RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 318 - Testo della
Trasmissione di venerdì 14 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aperta oggi a Parigi la 78.ma Settimana sociale di
Francia dedicata quest’anno al tema del denaro
Piani di emergenza dell’Onu in vista del rientro dei profughi sudanesi nel Paese.
Il presidente
serbomontenegrino Marovic si scusa con i bosniaci, per le sofferenze causate
loro da serbi e montenegrini nel conflitto degli anni '90
Attentato in
Inguscezia: 4 i morti vicino al confine amministrativo con la Cecenia
Al via a Santa Cruz de
la Sierra, in Bolivia, il vertice iberoamericano
Oltre 40 minatori sono morti in Cina, per
un’esplosione in una miniera nell’est del Paese.
14 novembre 2003
SCOPRIRE LA TENEREZZA DI DIO PER SCONFIGGERE IL
MALE DELLA DEPRESSIONE:
COSI’,
GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI
ALLA
18.MA CONFERENZA INTERNAZIONALE
DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE,
RICEVUTI
STAMANI IN VATICANO
- Il
servizio di Alessandro Gisotti -
Di
fronte al preoccupante diffondersi degli stati depressivi, a volte indotti da
una società improntata al consumismo, “occorre proporre nuove vie, perché
ciascuno possa costruire la propria personalità coltivando la vita spirituale,
fondamento di un’esistenza matura”. E’ la profonda riflessione offerta stamani
dal Papa ai partecipanti alla 18.ma Conferenza internazionale del Pontificio
Consiglio per la Pastorale della salute, incentrata sulla malattia emergente
della depressione. Nel suo “amore infinito”, ha detto ancora, “Dio è sempre
vicino a coloro che soffrono”, la depressione può essere allora “una strada per
scoprire altri aspetti di se stessi” e nuove forme di incontro con Dio stesso.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Ben sapendo “quanta fatica costi per la persona depressa
ciò che agli altri appare semplice e spontaneo, bisogna aiutarla con pazienza e
delicatezza, ricordandosi del monito di santa Teresa di Gesù Bambino: I
piccoli fanno piccoli passi”. Sono parole di speranza quelle del Papa, che
ha sottolineato come la “depressione sia sempre una prova spirituale”. Dunque,
il ruolo di quanti si prendono cura della persona depressa “consiste soprattutto
nell’aiutarla a ritrovare la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità,
l’interesse per il futuro, la voglia di vivere”. Per questo, ha rilevato è
“importante tendere la mano ai malati, far loro percepire la tenerezza di Dio,
integrarli in una comunità di fede e di vita in cui possano sentirsi accolti,
capiti, sostenuti, degni, in una
parola, di amare e di essere amati”. E qui il Santo Padre ha indicato come la
lettura e la meditazione dei Salmi, “in cui l’autore sacro esprime in preghiera
le sue gioie e le sue angosce, può essere di grande aiuto”. D’altro canto, la
recita del Rosario “permette di trovare in Maria una Madre amorosa che insegna
a vivere in Cristo”. Ancora, “la partecipazione all’Eucaristia è sorgente di
pace interiore”.
Il fenomeno della depressione, ha proseguito, richiama
alla Chiesa e all’intera società quanto sia importante, specie per i giovani,
proporre “figure ed esperienze che li aiutino a crescere sul piano umano,
psicologico, morale e spirituale”. L’assenza di punti di riferimento, ha
avvertito, “non può che contribuire a rendere le personalità più fragili,
inducendole a ritenere che tutti i comportamenti si equivalgano”. In tale
contesto, il ruolo della famiglia, della scuola, dei movimenti giovanili, delle
associazioni parrocchiali è perciò “molto rilevante” per l’incidenza che tali
realtà hanno sulla formazione della persona. Il Papa non ha poi mancato di
esortare le istituzioni pubbliche ad assicurare condizioni di vita dignitose
alle persone malate, anziane e abbandonate. E a promuovere politiche per la
gioventù “tese ad offrire alle nuove generazioni motivi di speranza, preservandole
dal vuoto o da suoi pericolosi riempitivi”.
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IL VADEMECUM DEI CENTRI CULTURALI CATTOLICI NEL MONDO
PRESENTATO STAMANE IN SALA STAMPA
VATICANA DAL CARDINALE PAUL POUPARD
Il cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha presentato questa mattina
nella sala stampa vaticana il vademecum dei Centri culturali cattolici nel
mondo, che si calcola siano circa 1200, in Italia 341, e operano nei più svariati campi della cultura. Si tratta –
ha detto il porporato - di “postazioni di frontiera” tra credenti, non credenti
e seguaci di altre religioni, sempre all’insegna del dialogo. La necessità è
quella del confronto tra la fede e la cultura del nostro tempo per non
confinare la Chiesa in un ghetto silenzioso: “non si può annunciare il Vangelo
– ha detto il cardinale – e vivere la fede in Gesù prescindendo dalla realtà
circostante”. Ma sul perché di questo vademecum ascoltiamo lo stesso cardinale Poupard al microfono di Giovanni
Peduto.
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R. – Il primo vescovo di Roma, San Pietro, nella sua prima
Lettera, ci dice che dobbiamo essere sempre pronti a rispondere con rispetto e
dolcezza a quelli che ci chiedono ragione della nostra speranza. Vediamo
accanto a noi tanta gente disorientata; ora, ci sono le chiese, le parrocchie,
ovviamente, però c’è tanta gente che ha bisogno di un contatto più informale,
più semplice che consenta di rispondere a tanti quesiti posti dalle sfide e
dalle opportunità del momento, e di presentare – insomma – alla gente tutto il
patrimonio culturale della fede.
D. – Ma, oggi i cattolici riescono a fare cultura, in
questo mondo sempre più secolarizzato, o si trovano sempre più ai margini?
R. – Una bella risposta a questa a domanda viene da Gesù e
si trova nel Vangelo. ‘Si può paragonare il Regno dei Cieli ad un granellino di
senape: è il più piccolo di tutti, ma una volta cresciuto, diventa un albero e
vengono gli uccelli dal cielo e si annidano tra i suoi rami’.
D. – Non rischia, a volte, la cultura cattolica di cadere
nei due estremi, l’integralismo o l’appiattimento sulla cultura del momento?
R. – Direi che questi Centri hanno proprio la vocazione di
impedire di cadere in queste due tentazioni antagoniste, proprio grazie alla
loro flessibilità. Si tratta infatti Centri, Circoli, Accademie, Case di
formazione con diversità di orientamento teologico, scientifico, educativo,
artistico. Questo vuol dire che esiste un binomio fondamentale: c’è sempre una
chiara identità: siamo infatti Centri cattolici e insieme siamo in dialogo
costante con tutte le culture del mondo.
D. – Come ridare forza e bellezza ad una cultura che
attinge i suoi valori dal Vangelo?
R. – Vivendolo. E questo, attraverso la testimonianza
delle comunità cristiane e anche attraverso la creatività culturale. E’ infatti
proprio a questo che mirano i Centri culturali cattolici. Siamo, per esempio,
nel grande dibattito sulla Costituzione dell’Europa, ma la risposta al dibattito
viene dalla testimonianza viva, ed è molto importante che noi siamo presenti in
questo campo vastissimo, faticoso, complesso ma necessario della cultura.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto,
questa mattina, il cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il Papa ha, inoltre,
ricevuto un gruppo di presuli della conferenza episcopale indiana, al termine della Visita ad
Limina.
In Germania, il Papa ha nominato ausiliare di Münster, il
reverendo Franz-Peter Tebartz-van Elst, finora professore di teologia pastorale
e liturgia presso la Facoltà Teologica dell’Università di Passau, assegnandogli
la sede titolare vescovile di Giro di Tarasio
Nello Sri Lanka, il Papa ha nominato vescovo di
Anuradhapura padre Norbert Andradi, superiore dello Scolasticato della
Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata, a Kandy, e consigliere
provinciale.
L’ILLUMINATO E LUNGIMIRANTE IMPULSO DATO DA LEONE
XIII
ALL’AZIONE
DELLA SANTA SEDE IN FAVORE DELLA PACE, AL CENTRO DI UN CONVEGNO, DOMANI IN
VATICANO, PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA
E
DELLA PACE E DALLA GREGORIANA,
NEL CENTENARIO DELLA MORTE DEL PONTEFICE
DELLA RERUM NOVARUM
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Nello
storico passaggio dall’Ottocento al Novecento, l’impulso dato da Leone XIII ad
una nuova presenza ed azione della Santa Sede sul piano internazionale è
all’origine del crescente impegno per la pace, confermato e rafforzato sotto la
guida degli ultimi Papi, da Benedetto XV a Giovanni Paolo II. E’ questo
l’affascinante tema che si propone di approfondire il Seminario di studio dal
titolo: “Leone XIII e la pace”, promosso domani in Vaticano dal Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace e dalla Pontificia Università
Gregoriana, nel centenario della morte del grande pontefice della “Rerum
Novarum”.
Il
convegno, introdotto dal presidente del Dicastero, il cardinale Renato Raffaele
Martino, e dal Rettore della Gregoriana, padre Franco Imoda, si svolgerà nella
sede del Pontificio Consiglio a Palazzo San Calisto con la partecipazione di
storici, teologi ed esperti a livello internazionale. L’incontro si articolerà
in due parti: la prima tesa ad illustrare il contesto storico e l’azione
pastorale e diplomatica di Leone XIII a favore della pace; la seconda diretta a
mettere in luce il contributo di Papa Pecci alla successiva azione della Santa
Sede a favore della pace, con un riferimento particolare alle sfide attuali.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo:
“Quelle vite spezzate impongono una vera strategia di pace”; la strage di
Nassiriya suscita dolore, sgomento, ma anche detta l’esigenza di un rinnovato
senso di responsabilità.
Servizi sulla situazione in
Iraq.
Nelle vaticane, il discorso del
Papa al Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute.
La lezione inaugurale tenuta
dal cardinale Angelo Sodano nel decimo anniversario della fondazione
dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”.
Nelle estere, Medio Oriente: si
prepara un incontro tra Sharon ed Abu Ala.
Nella pagina culturale, un
articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Rosmini e Gioberti pensatori europei”:
pubblicati gli Atti del convegno di Rovereto.
Una monografica dal titolo “I
vent’anni del settimanale cattolico ‘Toscana oggi’”. L’unitarietà come
caratteristica qualificante di un progetto che punta all’incontro e al dialogo.
L'intervento del prof. Alberto
Migone al Convegno nazionale della Federazione italiana settimanali cattolici,
a Firenze.
Nelle italiane, il governo
conferma la missione in Iraq.
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14
novembre 2003
PREVIST0, OGGI, IL RIENTRO DEI SOLDATI FERITI
DURANTE LA STRAGE DI NASSYRIA.
MARTEDÌ
PROSSIMO, A ROMA, I FUNERALI DI STATO PER GLI ITALIANI UCCISI IN IRAQ
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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Le
salme dei 18 italiani uccisi a Nassyria rientreranno domani all’aeroporto di
Ciampino, i funerali di Stato saranno celebrati martedì prossimo, alle 11.30,
dal cardinale Camillo Ruini, probabilmente nella Basilica di San Paolo a Roma.
Lunedì mattina sarà allestita una camera ardente nella Sala delle Bandiere del
Vittoriano. Fonti militari hanno inoltre dichiarato che oggi pomeriggio
arriveranno a Roma i 21 militari feriti nell’attentato e che un nuovo
contingente di 75 carabinieri è partito, stamani, dall’Italia per l’Iraq.
La
Camera dei deputati ha tributato, questa mattina, il proprio omaggio alle
vittime di Nassyria con una messa officiata da mons. Fisichella nella cappella
di San Gregorio, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il presidente
della Camera, Pierferdinando Casini, il ministro della Difesa, Antonio Martino,
ed il sottosegretario alla presidenza, Gianni Letta. Anche l’Europarlamento
riserverà un “tributo solenne” ai caduti italiani e lo farà in occasione
dell’apertura, lunedì prossimo a Strasburgo, della sessione mensile. Sul versante
politico, il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha
sottolineato come l’attentato contro la caserma dei carabinieri dimostri la
necessità “di costruire in fretta un sistema di autogoverno iracheno”. Berlusconi ha anche ribadito l’opportunità
del sostegno politico italiano all’intervento degli Stati Uniti nel Golfo
Persico e ha riconfermato la necessità “di inviare truppe con funzione
umanitaria per aiutare la ricostruzione di un Iraq democratico”.
Ma nel
Paese arabo non si interrompe, purtroppo, la catena di odio e violenze. Un
elicottero d’assalto americano ha aperto il fuoco contro un gruppo di sospetti
estremisti, che si stavano apprestando a lanciare razzi contro una base
statunitense presso Tikrit, nel Nord del Paese arabo. Nel raid sono morti almeno
sette guerriglieri iracheni. Un portavoce americano ha inoltre annunciato che
ieri è morto un civile statunitense in un agguato avvenuto a Nord di Baghdad.
Nella lotta al terrorismo si devono infine registrare -secondo quanto emerso da
un rapporto dell’Onu - le crescenti
difficoltà a bloccare i finanziamenti alla rete di Al Qaeda.
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Di
fronte alla guerra in Iraq e al protrarsi delle violenze, l’azione del Papa a
favore della pace non può considerarsi fallimentare. Lo ha affermato il
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace, intervenendo ieri a Firenze
all’inaugurazione di un convegno dei settimanali cattolici. Giada Aquilino ha
raccolto la testimonianza del cardinale Martino:
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R. – Il fatto che la guerra ci sia stata ha portato
qualche organo di informazione a considerare fallimentare l’azione del Papa e
della Santa Sede. Ma così non è stato. Ben altri criteri di verifica vanno
utilizzati. Quello della Croce, prima di tutto, che fa dire a San Paolo, in un
conflittuale confronto con il contesto culturale del suo tempo: “ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più
forte degli uomini”. In ogni caso, il Santo Padre ha certamente impedito che la
guerra in Iraq assumesse i toni torbidi e nefasti di uno scontro tra religioni.
Se avessero ascoltato il Papa non piangeremmo tante morti.
D. – Il ruolo del Papa è stato determinante, ma in che
mondo?
R. – Nell’evitare che diventasse una guerra di religione,
nell’evitare che il mondo islamico vi vedesse un confronto tra Oriente ed
Occidente. Questo lo sappiamo bene, perché dopo sono venute delegazioni da vari
Paesi per ringraziare il Papa per il suo ruolo esercitato durante questa crisi.
D. – Che differenza c’è tra la guerra in Iraq, ampiamente
seguita dai media, e i conflitti dimenticati?
R. – Il Papa, certamente, si occupa dei conflitti
dimenticati. Naturalmente l’azione della Santa Sede rimane discreta ma non meno
intensa.
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Così non si combatte il terrorismo. E’ la convinzione
dell’Associazione ‘Beati i costruttori di pace’, da sempre critica verso le
scelte degli Stati Uniti sulla guerra
in Iraq. L’associazione, d’altra parte, ha espresso dolore, cordoglio, solidarietà e grande riconoscenza a tutti i
giovani del contingente italiano e agli iracheni uccisi con loro a Nassyria.
Ascoltiamo don Albino Bizzotto, dei ‘Beati costruttori di pace’, intervistato
da Francesca Sabatinelli:
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R. – In Iraq c’era e c’è – secondo me – una attenzione
particolare verso gli italiani, perché hanno lavorato contro l’embargo, insieme
con le Ong, prima della guerra. C’è un sentimento buono verso gli italiani. In
questo momento, io credo che questo modo di procedere del governo degli Stati
Uniti abbia incentivato e concentrato anche il terrorismo internazionale. E io
credo che una solidarietà sincera alle vittime significhi andare a denunciare
le responsabilità che ci sono. La scelta della guerra di Bush è stata una scelta
contro l’opinione pubblica mondiale, contro l’Onu, e non era certamente né
contro Saddam Hussein né contro il terrorismo. Era per altri motivi. Questi
motivi continuano a rimanere e noi continuiamo a parlare solo del terrorismo.
D. – In una situazione del genere, quindi, che cosa
ritiene l’Associazione ritiene che sia giusto fare?
R. – Fare in modo che l’Onu abbia il suo ruolo in Iraq
secondo le regole e le modalità proprie della sua funzione e, quindi, con una
forza multinazionale a direzione Onu, non più a direzione statunitense sarebbe
meglio che rientrino proprio le forze occupanti. La seconda cosa è che venga
data la gestione della transizione alle forze irachene, per fare in modo che
trovino la strada per governare il loro Paese.
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Resta da dire che proprio poco
fa è giunta la notizia che un giornalista portoghese è stato sequestrato dopo
che il convoglio nel quale viaggiava nel sud dell'Iraq è stato attaccato da
uomini armati. Si tratta di un giornalista dell’emit-tente Tsf e, inoltre, sembra
che un’altra giornalista sia stata ferita nell’attacco.
L’UNITALSI
FESTEGGIA I SUOI CENT’ANNI DAL PAPA
MEMBRI
DELL’ORGANIZZAZIONE SARANNO RICEVUTI DOMANI DA GIOVANNI PAOLO II
-
Servizio di Paolo Ondarza -
L’Unitalsi
dal Papa. Domani, in occasione dei cento anni dalla fondazione, l’Unione
italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari nazionali sarà ricevuta
nell’Aula Paolo VI da Giovanni Paolo II. Scopo dell’associazione è organizzare
treni per viaggiare verso i luoghi mariani con chi per ragioni di salute, non è
autosufficiente. Ma non solo, da qualche anno l’Unitalsi è attiva attraverso
iniziative di assistenza domiciliare, organizzazione di soggiorni estivi ed
invernali. Per ulteriori informazioni è possibile consultare un sito internet: www.unitalsi.it. Il servizio è di Paolo
Ondarza:
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(musica)
Promuovere
un’azione di evangelizzazione e di apostolato verso e con gli ammalati ed i
disabili. E’ lo scopo di Unitalsi, un’associazione che, sorta nel 1903, conta
oggi trecentomila aderenti: uomini, donne, bambini, sani, ammalati, disabili,
senza distinzione d’età, cultura, posizione economica, sociale e professionale.
Un’unica divisa rende tutti uguali. Ha percorso tanta strada il “treno dei
sogni”, come viene chiamato dai membri dell’associazione, un iter di speranza,
fatica, rinascita attraverso i santuari di Lourdes, Fatima, Loreto. Oggi la
fermata tanto attesa: l’incontro con il Santo Padre, testimone di fiducia nella
sofferenza. Antonio Diella, presidente nazionale Unitalsi.
“L’Unitalsi compie 100 anni, ma li compie dentro l’esperienza della
Chiesa italiana e quindi l’udienza con il Papa ha proprio questo significato:
noi siamo dentro la Chiesa e il Papa per noi è il segno di questa Chiesa, anche
sofferente, ma fedele. Per molti ammalati, l’esperienza del Papa è la loro
esperienza ed è come vedere Gesù Cristo presente, sofferente, compagno di
strada”.
Sentiamo Marialuisa, 73 anni, malata dalla prima infanzia
di poliomielite e dal 1960 membro Unitalsi:
R. - La mia malattia inizia a due anni e mezzo; ho fatto
otto anni di ospedale, poi sono venuta in Istituto perché non ho nessuno e poi,
la mia esperienza con l’Unitalsi l’ho iniziata che ero già grande, avevo più di
30 anni.
D. – L’esperienza nei pellegrinaggi l’ha aiutata, in un
certo modo, a vivere in maniera diversa la sua malattia?
R. – Sì, veramente. Oltre che fisicamente, mi ha aiutato
anche moralmente, perché ho fatto conoscenza con tanti altri disabili come me,
ho accettato più volentieri la mia situazione.
D. – Partiamo innanzitutto dal suo rapporto con i
volontari ...
R. – Ah, il mio rapporto con i volontari è bellissimo; ho
fatto tante, tante amicizie. Ci telefoniamo spesso, vengono a trovarci ...
D. – E con i disabili?
R. – Si parla, si gioca insieme ... non ci sentiamo
disabili, ci sentiamo uguali agli altri!
D. – Marialuisa, le viene in mente un episodio
particolare?
R. – La prima volta che sono andata con l’Unitalsi a
Lourdes, ho pianto tanto, perché veramente non ero abituata a tanta amicizia, a
tante persone attorno a me, per tutti una parola, una carezza, un conforto, un
sorriso ...
D. – Come accennava, dall’età di due anni la sua croce: la
poliomielite. Attraverso la sua esperienza, la disperazione può diventare
speranza e la tristezza sorriso?
R. – Sì, però non sempre: alle volte. A volte ci si sente
sopraffatti dalla croce. Io alle volte la notte piango: ‘Signore, ma perché
tanta sofferenza?’. Però, pensando a chi sta peggio di me, dico: ‘Va bè,
Signore, va bene pure così!”.
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“UN
FIGLIO NON PUO’ MORIRE”: E’ IL TITOLO DEL COMMOVENTE LIBRO
DI
SUSANNA ROCCATAGLIATA. NEL VOLUME, LA GIORNALISTA CILENA
STRINGE
IN UN ABBRACCIO CHI HA PERSO UN FIGLIO
“La perdita di un figlio è qualcosa che la ragione
semplicemente non può ammettere; quello che si può cercare di accettare è,
invece, il proprio dolore, l’angoscia che sembra svuotare la vita di ogni
significato”: è il messaggio di Susanna Roccatagliata, autrice del libro “Un
figlio non può morire”. In 236 pagine la giornalista cilena racconta la
dolorosa esperienza della perdita del figlio di soli 5 anni e del difficile
cammino intrapreso poi per riscoprire la speranza, l’amore per la vita e
l’aiuto del prossimo. Ma quale è stata la fonte di maggiore conforto per Susanna
Roccatagliata, dopo la perdita del piccolo Francesco? Ascoltiamola al microfono
di Barbara Castelli:
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R. – L’unica maniera, l’unico modo che l’essere umano ha
di trovare un senso alla vita è aiutare un altro e, quindi, riconoscere di non
essere l’unico al mondo ad avere un dolore. Io offro alle persone che mi sono
vicine un pochino, e ne ricevo tanto, ma tanto!
D. – Nel volume, in qualche modo, dai anche dei
suggerimenti concreti: cosa aiuta a realizzare la perdita di un figlio, e cosa
non aiuta…
R. – Tra le cose che aiutano, c’è l’esprimere sempre i
nostri sentimenti. Noi genitori ci sentiamo in colpa: anche se la morte di
nostro figlio era inevitabile, ci sentiamo colpevoli perché pensiamo se abbiamo
fatto tutto il possibile per lui, se abbiamo fatto tutto per evitare la
tragedia, se lo abbiamo amato sufficientemente ... Credo, quindi, che sia
necessario sempre parlare con un’altra persona. In questi casi si ha bisogno di
una mano che si apra e di un cuore che ascolti. Importante, inoltre, è capire
che nel dolore noi non siamo gli unici a soffrire: se ci sono altri figli, ad
esempio, questi figli hanno perso un fratello!
D. – Pensi che la società di oggi non voglia in qualche
modo confrontarsi con la morte e voglia marginalizzare il dolore?
R. – Credo di sì… non tanto marginalizzarlo, ma negarlo.
Io penso che all’inizio, quando un figlio muore, nessuno sa che cosa dire,
nessuno sa che cosa fare. Questo rappresenta un po’ la via crucis: dobbiamo
percorrere tutte le stazioni e nelle stazioni c’è gente che ci guarda, molte
volte cadiamo… In quei momenti bisogna ricordare Gesù e ricordare anche che
Maria era lì e lo guardava senza ribellarsi! Io non dimentico mai questo,
perché per me la Vergine è un esempio di vita, nel senso che lei aveva un unico
figlio e nel percorso della Via Crucis non ha mai gridato: è stata una Madre
che si fidava di Dio. Penso che anche noi dobbiamo fare questo: nel dolore
siamo assolutamente soli e abbiamo solo la Fede in un Dio misericordioso, che
non ci abbandonerà mai.
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14
novembre 2003
SI E’ APERTA A PARIGI LA 78ESIMA SETTIMANA SOCIALE
DI FRANCIA,
DEDICATA
QUEST’ANNO AL DENARO E AI MECCANISMI
CHE LO
RENDONO PROTAGONISTA DI SCELTE POLITICO-SOCIALI
- A cura di Francesca Pierantozzi -
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PARIGI.= Il denaro, la violenza
economica, il rapporto individuale e collettivo con i soldi: sono il tema della
78.ma Settimana sociale di Francia, che comincia oggi a Parigi. Per due giorni,
i partecipanti dibatteranno su un argomento che spesso provoca polemiche,
silenzi o imbarazzi. L’apertura dei lavori è stata affidata al presidente delle
Settimane sociali, Michel Camdessus, ex responsabile del Fondo Monetario
Internazionale. Il tema del denaro è il seguito naturale del titolo dell’edizione dello scorso anno, “La
violenza” - ha spiegato Camdessus, ricordando che 60 milioni di europei vivono
oggi sotto la soglia di povertà e che l’80 per cento dell’umanità ha accesso
solo al 20 per cento delle ricchezze del pianeta. Il denaro – ha sottolineato
Camdessus – determina le scelte degli Stati,
dirige in modo esclusivo le scelte delle imprese che, a loro volta,
dominano la vita politica e sociale. All’incontro, che si svolge nella Maison
de la Mutualité, partecipano tra gli altri Robert Rochefort, direttore
generale del Centro di Osservazione delle condizioni di vita, l’ex ministro
socialista Dominique Troschar, Olivier
de Dinechin, membro del Comitato francese di etica, Jean-Yves Calvez, docente
all'Institut Catholique di Parigi.
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UNA
CONFERENZA INTERNAZIONALE PER TROVARE UNA SOLUZIONE
ALLA
CRISI DEI PROFUGHI BHUTANESI IN NEPAL, CHE DURA DA 12 ANNI:
LA
CHIEDE IL SERVIZIO DEI GESUITI DEDICATO AI PROBLEMI DEI RIFUGIATI NEL MONDO
KATHMANDU = Una Conferenza internazionale
che includa i governi di Bhutan e Nepal, l'Alto Commissariato Onu per i
Rifugiati (Ancur) e rappresentanti degli sfollati, per trovare una soluzione
definitiva alla crisi dei profughi bhutanesi in Nepal, che dura ormai da 12
anni. Lo chiede con forza il Jesuit Refugees Service (Jrs),
organizzazione dei gesuiti che si occupa dell’assistenza ai rifugiati in diverse
aree del mondo. Con una coalizione di altre Organizzazioni non governative, fra
cui Amnesty International e Human Rights Watch, il Jrs denuncia
il fallimento dell'ultima sessione di incontri, avvenuta alla fine di ottobre a
Thimpu, capitale del Bhutan, tra i governi di Bhutan e Nepal per tentare di
risolvere la crisi dei rifugiati. La situazione è ormai allarmante in quanto
nei campi profughi non sono rispettati gli standard relativi ai diritti dei
rifugiati. Più di 100.000 rifugiati bhutanesi
– circa un sesto della popolazione del Bhutan – vivono in campi nel sud est del
Nepal sin dai primi anni ‘90, quando furono espulsi dal Bhutan per motivi
politici, in quanto sostenitori dell’opposizione alla monarchia, ed etnici,
perché di origine e cultura nepalese. Dopo anni di stallo, i governi del Bhutan
e del Nepal hanno accettato di condurre indagini e monitoraggi. nel marzo del
2001.(F.S.)
IDEE CHIARE E COERENZA AL SERVIZIO DEL PROGETTO DI
FEDE:
QUESTE LE CARATTERISTICHE DI UNA RADIO CATTOLICA,
RIBADITE DALL’ARCIVESCOVO DI PARANA IN UN INCONTRO
DI PROFESSIONISTI DELLA COMUNICAZIONE
BUENOS
AIRES. = “Le radio cattoliche hanno una precisa connotazione che deve essere
sempre e comunque messa in rilievo, altrimenti perderebbero la loro natura per
diventare mezzi di informazione come gli altri”. E’ quanto ha detto
l’arcivescovo di Paranà, Mario Maulion, presidente della Commissione episcopale
per le comunicazioni sociali, durante un incontro con i comunicatori e i
professionisti della radiodiffusione cattolica, svoltosi di recente a Rosario.
“Le nostre emittenti devono poter contare su un chiaro progetto, anche perché
la sola buona volontà di voler trasmettere non è sufficiente”. Perché una radio
sia cattolica, ha affermato il presule, “necessita innanzitutto di essere mezzo
di comunicazione con una distinta identità. Il cattolico non è, infatti, un
anonimo cristiano impegnato unicamente in un approfondimento culturale
generico. Quindi per definirsi cattolica, l’emittente deve avere idee chiare,
precisa volontà e soprattutto coerenza”. Secondo mons. Maulion, però, tutto
questo ancora non basta. “La correttezza nella gestione economica ed
amministrativa – ha aggiunto l’arcivescovo - è l’altra componente necessaria.
Dai vertici al personale ultimo, tutto deve funzionare in perfetta linea con il
progetto di fede. Non ci può essere discrepanza tra ciò che si manda in onda e
quello che è lo stile di vita della stessa radio e di chi ci lavora”.
L’arcivescovo di Paranà ha invitato infine i giornalisti presenti ad investire
sulla formazione permanente, quale carta fondamentale dei progetti delle
singole emittenti. (A.D.C.)
PER
PAURA DI UN DISASTRO UMANITARIO, LE AGENZIE DELL’ONU
ANNUNCIANO PIANI DI EMERGENZA IN VISTA DEL
RIENTRO
DEI
PROFUGHI SUDANESI DAI PAESI CONFINANTI NON APPENA CI SARA’
LA FIRMA
DELLA PACE IN SUDAN.GLI SFOLLATI SONO ALMENO 570.000
KHARTOUM. = Cresce la preoccupazione per il rientro
dei sudanesi rifugiatisi nei paesi confinanti. Mentre si avvicina la firma
dell’accordo di pace tra il governo di Khartoum e i ribelli del Spla/m
(Esercito/Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese), aumentano le pressione
nei Paesi che ospitano i profughi sudanesi perché queste persone siano
rimpatriate al più presto. Si calcola che i sudanesi
costretti a rifugiarsi all’estero siano 570mila dei
quali 223mila in Uganda, 88mila in Etiopia, circa 70mila nella Repubblica
Democratica del Congo, 70mila in Ciad e 60mila in Kenya. A questi si aggiungono tra i 3 e i 4 milioni
di sfollati interni, che se dovessero tornare tutti in massa a casa creerebbero
enormi problemi di ordine umanitario.
Inoltre, solo nella capitale sudanese Khartoum, che si trova nel nord
del Paese, vi sono ben 2 milioni di sfollati provenienti dal sud. Di fronte
alla prospettiva di un disastro umanitario,
le agenzie delle Nazioni Unite stanno predisponendo piani di emergenza.
(F.S.)
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14 novembre 2003
-
A cura di Giada Aquilino -
Una richiesta di scusa ai
cittadini bosniaci, per le sofferenze causate loro da serbi e montenegrini nel
conflitto degli anni '90, è giunta dal presidente serbomontenegrino Svetozar
Marovic. Il capo di Stato ha partecipato ieri a Sarajevo ad una riunione del
consiglio bilaterale di cooperazione, durante la quale fra l'altro è stato
abolito l'obbligo di passaporto per il transito fra Serbia-Montenegro e Bosnia.
Il servizio di Fausta Speranza:
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Marovic ha chiesto scusa ai
cittadini bosniaci, ''per tutti i torti e le disgrazie sofferte'', invitandoli
a unirsi ai serbomontenegrini ''nel coraggio del perdono, per sanare le
ferite''. “A titolo personale e per conto di coloro che rappresento - ha detto
Marovic - voglio sottolineare che le scuse non sono solo un atto formale, ma
un'intenzione sincera”. Ha poi aggiunto che “le popolazioni non devono soffrire
il biasimo provocato dalle azioni degli individui” e che le scuse possono
servire ai due Paesi per guardare al “futuro comune europeo”.
La dichiarazione di Marovic è
stata accolta da Dragan Covic, presidente della copresidenza bosniaca, come
''un messaggio di civiltà''. Covic ha detto di essere stato colto di sorpresa
dalle ''inattese'' parole di Marovic e di avere ''piena comprensione'' per quel
messaggio. Il leader bosniaco ha però aggiunto che ''non si è ancora discusso
della causa intentata da Sarajevo e dalla Croazia nei confronti di Belgrado''
per i danni di guerra. Una guerra che è
durata quattro anni, dal 1992 al 1995, e che ha provocato 200.000 morti e
800.000 tra sfollati e profughi. Resta uno dei più violenti e tragici conflitti
scoppiati in Europa nel XX secolo.
Guardando
all’oggi, va detto che l'attuale sistema di governo della Bosnia-Erzegovina,
stabilito dagli accordi di Dayton, fa del Paese una delle democrazie più
complesse del mondo: il presidente condivide la carica con altri due presidenti,
eletti dalle rispettive comunità croata, musulmana e serba. Essi si alternano
alla guida dell'organo collegiale ogni otto mesi. I capi del governo sono i tre
presidenti del Consiglio dei Ministri che nominano insieme i membri del
Consiglio. Oltre a questo sistema di tripla presidenza, ci sono anche un
presidente della Federazione della Bosnia-Erzegovina e un presidente della
Republika Srpska.
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La Serbia andrà al voto il prossimo 28 dicembre per
elezioni legislative anticipate. Ieri la presidente ad interim Natasa Micic ha
sciolto le Camere per il progressivo sfaldamento della coalizione di
maggioranza Dos, che fra il settembre e il dicembre del 2000 aveva sconfitto il
regime di Slobodan Milosevic. Domenica prossima intanto si terranno le consultazioni
presidenziali, già fallite due volte negli ultimi dodici mesi. Tra i favoriti,
il candidato della maggioranza Dragoljub Micunovic, già presidente del
Parlamento serbomontenegrino.
Torna la violenza nel Caucaso,
precisamente in Inguscezia. Quella che sembrava essere un’esplosione dovuta ad
una fuga di gas, si è rivelata essere un attentato. Ce ne parla Giada Aquilino:
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Non ci sono più dubbi. E' stata una bomba a causare
oggi l'esplosione in una casa del villaggio di Troitskaia, in Inguscezia,
vicino al confine amministrativo con la Cecenia. Almeno quattro i morti, tutti
poliziotti dei reparti speciali che stavano ispezionando l'abitazione. Ci sono
anche 11 feriti, due dei quali in condizioni molto gravi. Le prime indagini
parlano di una trappola, secondo uno schema già utilizzato dalla guerriglia
islamico-indipendentista attiva nella vicina Cecenia.
Proprio nella Repubblica caucasica indipendentista
stamani era stato sventato un attentato. Un'autobomba imbottita di 300
chilogrammi di esplosivo era stata disinnescata dai federali russi a Novi
Sharoi. Nelle stesse ore, unità speciali della milizia cecena filorussa hanno
inoltre liberato due inquirenti della procura regionale che erano stati
sequestrati quasi un anno fa vicino Grozny. Infine a Mosca è giunto il
presidente ceceno, Akhmed Kadyrov, vicino al Cremlino, per riaffermare
l'appartenenza della Repubblica alla Russia, in un quadro di rinnovata
autonomia.
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Il caso Yukos “non è un ritorno al passato”. Lo ha
assicurato oggi il presidente russo Vladimir Putin, intervenendo a Mosca al
congresso dell’Unione degli imprenditori. Pur non citando lo scandalo del
colosso petrolifero, il capo del Cremlino ha risposto a chi – dopo l’arresto
del magnate Mikhail Khodorkovski - accusava le autorità di Mosca di un attacco
al capitalismo.
In Georgia esiste il rischio concreto di una
“guerra civile”. Lo ha evocato stamani il presidente
georgiano Shevardnadze, lanciando un appello alla popolazione per invitarla a
non partecipare a proteste di massa per chiedere le sue dimissioni. Riguardo al
voto del 2 novembre, di cui mancano ancora i risultati ufficiali, l’opposizione
ha denunciato irregolarità, chiedendo nuove elezioni e le dimissioni del
presidente.
Subisce una battuta d’arresto
il processo di pace nello Sri Lanka, dopo tre decenni di guerra civile tra
guerriglia Tamil e governo di Colombo, con un bilancio di oltre 60 mila
vittime. I mediatori norvegesi hanno infatti sospeso le trattative di
riconciliazione fino a quando non sarà risolta la crisi politica tra la presidente
Chandrika Kumaratunga e il primo ministro Ranil Weckremesinghe.
Oltre
40 minatori sono morti oggi in Cina, in seguito ad un’esplosione di gas
naturale verificatasi in una miniera nell’est del Paese. L'incidente è avvenuto
nella provincia meridionale del Jiangxi. Altri 11 minatori sono dati per
dispersi, dopo che si è verificata un'altra deflagrazione in un sito minerario
della provincia del Jilin.
Giornata inaugurale oggi a Santa Cruz de la Sierra,
in Bolivia, del vertice iberoamericano, a cui partecipano capi di Stato e di
governo dell’intero Continente e della Spagna. Da Santa Cruz de la Sierra,
Maurizio Salvi:
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Questo 13.mo vertice iberoamericano si presenta ricco di
spunti, perché il tema dell’esclusione sociale è molto sentito in America
Latina dopo il fallimento, negli anni Novanta, dell’esperienza economica
neo-liberale. Parallelamente al summit, si svolge un incontro alternativo a cui
partecipano organizzazioni di contadini, coltivatori di coca e indios di tutta
la Bolivia: l’incontro si propone di presentare ai capi di Stato e di governo
una piattaforma per un’America Latina più giusta.
I ministri degli Esteri partecipanti al 13.mo Vertice
hanno esaminato preliminarmente un rapporto dell’ex presidente brasiliano
Fernando Henrique Cardoso sulla possibilità di far fare alla riunione iberoamericana un salto di qualità. La sua
proposta centrale, fortemente appoggiata dalla Spagna, riguarda la creazione di
una segreteria permanente e la trasformazione del vertice in una sorta di
Commonwealth britannico. L’idea, indubbiamente suggestiva, ha provocato
resistenze di vari Paesi, tra cui Brasile, Venezuela, Cuba e in misura minore
in Argentina.
Da Santa Cruz de la Sierra, Maurizio Salvi per la Radio
Vaticana.
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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha
prorogato fino al prossimo 4 febbraio la missione Onu in Costa d’Avorio, la
Minuci. La decisione è giunta proprio quando nel Paese africano si trovava in
visita il presidente della Commissione europea. Romano Prodi ha già avvertito
che i 400 milioni di euro promessi dall’Unione europea non saranno erogati
finché le parti in conflitto non applicheranno gli accordi di pace. Sentiamo
Giulio Albanese:
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La parola d’ordine deve essere pace: lo ha detto ieri il
presidente della Commissione europea Romano Prodi, nel corso della sua visita
in Costa d’Avorio. In effetti, nonostante la fine del conflitto civile e la
presenza di un governo di unità nazionale, il Paese del cacao continua ad
essere diviso in due: l’area centro-settentrionale in mano all’ex ribellione e
quella meridionale, controllata dalle forze fedeli al presidente Laurent
Gbagbo. “Senza sforzi reali per il disarmo – ha detto Prodi – e senza un’azione
concertata e simultanea di tutte le parti coinvolte nel processo di pace non sarà
possibile ottenere alcun risultato concreto”. “La Costa d’Avorio è considerata
uno dei Paesi-chiave per la prosperità nell’intera regione”, ha spiegato Prodi.
Proseguendo il suo viaggio in Africa occidentale, oggi il presidente della
Commissione Ue fa tappa in Burkina Faso, prima di rientrare a Bruxelles.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Una collaborazione per agire contro il terrorismo. L’ha
offerta il segretario di Stato americano Powell, in una telefonata al premier
palestinese Abu Ala. Confermato intanto per la fine della prossima settimana un
incontro tra i premier israeliano Sharon e palestinese Abu Ala.
Dichiarata una tregua in Corsica da parte del più
importante movimento separatista locale, l’FLNC-Unione dei Combattenti. E’
stata annunciata una sospensione degli attentati senza limiti di tempo, in
vista della creazione di un unico movimento separatista.
Italia. Il Senato ha approvato il disegno di legge di
Bilancio con 152 sì, 73 no e un astenuto. Il provvedimento e quello relativo al
Ddl Finanziaria, approvato stanotte, passano ora all'esame della Camera.
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