RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 308 - Testo della
Trasmissione di martedì 4 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La progressiva distruzione
delle foreste è la causa del disboscamento selvaggio dell’Indonesia
Crisi politica in Sri Lanka: la presidente
Kumaratunga rimuove tre ministri del governo di Colombo. Il premier
Wickramasinghe accusa la donna di voler gettare il Paese nell’anarchia
Di fronte alle nuove violenze in Iraq, il
presidente americano Bush dice: gli Usa non abbandoneranno il Golfo
Russia: è Simon Kukes il nuovo presidente della
Yukos.
4
novembre 2003
ALL’INSEGNA DELLA POESIA, SI FESTEGGIA OGGI IN
AULA PAOLO VI,
L’ONOMASTICO
DEL PAPA, NELLA MEMORIA LITURGICA DI SAN CARLO BORROMEO
- Il
servizio di Alessandro Gisotti -
Un
pranzo con i suoi più stretti collaboratori: così Papa Karol Wojtyla festeggerà
oggi il suo onomastico, nella memoria liturgica di San Carlo Borromeo. Nel
pomeriggio, poi, in Aula Paolo VI verranno letti dei brani poetici composti dal
Papa, tratti dal suo Trittico Romano. E’ previsto che il Santo Padre raggiunga
l’Aula intorno alle 18.30 per salutare i partecipanti all’iniziativa. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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San
Carlo Borromeo, Karol Wojtyla: due figure straordinarie per due epoche diverse,
ma i punti di contatto tra Giovanni Paolo II e il santo milanese, che diede
impulso al rinnovamento sancito dal Concilio di Trento, non si fermano al nome.
A sottolinearlo è mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca
ambrosiana:
Vorrei sottolineare tre aspetti: prima di tutto questo
legame con il Concilio di Trento. Anche Giovanni Paolo II vive con un legame
profondo con un Concilio, quel Concilio che egli ha dovuto per molti versi
coordinare all’interno della storia del suo pontificato e continuamente
attualizzare è quello che ha fatto Carlo Borromeo all’interno della sua
diocesi. La seconda dimensione è una dimensione quasi per contrasto, direi.
Certamente i problemi che aveva Carlo Borromeo erano di tutt’altro genere, egli
doveva contrastare il problema della riforma. Ho detto per contrasto, perché il
dialogo ecumenico – che è stato sicuramente una delle note dominanti del
Pontificato di Giovanni Paolo II – è stato un altro modo di rapportarsi al
mondo delle altre confessioni cristiane. E da ultimo, il grande impegno
spirituale, personale e ascetico di Carlo Borromeo. Ha rinunciato a tanti
orpelli, alla suntuosità del principe rinascimentale per potersi dedicare
continuamente e completamente al suo popolo
Per
festeggiare l’onomastico del Papa, dunque, oggi pomeriggio le sue poesie
saranno protagoniste in Aula Paolo VI. Ecco le ragioni di questa scelta, nelle
parole dell’organizzatore dell’evento, padre Jan Glowczyk.
Si sono
scelte le poesie di Giovanni Paolo II per presentare meglio la persona del
Pontefice. Con le sue poesie parla di se stesso, così si fa più vicino. Chi
viene questa sera nell’Aula Paolo VI potrà anche sentire i testi di Giovanni
Paolo II nella sua lingua.
Ma
quali sono i tratti caratterizzanti del poeta Giovanni Paolo II. Ancora, mons.
Ravasi:
Soprattutto nel Trittico Romano si vede come da un lato la
poesia ha grande respiro, ha grande forza. Si aprono dei panorami straordinari
dal punto di vista perfino cosmico, oppure dal punto di vista artistico -
pensiamo all’ingresso nella Cappella Sistina che egli descrive in maniera molto
emozionante - però dall’altra parte si vede in profondità la densità della
parola e in questo caso è la parola di Dio, la parola della Creazione
formulata, espressa attraverso le parole poetiche.
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RADICARE LA SPIRITUALITA’ ECUMENICA PER SUPERARE
SCORAGGIAMENTI E DUBBI:
MESSAGGIO
DEL PAPA ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI, IN CORSO IN VATICANO FINO A SABATO PROSSIMO.
IERI
POMERIGGIO LA RELAZIONE D’APERTURA
DEL
PRESIDENTE DEL DICASTERO, CARDINALE WALTER KASPER
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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“Volere l’unità significa volere la Chiesa”, secondo la
preghiera di Cristo: ut unum sint, un compito “imprescindibile” per la
Chiesa”, “chiamata a spendere ogni sua energia” per ristabilire “la piena
comunione fra i Cristiani”. Ma “la via ecumenica non è una via facile”, anzi -
spiega Giovanni Paolo II – “a mano a mano che progrediamo, gli ostacoli sono
più facilmente individuati e la loro difficoltà è più lucidamente avvertita”,
lo stesso dialogo teologico con le varie confessioni “sembra in certi casi
farsi persino più problematico” e tutto ciò “può a volte generare “reazioni
dolorose in chi vuole accelerare a tutti i costi il processo, o in chi si
scoraggia per il lungo cammino ancora da percorrere” verso il traguardo di “una piena comunione visibile”.
Tuttavia “passi importanti e significativi verso la meta”
sono stati fatti nei 25 anni del mio pontificato - dichiara il Papa - “pur con
alterne vicende” , ma “stiamo imparando a vivere con umile fiducia questo
periodo intermedio”, “comunque di non ritorno”. Del resto “non vi è altra
scelta” che lasciarsi guidare dalla “forza dell’amore”, faro “tra le ombre
delle divisioni ereditate da tanti secoli di peccati contro l’unità”. E se dopo
il Concilio Vaticano II ci siamo addentrati “nel cuore stesso delle divisioni là
dove esse sono più dolorose”, è “soprattutto grazie alla preghiera”, sottolinea
Giovanni Paolo II. Alla “preghiera comune” spetta infatti il primato per
giungere all’unità, perché soltanto “un’intensa spiritualità ecumenica” ci
aiuterà “a fare i conti con i nostri progressi e con le nostre sconfitte, con
le luci e con le ombre del nostro cammino di riconciliazione”. Sarà questo
“l’antidoto efficace per ogni scoraggiamento, dubbio o esitazione”.
Lo stesso cardinale Walter Kasper, nella sua ampia
relazione sullo stato dell’ecumenismo nel mondo non ha nascosto che vi è alla
base “un incoraggiante crescita” di “consapevolezza ecumenica”, ma vi sono
“tendenze” opposte, che suscitano “tensioni” e “divisioni” in seno alle Chiese,
le Comunità ecclesiali e le Famiglie confessionali”. Da una parte si superano
“antichi contrasti” o per lo meno ci si avvicina, dall’altra sorgono “nuove
divergenze”, soprattutto “in materia etica come l’aborto, il divorzio,
l’eutanasia, l’omosessualità”; ma anche “problemi etnici, sociali, politici”
causano spesso “divisioni”. “Le tensioni tra le Chiese ortodosse autocefale,
nell’ambito della Comunione anglicana e delle Comunità di tradizione della
Riforma, come anche nella Chiesa cattolica - ha sottolineato il cardinale
Kasper - nuocciono al dialogo ecumenico, perché l’assenza di un consenso
interno ostacola, e a volte impedisce, il consenso da raggiungere all’esterno.
Una tale situazione - ha concluso - può ingenerare una paralisi dell’ecumenismo
e perfino la sua impotenza”.
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4
novembre 2003
DOMANI POMERIGGIO IL PAPA RICEVERA’ IL PRESIDENTE
RUSSO, VLADIMIR PUTIN,
DA QUESTA SERA IN ITALIA PER UNA VISITA DI STATO
Il
Papa riceverà domani pomeriggio, in
udienza in Vaticano, il presidente russo Vladimir Putin che giungerà questa
sera a Roma per la visita di Stato in Italia di due giorni. I momenti centrali
sono il colloquio bilaterale con le autorità italiane, domani mattina, e
i colloqui con la presidenza di turno italiana dell’Ue il presidente
della Commissione, Romano Prodi, giovedì. Praticamente alla vigilia della
visita, nell’intervista rilasciata all’agenzia Ansa, Putin ha affrontato molti
temi a carattere internazionale. Ce ne riferisce Fausta Speranza.
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Innanzitutto
riferiamo l’obiettivo di tutto rilievo
dichiarato da Putin in relazione all’auspicata visita di Giovanni Paolo II in
Russia. Il mio impegno - annuncia Putin
– è “non tanto assicurare” l’arrivo del Papa a Mosca quanto favorire “tutti i
passi” per giungere all’unità dei cristiani. Con una precisazione non
trascurabile: “l’unità dei cristiani è importante per la Russia” perché le
consentirà di “integrarsi in Europa” senza perdere cultura, identità, fede.
Peraltro è allargato lo sguardo di Putin, che arriva in Italia ma sembra
parlare al mondo in tema di Iraq, rapporti con l’Unione europea, questione
nucleare, l’impegno in economia.
La Russia è stata sempre
contraria alla soluzione militare in Iraq - chiarisce - dunque non invierà un
contingente militare. Ma aggiunge le condoglianze agli americani per le loro
perdite e promette un atteggiamento solidale con gli Usa. Il vero abbraccio è
nei confronti dell’Unione Europea che definisce il “più grande partner
economico e commerciale” ma anche “un naturale partner politico”. In particolare c’è un rapporto privilegiato,
sia in economia che in politica, ed è con l’Italia. Poi una precisazione
geografica che è anche geopolitica: “la Russia non è nel continente americano
ma in Europa”. Certamente, una parte consistente è anche in Asia ma “la Russia
– spiega Putin - è innanzitutto un Paese di cultura europea”. In prospettiva,
nelle parole del presidente russo, c’è l’impegno a modernizzare l’arsenale
nucleare che si accompagna con la promessa di rafforzare il regime di non
proliferazione delle armi di distruzione di massa. Su questi temi, parla di
“partnership strategica con gli Usa, perché - spiega - le due “maggiori potenze
atomiche hanno le maggiori responsabilità.”
Ma se il discorso si sofferma
sul piano delle controversie internazionali, la posizione della Russia è
chiara: l’uso della forza è concepibile quale “extrema ratio”, possibile “solo
sulla base di una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Infine,
sembra rivolto a tutti il messaggio in tema di economia: la Russia prosegue
nella linea delle riforme economiche liberali e democratiche. Non è un rischio – rassicura – l’offensiva
giudiziaria che ha colpito il gigante petrolifero Yukos.
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Come abbiamo appena sentito, per
la Russia è l’Unione Europea il “più grande partner economico e commerciale”.
Non si può dimenticare che nel futuro prossimo dell’Unione c’è l’allargamento ad est che include anche
repubbliche ex sovietiche. Quale può essere dunque la prospettiva del vertice
tra Ue e Russia? Giada Aquilino lo ha
chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana e esperto in particolare di questioni relative
alla Russia.
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R. – Certamente, Russia e Unione Europea hanno l’esigenza
comune di trovare un’intesa non solo per la vicinanza geografica ormai
strettissima ma anche per trovare un equilibrio mondiale di fronte alla
politica americana, non necessariamente in modo ostile agli Stati Uniti ma
comunque con la necessità di ritrovare un equilibrio che, per tante ragioni, si
è un po’ perso.
D. – Tra i problemi in discussione c’è il regime dei
visti. Ma intanto si è parlato spesso dell’adesione della Russia all’Unione
Europea. E’ un processo fattibile?
R. – Io credo
che nel breve periodo non lo sia perché troppe sono le differenze anche
normative, legislative tra queste due realtà. Sono troppe anche le differenze
di interpretazione del sistema politico e democratico a cui tutti pure dicono
di ispirarsi. Però, certamente, la vicinanza geografica e l’introduzione
dell’Euro hanno inevitabilmente accelerato certi processi. La Russia ha già
cambiato in Euro il 20 per cento delle proprie riserve monetarie e questo è uno
straordinario sistema per avvicinare le due realtà.
D. – Putin ha
detto che l’integrazione della Russia in Europa può essere facilitata
dall’unità dei cristiani e che assicurerà tutti quei passi che possano favorire
questa unità …
R. – Credo che
Putin sia un leader molto intelligente e che abbia ben presente anche questo
aspetto. Ora sa che la Russia ha bisogno di contatti con l’Europa che siano più
“caldi” dei contatti commerciali di per sé già molto importanti. Credo che, da
questo punto di vista, sia sincero quando dice di voler lavorare per l’unità
dei cristiani.
D. – Quindi, in questo quadro, quanto è possibile una
visita del Papa in Russia?
R. – Nelle condizioni attuali credo che francamente le
possibilità siano poche. Credo però che sia possibile lavorare su questo
obiettivo e che non sia assolutamente impossibile conseguirlo in futuro.
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IL PREMIER ISRAELIANO SHARON IN VISITA A MOSCA
CONFERMA
LE SUE CONDIZIONI AI PALESTINESI
-
Intervista con Antonio Ferrari -
Il
premier israeliano Ariel Sharon, in visita a Mosca, ha oggi confermato di
essere pronto a “grandi concessioni” nei confronti dei palestinesi se si riterrà convinto che essi “vogliano davvero la
pace”; ciò tuttavia potrà avvenire solo quando ci sarà una nuova direzione
palestinese che si opporrà al terrorismo. Sharon, che ieri era stato ricevuto
dal presidente russo Vladimir Putin, si
è incontrato oggi con il ministro degli
esteri Igor Ivanov. Ma su queste dichiarazioni ascoltiamo il commento dell’inviato del Corriere della Sera
Antonio Ferrari, al microfono di Roberto Piermarini.
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R. – Le dichiarazioni di Sharon non sono nuove, perché più
volte aveva detto: “Sono pronto a fare dolorose concessioni”. La novità è che
fa questa promessa, in pratica, davanti a Vladimir Putin, con il quale Sharon
ha un ottimo rapporto personale. Il problema, a questo punto, non è soltanto nelle
dichiarazioni, ma è nei fatti. In fondo, queste “dolorose concessioni” di cui
Sharon ha parlato molte volte, si devono tradurre in fatti. Quali possono
essere i fatti? Congelare gli insediamenti, favorire il ricevimento di
lavoratori palestinesi in Israele e consentire anche ai lavoratori palestinesi
di potersi muovere più liberamente. Segnali di questo tipo gli erano già stati
chiesti ad Aqaba durante l’incontro che, praticamente, lanciò la road-map. Ora
vedremo se Sharon avrà la volontà di andare contro anche all’estrema destra del
suo stesso governo e, quindi, condizionarne le scelte imponendo la sua volontà.
D. – Antonio Ferrari, secondo lei, quest’apertura di
Sharon può essere stata condizionata dal sondaggio dell’Unione Europea che
considera Israele uno dei Paesi più pericolosi del mondo?
R. – Il sondaggio potrebbe avere in qualche modo
condizionato l’atteggiamento del governo israeliano. E’ chiaro, però, che, al
di là dell’inopportunità e anche dell’inavvedutezza delle domande proposte nel
sondaggio, c’è un atteggiamento critico da parte di una fetta dell’opinione
pubblica europea, non tanto su Israele quanto nei confronti del suo governo. La
critica è nei confronti del modo in cui viene affrontato il problema della
possibilità di proseguire nella road-map verso una pacificazione. Il
segnale è forte ed è un segnale che non è molto lontano da quello che arrivava
dagli americani. Gli americani non hanno fatto sondaggi, però hanno fatto
sapere chiaramente a Sharon che da una parte i palestinesi devono combattere
efficacemente per smantellare le organizzazioni terroristiche per vincere il
terrorismo, dall’altra Israele deve compiere quei passi che gli erano stati
chiesti e di cui stavamo parlando prima.
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IL
RISPETTO DELLE PROPRIE IDENTITA’ ALLA BASE DEL DIALOGO TRA CRISTIANI
E
MUSULMANI, IN ITALIA E IN EUROPA. AI NOSTRI MICROFONI,
IL
MINISTRO DELL’INTERNO ITALIANO, GIUSEPPE PISANU
Una commissione per elaborare la Carta europea sul Dialogo
interreligioso. E’ questa la proposta che il ministro dell’Interno italiano,
Giuseppe Pisanu, intende portare all’attenzione dei suoi colleghi dell’Unione
europea, giovedì prossimo. Il capo del Viminale ne ha parlato con il nostro
Luca Collodi, in un’intervista che ha affrontato anche il tema particolarmente
attuale dell’integrazione dei musulmani nella società italiana:
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R. – Il 6 novembre porterò al Consiglio dei ministri degli
Interni europei la proposta di costituire una Commissione per elaborare la
Carta, convinti come siamo che questo dialogo sia fattore formidabile di
coesione sociale nelle società europee a forte immigrazione, oltre che
strumento di pace.
D. – Lei più volte ha sollecitato gli islamici che vivono
in Italia a organizzarsi, a fare una specie di Consulta di culto ...
R. – Il mio punto di partenza è questo: soltanto una
percentuale molto bassa, nell’ordine dal 3 al 5 per cento, è esposta alla
predicazione estremista. Osservo che il 95 per cento degli islamici sono qui
esclusivamente alla ricerca di pane, lavoro e rispetto della loro dignità umana
e della loro identità culturale e religiosa. Ebbene, con questo 95 per cento
non parla nessuno. Con costoro le istituzioni debbono parlare, raccogliendo le
loro esigenze, le loro preoccupazioni, aiutandoli a risolvere i problemi che
derivano anche dalla loro identità religiosa e culturale. Io voglio creare in
Italia una Consulta islamica, fatta tutta di moderati, di persone cioè disposte
al dialogo nel rispetto rigoroso delle nostre leggi, della nostra cultura e
della nostra identità.
R. – Ministro Pisanu, un altro scoglio nel dialogo
interreligioso potrebbe essere rappresentato dall’assetto giuridico dei Paesi
occidentali, dei Paesi europei?
D. – Su quello, noi non possiamo cedere di un millimetro.
I nostri ordinamenti giuridici e politici e il metodo della democrazia sono
beni non disponibili per il dialogo.
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LA QUESTIONE DELLA LAICITA’ AL CENTRO DEI LAVORI
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE
-
Intervista con il prof. René Rémond -
Si sono aperti stamani a Lourdes i lavori della Conferenza
episcopale francese. I presuli per una settimana concentreranno la loro
attenzione su due grandi temi: la riforma delle strutture della Conferenza ed
il ruolo della Chiesa nella Francia di oggi, sia per quanto riguarda i rapporti
con lo Stato, sia per il suo posto nella società civile. Un tema di particolare
attualità, specialmente dopo che le
polemiche suscitate dalla questione del velo islamico nelle scuole hanno
riacceso il dibattito sulla laicità nel Paese. Gabrielle De Jasay, della nostra
redazione francese, ha intervistato il prof. René Rémond, presente ai lavori e
membro della Commissione sulla laicità, che conferma come, in questo momento, i
rapporti tra Stato e Chiesa siano buoni.
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R. – TOUT A FAIT, PARCE QUE ...
Certamente, anche perché oggi non esistono motivi di
dissenso, anzi l’atmosfera è abbastanza tranquilla. Sono state avviate molte
iniziative che lasciano intravedere un certo riconoscimento, da parte del potere pubblico, del fatto religioso e
quindi il riconoscimento quasi unanime dell’esistenza di relazioni cordiali fra
la società e la religione. D’altra parte, assistiamo ad una certa radicalizzazione
di una parte della popolazione musulmana. L’Islam ha una visione diversa dei
rapporti tra religione e società e questo pone un problema che non tocca
soltanto la laicità ma anche l’integrazione. Questioni quali il velo islamico
fanno infiammare l’opinione pubblica e per alcuni diventano un pretesto per
chiedere l’abrogazione di alcuni diritti ormai riconosciuti alle confessioni
cristiane.
D. – Questo dibattito potrà, dunque, influenzare i lavori
di Lourdes?
R. - JE PENSE
QU’ON VA POSER LE PROBLEME …
Penso che il problema sarà affrontato in termini generali,
in particolare per quanto riguarda l’aspetto della libertà religiosa e
dell’uguaglianza delle religioni di fronte alla legge. E’ chiaro che non si
possono fare distinzioni perché è proprio su questo punto che si concentra
l’attenzione dell’opinione pubblica a causa delle molteplici implicazioni:
dall’identità nazionale alla condizione della donna, dall’uguaglianza tra uomo
e donna alla libertà di coscienza. Sono tutti problemi che sono oggetto di un
grande dibattito all’interno della società. Mi sembra, quindi, positivo il
fatto che questo dibattito trovi un’eco
nelle deliberazioni dell’assemblea episcopale.
D. – In questo contesto, secondo lei, su quali linee potrà
orientarsi la riflessione dei vescovi francesi?
R. - CELUI DE LA PAROLE DE L’EGLISE …
La
parola della Chiesa tocca problemi che attingono all’etica o sui quali,
comunque, essa ha qualcosa da dire, quali la giustizia, la solidarietà, la trasmissione
della vita e, in termini più generali, i diritti dell’uomo ed i valori morali.
Secondo me, le Chiese hanno la
responsabilità del piano morale, devono contribuire alla formazione non solo
delle coscienze individuali ma anche di quella collettiva. Devono ricordare
alcuni grandi principi. A loro spetta il ruolo profetico.
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4
novembre 2003
PRESENTATE
QUESTA MATTINA A FIRENZE, LE CELEBRAZIONI
PER IL
CENTENARIO DELLA NASCITA DI GIORGIO LA PIRA, CHE CADRA’ NEL 2004.
DOMANI
POMERIGGIO, NELLA BASILICA FIORENTINA DI SAN MARCO,
IL
CARDINALE PIOVANELLI PRESIEDERA’ LA MESSA
PER IL 36.MO DELLA MORTE, AVVENUTA NEL ‘77
- A
cura di Alessandro De Carolis -
FIRENZE. = “Sull'orizzonte del
tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. Una delle
ultime riprove si ha nel meraviglioso fiorire di santità laica. Noi incrociamo
per le strade coloro che fra cinquant'anni saranno forse sugli altari: per le
strade, nelle fabbriche, al Parlamento, nelle aule universitarie”. Giorgio La
Pira fece un giorno questa affermazione senza sapere di pronunciare parole
profetiche che lo avrebbero riguardato. Fu lui – uno degli uomini politici di
spicco della giovane Italia repubblicana, siciliano di nascita e fiorentino
d’adozione - uno dei “fiori” di quella santità laica che tanto lo affascinava e
che lo indusse a coniugare in modo alto le sue profonde convinzioni cristiane
con le responsabilità civiche e sociali che gli venivano dal suo ruolo di
amministratore della cosa pubblica. Il 9 gennaio 2004 si festeggeranno i 100
anni della nascita di Giorgio La Pira e la Fondazione che porta il suo nome ha
presentato questa mattina, nella sua sede di Firenze, le celebrazioni per il
centenario, mentre domani, alle 18.30, l’arcivescovo del capoluogo toscano, il
cardinale Ennio Piovanelli, presiederà una Messa in occasione del 27.mo
anniversario della morte di La Pira, per il quale è in corso dall’86 il
processo di beatificazione. Le manifestazioni del centenario serviranno a
riscoprire lo spessore umano e politico dell’antico sindaco di Firenze - carica
che resse per quasi 15 anni - le sue intuizioni in campo internazionale (La
Pira fu il primo occidentale nel ’59 a superare la Cortina di ferro per recarsi
in Russia, e nel ’65 in Vietnam), la sua lungimiranza di uomo di pace (restano
famosi i suoi “Colloqui mediterranei”, che posero le basi del dialogo
franco-algerino) e la sua profondità spirituale, che gli impedì di celare la propria
scelta del Vangelo dietro le convenienze del suo ruolo. “Non è consentita al
cristiano nessuna neutralità - aveva scritto già nel '39 in Princìpi -
Se c'è un male, egli deve intervenire per porre riparo, per quanto è possibile,
agli effetti dannosi del male. Perché altrimenti che senso avrebbe il precetto
dell'amore?”.
APPELLO DEI VESCOVI DELL’AFRICA CENTRALE AGLI
STATI PRODUTTORI DI PETROLIO DEL CONTINENTE: I POPOLI AFRICANI DEVONO
BENEFICIARE DELLE RENDITE
DEL
GREGGIO, MENTRE LE COMPAGNIE PETROLIFERE
EVITINO
DI DEGRADARE L’AMBIENTE
N’DJAMENA.
= Una migliore distribuzione delle rendite petrolifere a favore dei popoli africani.
È quanto chiedono i vescovi dell’Associazione della Conferenza Episcopale
dell’Africa centrale (Acerac), la cui commissione “Giustizia e Pace” ha
organizzato un seminario di studio sull’industria estrattiva in Africa, che si
terrà in Ciad a novembre. I vescovi constatano che l’Africa centrale è ricca di
petrolio e di altre risorse naturali, ma le popolazioni di questi Paesi
rimangono tra le più povere del pianeta. I vescovi chiedono a compagnie
petrolifere, governi e istituzioni economiche internazionali, oltre che alle
Chiese dei Paesi occidentali, di aiutare a implementare una politica di
gestione trasparente della risorse dell’Africa Centrale. Molto spesso, viene
posto in risalto, il petrolio e le altri risorse sono estratti senza alcune
considerazione di carattere ecologico, con conseguente degrado ambientale a
scapito delle popolazioni locali, che vedono le loro coltivazioni inquinate da
petrolio e altre sostanze chimiche. Nell’incontro del luglio 2003, svoltosi a
Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, i componenti dell’Acerac avevano
denunciato il grave peggioramento delle condizioni di vita nei loro Stati. I
membri dell’Acerac sono Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo Brazzaville,
Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad, tutti Paesi produttori di petrolio. L’ultimo
in ordine di tempo è il Ciad, che ha iniziato a esportare il proprio petrolio
nelle scorse settimane, grazie ad un oleodotto lungo 1500 km. (A.D.C.)
LA PIAGA DEL LAVORO MINORILE NEL MONDO ARABO
COLPISCE
CIRCA
12 MILIONI DI BAMBINI, MOLTI DEI QUALI ABBANDONATI DALLE FAMIGLIE.
LA
DENUNCIA VIENE DALLA LEGA ARABA, CHE STA STUDIANDO IL FENOMENO
IN
VISTA DEL VERTICE SULLA FAMIGLIA DEL 2004
ABU DHABI. = Il problema del
lavoro minorile e dei bambini di strada nel mondo arabo ha assunto proporzioni
allarmanti tanto che la Lega Araba ha posto in secondo piano altre emergenze sociali
e sanitarie come la disoccupazione o la diffusione dell’Hiv, il virus responsabile
dell'Aids. Secondo le fonti dell’organismo panarabo, sarebbero circa 12 milioni
i minori che lavorano nei Paesi della Lega. Molti di questi inoltre sarebbero
bambini abbandonati che vivono per le strade. “Altre organizzazioni come l'Onu
si stanno concentrando sull'emergenza Hiv, ma nel mondo arabo dobbiamo invece
risolvere la piaga dello sfruttamento minorile e dei minori che vivono in
strada”, ha dichiarato Abla Ibrahim, direttrice del Dipartimento Maternità e
Infanzia della Lega Araba. Il vero problema è stilare una mappa della
situazione reale, basata su cifre attendibili. “Non solo non abbiamo dati certi
– ha denunciato la Ibrahim - ma i datori di lavoro coinvolti riescono a
nascondere senza difficoltà le violazioni. Il problema è reso ancora più
complicato dal fatto che molti di questi bambini vivono in strada, sfuggendo al
censimento, ai servizi sociali e a quelli scolastici”. L'alleanza araba sta
conducendo una serie di studi allo scopo di sostenere politiche a difesa dei
minorenni. Un primo passo, è stato il recente convegno internazionale sul tema
“La pace prima di tutto e sempre'', tenutosi negli Emirati Arabi Uniti, durante
il quale sono state portate alla luce alcune delle problematiche legate
all'infanzia nel mondo arabo. Ma la questione del lavoro minorile e dei bambini
di strada verrà affrontata più ampiamente nel prossimo vertice dei Paesi Arabi
sulla Famiglia, in programma nel 2004. (A.D.C.)
NELSON
MANDELA RIUNIRA’ IL MONDO DELLA MUSICA IL 29 NOVEMBRE
A
CITTA’ DEL CAPO NEL PIU’ GRANDE CONCERTO ONLINE MAI TRASMESSO
SU INTERNET. GLI INTROITI DELL’EVENTO A
FAVORE DELLA LOTTA
CONTRO
L’AIDS IN AFRICA
CITTA’
DEL CAPO. = il Sud Africa ospiterà il 29 novembre un concerto benefico per richiamare
l'attenzione del pubblico nei confronti della piaga dell'Aids. L'evento,
battezzato 46664 – dal numero di detenzione di Nelson Mandela - è stato fortemente
voluto dall'ex-presidente sudafricano, Premio Nobel per la pace. Il concerto si
terrà al Green Point Stadium di Città del Capo e verrà registrato per la
realizzazione di un CD e DVD che usciranno all’inizio del 2004: i proventi
delle vendite alimenteranno i fondi della campagna anti-Aids. Molte le star
internazionali che si esibiranno a Città del Capo: David Bowie, Beyoncé, Bono
degli U2, Anastacia, Ms Dinamite, insieme a molti altri artisti locali, per un
evento al quale sono previste oltre 3 mila persone. “Attualmente milioni di
persone sieropositive sono solo un numero”, ha dichiarato Mandela. “Anche loro
scontano una prigionia a vita. Ecco perché per la prima volta permetto che il
mio numero di prigioniero sia il marchio di questa campagna”. L’ex capo di
Stato ha poi aggiunto: “In Africa, si sta abbattendo una tragedia di
proporzioni mai viste. L'Aids adesso sta portandosi via più vite di quelle che
si sono portate via tutte le guerre, le carestie, gli alluvioni e le malattie
come la malaria. Dobbiamo agire adesso per salvare il mondo. L'Aids non è più
una malattia, è una questione di diritti umani". (M.A.)
LA
PROGRESSIVA DISTRUZIONE DELLE FORESTE E’ LA CAUSA DEL DISBOSCAMENTO
SELVAGGIO
DELL’INDONESIA. GRAVI SONO I RISCHI PER LA PAPUA NUOVA GUINEA, NELL’ESTREMO
ORIENTE DEL PAESE, CHE PERDE OGNI ANNO
3
MILIONI E 800 MILA ETTARI DI ALBERI
GIAKARTA. = Il disboscamento in Indonesia, Repubblica del sud est
asiatico, che comprende il vasto arcipelago situato tra l’Indocina e
l’Australia, procede a pieno ritmo, giorno e notte. I rischi sono
altissimi, sostiene l’organizzazione non governativa “Forest Watch Indonesia”.
Il direttore dell’organizzazione, Togu Manurung, ha poi sostenuto che la
provincia dove maggiore è la deforestazione è la Papua Nuova Guinea che in
passato ha dato concessioni per lo sfruttamento delle proprie foreste a più di
15 imprese, comportando una perdita di 600 mila metri cubi di legname ogni
anno. L'80% circa delle foreste, che nel passato ricoprivano la superficie del
pianeta, sono state distrutte e la maggior parte di queste negli ultimi 30
anni. Un quinto di questa percentuale è attribuibile al disboscamento. Sono in
molti a sostenere che con questo ritmo nei prossimi decenni potremmo perdere
aree di foresta equivalenti alla superficie di tutto il continente. Le foreste
giocano un ruolo fondamentale per le dinamiche del clima a livello planetario e
rappresentano anche una barriera importante per le eventuali inondazioni e
frane a cui i Paesi asiatici sono soggetti. Inoltre, quando vengono distrutte,
rilasciano grandi quantità di carbonio. Questo raggiunge l'atmosfera
contribuendo in maniera massiccia all'effetto serra. Basti pensare che gli
incendi divampati nella foresta pluviale Indonesiana nel 1997 hanno rilasciato
quantità di anidride carbonica pari a quelle rilasciate annualmente dalla
combustione di combustibili fossili in Europa Occidentale. E’ certo che
l'industria del legname è la causa principale del disboscamento selvaggio, che
riceve forti introiti dall’uso della cellulosa, carta e prodotti in legno
provenienti dalle foreste. (M.A.)
COLTO
DA MALORE MENTRE GUIDAVA NEL CENTRO DI MILANO,
L’INDUSTRIALE
LOMBARDO ALBERTO FALCK, PER LUNGO TEMPO A CAPO
DI UNA
DELLE PIU’ GRANDI INDUSTRIE SIDERURGICHE ITALIANE
MILANO. = Una carambola spaventosa tra i marciapiedi del
centro di Milano, un’auto “impazzita” che investe alcuni passanti, lo schianto
finale. E poi la drammatica scoperta: a bordo dell’auto, il volto cinereo di
Alberto Falck, 65 anni, erede di una dinastia italiana di industriali
dell’acciaio, che muore tra le braccia del figlio pochi istanti dopo aver
inconsapevolmente seminato il panico. E’ accaduto ieri, nei pressi del Teatro
alla Scala di Milano, verso le 13.30. Falck, probabilmente colto da infarto
mentre guidava a velocità ridotta, ha lasciato all’inerzia della sua auto senza
più controllo il folle zig-zag finale. Cinque persone sono rimaste ferite, tre
di esse sono finite all’ospedale, una è in prognosi riservata per trauma
cranico. Nonostante gli immediati soccorsi, per l’industriale milanese non c’è
stato scampo. Il rettore del vicino Seminario di San Giuseppe, don Giuseppe
Maggioni, ha fatto appena in tempo ad assolvere in punto di morte Albero Falck,
raggiunto dal figlio Enrico, che viaggiava poco dietro l’Audi A6 del padre.
Sposato e padre di tre figli, l’industriale siderurgico era attualmente
presidente di Actelios, piccola società attiva nell'energia da fonti
rinnovabili, azionista dei più importanti gruppi italiani, oltre che presidente
in carica dell'Associazione italiana delle aziende familiari, vicepresidente
dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti e consigliere dell'Università
Cattolica. (A.D.C)
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4
novembre 2003
- A cura di Giada Aquilino -
L’ombra della crisi istituzionale si abbatte sullo Sri
Lanka. La presidente Kumaratunga ha approfittato dell’assenza del premier
Wickremesinghe, in visita alla Casa Bianca, per rimuovere i ministri di
Interno, Difesa e Informazione. Dietro la manovra, la preoccupazione della
presidente che il governo stia facendo troppe concessioni nelle trattative di
pace con i guerriglieri separatisti Tamil, la cui lotta contro il governo di
Colombo ha già causato oltre 60 mila vittime in 20 anni di guerra civile. Il
primo ministro Wickremesinghe ha già accusato la Kamaratunga di voler gettare
il Paese nel caos e nell'anarchia. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Sono arrivati allo scontro finale la presidente dello Sri
Lanka, Chandrika Kamaratunga, e il suo rivale politico, il primo ministro Ranil
Wickramasinghe. La convivenza, durata due anni, è ufficialmente terminata oggi
con la decisione della signora Kamaratunga di licenziare tre ministri del
governo, proprio mentre Wickremesinghe si trova a Washington per un incontro
con Bush. Si tratta di tre ministri importanti, con cui negli ultimi tempi aveva
avuto dei forti contrasti, soprattutto sul processo di pace in corso con i
ribelli separatisti delle Tigri Tamil. La presidente avrebbe già nominato dei
tecnici a capo dei tre dicasteri. E’ una decisione che rientra comunque nei
poteri a lei conferiti dalla Costituzione singalese, anche se alcuni analisti
temono che la situazione possa precipitare in un golpe. Per timore di eventuali
reazioni da parte dell’opposizione, la presidente ha anche sospeso per due
settimane il Parlamento e schierato alcune divisioni dell’esercito nel centro
di Colombo, dove sorgono le sedi di alcuni giornali, radio e televisioni. Il
partito della Kamaratunga aveva rigettato la proposta avanzata sabato scorso
dalle Tigri per un governo autonomo ad interim nel nord-est dell’isola, dove
abita la minoranza Tamil.
Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Non ha provocato vittime ma solo danni materiali
l’esplosione che ha colpito stamani l’ambasciata turca a L’Aja, in Olanda. A
saltare in aria – secondo fonti di Ankara - è stato un ordigno piazzato sulla
porta d’ingresso della rappresentanza diplomatica, che dopo lo scoppio ha
provocato un incendio. Ignota, al momento, la matrice dell’attentato.
Violenza senza tregua in Iraq. Stamani a Mosul, nel nord
del Paese, è stato ucciso il vicepresidente della Corte d’appello, responsabile
dei processi agli ex membri del partito Baath, la formazione politica di
Saddam. Si tratta del secondo giudice assassinato in poche ore. A Baghdad,
invece, è esploso un ordigno artigianale, uccidendo un soldato americano e
ferendone altri due. Ma, di fronte ai continui attentati in Iraq, la linea
degli Stati Uniti non cambia: i soldati americani non si ritireranno dal Golfo,
ha ribadito il presidente Bush in Alabama:
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“L’America non scapperà mai dall’Iraq”: il capo della Casa
Bianca ha detto che gli Stati Uniti piangono ogni caduto, onorano ogni nome,
compatiscono ogni famiglia e sono grati del fatto che la libertà abbia trovato
simili difensori. Il presidente ha aggiunto che i nemici credono di intimidire
l’America e farla fuggire, uccidendo civili innocenti, membri delle
organizzazioni umanitarie e soldati della coalizione. Ma la missione in Iraq è
vitale e gli Stati Uniti non revocheranno la missione nel Golfo. Negli Stati
Uniti, però, rimane in corso il dibattito sui motivi dell’occupazione e
sull’opportunità di continuarla. I sondaggi segnalano una flessione nella
fiducia del pubblico per la leadership di Bush in Iraq, ma la maggioranza degli
americani resta ancora favorevole a continuare la missione. Il Pentagono sta
valutando cambiamenti tattici e strategici, che potrebbero rendere più sicura
la presenza Usa in Iraq. Voli di elicotteri come quello di domenica – quando un
aeromobile americano è stato abbattuto - dovrebbero essere sospesi nelle ore
diurne, mentre il ricorso alla polizia locale e a ciò che rimane dell’esercito
iracheno per riportare l’ordine potrebbe essere accelerato.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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“Un evento centrale della memoria collettiva” dell’Italia,
ricordando la vittoria alla prima guerra mondiale. Queste le parole del capo di
Stato italiano Ciampi nel commemorare il 4 novembre. Stamani a Roma, con
l’omaggio alla tomba del Milite Ignoto prima e in una cerimonia al Quirinale
poi, Ciampi ha celebrato il giorno dell'Unità nazionale, festa delle Forze
Armate. Durante la consegna delle onorificenze dell'Ordine Militare, il
presidente della Repubblica ha sottolineato quanto sia necessario
“ammodernare e migliorare le forze armate”, le quali – ha aggiunto – hanno
ritrovato negli ultimi anni “una profonda sintonia con la nostra società
civile, grazie alle missioni di pace, di tutela della sicurezza e contro il terrorismo”.
Ma in Italia rimane alta la tensione per il pericolo di attacchi
eversivi. Un pacco è esploso stamani nella stazione dei carabinieri di viale
Libia, a Roma. Un maresciallo è rimasto ferito. Lo scoppio è avvenuto quando
l’uomo ha aperto una busta consegnata con la corrispondenza.
E’ Simon Kukes il nuovo presidente della compagnia
petrolifera russa Yukos, dopo l’arresto di Mikhail Khodorkovski, il magnate
arrestato il 25 ottobre e dimessosi ieri dalla guida della società. Kukes, nato
in Russia, è un cittadino americano. La settimana scorsa si era dimesso anche
il capo dello staff presidenziale, l’eltsiniano Aleksandr Voloshin, poi
sostituito da Dmitri Medvedev.
Esito davvero incerto alle elezioni legislative svoltesi
domenica in Georgia. Lo scrutinio, ancora in corso, potrebbe decretare la
conferma alla guida del Paese caucasico dei partiti che appoggiano il
presidente Shevardnadze, oppure sancire la clamorosa affermazione
dell’opposizione. Il voto è stato caratterizzato da numerose irregolarità –
secondo quanto denunciato dagli osservatori internazionali – e potrebbe essere
motivo di scontro politico e sociale. Ma quali sono i motivi della mancanza di
stabilità in Georgia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’ambasciatore Sergio
Romano:
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R. - Quello che mi sembra evidente è il logorio
dell’attuale sistema. Di tutte le ex Repubbliche sovietiche, la Georgia è
quella che tutto sommato ha avuto la sorte peggiore. Nella vecchia Unione
Sovietica la Georgia era invece tra i Paesi che godevano di maggiore prosperità,
di credibilità a Mosca superiore a quella delle altre. Il Paese non è mai
riuscito a decollare.
D. – La Georgia, secondo lei, in qualche modo ha subito
l’influenza della situazione che c’è un po’ in tutto il Caucaso?
R. – Certamente ci sono state infiltrazioni dal Caucaso
settentrionale, daghestani, ceceni, i quali hanno finito poi per combattere
anche in Georgia le loro guerre.
D. – C’è un qualche motivo, per cui alla comunità
internazionale potrebbe interessare una Georgia più stabile?
R. – Il problema della Georgia è che tutti vorremmo farne una
Svizzera, ma le condizioni non mi sembra che esistano. Ho l’impressione che
prima o poi la Georgia possa finire per diventare il satellite di qualcuno. La
Georgia si trova fra due grandi potenze: la Russia da un lato, gli Stati Uniti
dall’altro. Vediamo alla fine quale scelta le sarà possibile fare.
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E’ tragicamente salito a 170
vittime il bilancio delle inondazioni che hanno colpito negli ultimi giorni
l’isola di Sumatra, in Indonesia. A causa di forti piogge torrenziali, un fiume
del parco nazionale Gunung Leuser è straripato, trascinando via ponti, strade e
case, affollate in maggioranza da turisti.
Dopo il cessate il fuoco
siglato domenica, il Burundi fissa un calendario per il cammino verso la pace.
Per il 23 novembre prossimo è previsto l’ingresso nel governo dei ribelli delle
Forze per la difesa della democrazia (Fdd), firmatari dell’intesa: a loro toccheranno
4 ministri. Due giorni prima, il Consiglio nazionale per la difesa della
democrazia – finora ala politica della guerriglia – diventerà un partito riconosciuto.
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