RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 306 - Testo della Trasmissione di domenica 2 novembre 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa commemora oggi tutti i fedeli defunti: l’invito di Giovanni Paolo II all’Angelus a riflettere sul senso della nostra vita terrena

 

L’omaggio della diocesi di Roma a tutti i defunti della città:  Santa Messa celebrata ieri pomeriggio dal cardinale vicario Camillo Ruini nel Cimitero monumentale del Verano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ennesimo attentato in Iraq costa la vita ad almeno 13 soldati americani

 

Sale la tensione per possibili attacchi anche in Arabia Saudita: intervista con Alberto Negri

 

Crisi cecena: appello di International Helsinki Federation all’Unione Europea perche’ sappia mediare una soluzione di pace: con noi Aaron Rodhes

 

La scomparsa del leader induista Pandurangshastri Athavale: il ricordo mons. Felix Machado  

 

Un nuovo responsabile per lo scoutismo mondiale: Eduardo Missoni, ai nostri microfoni  

 

La storia dell’agonismo sportivo nel mondo classico in scena a Roma, presso il Colosseo, con la mostra “Nike. Il gioco e la vittoria”:  ce ne parla Eugenio Polito

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Medio Oriente si registrano nuove speranze per il dialogo israelo-palestinese

 

 Si corre oggi la Maratona di New York: al via sono attesi oltre 33 mila atleti

 

 Manifestazione a Caracas a sostegno dell’importante ruolo svolto dalla Chiesa locale per l’affermazione dei valori democratici nel Paese latinoamericano.

 

            IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 novembre 2003

 

 

 

LA CHIESA COMMEMORA OGGI TUTTI I FEDELI DEFUNTI:

L’INVITO DEL PAPA A RIFLETTERE SUL SENSO DELLA NOSTRA VITA TERRENA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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         “La Patria celeste” è la “meta ultima del nostro pellegrinaggio qui sulla Terra”: la voce di Giovanni Paolo II si è levata, pure affaticata, per parlare - prima della recita dell’Angelus - ai fedeli numerosi riuniti in Piazza San Pietro, in questa mattinata romana d’inizio novembre, dal clima quasi primaverile. Ieri, dunque, la Solennità di tutti i Santi - ha ricordato il Papa - ed oggi “il nostro sguardo orante si volge a coloro che hanno lasciato questo mondo e attendono di raggiungere la Città celeste”.

 

“Da sempre la Chiesa ha esortato a pregare per i defunti. Essa invita i       credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna.”

 

         Per questo ha aggiunto il Santo Padre “è importante e doveroso pregare per i defunti, perché anche se morti nella grazia e nell’amicizia di Dio, essi forse abbisognano ancora di un’ultima purificazione per entrare nella gioia del Cielo. E “il suffragio per loro si esprime in vari modi, tra i quali anche la visita ai cimiteri.”

 

“Sostare in questi luoghi sacri costituisce un’occasione propizia per riflettere sul senso della vita terrena e per alimentare, al tempo stesso, la speranza nell'eternità beata del Paradiso.”

 

         Quindi dopo la recita dell’Angelus i saluti in polacco e in italiano del Papa, che offerto la preghiera mariana a tutti ai defunti in particolare per i fedeli dimenticati.

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L’OMAGGIO DELLA DIOCESI DI ROMA A TUTTI I DEFUNTI DELLA CITTA’

 

           Come è tradizione la Diocesi di Roma ha commemorato ieri pomeriggio i suoi defunti: liturgie eucaristiche sono state ospitate nei Cimiteri di Prima Porta, di Ostia antica e in quello monumentale del Verano, dove la Messa – cui hanno partecipato centinaia di fedeli - è stata celebrata dal cardinale vicario, Camillo Ruini, che ha invitato a riflettere sul significato cristiano della morte e sulla chiamata alla santità per tutti. Un pensiero particolare il cardinale Ruini  ha rivolto al Papa, che il 1 novembre del 1957 a Cracovia venne consacrato sacerdote. Il servizio di Benedetta Capelli:

 

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Sotto un cielo plumbeo e  alla presenza di molti fedeli, il Cardinale Ruini ha celebrato la solenne messa a ricordo dei defunti, che come ha ribadito non sono spariti nel nulla ma vivono in una condizione misteriosa, vera e reale, vicini a Dio. Su questa vicinanza noi cristiani siamo chiamati a riflettere, a cercare di assimilare la nostra vita a quella di Cristo:

 

         “Come è possibile vivere realmente come Dio? Questo è possibile soltanto perché Dio per primo è vissuto come noi, ed è vissuto con noi”

 

Dal Vangelo delle beatitudini ci arriva l’invito più forte per comprendere come si possa vivere a somiglianza del Signore, affidandosi alle preghiere dei santi:

 

         “E anzitutto affidiamo noi stessi alle preghiere dei santi, a cominciare da Maria Santissima, ed ai santi su cui si  è fondata la Chiesa di Roma, gli Apostoli Pietro e Paolo, martiri qui a Roma. E soprattutto ci affidiamo al sacrificio di Cristo. Cristo è il nostro fratello primogenito, primogenito dei risorti dai morti, perché anche noi possiamo risorgere con Lui. Egli ci introduce nella pienezza della vita”.

 

Nel giorno della celebrazione dei Santi, il cardinal Ruini ha ricordato i 57 anni dalla consacrazione al sacerdozio del Papa ed ha indicato come esempio della vicinanza tra Dio e gli uomini la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta:

 

         “In lei, l’umanità intera in qualche modo si è riconosciuta. In lei è stata riconosciuta la grandezza della donazione di se stessi per gli altri, ma al fondo di questa donazione c’è la donazione della sua vita, che Madre Teresa ha fatto a Gesù Cristo”.

 

         Benedetta Capelli, Radio Vaticana.

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 novembre 2003

                                                                                                            

 

 

 

IN ARABIA SAUDITA, PAESE CONFINANTE CON L’IRAQ, È ALTO L’ALLARME ATTENTATI. A CAUSA DI QUESTI TIMORI L’AMBASCIATA AMERICANA, A RIAD, HA INVITATO I CITTADINI STATUNITENSI AD EVITARE VIAGGI NEL REGNO ARABO

 

- Intervista con l’inviato speciale del Sole 24 ore, Alberto Negri -

 

In Arabia Saudita l’interminabile catena di violenze perpetrate nel confinante Stato iracheno, Paese dove oggi sono morti almeno 13 soldati americani a causa dell’abbattimento di un elicottero statunitense, e l’inizio del Ramadan fanno crescere i timori di attentati antiamericani. Proprio per discutere sui principali aspetti legati alla sicurezza regionale nel dopoguerra, si è aperta questa mattina a Damasco la riunione dei ministri di sette Paesi vicini all’Iraq, tra cui quello saudita. A causa del crescente allarme attentati, l’ambasciata di Washington a Riad ha intanto invitato i cittadini americani ad evitare di recarsi nel Regno arabo. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 ore:

 

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R. – Questo avvertimento forse deriva da una serie di situazioni che si sono create in queste settimane, non ultimi gli attacchi che abbiamo visto proprio ieri a Baghdad. Non dimentichiamo che proprio in Arabia Saudita ci sono stati attentati di grossa portata contro obiettivi non soltanto sauditi ma anche americani.

 

D. – C’è stato un periodo, alcuni mesi fa, in cui gli Stati Uniti accusavano abbastanza apertamente il governo saudita per l’appoggio dato a Osama Bin Laden e a tutta la rete di Al Qaeda …

 

R. – Questa situazione in qualche modo sembra essere virata verso un altro tipo di rapporto in cui i sauditi hanno dimostrato di voler collaborare nella lotta al terrorismo, anche se gruppi islamici si sono molte volte opposti alla politica dinastica reale: basti ricordare i molti attentati che ci sono stati negli anni scorsi alla Mecca durante il pellegrinaggio che hanno messo in evidenza quante spinte diverse e contrastanti ci siano oggi nel mondo musulmano.

 

 

D. – Secondo alcuni osservatori, la Casa Bianca può permettersi oggi di essere un po’ più dura con Riad perché con la seconda guerra del Golfo ha acquistato più indipendenza dal petrolio dell’Arabia Saudita …

 

R. – Su questa indipendenza americana dal petrolio io starei un po’ attento: ricordiamoci sempre che il Golfo Persico, il Golfo degli arabi possiede non soltanto la maggior parte della produzione mondiale, ma anche il 60 per cento delle riserve petrolifere accertate. E’ il petrolio che costa meno da estrarre e che più facilmente può essere indirizzato sui mercati.

 

D. – Sì, però nel Golfo non c’è soltanto l’Arabia Saudita, c’è anche l’Iraq e quindi gli Stati Uniti adesso potrebbero contare sul petrolio iracheno?

 

R. – Sì, ma è anche vero che non si tratta del petrolio in un solo Paese; non si tratta più di avere soltanto un serbatoio di benzina più importante degli altri, ma una rete di rapporti che in qualche modo consentano agli Stati Uniti di controllare questo petrolio.

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LA SANGUINOSA CRISI CECENA CONTINUA A MIETERE VITTIME: APPELLO DI INTERNATIONAL HELSINKI CONFERENCE PERCHE’ L’UNIONE EUROPEA

 SAPPIA MEDIARE UNA SOLUZIONE DI PACE CON LA FEDERAZIONE RUSSA

 

La guerra in Cecenia tra ribelli indipendentisti islamici e forze della Federazione russa continua a riscuotere un alto tributo di sangue tra militari, ribelli e soprattutto vittime civili inermi. Lo denuncia la International Helsinki Federation, organizzazione impegnata nel monitoraggio del rispetto dei diritti umani nei Paesi della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e lancia un appello all’Ue in vista del prossimo vertice con la Federazione Russa affinché eserciti pressioni che garantiscano un intervento in Cecenia sia a livello di Nazioni Unite che di Osce. Ma quale ruolo potrebbe giocare la Osce nella ricerca della pace in Cecenia? Stefano Leszczynski ha intervistato Aaron Rodhes, direttore esecutivo della Federazione Internazionale Helsinki.

 

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R. – OSCE HAS ACCOMPLISHED A GREAT DEAL

 L’Osce ha svolto un eccellente lavoro nei Balcani per quanto riguarda i diritti umani ed il processo di democratizzazione. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che raggruppa 55 Paesi europei, centro-asiatici e nord americani, ha avuto enormi problemi ad operare sulla questione cecena. La colpa di tali difficoltà è unicamente del governo russo, che non ha mai permesso alla Osce di svolgere un ruolo positivo. Mosca dovrebbe invece accettare questo aiuto e questo impegno internazionale che le viene offerto, perché è l’unica possibilità di risolvere la questione pacificamente.

 

D. - Voi avete rivolto un appello all’Ue affinché eserciti pressione sulla Russia in relazione alla crisi Cecena. Qual è stata la risposta che avete ottenuto?

 

R. - WE HAVE NOT BEEN ANSWERED.

In realtà una risposta ancora non l’abbiamo ricevuta, ma noi speriamo vivamente che l’Unione europea usi l’opportunità offerta dal summit del 6 novembre con la Federazione russa per esprimere la propria preoccupazione circa la crisi cecena e per insistere affinché la Russia adegui le proprie politiche nella regione agli standard internazionali dei diritti umani. Se l’Ue non coglierà quest’occasione ne deriverà un grave danno agli standard etici che l’Unione stessa si è imposta di promuovere e sostenere. Il governo russo vuole concludere una serie di vantaggiosi accordi di tipo economico e commerciale con l’Europa, ma tali accordi dovrebbero essere condizionati al rispetto delle regole internazionali. Cosa che il governo russo non ha finora fatto in Cecenia, violando anzi tutti gli impegni assunti in seno al Consiglio d’Europa ed alla Osce.

 

D. - La Russia giustifica la mano “pesante” in Cecenia, in quanto parte della guerra globale al terrorismo. Quanto è concreto questo pericolo in Cecenia?

 

R. – IT IS A REAL DANGER ...

E’ un pericolo reale e concreto, che non fa però che aggravarsi a causa di quanto i Russi stanno facendo laggiù. Nella politica russa la questione cecena risale alla fine del XVIII secolo e affermare, improvvisamente, che fa parte della ‘guerra globale al terrorismo’ sembra poco credibile. Il solo fatto che il governo russo applichi una strategia di brutalità in Cecenia, rafforza l’ideologia degli estremisti islamici, che si recano nella regione per combattere una Jihad il cui pretesto è fornito dalle politiche russe.

 

D. - Eppure si sono svolte due consultazioni elettorali importanti in Cecenia: il referendum costituzionale del 23 marzo e poi le elezioni presidenziali in ottobre.

 

R. – THESE ARE BREZHNEV STYLE ELECTIONS ...

Si è trattato di vere e proprie elezioni in stile breznieviano. I risultati quasi plebiscitari che si sono registrati non corrispondono affatto alla realtà del Paese.

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LA SCOMPARSA DEL LEADER INDUISTA, PANDURANGSHASTRI ATHAVALE,

LASCIA UNA GRANDE EREDITA’ PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO,

TESO ALLA PACE TRA GLI UOMINI E AL BENE DELLA SOCIETA’

 

 

Un uomo che ha dedicato la sua vita al bene degli altri, all’armonia e alla pace  della nostra società. Lui era un riflesso della luce di Dio. Così mons. Felix  Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, descrive il filosofo e sociologo indiano Pandurangshastri Athavale, chiamato Dada cioè fratello maggiore, in un messaggio scritto in occasione della sua morte avvenuta a 83 anni, la settimana scorsa. Personalità di rilievo dell’Induismo, Dada è noto per aver fondato nel ’43  la Swadhyaia Family, un vasto movimento a cui aderiscono milioni di persone in tutto il subcontinente indiano, allo scopo di favorire il dialogo tra le religioni, in particolare con la Chiesa cattolica e l’attenzione concreta ai più bisognosi. Molto fruttuosa la collaborazione avviata nel 2002 con il Movimento dei focolari in India, dopo l’incontro con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento, alle giornate di preghiera di Assisi. Ma sulla figura di Dada ascoltiamo al microfono di Adriana Masotti lo stesso mons. Machado.

 

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R. – Egli ha interpretato i testi sacri dell’induismo dando loro una dimensione pratica. Di solito questi testi sono interpretati un po’ astrattamente, ma Dada mi ha detto una volta che egli aveva imparato questo dal cristianesimo, e cioè che i testi sacri devono essere tradotti in azione per il bene di tutti, soprattutto gli emarginati, i poveri, gli sfruttati. In questo io ho trovato il punto di partenza per un dialogo profondo con l’induismo.

 

D. – Lui non si fermava di fronte alle barriere di casta, razza, nazionalità, religione e dimostrava grande apertura verso il Cristianesimo…

 

R. – Sì.  Aveva grande rispetto per Gesù Cristo come figlio di Dio. Lui credeva veramente che Gesù era Figlio di Dio. Diceva sempre:Gesù è stato una persona che ha ispirato la mia vita. Chiedeva anche ai nostri parroci e vescovi di collaborare a migliorare la situazione dei più poveri.

 

D. – Ma non c’erano anche ostilità di fronte a questa sua apertura?

 

R. – No. Era una persona molto rispettata. Spero che altri indù, soprattutto quelli di tendenze fondamentalistiche, imitino l’esempio di questa persona.

 

D. - Mons. Machado, in che cosa, Cristiani e Induisti, possono trovare una certa unità?

 

R. – Io direi che il Cristianesimo può portare agli Indù l’attenzione per promuovere la dignità umana, rispettare tutta la vita e la vita di tutti. Gli Indù, da parte loro, possono ricordare ai Cristiani che l’aspetto della preghiera, della contemplazione è molto importante. Noi non dobbiamo diventare attivisti, ma fare sempre tutto con grande amore, attingendo alla sorgente che è Dio stesso.

 

D. – A che punto sono il dialogo, le relazioni tra Chiesa cattolica e Induismo?

 

R. – Stiamo moltiplicando gli sforzi per arrivare ad un dialogo più fruttuoso. Stiamo vedendo occasioni e incoraggiando al dialogo le Chiese locali per il bene di tutti i Cristiani, ma anche degli Indù.

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UN NUOVO RESPONSABILE PER LO SCOUTISMO MONDIALE: EDUARDO MISSONI, MEDICO DA QUASI 40 ANNI NELL’ORGANIZZAZIONE, PRESENTE IN OLTRE 80 PAESI.

 

-          Intervista con il nuovo capo scout  -

 

 

Sarà Eduardo Missoni, a partire dal 1° Aprile 2004, il nuovo Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout. La nomina è avvenuta il 26 ottobre scorso a Ginevra dopo una selezione approfondita in oltre 81 paesi del mondo. Missoni, scout dal 1965, è medico specializzato in malattie tropicali e ha svolto un’intensa attività dedita all’aiuto degli altri: è stato infatti medico volontario in Nicaragua, funzionario dell’Unicef in Messico, responsabile dei programmi di cooperazione sanitaria del Governo Italiano in America Latina e in Africa Sub-Sahariana; attualmente insegna Management della Cooperazione allo Sviluppo e Strategie Globali per la Salute all’Università Bocconi di Milano. Il metodo educativo scout, fondato nel 1907 da Baden Powell per “costruire buoni cittadini” e “lasciare il mondo un po’ migliore di come è stato trovato” conta ormai più di 28 milioni tra giovani e adulti dislocati in 216 Paesi del mondo. Ma cosa può offrire lo scoutismo ai ragazzi d’oggi, che sembrano sempre più allontanarsi dalla filosofia della vita all’aria aperta e dell’aiuto del prossimo?

Daniele Semeraro lo ha chiesto proprio al nuovo capo scout.

 

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R. – Oggi un ragazzo di 14-15 anni si interroga su fenomeni globali, è attratto da Internet, è attratto da nuovi stimoli. Ora, come si possono avvicinare le tradizionali proposte che si fanno ai ragazzi all’inizio dell’adolescenza di fronte a stimoli che sono nuovi? Ecco, io credo che l’elemento che può far riunire queste cose è far sentire questi ragazzi parte di un mondo più grande, cioè renderli in qualche modo coscienti del fatto che è parte di un movimento scout che è globale e quindi trovare i meccanismi di collegamento tra quella sua realtà e le problematiche di un gruppo di ragazzi come lui che però, magari, stanno in Senegal o magari stanno in Canada! Cioè, sapere che è parte di una rete.

 

D. – Qual è l’orientamento e le priorità che lei vuole dare allo scoutismo internazionale?

 

R. – Uno degli orientamenti su cui sicuramente insisterò è proprio il collegamento tra le esperienze dei gruppi in culture, in contesti diversi, cioè: un vero movimenti in cui ognuno è in rete con tutti gli altri e c’è un elemento fortemente comune, ed è quello che lo scoutismo può portare un poco di giustizia in questo mondo.

 

D. – Può raccontarci un episodio, un’esperienza della sua lunga attività negli scout che ricorda con particolare piacere?

 

R. – L’episodio che ogni scout ricorda è la “promessa”, quando appunto uno si impegna per la vita; è una promessa che ci ripetiamo anno dopo anno e an

 

che nei momenti più difficili. E’ molto semplice: “Con l’aiuto di Dio prometto di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso la Patria e per aiutare il prossimo in ogni circostanza ed osservare la legge scout”. Legge, poi, che è anch’essa di estrema facilità perché non dice quello che si deve fare, ma dice come uno scout deve ambire ad essere. E secondo me, il primo punto – “lo scout considera suo onore meritare fiducia” – è quello sul quale sto riflettendo in questi giorni perché adesso mi è stata data fiducia, adesso dovrò non solo esserne onorato, ma saper rispondere a questa fiducia che mi è stata attribuita.

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LA STORIA DELL’AGONISMO SPORTIVO NEL MONDO CLASSICO IN SCENA A ROMA,

PRESSO IL COLOSSEO, CON LA MOSTRA “NIKE. IL GIOCO E LA VITTORIA”

 

 

Dopo il successo della mostra “Sangue e Arena” del 2001, la maestosa cornice del Colosseo a Roma accoglie un’altra suggestiva esposizione: “Nike. Il gioco e la vittoria”. Oltre 90 opere, tra statue, vasi, rilievi, mosaici e attrezzi ginnici, ripercorrono la storia dell’agonismo sportivo nel mondo classico. Divisa in quattro sezioni, la rassegna rimarrà aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2004. Il servizio è di Barbara Castelli.

 

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(musica)

 

Un lungo e suggestivo viaggio, in cui l’arte abbraccia i testi classici, per rivivere l’autentico “spirito della gara”, il cui fine ultimo non è partecipare o guadagnare ma vincere.

 

Grazie alla mostra “Nike. Il gioco e la vittoria” sembrano così rivivere al Colosseo, a Roma, le gesta di atleti e sportivi di un tempo ormai trascorso, quando i premi per il vincitore non erano oro e denari, ma una corona d’alloro e gloria e fama imperiture, talmente grandi da attraversare i secoli e giungere pressoché intatte fino ai nostri giorni.

 

Filo conduttore dell’esposizione è il diverso valore che i Greci e i Romani davano allo sport e al successo, dalle Olimpiadi ai giochi dei gladiatori, dall’agoni-smo, come parte della formazione e della realizzazione dell’individuo, a spetta-colo di massa.

 

Lungo l’esposizione, che si apre con la splendida Nike di Napoli, si dipana, quindi, il racconto del gioco, dalle origini greche, raffinate e intrise di filosofia, fino all’idea romana cruda e violenta del gioco. Quattro le sezioni in cui è articolata la mostra: i giochi in Grecia, la vittoria, la gloria dell’atleta e del guerriero e i giochi a Roma, tutte accompagnate da splendidi pezzi provenienti dai maggiori musei italiani. Fondamentale la figura della Nike, infine, la divinità greca della vittoria, la figura femminile alata che porgeva all’atleta la corona o la benda, rappresentando il fuggevole attimo della conquista del primato. Ma come è cambiato l’agonismo sportivo attraverso i secoli? Abbiamo girato la domanda a Eugenio Polito, ricercatore di archeologia classica all’Università di Cassino.

 

R. – L’agonismo sportivo ha conosciuto un’eclisse attraverso il Medio Evo ed i primi secoli dell’età moderna, pur esistendo alcune forme che si possono qualificare come sport anche in questo periodo, ed è rinato in maniera quasi un po’ forzata attraverso il pensiero di alcuni teorici come il celebre de Coubertin. La distanza però è notevole, perché lo sport teorizzato da de Coubertin è uno sport fine a se stesso, è uno sport in cui non conta la vittoria ma la partecipazione: questo è un aspetto che invece non esiste nell’antichità. Lo sport è competizione, lo sport punta alla vittoria: il secondo posto non conta. Se si vuole, c’è più vicinanza con lo sport professionistico odierno, ma non bisogna dimenticare che nell’antichità lo sport praticato professionalmente e lo sport invece praticato dai cittadini come parte della propria formazione, sono due forme di sport che vanno di pari passo per tutta l’antichità.

 

D. – Può illustrare alcune della prestigiose opere che costellano la mostra?

 

R. – Le highlights della mostra sono senz’altro il ‘pugile delle terme’, che è uno splendido bronzo di un pugile seduto; il ‘discobolo lancellotti’, che è la copia più celebre del ‘discobolo’ attribuito a Mirone; ma si segnalano anche cosiddetti ‘corridori di Ercolano’ e fra le opere non di scultura io ricorderei almeno i grandi corredi come quello del guerriero di Lanuvio, che è un corredo che comprende una superba armatura ma anche elementi che fanno riferimento al mondo sportivo, come ad esempio lo strigile e il disco per il lancio.

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CHIESA E SOCIETA’

2 novembre 2003

 

                                                                                                            

 

ABBATTUTO, STAMANI, UN ELICOTTERO AMERICANO IN IRAK:

SONO ALMENO 13 I SOLDATI AMERICANI MORTI A CAUSA DELL’ATTACCO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

BAGHDAD. = L’Iraq continua ad essere tragicamente flagellato dal dramma della violenza. Nella giornata di oggi si deve purtroppo registrare l’abbattimento di un elicottero americano che ha causato la morte di almeno 13 soldati. Si tratta dell’agguato più sanguinoso contro Forze della coalizione, nel Paese arabo, da quando il regime di Saddam Hussein è stato rovesciato. Alcuni responsabili militari hanno riferito che l’episodio di violenza è avvenuto a Sud di Falluja, città situata a 50 chilometri ad ovest dalla capitale irachena e che l’elicottero è stato raggiunto da un missile terra-aria. Il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, ha inoltre affermato, oggi, che la determinazione americana di restare in Iraq “resta intatta” nonostante l’abbattimento del velivolo. Sempre oggi, poco dopo la mezzanotte, un militare statunitense è morto a causa della deflagrazione di un ordigno esploso al passaggio del convoglio sul quale viaggiava. Nella capitale irachena, intanto, gran parte della popolazione è rimasta chiusa in casa in preda alla paura. Proprio per questo fine settimana era stata infatti annunciata, con dei volantini, una “giornata della resistenza” contro l’occupazione.

 

 

IN MEDIO ORIENTE SI REGISTRANO NUOVE SPERANZE PER IL DIALOGO ISRAELO-PALESTINESE: IL PRIMO MINISTRO PALESTINESE ABU ALA HA ACCETTATO LA PROPOSTA DI UN INCONTRO AVANZATA DAL PREMIER ISRAELIANO ARIEL SHARON

- A cura di Graziano Motta -

 

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TEL AVIV. = Si delineano altri segni della possibilità di una ripresa dei contatti israelo-palestinesi. Il primo ministro palestinese, Abu Ala, che  martedì prossimo alla scadenza del governo ristretto di emergenza, conta di varare un governo allargato, ha accettato, in una intervista rilasciata all’agenzia inglese Reuter, la proposta di un incontro avanzata dal primo ministro israeliano, Ariel Sharon, pur mantenendo molte riserve sulla politica israeliana sui Territori e non accennando per nulla ai programmi di disarmo dei gruppi della rivolta in Cisgiordania e a Gaza. In vista del voto di approvazione del suo governo, Abu Ala lascerà la presidenza del Consiglio legislativo alla quale, il partito guidato da Arafat, al Fatah, ha designato Rafik An-Natsheh, deputato di Hebron, ex-minsitro del lavoro ed ex rappresentante dell’Olp in Arabia Saudita. Altro segno positivo è la revoca da parte israeliana del blocco dei Territori imposto il 4 ottobre in seguito alla strage di una terrorista palestinese ad Haifa. Dunque da oggi maggiore libertà di movimento della popolazione civile con possibilità per almeno 10 mila pendolari di tornare a lavorare in Israele, dove, però, domani è in programma uno sciopero indetto dalla centrale sindacale per il programma governativo di austerità economica e sociale. Già fin da questo pomeriggio cessa ogni attività dell’aeroporto internazionale “Ben Gurion”. A Tel Aviv è stato intanto identificato e arrestato un giovane militante di destra che aveva imbrattato di slogan offensivi il monumento di Yizhak Rabin, alla cui memoria hanno reso omaggio ieri sera decine di migliaia di persone e il leader laburista Simon Peres. Un altro imbrattatore del monumento si è pentito ma è stato ugualmente trattenuto dalla polizia. Nei Territori soldati israeliani sono stati feriti da un ordigno al loro passaggio nella casbah di Nablus e nella Striscia di Gaza un palestinese armato è stato ucciso e due altri feriti da soldati che vigilavano sulla linea di frontiera con Israele.

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MANIFESTAZIONER A CARACAS A SOSEGNO DELL’IMPORTANTE RUOLO SVOLTO

 DALLA CHIESA LOCALE PER L’AFFERMAZIONE DEI VALORI DEMOCRATICI

NEL  PAESE LATINOAMERICANO

 

CARACAS. = Organizzazioni politiche e civili facenti parte della minoranza hanno manifestato, mercoledì scorso, per testimoniare la loro solidarietà e il loro pieno appoggio alla Chiesa venezuelana. Il corteo ha voluto così rispondere ai continui attacchi verbali provenienti dai vertici governativi e dagli alti funzionari dello Stato. I manifestanti sono partiti dalla parrocchia di ‘La Chiquinquirà’ e sono arrivati fino alla sede della Nunziatura apostolica, dove hanno consegnato una nota al nunzio, mons. André Dupuy, nella quale veniva confermata la piena fiducia ai vescovi e alla Chiesa cattolica. “Abbiamo voluto così voluto prendere le distanze da chi continua a scagliarsi contro i cattolici e contro la Chiesa” ha spiegato il coordinatore dell’iniziativa, Carlos Valero. “La maggior parte dei venezuelani – ha aggiunto - ha una coscienza democratica, animata soprattutto dal prezioso lavoro svolto in questi anni dalla Chiesa nel Paese”. “Il Governo – ha concluso - non uscirà illeso se continua a battere questa strada”. (D.D.)

 

 

SI CORRE OGGI LA MARATONA DI NEW YORK: AL VIA SONO ATTESI OLTRE 33 MILA ATLETI. QUESTA MATTINA, INVECE, SI E’ DISPUTATA

LA MARATONA INTERNAZIONALE DI ATENE

 

NEW YORK. = Si corre oggi, a New York, la 34.ma edizione della Maratona di New York. Più di 100 Paesi saranno collegati con la ‘Grande Mela’, pronta ad accogliere gli oltre trentamila partecipanti che coloreranno la città sotto gli occhi di circa due milioni di spettatori, assiepati lungo le strade. Il percorso si snoda in tutti e cinque i distretti della metropoli ed in base alle presenze raccolte dagli organizzatori farà registrare la maggiore affluenza della storia della gara. Come già avvenuto nel 2002, tra gli iscritti, gli avvocati, oltre 1600 sono i più appassionati e sono seguiti dagli ingegneri. Oltre a rappresentare un vero e proprio fenomeno di costume, la Maratona di New York ricopre da sempre una notevole importanza anche a livello meramente sportivo: nel corso degli anni, infatti, sul gradino più alto del podio sono saliti atleti di caratura mondiale. Nella scorsa edizione è giunto primo, tra gli uomini, il keniano Rodgers Rop mentre sul fronte femminile la corona è andata a posarsi sulla testa della keniana Joyce Chepchumba. Oggi, intanto, si è disputata anche la 21.ma edizione della Maratona internazionale di Atene alla quale hanno preso parte oltre 3000 atleti. La gara si è svolta lungo il percorso, denominato ‘classico’, che congiunge la città di Maratona allo stadio di Atene, sede nel 2004 dei primi Giochi olimpici dell’era moderna. (A.L.)

 

 

 

 

 

 

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