RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 308 - Testo della Trasmissione di martedì 4 novembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’insegna della poesia si festeggia oggi in Vaticano l’onomastico del Papa, nella memoria liturgica di San Carlo Borromeo.Ai nostri microfoni mons. Gianfranco Ravasi   

 

Giovanni Paolo II invita tutti i cristiani a pregare per l’unità lasciandosi guidare dalla forza dell’amore in un messaggio alla Plenaria del Pontificio Consiglio dell’unità dei cristiani.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Domani pomeriggio arriva in Vaticano il presidente russo Vladimir Putin. Intervista al giornalista Fulvio Scaglione

 

“Il rispetto delle proprie identità alla base del dialogo tra cristiani e musulmani in Italia e in Europa”: lo afferma alla nostra emittente il ministro dell’interno Giuseppe Pisanu

 

Le aperture condizionate del premier israeliano Sharon: il commento dell’inviato del Corriere della Sera Antonio Ferrari

 

La questione della laicità al centro dei lavori dei vescovi francesi: intervista al prof. René Rémond

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentate questa mattina a Firenze le celebrazioni per il centenario della nascita di Giorgio La Pira

 

Appello dei vescovi  dell’Africa centrale agli Stati produttori di petrolio del continente per l’equa distribuzione dei benefici

 

La piaga del lavoro minorile nel mondo arabo colpisce circa 12 milioni di bambini, molti dei quali abbandonati dalle famiglie.

 

Nelson Mandela riunirà il mondo della musica il 29 novembre a Città del Capo nel più grande concerto online mai trasmesso su Internet

 

La progressiva distruzione delle foreste è la causa del disboscamento selvaggio dell’Indonesia

 

Colto da malore mentre guidava nel centro di Milano, l’industriale lombardo Alberto Falck, per lungo tempo a capo di una delle più grandi industrie siderurgiche italiane

 

24 ORE NEL MONDO:

Crisi politica in Sri Lanka: la presidente Kumaratunga rimuove tre ministri del governo di Colombo. Il premier Wickramasinghe accusa la donna di voler gettare il Paese nell’anarchia

 

Di fronte alle nuove violenze in Iraq, il presidente americano Bush dice: gli Usa non abbandoneranno il Golfo

 

Russia: è Simon Kukes il nuovo presidente della Yukos.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 novembre 2003

 

 

ALL’INSEGNA DELLA POESIA, SI FESTEGGIA OGGI IN AULA PAOLO VI,

L’ONOMASTICO DEL PAPA, NELLA MEMORIA LITURGICA DI SAN CARLO BORROMEO

 

- Il servizio di Alessandro Gisotti -

 

Un pranzo con i suoi più stretti collaboratori: così Papa Karol Wojtyla festeggerà oggi il suo onomastico, nella memoria liturgica di San Carlo Borromeo. Nel pomeriggio, poi, in Aula Paolo VI verranno letti dei brani poetici composti dal Papa, tratti dal suo Trittico Romano. E’ previsto che il Santo Padre raggiunga l’Aula intorno alle 18.30 per salutare i partecipanti all’iniziativa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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San Carlo Borromeo, Karol Wojtyla: due figure straordinarie per due epoche diverse, ma i punti di contatto tra Giovanni Paolo II e il santo milanese, che diede impulso al rinnovamento sancito dal Concilio di Trento, non si fermano al nome. A sottolinearlo è mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca ambrosiana:

 

Vorrei sottolineare tre aspetti: prima di tutto questo legame con il Concilio di Trento. Anche Giovanni Paolo II vive con un legame profondo con un Concilio, quel Concilio che egli ha dovuto per molti versi coordinare all’interno della storia del suo pontificato e continuamente attualizzare è quello che ha fatto Carlo Borromeo all’interno della sua diocesi. La seconda dimensione è una dimensione quasi per contrasto, direi. Certamente i problemi che aveva Carlo Borromeo erano di tutt’altro genere, egli doveva contrastare il problema della riforma. Ho detto per contrasto, perché il dialogo ecumenico – che è stato sicuramente una delle note dominanti del Pontificato di Giovanni Paolo II – è stato un altro modo di rapportarsi al mondo delle altre confessioni cristiane. E da ultimo, il grande impegno spirituale, personale e ascetico di Carlo Borromeo. Ha rinunciato a tanti orpelli, alla suntuosità del principe rinascimentale per potersi dedicare continuamente e completamente al suo popolo

 

Per festeggiare l’onomastico del Papa, dunque, oggi pomeriggio le sue poesie saranno protagoniste in Aula Paolo VI. Ecco le ragioni di questa scelta, nelle parole dell’organizzatore dell’evento, padre Jan Glowczyk.

 

Si sono scelte le poesie di Giovanni Paolo II per presentare meglio la persona del Pontefice. Con le sue poesie parla di se stesso, così si fa più vicino. Chi viene questa sera nell’Aula Paolo VI potrà anche sentire i testi di Giovanni Paolo II nella sua lingua.

 

Ma quali sono i tratti caratterizzanti del poeta Giovanni Paolo II. Ancora, mons. Ravasi:

 

Soprattutto nel Trittico Romano si vede come da un lato la poesia ha grande respiro, ha grande forza. Si aprono dei panorami straordinari dal punto di vista perfino cosmico, oppure dal punto di vista artistico - pensiamo all’ingresso nella Cappella Sistina che egli descrive in maniera molto emozionante - però dall’altra parte si vede in profondità la densità della parola e in questo caso è la parola di Dio, la parola della Creazione formulata, espressa attraverso le parole poetiche.

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RADICARE LA SPIRITUALITA’ ECUMENICA PER SUPERARE SCORAGGIAMENTI E DUBBI: 

MESSAGGIO DEL PAPA ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI, IN CORSO IN VATICANO FINO A SABATO PROSSIMO.

IERI POMERIGGIO LA RELAZIONE D’APERTURA

DEL PRESIDENTE DEL DICASTERO, CARDINALE WALTER KASPER

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“Volere l’unità significa volere la Chiesa”, secondo la preghiera di Cristo: ut unum sint, un compito “imprescindibile” per la Chiesa”, “chiamata a spendere ogni sua energia” per ristabilire “la piena comunione fra i Cristiani”. Ma “la via ecumenica non è una via facile”, anzi - spiega Giovanni Paolo II – “a mano a mano che progrediamo, gli ostacoli sono più facilmente individuati e la loro difficoltà è più lucidamente avvertita”, lo stesso dialogo teologico con le varie confessioni “sembra in certi casi farsi persino più problematico” e tutto ciò “può a volte generare “reazioni dolorose in chi vuole accelerare a tutti i costi il processo, o in chi si scoraggia per il lungo cammino ancora da percorrere” verso il traguardo di  “una piena comunione visibile”.

        

Tuttavia “passi importanti e significativi verso la meta” sono stati fatti nei 25 anni del mio pontificato - dichiara il Papa - “pur con alterne vicende” , ma “stiamo imparando a vivere con umile fiducia questo periodo intermedio”, “comunque di non ritorno”. Del resto “non vi è altra scelta” che lasciarsi guidare dalla “forza dell’amore”, faro “tra le ombre delle divisioni ereditate da tanti secoli di peccati contro l’unità”. E se dopo il Concilio Vaticano II ci siamo addentrati “nel cuore stesso delle divisioni là dove esse sono più dolorose”, è “soprattutto grazie alla preghiera”, sottolinea Giovanni Paolo II. Alla “preghiera comune” spetta infatti il primato per giungere all’unità, perché soltanto “un’intensa spiritualità ecumenica” ci aiuterà “a fare i conti con i nostri progressi e con le nostre sconfitte, con le luci e con le ombre del nostro cammino di riconciliazione”. Sarà questo “l’antidoto efficace per ogni scoraggiamento, dubbio o esitazione”.

 

Lo stesso cardinale Walter Kasper, nella sua ampia relazione sullo stato dell’ecumenismo nel mondo non ha nascosto che vi è alla base “un incoraggiante crescita” di “consapevolezza ecumenica”, ma vi sono “tendenze” opposte, che suscitano “tensioni” e “divisioni” in seno alle Chiese, le Comunità ecclesiali e le Famiglie confessionali”. Da una parte si superano “antichi contrasti” o per lo meno ci si avvicina, dall’altra sorgono “nuove divergenze”, soprattutto “in materia etica come l’aborto, il divorzio, l’eutanasia, l’omosessualità”; ma anche “problemi etnici, sociali, politici” causano spesso “divisioni”. “Le tensioni tra le Chiese ortodosse autocefale, nell’ambito della Comunione anglicana e delle Comunità di tradizione della Riforma, come anche nella Chiesa cattolica - ha sottolineato il cardinale Kasper - nuocciono al dialogo ecumenico, perché l’assenza di un consenso interno ostacola, e a volte impedisce, il consenso da raggiungere all’esterno. Una tale situazione - ha concluso - può ingenerare una paralisi dell’ecumenismo e perfino la sua impotenza”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 novembre 2003

 

 

DOMANI POMERIGGIO IL PAPA RICEVERA’ IL PRESIDENTE RUSSO, VLADIMIR PUTIN,

DA QUESTA SERA IN ITALIA PER UNA VISITA DI STATO

 

Il Papa  riceverà domani pomeriggio, in udienza in Vaticano, il presidente russo Vladimir Putin che giungerà questa sera a Roma per la visita di Stato in Italia di due giorni. I momenti centrali sono il colloquio bilaterale con le autorità italiane, domani  mattina, e  i colloqui con la presidenza di turno italiana dell’Ue il presidente della Commissione, Romano Prodi, giovedì. Praticamente alla vigilia della visita, nell’intervista rilasciata all’agenzia Ansa, Putin ha affrontato molti temi a carattere internazionale. Ce ne riferisce Fausta Speranza.

 

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Innanzitutto riferiamo l’obiettivo  di tutto rilievo dichiarato da Putin in relazione all’auspicata visita di Giovanni Paolo II in Russia. Il mio impegno - annuncia  Putin – è “non tanto assicurare” l’arrivo del Papa a Mosca quanto favorire “tutti i passi” per giungere all’unità dei cristiani. Con una precisazione non trascurabile: “l’unità dei cristiani è importante per la Russia” perché le consentirà di “integrarsi in Europa” senza perdere cultura, identità, fede. Peraltro è allargato lo sguardo di Putin, che arriva in Italia ma sembra parlare al mondo in tema di Iraq, rapporti con l’Unione europea, questione nucleare, l’impegno in economia.

 

La Russia è stata sempre contraria alla soluzione militare in Iraq - chiarisce - dunque non invierà un contingente militare. Ma aggiunge le condoglianze agli americani per le loro perdite e promette un atteggiamento solidale con gli Usa. Il vero abbraccio è nei confronti dell’Unione Europea che definisce il “più grande partner economico e commerciale” ma anche “un naturale partner politico”. In  particolare c’è un rapporto privilegiato, sia in economia che in politica, ed è con l’Italia. Poi una precisazione geografica che è anche geopolitica: “la Russia non è nel continente americano ma in Europa”. Certamente, una parte consistente è anche in Asia ma “la Russia – spiega Putin - è innanzitutto un Paese di cultura europea”. In prospettiva, nelle parole del presidente russo, c’è l’impegno a modernizzare l’arsenale nucleare che si accompagna con la promessa di rafforzare il regime di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Su questi temi, parla di “partnership strategica con gli Usa, perché - spiega - le due “maggiori potenze atomiche hanno le maggiori responsabilità.”

 

Ma se il discorso si sofferma sul piano delle controversie internazionali, la posizione della Russia è chiara: l’uso della forza è concepibile quale “extrema ratio”, possibile “solo sulla base di una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Infine, sembra rivolto a tutti il messaggio in tema di economia: la Russia prosegue nella linea delle riforme economiche liberali e  democratiche. Non è un rischio – rassicura – l’offensiva giudiziaria che ha colpito il gigante petrolifero Yukos.

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Come abbiamo appena sentito, per la Russia è l’Unione Europea il “più grande partner economico e commerciale”. Non si può dimenticare che nel futuro prossimo dell’Unione c’è  l’allargamento ad est che include anche repubbliche ex sovietiche. Quale può essere dunque la prospettiva del vertice tra Ue e Russia?  Giada Aquilino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana e  esperto in particolare di questioni relative alla Russia.

 

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R. – Certamente, Russia e Unione Europea hanno l’esigenza comune di trovare un’intesa non solo per la vicinanza geografica ormai strettissima ma anche per trovare un equilibrio mondiale di fronte alla politica americana, non necessariamente in modo ostile agli Stati Uniti ma comunque con la necessità di ritrovare un equilibrio che, per tante ragioni, si è un po’ perso.

 

D. – Tra i problemi in discussione c’è il regime dei visti. Ma intanto si è parlato spesso dell’adesione della Russia all’Unione Europea. E’ un processo fattibile?

 

R. – Io credo che nel breve periodo non lo sia perché troppe sono le differenze anche normative, legislative tra queste due realtà. Sono troppe anche le differenze di interpretazione del sistema politico e democratico a cui tutti pure dicono di ispirarsi. Però, certamente, la vicinanza geografica e l’introduzione dell’Euro hanno inevitabilmente accelerato certi processi. La Russia ha già cambiato in Euro il 20 per cento delle proprie riserve monetarie e questo è uno straordinario sistema per avvicinare le due realtà.

 

D. – Putin ha detto che l’integrazione della Russia in Europa può essere facilitata dall’unità dei cristiani e che assicurerà tutti quei passi che possano favorire questa unità …

 

R. – Credo che Putin sia un leader molto intelligente e che abbia ben presente anche questo aspetto. Ora sa che la Russia ha bisogno di contatti con l’Europa che siano più “caldi” dei contatti commerciali di per sé già molto importanti. Credo che, da questo punto di vista, sia sincero quando dice di voler lavorare per l’unità dei cristiani.

 

D. – Quindi, in questo quadro, quanto è possibile una visita del Papa in Russia?

 

R. – Nelle condizioni attuali credo che francamente le possibilità siano poche. Credo però che sia possibile lavorare su questo obiettivo e che non sia assolutamente impossibile conseguirlo in futuro.

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IL PREMIER ISRAELIANO SHARON IN VISITA A MOSCA

CONFERMA LE SUE CONDIZIONI AI PALESTINESI

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Il premier israeliano Ariel Sharon, in visita a Mosca, ha oggi confermato di essere pronto a “grandi concessioni” nei confronti dei palestinesi se si riterrà  convinto che essi “vogliano davvero la pace”; ciò tuttavia potrà avvenire solo quando ci sarà una nuova direzione palestinese che si opporrà al terrorismo. Sharon, che ieri era stato ricevuto dal presidente russo  Vladimir Putin, si è incontrato oggi con il ministro degli  esteri Igor Ivanov. Ma su queste dichiarazioni  ascoltiamo il commento dell’inviato del Corriere della Sera Antonio Ferrari, al microfono di Roberto Piermarini.

 

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R. – Le dichiarazioni di Sharon non sono nuove, perché più volte aveva detto: “Sono pronto a fare dolorose concessioni”. La novità è che fa questa promessa, in pratica, davanti a Vladimir Putin, con il quale Sharon ha un ottimo rapporto personale. Il problema, a questo punto, non è soltanto nelle dichiarazioni, ma è nei fatti. In fondo, queste “dolorose concessioni” di cui Sharon ha parlato molte volte, si devono tradurre in fatti. Quali possono essere i fatti? Congelare gli insediamenti, favorire il ricevimento di lavoratori palestinesi in Israele e consentire anche ai lavoratori palestinesi di potersi muovere più liberamente. Segnali di questo tipo gli erano già stati chiesti ad Aqaba durante l’incontro che, praticamente, lanciò la road-map. Ora vedremo se Sharon avrà la volontà di andare contro anche all’estrema destra del suo stesso governo e, quindi, condizionarne le scelte imponendo la sua volontà.

 

D. – Antonio Ferrari, secondo lei, quest’apertura di Sharon può essere stata condizionata dal sondaggio dell’Unione Europea che considera Israele uno dei Paesi più pericolosi del mondo?

 

R. – Il sondaggio potrebbe avere in qualche modo condizionato l’atteggiamento del governo israeliano. E’ chiaro, però, che, al di là dell’inopportunità e anche dell’inavvedutezza delle domande proposte nel sondaggio, c’è un atteggiamento critico da parte di una fetta dell’opinione pubblica europea, non tanto su Israele quanto nei confronti del suo governo. La critica è nei confronti del modo in cui viene affrontato il problema della possibilità di proseguire nella road-map verso una pacificazione. Il segnale è forte ed è un segnale che non è molto lontano da quello che arrivava dagli americani. Gli americani non hanno fatto sondaggi, però hanno fatto sapere chiaramente a Sharon che da una parte i palestinesi devono combattere efficacemente per smantellare le organizzazioni terroristiche per vincere il terrorismo, dall’altra Israele deve compiere quei passi che gli erano stati chiesti e di cui stavamo parlando prima.

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IL RISPETTO DELLE PROPRIE IDENTITA’ ALLA BASE DEL DIALOGO TRA CRISTIANI

E MUSULMANI, IN ITALIA E IN EUROPA. AI NOSTRI MICROFONI,

IL MINISTRO DELL’INTERNO ITALIANO, GIUSEPPE PISANU

 

Una commissione per elaborare la Carta europea sul Dialogo interreligioso. E’ questa la proposta che il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, intende portare all’attenzione dei suoi colleghi dell’Unione europea, giovedì prossimo. Il capo del Viminale ne ha parlato con il nostro Luca Collodi, in un’intervista che ha affrontato anche il tema particolarmente attuale dell’integrazione dei musulmani nella società italiana:

 

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R. – Il 6 novembre porterò al Consiglio dei ministri degli Interni europei la proposta di costituire una Commissione per elaborare la Carta, convinti come siamo che questo dialogo sia fattore formidabile di coesione sociale nelle società europee a forte immigrazione, oltre che strumento di pace.

 

D. – Lei più volte ha sollecitato gli islamici che vivono in Italia a organizzarsi, a fare una specie di Consulta di culto ...

 

R. – Il mio punto di partenza è questo: soltanto una percentuale molto bassa, nell’ordine dal 3 al 5 per cento, è esposta alla predicazione estremista. Osservo che il 95 per cento degli islamici sono qui esclusivamente alla ricerca di pane, lavoro e rispetto della loro dignità umana e della loro identità culturale e religiosa. Ebbene, con questo 95 per cento non parla nessuno. Con costoro le istituzioni debbono parlare, raccogliendo le loro esigenze, le loro preoccupazioni, aiutandoli a risolvere i problemi che derivano anche dalla loro identità religiosa e culturale. Io voglio creare in Italia una Consulta islamica, fatta tutta di moderati, di persone cioè disposte al dialogo nel rispetto rigoroso delle nostre leggi, della nostra cultura e della nostra identità.

 

R. – Ministro Pisanu, un altro scoglio nel dialogo interreligioso potrebbe essere rappresentato dall’assetto giuridico dei Paesi occidentali, dei Paesi europei?

 

D. – Su quello, noi non possiamo cedere di un millimetro. I nostri ordinamenti giuridici e politici e il metodo della democrazia sono beni non disponibili per il dialogo.

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LA QUESTIONE DELLA LAICITA’ AL CENTRO DEI LAVORI

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE

- Intervista con il prof. René Rémond -

 

Si sono aperti stamani a Lourdes i lavori della Conferenza episcopale francese. I presuli per una settimana concentreranno la loro attenzione su due grandi temi: la riforma delle strutture della Conferenza ed il ruolo della Chiesa nella Francia di oggi, sia per quanto riguarda i rapporti con lo Stato, sia per il suo posto nella società civile. Un tema di particolare attualità, specialmente dopo che le  polemiche suscitate dalla questione del velo islamico nelle scuole hanno riacceso il dibattito sulla laicità nel Paese. Gabrielle De Jasay, della nostra redazione francese, ha intervistato il prof. René Rémond, presente ai lavori e membro della Commissione sulla laicità, che conferma come, in questo momento, i rapporti tra Stato e Chiesa siano buoni.

 

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R. – TOUT A FAIT, PARCE QUE ...

Certamente, anche perché oggi non esistono motivi di dissenso, anzi l’atmosfera è abbastanza tranquilla. Sono state avviate molte iniziative che lasciano intravedere un certo riconoscimento, da parte del  potere pubblico, del fatto religioso e quindi il riconoscimento quasi unanime dell’esistenza di relazioni cordiali fra la società e la religione. D’altra parte, assistiamo ad una certa radicalizzazione di una parte della popolazione musulmana. L’Islam ha una visione diversa dei rapporti tra religione e società e questo pone un problema che non tocca soltanto la laicità ma anche l’integrazione. Questioni quali il velo islamico fanno infiammare l’opinione pubblica e per alcuni diventano un pretesto per chiedere l’abrogazione di alcuni diritti ormai riconosciuti alle confessioni cristiane.

 

D. – Questo dibattito potrà, dunque, influenzare i lavori di Lourdes?

 

R. -  JE PENSE QU’ON VA POSER LE PROBLEME …

Penso che il problema sarà affrontato in termini generali, in particolare per quanto riguarda l’aspetto della libertà religiosa e dell’uguaglianza delle religioni di fronte alla legge. E’ chiaro che non si possono fare distinzioni perché è proprio su questo punto che si concentra l’attenzione dell’opinione pubblica a causa delle molteplici implicazioni: dall’identità nazionale alla condizione della donna, dall’uguaglianza tra uomo e donna alla libertà di coscienza. Sono tutti problemi che sono oggetto di un grande dibattito all’interno della società. Mi sembra, quindi, positivo il fatto che questo dibattito trovi un’eco  nelle deliberazioni dell’assemblea episcopale.

 

D. – In questo contesto, secondo lei, su quali linee potrà orientarsi la riflessione dei vescovi francesi?

 

R. - CELUI DE LA PAROLE DE L’EGLISE …

La parola della Chiesa tocca problemi che attingono all’etica o sui quali, comunque, essa ha qualcosa da dire, quali la giustizia, la solidarietà, la trasmissione della vita e, in termini più generali, i diritti dell’uomo ed i valori morali. Secondo me, le Chiese  hanno la responsabilità del piano morale, devono contribuire alla formazione non solo delle coscienze individuali ma anche di quella collettiva. Devono ricordare alcuni grandi principi. A loro spetta il ruolo profetico.

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CHIESA E SOCIETA’

4 novembre 2003

 

 

PRESENTATE QUESTA MATTINA A FIRENZE, LE CELEBRAZIONI

PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI GIORGIO LA PIRA, CHE CADRA’ NEL 2004.

DOMANI POMERIGGIO, NELLA BASILICA FIORENTINA DI SAN MARCO,

IL CARDINALE PIOVANELLI PRESIEDERA’ LA MESSA

 PER IL 36.MO DELLA MORTE, AVVENUTA NEL ‘77

 

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

FIRENZE. = “Sull'orizzonte del tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. Una delle ultime riprove si ha nel meraviglioso fiorire di santità laica. Noi incrociamo per le strade coloro che fra cinquant'anni saranno forse sugli altari: per le strade, nelle fabbriche, al Parlamento, nelle aule universitarie”. Giorgio La Pira fece un giorno questa affermazione senza sapere di pronunciare parole profetiche che lo avrebbero riguardato. Fu lui – uno degli uomini politici di spicco della giovane Italia repubblicana, siciliano di nascita e fiorentino d’adozione - uno dei “fiori” di quella santità laica che tanto lo affascinava e che lo indusse a coniugare in modo alto le sue profonde convinzioni cristiane con le responsabilità civiche e sociali che gli venivano dal suo ruolo di amministratore della cosa pubblica. Il 9 gennaio 2004 si festeggeranno i 100 anni della nascita di Giorgio La Pira e la Fondazione che porta il suo nome ha presentato questa mattina, nella sua sede di Firenze, le celebrazioni per il centenario, mentre domani, alle 18.30, l’arcivescovo del capoluogo toscano, il cardinale Ennio Piovanelli, presiederà una Messa in occasione del 27.mo anniversario della morte di La Pira, per il quale è in corso dall’86 il processo di beatificazione. Le manifestazioni del centenario serviranno a riscoprire lo spessore umano e politico dell’antico sindaco di Firenze - carica che resse per quasi 15 anni - le sue intuizioni in campo internazionale (La Pira fu il primo occidentale nel ’59 a superare la Cortina di ferro per recarsi in Russia, e nel ’65 in Vietnam), la sua lungimiranza di uomo di pace (restano famosi i suoi “Colloqui mediterranei”, che posero le basi del dialogo franco-algerino) e la sua profondità spirituale, che gli impedì di celare la propria scelta del Vangelo dietro le convenienze del suo ruolo. “Non è consentita al cristiano nessuna neutralità - aveva scritto già nel '39 in Princìpi - Se c'è un male, egli deve intervenire per porre riparo, per quanto è possibile, agli effetti dannosi del male. Perché altrimenti che senso avrebbe il precetto dell'amore?”.

 

 

APPELLO DEI VESCOVI DELL’AFRICA CENTRALE AGLI STATI PRODUTTORI DI PETROLIO DEL CONTINENTE: I POPOLI AFRICANI DEVONO BENEFICIARE DELLE RENDITE

DEL GREGGIO, MENTRE LE COMPAGNIE PETROLIFERE

EVITINO DI DEGRADARE L’AMBIENTE

 

N’DJAMENA. = Una migliore distribuzione delle rendite petrolifere a favore dei popoli africani. È quanto chiedono i vescovi dell’Associazione della Conferenza Episcopale dell’Africa centrale (Acerac), la cui commissione “Giustizia e Pace” ha organizzato un seminario di studio sull’industria estrattiva in Africa, che si terrà in Ciad a novembre. I vescovi constatano che l’Africa centrale è ricca di petrolio e di altre risorse naturali, ma le popolazioni di questi Paesi rimangono tra le più povere del pianeta. I vescovi chiedono a compagnie petrolifere, governi e istituzioni economiche internazionali, oltre che alle Chiese dei Paesi occidentali, di aiutare a implementare una politica di gestione trasparente della risorse dell’Africa Centrale. Molto spesso, viene posto in risalto, il petrolio e le altri risorse sono estratti senza alcune considerazione di carattere ecologico, con conseguente degrado ambientale a scapito delle popolazioni locali, che vedono le loro coltivazioni inquinate da petrolio e altre sostanze chimiche. Nell’incontro del luglio 2003, svoltosi a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, i componenti dell’Acerac avevano denunciato il grave peggioramento delle condizioni di vita nei loro Stati. I membri dell’Acerac sono Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo Brazzaville, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad, tutti Paesi produttori di petrolio. L’ultimo in ordine di tempo è il Ciad, che ha iniziato a esportare il proprio petrolio nelle scorse settimane, grazie ad un oleodotto lungo 1500 km. (A.D.C.)

 

 

LA PIAGA DEL LAVORO MINORILE NEL MONDO ARABO COLPISCE

CIRCA 12 MILIONI DI BAMBINI, MOLTI DEI QUALI ABBANDONATI DALLE FAMIGLIE.

LA DENUNCIA VIENE DALLA LEGA ARABA, CHE STA STUDIANDO IL FENOMENO

IN VISTA DEL VERTICE SULLA FAMIGLIA DEL 2004

 

ABU DHABI. = Il problema del lavoro minorile e dei bambini di strada nel mondo arabo ha assunto proporzioni allarmanti tanto che la Lega Araba ha posto in secondo piano altre emergenze sociali e sanitarie come la disoccupazione o la diffusione dell’Hiv, il virus responsabile dell'Aids. Secondo le fonti dell’organismo panarabo, sarebbero circa 12 milioni i minori che lavorano nei Paesi della Lega. Molti di questi inoltre sarebbero bambini abbandonati che vivono per le strade. “Altre organizzazioni come l'Onu si stanno concentrando sull'emergenza Hiv, ma nel mondo arabo dobbiamo invece risolvere la piaga dello sfruttamento minorile e dei minori che vivono in strada”, ha dichiarato Abla Ibrahim, direttrice del Dipartimento Maternità e Infanzia della Lega Araba. Il vero problema è stilare una mappa della situazione reale, basata su cifre attendibili. “Non solo non abbiamo dati certi – ha denunciato la Ibrahim - ma i datori di lavoro coinvolti riescono a nascondere senza difficoltà le violazioni. Il problema è reso ancora più complicato dal fatto che molti di questi bambini vivono in strada, sfuggendo al censimento, ai servizi sociali e a quelli scolastici”. L'alleanza araba sta conducendo una serie di studi allo scopo di sostenere politiche a difesa dei minorenni. Un primo passo, è stato il recente convegno internazionale sul tema “La pace prima di tutto e sempre'', tenutosi negli Emirati Arabi Uniti, durante il quale sono state portate alla luce alcune delle problematiche legate all'infanzia nel mondo arabo. Ma la questione del lavoro minorile e dei bambini di strada verrà affrontata più ampiamente nel prossimo vertice dei Paesi Arabi sulla Famiglia, in programma nel 2004. (A.D.C.)

 

 

NELSON MANDELA RIUNIRA’ IL MONDO DELLA MUSICA IL 29 NOVEMBRE

A CITTA’ DEL CAPO NEL PIU’ GRANDE CONCERTO ONLINE MAI TRASMESSO

 SU INTERNET. GLI INTROITI DELL’EVENTO A FAVORE DELLA LOTTA

CONTRO L’AIDS IN AFRICA

 

CITTA’ DEL CAPO. = il Sud Africa ospiterà il 29 novembre un concerto benefico per richiamare l'attenzione del pubblico nei confronti della piaga dell'Aids. L'evento, battezzato 46664 – dal numero di detenzione di Nelson Mandela - è stato fortemente voluto dall'ex-presidente sudafricano, Premio Nobel per la pace. Il concerto si terrà al Green Point Stadium di Città del Capo e verrà registrato per la realizzazione di un CD e DVD che usciranno all’inizio del 2004: i proventi delle vendite alimenteranno i fondi della campagna anti-Aids. Molte le star internazionali che si esibiranno a Città del Capo: David Bowie, Beyoncé, Bono degli U2, Anastacia, Ms Dinamite, insieme a molti altri artisti locali, per un evento al quale sono previste oltre 3 mila persone. “Attualmente milioni di persone sieropositive sono solo un numero”, ha dichiarato Mandela. “Anche loro scontano una prigionia a vita. Ecco perché per la prima volta permetto che il mio numero di prigioniero sia il marchio di questa campagna”. L’ex capo di Stato ha poi aggiunto: “In Africa, si sta abbattendo una tragedia di proporzioni mai viste. L'Aids adesso sta portandosi via più vite di quelle che si sono portate via tutte le guerre, le carestie, gli alluvioni e le malattie come la malaria. Dobbiamo agire adesso per salvare il mondo. L'Aids non è più una malattia, è una questione di diritti umani". (M.A.)

 

 

LA PROGRESSIVA DISTRUZIONE DELLE FORESTE E’ LA CAUSA DEL DISBOSCAMENTO

SELVAGGIO DELL’INDONESIA. GRAVI SONO I RISCHI PER LA PAPUA NUOVA GUINEA, NELL’ESTREMO ORIENTE DEL PAESE, CHE PERDE OGNI ANNO

3 MILIONI E 800 MILA ETTARI DI ALBERI

 

GIAKARTA. = Il disboscamento in Indonesia, Repubblica del sud est asiatico, che comprende il vasto arcipelago situato tra l’Indocina e l’Australia, procede a pieno ritmo, giorno e notte. I rischi sono altissimi, sostiene l’organizzazione non governativa “Forest Watch Indonesia”. Il direttore dell’organizzazione, Togu Manurung, ha poi sostenuto che la provincia dove maggiore è la deforestazione è la Papua Nuova Guinea che in passato ha dato concessioni per lo sfruttamento delle proprie foreste a più di 15 imprese, comportando una perdita di 600 mila metri cubi di legname ogni anno. L'80% circa delle foreste, che nel passato ricoprivano la superficie del pianeta, sono state distrutte e la maggior parte di queste negli ultimi 30 anni. Un quinto di questa percentuale è attribuibile al disboscamento. Sono in molti a sostenere che con questo ritmo nei prossimi decenni potremmo perdere aree di foresta equivalenti alla superficie di tutto il continente. Le foreste giocano un ruolo fondamentale per le dinamiche del clima a livello planetario e rappresentano anche una barriera importante per le eventuali inondazioni e frane a cui i Paesi asiatici sono soggetti. Inoltre, quando vengono distrutte, rilasciano grandi quantità di carbonio. Questo raggiunge l'atmosfera contribuendo in maniera massiccia all'effetto serra. Basti pensare che gli incendi divampati nella foresta pluviale Indonesiana nel 1997 hanno rilasciato quantità di anidride carbonica pari a quelle rilasciate annualmente dalla combustione di combustibili fossili in Europa Occidentale. E’ certo che l'industria del legname è la causa principale del disboscamento selvaggio, che riceve forti introiti dall’uso della cellulosa, carta e prodotti in legno provenienti dalle foreste. (M.A.)

 

 

COLTO DA MALORE MENTRE GUIDAVA NEL CENTRO DI MILANO,

L’INDUSTRIALE LOMBARDO ALBERTO FALCK, PER LUNGO TEMPO A CAPO

DI UNA DELLE PIU’ GRANDI INDUSTRIE SIDERURGICHE ITALIANE

 

MILANO. = Una carambola spaventosa tra i marciapiedi del centro di Milano, un’auto “impazzita” che investe alcuni passanti, lo schianto finale. E poi la drammatica scoperta: a bordo dell’auto, il volto cinereo di Alberto Falck, 65 anni, erede di una dinastia italiana di industriali dell’acciaio, che muore tra le braccia del figlio pochi istanti dopo aver inconsapevolmente seminato il panico. E’ accaduto ieri, nei pressi del Teatro alla Scala di Milano, verso le 13.30. Falck, probabilmente colto da infarto mentre guidava a velocità ridotta, ha lasciato all’inerzia della sua auto senza più controllo il folle zig-zag finale. Cinque persone sono rimaste ferite, tre di esse sono finite all’ospedale, una è in prognosi riservata per trauma cranico. Nonostante gli immediati soccorsi, per l’industriale milanese non c’è stato scampo. Il rettore del vicino Seminario di San Giuseppe, don Giuseppe Maggioni, ha fatto appena in tempo ad assolvere in punto di morte Albero Falck, raggiunto dal figlio Enrico, che viaggiava poco dietro l’Audi A6 del padre. Sposato e padre di tre figli, l’industriale siderurgico era attualmente presidente di Actelios, piccola società attiva nell'energia da fonti rinnovabili, azionista dei più importanti gruppi italiani, oltre che presidente in carica dell'Associazione italiana delle aziende familiari, vicepresidente dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti e consigliere dell'Università Cattolica. (A.D.C)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 novembre 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

L’ombra della crisi istituzionale si abbatte sullo Sri Lanka. La presidente Kumaratunga ha approfittato dell’assenza del premier Wickremesinghe, in visita alla Casa Bianca, per rimuovere i ministri di Interno, Difesa e Informazione. Dietro la manovra, la preoccupazione della presidente che il governo stia facendo troppe concessioni nelle trattative di pace con i guerriglieri separatisti Tamil, la cui lotta contro il governo di Colombo ha già causato oltre 60 mila vittime in 20 anni di guerra civile. Il primo ministro Wickremesinghe ha già accusato la Kamaratunga di voler gettare il Paese nel caos e nell'anarchia. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Sono arrivati allo scontro finale la presidente dello Sri Lanka, Chandrika Kamaratunga, e il suo rivale politico, il primo ministro Ranil Wickramasinghe. La convivenza, durata due anni, è ufficialmente terminata oggi con la decisione della signora Kamaratunga di licenziare tre ministri del governo, proprio mentre Wickremesinghe si trova a Washington per un incontro con Bush. Si tratta di tre ministri importanti, con cui negli ultimi tempi aveva avuto dei forti contrasti, soprattutto sul processo di pace in corso con i ribelli separatisti delle Tigri Tamil. La presidente avrebbe già nominato dei tecnici a capo dei tre dicasteri. E’ una decisione che rientra comunque nei poteri a lei conferiti dalla Costituzione singalese, anche se alcuni analisti temono che la situazione possa precipitare in un golpe. Per timore di eventuali reazioni da parte dell’opposizione, la presidente ha anche sospeso per due settimane il Parlamento e schierato alcune divisioni dell’esercito nel centro di Colombo, dove sorgono le sedi di alcuni giornali, radio e televisioni. Il partito della Kamaratunga aveva rigettato la proposta avanzata sabato scorso dalle Tigri per un governo autonomo ad interim nel nord-est dell’isola, dove abita la minoranza Tamil.

 

Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Non ha provocato vittime ma solo danni materiali l’esplosione che ha colpito stamani l’ambasciata turca a L’Aja, in Olanda. A saltare in aria – secondo fonti di Ankara - è stato un ordigno piazzato sulla porta d’ingresso della rappresentanza diplomatica, che dopo lo scoppio ha provocato un incendio. Ignota, al momento, la matrice dell’attentato.

 

Violenza senza tregua in Iraq. Stamani a Mosul, nel nord del Paese, è stato ucciso il vicepresidente della Corte d’appello, responsabile dei processi agli ex membri del partito Baath, la formazione politica di Saddam. Si tratta del secondo giudice assassinato in poche ore. A Baghdad, invece, è esploso un ordigno artigianale, uccidendo un soldato americano e ferendone altri due. Ma, di fronte ai continui attentati in Iraq, la linea degli Stati Uniti non cambia: i soldati americani non si ritireranno dal Golfo, ha ribadito il presidente Bush in Alabama:

 

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“L’America non scapperà mai dall’Iraq”: il capo della Casa Bianca ha detto che gli Stati Uniti piangono ogni caduto, onorano ogni nome, compatiscono ogni famiglia e sono grati del fatto che la libertà abbia trovato simili difensori. Il presidente ha aggiunto che i nemici credono di intimidire l’America e farla fuggire, uccidendo civili innocenti, membri delle organizzazioni umanitarie e soldati della coalizione. Ma la missione in Iraq è vitale e gli Stati Uniti non revocheranno la missione nel Golfo. Negli Stati Uniti, però, rimane in corso il dibattito sui motivi dell’occupazione e sull’opportunità di continuarla. I sondaggi segnalano una flessione nella fiducia del pubblico per la leadership di Bush in Iraq, ma la maggioranza degli americani resta ancora favorevole a continuare la missione. Il Pentagono sta valutando cambiamenti tattici e strategici, che potrebbero rendere più sicura la presenza Usa in Iraq. Voli di elicotteri come quello di domenica – quando un aeromobile americano è stato abbattuto - dovrebbero essere sospesi nelle ore diurne, mentre il ricorso alla polizia locale e a ciò che rimane dell’esercito iracheno per riportare l’ordine potrebbe essere accelerato.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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“Un evento centrale della memoria collettiva” dell’Italia, ricordando la vittoria alla prima guerra mondiale. Queste le parole del capo di Stato italiano Ciampi nel commemorare il 4 novembre. Stamani a Roma, con l’omaggio alla tomba del Milite Ignoto prima e in una cerimonia al Quirinale poi, Ciampi ha celebrato il giorno dell'Unità nazionale, festa delle Forze Armate. Durante la consegna delle onorificenze dell'Ordine Militare, il presidente della Repubblica ha sottolineato quanto sia necessario “ammodernare e migliorare le forze armate”, le quali – ha aggiunto – hanno ritrovato negli ultimi anni “una profonda sintonia con la nostra società civile, grazie alle missioni di pace, di tutela della sicurezza e contro il terrorismo”.

 

Ma in Italia rimane alta la tensione per il pericolo di attacchi eversivi. Un pacco è esploso stamani nella stazione dei carabinieri di viale Libia, a Roma. Un maresciallo è rimasto ferito. Lo scoppio è avvenuto quando l’uomo ha aperto una busta consegnata con la corrispondenza.

 

E’ Simon Kukes il nuovo presidente della compagnia petrolifera russa Yukos, dopo l’arresto di Mikhail Khodorkovski, il magnate arrestato il 25 ottobre e dimessosi ieri dalla guida della società. Kukes, nato in Russia, è un cittadino americano. La settimana scorsa si era dimesso anche il capo dello staff presidenziale, l’eltsiniano Aleksandr Voloshin, poi sostituito da Dmitri Medvedev.

 

Esito davvero incerto alle elezioni legislative svoltesi domenica in Georgia. Lo scrutinio, ancora in corso, potrebbe decretare la conferma alla guida del Paese caucasico dei partiti che appoggiano il presidente Shevardnadze, oppure sancire la clamorosa affermazione dell’opposizione. Il voto è stato caratterizzato da numerose irregolarità – secondo quanto denunciato dagli osservatori internazionali – e potrebbe essere motivo di scontro politico e sociale. Ma quali sono i motivi della mancanza di stabilità in Georgia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’ambasciatore Sergio Romano:

 

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R. - Quello che mi sembra evidente è il logorio dell’attuale sistema. Di tutte le ex Repubbliche sovietiche, la Georgia è quella che tutto sommato ha avuto la sorte peggiore. Nella vecchia Unione Sovietica la Georgia era invece tra i Paesi che godevano di maggiore prosperità, di credibilità a Mosca superiore a quella delle altre. Il Paese non è mai riuscito a decollare.

 

D. – La Georgia, secondo lei, in qualche modo ha subito l’influenza della situazione che c’è un po’ in tutto il Caucaso?

 

R. – Certamente ci sono state infiltrazioni dal Caucaso settentrionale, daghestani, ceceni, i quali hanno finito poi per combattere anche in Georgia le loro guerre.

 

D. – C’è un qualche motivo, per cui alla comunità internazionale potrebbe interessare una Georgia più stabile?

 

R. – Il problema della Georgia è che tutti vorremmo farne una Svizzera, ma le condizioni non mi sembra che esistano. Ho l’impressione che prima o poi la Georgia possa finire per diventare il satellite di qualcuno. La Georgia si trova fra due grandi potenze: la Russia da un lato, gli Stati Uniti dall’altro. Vediamo alla fine quale scelta le sarà possibile fare.

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E’ tragicamente salito a 170 vittime il bilancio delle inondazioni che hanno colpito negli ultimi giorni l’isola di Sumatra, in Indonesia. A causa di forti piogge torrenziali, un fiume del parco nazionale Gunung Leuser è straripato, trascinando via ponti, strade e case, affollate in maggioranza da turisti.

 

Dopo il cessate il fuoco siglato domenica, il Burundi fissa un calendario per il cammino verso la pace. Per il 23 novembre prossimo è previsto l’ingresso nel governo dei ribelli delle Forze per la difesa della democrazia (Fdd), firmatari dell’intesa: a loro toccheranno 4 ministri. Due giorni prima, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia – finora ala politica della guerriglia – diventerà un partito riconosciuto.

 

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