RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 319 - Testo della Trasmissione di sabato 15 novembre 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dopo gli attentati contro due sinagoghe ad Istanbul che hanno causato almeno 20 i morti e oltre 215 i feriti il Papa lancia un appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà a mobilitarsi in favore della pace contro il terrorismo e perché mai più l’appartenenza religiosa sia causa di conflitti

 

Seminario di studio su “Leone XIII e la pace”  organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: ce ne parla il teologo Bruno Forte

 

Conclusa oggi in Vaticano la conferenza internazionale sulla depressione: ai nostri microfoni il prof. Pierluigi Zucchi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Gli attentati ad Istanbul: interviste a Tullia Zevi, Khalid Chaouki e al cardinale Renato Raffaele Martino e a Camille Eid

 

Sono salite a 19 le vittime italiane  nell' attentato di Nassiriya. Oggi pomeriggio in Italia le salme dei soldati italiani: la testimonianza del vescovo caldeo di Baghdad Shlemon Warduni

 

Domani, in Italia,  si celebra la Giornata nazionale delle migrazioni: con noi mons. Giuseppe Di Falco e mons. Luigi De Petris.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Uganda, i ribelli hanno attaccato giovedì scorso la missione cattolica di Aloi, uccidendo otto persone

 

L’arcidiocesi di Milano ha promosso ieri una giornata di studio sul rapporto tra l’arcivescovo Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e il mondo laico

 

Iniziato in Germania il processo di abbandono del nucleare, con la chiusura della centrale atomica di Stade

 

Si è conclusa giovedì scorso nei pressi di Phnom Penh, in Cambogia, l’incontro annuale del Celac, l’organismo formato dalle Conferenze episcopali di Cambogia e Laos

 

Inaugurata la prima università pubblica in Guinea Bissau.

 

24 ORE NEL MONDO:

Urne aperte domani in Serbia per le presidenziali

 

Elezioni anche nella regione spagnola di Catalogna

 

In Tanzania, si apre la nuova tornata di incontro per la pace in Burundi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 novembre 2003

 

 

IL MONDO SI MOBILITI PER LA PACE CONTRO IL TERRORISMO:

E’ L’ACCORATO APPELLO DEL PAPA IN UN MESSAGGIO DI CORDOGLIO

 PER LE VITTIME DEGLI ATTENTATI DI OGGI AD ISTANBUL

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Il mondo intero “si mobiliti in favore della pace e contro il terrorismo” nel rispetto “della libertà di credo”, affinché “mai più l’appartenenza religiosa sia fonte di conflitti che insanguinano e sfigurano l’umanità”. Con queste parole, contenute in un messaggio di cordoglio alla nazione turca, il Papa rivolge un accorato appello a tutti gli uomini di buona volontà, dopo il duplice terribile attentato, che stamani ha scosso la città di Istanbul.

 

 Nel telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Pontefice assicura le sue preghiere per le vittime e il sostegno spirituale ai feriti, alle famiglie “così duramente provate” e a “tutti i fedeli toccati da questo nuovo dramma”. Il Santo Padre chiede infine al Signore di “aiutare i soccorritori e quanti sono incaricati di assistere le persone in lutto”.

 

 

ALL’UDIENZA AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELL’UNITALSI,

 IN AULA PAOLO VI, L’ABBRACCIO DEL PAPA AD UNA DELLE VITTIME

DEL TERRIBILE ATTENTATO A NASSIRIYA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il dolore per la strage di Nassiriya è stato presente oggi anche in Aula Paolo VI, all’udienza del Papa ai partecipanti al pellegrinaggio dell’Unitalsi. All’incontro c’era infatti Margherita Coletta, vedova di Giuseppe, il vice brigadiere morto nell’attentato in Iraq. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Un abbraccio, un gesto di tenerezza, di affetto. Il Papa si è stretto così al dolore di Margherita Coletta, che nell’attentato di Nassiriya, ha perso suo marito, eroe generoso e sfortunato. Lo ha fatto al termine dell’udienza ad un’associazione per cui la speranza di fronte al dolore è sempre stata un principio da seguire, uno stile di vita. Appresa la tragica notizia, Margherita con il Vangelo in mano aveva detto alle telecamere: “La nostra  vita è tutta qui dentro” e ne aveva letto un brano: “Fu detto amerai il tuo prossimo e odierai il  nemico. Ma io vi dico, amate i vostri nemici e pregate per i  vostri persecutori”.  

 

All’udienza ai partecipanti al pellegrinaggio dell’Unitalsi, che in oltre 8 mila, hanno gremito l’Aula Paolo VI, per il centenario di fondazione del sodalizio, il Papa ha lodato quanti si impegnano in modo silenzioso in favore dei più deboli. Ricordando quindi il legame tra l’associazione e il Santuario mariano di Lourdes, ha esortato a rendersi “disponibili per ogni servizio umile e semplice”, imitando Maria che si mise in viaggio per raggiungere la casa di Elisabetta:

 

“Vi esorto a mantenere vivo il carisma della vostra associazione ecclesiale. Alimentate la vostra esistenza personale e il lavoro nell'Unitalsi con l'ascolto della Parola e la preghiera, con un’intensa vita sacramentale e una ricerca incessante della volontà divina”.

 

L’icona biblica del buon samaritano, ha detto ancora, vi stimoli “ad una dedizione sempre più totale a Dio e al prossimo”.

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E ora ascoltiamo la testimonianza di Maria Carla Traìna, da quarant’anni volontaria Unitalsi e da otto presidente della sottosezione Unitalsi di Roma. L’intervista è di Paolo Ondarza.

 

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R. – L’incontro con Gesù Cristo nella persona sofferente mi ha fatto cambiare il mio rapporto quotidiano con le cose: a Lourdes si relativizza tutto, si capisce che tutte le difficoltà che si incontrano nella vita non sono niente se sono vissute con Gesù Cristo.

 

D. – Maria Carla prima accennava a questi viaggi, a questi pellegrinaggi...ma cosa succede all’interno di un treno?

 

R. – Si vive una esperienza bellissima di condivisione. Ci sono momenti molto forti, come la celebrazione della Messa in treno che è in condizioni – in genere – abbastanza di disagio. Ma quella Comunione portata a tutto il treno fa vivere un momento molto intenso con tutti i nostri amici in difficoltà. Ci si confida, magari con degli estranei ma con i quali ci si sente di condividere delle esperienze.

 

D. – Maria Carla, un episodio particolare che ricorda con emozione e che ha contribuito alla sua crescita umana e cristiana?

 

R. – Le emozioni più forti credo di averle provate al treno bambini e nella condivisione con le mamme. Ho sempre visto queste mamme come delle eroine, delle madri coraggio. Il modo con cui trasmettono ai loro figli con grosse difficoltà, viene soltanto dalla forza della fede.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nella mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto in successive udienze il cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi e un gruppo di presuli indiani, in Visita ad Limina.

 

Nelle Filippine, il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Kalibo, mons. Jose Romeo Orquejo Lazo, finora membro del comitato per il programma “Assist” della conferenza episcopale filippina.

 

In Kenya, il Papa ha nominato vescovo di Embu il reverendo Anthony Muheria, della Prelatura dell’Opus Dei.

 

 

SEMINARIO DI STUDIO SU “LEONE XIII E LA PACE” ORGANIZZATO A ROMA

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

- Intervista al teologo Bruno Forte -

 

Approfondire l’azione pastorale e diplomatica di Leone XIII ed evidenziare il suo impulso alla successiva azione della Santa Sede a favore della pace, con particolare riferimento alle sfide attuali. Questo il duplice obiettivo del seminario di studi  organizzato in occasione del centenario della morte di Papa Pecci, dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace insieme all’Università Gregoriana. Il convegno in corso presso la sede del Dicastero, terminerà nel tardo pomeriggio. Il servizio è di Dorotea Gambardella:

 

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Un Pontefice, Leone XIII, per il quale la pace tra le nazioni non era soltanto una questione di primaria importanza, bensì il punto nodale del suo magistero. Questo uno dei concetti più volte ribaditi nel corso della prima parte del seminario sulla figura di Papa Pecci. In particolare, il docente di teologia, Heinz Gerhard Justenhoven, ha messo in luce come Leone XIII, “in qualità di custode della fede” si sentisse “responsabile della giustizia e della pace nel mondo”.

 

A tal proposito Justenhoven ha ricordato la sua mediazione nella disputa tra Spagna e Germania per le isole Caroline, nel 1880, l’intervento tra Stati Uniti e Spagna nella crisi cubana del 1895, la questione della corsa alle armi prima della Grande Guerra. Questo Papa dunque, come ha evidenziato il professore dell’Istituto nazionale francese di Scienze politiche, Renè Remond, “non sottrasse la chiesa al confronto, la rese anzi capace di unificare le esigenze della religione con quelle del diritto”, spingendola verso la cosiddetta “modernità cristiana”.

 

Il concetto verrà ulteriormente sviluppato nell’enciclica Rerum Novarum, in cui si afferma il principio, più volte ribadito dallo stesso Giovanni Paolo II, che non può esservi pace senza giustizia. Nel corso del pomeriggio, l’attenzione sarà puntata sulle sfide attuali da superare per il raggiungimento della pace. Tra esse la globalizzazione, il rispetto dei diritti umani e il dialogo interreligioso. Su quest’ultimo punto ascoltiamo Mons. Bruno Forte, docente della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale: 

 

“Nel suo libro Lo scontro delle civiltà Samuel Huntington sostiene che mentre l’800 è stato il tempo dello scontro delle nazioni, il 900 il tempo dello scontro delle ideologie, il XXI secolo sarà il tempo dello scontro delle civiltà, che Huntington intendo soprattutto come scontro tra Occidente cristiano ed Islam. Le sue tesi sembrano aver avuto una conferma dall’11 settembre 2001 e dagli eventi bellici che sono seguiti a quella data. Il problema è ora capire se questa tesi ha fondamento: la mia risposta è assolutamente no, perché ritengo che i mondi religiosi a cominciare soprattutto dal cristianesimo possano dare un apporto decisivo alla costruzione della pace. Tra l’altro è proprio su questa linea che si è mosso Giovanni Paolo II, perché proprio in nome del Mistero Santo del Dio Unico tutte le famiglie religiose dell’umanità sono in qualche modo convocate ad essere artefici di pace e qui non soltanto il cristianesimo, con la non violenza evangelica, ma anche l’Islam, questa grande religione che pur tanto bene dà a masse umane immense e che ha nei suoi testi fondatori – il Corano – dei richiami possibili alla violenza, ma sarà proprio il dialogo che potrà aiutare l’anima non fondamentalista ad emergere. Ecco che più che mai il dialogo fra le religioni è contributo alla pace.

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CONCLUSA OGGI IN VATICANO LA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA DEPRESSIONE

Intervista al dott. Pierluigi Zucchi

 

Si è conclusa oggi in Vaticano la Conferenza internazionale sulla depressione, organizzata dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Presenti medici, esperti e teologi giunti da tutto il mondo. Ieri il Papa, ricevendo in udienza i partecipanti, ha voluto rimarcare la sofferenza, spesso misconosciuta, di quanti sono malati di depressione e nello stesso tempo li ha invitati a percorrere la strada della fede per scoprire la tenerezza di Dio e superare così il loro male. Ma cosa è emerso da questa conferenza? Giovanni Peduto lo ha chiesto al dott. Pierluigi Zucchi, esperto di terapia del dolore.

 

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R. – Da questa conferenza, estremamente articolata, la patologia depressiva è emersa non soltanto con una grossa componente organica, ma anche con una patologia deficitaria da un punto di vista etico-spirituale. Per cui il paziente affetto da depressione,da questo congresso è stato evidenziato molto bene, è un paziente che ha interrotto il rapporto spirituale con i parametri trascedenti. Quindi è un paziente che deve recuperare se stesso, soprattutto da un punto di vista spirituale. E’ ovvio che la medicina interferisca in senso positivo da un punto di vista terapeutico, ma non è sufficiente.

 

D.– E’ emerso dai lavori della Conferenza che la depressione attacca maggiormente chi è privo di ideali, chi è privo di una componente religiosa,ma abbiamo diverse persone, molto religiose, affette da depressione...

 

R. – Direi che la depressione dà la misura dell’entità del proprio patrimonio spirituale. Io ho avuto il privilegio di fare degli studi a ponte tra teologia e medicina con l’aiuto fondamentale indispensabile del prof. Honigs, un teologo moralista, ed abbiamo dimostrato proprio quanto la componente spirituale, e quindi quanto la preghiera possa essere, per esempio, uno strumento fondamentale per ravvivare nel credente quello che è il proprio patrimonio spirituale.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 “Ancora sangue” è il titolo che apre la prima pagina in riferimento all’attentato compiuto a Istanbul contro due sinagoghe e nel quale sono morte almeno 20 persone e oltre 200 sono rimaste ferite A centro pagina “L’Italia accoglie nel suo seno i figli uccisi in Iraq per la pace”. In evidenza l’Udienza al pellegrinaggio dell’Unitalsi nel corso della quale il Papa ha abbracciato il figlio e la vedova del vice-brigadiere Giuseppe Coletta, morto nell’attentato a Nassiriya.

 

Nelle pagine vaticane, la celebrazione presieduta dal Cardinale Giordano per il 60.mo anniversario della morte di Salvo D’Acquisto e l’articolo conclusivo sul Congresso Internazionale sulla depressione.

 

Nelle pagine estere, celebrate a Nassiriya e a Bassora le Sante Messe in suffragio delle vittime; è morto il diciannovesimo militare italiano rimasto coinvolto nell’attentato; ancora agguati nei quali sono rimasti uccisi tre soldati statunitensi. Continua intanto l’operazione “Martello di ferro”: aerei bombardano nei pressi dell’aeroporto di Baghdad; Ciampi e Bush concordano sull’esigenza di accelerare la transizione dei poteri agli iracheni.

 

Nella pagina culturale, un volume ricorda la figura di Sophia Scholl, la ventunenne ghigliottinata dai nazisti il 22 febbraio 1943 per aver formato e animato il gruppo di resistenza morale della “Rosa Bianca”.

 

Nelle pagine italiane la cronaca del rientro dei primi feriti dell’attentato a Nassiriya. e un commento sull’inopportuna messa in onda di un programma televisivo sulla rete pubblica.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 novembre 2003

 

SDEGNO E CONDANNA IN TUTTO IL MONDO

PER GLI ATTENTATI CONTRO DUE SINAGOGHE A ISTANBUL

- Nostre interviste a Tullia Zevi, Khalid Chaouki e al cardinale Renato Raffaele Martino -

 

Ad Istanbul, in Turchia, due autobombe sono esplose questa mattina nei pressi delle  sinagoghe di Shishli e di Neve Shalom nel quartiere di  Beyoglu-Kuledibi, mentre erano in corso le preghiere  del sabato. Secondo il Ministero dell'Interno turco sono almeno 20 i morti e oltre 215 i feriti. I particolari finora emersi,  nel servizio di Giada Aquilino:

 

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Due sinagoghe di Istanbul, colpite da altrettanti attentati nel giorno dello shabat ebraico, quindi affollate di persone raccolte in preghiera. Le esplosioni sono avvenute a pochi istanti l'una dall'altra. Non è ancora chiara la dinamica dei fatti, ma è certo che ad esplodere siano state due autobombe guidate da kamikaze. Gli attacchi sono stati rivendicati da un'organizzazione terroristica islamica denominata Islamic Great East Raiders – Front, cioè 'Fronte islamico dei combattenti del Grande Oriente' che dall’85 vuole instaurare uno stato islamico in Turchia. Fonti di intelligence turche riconducono però gli attentati di oggi alla mano di Al Qaeda, che organizzò e portò a termine l'attacco compiuto l'11 aprile 2002 in Tunisia ad una sinagoga di Djerba. Allora fu un'autocisterna contenente gas liquido ad esplodere di fronte ad un antico luogo di culto ebraico, uccidendo 19 persone. Intanto, il ministro degli Esteri turco Gul si è detto sicuro di vedere “in legame internazionale” nelle esplosioni alle sinagoghe di Istanbul, una città non certo nuova ad attentati rivendicati da gruppi estremistici che in passato hanno avuto come obiettivi commissariati di polizia, uffici giudiziari o singoli magistrati. Per l’emergenza a Istanbul, Israele ha offerto la sua assistenza alle autorità turche e alla comunità ebraica locale. Il capo della diplomazia israeliana Shalom, da Gerusalemme, ha già condannato le azioni, affermando che gli odierni attentati in Turchia ''provano che nessun Paese è immune dal terrorismo ed è per questo motivo che tutti gli Stati devono combattere contro le forze del male''.

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Sconvolta per gli attentati di Istanbul anche la comunità ebraica in Italia: ascoltiamo il commento di Tullia Zevi, autorevole esponente di questa comunità, al microfono di Fabio Colagrande.

 

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Vorrei commentare con orrore e sgomento quello che è accaduto  a Istanbul. Sono le atroci conseguenze dell’estremismo religioso. Bisogna che la religione vada ricondotta nel so ambito che è appunto quello della fede e della fedeltà a quei principi di umanità e di solidarietà che sono comuni a tutte le religione monoteiste, purché non si  lascino travolgere da nazionalismi esasperati e da strumentalizzazioni politiche.

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Sdegno per l’attentato contro le sinagoghe è stato espresso anche da Khalid Chaouki presidente dei giovani musulmani in Italia, intervistato da Stefano Leszczinsky.

 

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R.- Intanto come giovani musulmani d’Italia condanniamo senza mezzi termini questo attentato terroristico che mette innanzitutto in crisi, vuole mettere in crisi quella che è la convivenza civile tra le diverse religioni e in una città come Istanbul che è stata simbolo anche della convivenza positiva tra musulmani ed ebrei. Sicuramente chi ha fatto questo attentato è uno che non ha interessi in quello che è appunto il confronto civile tra l’Islam e il mondo occidentale e l’Islam e l’ebraismo in particolare. Questo attentato incoraggia sempre più noi giovani musulmani d’Italia ad avere maggiore coraggio nel dialogo, nella convivenza e sperare anche in un futuro di pace in  quella che è la Terra Santa in Palestina, in Israele.

 

D.- Secondo Lei è un segnale di un malessere più profondo della Turchia?

 

R.- Assolutamente no. Penso che la Turchia stia facendo dei passi molto importanti nel campo delle libertà e nella laicità con molta difficoltà. Penso che la Turchia sia stata scelta appunto perché rappresenta un po’ il passaggio molto importante ad un Islam laico, ad un Islam che riesce a orientare meglio la democrazia e la libertà, ad un Islam fatto di persone soprattutto, un Islam plurale, un Islam che rispetta anche le minoranze. Questo è l’Islam che sta facendo passi molto lento e difficili in Turchia. Per questo è stato colpito proprio quel Paese.

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Ascoltiamo adesso il commento del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

 

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R. - A soli tre giorni dalla strage di Nassiriya la nuova esplosione di violenza terroristica omicida, oggi scatenata ad Istanbul contro due luoghi di preghiera ebraici, con un numero così drammatico di vittime, suscita rinnovato orrore e non può che esigere l’incondizionata condanna da ogni coscienza umana. Come Giovanni Paolo II ha più volte inequivocabilmente ribadito, nessuna giustificazione può addursi al massacro indiscriminato di vittime inermi e innocenti. L’odio genera l’odio, alimenta la spirale perversa della vendetta ed è foriero solo di lacrime e sangue. Non ci sono scorciatoie, meno che mai quelle violente, alla costruzione paziente, laboriosa e disinteressata della pace, condotta con spirito di dialogo, con responsabilità politica e con una ritrovata solidarietà internazionale. Affidiamo a Dio e al suo amore le anime di coloro che sono morti. Siamo vicini con affetto alle loro famiglie. Invochiamo la conversione dei terroristi, che devono lasciare le strade della ferocia per quelle del bene.    

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Gli attentati compiuti dagli estremisti musulmani si stanno moltiplicando proprio in questo mese del Ramadan, sacro per l’Islam. Ma cosa sta succedendo nel mondo islamico? Giada Aquilino lo ha chiesto a Camille Eid, esperto di questioni arabe del quotidiano Avvenire:

 

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R. - Anzitutto vedrei una matrice collegata ad altri attentati precedenti, che sono avvenuti contro le comunità ebraiche di Tunisia e Marocco, e quindi la mano – a questo punto – di Al Qaeda, che ha rivendicato entrambi gli attentati sia a Casablanca quest’anno che all’isola di Djerba lo scorso anno.

 

D. - Che lettura dà il mondo islamico a questa escalation di violenze?

 

R. - Ovviamente il mondo islamico non è un blocco monolitico, ma troviamo voci di dissenso e di protesta perché ovviamente non è una bella rappresentazione dell’Islam che scaturisce da attentati di questo genere; mentre ci sono altre voci che inneggiano a questi atti e pensano di colpire il nemico internazionale ovunque si trovi. Sull’attentato di oggi aggiungerei che è connesso con la visita del presidente israeliano che è avvenuta proprio in questa sinagoga, nella quale nel mese di settembre aveva appunto detto che la visita ad una sinagoga di Istanbul dimostra i buoni rapporti e rapporti di amicizia che esistono in Turchia tra mondo islamico e mondo ebraico. Questo forse rappresenta un motivo in più che ha stimolato gli attentatori a colpire un bersaglio di questo genere.

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LA CERIMONIA SOLENNE A NASSIRIYA PER L’ULTIMO SALUTO,

PRIMA DELLA PARTENZA PER L’ITALIA,

ALLE SALME DEI MILITARI ITALIANI UCCISI MERCOLEDI’ SCORSO. 

IL TRAGICO ATTENTATO AL CENTRO DEL COLLOQUIO TRA CIAMPI E BUSH.

- Intervista con Shlemon Warduni - 

 

Una cerimonia solenne, alla presenza delle autorità diplomatiche italiane in Iraq, i vertici militari della missione Antica Babilonia, i compagni dei militari morti e una rappresentanza di tutti i reparti militari presenti in Iraq, ha dato l’ultimo saluto alle salme dei militari uccisi mercoledì scorso prima della partenza per l’Italia. Le vittime dell’attentato sono salite oggi a 19, dopo l’autorizzazione a staccare la macchina che assisteva il militare Pietro Petrucci, di cui era stata già accertata la morte celebrale Si è anche appreso che non c’è alcuna speranza per un altro dei militari rimasto finora in coma. Un centinaio di persone si sono raccolte vicino alla base dei carabinieri, distrutta dall'attentato kamikaze, per testimoniare ''solidarietà' ai militari italiani''. L'arrivo delle salme è previsto intorno alle 18 a Ciampino. La camera ardente sarà  allestita nella sala delle bandiere al Vittoriano, a Roma,  e sarà aperta  lunedì dalle nove del mattino alle 20. I funerali si svolgeranno  martedì nella Basilica di San Paolo fuori le mura.

 

Sul tragico attentato che ha colpito mercoledì scorso il contingente italiano, Debora Donnini ha raccolto la riflessione di mons. Shlemon Warduni, amministratore patriarcale caldeo di Baghdad.

 

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R. – La reazione è stata veramente molto negativa. Il cuore è addolorato per questo inumano attentato contro gente che è venuta ad aiutare la pace, a mettere ordine nelle nostre città. Questo è il colmo del male. Noi esprimiamo con tutto il cuore le nostre condoglianze a tutti gli italiani, ma in modo speciale alle famiglie degli uccisi. Noi abbiamo sempre accolto gli italiani col cuore pieno di gioia e credevamo che Nassiriya fosse un luogo calmo e che le cose andassero bene.

 

D. – Per il futuro dell’Iraq quali i passi fondamentali da fare?

 

R. – Per noi è una cosa molta importante che rimangano le truppe straniere finché non si instauri una pace duratura e non ci sia tranquillità e sicurezza. Perciò noi chiediamo a tutti di difendere le nostre frontiere, di custodirle, che vengano espulsi tutti gli elementi che stanno destabilizzando la nostra nazione. Quegli elementi che vengono da fuori, che appartengano ad Al Qaeda o ad milizie straniere, vogliono soltanto destabilizzare con questi atti terroristici. Perciò noi  chiediamo agli italiani di avere pazienza. Anche loro hanno subito questi sacrifici, come noi. Il loro sangue è mescolato con il nostro sangue. Perciò li ringraziamo con tutto il cuore e chiediamo loro di non compiere gesti come quello di ritirare le truppe, le quali fanno tanto del bene speriamo che anche tutte le altre truppe imparino da loro a fare il bene a favore della tranquillità.

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L’Iraq è stato al centro del colloquio tra il presidente italiano, Ciampi, e il presidente statunitense Bush. Quaranta  minuti di colloquio, poi il pranzo  nell'appartamento privato della Casa Bianca. Ma fra i due momenti,  un'improvvisata conferenza stampa di 25 minuti per dare a due  voci un messaggio molto chiaro: ne' gli americani ne' gli  italiani intendono ritirare i loro soldati dall'Iraq. E da parte statunitense c’è anche la promessa di accelerare i tempi della consegna del potere agli stessi iracheni: entro l’estate prossima. Intanto, sale il numero delle vittime tra i soldati della coalizione in Iraq: sono oltre 470 di cui almeno 400 americani. Ma ascoltiamo quanto riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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Il presidente Bush, ricevendo alla Casa Bianca il capo di Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha espresso la sua gratitudine per il contributo in Iraq, e rinnovato le sue preghiere per i caduti dell’attentato di Nassiriya e per i familiari. Il leader americano ha definito Ciampi “un amico stretto” e lo ha ringraziato per la determinazione mostrata da Roma nella lotta al terrorismo. Bush ha dichiarato di aver cambiato strategia perché il nemico ha mutato la propria e ha promesso che le truppe americane resteranno sul terreno fino a quando la pace tornerà in Iraq e Saddam verrà catturato. Ciampi ha risposto che l’Italia è andata in Iraq non per partecipare ad una guerra ma per contribuire alla ricostruzione del Paese.

 

“Questa è l’identità della Repubblica italiana: costruire la pace, risolvere le situazioni post-conflittuali. Lo abbiamo fatto e lo facciamo in molte parti del mondo”.

 

In Iraq, proprio in queste ore, Washington ha impresso una svolta alla sua politica. Bush ha ordinato al governatore provvisorio Bremer di accelerare la creazione di un governo locale, mentre il Pentagono ha lanciato l’operazione “Martello di ferro” per colpire con più durezza la resistenza, tornando ad impiegare anche i bombardamenti aerei. 

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Per quanto riguarda il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, lasciata Washington, prosegue la sua visita negli Stati Uniti a New York, dove l’aspettano diversi incontri con esponenti della comunita' italiana, una sosta a Ground Zero e incontri all'Onu e con il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Ripartirà  per l'Italia con una giornata d'anticipo sui programmi, per poter partecipare alle esequie delle vittime italiane della strage di  Nassiriya.

 

E sempre in Iraq, le forze di coalizione stanno indagando sul rapimento ieri di un giornalista portoghese dopo un attacco nel sud del Paese contro un convoglio di reporter. Per Carlos Raleiras, inviato della radio privata portoghese All news-Tsf, c’è stata una richiesta di riscatto di 50 mila dollari.

 

 

DOMANI IN ITALIA LA GIORNATA NAZIONALE DELLE MIGRAZIONI

- Intervista con mons. Giuseppe Di Falco  e mons. Luigi De Petris -

 

Ricorre domani in Italia la 90ma Giornata Nazionale delle Migrazioni. La prima si ebbe nel 1914 sotto il Pontificato di Pio X. Nell’anno precedente, con oltre 850mila espatri, si era registrata la punta massima di un esodo che nell’ultimo decennio aveva portato fuori dall’Italia sei milioni di cittadini. Negli ultimi decenni la Giornata Nazionale ha esteso l’attenzione e l’impegno delle comunità cristiane verso ogni forma di mobilità, comprendendovi anche marittimi ed aeroportuali, rom e sinti, circensi e lunaparkisti, oltre a immigrati, rifugiati e richiedenti asilo. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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“Vangelo, solidarietà e legalità” è questo il tema della 90.ma Giornata nazionale delle migrazioni che si ispira a quello più ampio, proposto dal Santo Padre nel suo messaggio per la Giornata mondiale del Migrante 2003 e cioè l’impegno a vincere razzismo, xenofobia e nazionalismo esasperato, esprimendo l’amore evangelico nello spirito della solidarietà a favore dei migranti e dei profughi del mondo. Il commento di mons. Giuseppe Di Falco, vescovo di Sulmona e presidente pro tempore della Fondazione Migrantes della Cei:

 

R. – E’ tutto racchiuso nel logo “Vangelo, solidarietà e legalità”: dal Vangelo  promana la solidarietà e, allo stesso tempo, anche la legalità. Parlando di solidarietà e di legalità noi intendiamo parlare di due realtà che poi si unificano. Questo significa innanzitutto che i nostri immigrati devono poter trovare la solidarietà delle comunità cristiane, la solidarietà della società civile ma nello stesso tempo -  mentre loro si impegnano a rispettare le norme del nostro Stato – lo Stato deve rispettare le leggi emanate dai propri organi istituzionali.

 

Nella riflessione, proposta dal tema di quest’anno, non mancano riferimenti al dovere di rispettare la legge e cioè quella legalità che vincola sia i migranti, sia quanti per compito istituzionale o per spontanea dedizione si interessano dei migranti stessi. Sentiamo mons. Luigi De Petris, direttore generale della Fondazione Migrantes:

 

R. – Credo che un punto debole di quest’aspetto sia che molte volte l’immi-grazione viene strumentalizzata e quindi bisognerebbe riuscire veramente ad attuare una promozione di queste persone. Concretamente, ad esempio, per quanto riguarda l’attuazione di questa legge era previsto che dopo sei mesi dalla sua approvazione doveva essere emesso il regolamento di attuazione, ma questo regolamento ancora non c’è ed è passato un anno. Quindi ogni funzionario può dare una interpretazione della legge come vuole e ci possono essere anche abusi. Noi chiediamo quindi che questo regolamento esca al più presto possibile. Dobbiamo poi parlare della legge sull’asilo: anche il governo precedente non l’aveva attuata; c’eravamo andati molto vicini, ma all’improv-viso tutto è caduto nel nulla ed ora si deve ricominciare da capo. E’ essenziale però che si arrivi ad una legge articolata, che garantisca i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

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CHIESA E SOCIETA’

15 novembre 2003

 

NON SI ARRESTA LA DRAMMATICA SPIRALE DI ODIO IN UGANDA,

PAESE DOVE I RIBELLI HANNO ATTACCATO, GIOVEDI’ SCORSO,

LA MISSIONE CATTOLICA DI ALOI E UCCISO OTTO PERSONE

 

KAMPALA. = Nel distretto di Lira, nel Nord dell’Uganda, sono state uccise otto persone nel corso dell’attacco perpetrato, lo scorso 13 novembre, dai ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra). Lo ha reso noto l’agenzia missionaria Misna precisando che durante l’agguato è stata attaccata la missione cattolica di Aloi, nei pressi dell’omonimo villaggio a 18 chilometri a Nord Est di Lira. I ribelli sono entrati nei locali della missione saccheggiandola completamente e mettendo tutte le stanze a soqquadro. Il parroco di Aloi, padre Andrew Okeny, ha rivelato che, una volta abbandonata la missione, i ribelli si sono diretti in direzione del villaggio e lungo la strada hanno ucciso 8 persone a colpi di machete. L’attacco dei miliziani si è concluso alle prime luci dell’alba e fonti della Misna hanno, inoltre, sottolineato il mancato intervento di una unità mobile dell’esercito ugandese che si trovava nei pressi della missione. Sul versante politico, il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha inviato ai mezzi di informazione del Paese africano una lettera nella quale sottolinea “l’intenzione del governo di uccidere il leader del gruppo ribelle, Joseph Kony”. Parole dure che seguono di qualche giorno le dichiarazioni del vicesegretario delle Nazioni Unite, Jan Egeland, secondo il quale la crisi nordugandese è addirittura “più grave di quella irachena”. Dal 1986, i ribelli dello Lra sconvolgono i distretti settentrionali del Paese: in 17 anni di terrore hanno ucciso almeno 100 mila persone, rapito più di 20 mila bambini e provocato oltre 1 milione di sfollati. (A.L.)

 

 

“IL CRISTIANO LAICO. L’EREDITÀ DELL’ARCIVESCOVO MONTINI”.

E’ STATO QUESTO IL TEMA DELLA GIORNATA DI STUDIO PROMOSSA IERI, A MILANO, DALL’ARCIDIOCESI AMBROSIANA E INCENTRATA

SUL RAPPORTO TRA IL FUTURO PAOLO VI ED IL MONDO LAICO

- Servizio di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = Una giornata di studio per recuperare un aspetto meno approfondito di Paolo VI: la promozione e la valorizzazione del laicato. Negli ultimi decenni, la storiografia ha dedicato molta attenzione a tre fasi della straordinaria e complessa figura di Giovanni Battista Montini: la stagione della Fuci, dal 1925 al ’33; il periodo dell’episcopato milanese, dal 1954 al 1963; gli intensi 15 anni del Pontificato, dal ’63 al ’78. Studiosi di storia ecclesiastica e di teologia hanno passato in rassegna, all’Università cattolica, alcuni momenti significativi del magistero del futuro Paolo VI per confermare questa particolare attenzione per il laicato: le esortazioni ai fedeli, il rapporto con l’Azione Cattolica, le trasformazioni del mondo del lavoro e dell’impresa, l’innovativa – nella forma e nei contenuti – missione cittadina di Milano del 1957. Un evento dominato da un’ansia di raggiungere i più lontani. Il tutto ha dato vita ad una vera e propria ‘teologia del laicato’ di Giovanni Battista Montini, che rappresenta anche un nuovo filone di studio da approfondire in futuro. “Montini individuò nella collaborazione all’apostolato gerarchico la specifica vocazione del laico”, ha osservato nella sua prolusione l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi. Evidenziò anche nel temporalismo e nel laicalismo un pericolo ed una deviazione, sollecitando altresì una formazione globale articolata e, dunque, insieme umana, intellettuale, psicologica, religiosa e spirituale. Lo stesso cardinale Tettamanzi ha fornito alcuni stimoli per proseguire lo studio di questa ‘teologia del laicato’: il rapporto tra il magistero dell’arcivesco-vo Montini e quello di Paolo VI e la prospettiva fortemente ecclesiologica entro la quale Montini situava il ruolo attivo e responsabile dei laici. In serata, nella Basilica milanese di Sant’Ambrogio, Milano ha reso omaggio alla figura dell’arcive-scovo Montini con un concerto di Uto Ughi con i filarmonici di Roma. Domenica, infine, il cardinale Tettamanzi celebrerà in Duomo una Messa di suffragio per Paolo VI, nel quarantesimo anniversario della sua elezione a sommo Pontefice, e a 15 anni dalla sua morte.

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INIZIATO IN GERMANIA IL PROCESSO DI ABBANDONO DEL NUCLEARE

CON LA CHIUSURA DELLA CENTRALE ATOMICA DI STADE

 

BERLINO. = Ha avuto ufficialmente inizio ieri, in Germania, il processo di abbandono dell’atomo deciso dal governo di Gerhard Schröder. L’impianto di Stade, non lontano da Amburgo ed in servizio dal 1972, è stato il primo a cessare la propria attività. L’inizio dello smantellamento completo della centrale di Stade è previsto nel 2005 e si protrarrà fino alla fine del 2015. Il ministro tedesco dell’Ambiente, Jürgen Trittin, ha espresso la propria soddisfazione e ha sottolineato come “il nucleare non abbia più futuro in Germania”. Il ministro ha anche ricordato la dura lotta condotta dal movimento antinucleare tedesco negli anni Settanta e Ottanta, osservando come il percorso tracciato in quel periodo abbia riscosso “un grande successo”. L’abbandono del nucleare era stato deciso nel giugno del 2001 al termine di lunghi negoziati tra il governo e l’industria del settore. L’accordo prevede, per ognuno dei 19 impianti atomici dislocati in Germania, un periodo di attività residua. Questo significa che, a seconda dell’anno di entrata in funzione, l’ultima centrale dovrebbe cessare la propria attività al più tardi nel 2020. (A.L.)

 

 

LA REALIZZAZIONE DI PROGETTI COMUNI, IL RUOLO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

E LA PROMOZIONE DELLE VOCAZIONI IN CAMBOGIA E LAOS.

SONO I TEMI CENTRALI EMERSI NELL’INCONTRO ANNUALE DEL CELAC,

L’ORGANISMO FORMATO DALLE CONFERENZE EPISCOPALI DEI DUE PAESI ASIATICI

 

SIHANOUKVILLE. = Si è conclusa giovedì scorso a Sihanoukville, a Sud Ovest di Phnom Penh, l’incontro annuale del Celac, l’organismo formato dalle Conferenze episcopali di Cambogia e del Laos. Al centro dei colloqui, durati cinque giorni, nuove forme di cooperazione tra i vescovi dei due Paesi e la formazione dei presbiteri e delle suore. “Ci siamo confrontati su progetti comuni da attuare nel settore vocazionale e abbiamo parlato anche dei mezzi di comunicazione”, ha detto il presidente del Celac, mons. John Khamse Vithavong. Il Prefetto apostolico di Battambang, mons. Enrique Figaredo, ha sottolineato che “le differenti lingue parlate nel Laos e nella Cambogia impediscono di fatto la realizzazione di poli formativi comuni ma non la condivisione di alcune attività in periodi circoscritti”. L’incontro ha messo in luce i problemi che riguardano entrambi i Paesi, primi tra tutti la carenza di personale e la ricostruzione delle Chiese locali dopo le drammatiche esperienze vissute. Nel 1975, anno in cui i comunisti salirono al potere nel Laos, iniziarono le persecuzioni nei confronti dei cattolici e degli altri gruppi religiosi. I missionari stranieri vennero cacciati, i sacerdoti destinati al lavoro dei campi per la “rieducazione” e i vescovi arrestati. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica, il Laos adottò un nuovo testo costituzionale che riconosceva la libertà religiosa. Nella confinante Cambogia morirono centinaia di migliaia di persone durante il governo dei Khmer rossi e la successiva guerra civile. Anche in questo Paese i cattolici furono presi di mira ma la fine del comunismo consentì alla Chiesa locale di riorganizzarsi. Oggi, in Cambogia i cattolici sono oltre 19 mila e nel Laos più di 35 mila.  (A.L.)

 

 

INAUGURATA LA PRIMA UNIVERSITÀ PUBBLICA IN GUINEA BISSAU,

UNO DEI PAESI PIÙ POVERI DELL’AFRICA E TEATRO, NELLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE, DI UN INCRUENTO COLPO DI STATO

 

BISSAU. = Il presidente della Guinea Bissau, Henrique Rosa, ha inaugurato ufficialmente la prima università pubblica del Paese, quasi trent’anni dopo l’indipendenza dal Portogallo. La creazione dell’ateneo era stata decisa nel 1999 con un decreto governativo ed ora - riferisce l’agenzia ‘Irin news’ delle Nazioni Unite - tutto è pronto e a gennaio del 2004 saranno ammessi i primi studenti per un corso pre-laurea. Fino ad oggi, il piccolo arcipelago africano aveva cercato di garantire la formazione dei propri giovani attraverso borse di studio per frequentare università in Portogallo e in Europa Orientale. Una politica che, però, si è rivelata fallimentare, come ha spiegato durante la cerimonia di apertura il rettore del neonato ateneo, il professor Tcherno Djalo. L’80 per cento dei guineiani che hanno studiato all’estero non ha fatto ritorno in patria al termine del percorso universitario. In questo modo, sostiene il responsabile del neo-nato ateneo, la “fuga” dei cervelli non ha portato alcun progresso in Guinea Bissau, uno dei Paesi più poveri dell’Africa. L’università è stata intitolata ad Amilcar Cabral, fondatore del Partito africano per l’indipendenza della Guinea e Capo Verde (Paigc), che lottò per l’autonomia delle isole dal dominio coloniale di Lisbona. Offrirà corsi di laurea in legge, medicina, veterinaria, ingegneria, economia agraria, sociologia, lingue moderne e giornalismo. A settembre, il Paese è stato teatro di un rapido ed incruento golpe militare che ha portato alla destituzione del presidente, Kimba Yala, e alla nomina di nuovi vertici dello Stato. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 novembre 2003

- A cura di Fausta Speranza -

 

Urne aperte domani in Serbia per le presidenziali. Per la terza volta in poco più di un anno si vota per scegliere il nuovo capo di Stato, dopo il fallimento dei due precedenti tentativi a causa del mancato raggiungimento del quorum del 50%. L'astensionismo sembra proprio la forma preferita di dissenso per i  tanti serbi che si sono sentiti traditi dalla classe politica  del dopo Slobodan Milosevic, apparentemente più interessata  alle lotte interne di potere che non ai problemi del paese. Non si attendono sorprese, invece, sui risultati dei singoli  candidati: tutte le inchieste di opinione concordano nel dare  largamente in testa l'attuale presidente del parlamento serbomontenegrino Dragoljub Micunovic.  

 

Di fronte all'impossibilità di gestire l’enorme debito estero latino-americano, il ‘Gruppo di Rio’ chiede una riunione internazionale alla quale dovranno partecipare anche gli organismi finanziari internazionali, l’Onu e il G-8.  E’ quanto ha annunciato, a margine del 13.mo Vertice iberoamericano di Santa Cruz de la  Sierra, in Bolivia, il presidente peruviano Alejandro Toledo, che presiede anche il ‘Gruppo di Rio’, organismo latinoamericano di  consultazione politica. Ma su quanto emerge dal vertice iberoamericano a Santa Cruz de la Sierra, diamo la parola a Maurizio Salvi:

 

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E’ intervenuto il presidente boliviano Carlos Meza che ha assunto il potere un mese fa, dopo le dimissioni di Gonzalo Sanchez de Lozada. Il nuovo capo di Stato boliviano  ha rivolto un appello ai suoi colleghi affinché siano maggiormente ascoltate  le ragioni dei molti esclusi dalla società, che hanno cominciato a ribellarsi con mezzi che a volte mettono in pericolo la democrazia e la stabilità istituzionale. A conclusione, i capi di Stato e di governo faranno conoscere gli accordi raggiunti in una dichiarazione di Santa Cruz, in cui i termini sociali avranno spazio rilevante. In proposito, una delle preoccupazioni maggiori espresse ieri dal presidente peruviano, Alejandro Toledo, è che i Paesi latino-americani debbono trovare una soluzione per alleggerire il peso del debito estero, che impedisce di liberare risorse per stimolare la crescita e ridurre la povertà.

 

Da Santa Cruz de la Sierra, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Nuove manifestazioni in Georgia contro il presidente Shevardnadze. Almeno diecimila persone sono scese in piazza ieri per chiedere le dimissioni del capo dello Stato e l’annullamento delle consultazioni di due settimane fa. Il presidente georgiano, 75 anni, ha ammonito che sarebbe irresponsabile abbandonare la sua carica in questo momento e ha invitato tutti alla calma per scongiurare il pericolo di una guerra civile. A lanciare l’invito a manifestare è stato Mikhail Saakashvili il capo del Movimento nazionale, che rappresenta la destra radicale, e che afferma che le elezioni vengono falsificate. I risultati ufficiali, però, ancora non ci sono. Sono stati annunciati per il prossimo 20 novembre.   

 

Almeno 17 persone sono morte tra mercoledì ed oggi nella parte occidentale del Burundi, vittime dei combattimenti tra l’esercito, a maggioranza Tutsi, e il secondo movimento ribelle, quello delle Forze di liberazione nazionale, di etnia Hutu. In questo clima oggi a Dar es-Salaam, in Tanzania, si apre la nuova tornata di incontri per la pace in Burundi, devastato da 10 anni di guerra civile. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il summit di due giorni, al quale sono stati invitati i capi di Stato di Uganda, Repubblica democratica del Congo, Kenya, Etiopia, Tanzania, Rwanda e Sudafrica dovrebbe approvare il piano di pace per il Burundi. E tale accordo prevede la creazione di un governo di transizione, al quale parteciperanno i ribelli delle forze per la difesa della democrazia. Sarebbe una pace a metà perché l’altra formazione armata antigovernativa del Burundi, le forze di liberazione nazionali non hanno mai accettato alcun negoziato con le autorità di Bujumbura. L’accordo, in ogni caso, serve a mettere fine a due lustri di guerra, che hanno provocato oltre 300 mila morti - secondo alcune fonti addirittura il doppio – e centinaia di migliaia di sfollati. Intanto, nei quartieri settentrionali della capitale Bujumbura avvengono continuamente violenze.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Un'esplosione in una miniera nel Sudest della Cina ha causato la  morte di 48 persone e il ferimento di sette, di cui due in modo  grave. Gli incidenti nelle miniere di carbone, assai frequenti in Cina, hanno causato oltre 4.100 morti nei primi otto mesi del 2003,  cioè in media 17 al giorno. 

 

Il giornalista cubano  dissidente Bernardo Arevalo Padron è stato liberato nella provincia di Camaguey, ad est dell’isola, dopo aver scontato una  pena di sei anni di reclusione inflittagli per “oltraggio” nei  confronti del governo del presidente Fidel Castro e attività controrivoluzionarie. Arevalo Padron è stato il fondatore dell’agenzia di stampa indipendente ‘Linea Sur Press’, oggi fuorilegge.

 

Con la ratifica da parte del  Senegal è stato raggiunto il quorum per dare il via alla creazione concreta del Parlamento Panafricano, organo dell’Unione Africana che ha già una Commissione operativa. Il Senegal  è stato il 24.mo governo a ratificare l’intesa, ed era questo il ‘tetto’ minimo previsto. I Paesi membri dell’Ua sono 53. Il Parlamento Panafricano sarà eletto a suffragio Universale e nei primi anni avrà poteri solo consultivi e di indirizzo.

 

 

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