diverso da quello di oggi. Oggi si tratta di selezionare, di
capire, di far capire ai lettori andando a fondo, approfondendo. La missione
della carta stampata – perché forse potremmo parlare proprio di missione – è
quella di scavare negli avvenimenti, di non fermarsi alla superficie perché
questa grande quantità di informazioni porta con sé una certa superficialità.
D. – Un premio al quotidiano è anche un po’ un premio ai
quotidiani in genere, in un momento in cui la televisione sembra prevalere: non
è così?
R. – Io credo molto nella carta stampata. Credo nella sua
funzione, nella sua autonomia, rispetto alla televisione che fa un altro tipo
di informazione. Io penso che sia assolutamente indispensabile che il cittadino
si informi attraverso la televisione, naturalmente, ma che poi legga i
quotidiani, ne legga più di quanto oggi siano letti in Italia. Sono uno
strumento essenziale per orientarsi nella nostra vita che è sempre più
difficile, sempre più complessa. Nulla
come la carta stampata può aiutare a completare l’informazione.
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IL VATICANO, LA STAMPA CATTOLICA E LE LEGGI
RAZZIALI
A 65
ANNI DALLA PROMULGAZIONE IN ITALIA
- A
cura di A.V. –
A 65
anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia da parte del regime
fascista, si continua a dibattere sull’atteggiamento della stampa cattolica del
tempo. In un suo recente saggio su “La Civiltà Cattolica”, Padre Giovanni Sale
distingue nettamente fra un antigiudaismo cattolico, con motivazioni politiche
– la collusione con massoneria e comunismo – e religiose – l’accusa di deicidio
– e l’antisemitismo razzistico dell’Europa nazificata di Hitler prima e
dell’Italia fascista di Mussolini poi. Anzi, il Vaticano e la stampa cattolica
non ancora imbavagliata dalla censura fascista presero posizione ferma e
inequivocabile contro l’avanzata del Razzismo in Europa a partire dal 1935.
A.V. ne ha parlato con l’estensore dell’articolo, lo storico gesuita
padre Giovanni Sale:
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R. - L’antisemitismo ha le sue radici nella dottrina
razzistica, sposata dagli Stati totalitari, che la Chiesa cattolica, il
Magistero pontificio, come anche la nostra rivista, hanno sempre condannato.
D. – Il fascismo cercò di strumentalizzare comunque
l’antigiudaismo tradizionale cattolico a proprio favore, a favore delle leggi
razziali ...
R. – Però la stampa cattolica, in particolare la
“Civiltà”, non seguì l’indirizzo che il regime voleva dare a questa materia,
aprendo soluzioni abbastanza differenti.
(cfr. Civ. Catt. IV del 1° Ottobre 1938: “...si vollero mettere quegli
scritti nel nostro periodico, di quasi mezzo secolo fa, in recisa e aperta
opposizione al sentimento odierno degli altri cattolici, ed a quello perfino
dell’autorità ecclesiastica, che è dire della Chiesa gerarchica e docente...”
e ancora “... fra i ‘rimedi’ o proposte di soluzione della vessata questione,
sono... dal nostro periodico... escluse... la confisca dei beni e il bando
delle persone... Similmente rigetta l’altro rimedio... del bando generale
dell’ebreo come straniero dal nostro suolo...” e infine “... né per il
presente, né per tutto il cinquantennio passato, non è venuto proprio né da
parte della Chiesa, né da reggitori o governi cattolici... nessuna mossa violenta,
di rappresaglia o di lotta contro gli ebrei... E’ venuta per ultimo proprio dalla
Germania, protestantica e nazista, come prima dalla Russia czarista e poi dalla
comunistica e internazionalistica,,,” in “La questione giudaica e ‘La Civiltà
Cattolica’ ” a firma di P. E. Rosa S. I.)
D. – In questo “Civiltà Cattolica” fu una voce
piuttosto isolata?
R. – Sì, anche all’interno del mondo cattolico. Ad esempio
“Unità cattolica” e “Fede e Ragione” ebbero posizioni più filo-governative,
mentre invece “La Civiltà Cattolica”, facendosi anche interprete della volontà
pontificia scrisse articoli di critica prima nei confronti della dottrina
antisemita e poi anche nei confronti di una sua elaborazione legislativa.
D. – Quando poi arrivano le leggi razziali si fa più forte
il messaggio di “Civiltà Cattolica” contro il razzismo, contro l’antisemitismo
e in particolare i due scrittori che precisano, puntualizzano il pensiero della
Chiesa, che poi era il pensiero di Pio XI, che approvò quegli articolo, sono
Padre Messineo e Padre Rosa...
R. - Padre Rosa,
che pure in passato era stato un sostenitore dell’antigiudaismo per motivi
religiosi e politici, dal 1938 scrisse parole anche molto dure contro
l’antisemitismo e contro questa ideologia che un po’ alla volta stava avanzando
all’interno della società nazionale e che stava indirizzando le sorti della
politica. Padre Messineo stigmatizzò il rapporto di unità tra popolo e razza,
ritenendo che ogni popolo era costituito da una pluralità di razze e che quindi
questa unità non poteva essere data. L’articolo fu chiesto esplicitamente a
Padre Messineo pare da un membro del Gran Consiglio del fascismo, perché anche
all’interno del regime e anche fra i dirigenti, non tutti erano d’accordo con
l’indirizzo che Mussolini in quel momento voleva dare alla politica ebraica.
Questo sta a significare non la connivenza tra “La Civiltà Cattolica” e alcuni
esponenti del mondo fascista, ma la consapevolezza che soltanto la Santa Sede,
facendo leva sulla sua autorità morale,
poteva in qualche modo porre un limite alle scelte governative, e “La
Civiltà Cattolica” poteva farsi voce di tutto questo. Questo articolo fu
censurato dalle autorità politiche, addirittura fu intimata la chiusura della
tipografia nel caso fosse continuata una polemica di denuncia della
legislazione razziale. La rivista divenne sempre di più invisa alle autorità
politiche e a Mussolini in particolare, che pare fosse un lettore abbastanza
assiduo de “La Civiltà Cattolica”.
(cfr. Civ. Catt. III del 6 agosto 1938: “La teoria, che
riduce la nazione alla razza, è rappresentata oggi e difesa, con una
ostinatezza e un fanatismo ideologico... e con una povertà di argomenti
pseudo-storici, e pseudo-scientifici, che fanno poco onore alla scienza, da
tutti gli scrittori che traggono ispirazione dal mito razzista della nuova
Germania.” E più avanti: “Il concetto di razza è derivato dalla
zoologia... Si è dunque in presenza di un concetto prettamente materialistico,
che non può essere applicato all’uomo integralmente, senza abbassare la creatura
ragionevole al livello degli animali. L’uomo non è soltanto animalità, ma è
anche spirito... Per quanto i fanatismi ideologici possono violentare i dati
della scienza e della storia, ogni uomo di buon senso non potrà fare a meno di
respingere sdegnosamente queste acrobazie del pensiero, vere aberrazioni
mentali collettive.” Poi sui concetti di nazione e razza: “...non
esistono popoli, i quali non risultino da un miscuglio di razze diverse, fusesi
insieme e mutatesi in nazioni. ...se l’unità di razza fosse un elemento essenziale
della nazione, oggi non esisterebbe alcuna vera nazione, degna di questo nome.”
in “Gli elementi costitutivi della
nazione e della razza” a firma di P. Messineo S. I.)
D. – “La Civiltà Cattolica” rimase sempre autonoma
rispetto al governo fascista, comunque?
R. – Sì, godeva di una certa autonomia, proprio per il
rapporto privilegiato che aveva con la Santa Sede. Non fu sospesa perché
l’autorità pubblica sapeva di toccare un interesse vitale della Santa Sede in
Italia.
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19 novembre 2003
PREOCCUPAZIONE
DELL’EPISCOPATO ARGENTINO
PER UNA
PROPOSTA DI LEGGE A FAVORE DELL’ABORTO
E PER LE CRITICHE CIRCOSTANZE CHE STA VIVENDO LA
FAMIGLIA.
PUBBLICATO UN DOCUMENTO AL TERMINE
DELL’86.ESIMA ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI
BUENOS AIRES. = E’ fondamentale
la ricerca di “leggi che promuovano la vita, il principale dei diritti umani,
inalienabile ed irrinunciabile e difendano il suo santuario che è rappresentato
dalla famiglia”. Questo, in sintesi, il monito dei vescovi argentini, al termine
dell’86.ma Assemblea Plenaria. Dinanzi ad un’allarmante proposta di legge che
intende legalizzare l’aborto, e pensando alle difficili condizioni in cui versa
la famiglia nel Paese latinoamericano, la Chiesa di Buenos Aires ha raccolto
alcune riflessioni nel documento “Familia, comunión de amor, tarea de todos”
(Famiglia, comunione di amore, compito di tutti), reso noto al termine degli
incontri. “La famiglia - si legge nel testo - ha per sua vocazione originale
quella di essere scuola di umanità e di amore, rimedio eccellente per superare
gli effetti nocivi della disoccupazione e dell’abbandono”. “La vita umana -
sottolineano ancora i vescovi argentini - è una realtà preziosa e sacra e deve
essere rispettata dal momento del concepimento fino alla sua fine naturale”.
(B.C.)
“VOGLIAMO VEDERE GESU’,
VIA VERITA’ E VITA”:
E’ LO SLOGAN DEL NUOVO PROGETTO DELLA CONFERENZA
NAZIONALE
DEI VESCOVI BRASILIANI. AL CENTRO DELL’INIZIATIVA,
LA PROMOZIONE DI UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO
BRASILIA. = Rievangelizzare
i cattolici non praticanti e promuovere l’impegno missionario dei laici: sono i
punti chiave di un nuovo progetto promosso dalla Conferenza nazionale dei
vescovi brasiliani (Cnbb) e presentato nei giorni scorsi a Brasilia. “Occorre
promuovere in modo rinnovato - ha sottolineato mons. Odilio Scherer, segretario
generale della Cnbb e vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Paolo - i
fondamenti e i motivi evangelici dell’impegno cristiano all’interno della
società, in modo che in essa emergano sempre più i segni del Regno di Dio, che
è vita piena per ogni persona”. Il nuovo piano di evangelizzazione nazionale,
intitolato “Vogliamo vedere Gesù, Via Verità e Vita”sarà operativo in tutte le
diocesi del Paese dalla Pasqua 2004. In Brasile esistono diverse situazioni che
sfidano la missione evangelizzatrice della Chiesa. “Non possiamo accontentarci
di quelli che già frequentano le nostre comunità - ha aggiunto mons. Scherer -
se si perde la dimensione missionaria concreta ed effettiva, la Chiesa si
impoverisce fino alla perdita della sua vitalità”. Si calcola che in Brasile
circa 600 mila persone ogni anno abbandonino il cattolicesimo, la maggior parte
di loro per abbracciare nuove sette evangeliche locali. (B.C.)
IL DALAI LAMA, IL LEADER SPIRITUALE DEI BUDDISTI
TIBETANI, SARA’ A ROMA
DAL 25 AL 28 NOVEMBRE PROSSIMI.
L’ARMONIA TRA LE RELIGIONI E I BUONI RAPPORTI
FRA ITALIA E TIBET AL CENTRO DELLA VISITA
ROMA. = Promuovere i valori umani ed etici,
l’armonia interreligiosa e rafforzare i legami tra popolo italiano e tibetano:
sono gli obiettivi che sottendono il 18.esimo viaggio in Italia del Dalai Lama,
il leader spirituale dei buddisti tibetani. Il 26 novembre Tenzin Gyatso
(questo il suo nome alla nascita) incontrerà i giornalisti alle ore 11:00
all’Hotel Esedra, per poi parlare al pubblico alle 17:30 sul tema ‘Il sentiero
della libertà’ all’Auditorium Parco della Musica, in Viale De Coubertin. La
conferenza è organizzata dal gruppo interparlamentare italiano per il Tibet
(istituito nel maggio 2002 e formato da 90 parlamentari di tutti i principali
partiti) e dall’Associazione Italia-Tibet, in collaborazione con Amnesty
International e altre organizzazioni pro-tibetane. Sempre il 26 novembre, e
anche il giorno seguente, il 14esimo Dalai Lama del Tibet incontrerà esponenti
del mondo politico e istituzionale e leader sindacali italiani. Il 28 il leader
religioso parteciperà al quarto summit dei Premi Nobel per la Pace organizzato
a Roma dalla Fondazione Gorbachov, con il patronato di presidenza della
repubblica, Camera, Senato e sindaco di Roma. Il tema di quest’anno sarà
“L’etica nella politica e nell’economia”. Il ritorno in India del Premio Nobel
per la Pace 1989 è previsto per il 29 novembre. Nato il 6 luglio 1935 da una famiglia
di contadini a Taktser, piccolo villaggio nel nordest del Tibet, all’età di due
anni fu riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore, il 13esimo Dalai
Lama e, secondo la tradizione buddista tibetana, come reincarnazione di Avalokitesvara,
il Buddha della Compassione che scelse di tornare sulla terra per servire la
gente. Fuggito dalla patria dopo l’invasione cinese del 1949, risiede oggi a
Dharamsala, villaggio nell’Himalaya indiano da dove dirige il governo tibetano
in esilio. (B.C.)
LUTTO NEL MONDO DELLA LETTERATURA: E’ MORTO LO
SCRITTORE MICHELE PRISCO.
I FUNERALI DELL’83.NE SI SVOLGERANNO DOMANI A
POSILLIPO
NAPOLI. = Si è spento nella
notte a Napoli lo scrittore Michele Prisco. L’83.ne, precedentemente colpito da
un ictus, è morto per un malore. I funerali si terranno domani mattina alle 11,
nella chiesa di San Luigi a Posillipo. Nato a Torre Annunziata nel 1920, il
‘narratore del sud’ viveva a Napoli. Numerose sono state le opere pubblicate a
partire dalla fine degli anni Quaranta, tra queste: “La provincia addormentata”
(1949), “Gli eredi del vento” (1950), “Figli difficili” (1954), “La dama di
piazza” (1961); fino ai più recenti “Le parole del silenzio” (1981), “Lo
specchio cieco” (1984), “I giorni della conchiglia” (1989), e il “Il pellicano
di pietra” (1996). Nel corso della sua carriera, Michele Prisco ha vinto
numerosi premi, fra i quali lo Strega nel 1966, il Fiuggi - Una vita per la
cultura nel 1985 e il Premio Selezione Campiello nel 1996. Le sue opere sono
tradotte nei principali Paesi europei ed extraeuropei. (B.C.)
SEGNI DI NORMALITA’ NEL MARTORIATO AFGHANISTAN.
E’ NATA L’EMITTENTE TELEVISIVA ‘AINA’, CHE
TRASMETTERA’ PROGRAMMI CULTURALI,
SOCIALI E SPORTIVI NELLE QUATTRO LINGUE LOCALI
KABUL. = A due anni dalla caduta del regime dei talebani,
sta nascendo in Afghanistan una nuova televisione. L’emittente, chiamata ‘Aina’
(‘Specchio’), ha iniziato recentemente le prove di trasmissione da Sheberghan,
130 chilometri a ovest di Mazar-i-Sharif, nel nord del Paese. “E’ una tv del
tutto indipendente e non collegata ad alcuna fazione politica” ha assicurato
Sayeed Anwar Sadat, direttore della stazione televisiva, probabilmente
alludendo al fatto che la località è una roccaforte del ‘signore della guerra’
uzbeko Rashid Dostam. Il palinsesto dell’emittente televisiva sarà composto da
programmi di cultura, sociali, di spettacolo, politici e sportivi, nelle
quattro lingue locali: dari, pashtu, uzbeko e turkmeno. In una prima fase,
‘Aina’ trasmetterà entro un raggio di 300 chilometri, ma non è escluso che in
futuro possa raggiungere anche la capitale Kabul. La nuova stazione televisiva
è stata realizzata dalla compagnia ‘Zafar Faryabi’, acquistando materiale del
valore di 500.000 dollari importato dall’Italia. La costruzione di questa
stazione rappresenta per il Paese un grande passo verso quella normalità tanto
osteggiata dai talebani. Sotto il regime, infatti, le persone sorprese a
guardare la tv rischiavano il carcere; erano consentite solo le trasmissioni
radiofoniche, ma dovevano limitarsi ai notiziari giornalistici. (B.C.)
UNA MOSTRA FOTOGRAFICA PER RAPPRESENTARE IL DOLORE
DELLE DONNE CILENE,
VITTIME DI MALTRATTAMENTI, SARA’ INAUGURATA A
SANTIAGO
IL PROSSIMO 25 NOVEMBRE, NELLA GIORNATA PER
L’ELIMINAZIONE
DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE ISTITUITA DALL’ONU
SANTIAGO. = Sarà inaugurata il prossimo 25 novembre,
presso la Galleria ‘La Sala’ di Santiago del Cile, la mostra della fotografa
cilena María Gracia Subercaseaux, intitolata “18 secondi”. Il titolo
dell’esposizione è un’allusione al lasso di tempo che trascorre tra
un’aggressione contro le donne e quella successiva nel mondo. I maltrattamenti
ai quali sono sottoposte troppe donne cilene sono ritratti in modo allusivo,
non esplicito nella collezione di fotografie. Il maltrattamento rappresenta
“l’annullamento dell’essere umano”, spiega l’autrice, aggiungendo che “si
tratta di donne che vivono come in mondi paralleli perché la società non si
accorge che esistono”. La selezione di
immagini è stata patrocinata dal Servizio nazionale delle donne (Sernam) cileno
e offre scatti fotografici in bianco e nero, presi con la tecnica della
sfocatura. La data di inaugurazione della mostra coincide con la celebrazione
della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la
donna, istituita dall’Onu. (F.S.)
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19 novembre 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
Cinque persone, tutti turisti
stranieri, sono state ferite oggi dal fuoco di un terrorista palestinese vicino
Eilat, al confine tra Israele e Giordania. L’uomo è stato poi ucciso dai
soldati israeliani. Le violenze sono giunte proprio mentre il premier
israeliano Sharon - tra imponenti misure di sicurezza - si trova in visita in
Italia. Oggi alle 17 l’incontro col capo di Stato Ciampi, ieri quello col
premier Berlusconi e il vicepremier Fini, che dal 23 novembre sarà in visita in
Israele. Il servizio di Giada Aquilino:
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Doveva essere un incontro tra
alleati, perché l’Italia “è il più grande amico che Israele ha in Europa”. Lo
ha detto e ribadito Sharon, prima e dopo il suo arrivo a Roma. In effetti, lo è
stato. Ma il giorno di lutto nazionale per la tragedia di Nassiriya ha dominato
anche il colloquio tra il premier israeliano e Berlusconi. Indubbiamente hanno
pesato pure le differenti posizioni con l’Unione Europea - presieduta in questo
semestre proprio da Berlusconi - a proposito di Arafat e del muro di sicurezza
in costruzione tra Israele e Cisgiordania. Per Bruxelles, Arafat rimane il
presidente palestinese a tutti gli effetti. Gli israeliani invece non lo
considerano un interlocutore affidabile. La barriera di sicurezza - tanto
caldeggiata da Sharon come argine ai terroristi, proprio quando domenica il
Papa ha detto: “Non muri, ma ponti” per il Medio Oriente - rimane invece per
l’Ue un fatto che desta “profonda preoccupazione”. Ma Roma non è Bruxelles e
così a Palazzo Chigi tutte le questioni – si legge in una nota della presidenza
del Consiglio – sono state affrontate con “moderazione ed equilibrio”. Gli
argomenti rimangono quelli di sempre: lotta al terrorismo, ripresa della road
map, rischio di antisemitismo in Europa e l’imminente incontro tra Sharon e
il premier palestinese Abu Ala.
Da Palazzo Chigi, Giada Aquilino,
Radio Vaticana.
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In Mozambico, oggi decisivo appuntamento per il progresso
democratico del Paese. In 33 città, tra cui la capitale Maputo, si tengono le
elezioni amministrative, alle quali partecipa anche il maggior partito
dell’opposizione, la Renamo, Resistenza Nazionale del Mozambico, per la prima
volta al giudizio dell’elettorato in questo tipo di elezioni, dopo la buona
affermazione nelle presidenziali del 1999. Ma il Mozambico, colonia portoghese
fino al 1975, sconvolto fino al 1992 da una sanguinosa guerra civile, è
veramente pronto per la democrazia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Don
Matteo Zuppi, tra i mediatori internazionali che portarono alla pace:
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R. – Direi di sì. Il Mozambico ha dimostrato di saper
acquisire le regole della democrazia. Dobbiamo ricordare che l’accordo di pace
è stato firmato nel ’92, le prime elezioni generali sono state nel ’94 e il
Parlamento ha poi sempre funzionato, nonostante difficoltà, le accuse di brogli
da parte della Renano, ed è sempre
stato una palestra concreta dove si costruiva la democrazia. Come ovunque,
peraltro, i rischi per la democrazia ci sono: essa deve crescere, deve
coinvolgere maggiormente la società civile. Diciamo che il Mozambico è un buon
laboratorio, che dimostra quanto la democrazia in Africa non sia un sogno, ma
una realtà già in molti Paesi.
D. – Quali le differenze ci sono tra il Paese di oggi e
quello del ’92, che, grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio
arrivò alla pace?
R. – La prima grande differenza è che la guerriglia è
diventata un partito politico. Questa è stata una trasformazione esemplare,
anche perché, come vediamo in tantissimi conflitti in Africa e non solo, le
guerriglie non sanno compiere questo difficile passaggio che richiede, oltre
alla capacità di passare alla lotta politica, un aiuto economico per consentire
di non restare legati all’economia di guerra. Queste difficoltà per moltissimi
Paesi significano la continuazione della guerra. La Renamo è invece riuscita a
diventare un partito, con le difficoltà e con i limiti – se vogliamo – di
qualsiasi formazione, ma è comunque entrata a far parte della discussione
politica, ottenendo un risultato del 47,7 per cento nelle elezioni
presidenziali del ’99. La grande differenza è, quindi, che lo scontro è
diventato dibattito, a volte anche molto acceso, ma ha portato il Paese ad uno
sviluppo importante. Il Mozambico è uno dei Paesi che ha la maggior percentuale
di sviluppo in tutta l’Africa e ci sembra – anche se le contraddizioni della
povertà sono enormi – è che si va verso un benessere un pochino più diffuso.
Resta certo la tragedia di migliaia di persone colpite dal virus dell’Hiv e per
le quali occorre garantire la terapia che rappresenta l’unica possibilità di
salvarsi la vita.
D. – E’ un Paese ancora dipendente il Mozambico dagli
aiuti internazionali?
R. – Molto meno, lo è per le grandi strutture, ma per esempio
è autosufficiente da un punto di vista alimentare per i beni più importanti. E’ diventato addirittura un Paese
esportatore di alcuni generi alimentari. Questo vuol dire che la pace è l’unica
condizione per lo sviluppo e che senza la pace non è pensabile un futuro per
nessun Paese e in questo caso ovviamente per il Mozambico.
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Le
autorità di Ankara ritengono di aver identificato i due esecutori materiali dei
due attentati compiuti sabato scorso contro altrettante sinagoghe a Istanbul, nel
quale 25 persone hanno perso la vita e centinaia di altre sono rimaste ferite.
Si tratta di due cittadini turchi.
Ha
riaperto oggi i battenti il Parlamento dello Sri Lanka, le cui attività erano
state sospese due settimane fa dalla presidente Kumaratunga. Il capo dello
Stato aveva anche licenziato tre ministri del governo. Al centro della contesa
politica, i disaccordi col premier Wickremesinghe sui colloqui di pace, ora
interrotti, con i separatisti Tamil.
Con una celebrazione nella chiesa
del Sacro Cuore, Catania ha ricordato oggi Maria Grazia Cutuli, la giornalista
del Corriere della Sera uccisa esattamente due anni fa in Afghanistan, sulla
strada che collega Jalalabad a Kabul. Con lei furono assassinati anche due
colleghi della Reuters ed uno del giornale El Mundo.
E’ stata aperta negli Stati Uniti
un'inchiesta preliminare sul sequestro del Teatro Dubrovka da parte di un
commando di terroristi ceceni, avvenuto lo scorso anno a Mosca e in cui
morirono 129 persone dopo l’intervento delle forze di sicurezza russe. Obiettivo
delle indagini è quello di stabilire un eventuale coinvolgimento di al Qaida.
Ancora violenze in Uganda. Nel nord del Paese i ribelli
hanno ucciso almeno 65 civili, secondo fonti autorevoli, ma non ufficiali. Si
registrano anche moltissimi feriti, una decina dei quali in gravissime
condizioni ed un numero imprecisato di persone rapite.
Il presidente egiziano, Hosni
Mubarak, è stato colpito oggi da un malore mentre teneva un discorso in
Parlamento. Dopo un’assenza di circa 45 minuti il capo dello Stato è rientrato
in aula rassicurando i deputati sulle sue condizioni di salute.
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