RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 306 - Testo della
Trasmissione di domenica 2 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Ennesimo attentato in Iraq costa la vita ad almeno 13 soldati
americani
Sale la tensione per possibili attacchi anche in Arabia Saudita:
intervista con Alberto Negri –
La scomparsa del leader induista Pandurangshastri Athavale: il
ricordo mons. Felix Machado
Un nuovo responsabile per lo scoutismo mondiale: Eduardo
Missoni, ai nostri microfoni
CHIESA
E SOCIETA’:
In Medio Oriente si registrano nuove speranze per il dialogo
israelo-palestinese
Si corre oggi la Maratona
di New York: al via sono attesi oltre 33 mila atleti
2 novembre 2003
LA CHIESA COMMEMORA OGGI TUTTI I FEDELI DEFUNTI:
L’INVITO DEL PAPA A RIFLETTERE SUL SENSO DELLA NOSTRA VITA TERRENA
- Servizio di Roberta Gisotti -
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“La Patria celeste” è la “meta ultima
del nostro pellegrinaggio qui sulla Terra”: la voce di Giovanni Paolo II si è
levata, pure affaticata, per parlare - prima della recita dell’Angelus - ai
fedeli numerosi riuniti in Piazza San Pietro, in questa mattinata romana
d’inizio novembre, dal clima quasi primaverile. Ieri, dunque, la Solennità di
tutti i Santi - ha ricordato il Papa - ed oggi “il nostro sguardo orante si
volge a coloro che hanno lasciato questo mondo e attendono di raggiungere la
Città celeste”.
“Da sempre la Chiesa ha esortato a
pregare per i defunti. Essa invita i
credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola
sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna.”
Per questo ha aggiunto il Santo Padre
“è importante e doveroso pregare per i defunti, perché anche se morti nella
grazia e nell’amicizia di Dio, essi forse abbisognano ancora di un’ultima
purificazione per entrare nella gioia del Cielo. E “il suffragio per loro si
esprime in vari modi, tra i quali anche la visita ai cimiteri.”
“Sostare in questi luoghi sacri costituisce
un’occasione propizia per riflettere sul senso della vita terrena e per
alimentare, al tempo stesso, la speranza nell'eternità beata del Paradiso.”
Quindi dopo la recita dell’Angelus i
saluti in polacco e in italiano del Papa, che offerto la preghiera mariana a
tutti ai defunti in particolare per i fedeli dimenticati.
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L’OMAGGIO DELLA DIOCESI DI ROMA A TUTTI I
DEFUNTI DELLA CITTA’
Come
è tradizione la Diocesi di Roma ha commemorato ieri pomeriggio i suoi defunti:
liturgie eucaristiche sono state ospitate nei Cimiteri di Prima Porta, di Ostia
antica e in quello monumentale del Verano, dove la Messa – cui hanno
partecipato centinaia di fedeli - è stata celebrata dal cardinale vicario,
Camillo Ruini, che ha invitato a riflettere sul significato cristiano della
morte e sulla chiamata alla santità per tutti. Un pensiero particolare il
cardinale Ruini ha rivolto al Papa, che
il 1 novembre del 1957 a Cracovia venne consacrato sacerdote. Il servizio di
Benedetta Capelli:
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Sotto un cielo plumbeo e alla presenza di molti fedeli, il Cardinale
Ruini ha celebrato la solenne messa a ricordo dei defunti, che come ha ribadito
non sono spariti nel nulla ma vivono in una condizione misteriosa, vera e
reale, vicini a Dio. Su questa vicinanza noi cristiani siamo chiamati a riflettere,
a cercare di assimilare la nostra vita a quella di Cristo:
“Come è possibile vivere realmente come
Dio? Questo è possibile soltanto perché Dio per primo è vissuto come noi, ed è
vissuto con noi”
Dal Vangelo delle beatitudini ci
arriva l’invito più forte per comprendere come si possa vivere a somiglianza
del Signore, affidandosi alle preghiere dei santi:
“E anzitutto affidiamo noi stessi alle
preghiere dei santi, a cominciare da Maria Santissima, ed ai santi su cui
si è fondata la Chiesa di Roma, gli
Apostoli Pietro e Paolo, martiri qui a Roma. E soprattutto ci affidiamo al
sacrificio di Cristo. Cristo è il nostro fratello primogenito, primogenito dei
risorti dai morti, perché anche noi possiamo risorgere con Lui. Egli ci
introduce nella pienezza della vita”.
Nel giorno della celebrazione dei
Santi, il cardinal Ruini ha ricordato i 57 anni dalla consacrazione al
sacerdozio del Papa ed ha indicato come esempio della vicinanza tra Dio e gli
uomini la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta:
“In
lei, l’umanità intera in qualche modo si è riconosciuta. In lei è stata riconosciuta
la grandezza della donazione di se stessi per gli altri, ma al fondo di questa
donazione c’è la donazione della sua vita, che Madre Teresa ha fatto a Gesù
Cristo”.
Benedetta
Capelli, Radio Vaticana.
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2 novembre 2003
IN
ARABIA SAUDITA, PAESE CONFINANTE CON L’IRAQ, È ALTO L’ALLARME ATTENTATI. A
CAUSA DI QUESTI TIMORI L’AMBASCIATA AMERICANA, A RIAD, HA INVITATO I CITTADINI
STATUNITENSI AD EVITARE VIAGGI NEL REGNO ARABO
-
Intervista con l’inviato speciale del Sole 24 ore, Alberto Negri -
In Arabia Saudita
l’interminabile catena di violenze perpetrate nel confinante Stato iracheno,
Paese dove oggi sono morti almeno 13 soldati americani a causa
dell’abbattimento di un elicottero statunitense, e l’inizio del Ramadan fanno
crescere i timori di attentati antiamericani. Proprio per discutere sui
principali aspetti legati alla sicurezza regionale nel dopoguerra, si è aperta
questa mattina a Damasco la riunione dei ministri di sette Paesi vicini
all’Iraq, tra cui quello saudita. A causa del crescente allarme
attentati, l’ambasciata di Washington a Riad ha intanto invitato i cittadini americani ad
evitare di recarsi nel Regno arabo. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Alberto
Negri, inviato speciale del Sole 24 ore:
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R. – Questo avvertimento forse
deriva da una serie di situazioni che si sono create in queste settimane, non
ultimi gli attacchi che abbiamo visto proprio ieri a Baghdad. Non dimentichiamo
che proprio in Arabia Saudita ci sono stati attentati di grossa portata contro
obiettivi non soltanto sauditi ma anche americani.
D. – C’è stato un periodo, alcuni
mesi fa, in cui gli Stati Uniti accusavano abbastanza apertamente il governo
saudita per l’appoggio dato a Osama Bin Laden e a tutta la rete di Al Qaeda …
R. – Questa situazione in qualche
modo sembra essere virata verso un altro tipo di rapporto in cui i sauditi
hanno dimostrato di voler collaborare nella lotta al terrorismo, anche se
gruppi islamici si sono molte volte opposti alla politica dinastica reale:
basti ricordare i molti attentati che ci sono stati negli anni scorsi alla
Mecca durante il pellegrinaggio che hanno messo in evidenza quante spinte diverse
e contrastanti ci siano oggi nel mondo musulmano.
D. – Secondo alcuni osservatori,
la Casa Bianca può permettersi oggi di essere un po’ più dura con Riad perché
con la seconda guerra del Golfo ha acquistato più indipendenza dal petrolio
dell’Arabia Saudita …
R. – Su questa indipendenza
americana dal petrolio io starei un po’ attento: ricordiamoci sempre che il
Golfo Persico, il Golfo degli arabi possiede non soltanto la maggior parte
della produzione mondiale, ma anche il 60 per cento delle riserve petrolifere
accertate. E’ il petrolio che costa meno da estrarre e che più facilmente può
essere indirizzato sui mercati.
D. – Sì, però nel Golfo non c’è
soltanto l’Arabia Saudita, c’è anche l’Iraq e quindi gli Stati Uniti adesso
potrebbero contare sul petrolio iracheno?
R. – Sì, ma è anche vero che non
si tratta del petrolio in un solo Paese; non si tratta più di avere soltanto un
serbatoio di benzina più importante degli altri, ma una rete di rapporti che in
qualche modo consentano agli Stati Uniti di controllare questo petrolio.
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LA SANGUINOSA CRISI CECENA CONTINUA A MIETERE
VITTIME: APPELLO DI INTERNATIONAL HELSINKI CONFERENCE PERCHE’ L’UNIONE EUROPEA
SAPPIA
MEDIARE UNA SOLUZIONE DI PACE CON LA FEDERAZIONE RUSSA
La guerra in Cecenia tra ribelli
indipendentisti islamici e forze della Federazione russa continua a riscuotere
un alto tributo di sangue tra militari, ribelli e soprattutto vittime civili
inermi. Lo denuncia la International Helsinki Federation, organizzazione
impegnata nel monitoraggio del rispetto dei diritti umani nei Paesi della
Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e lancia un appello
all’Ue in vista del prossimo vertice con la Federazione Russa affinché eserciti
pressioni che garantiscano un intervento in Cecenia sia a livello di Nazioni
Unite che di Osce. Ma quale ruolo potrebbe giocare la Osce nella ricerca della
pace in Cecenia? Stefano Leszczynski ha intervistato Aaron Rodhes, direttore
esecutivo della Federazione Internazionale Helsinki.
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R. – OSCE HAS
ACCOMPLISHED A GREAT DEAL
L’Osce ha svolto un eccellente lavoro nei
Balcani per quanto riguarda i diritti umani ed il processo di
democratizzazione. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in
Europa, che raggruppa 55 Paesi europei, centro-asiatici e nord americani, ha
avuto enormi problemi ad operare sulla questione cecena. La colpa di tali
difficoltà è unicamente del governo russo, che non ha mai permesso alla Osce di
svolgere un ruolo positivo. Mosca dovrebbe invece accettare questo aiuto e
questo impegno internazionale che le viene offerto, perché è l’unica
possibilità di risolvere la questione pacificamente.
D. - Voi
avete rivolto un appello all’Ue affinché eserciti pressione sulla Russia in
relazione alla crisi Cecena. Qual è stata la risposta che avete ottenuto?
R. - WE HAVE NOT BEEN
ANSWERED.
In realtà una risposta ancora
non l’abbiamo ricevuta, ma noi speriamo vivamente che l’Unione europea usi
l’opportunità offerta dal summit del 6 novembre con la Federazione russa per
esprimere la propria preoccupazione circa la crisi cecena e per insistere
affinché la Russia adegui le proprie politiche nella regione agli standard
internazionali dei diritti umani. Se l’Ue non coglierà quest’occasione ne
deriverà un grave danno agli standard etici che l’Unione stessa si è imposta di
promuovere e sostenere. Il governo russo vuole concludere una serie di
vantaggiosi accordi di tipo economico e commerciale con l’Europa, ma tali
accordi dovrebbero essere condizionati al rispetto delle regole internazionali.
Cosa che il governo russo non ha finora fatto in Cecenia, violando anzi tutti
gli impegni assunti in seno al Consiglio d’Europa ed alla Osce.
D. - La Russia giustifica la mano
“pesante” in Cecenia, in quanto parte della guerra globale al terrorismo.
Quanto è concreto questo pericolo in Cecenia?
R. –
IT IS A REAL DANGER ...
E’ un pericolo reale e concreto,
che non fa però che aggravarsi a causa di quanto i Russi stanno facendo laggiù.
Nella politica russa la questione cecena risale alla fine del XVIII secolo e
affermare, improvvisamente, che fa parte della ‘guerra globale al terrorismo’
sembra poco credibile. Il solo fatto che il governo russo applichi una
strategia di brutalità in Cecenia, rafforza l’ideologia degli estremisti
islamici, che si recano nella regione per combattere una Jihad il cui pretesto
è fornito dalle politiche russe.
D. -
Eppure si sono svolte due consultazioni elettorali importanti in Cecenia: il referendum
costituzionale del 23 marzo e poi le elezioni presidenziali in ottobre.
R. – THESE ARE BREZHNEV STYLE ELECTIONS ...
Si è trattato di vere e proprie
elezioni in stile breznieviano. I risultati quasi plebiscitari che si sono
registrati non corrispondono affatto alla realtà del Paese.
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LA SCOMPARSA DEL LEADER INDUISTA,
PANDURANGSHASTRI ATHAVALE,
LASCIA UNA GRANDE EREDITA’ PER IL DIALOGO
INTERRELIGIOSO,
TESO ALLA PACE TRA GLI UOMINI E AL BENE DELLA
SOCIETA’
Un uomo che ha dedicato la sua vita al bene degli
altri, all’armonia e alla pace della
nostra società. Lui era un riflesso della luce di Dio. Così mons. Felix Machado, sottosegretario del Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso, descrive il filosofo e sociologo
indiano Pandurangshastri Athavale, chiamato Dada cioè fratello maggiore, in un
messaggio scritto in occasione della sua morte avvenuta a 83 anni, la settimana
scorsa. Personalità di rilievo dell’Induismo, Dada è noto per aver fondato nel
’43 la Swadhyaia Family, un vasto
movimento a cui aderiscono milioni di persone in tutto il subcontinente
indiano, allo scopo di favorire il dialogo tra le religioni, in particolare con
la Chiesa cattolica e l’attenzione concreta ai più bisognosi. Molto fruttuosa
la collaborazione avviata nel 2002 con il Movimento dei focolari in India, dopo
l’incontro con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento, alle giornate di
preghiera di Assisi. Ma sulla figura di Dada ascoltiamo al microfono di Adriana
Masotti lo stesso mons. Machado.
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R. – Egli ha interpretato i testi sacri dell’induismo dando loro una
dimensione pratica. Di solito questi testi sono interpretati un po’
astrattamente, ma Dada mi ha detto una volta che egli aveva imparato questo dal
cristianesimo, e cioè che i testi sacri devono essere tradotti in azione per il
bene di tutti, soprattutto gli emarginati, i poveri, gli sfruttati. In questo
io ho trovato il punto di partenza per un dialogo profondo con l’induismo.
D. – Lui non si fermava di fronte alle barriere di casta, razza,
nazionalità, religione e dimostrava grande apertura verso il Cristianesimo…
R. – Sì. Aveva grande rispetto
per Gesù Cristo come figlio di Dio. Lui credeva veramente che Gesù era Figlio
di Dio. Diceva sempre:Gesù è stato una persona che ha ispirato la mia vita.
Chiedeva anche ai nostri parroci e vescovi di collaborare a migliorare la
situazione dei più poveri.
D. – Ma non c’erano anche
ostilità di fronte a questa sua apertura?
R. – No. Era una persona molto rispettata. Spero che altri indù,
soprattutto quelli di tendenze fondamentalistiche, imitino l’esempio di questa
persona.
D. - Mons. Machado, in che cosa, Cristiani e Induisti, possono trovare
una certa unità?
R. – Io direi che il Cristianesimo può portare agli Indù l’attenzione per
promuovere la dignità umana, rispettare tutta la vita e la vita di tutti. Gli
Indù, da parte loro, possono ricordare ai Cristiani che l’aspetto della
preghiera, della contemplazione è molto importante. Noi non dobbiamo diventare
attivisti, ma fare sempre tutto con grande amore, attingendo alla sorgente che
è Dio stesso.
D. – A che punto sono il
dialogo, le relazioni tra Chiesa cattolica e Induismo?
R. – Stiamo moltiplicando gli sforzi per arrivare ad un dialogo più
fruttuoso. Stiamo vedendo occasioni e incoraggiando al dialogo le Chiese locali
per il bene di tutti i Cristiani, ma anche degli Indù.
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UN NUOVO RESPONSABILE PER LO SCOUTISMO
MONDIALE: EDUARDO MISSONI, MEDICO DA QUASI 40 ANNI NELL’ORGANIZZAZIONE,
PRESENTE IN OLTRE 80 PAESI.
-
Intervista con il nuovo
capo scout -
Sarà
Eduardo Missoni, a partire dal 1° Aprile 2004, il nuovo Segretario Generale
dell’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout. La nomina è avvenuta il 26
ottobre scorso a Ginevra dopo una selezione approfondita in oltre 81 paesi del
mondo. Missoni, scout dal 1965, è medico specializzato in malattie tropicali e
ha svolto un’intensa attività dedita all’aiuto degli altri: è stato infatti
medico volontario in Nicaragua, funzionario dell’Unicef in Messico,
responsabile dei programmi di cooperazione sanitaria del Governo Italiano in
America Latina e in Africa Sub-Sahariana; attualmente insegna Management della
Cooperazione allo Sviluppo e Strategie Globali per la Salute all’Università
Bocconi di Milano. Il metodo educativo scout, fondato nel 1907 da Baden Powell
per “costruire buoni cittadini” e “lasciare il mondo un po’ migliore di come è
stato trovato” conta ormai più di 28 milioni tra giovani e adulti dislocati in
216 Paesi del mondo. Ma cosa può offrire lo scoutismo ai ragazzi d’oggi, che
sembrano sempre più allontanarsi dalla filosofia della vita all’aria aperta e
dell’aiuto del prossimo?
Daniele Semeraro lo ha
chiesto proprio al nuovo capo scout.
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R. – Oggi un ragazzo di 14-15 anni si interroga su fenomeni globali, è
attratto da Internet, è attratto da nuovi stimoli. Ora, come si possono
avvicinare le tradizionali proposte che si fanno ai ragazzi all’inizio
dell’adolescenza di fronte a stimoli che sono nuovi? Ecco, io credo che
l’elemento che può far riunire queste cose è far sentire questi ragazzi parte
di un mondo più grande, cioè renderli in qualche modo coscienti del fatto che è
parte di un movimento scout che è globale e quindi trovare i meccanismi di
collegamento tra quella sua realtà e le problematiche di un gruppo di ragazzi
come lui che però, magari, stanno in Senegal o magari stanno in Canada! Cioè,
sapere che è parte di una rete.
D. – Qual è l’orientamento e le priorità che lei vuole dare allo
scoutismo internazionale?
R. – Uno
degli orientamenti su cui sicuramente insisterò è proprio il collegamento tra
le esperienze dei gruppi in culture, in contesti diversi, cioè: un vero movimenti
in cui ognuno è in rete con tutti gli altri e c’è un elemento fortemente
comune, ed è quello che lo scoutismo può portare un poco di giustizia in questo
mondo.
D. – Può raccontarci un episodio, un’esperienza della sua lunga attività
negli scout che ricorda con particolare piacere?
R. – L’episodio che ogni scout ricorda è la “promessa”, quando appunto
uno si impegna per la vita; è una promessa che ci ripetiamo anno dopo anno e an
che nei
momenti più difficili. E’ molto semplice: “Con l’aiuto di Dio prometto di fare
del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso la Patria e per
aiutare il prossimo in ogni circostanza ed osservare la legge scout”. Legge,
poi, che è anch’essa di estrema facilità perché non dice quello che si deve
fare, ma dice come uno scout deve ambire ad essere. E secondo me, il primo
punto – “lo scout considera suo onore meritare fiducia” – è quello sul quale
sto riflettendo in questi giorni perché adesso mi è stata data fiducia, adesso
dovrò non solo esserne onorato, ma saper rispondere a questa fiducia che mi è
stata attribuita.
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LA STORIA
DELL’AGONISMO SPORTIVO NEL MONDO CLASSICO IN SCENA A ROMA,
PRESSO IL
COLOSSEO, CON LA MOSTRA “NIKE. IL GIOCO E LA VITTORIA”
Dopo il
successo della mostra “Sangue e Arena”
del 2001, la maestosa cornice del Colosseo a Roma accoglie un’altra suggestiva
esposizione: “Nike. Il gioco e la vittoria”. Oltre 90 opere, tra statue,
vasi, rilievi, mosaici e attrezzi ginnici, ripercorrono la storia dell’agonismo
sportivo nel mondo classico. Divisa in quattro sezioni, la rassegna rimarrà
aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2004. Il servizio è di Barbara Castelli.
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(musica)
Un lungo
e suggestivo viaggio, in cui l’arte abbraccia i testi classici, per rivivere
l’autentico “spirito della gara”, il cui fine ultimo non è partecipare o guadagnare
ma vincere.
Grazie
alla mostra “Nike. Il gioco e la
vittoria” sembrano
così rivivere al Colosseo, a Roma, le gesta di atleti e sportivi
di un tempo ormai trascorso, quando i premi per il vincitore non erano oro e
denari, ma una corona d’alloro e gloria e fama imperiture, talmente grandi da
attraversare i secoli e giungere pressoché intatte fino ai nostri giorni.
Filo conduttore
dell’esposizione è il diverso valore che i Greci e i Romani davano allo sport e
al successo, dalle Olimpiadi ai giochi dei gladiatori, dall’agoni-smo, come
parte della formazione e della realizzazione dell’individuo, a spetta-colo di
massa.
Lungo l’esposizione,
che si apre con la splendida Nike di Napoli, si dipana, quindi, il racconto del
gioco, dalle origini greche, raffinate e
intrise di filosofia, fino all’idea romana cruda e violenta del gioco. Quattro
le sezioni in cui è articolata la mostra: i giochi in Grecia, la vittoria,
la gloria dell’atleta e del guerriero e i giochi a Roma, tutte accompagnate da
splendidi pezzi provenienti dai maggiori musei italiani. Fondamentale la figura
della Nike, infine, la divinità greca della vittoria, la figura femminile alata
che porgeva all’atleta la corona o la benda, rappresentando il fuggevole attimo
della conquista del primato. Ma come è cambiato l’agonismo sportivo attraverso
i secoli? Abbiamo girato la domanda a Eugenio Polito, ricercatore di
archeologia classica all’Università di Cassino.
R. – L’agonismo sportivo ha conosciuto un’eclisse attraverso il Medio Evo
ed i primi secoli dell’età moderna, pur esistendo alcune forme che si possono
qualificare come sport anche in questo periodo, ed è rinato in maniera quasi un
po’ forzata attraverso il pensiero di alcuni teorici come il celebre de Coubertin.
La distanza però è notevole, perché lo sport teorizzato da de Coubertin è uno
sport fine a se stesso, è uno sport in cui non conta la vittoria ma la
partecipazione: questo è un aspetto che invece non esiste nell’antichità. Lo
sport è competizione, lo sport punta alla vittoria: il secondo posto non conta.
Se si vuole, c’è più vicinanza con lo sport professionistico odierno, ma non
bisogna dimenticare che nell’antichità lo sport praticato professionalmente e
lo sport invece praticato dai cittadini come parte della propria formazione,
sono due forme di sport che vanno di pari passo per tutta l’antichità.
D. – Può illustrare alcune della
prestigiose opere che costellano la mostra?
R. – Le highlights della mostra sono senz’altro il ‘pugile delle
terme’, che è uno splendido bronzo di un pugile seduto; il ‘discobolo
lancellotti’, che è la copia più celebre del ‘discobolo’ attribuito a Mirone;
ma si segnalano anche cosiddetti ‘corridori di Ercolano’ e fra le opere non di
scultura io ricorderei almeno i grandi corredi come quello del guerriero di
Lanuvio, che è un corredo che comprende una superba armatura ma anche elementi
che fanno riferimento al mondo sportivo, come ad esempio lo strigile e il disco
per il lancio.
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2
novembre 2003
ABBATTUTO, STAMANI, UN ELICOTTERO AMERICANO IN IRAK:
SONO ALMENO 13 I SOLDATI AMERICANI MORTI A CAUSA
DELL’ATTACCO
- A cura di Amedeo Lomonaco -
BAGHDAD.
= L’Iraq continua ad essere tragicamente flagellato dal dramma della violenza.
Nella giornata di oggi si deve purtroppo registrare l’abbattimento di un
elicottero americano che ha causato la morte di almeno 13 soldati. Si tratta
dell’agguato più sanguinoso contro Forze della coalizione, nel Paese arabo, da
quando il regime di Saddam Hussein è stato rovesciato. Alcuni responsabili militari hanno riferito che
l’episodio di violenza è avvenuto a Sud di Falluja, città situata a 50
chilometri ad ovest dalla capitale irachena e che l’elicottero è stato
raggiunto da un missile terra-aria. Il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, ha
inoltre affermato, oggi, che la determinazione americana di restare in Iraq
“resta intatta” nonostante l’abbattimento del velivolo. Sempre oggi, poco dopo
la mezzanotte, un militare statunitense è morto a causa della deflagrazione di
un ordigno esploso al passaggio del convoglio sul quale viaggiava. Nella
capitale irachena, intanto, gran parte della popolazione è rimasta chiusa in
casa in preda alla paura. Proprio per questo fine settimana era stata infatti
annunciata, con dei volantini, una “giornata della resistenza” contro
l’occupazione.
IN MEDIO ORIENTE SI REGISTRANO NUOVE SPERANZE PER IL
DIALOGO ISRAELO-PALESTINESE: IL PRIMO MINISTRO PALESTINESE ABU ALA HA ACCETTATO
LA PROPOSTA DI UN INCONTRO AVANZATA DAL PREMIER ISRAELIANO ARIEL SHARON
- A cura
di Graziano Motta -
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TEL AVIV. = Si delineano altri
segni della possibilità di una ripresa dei contatti israelo-palestinesi. Il
primo ministro palestinese, Abu Ala, che
martedì prossimo alla scadenza del governo ristretto di emergenza, conta
di varare un governo allargato, ha accettato, in una intervista rilasciata
all’agenzia inglese Reuter, la proposta di un incontro avanzata dal primo
ministro israeliano, Ariel Sharon, pur mantenendo molte riserve sulla politica
israeliana sui Territori e non accennando per nulla ai programmi di disarmo dei
gruppi della rivolta in Cisgiordania e a Gaza. In vista del voto di
approvazione del suo governo, Abu Ala lascerà la presidenza del Consiglio
legislativo alla quale, il partito guidato da Arafat, al Fatah, ha designato
Rafik An-Natsheh, deputato di Hebron, ex-minsitro del lavoro ed ex
rappresentante dell’Olp in Arabia Saudita. Altro segno positivo è la revoca da
parte israeliana del blocco dei Territori imposto il 4 ottobre in seguito alla
strage di una terrorista palestinese ad Haifa. Dunque da oggi maggiore libertà
di movimento della popolazione civile con possibilità per almeno 10 mila
pendolari di tornare a lavorare in Israele, dove, però, domani è in programma
uno sciopero indetto dalla centrale sindacale per il programma governativo di
austerità economica e sociale. Già fin da questo pomeriggio cessa ogni attività
dell’aeroporto internazionale “Ben Gurion”. A Tel Aviv è stato intanto
identificato e arrestato un giovane militante di destra che aveva imbrattato di
slogan offensivi il monumento di Yizhak Rabin, alla cui memoria hanno reso
omaggio ieri sera decine di migliaia di persone e il leader laburista Simon
Peres. Un altro imbrattatore del monumento si è pentito ma è stato ugualmente
trattenuto dalla polizia. Nei Territori soldati israeliani sono stati feriti da
un ordigno al loro passaggio nella casbah di Nablus e nella Striscia di Gaza un
palestinese armato è stato ucciso e due altri feriti da soldati che vigilavano
sulla linea di frontiera con Israele.
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MANIFESTAZIONER A CARACAS A SOSEGNO DELL’IMPORTANTE
RUOLO SVOLTO
DALLA CHIESA
LOCALE PER L’AFFERMAZIONE DEI VALORI DEMOCRATICI
CARACAS. = Organizzazioni politiche e civili facenti
parte della minoranza hanno manifestato, mercoledì scorso, per testimoniare la
loro solidarietà e il loro pieno appoggio alla Chiesa venezuelana. Il corteo ha
voluto così rispondere ai continui attacchi verbali provenienti dai vertici
governativi e dagli alti funzionari dello Stato. I manifestanti sono partiti
dalla parrocchia di ‘La Chiquinquirà’ e sono arrivati fino alla sede della
Nunziatura apostolica, dove hanno consegnato una nota al nunzio, mons. André
Dupuy, nella quale veniva confermata la piena fiducia ai vescovi e alla Chiesa
cattolica. “Abbiamo voluto così voluto prendere le distanze da chi continua a
scagliarsi contro i cattolici e contro la Chiesa” ha spiegato il coordinatore
dell’iniziativa, Carlos Valero. “La maggior parte dei venezuelani – ha aggiunto
- ha una coscienza democratica, animata soprattutto dal prezioso lavoro svolto
in questi anni dalla Chiesa nel Paese”. “Il Governo – ha concluso - non uscirà
illeso se continua a battere questa strada”. (D.D.)
SI CORRE OGGI LA
MARATONA DI NEW YORK: AL VIA SONO ATTESI OLTRE 33 MILA ATLETI. QUESTA MATTINA,
INVECE, SI E’ DISPUTATA
LA MARATONA
INTERNAZIONALE DI ATENE
NEW
YORK. = Si corre oggi, a New York, la 34.ma edizione della Maratona di New
York. Più di 100 Paesi saranno collegati con la ‘Grande Mela’, pronta ad accogliere
gli oltre trentamila partecipanti che coloreranno la città sotto gli occhi di
circa due milioni di spettatori, assiepati lungo le strade. Il percorso si
snoda in tutti e cinque i distretti della metropoli ed in base alle presenze
raccolte dagli organizzatori farà registrare la maggiore affluenza della storia
della gara. Come già avvenuto nel 2002, tra gli iscritti, gli avvocati, oltre
1600 sono i più appassionati e sono seguiti dagli ingegneri. Oltre a
rappresentare un vero e proprio fenomeno di costume, la Maratona di New York
ricopre da sempre una notevole importanza anche a livello meramente sportivo:
nel corso degli anni, infatti, sul gradino più alto del podio sono saliti
atleti di caratura mondiale. Nella scorsa edizione è giunto primo, tra gli
uomini, il keniano Rodgers Rop mentre sul fronte femminile la corona è andata a
posarsi sulla testa della keniana Joyce Chepchumba. Oggi, intanto, si è
disputata anche la 21.ma edizione della Maratona internazionale di Atene alla
quale hanno preso parte oltre 3000 atleti. La gara si è svolta lungo il
percorso, denominato ‘classico’, che congiunge la città di Maratona allo stadio
di Atene, sede nel 2004 dei primi Giochi olimpici dell’era moderna. (A.L.)
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