RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 311 - Testo della
Trasmissione di venerdì 7 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Vertice dei Paesi del Cefta in Slovenia: il commento del prof.
Eichberg
CHIESA E SOCIETA’:
Iraq, ancora un elicottero
abbattuto: più vittime Usa che nella guerra del 1991
Bush
annuncia una “rivoluzione democratica globale per il Medio Oriente”. Non si
placano le violenze nei Territori
In
Sri Lanka finisce lo stato d’emergenza, ma il Parlamento resta sospeso
Critiche
europee a Berlusconi, dopo la sua difesa della Russia nella questione cecena
Quattro
ministeri ai ribelli: il Burundi avviato verso la riconciliazione.
7
novembre 2003
LA NUOVA EUROPA
RISPETTI I VALORI CHE L’HANNO RESA PROTAGONISTA
NELLA
STORIA DELLA CIVILTA’:
COSI’ IL
PAPA NELL’UDIENZA ALLA FONDAZIONE
SCHUMAN
HA
RICORDATO IL CONTRIBUTO DELLA CRISTIANITA’
La
nuova Europa sappia rispettare il suo patrimonio di valori, ricordando il ruolo
della cristianità in tutto il passato e, in particolare, nelle vicende dei
Paesi dell’Est. E’ quanto ha sottolineato il Papa incontrando un gruppo della Fondazione Robert Schuman per la
cooperazione dei democratici cristiani d’Europa, guidato dal presidente Jean-Dominique Giuliani. Sono i partecipanti al seminario organizzato dalla
Fondazione, da ieri fino a domani, per giovani provenienti dai Paesi del centro
ed Est Europa. Il servizio di Fausta Speranza
*********
Che sia “un solido ed armonioso edificio”: questo
l’auspicio del Papa per la “nuova”
Europa, che si sta costruendo con il prossimo allargamento a dieci Paesi del
centro e dell’est. Una “casa” aperta a
forme di cooperazione non solo sul piano economico ma anche sociale e
culturale: questo può essere l’Europa purchè – raccomanda il Papa - sappia “riconoscere e rispettare il suo
patrimonio fatto di quei valori che hanno garantito e possono continuare a garantire una provvidenziale influenza nella
storia della civiltà”. Sono molte le
radici culturali che hanno contribuito a rendere solidi questi valori –
riconosce Giovanni Paolo II – ma è innegabile che la Cristianità è stata la
forza in grado di promuoverle, riconciliarle, consolidarle. Per questo – torna
a ribadire il Papa – è logico che la futura Carta costituzionale dell’Europa
debba fare “esplicita menzione” delle
radici cristiane del continente. Una
società che non ricorda il passato rischia di non essere in grado di affrontare
il presente e di restare vittima del futuro. La raccomandazione, valida per tutti, si rivolge in particolare
proprio ai Paesi dell’est per i quali – ricorda il Papa – la “cristianità ha
assicurato una decisiva assistenza nel cammino verso la libertà”. Sarebbe
ingiusto – afferma esplicitamente Giovanni Paolo II - disconoscere il contributo dato dai cristiani al crollo dei
regimi totalitari e per la costruzione della democrazia.
Per il futuro, il Papa
sottolinea la necessità di trovare un
equilibrio tra il possibile ruolo dell’Unione
e quello di ogni stato membro, tra le inevitabili sfide che la
globalizzazione comporta per il continente e il rispetto della specifica
identità, fatta di storia, cultura, religione, di ogni popolo.
Dunque, torna l’incoraggiamento,
che è anche un monito, soprattutto per chi riveste un ruolo politico, a far
prevalere i valori nella vita pubblica. Una persona “superficiale” o
“indifferente alla sfera spirituale” o troppo “preoccupata di avere successo e
popolarità” non sarà mai in grado di assumere in modo degno le proprie
responsabilità. Giovanni Paolo II lo
spiega chiaramente anche prendendo in prestito le parole di Papa Paolo
VI che identificava la responsabilità politica con “il servizio agli altri”.
E nel bagaglio del passato non
ci sono solo i valori, entità astratte, ma anche coloro che li hanno incarnati.
In tema di Europa, il primo modello
citato dal Papa è proprio Robert Schuman, al quale è intitolata la Fondazione,
e poi Adenauer e De Gasperi.
*********
ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche il
cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione
cattolica; il nunzio apostolico in
Zimbabwe, l’arcivescovo Edward Joseph Adams; mons. Jesus A. Cabrera,
Vescovo di Alaminos (Filippine), in visita ad Limina; mons. Anthonisamy
Neethinathan, Vescovo di Chingleput (India), anch’egli in visita ad Limina.
UNA ISTITUZIONE UNICA AL MONDO: LA PONTIFICIA
ACCADEMIA DELLE SCIENZE
CELEBRA I SUOI QUATTROCENTO ANNI DALLA
NASCITA TRA CONVEGNI
E INIZIATIVE CHE NE RIPERCORRONO LA
STRAORDINARIA ATTIVITA’
- Con
noi, il prof. Nicola Cabibbo -
Quattrocento
anni al servizio della scienza e della Chiesa. Si sono aperte oggi le
celebrazioni per il 400.mo anniversario di fondazione della Pontificia Accademia
delle Scienze, nata con il nome di Linceorum Academia. Posta alle dirette
dipendenze del Papa, è composta da 80 scienziati scelti senza alcuna
discriminazione da ogni Paese del mondo. Dal 1922 ha sede nella splendida
Casina Pio IV, all’interno dei Giardini Vaticani. Le iniziative per i 400 anni
di attività scientifica si sono aperte con un incontro su “Mente, cervello ed
educazione”, presieduto dal premio Nobel Rita Levi Montalcini. Nei prossimi
giorni, verrà ripercorsa l’eccezionale storia dell’Accademia e saranno
affrontati alcuni temi di grande attualità come “diritti umani e bioetica”.
Numerose le personalità della Chiesa e degli studi che prenderanno parte alle
celebrazioni, tra cui i cardinali Carlo Maria Martini e Karl Lehmann ed i
professori Carlo Vinti, Antonino Zichichi e Andrea Riccardi. Ma qual è, dunque,
il principio guida che da quattro secoli anima questa istituzione unica al
mondo? Al microfono di Alessandro Gisotti risponde il prof. Nicola Cabibbo,
presidente dell’Accademia:
*********
R. - Il tratto centrale dell’Accademia dei Lincei era di
mettere al centro degli studi la ricerca della verità e l’affermazione che la
verità scientifica è parte essenziale della cultura umana. Questo principio guida ancora i nostri
passi.
D. - Secondo lei, cosa ha fatto la Chiesa cattolica per la
scienza, guardando anche all’esperienza dell’Accademia?
R. – E’ stato chiarissimo l’altissimo interesse del Santo
Padre e della Chiesa in generale nello sviluppo della scienza anche per avere
nozione di quali sono i progressi della scienza, per capire quali sono le loro
ricadute anche filosofiche.
D. - Professore, con Giovanni Paolo II è tramontata la
diffidenza che certi ambienti scientifici nutrivano verso la Chiesa… una
diffidenza che trovava nel caso Galilei la sintesi di un rapporto difficile?
R. – Dovrebbe essere tramontata, anche se naturalmente ci
sono sempre gli irriducibili e non ci si può fare nulla. E’ chiaro,
però, che con il discorso del Santo Padre del 1986, in cui ha praticamente
voluto riaprire il caso Galilei per poi conchiuderlo dopo alcuni anni di
studi, c’è stata una affermazione chiarissima da parte della Chiesa di voler
avere un rapporto assolutamente positivo col progresso scientifico e la scienza
in generale.
D. – Negli ultimi anni, specie nel campo della bioetica,
abbiamo assistito ad un progresso della scienza fino a mete impensabili. Ma
quali sono allora i limiti di carattere etico che la ricerca scientifica deve
comunque rispettare?
R. – Questo è un discorso difficile perché, chiaramente,
non ci sono limiti alla ricerca della verità, nel senso che la verità è in
assoluto una cosa buona in sé. Ci sono però dei limiti nell’applicazione del
progresso scientifico allo sviluppo di tecnologie che possono avere impatti
sulla vita umana e sulla dignità dell’uomo. Quindi, i limiti della scienza sono
i limiti posti dall’etica: rispettare l’uomo e rispettare la dignità degli
altri.
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IL
PAPA PRESIEDERA’, GIOVEDI’ PROSSIMO NELLA BASILICA VATICANA, LA
MESSA IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E VESCOVI
DEFUNTI DURANTE L’ANNO
Giovanni
Paolo II presiederà, giovedì 13 novembre, la celebrazione eucaristica in
suffragio dei cardinali e vescovi defunti durante l’anno. Il rito solenne si
svolgerà all’Altare della Confessione della Basilica Vaticana, con inizio alle
ore 11,30. La Santa Messa verrà celebrata dal Card. Joseph Ratzinger, decano
del Collegio Cardinalizio.
LA
MUSICA AL SERVIZIO DELLA PACE: ANNUNCIATO OGGI IN VATICANO
UN
CONCERTO SULLA RICONCILIAZIONE TRA EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI
- A
cura di Alessandro Gisotti -
La forza della musica per promuovere l’impegno di una
pacifica convivenza tra Ebrei, Cristiani e Musulmani. Il prossimo 17 gennaio,
in Aula Paolo VI, il maestro Gilbert Levine dirigerà la Pittsburgh Symphony
Orchestra nel concerto dedicato al tema della Riconciliazione. A
darne, oggi, l’annuncio sono i promotori dell’evento: la Commissione della
Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, il Pontificio Consiglio per
la Promozione dell'Unità dei Cristiani e il Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso. Il programma del concerto, che potrà aver luogo grazie al
generoso sostegno dei Cavalieri di Colombo, prevede l’esecuzione del
brano Abraham del musicista John Harbison, liberamente ispirato ad un
versetto della Genesi, e la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler. La corale sarà
composta da cantori di Pittsburgh e Ankara.
Il maestro Gilbert Levine aveva già diretto un concerto in
Vaticano, il 7 aprile 1994, alla presenza del Papa, dedicato alla
commemorazione della Shoah. All’evento - informa una nota congiunta dei
dicasteri - saranno invitati rappresentanti delle organizzazioni ebraiche
internazionali, dell’Islam, delle Chiese e delle comunità ecclesiali.
RINVIATO
DI DUE ANNI IL DIBATTITO ALL’ONU SULLA CLONAZIONE.
AI
NOSTRI MICROFONI MONSIGNOR CELESTINO MIGLIORE
Si
ferma all'Onu lo sforzo guidato dagli Stati Uniti per raccomandare alla
comunità internazionale un bando totale di ogni esperimento sulla clonazione.
Una commissione Onu ha, infatti, rinviato di due anni il dibattito sulla
proposta Usa volta a vietare tutti i test su cellule staminali, anche quelli per ragioni terapeutiche. La
commissione legale dell'Assemblea Generale ha adottato una mozione che rinvia
al 2005 la preparazione di un trattato sulla clonazione. La mozione era stata
presentata ieri dall'Iran a nome dei 57 paesi della Conferenza Islamica. Il tema della clonazione e' in discussione
all'Onu dal 2001 quando Francia e Germania chiesero alle Nazioni Unite di mettere
a punto un trattato sul bando degli esperimenti di clonazione umana. Sul
significato di questa presa di posizione, Alessandro Guarasci ha intervistato
monsignor Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu.
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R. - E’ un segnale procedurale. Comunque si erano formate
due posizioni molto chiare: l’una attorno ad un progetto di risoluzione del
Costa Rica, l’altra ad un progetto di risoluzione del Belgio. Il Costa Rica proponeva l’uso delle cellule staminali
adulte per le terapie delle malattie
incurabili, il bando totale della clonazione umana embrionica, quindi il bando
sia di quella riproduttiva, sia di quella terapeutica. La posizione del Belgio,
che traduceva in risoluzione la
posizione franco-tedesca, proponeva, invece, un bando sì della clonazione
riproduttiva, ma lasciava una o più porte aperte per quella terapeutica. La posizione del bando totale aveva raggiunto
in un mese da 30 a 66 adesioni. Quella, invece, del bando parziale aveva
raggiunto 30 adesioni. Ovviamente, non era nel loro interesse mettere ai voti
le due risoluzioni, per cui si è ricorso a questa mozione di no action.
D. - A
questo punto, però, secondo lei, che cosa ci si può aspettare in futuro nel
dibattito internazionale? In questi due
anni le posizioni potrebbero cambiare?
R. - Questa mossa è un po’ deludente nel senso che
rimandare di due anni vuol dire accettare che per due anni abbiamo ancora un
vuoto giuridico internazionale, per cui eventuali esperimenti, sperimentazioni
posso andare avanti. Nulla toglie, appunto, che il dibattito vada avanti, si
maturino delle posizioni chiare. Mi
pare che proceduralmente si dovrà ricominciare daccapo, però si potrà
capitalizzare l’opera di sensibilizzazione che è stata fatta da tanti Paesi,
inclusa anche la Santa Sede.
D. - Mons. Migliore, ci sono anche interessi economici o
politici in gioco, secondo lei?
R. - Sono quelli che non vengono confessati, ma soggiacciono a queste
de-cisioni. Con una procedura, praticamente, si ferma la possibilità di
esprimersi su una questione di fondo, che fa parte di quello che è il dibattito
del XXI secolo. Sicuramente queste questioni economiche e commerciali,
purtroppo, hanno, dietro le quinte, una forte valenza.
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GIOVANNI NEPOMUCENO ZEGRI’ Y
MORENO SARA’ DOMENICA PROSSIMA BEATO.
SI CONFIGURO’ A CRISTO CALUNNIATO
CHE PERDONAVA DALLA CROCE I SUOI
CROCIFISSORI
- A
cura di Giovanni Peduto –
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L’11 ottobre 1831 nasceva a Granada da nobile famiglia un
bambino che poteva fare una brillante carriera civile: la fece da
ecclesiastico, ma nel crogiolo della sofferenza morale. Di vivace
intelligenza,Giovanni Nepomuceno si dedicò alle scienze umanistiche. Si parlò
dentro una certa inclinazione alla vanità dovuta all’ambiente in cui era
cresciuto, fin quando a 38 anni ebbe la sua conversione lavorando per conto del
vescovo di Malaga, suo amico. Poi, segnò di diventare sacerdote.
La povertà morale e materiale della gente lo toccò
profondamente e fondò una Congregazione religiosa per alleviarla: le Suore
Mercedarie, per curare i malati e rimediare per quanto possibile alle necessità
di tanta povera gente. E si buttò in quest’opera anima e corpo. Ma un bel
giorno, la superiora dell’Istituto da lui fondato, che poi morì pazza in un
manicomio, lo accusò al vescovo, sostenendo che Giovanni Nepomuceno abusava delle
sue suore. Si può immaginare quale terremoto si abbatté su di lui. Nonostante
sia stato più tardi riabilitato dallo stesso Pontefice Leone XIII, quest’onta
non lo abbandonò mai. Allontanato dal governo dell’Istituto, visse dieci anni
della sua vita in completo abbandono.
Il postulatore della causa di
beatificazione, padre Romualdo Rodrigo ci ha raccontato quest’episodio:
“Un giorno, quando era anziano, stava nella piazza di
Malaga. Cadde, due suore lo sollevarono e lo fecero sedere su una panchina. Non
gli dissero nulla. Erano le sue figlie, ma era proibito parlare con il
fondatore”.
Nella più totale solitudine, morì il 17 marzo 1905, dopo
aver scritto alle sue suore un testamento spirituale vibrante di carità
soprannaturale. La Chiesa gli rende giustizia tributandogli l’onore degli
altari.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina il seguente titolo “Il cristianesimo è la forza che ha promosso,
conciliato e consolidato i valori che costituiscono il patrimonio più caro
dell’Europa”: il discorso di Giovanni Paolo II alla Fondazione Robert Schuman
per la Cooperazione dei Democratici cristiani d’Europa.
Per questa ragione - sottolinea
sempre in prima - appare logico che il futuro trattato costituzionale europeo,
che mira a realizzare “l’unità nella diversità”, debba fare esplicito
riferimento alle radici cristiane del Continente.
Nelle vaticane, nel Messaggio
in occasione della seduta pubblica delle Pontificie Accademie, il Papa ha
ricordato che i martiri rappresentano una testimonianza concreta inserita nella
storia, e che la Croce è un eloquente simbolo che riassume ed esprime i valori
cristiani.
L’omelia del cardinale Angelo
Sodano, segretario di Stato, in occasione della concelebrazione eucaristica in
ringraziamento per i doni concessi al Servo di Dio, cardinale Rafael Merry del
Val.
Nelle estere, in Iraq precipita
un elicottero Usa, sei morti. Altri agguati insanguinano la città di Mosul.
Medio Oriente: ragazzo
palestinese ucciso da un colpo di carro armato israeliano.
Nella pagina culturale, un
articolo di Francesco Pistoia su un saggio dedicato alla pedagogia di Romano
Guardini.
Nelle pagine italiane, in primo
piano gli attestati di solidarietà al presidente Casini dopo gli attacchi
ingiustificati da parte della Lega.
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7
novembre 2003
IL RWANDA RIAPRE LE SUE FERITE: DA IERI SOTTO
PROCESSO
QUATTRO EX MINISTRI, ACCUSATI DI GENOCIDIO.
A GIUDICARLI, IL TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE PER IL RWANDA
Si è aperto ieri a Arusha in Tanzania un importante
processo del Tribunale penale internazionale per il Rwanda, istituito dall’Onu:
imputati quattro ex ministri rwandesi del governo di transizione che guidò nel
’94 il Paese, all’indomani dell’abbattimento dell’aereo con a bordo il
presidente Habyarimana. I quattro sono accusati di aver avuto un ruolo ‘chiave’
nel genocidio che si è consumato quell’anno nel loro Paese, perpetrato dai
gruppi estremisti Hutu e Tutsi ai danni della popolazione civile e che causò
almeno 500 mila morti e due milioni di profughi, e le cui ferite non sono ancora
del tutto sanate. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Ad uscire vittoriosi nel ’94 da quella sanguinosa prova di
forza sono stati i Tutsi del Fronte patriottico rwandese (Fpr) e gli Hutu moderati,
e ruolo decisivo ha giocato l’attuale presidente Paul Kagame, che guida il
Paese dal 2000 e che nell’agosto scorso ha vinto le prime elezioni libere dal
’94, un voto quasi plebiscitario del 95 per cento, che è stato da alcuni
osservatori contestato per presunti brogli e che ha posto in evidenza l’assenza
di un’opposizione valida al potere – qualcuno parla di strapotere - dell’Fpr -
che ha conquistato sempre maggiore spazio nella vita politica ed economica .
Per uno sguardo d’insieme sulla situazione del Rwanda,
abbiamo al nostro microfono l’arcivescovo Salvatore Pennacchio, che solo da
qualche giorno ha lasciato questo Paese, dove per 5 anni, è stato nunzio
apostolico.
R. – Quando sono arrivato in Rwanda, usando questa
immagine, ho trovato sia nella Chiesa, sia nello Stato, nella società civile
come una vita ‘in cantiere’. Per un’opera di ricostruzione, sia a livello
civile, morale ma anche di opere in tutto il Paese. La Chiesa il suo contributo
l’ha iniziato subito nel ’98, quando ha lanciato i Sinodi diocesani sulla
questione etnica. Questo tema di riflessione è stato continuato poi nelle
celebrazioni dei Giubilei, perché proprio nel 2001 in Rwanda si celebrava il
primo centenario dell’evangelizzazione del Paese. E poi anche per portare il
tema della riconciliazione nei ?gacaca‘, cioè nei processi che vengono svolti
nelle comunità locali rwandesi per confrontarsi su quello che era successo, per
trovare un senso di perdono ma nello stesso tempo senza contrastare il cammino
della Giustizia ordinaria.
D. – E di fatto, la Giustizia ordinaria ha fatto il suo
cammino: processi sul genocidio ce ne sono già stati anche a livello statale e
internazionale. Ma come vive il popolo rwandese questi giudizi che riaprono
comunque ferite dolorose?
R. –
Certamente, quante famiglie sono rimaste gravemente colpite da questi drammi.
E’ quindi un cammino da percorrere nella Giustizia ordinaria, ma nello stesso
tempo fondare anche un’atmosfera di riconciliazione del popolo. A livello
governativo ma anche a livello della Chiesa sono state create delle Commissioni
per l’unità e la riconciliazione.
D. – Eccellenza, ma a che punto siamo nel processo di
democratizzazione? Ci sono forse ancora timori che il Paese possa ripiombare
nella violenza civile?
R. – Con le ultime elezioni è iniziato un cammino nuovo.
Il cammino della transizione è durato nove anni, quello che poi era uscito
dagli Accordi di Arusha, ha avuto uno sbocco naturale nelle elezioni
presidenziali e nelle elezioni legislative. E’ iniziato un nuovo periodo.
Certo, bisogna affidarsi molto al governo, saggio, per stabilire il modo che
tutti possano partecipare alla vita sociale e politica, e soprattutto risolvere
quelle gravi piaghe sociali della povertà e anche altri gravi malanni, come
l’Aids – più del 15 per cento della popolazione è colpita da questa grave
malattia – e tante altre piaghe. C’è un ottimismo nella Chiesa e anche nei
governanti: quella di guardare avanti con speranza e di riconciliare un popolo
che ha sofferto gravi ferite.
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TAVOLA ROTONDA, IERI, ALLA RADIO VATICANA
SULLE
RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
-
Intervista con il cardinale Josip Bozanić e il giurista Giuseppe Dalla
Torre -
Una tavola rotonda, incentrata
sulla necessità di inserire il riferimento alle radici cristiane nella
Costituzione europea, si è svolta ieri presso la Sala Marconi della nostra
emittente. Tra i relatori, il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di
Zagabria, che ha sottolineato la necessità per i cristiani di non accettare
un’Europa fondata solo sui valori economici e privata del suo patrimonio cristiano.
Il servizio di Massimiliano Menichetti.
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Il neo cardinale croato
Bozanić ha ricordato l’esperienza dell'Oriente europeo in cui la assenza
di identità culturale e l'incertezza ha consentito l’affermazione di pensieri
forti che hanno negato i diritti, i totalitarismi ...
“I Paesi dell’Europa orientale sotto il regime comunista hanno
sperimentato il tentativo di voler dimenticare la storia. Si è arrivati ad una
situazione di vuoto. Quando si dimentica la storia, la cultura, l’uomo perde le
proprie radici e non ha più prospettive per il futuro”.
Leggere i riferimenti cristiani
non come sterile nostalgia del passato ma come basi dinamiche per il futuro,
anche attraverso il contributo di scuole ed università, è l’impegno promosso da
mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria
della diocesi di Roma e coordinatore del comitato europeo dei cappellani
universitari.
E proprio il mondo accademico conferma l’impegno a “mantenere viva la tradizione cristiana”
come spiega il rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, che ha sottolineato
come il concetto stesso di “diritto umano” affondi le proprie origini nel
cristianesimo ...
“Concetti come quelli di
eguaglianza tra le persone, di libertà e di dignità, non sarebbero pensabili al
di fuori di quel lungo processo che si è verificato nel nostro Occidente a
partire dalla predicazione del Vangelo, del superamento della distinzione tra
uomo e donna, tra schiavo e libero, tra giudeo e pagano, che ha costituito il
fermento importante della nostra civiltà e della nostra cultura”.
In piena sintonia con Dalla
Torre si sono detti i rappresentanti di Tor Vergata, Giampiero Milano della
Sapienza; Lucetta Scaraffia e Giampiero Gamaleri di Roma Tre.
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I
RAPPORTI TRA UE E CEFTA DISCUSSI OGGI IN SLOVENIA
-
Intervista con Federico Eichberg -
Si
tiene oggi in Slovenia la riunione dei capi di governo degli otto Stati aderenti
al Cefta, l’accordo di libero scambio fra i Paesi dell’Europa balcanica e centro-orientale,
sul futuro della cooperazione economica dopo il prossimo ingresso, nel maggio
del 2004, di cinque di loro nell’Unione Europea. Sulla prossima identità
dell’intesa, Giancarlo La Vella ha interpellato Federico Eichberg, esperto
della regione:
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R. - Questa organizzazione ha svolto un ruolo molto
importante durante il periodo della “maturazione” dei due blocchi economici in
Europa, rappresentando una sorta di zona cuscinetto. Ad oggi il Cefta è un
esercizio che, al suo interno, già raccoglie delle microaree di libero scambio.
Successivamente, all’ingresso dei dieci Paesi nell’Unione Europea nel maggio
2004, il Cefta perderà una sua identità. La potrà ritrovare nel momento in cui
saprà includere quei Paesi balcanici che resteranno esclusi dal processo di
adesione della prima ondata, ovvero Serbia-Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania,
Macedonia, favorendo l’integrazione tra essi. Questi Stati sono nella fase di
ultimazione di una rete di accordi di libero scambio e dovranno trasformare
questa rete in una vera e propria intesa fondante di un’area. E il Cefta potrebbe
essere utile a questo scopo.
D. – Non c’è il rischio di creare una zona economica
debole all’interno dell’Europa geografica?
R. – Questa zona resterà senz’altro, per almeno un
decennio, una sorta di enclave nella fascia sud-est europea. Il restare
emarginati da questa prima fase del processo di adesione europea rappresenta,
sicuramente, un fattore critico per questi Paesi ma al contempo rappresenta
un’opportunità. Non dimentichiamo che queste economie potranno essere destinatarie
di investimenti che non saranno condizionati dalle normative sulla concorrenza.
Inoltre potranno ottenere una ricaduta di denaro, senza incidere sulle regole
del libero mercato, qualora vengano aiutati dai finanziamenti pubblici. Quindi,
potranno essere sicuramente delle zone prossime geograficamente all’Unione Europea
ma senza tutti quei vincoli che il patto di stabilità implica per i Paesi
membri. Però, per poter essere una reale opportunità, dovranno accentuare
l’integrazione tra di loro. In questo senso, il Cefta può rappresentare lo scenario
ideale in cui, ad esempio, Serbia-Montenegro, Albania, Macedonia, Bosnia-Erzegovina
e in qualche misura la Croazia, possano formare un’area di libero scambio che
renda più appetibili per gli investitori gli insediamenti produttivi in loco.
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LA MADONNA LITTA, IL CAPOLAVORO ATTRIBUITO A
LEONARDO DA VINCI,
PROVENIENTE
DAL MUSEO DELL’ERMITAGE DI SAN PIETROBURGO,
DA
OGGI IN MOSTRA AL QUIRINALE
Inaugurata oggi nella Sala delle Bandiere del Quirinale
l’esposizione della “Madonna Litta”, il celebre dipinto di Leonardo Da Vinci,
proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo. Tornato in Italia dopo oltre un
secolo in occasione della visita ufficiale in Italia del presidente russo
Vladimir Putin, il dipinto resterà esposto al pubblico con ingresso gratuito
fino al 10 dicembre prossimo. Dopo Roma, la “Madonna Litta”' verrà esposta
anche a Venezia, a Palazzo Ducale, fino al 15 gennaio 2004. Il servizio è di
Maria Di Maggio.
*********
(musica)
Una Madonna ritratta a mezza figura china dolcemente il
capo verso il Bambino stringendolo a sè. Il piccolo Gesù, allattando al petto
della madre, a sua volta volge lo sguardo verso chi ammira il quadro.
Un’immagine universale e assoluta, di straordinaria umanità e dolcezza,
paradigma del vincolo che lega ogni
madre al proprio figlio. Questa la “Madonna Litta”, il celebre dipinto di
Leonardo Da Vinci, oggi conservato nel Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo,
e in questi giorni ospite a Roma.
Un capolavoro dell’arte italiana estremamente popolare
preso il popolo russo, tanto che una riproduzione della “Madonna Litta” è
presente in molte abitazioni del luogo. A questo proposito ascoltiamo Antonio
Paolucci, Soprintendente ai Musei di Firenze, al quale abbiamo chiesto il
motivo di questa estrema popolarità del capolavoro di Leonardo in Russia?
R. - Perché questa Madonna è – secondo me – la più russa
fra i quadri dell’Ermitage, anche se è italianissima, perché è nata a Milano.
Ma nella dolcezza della Madonna, nell’affettuoso colloquio col suo bambino c’è
proprio la calma, la forza, l’affettuosa malinconia del sentimento russo. Chi
ha letto Tolskoj o Turgeniev lo può
capire. Possono quindi capire perché lo zar Alessandro II nel 1865 la volle
comprare e la tenne sempre molto molto cara, come uno dei quadri più identitari
per l’animo e per la psicologia russa.
D. – Cosa trasmette il quadro della “Madonna Litta”
all’uomo di oggi?
R. – Trasmette questa cosa meravigliosa che è il rapporto
esclusivo e totale che c’è fra la mamma e il bambino, al di là del significato
religioso e quindi la Vergine Maria e Gesù Bambino. Dico sempre, quando
guardate la Madonna Litta, guardate gli occhi del Bambino Gesù, guardate
il suo orgoglio, come se dicesse: “Voi non avete una mamma così bella e così
buona”. Un bambino che è un tutt’uno con la sua mamma. Questo ha saputo
rappresentare Leonardo.
(musica)
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7
novembre 2003
TRA FEDELTA’ ALLA TRADIZIONE E APERTURA ALLE NUOVE
FORME DI ESPRESSIONE,
I
VESCOVI DEL VIETNAM TRACCIANO IN UNA LETTERA PASTORALE
IL
PROGRAMMA PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DEL PAESE
HANOI.
= Seguire l’esempio di Gesù che predicava dovunque, avere coraggio ed entusiasmo
nell’annuncio, utilizzare i moderni mezzi di comunicazione le nuove tecnologie.
Sono i requisiti necessari per rinnovare l’impegno di evangelizzazione della
Chiesa vietnamita oggi, secondo quanto affermato dai vescovi locali in una
lettera pastorale intitolata “La missione della Chiesa nel Vietnam oggi per proclamare
la Buona Novella”. Il documento, diffuso al termine della recente assemblea
annuale nel Santuario di Bai Dau, circa 1800 a Sud di Hanoi, offre indicazioni
a sacerdoti, religiosi, seminaristi e laici. Ricorda le ricorrenze del 25.mo di
Pontificato di Giovanni Paolo II e prepara al Congresso eucaristico
internazionale che si terrà in Messico nell’ottobre 2004. Tra i punti messi in
risalto dai presuli del Vietnam, spicca quello della fedeltà alla tradizione
della Chiesa, insieme all’obbedienza agli insegnamenti proposti dal magistero
attuale. La Chiesa asiatica, ricorda la lettera, ha ricevuto uno speciale
compito di evangelizzazione nel terzo millennio come afferma l’esortazione
post-sinodale Ecclesia in Asia. Evangelizzazione testimoniata anzitutto
dal coraggio dei missionari, che hanno portato la fede nel Paese e ai quali i
vescovi vietnamiti rivolgono la loro gratitudine. “Possa lo Spirito Santo -
conclude il testo – garantire abbondanza di grazia e una nuova stagione di
Pentecoste, sicché nel terzo millennio un grande raccolto di fede sia possibile
in questo continente vasto e vitale e nella nostra amata madre patria del
Vietnam”. (A.D.C.)
UCCISO A COLPI DI PUGNALE DA
SCONOSCIUTI IL SACERDOTE HENRY LÒPEZ,
ASSASSINATO NELLA SUA CASA DI VILLAVICENCIO, IN
COLOMBIA.
L’OMICIDIO E’ IL SECONDO IN DUE GIORNI
PERPETRATO CONTRO UN MEMBRO DEL CLERO DEL PAESE
VILLAVICENCIO (COLOMBIA). = Il corpo senza vita
del sacerdote cattolico Henry Lòpez, 44 anni, è stato rinvenuto ieri mattina da una donna che svolgeva lavori domestici
nella parrocchia del quartiere El Remanso a Villavicencio, capitale del
Dipartimento di Meta, nella Colombia centrale. Il religioso, che lavorava nella
località colombiana da soli otto mesi, è stato prima legato ad una sedia e poi
ucciso a colpi di pugnale da sconosciuti. Il brutale episodio è il secondo caso
di omicidio in due giorni contro sacerdoti cattolici, nel Paese sudamericano.
Mercoledì scorso, padre Saulo Careno e la sua segretaria, Marita Linares, erano
stati freddati a colpi di arma da fuoco di nei pressi dell’ospedale di Sarare,
da due killer che si erano affiancati all’auto del religioso. La polizia non ha
ancora fatto luce sui responsabili dell’accaduto. L'opinione pubblica
internazionale si sta rendendo conto della gravità della tragedia colombiana.
Anche in Italia cresce la solidarietà con quella parte di società bersaglio e
vittima preferita della guerra civile. (M.A.)
L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE MEDECINS DU
MONDE
E IL
CENTRO ISRAELIANO MEDICI PER I DIRITTI UMANI DENUNCIANO:
I
CIVILI PALESTINESI DISCRIMINATI NELL’ACCESSO AI SERVIZI SANITARI
DALL’ECCESSO
DI RESTRIZIONI IMPOSTE DALL’ESERCITO EBRAICO
GERUSALEMME. = Difficoltà di accesso alle strutture
mediche da parte della popolazione, restrizione imposte al personale sanitario
nella cura dei pazienti e mancata protezione dei servizi medici (personale,
ambulanze, strutture ospedaliere). Sono le tre principali violazioni subite quotidianamente
dai palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Lo ha
denunciato ieri a Gerusalemme Medecins du monde, un’organizzazione
internazionale con sede in Francia, presente dal 1995 nei Territori
palestinesi, i cui operatori vivono quotidianamente sul terreno le restrizioni
imposte dall’esercito di Israele alla popolazione palestinese, con posti di
blocco e ogni genere di limitazioni della libertà di movimento. La documentata
denuncia dell’organismo francese è suffragata dal centro israeliano “Medici per
i diritti umani”, che offre assistenza sanitaria gratuita ai palestinesi delle
zone occupate da Israele. Il quadro di questa indagine - che copre il periodo
da gennaio a giugno 2003 - evidenzia una serie di violazioni compiute dalle truppe
ebraiche. In particolare, Medecins du monde cita i casi di palestinesi
feriti o di donne in prossimità del parto che vengono trattenuti ai check-point
in attesa delle autorizzazioni per superare gli sbarramenti. Gli effetti di
tali abusi, denuncia l’organismo francese,
sono “disastrosi” e contribuiscono ad aggravare il ciclo di violenza e
di odio” in Medio Oriente. (A.D.C.)
SONO SOPRATTUTTO BAMBINE E RAGAZZE A PATIRE
LA
MANCANZA DI SCOLARIZZAZIONE, SUL TOTALE DI 104 MILIONI DI MINORI
SENZA ISTRUZIONE
AL MONDO.
LO
AFFERMA UN RAPPORTO DELL’UNESCO, CHE INDIVIDUA I PICCHI DEL FENOMENO
NEI
PAESI POVERI DELL’AFRICA SUBSAHARIANA E IN ALCUNI STATI DELL’ASIA
PARIGI.
= Tra i Paesi in via di sviluppo dell’Africa e dell’Asia, sono riscontrabili
molto spesso “forti discriminazioni” nei confronti delle bambine e delle
ragazze per ciò che riguarda il loro accesso a scuola. A segnalarlo è un
rapporto dell’Unesco, che evidenzia come i problemi maggiori in materia di
educazione si trovino soprattutto nelle nazioni dell'Africa sub-sahariana,
anche se la situazione non è soddisfacente nemmeno in India, Pakistan e Cina.
“L'eguaglianza resta una prospettiva remota in 54 Paesi”, si legge nel rapporto
dell’organismo Onu, che fa il punto su un ambizioso progetto di “Istruzione per
tutti” lanciato nel 2000. “La parità tra i sessi in materia di educazione –
commenta il giapponese Koichiro Matsuura, direttore generale dell'Unesco - è
una priorità perché l'ineguaglianza davanti all'educazione costituisce un grave
attentato ai diritti fondamentali dell'uomo, ma anche un ostacolo importante
allo sviluppo economico e sociale”. Qualche cifra per meglio comprendere il fenomeno:
l’Unesco stima che sul pianeta siano attualmente 104 milioni i minori privi
della benché minima scolarizzazione e che nel 57% dei casi si tratti di
bambine. Nella classifica degli Stati che danno meno importanza all'educazione
femminile svettano ex-aequo Ciad e Yemen, dove l'indice di parità è di 0,63 (frequentano cioè le classi 63
bambine per ogni cento bambini), seguiti da Guinea-Bissau (0,67), Benin e Niger
(0,68), Etiopia (0,69). Non molto lusinghiere nemmeno le posizioni di Pakistan
(0,74) e India (0,83), mentre in Cina esiste la parità a livello delle
elementari, ma poi l'indice crolla nelle medie (0,76). Tra le cause, l’Unesco
individua soprattutto lo sfruttamento del lavoro minorile da parte delle
famiglie, seguito dal costo degli studi, dal matrimonio precoce, dall'Aids e
dalla guerra. (A.D.C.)
VENTIMILA
DELEGATI PARTECIPANO A BELO HORIZONTE, IN BRASILE,
AL
PRIMO FORUM SOCIALE BRASILIANO,
DEDICATO
AI TEMI DEI DIRITTI UMANI E DELLA DEMOCRAZIA NEL PAESE,
IN
VISTA DEL FORUM MONDIALE DEL 2004 A MUMBAI
BELO HORIZONTE. = Sensibilizzare l’opinione
pubblica brasiliana sul tema dei diritti umani e la loro articolazione con lo
sviluppo e la democrazia in Brasile. A Belo Horizonte, città dello Stato di
Minas Gerais, è in corso da ieri, e fino a domenica, il primo Forum sociale
brasiliano (Fsb), che vede la partecipazione di 1.500 organismi, rappresentati
da circa 20 mila delegati. Convocato dalle organizzazioni della società civile
riunite nel “Consiglio brasiliano”, il Fsb segue il memorandum di intenti del Forum
Sociale Mondiale, che il prossimo anno terrà la sua quarta edizione a Mumbai
(già Bombay), in India. Il Forum – riferisce l’agenzia Adital - è stato
inaugurato con una marcia che ha attraversato le strade principali di Belo
Horizonte al grido di “Un altro mondo è possibile, un altro Brasile è
necessario”. Ad aprire i lavori sono stati il presidente del Partito dei lavoratori
brasiliano, José Genoino, e Olivio Dutra, titolare del dicastero delle Città.
Il ciclo delle conferenze è stato aperto da due interventi: “Alca (Area di
libero commercio delle Americhe), Wto e dipendenza esterna” e “Globalizzazione
armata e militarizzazione in America Latina”. (A.D.C.)
UNA
MOSTRA DEDICATA A PAOLO VI, INAUGURATA IERI A MILANO
DAL
CARDINALE TETTAMANZI E DAL SINDACO DEL CAPOLUOGO LOMBARDO, ALBERTINI. L’INIZIATIVA
PROPONE DOCUMENTI E OGGETTI APPARTENUTI A PAPA MONTINI, NEL PERIODO DEL SUO
MINISTERO AMBROSIANO E DEL PONTIFICATO
- A cura di Fabio Brenna -
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MILANO.
= L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha inaugurato ieri
sera, con il sindaco Gabriele Albertini, la Mostra “Montini – Paolo VI: cultura,
arte, annuncio”, primo momento delle iniziative pensate per ricordare il XXV anniversario
della morte e il 40.mo dell’elezione al pontificato di Paolo VI. Una mostra,
quella ospitata fino al 7 dicembre prossimo a Palazzo Reale, che ripercorre la
vita, l’esperienza dal 1954 al 1963 come arcivescovo nel capoluogo lombardo e
quindi gli anni del pontificato, attraverso documenti anche inediti, immagini
ed oggetti appartenuti a Giovanni Battista Montini. Una sezione, poi, dedicata
all’interesse che il futuro Papa mostrò per l’arte e il coinvolgimento degli
artisti nelle molte iniziative a partire dalla missione di Milano del 1957. Il
cardinale Tettamanzi ha definito la mostra una iniziativa coraggiosa, perché Montini
– uomo, arcivescovo e pontefice – “non è un personaggio – ha detto – un
soggetto immediatamente popolare che talvolta può risultare addirittura
scomodo. Ma la mostra – ha aggiunto – ci aiuta a capirne l’anelito di
incontrare i lontani e mette in risalto da un lato le qualità tipiche del fare
e dall’altro quelle tipiche del credere e dell’amare”. Il sindaco Albertini,
dopo aver ricordato di essere stato cresimato proprio dall’arcivescovo Montini,
ha detto di conservare un ricordo intenso della personalità generosa,
tormentata, di raffinata intelligenza di Paolo VI. A Milano, il 14 novembre
prossimo, una giornata di studio sarà ospitata dall’Università cattolica; in
serata un concerto in memoria di Paolo VI nella Basilica milanese di
Sant’Ambrogio con Uto Ughi ed infine, alle 16, la celebrazione di suffragio nel
duomo di Milano con l’arcivescovo, cardinale Tettamanzi.
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7
novembre 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Nuova offensiva della resistenza irachena contro le truppe
americane, a pochi giorni dall’attentato di Falluja. Ancora una volta, un
missile ha abbattuto un elicottero: questa volta vicino a Tikrit, città natale di
Saddam Hussein. Sei le vittime accertate, alle quali va aggiunto un soldato
statunitense ucciso stamattina a Mosul, nel nord del Paese, nell’attacco ad un
convoglio militare con razzi ed armi automatiche. Con gli attentati di oggi, il
numero di vittime americane dal 20 marzo sale a 385: le perdite sono dunque
maggiori che nella prima guerra del Golfo, quando furono 382. Un bilancio durissimo
per la Casa Bianca, che ieri ha spiegato al Paese le ragioni della guerra:
“l’occupazione dell’Iraq”, ha detto Bush, “ha l’obiettivo di portare la
democrazia in tutto il Medio Oriente”:
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Di fronte alle difficoltà incontrate adesso sul terreno,
il capo della Casa Bianca ha detto che l’assenza di libertà dall’Iran alla
Corea del Nord favorisce il terrorismo e l’instabilità. Quindi ha annunciato
una nuova politica per lanciare una rivoluzione democratica globale, a partire
dal Medio Oriente, nella speranza che questo spinga l’opinione pubblica
americana ad accettare i sacrifici in Iraq. Il Pentagono ha annunciato di avere
attivato 85 mila militari destinati ad andare in Iraq nei prossimi mesi per la
rotazione delle truppe, che però l’anno prossimo dovrebbero scendere a circa
100 mila. Ma per realizzare questo piano sono necessari una diminuzione delle
violenze ed un maggiore impiego delle forze locali. I media degli Stati Uniti,
intanto, hanno rivelato che prima della guerra Baghdad aveva usato un canale
non ufficiale per fare un’offerta finalizzata ad evitare il conflitto, consentendo
agli americani di controllare direttamente l’eliminazione delle armi di
distruzione di massa. Ma Washington aveva rifiutato, perché non riteneva
affidabile la proposta.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il discorso di Bush ha provocato in Medio Oriente reazioni
critiche da entrambe le parti. La stampa israeliana parlava, questa mattina, di
“umiliazione” ricevuta, mentre i vertici palestinesi – compreso il presidente
Arafat – hanno invitato gli Stati Uniti ad agire concretamente, preparando il
terreno per elezioni libere nei Territori. Il tutto mentre, dal terreno,
continuano a giungere notizie di violenze: a Gaza sono morti, nelle ultime ore,
almeno 4 palestinesi, fra cui un ragazzo di 11 anni.
Sembrano esserci spiragli di dialogo in Sri Lanka tra il
capo dello Stato, Kumaratunga, ed il premier Wikremasinge. Dopo la sospensione
del Parlamento ed il licenziamento di tre ministri, la presidente ha revocato
ieri lo stato d’emergenza decretato nei giorni scorsi. Tuttavia ha diramato
un’ordinanza in cui dà maggiori poteri alle forze armate. Il servizio di Maria
Grazia Coggiola:
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Sembra che la signora Kumaratunga, sotto la pressione
della pubblicità negativa del suo golpe costituzionale, stia facendo marcia
indietro. Intanto, questa mattina il premier Wickremasinge è ritornato dal suo
viaggio a Washington, dove ha ricevuto il pieno appoggio del presidente Bush
per il proseguimento del dialogo con i ribelli tamil. Parlando con i
giornalisti, ha chiesto alla presidente di reinsediare i tre ministri
“silurati” martedì scorso e di riaprire il Parlamento che la Kumaratunga aveva
sospeso, utilizzando i suoi poteri speciali. Wickremasinge ha detto che il
processo di pace con le Tigri tamil è a rischio e che la sua priorità, al
momento, è di riprendere le attività dell’assemblea legislativa, dove il suo
partito mantiene la maggioranza. Si vedrà a questo punto quali saranno le prossime
mosse in questo duello politico che ha suscitato molta apprensione da parte
della comunità internazionale e da cui sono arrivati pressanti appelli a non
far precipitare la crisi politica e soprattutto a non pregiudicare il processo
di pace con le Tigri tamil.
Per la Radio Vaticana, Maria
Grazia Coggiola.
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“Non condividiamo il punto di
vista del premier italiano Berlusconi, né sull'affare Yukos né sulla situazione
in Cecenia”. Lo ha detto oggi il portavoce della Commissione europea, Reijo
Kemppinen, all’indomani del vertice tra Unione Europea e Russia, svoltosi ieri
a Roma. Nella conferenza stampa – a cui hanno partecipato anche il presidente
della Commissione, Prodi, ed il responsabile per la politica estera
dell’Unione, Solana – Putin si è difeso dalle accuse della stampa sul caso
Yukos e sulla Cecenia ed - anche in questa occasione - è stato affiancato dal
premier italiano e presidente di turno dell’Ue, Berlusconi. Il servizio di
Giada Aquilino:
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Era nelle previsioni della
vigilia: a vertice avvenuto, al bilancio più che positivo dei nuovi accordi
economici e commerciali tra Unione Europea e Russia fanno da contraltare le
ormai radicate divisioni tra Bruxelles e Mosca sulla questione cecena. Tutto è
stato chiaro quando alla conferenza stampa finale del summit, ieri pomeriggio,
i giornalisti hanno chiesto chiarimenti al presidente Putin sulla crisi nella
Repubblica caucasica e sullo scandalo Yukos, fatti interni della Russia che
inevitabilmente coinvolgono la comunità internazionale:
(parole in russo di Putin …)
Per la Cecenia, Putin ha
assicurato di lavorare ad un accordo che conceda ampi poteri di autonomia alla
Repubblica, lasciando intendere quindi che la linea dura del Cremlino verso gli
indipendentisti non cambia. Di fronte all’incalzare dei giornalisti, a
difendere l’alleato russo è stato Berlusconi: “In Italia come all’estero ci
sono realtà che vengono distorte dalla stampa. Io - ha aggiunto - ho l’85 per
cento dei giornali contro”. A rispondere - lontano dai microfoni - è stato
Prodi: “Mi auguro - ha detto - che Berlusconi sia informato sulla situazione
russa meglio di quanto lo è sulla situazione della stampa in Italia”,
aggiungendo che i Paesi dell’Ue sulla Cecenia rimangono “preoccupati”. Infine
per quanto riguarda lo scandalo Yukos, Putin ha liquidato la questione
assicurando che le azioni intraprese dalle autorità russe rispecchiano il
“desiderio di portare ordine” nel Paese. Su un punto, però, Prodi, Berlusconi e
Solana sono stati d’accordo, a proposito dell’Organizzazione mondiale del
commercio. Ecco Prodi:
“Abbiamo ribadito la volontà di
lavorare insieme affinché la Russia entri nel Wto entro il 2004”.
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Il Burundi stringe i tempi della pacificazione. Il
presidente Ndayizeye ha confermato l’entrata dei ribelli nel prossimo governo:
alle Forze per la Difesa della Democrazia spetteranno 4 ministeri di peso,
ancora da specificare, e posizioni di comando nell’esercito. Quanto alle
elezioni, si terranno “in tempi ragionevoli”. L’unica incognita sul processo di
pace è la posizione del Fronte di Liberazione nazionale: il gruppo di
guerriglieri – minoritario nei numeri, ma ben radicato sul territorio – che non
ha firmato l’intesa.
La Mauritania elegge oggi il presidente, in un clima di
grande tensione. Arrestato e poi scarcerato l’ex golpista Mohamed Haidalla,
principale candidato dell’opposizione, già alla guida del Paese per 4 anni.
Il Polisario, movimento che combatte per l’indipendenza
del Sahara occidentale, ha liberato oggi 300 prigionieri marocchini. La decisione
è stata presa in occasione del Ramadan, su richiesta del leader libico
Gheddafi.
Rinviati di due settimane i risultati ufficiali delle
elezioni in Georgia. In testa i nazionalisti, finora all’opposizione, seguiti a
breve distanza dalla coalizione che appoggia il presidente Shevardnadze.
L’Onu conferma le sanzioni alla Liberia. La situazione è
migliorata dopo l’esilio di Taylor, sostiene il Consiglio di sicurezza, ma
persiste il traffico di armi e diamanti.
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