RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 316 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 12 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Al voto di fiducia oggi il nuovo governo
palestinese
Nessun
accordo nello Sri Lanka dopo i colloqui tra presidente e premier
L’Africa
chiede aiuto all’Onu per risolvere la situazione in Costa d’Avorio.
12 novembre 2003
UN VILE ATTENTATO CHE NON AIUTA LA PACIFICAZIONE.
COSI’ IL PAPA IN UN MESSAGGIO DI CORDOGLIO AL
PRESIDENTE CIAMPI,
DOPO L’ATTACCO TERRORISTICO IN IRAQ CONTRO I SOLDATI
ITALIANI
Dopo il gravissimo attentato di
Nassirya, in Iraq, in cui sono morti almeno 14 militari italiani, tra cui 11
carabinieri, il Papa ha inviato al presidente Ciampi un telegramma in cui ha
espresso il suo più profondo dolore.
Stamattina un camion-bomba è
esploso in questa città irachena davanti alla base dell’Arma dei Carabinieri.
Sono morti anche otto iracheni. Numerosi i feriti. Messaggi di cordoglio e
solidarietà sono giunti da tutto il mondo. Ma veniamo alle parole del Papa. Il
servizio è di Sergio Centofanti:
**********
“Ho appreso con profondo dolore la notizia del vile
attentato a Nassiriya, in Iraq, dove carabinieri e soldati italiani hanno perso
la vita nell’adempimento generoso della loro missione di pace”.
Così il Papa inizia il suo telegramma di cordoglio al
presidente Ciampi. Il Pontefice esprime “la più ferma condanna per questo nuovo
atto di violenza che, aggiungendosi ad altri efferati gesti compiuti in quel
tormentato Paese, non ne aiuta la pacificazione e la ripresa”. Nell’elevare la
sua fervida preghiera per le vittime, Giovanni Paolo II invoca dal Signore il
cristiano conforto per i familiari ai quali – scrive – si sente particolarmente
vicino in quest’ora di grande tristezza. Infine il Papa chiede al presidente Ciampi “di far giungere ai militari e ai civili, impegnati
nel compito a servizio di quella popolazione così provata”, l’espres-sione della
sua orante solidarietà.
**********
IL
TEMA DELLA MORTE E DELLA RISURREZIONE IN CRISTO, CANTATO AL SALMO 141,
AL
CENTRO QUESTA MATTINA DELLA CATECHESI DEL PAPA
DURANTE
L’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Il passaggio doloroso della morte trasfigurato “dall’esito
glorioso della vita di Cristo”: la risurrezione. E’ il Salmo 141 a cantare in
versi il momento estremo della vita umana, in bilico tra “l’abisso della prova”
e la “fiducia in Dio” che anima il giusto, al quale “è donata l’eternità della
gloria del Padre”. Giovanni Paolo II ha incentrato su questi versi – gli stessi
che pronunciò circa 800 anni fa, in punto di morte, Francesco d’Assisi - la sua
catechesi all’udienza generale di oggi, tenuta in Piazza San Pietro davanti a
oltre 11 mila persone.
Avvolto nel suo mantello rosso per via del clima freddo e
del cielo scuro di questa mattina, il Papa ha proseguito con la sua riflessione
sui Salmi della preghiera serale dei Vespri, soffermandosi sulla supplica che
il Salmista leva a Dio “che non è indifferente – ha osservato il Pontefice –
alla sofferenza del fedele”. Dal grido d’angoscia dell’apertura, i versetti si
aprono più avanti alla speranza, quando l’uomo riconosce “che ormai l’unica
protezione e la sola vicinanza efficace è quella di Dio”: “Sei tu il mio
rifugio – recita il Salmo – sei tu la mia sorte nella terra dei viventi”. Come
in altri Salmi di supplica, ha proseguito Giovanni Paolo II, “la prospettiva
finale è quella di un rendimento di grazie”. Un sentimento che, nella comunità
antica descritta nel salmo, era condiviso tra tutti i membri, perché - ha
spiegato il Papa - i giusti consideravano “la salvezza del fratello come un
dono fatto a loro”.
“Questa atmosfera - ha affermato il Pontefice - dovrebbe
aleggiare anche sulle celebrazioni cristiane. Il dolore del singolo deve
trovare eco nel cuore di tutti; ugualmente la gioia di ciascuno deve essere
vissuta dall’intera comunità orante”:
“La tradizione cristiana ha applicato il Salmo 141
a Cristo perseguitato e sofferente. In questa prospettiva, la meta luminosa
della supplica salmica si trasfigura in un segno pasquale, sulla base
dell’esito glorioso della vita di Cristo e del nostro destino di resurrezione
con lui”.
Nei saluti in polacco, prima della benedizione finale,
Giovanni Paolo II è voluto ritornare con i suoi connazionali alla festa di
ieri, 11 novembre, giorno in cui la Polonia ricorda la propria indipendenza
nazionale e con essa “il dono - ha detto il Papa - della libertà di Patria”. Ed
ha aggiunto:
“JAK CO ROKU W SZCZEGÓLNY SPOSÓB...
La sollecitudine per conservare la libertà è un
compito che tocca a ciascuno di noi assolvere, non solo nel momento presente ma
anche in futuro”.
Al momento dei saluti in italiano, Giovanni Paolo II ha
rivolto un pensiero particolare ai responsabili della Comunità di Sant’Egidio,
ai fedeli di Concesio, paese natale di Paolo VI e al Gruppo dei Convegni di
Maria Cristina di Savoia.
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LA DEPRESSIONE, MALE DELLA NOSTRA EPOCA, IN PRIMO
PIANO ALLA 18.MA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA
PASTORALE DELLA SALUTE,
AL VIA DOMANI NELL’AULA NUOVA DEL SINODO. STAMANI LA PRESENTAZIONE
DELL’EVENTO
- Con noi, il cardinale Javier Lozano Barragán -
La depressione, malattia dei nostri tempi, sarà in primo
piano da domani al 15 novembre - nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano - alla
18.ma conferenza internazionale del Pontifico Consiglio per la Pastorale della
salute. L’importante evento è stato presentato stamani, alla Sala Stampa della
Santa Sede, con l’intervento del cardinale Javier Lozano Barragán, presidente
del dicastero vaticano per la salute.
Per maggiori dettagli sulla presentazione, ci ha raggiunto in studio
Alessandro Gisotti, che sta seguendo per noi la conferenza stampa:
Conoscere la depressione per sconfiggerla: è questo il
forte messaggio emerso stamani alla presentazione della 18.ma conferenza
internazionale del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute. Un
appuntamento, ha spiegato il cardinale Lozano Barragán che intende far luce su
una delle più gravi malattie emergenti dei nostri giorni. Un male, in parte
ancora oscuro, che colpisce 340 milioni di persone in tutto il mondo ed è tra
le cause principali di invalidità. Malattia, che nel caso peggiore può condurre
al suicidio con la perdita stimata di un milione di vite ogni anno. Proprio in tale contesto, ha spiegato il
porporato, la Chiesa riprova il suicidio come peccato grave, ma nel caso del
depresso va tenuta in considerazione che tanto la mente quanto la volontà sono
fortemente turbate. Il confronto nella tre giorni di lavori ruoterà intorno a
tre interrogativi: cos’è la depressione, come la vede Dio, cosa dobbiamo fare.
Un’analisi, dunque, alla luce della fede. Alla presentazione, il dottor Joaquín
Navarro Valls è intervenuto non solo in veste di direttore della Sala stampa
vaticana, ma anche come medico psichiatra. Ecco una sua riflessione sul tema
della conferenza:
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R. - La
depressione è ben diversa da stati d’animo come la tristezza o altro. La
depressione è una malattia. Il fattore di rischio di questa malattia è la vulnerabilità
che hanno alcune persone con determinati stili di vita. Questo il medico può
analizzarlo nel malato, ma non si cura solo con il prozac, solo con la
serotonina, solo con gli elementi puramente biologici.
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Venerdì mattina gli oltre 600 partecipanti alla
conferenza, tra cui sette cardinali e numerosi vescovi, saranno ricevuti dal
Papa in udienza. Una sessione sarà inoltre dedicata al senso della depressione
e del male considerati dal punto di vista ebraico, islamico, induista e
buddista, momento a cui prenderà parte anche l’ambasciatore cinese presso la
Santa Sede.
Ma sulla complessa realtà del fenomeno depressione e sui
possibili rimedi, ascoltiamo il cardinale Lozano Barragán, al microfono del
collega Giovanni Peduto:
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R. – Si dice che la depressione sia il principale killer
del mondo in questo momento. L’Organizzazione Mondiale della Salute ci parla,
per la cura, di farmaci. E noi diciamo che i farmaci sono buoni, ma che la
depressione non è altro che la paura, in ultima analisi. L’uomo della postmodernità
certamente si è fatto un uomo pauroso. Noi dobbiamo dare un’unica risposta che
non neghi in assoluto la validità dei farmaci, ma che vada oltre i farmaci.
D. – Eminenza, veniamo alle cause. Secondo lei da cosa è
originata la depressione, che sembra la malattia dei nostri giorni?
R. – Penso che ci siano varie cause. Non possiamo dire:
“Questa è la causa”. Ma una delle cause, a mio avviso, più importante è il
vuoto di valori presente nella società attuale. Si parla della “paralogia della
instabilità” che è basata semplicemente sul timore della morte, il timore della
morte che invade tutta la vita, fino ai più piccoli dettagli e sfumature. Si
impadronisce, dunque, delle persone in maniera da creargli uno stato abituale
di paura, di depressione.
D. – Lei diceva quindi che non bastano i farmaci. Cosa
occorre allora?
R. – Se, una delle cause più importanti, se non la più
importante, è il vuoto di valori e la paura della morte occorre allora trovare
quindi il rimedio più opportuno. Alcuni, nella nuova spiritualità di oggi,
parlano spesso della reincarnazione, ma la reincarnazione non ci serve a nulla,
è soltanto un’invenzione. Noi invece non abbiamo un’invenzione, né una teoria,
ma un fatto storico che è la resurrezione del Signore Gesù. E noi diciamo che
l’unica maniera per vincere la morte è la nostra resurrezione nel Signore Gesù,
per opera dello Spirito Santo: un vivere, dunque, veramente la resurrezione del
Signore. Ecco, per me, il rimedio più grande, più effettivo, contro la
depressione. Ciò non vuol dire che dobbiamo prescindere anche dai farmaci, che
devono essere usati, ma al centro sta un vuoto di valori e allora: pienezza di
valori!
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“IL CAMPO DEGLI OGM NON VA
ABBANDONATO
MA HA BISOGNO ANCORA DI MOLTE CURE”. COSI’ IL CARDINALE MARTINO
IERI
A CONCLUSIONE DEL SEMINARIO
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
GIUSTIZIA E PACE
- Servizio
di Giovanni Peduto -
“Il
campo degli organismi geneticamente modificati non va abbandonato anche se ha bisogno ancora di molte cure. Si
deve continuare a lavorare”. Lo ha
detto il cardinale Renato Raffaele
Martino a conclusione ieri a Roma del seminario di studi organizzato
presso il Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace di cui e' presidente. Il cardinale ha ribadito la
disponibilità del suo dicastero ad offrire “il suo contributo per illuminare le
coscienze, affinché le biotecnologie vegetali siano una opportunità per tutti e non una minaccia,
dentro un quadro politico e giuridico
di rinnovata solidarietà nei rapporti
commerciali tra le nazioni, di sicurezza ambientale e sanitaria per tutti, di ritrovata intesa tra mondo
scientifico, società civile e responsabili politici ai livelli nazionali e
internazionali”. Ma ascoltiamo il porporato al microfono di Giovanni Peduto.
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R. – Il seminario è stato un primo momento di studio
dentro un itinerario che la Santa Sede intende, con prudenza, serenità e nella
verità, percorrere per venire incontro a molteplici e diffuse attese presenti
nella Chiesa, nel mondo scientifico e in genere nella nostra società.
D. – Eminenza, in conclusione, questi organismi
geneticamente modificati sono una minaccia o una speranza per l’umanità?
R. – Direi che potrebbero essere una minaccia se accolti
acriticamente, senza tutte le cautele per la salute delle persone, per la
salvaguardia dell’ambiente che la scienza suggerisce e la politica deve
adottare con saggezza e lungimiranza. Invece, possono essere una speranza se le
grandi potenzialità che possiedono vengono utilizzate con le predette cautele e
messe a disposizione di tutti, nel quadro di quella globalizzazione della
solidarietà tanto auspicata da Giovanni Paolo II.
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Ma quali sono le principali preoccupazioni emerse durante
il seminario sugli ogm? Giovanni Peduto lo ha chiesto alla dottoressa Paola
Testori Coggi, direttore per la sicurezza alimentare della Commissione europea.
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R. – Direi che la principale preoccupazione emersa dalle
discussioni del Convegno è quella dei possibili effetti sull’ambiente. Con gli
organismi geneticamente modificati usati in agricoltura, si ha il rilascio di
organismi vivi nell’ambiente naturale. Quindi, è importante che qualsiasi
autorizzazione all’utilizzo di questi organismi in agricoltura sia preceduta da
una valutazione scientifica molto approfondita di effetti a breve e a lungo
termine, ed è quello che noi abbiamo fatto in Europa con la nostra legislazione
che è stata evidentemente resa ancora più severa.
D. – Ma gli organismi geneticamente modificati potrebbero
risolvere il problema della fame nel mondo, oppure è piuttosto un problema di
distribuzione del cibo che già c’è in abbondanza?
R. – Se bisogna essere onesti, nel dibattito sono venute
fuori due posizioni: il problema della fame nel mondo è un problema di accesso
alle risorse per acquistare il cibo e di accesso a terra coltivata. E’ chiaro
che oggi non ci sono organismi geneticamente modificati che rispondono al
problema della fame nel mondo, però le potenzialità future della biotecnologia
ci sono e potranno in un futuro identificare degli organismi geneticamente
modificati che rispondano a dei bisogni, come per esempio la mancanza di
vitamina, la somministrazione di vaccini ... E questo è quello che la scienza
ci dice che si potrà fare in futuro. Ma oggi ancora non ci sono questi OGM che
rispondono a dei bisogni nutrizionali o medici specifici dei Paesi in via di
sviluppo.
D. – Molti missionari che operano nei Paesi poveri temono
che gli organismi geneticamente modificati schiavizzino sempre più le nazioni
in via di sviluppo. Il suo pensiero...
R. – Il problema è che oggi quegli OGM che vengono
commercializzati sia nei Paesi sviluppati che in Paesi in via di sviluppo, sono
in effetti OGM che hanno come caratteristica di resistere a certi erbicidi e
chiaramente in questo caso questi OGM legano l’agricoltore all’impiego di
questi erbicidi e soprattutto all’acquisto di questi semi che possono essere costosi.
Ma questo è un problema tipico degli OGM commercializzati oggi: non è detto che
in futuro, con una maggiore diversificazione della ricerca, per quegli OGM che
sono più adatti alle condizioni, ai problemi dei Paesi in via di sviluppo,
questo problema sussista.
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IL
DIALOGO TRA CULTURE E’ LA VIA PER
ASSICURARE
UN’ARMONIOSA
CONVIVENZA DI POPOLI DIVERSI: E’ IL
SENSO DELL’INTERVENTO
DI
MONS. PITTAU, CAPO DELLA DELEGAZIONE
DELLA SANTA SEDE
ALLA
21ESIMA SESSIONE DELLA CONFERENZA DEI MINISTRI PER L’EDUCAZIONE
CHE SI
CONCLUDE OGGI AD ATENE, IN GRECIA
Nell’ambito della cultura, l’educazione ha la
responsabilità di rendere ognuno consapevole delle proprie radici e questo può
offrire i giusti punti di riferimento
perché, nel mondo, popoli differenti convivano nell’armonia. E’ il senso
dell’intervento di mons. Giuseppe Pittau, segretario della Congregazione
per l'Educazione Cattolica, capo della delegazione delle Santa Sede alla
21esima sessione della Conferenza dei Ministri per l’educazione che si conclude
oggi ad Atene, in Grecia. Tema dell’incontro: “Educazione interculturale.
Rispettando la diversità, rafforzando la democrazia”. Ricordando quale “valido
strumento” di riflessione la Convenzione europea per la cultura che sta per
compiere 50 anni, è stata sottolineata l’importanza, a livello culturale, di
“anticipare una visione unitaria nella diversità”. In un cammino di civiltà
l’appartenenza ad una cultura non può
portare ad erigere barriere contro le altre – è stato sottolineato - e nemmeno
ad una “omogeneizzazione forzata”. L’unica via è quella ribadita da Giovanni
Paolo II quando ha affermato che “un dialogo tra culture emerge come
un’esigenza intrinseca dell’essere umano e di ogni cultura”, in particolare in
un millennio caratterizzato da società multietniche e multiculturali. A
proposito dei testi preparatori dell’incontro ad Atene, il Papa aveva espresso
la sua soddisfazione per i riferimenti espliciti alla centralità della famiglia
nel ruolo educativo che, certamente, è affidato anche a scuola, organizzazione
non-governative, Chiese e comunità religiose.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina l’arcivescovo
Orlando Antonini, nunzio Apostolico in Zambia e Malawi.
In Brasile, il Papa ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Porto Alegre il sacerdote Jacinto Inácio
Flach, del clero della stessa arcidiocesi di Porto Alegre, finora direttore
spirituale del Seminario maggiore di Viamão. Il neo ausiliare, 51 anni, ha
perfezionato i suoi studi a Roma, dal 1995 al
1997, presso il Pontificio Istituto di Spiritualità Teresianum, dove ha
conseguito la licenza in Teologia Spirituale. Ha svolto dal 1991 anche le funzioni di
vicario parrocchiale nella parrocchia “Nossa Senhora da Conceição”.
Sempre in Brasile, il Pontefice ha accettato la rinuncia
al governo pastorale della diocesi di Vacaria, presentata dal vescovo Orlando
Octacílio Dotti, francescano cappuccino, in conformità al paragrafo 2 del can.
401 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, gli succede l’attuale vescovo
coadiutore, Pedro Sbalchiero Neto, dei Missionari di Nostra Signora de La
Salette.
In Salvador, Giovanni Paolo II ha nominato ausiliare della
diocesi di Santa Ana il 64.enne sacerdote Luis Morao, dell’Ordine dei
Francescani Minori, finora amministratore Apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” dell’Ordinariato Militare
per El Salvador. Italiano di nascita, mons. Morao è stato per
circa 20 anni missionario nelle Filippine, quindi per tre anni in Guatemala. In Salvador opera
dal 1988.
Al posto di amministratore Apostolico “sede vacante et ad
nutum Sanctae Sedis” dell’Ordinariato Militare per El Salvador, il Papa ha
nominato il sacerdote Fabio Reynaldo Colindres Abarca,
42 anni, finora vicario generale del medesimo Ordinariato Militare. Dopo gli
studi alla Pontificia Università Gregoriana, mons. Abarca ha frequentato il
corso di Teologia Biblica ottenendo la licenza. Dal 1989 al 2000, ha tenuto
corsi di etica presso l’Ordinariato Militare, nel quale ha svolto numerosi
incarichi pastorali.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre
con il crudele attentato perpetrato a Nassiryia, in Iraq. L'Italia
in lutto.
Il telegramma di cordoglio del
Santo Padre al presidente della Repubblica italiana.
In prima si sottolinea che il
dopoguerra in Iraq è stato scosso da una nuova tragedia espressione di una
logica disumana che fa scempio della vita.
Nelle italiane, si evidenzia
che il Paese, sgomento, piange i suoi soldati. Il capo dello Stato: “Il mio
primo pensiero va alle famiglie dei militari uccisi da un ignobile atto di
terrorismo”.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell’udienza generale.
Un articolo su un volume
dedicato alla visita pastorale di Giovanni Paolo II in Rwanda, compiuta nel
1990.
Nelle estere, l’intervento
della delegazione della Santa Sede alla sessione della Conferenza permanente
dei Ministri europei dell'educazione: “L’itinerario educativo dovrebbe condurre
dalla tolleranza alla comprensione reciproca”.
Uganda: l’Onu denuncia la
“vergogna morale” della latitanza internazionale.
Nella pagina culturale, un
articolo di Carmin Di Biase dal titolo “Il grido solitario di Albini Pierro”:
un saggio di Emerico Giachery.
Una monografica in occasione
dei cento anni dalla morte di Theodor Mommsen.
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema della finanziaria.
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12 novembre 2003
L’ATTACCO TERRORISTICO
CONTRO LA BASE
ITALIANA DI NASSIRYA IN IRAQ
Torniamo, dunque, a parlare
dell’attentato che stamani ha colpito il contingente militare italiano in Iraq.
Drammatico il bilancio delle vittime: 11 Carabinieri e 3 soldati sono rimasti
uccisi, 8 gli iracheni che hanno perso la vita. La notizia, giunta
immediatamente in Italia, ha lasciato attonite le forze politiche, raccolte in
quell’ora nelle aule del Parlamento. E sull’attentato di Nassiriya ci riferisce
Giancarlo La Vella:
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Gli attentatori hanno colpito
proprio dove i Carabinieri italiani cercavano di instaurare rapporti di
cordialità e di amicizia con la popolazione irachena. La drammatica notizia è
rimbalzata immediatamente in Italia, provocando dolore e sconcerto. Camera e
Senato hanno interrotto i lavori. A Palazzo Madama e Montecitorio la seduta è
stata sospesa in segno di lutto. Il presidente della Camera Casini, parlando ai
deputati, ha espresso sgomento per quanto accaduto. E nel pomeriggio si attende
l’arrivo in aula del ministro della difesa, Martino. Reazioni addolorate anche
da parte della Chiesa locale. “Sono profondamente addolorato per quanto
accaduto ai militari italiani – ha detto l’arcivescovo dei caldei di Bassora,
mons. Djibrail Kassab - ; gli iracheni apprezzano il loro lavoro e li
rispettano”. Una ferma condanna è venuta dall’arcivescovo caldeo emerito di
Baghdad, mons Emmanuel-Karim Delly. “Quanto accaduto - ha detto - è contro il
bene degli iracheni”. Intanto, la Procura di Roma ha aperto un’indagine
sull’attacco di Nassiriya. E non è questo l’unico episodio che ha colpito oggi
i militari occidentali. Un commando di insorti iracheni è riuscito la scorsa
notte a far saltare in aria a Baghdad un elicottero Black Hawk all'interno del
complesso dove ha sede l’amministrazione guidata dagli Stati Uniti. Un soldato
americano è poi morto nell'esplosione di una bomba, mentre transitava con il
suo veicolo su una strada a nord della capitale. Inoltre, un gruppo di diplomatici
turchi in provenienza da Ankara sono stati attaccati da uomini armati
sull’autostrada che porta a Baghdad.
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E prima di partire per gli Stati
Uniti, dove vedrà il capo della Casa Bianca Bush, il presidente italiano Carlo
Azeglio Ciampi sui Carabinieri e soldati deceduti ha detto che “sono militari
caduti mentre facevano il loro dovere, per aiutare il popolo iracheno a
ritrovare la pace, l'ordine, la sicurezza”, e ha poi aggiunto:
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Parto per gli Stati Uniti con animo profondamente
commosso. Incontrerò il presidente Bush e il segretario generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan. Ho la coscienza di rappresentare un Paese unito e forte.
Continueremo a svolgere nell’ambito delle Nazioni Unite, e insieme con i nostri
alleati, il nostro ruolo nella lotta al terrorismo internazionale.
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Nel corso della sua visita a
Dakar, in Senegal, sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della
Commissione Europea, Romano Prodi, il quale ha ribadito la posizione
dell’Unione sulla situazione irachena:
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E’ necessario passare ad una fase in cui vi sia un
coinvolgimento totale e generale delle Nazioni Unite per il ripristino della
pace e in cui nel governo dell’Iraq sia dato sempre più peso e sempre più forza
all’espressione del popolo iracheno.
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E ora diamo la parola all’Ordinario Militare d’Italia
l’arcivescovo Angelo Bagnasco, al microfono di Fabio Colagrande.
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Siamo rimasti sorpresi e allo
stesso tempo sconcertati, perché le notizie che sono giunte negli ultimi tempi,
anche attraverso i miei cappellani militari, sono sempre state notizie di un
buon approccio con la popolazione da parte dei nostri militari, sia come
servizio di sicurezza, sia come servizio umanitario. Tutti i giorni vi erano,
anzi, vi sono code di persone irachene che si riferiscono ai nostri militari
per le necessità primarie, per gli aiuti e quindi questo improvviso attentato
ha colto un po’ di sorpresa nel clima generale che ha sempre circondato il
contingente di pace italiano. Sconcerto che richiede da parte nostra un motivo
di preghiera, di vicinanza anche attraverso i cappellani che sono presenti –
sono due, in questo momento – e da parte di tutta l’opinione pubblica italiana,
sperando che tutti gli uomini di buona volontà non cedano di fronte a questi
attentati in vista di quello che è un aiuto concreto a queste popolazioni.
**********
Ancora una volta ci si interroga
sulle responsabilità di questi episodi. A chi si può attribuire l’attentato di
stamani a Nassiriya? Roberto Piermarini lo ha chiesto all’esperto di terrorismo,
Guido Olimpio del Corriere della Sera:
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R. - Certamente i guerriglieri e comunque chi attacca le
truppe in Iraq ha mille occasioni per farlo: potrebbe attaccare una pattuglia,
per esempio. Ma colpendo in questo modo vuol dare spettacolarità al suo
attacco. Chiunque sia stato: i partigiani di Saddam Hussein o i volontari
islamici o la rete di Al Qaeda. E’ evidente che si tratta di un messaggio
spettacolare. Si vuol colpire in modo spettacolare per terrorizzare!
D. – Questo ennesimo attentato dimostra che la guerriglia
colpisce dove e come vuole?
R. – Assolutamente sì. Basta guardare indietro in questi
ultimi mesi e vediamo che hanno cominciato dall’alto – col palazzo delle
Nazioni Unite, con la Croce Rossa - colpiscono quasi ogni notte con i mortai il
comando americano; colpiscono ambasciate, attaccano tutti quei Paesi che hanno
aderito – in un modo o nell’altro – all’operazione militare americana, ma senza
tirare in ballo Osama Bin Laden o altro. Non c’è dubbio che la strategia degli
attacchi sta seguendo questa agenda abbastanza precisa.
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Ma con questo episodio si è voluto
forse attaccare uno degli alleati più stretti degli Stati Uniti? Ci risponde
l’inviato speciale del Sole 24 Ore, Alberto Negri, sentito sempre da Roberto
Piermarini:
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Direi che con questo attentato è colpita la missione
italiana, iniziata cinque mesi fa e che dovrebbe essere estesa fino a giugno
2004. Una missione, questa, che è vero che aveva un aspetto umanitario e di
ricostruzione, ma che comunque apparteneva di fatto allo schieramento della
coalizione. Quindi, le forze italiane sono considerate forze di occupazione e
che rispondono, di fatto, al comando inglese di Bassora. Finora l’approccio
pragmatico dei nostri militari aveva un po’ illuso in Italia su quella che poteva
essere la reale entità dei rischi di questa missione, ma, in effetti, anche se
i focolai di resistenza e di rivolta nell’area sciita e di Nassirya, dove si
trovano i militari americani, sono stati minori rispetto che alla regione sunnita,
tutti erano consapevoli che ci potevano essere tensioni improvvise.
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“UN
GOVERNO CARISMATICO. 25 ANNI DI PONTIFICATO”:
E’ IL
TITOLO DELL’ULTIMO LIBRO DELLO STORICO ANDREA RICCARDI,
FONDATORE
DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
-
Intervista con Andrea Riccardi e Giuseppe De Rita -
Un uomo forte, estroverso e carismatico, la cui storia
diventa una chiave di lettura per meglio comprendere il mondo, religioso e non,
nel difficile passaggio tra il XX e il XXI secolo. Questo, in sintesi, il ritratto
di Giovanni Paolo II che emerge dal libro dello storico Andrea Riccardi, “Un
governo carismatico. 25 anni di pontificato”, edito da Mondatori. La
pubblicazione, presentata ieri a Roma, non si propone come l’ennesima biografia
del Santo Padre ma ripercorre, in oltre 200 pagine, le linee di forza
dell’esistenza dell’uomo-Wojtyla. Il pontificato di Giovanni Paolo II ''non è imitabile - ha dichiarato il
cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione delle
Chiese Orientali, durante l’incontro -
ed è destinato a lasciare anche nel futuro un profondo segno”. Ma quale è
stato, quindi, il binario lungo cui è corso il pontificato del Papa? Barbara
Castelli lo ha chiesto ad Andrea Riccardi, autore del volume.
**********
R. – E’ stato quello di un governo carismatico, quello di
un Papa che è stato se stesso, con il suo carisma, con la sua testimonianza di
fede, nel quadro della vita della Chiesa.
D. – Un Pontificato lungo, appunto carismatico, ma
sicuramente sempre attento alla realtà storica e al tessuto sociale
contemporaneo…
R. – Sì. E’ stato un Papa presente, un Papa della
presenza, che ha calcato gli scenari del mondo e che non ha fatto mai sentire
la sua lontananza dalla realtà del mondo contemporaneo.
D. – Il libro si intitola “Governo carismatico”. Fin dove
è arrivato il Papa? Fin dove ha osato?
R. – E’ arrivato dappertutto e sente di dover arrivare al
cuore dell’uomo.
D. – Ritiene che ci sia un sogno nel cassetto di Giovanni
Paolo II?
R. – Andare a Mosca e andare in Cina.
Ma quali sono stati i mezzi con i quali Giovanni Paolo II
ha conquistato il cuore dei popoli del mondo? Ci risponde il sociologo Giuseppe
De Rita.
R. – Ha conquistato la gente sostanzialmente con un
carisma che è abbastanza simile a quello di Papa Giovanni. E’ il mistero della
diaconia, di uscire dalla casa e di andare. Giovanni XXIII andava nelle
prigioni, andava nelle parrocchie, andava un po’ dappertutto. In questo
concetto di ‘andare’ sta tutta la dimensione del viaggio di Giovanni Paolo II:
i tanti viaggi in Italia e all’estero, ma anche le 300 parrocchie romane. C’è
una bella frase che il Papa ha detto in uno dei suoi viaggi, in una nazione a
minoranza cattolica: “Io sono il vostro Papa e devo governare anche voi. Ma se
non vengo a conoscervi, a vedere come siete, come faccio a governarvi da
lontano?”. Questo sicuramente ha avuto grande successo, e cioè l’idea che lui
viaggiasse, non per dare messaggi stratosferici, ma per stare insieme agli
altri e per offrire agli altri il mistero del Papa, dell’uomo Wojtyla. Il
mistero del vescovo - lui non si sentiva un Papa, ma si sentiva e si sente
ancora di più un vescovo – quindi, il mistero della sua ordinazione, della sua
chiamata. “Perché sono arrivato a questo punto? Perché io mi sono salvato tra
tante persone che, invece, sono state distrutte dal regime comunista? Perché?
Per diventare Papa. Qui c’è il mio mistero ed io lo offro”.
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12 novembre 2003
UN NUOVO TRATTAMENTO ANTIMALARICO E’ STATO
INTRODOTTO IN BURUNDI DALL’ONU, ATTRAVERSO L’UNICEF E L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DELLA SANITA’.
LA MALARIA E’ ATTUALMENTE LA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE NEL PAESE
AFRICANO
BURUNDI.= Il 90 per cento di tutti i casi accertati
di malaria si verificano nell’Africa sub-Sahariana. E in Burundi tale malattia
è attualmente la
causa principale di morte, più dell’Aids e della guerra. Le vittime sono
soprattutto le donne in gravidanza e bambini di età inferiore ai cinque anni.
In questi giorni, in Burundi è stato introdotto un nuovo trattamento antimalarico, come parte di un programma
sponsorizzato dall'Onu. Il ministro della salute, Jean Kamana, ha annunciato
l’impegno del governo a garantire prezzi contenuti per un trattamento altrimenti
insostenibile per una popolazione “povera, in collasso economico a causa della
guerra”. Il programma si avvale del sostegno economico di donatori europei e
americani, oltre che di organizzazioni non governative come Medecins sans
frontieres. Una dose del nuovo trattamento costa dai 100 franchi burundesi, per
i bambini, al doppio per gli adulti. 100 franchi burundesi sono pari a otto centesimi di euro. (F.S.)
GIUDICE PAKISTANO CONDANNA A MORTE UN UOMO
MUSULMANO RITENUTO COLPEVOLE DI AVER PRONUNCIATO PAROLE INSULTANTI CONTRO
MAOMETTO.
LA
BLASFEMIA, INFATTI, PREVEDE, IN PAKISTAN, LA PENA DI MORTE
BAHAWALNAGAR. = E’ stato
condannato a morte, Niaz Ahmed, uomo musulmano, per blasfemia. Con la sentenza
emessa ieri, nella città di Bahawalnagar della provincia del Punjad, da un
giudice pakistano. L’uomo è stato accusato di aver usato un linguaggio
offensivo contro Maometto davanti a numerose persone della città. L’ufficiale
di polizia, Mohammad Anwar, ha detto che l’uomo è stato condannato sulla base
di testimonianze e che potrà ricorrere all’Alta corte. Molti sono i detenuti in
attesa di giudizio per questo reato.
Alla fine dell’anno scorso si parlava di circa 2.589 imputati, ai quali
è stata spesso negata la libertà su pagamento di cauzioni. Secondo le denunce
di organizzazioni per i diritti umani, la tortura, inclusa la violenza sessuale, è diffusa e sistematica tra i
detenuti sotto custodia di polizia e di forze paramilitari e causa, durante
l’anno, diversi morti. Le comunità religiose non islamiche e le organizzazioni
dei diritti umani hanno fatto numerosi appelli al governo affinché modifichi la
legge sulla blasfemia, ma i fondamentalisti negano ogni forma di abolizione
della legge. (F.S.)
IL
CONSIGLIERE DELL’AMBASCIATA DI ISRAELE
HA CONSEGNATO QUESTA MATTIMA
AL
CONVENTO DELLE BENEDETTINE DI GRIFFA, SUL LAGO MAGGIORE, L’ONORIFICENZA “GIUSTO FRA LE NAZIONI”, ALLA MEMORIA DI
SUOR GIUSEPPINA LAVIZZARI,
CHE DURANTE
L’ULTIMA GUERRA NASCOSE E SALVO’ DALLA MORTE SEI EBREI
VERBANIA.
= Stamane, al
Monastero di Ronco di Griffa, sul lago Maggiore, è stata consegnata
l’onorificenza con medaglia di “Giusto tra le nazioni” alla memoria di Madre
Maria Giuseppina Lavizzari, priora dal 1932 al 1947, che salvò dalle persecuzioni
nazifasciste numerosi ebrei. A consegnare l’onorificenza alla attuale madre
priora Maria Pia Tei è stato l’addetto
culturale dell’Ambasciata Israeliana di Roma. Come dice la motivazione
dell’onorificenza di “Giusto tra le nazioni”, chi salva una vita salva il mondo
intero. Tre donne, dei rifugiati salvati, sono ancora in vita ed è stata la
loro testimonianza a determinare la
decisione dello Stato di Israele di assegnare al convento il riconoscimento che
viene attribuito a quanti hanno sottratto cittadini di religione ebraica alla
Shoah. (M.A.)
CONDANNATO IN VIETNAM PER “AVER
ABUSATO DELLE LIBERTA’ DEMOCRATICHE”
L’EX
GUARDIA DEL CORPO DEL LEADER COMUNISTA HO CHI MINH, CHE HA OGGI 74 ANNI
VIETNAM.
= Un attivista per la democrazia di 74 anni è stato condannato a dieci mesi di
prigione. Ex guardia del corpo del leader comunista Ho Chi Minh, Tran Dung Tien
è stato incriminato per “aver abusato delle libertà democratiche”. Condannato a
10 mesi di reclusione, presto dovrebbe essere liberato perché ha già scontato
buona parte della pena mentre attendeva il processo. Tran Dung Tienera è stato
arrestato nel gennaio scorso dopo aver chiesto al governo il rilascio di due
persone, il colonnello in congedo Pham Que Duong e il docente universitario
Tran Khue, che avevano firmato una petizione per la democrazia nel Paese
asiatico. Già negli anni Novanta, Tien scriveva lettere firmate con cui criticava il governo comunista del
Vietnam. Nelle sue missive chiedeva, inoltre, il rilascio di tutti i prigionieri
politici e maggiore libertà per i vietnamiti. (F.S.)
IL PATRIARCATO DI MOSCA HA ESPRESSO
SODDISFAZIONE PER L’INCONTRO
TRA IL
NUNZIO APOSTOLICO A MOSCA E IL RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTO
RELAZIONI
INTERNAZIONALI, AVVENUTO DUE GIORNI FA.
SI E’ DISCUSSO DEI PROBLEMI ANCORA APERTI TRA LE DUE CHIESE
ESPRIMENDO
LA VOLONTA’ DI MIGLIORARE LA SITUAZIONE
MOSCA. = Il
Patriarcato ortodosso di Mosca ha salutato con soddisfazione, ieri pomeriggio,
i progressi nel dialogo con la Santa Sede. Una dichiarazione ufficiale in
questo senso è stata diffusa attraverso l’agenzia Itar-Tass a conclusione
dell’incontro svoltosi tra il nunzio apostolico a Mosca, mons. Antonello
Mennini, e il metropolita Kyrill, responsabile del dipartimento relazioni
internazionali del Patriarcato, due giorni fa. Il colloquio ha segnato la
ripresa del dialogo interconfessionale, dopo il recente incontro del presidente
russo, Vladimir Putin, in Vaticano con il
Papa, suggellato dall’impegno del leader del Cremlino ad adoperarsi per
favorire l’unità dei cristiani e il riavvicinamento tra la Chiesa di Roma e
quella ortodossa russa. Secondo quanto ha dichiarato padre Ioann Lapirus,
presente all’incontro perché facente parte della delegazione del Patriarcato,
il colloquio tra mons. Mennini e il metropolita Kyrill, avvenuto su iniziativa del nunzio, è
stata una “discussione aperta'' sui
“problemi ancora esistenti tra le due Chiese” che, però, ha lasciato emergere
la volontà di “migliorare la situazione” e ha portato a raggiungere “l’accordo
di continuare il dialogo”. (F.S.)
SVILUPPARE
LA RICERCA SCIENTIFICA A SERVIZIO DEL PROGRESSO DEI POPOLI,
EVITANDO
LE DISCRIMINAZIONI. COSI’ IL CARDINALE CAMILLO RUINI
NEL
DISCORSO INAUGURALE DEL 231.MO ANNO ACCADEMICO
DELLA
PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE
- A
cura di Paolo Ondarza -
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ROMA. = La sfida sulla quale saranno chiamati a
confrontarsi le generazioni future sarà quella di poter coniugare conquista
scientifica e sviluppo dei popoli, senza dare adito a divisioni o sperequazioni
tra ricchi e poveri. Così il vicario del Papa, cardinale Camillo Ruini, ha
aperto, questa mattina sulle note del “Veni Creator”, la cerimonia
inaugurale del 231.mo anno accademico della Pontificia Università Lateranense,
presso l’Aula Magna dello stesso ateneo. Un avvenimento caratterizzato dalla
presenza del Premio Nobel per la Fisica, Carlo Rubbia, intervenuto sul tema “La
scienza al servizio dell’uomo”. “C’è un momento in cui spazio e tempo si
originarono – ha detto Rubbia – dal Big Bang, nulla esisteva prima di
esso”. “L’uomo di scienza – ha continuato – non può non associare quel momento
alle Sacre Scritture: ‘Sia la luce e la luce fu’”. La ricerca della verità è
stata al centro della prolusione del rettore della Lateranense, mons. Rino
Fisichella. “Compito dell’Università Pontificia – ha detto – è proporre una
formazione che si faccia carico della missione di rendere i suoi studenti
persone capaci di puntare lo sguardo sulla verità e mantenerlo fisso in essa”.
Ricordando le parole di Giovanni Paolo II alle Università Pontificie, il
rettore ha sottolineato incognite e rischi insiti nella conquista della verità.
“Nonostante ciò – ha aggiunto –rimane l’obiettivo finale della ricerca, un
dovere per ogni uomo”. Una verità che, come recita il Vangelo di Giovanni, fa
liberi ma comporta un cammino lungo tutta l’esistenza. “Un’ ascesa fatta di
meraviglia e stupore – ha continuato – verso una verità ulteriore in grado di
spiegare il senso della vita e portare alla riscoperta di valori quali bellezza,
fedeltà ed amore, che non conoscono il trascorrere del tempo. Ma perché la
scienza serva veramente l’uomo – ha concluso mons. Fisichella – deve essere protesa verso la fonte
originaria della verità, Gesù Cristo”.
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12 novembre 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
Tre anni di violenza “sono più che sufficienti”. Lo ha
detto questa mattina il presidente Arafat al Consiglio legislativo palestinese,
nel dibattito sulla fiducia al governo di Abu Ala. Il nuovo esecutivo – ha
annunciato lo stesso Abu Ala – ha in programma la convocazione di elezioni
presidenziali, legislative ed amministrative entro giugno 2004. Obiettivo più
immediato, la firma di una tregua con Israele. Il Paese ebraico però ha commentato
con scetticismo le aperture palestinesi. Tra poco il via alle operazioni di
voto, che non dovrebbero riservare sorprese. Il servizio di Graziano Motta:
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Abu Ala ha lasciato intravedere tempi lunghi per la
ripresa del processo di pace con Israele, anche se, verosimilmente, tenterà di
ottenere un alleviamento delle condizioni di vita della popolazione nei
Territori, in quanto un dialogo in proposito sembra acquisito per le aperture
manifestate negli ultimi giorni dal primo ministro israeliano Sharon. Abu Ala,
nel riaffermare l’impegno per la road map, non ha parlato, infatti, di
un disarmo prossimo dei guerriglieri, né dello smantellamento dei quadri e
delle infrastrutture delle organizzazioni impegnate nell’Intifada, come
richiestogli insistentemente da Israele e dagli Stati Uniti. Ciò nonostante il
premier ha invocato il ritiro dei soldati israeliani da tutti i centri abitati,
per consentire lo svolgimento di elezioni nel giugno prossimo, elezioni che – ha detto – dovrebbero riattivare gli
sforzi di pace. Prima di Abu Ala ha parlato il presidente palestinese Yasser
Arafat, che ha ribadito la pienezza dei suoi poteri presidenziali che il
governo Sharon contesta da tempo. Egli ha sostenuto che l’occupazione
israeliana è una continua vessazione nei confronti della popolazione
palestinese.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Tutto da rifare nello Sri Lanka. Non ha dato alcun esito
positivo l’incontro, oggi a Colombo, tra il premier Wickremesinghe e la
presidente Kumaratunga, dopo il colpo di mano di quest’ultima, che nei giorni
scorsi ha esautorato governo e parlamento e, di fatto, ha bloccato il processo
di pace con i ribelli Tamil. I dissidi tra presidenza e governo sul controllo
di ministeri chiave rimangono dunque ancora in piedi. Il servizio di Maria
Grazia Coggiola:
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Il tentativo di arrivare ad un compromesso nel braccio di
ferro tra i due leader e avversari politici è sostanzialmente fallito ed era prevedibile.
Fra il premier Wickremasinge, forte della maggioranza in Parlamento dopo la
vittoria elettorale di due anni fa, e la lady di ferro, Kumaratunga, ci
sono delle sostanziali differenze sul come condurre il processo di pace con i
ribelli delle Tigri Tamil. Proprio il proseguimento delle trattative con i
separatisti, che a questo punto appare sempre più incerto, è stato al centro
della discussione fra i due. Wickremasinge ha reiterato il suo invito alla
presidente, affinché si assuma in prima persona la responsabilità di riavviare
il dialogo con i ribelli Tamil, un dialogo sospeso dallo scorso aprile. Il suo
governo, orfano di tre dicasteri importanti, come gli Interni, la Difesa e
l’Informazione, non sarebbe, infatti, più un interlocutore credibile nel
processo di pace con i Tamil, che è stato avviato due anni fa grazie alla mediazione
dei norvegesi.
Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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I capi di Stato dell’Africa occidentale hanno chiesto
all’ONU di prendere in considerazione l’invio di un suo contingente in Costa
d’Avorio per potenziare ed eventualmente sostituire una forza di pace
regionale. L’appello dei leader è venuto al termine di un vertice che si è
svolto ieri ad Accra, in Ghana:
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Il Paese del cacao è ripiombato negli ultimi mesi in uno
stallo politico preoccupante, dopo che Forze Nuove, la coalizione che raccoglie
i tre gruppi ribelli protagonisti della sollevazione armata dello scorso anno,
ha abbandonato tra le polemiche il governo di unità nazionale previsto dagli
accordi di pace siglati in Francia a gennaio scorso. Nonostante la conclusione
del conflitto, la Costa d’Avorio resta ancora divisa in due aree ben distinte:
la zona centro-settentrionale, in mano agli ex-ribelli, e quella meridionale
sotto il controllo del presidente Laurent Gbagbo. Ma dietro questo scenario si
profila un disagio ancora più grande, quello di un organismo regionale a corto
di risorse, di fondi e ancora incapace di stemperare, nei fatti, le tensioni
interne tra Togo, Burkina Faso e la stessa Costa d’Avorio, tensioni legate a
vecchie rivalità che non giovano alla causa comune.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Il Senato americano ha votato
ieri, dopo l’ampia maggioranza ottenuta in Congresso, in favore delle sanzioni
economiche e diplomatiche contro la Siria. Washington accusa Damasco di
sostenere il terrorismo e consentire a militanti integralisti di attraversare
il confine per combattere contro le forze d’occupazione statunitensi in Iraq.
L’Iran smentisce la notizia sulla
produzione del plutonio contenuta nel documento dell’Aiea, l’Agenzia
Internazionale per l’Energia atomica. In un’intervista televisiva il presidente
iraniano, Khatami, ha assicurato che Teheran “non ha intrapreso alcuna azione
mirante a produrre l’arma nucleare”.
È finito tragicamente lo sciopero
generale indetto ieri nella Repubblica Dominicana. Il bilancio degli scontri
tra forze dell’ordine e manifestanti è di 8 morti, in maggioranza civili, e numerosi
feriti. Lo sciopero era stato organizzato in segno di protesta contro la politica
economica del governo.
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