RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 305 - Testo della
Trasmissione di sabato 1 novembre 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
“Missione Cina” è il titolo del nuovo libro di padre Bernardo
Cervellera. Ne parliamo con l’autore.
CHIESA E SOCIETA’:
Il Jesuit Refugee Service in prima
linea nel soccorso ai profughi liberiani
Convocata dal 4 al 10
novembre, a Lourdes, la plenaria dei vescovi francesi
In mostra a Venezia, i
capolavori del celebre pittore Giorgione.
In
Iraq proseguono gli episodi di violenza nel “giorno della resistenza”,
proclamato oggi dalle forze irachene che si oppongono alle truppe della
coalizione
In Russia non si arresta il terremoto politico
scatenato dal caso del colosso petrolifero Yukos
Situazione ancora tesa in Medio Oriente dove oggi
ricorre l’ottavo anniversario della morte di Rabin
1
novembre 2003
SANTI
ATTRAVERSO LA PREGHIERA E IL ROSARIO:
L’ETERNO
DESTINO DEL CRISTIANO SOTTOLINEATO DAL PAPA ALL’ANGELUS,
NELLA
SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI.
LA PREGHIERA
DI SUFFRAGIO DEL PONTEFICE PER I DEFUNTI,
IN
MODO PARTICOLARE PER I DIMENTICATI E LE VITTIME DELLA VIOLENZA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Il
Rosario, una via “semplice e accessibile a tutti verso la santità”. All’Angelus
di questa mattina in Piazza San Pietro, nel giorno della solennità di Tutti i
Santi, Giovanni Paolo II ha additato ad ogni cristiano la preghiera, e
specialmente la preghiera mariana per eccellenza, come vie privilegiate per
ripercorrere le orme degli uomini e delle donne che raggiunsero in vita la
perfezione cristiana e che ora, elevati agli onori degli altari, ci sostengono
nel cammino verso la meta della santità. Ed una preghiera particolare, il Papa
l’ha voluta innalzare al termine anche per tutti i fedeli defunti, dei quali
domani si commemora il ricordo, in particolare - ha detto - in suffragio di
coloro ai quali “più nessuno pensa” e per le vittime della violenza.
“A noi, pellegrini sulla terra, i Santi e i Beati del
Paradiso ricordano che il sostegno d’ogni giorno per non perdere mai di vista
questo nostro eterno destino è anzitutto la preghiera”, ha detto il Papa alle
centinaia di fedeli che, nonostante il cielo basso e nuvoloso, non hanno voluto
mancare a questo appuntamento con il Pontefice nel primo giorno di novembre. Il
Rosario, ha aggiunto il Papa riferendosi sempre ai Santi e ai Beati, “li ha
condotti a un’intimità più profonda” con Cristo e con la Vergine.
“Il Rosario può veramente essere una via semplice e
accessibile a tutti verso la santità, che è la vocazione di ogni battezzato,
come ben sottolinea l’odierna ricorrenza”.
Giovanni
Paolo II si è congedato dai fedeli in Piazza San Pietro con una doppia
invocazione alla Madonna. “Ci aiuti - ha affermato - a procedere con slancio
sul cammino esigente della perfezione cristiana” e ci “permetta di comprendere
ed apprezzare sempre più la recita del Rosario come itinerario evangelico di
contemplazione del mistero di Cristo e di adesione fedele alla sua volontà”.
Dopo la
benedizione e un breve saluto in polacco rivolto ad un gruppo di suoi
connazionali, il Papa si è soffermato sulla solennità del due novembre, giorno
dei defunti, nel quale si è soliti soffermarsi sulle tombe dei propri cari:
“Anch'io
mi reco spiritualmente in pellegrinaggio nei cimiteri di varie parti del mondo,
dove riposano le spoglie di coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede,
in particolare - ha sottolineato - elevo la mia orazione di suffragio per
coloro ai quali più nessuno pensa, come pure per le tante vittime della violenza”.
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La Diocesi di Roma si mobiliterà
questo pomeriggio in vista della solennità liturgica del due novembre. Il
cardinale vicario Camillo Ruini celebrerà questo pomeriggio alle 16 una Messa
in suffragio dei defunti di Roma al Cimitero monumentale del Verano. Anche nel
Cimitero di Prima Porta vi sarà alla stessa ora una Liturgia eucaristica,
presieduta da mons. Enzo Dieci, vescovo ausiliare per il Settore Nord, mentre
in quello di Ostia Antica la Santa Messa sarà celebrata da mons. Paolo Schiavon,
ausiliare per il Settore Sud.
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1
novembre 2003
GIORNO DI RIFLESSIONE
SULL’ECCELLENZA CUI IL CRISTIANO E’ CHIAMATO
- Intervista con don Bruno
Forte -
Da oltre 40 anni, si celebra il primo novembre la Giornata della
Santificazione Universale, promossa fin dal 1957 dal Movimento “Pro Sanctitate”
e dal suo fondatore, il vescovo Guglielmo Giaquinta. Il tema per il 2003 è
“Santità e Missione”. Ma cosa significa la “santità” per un cristiano? Adriana
Masotti lo ha chiesto al teologo don Bruno Forte.
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R. – Nel suo significato originario, santo vuol dire
“separato”, “consacrato”, cioè messo a parte per Dio. Sembrerebbe, quindi, che
il termine abbia un significato di presa di distanza, di separazione, appunto.
In realtà, questa separazione per Dio è quella che diviene la radice della
comunione più profonda con gli altri. Il santo in Dio, il Dio di Gesù, cioè nel
Dio che è amore, incontra i fratelli, le sorelle, i suoi compagni di strada.
Ecco perché quello che in altre religioni è separazione, esclusione, nel
cristianesimo - proprio per l’idea del Dio che è comunione, che è Trinità, che
è amore - diventa la sorgente più profonda della comunione e della carità verso
gli altri. Un esempio eloquente di questi giorni: Madre Teresa di Calcutta,
contemplativa di Dio, alla cui sorgente va ad attingere le forze e da questo
incontro ritorna agli altri. “Fatevi solitudine per diventare amore” potrebbe
essere la sintesi del concetto cristiano evangelico di santità.
D. – C’è differenza tra perfezione e santità?
R. – La perfezione può essere anche un ideale mondano, nel
senso che l’uomo può tendere a voler essere pienamente realizzato secondo
quelle che gli sembrano le sue potenzialità, le sue possibilità. Ecco perché
nel Vangelo Gesù riprende il tema della perfezione, dandogli però uno spessore
paradossale. Siate perfetti, come perfetto è il Padre vostro, cioè secondo una
misura che in nessun modo sembrerebbe possibile realizzare. Ma naturalmente, Gesù
in questo ha voluto dirci qualcosa di importante: e cioè che non ci si fa
perfetti con le proprie forze. L’unica possibilità di giungere alla perfezione,
cioè alla piena realizzazione del nostro cuore inquieto, della nostra natura
umana, sta nella grazia e nell’amore di Dio, che ci realizza in una misura
superiore ad ogni nostra possibilità e attesa.
D. – Dunque, Don Bruno Forte, nella giornata di oggi,
Festa di Tutti i Santi, che cosa si vuol festeggiare veramente?
R. – Io credo si vogliano festeggiare tre cose. La prima,
che il Santo per eccellenza è Cristo. La festa di Tutti i Santi, dunque, è la
festa di Cristo che con la sua missione nella storia rende possibile anche la
piena realizzazione della creatura umana, secondo il disegno di Dio. In secondo
luogo, certamente per ognuno di noi è la festa in cui poter riscoprire il
modello di santità a cui ispirare la nostra vita, secondo i doni che Dio ha
fatto a ciascuno e nelle condizioni storiche in cui ciascuno è posto. E finalmente,
la festa di Tutti i Santi è anche la festa della comunione dei Santi che è la
Chiesa, cioè di questo popolo che per sua natura è fatto per la santità. La
Chiesa si differenzia da ogni altra società umana perché non può contentarsi
semplicemente di conseguire dei fini terreni o di realizzarsi secondo una
misura di questo mondo. Essa è fatta per l’eternità, per essere nel tempo, il
riflesso umile ma credibile della gloria di Dio, del suo amore per gli uomini.
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LE
SPERANZE DEL POPOLO IRACHENO NEL DIFFICILE DOPOGUERRA E IL RUOLO
DEI
CRISTIANI PER UN FUTURO DI PACE NEL PAESE: CON NOI,
IL NEO
ARCIVESCOVO DI KERKUK DEI CALDEI, MONS. LOUIS SAKO
Un incarico di grande responsabilità, in un momento
difficile per la comunità cristiana come per tutto il popolo dell’Iraq. Mons.
Louis Sako, neoarcivescovo di Kerkuk dei Caldei, sta per intraprendere il suo
ministero in una fase delicata della storia del suo Paese. Alessandro Gisotti
lo ha raggiunto telefonicamente in Iraq, a Mossul, per una testimonianza sullo
spirito e i sentimenti con i quali si appresta a vivere questa nuova
impegnativa missione:
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R. – L’ho accettata con spirito di servizio gratuito, in
un tempo anche difficile perché abbiamo tanti problemi. Non sappiamo nemmeno in
che modo potremo celebrare la consacrazione, perché ci sono attentati ovunque.
Io, però, cerco soprattutto di essere servitore, di dare un impulso al dialogo
tra cristiani e musulmani, di portare la cultura della pace, del perdono... Non
posso fare promesse, ma sicuramente farò di tutto per aiutare la comunità
cristiana di qui, e anche i musulmani.
D. – Mons. Sako, come sta vivendo la popolazione irachena
le difficoltà della vita quotidiana?
R. – Proprio oggi, con tanta paura, le scuole sono state
chiuse a Baghdad perché ci sono state minacce di attentati. Anche a Mossul c’è
stata un’esplosione, questa mattina. Eliminare tutta questa violenza: bisogna
cercare insieme agli intellettuali musulmani di insegnare alla gente ad
aprirsi, a vedere le cose da un altro punto di vista.
D. – La sicurezza resta la grande emergenza per l’Iraq, e
anche gli americani ora ammettono di aver sottovalutato il problema. Come è
possibile uscire da questa grave situazione?
R. – La situazione era migliore prima dell’inizio del
Ramadan: adesso è tutto un po’ più complicato perché tanti, tanti combattenti
sono entrati in Iraq dai Paesi vicini. Uomini che hanno un concetto falso della
Jihad: fare la guerra santa contro chi? Contro i tuoi concittadini? Contro
gente innocente? Perciò gli americani devono essere, secondo me, più severi e
sostenere la polizia irachena affinché sia più presente nelle strade, nei mercati...
Anche l’esercito iracheno deve essere riformato. Ci sono otto milioni di
iracheni senza lavoro: come devono vivere?
D. – Quale ruolo i cristiani iracheni possono svolgere per
un futuro di pace e democrazia nel Paese?
R. – Bisogna fare la pace: la pace, si sa, non è
una cosa pronta. E anche i cristiani hanno un ruolo in questo, perché sono più
istruiti, sono più pronti al dialogo. Dico la verità: adesso, soprattutto in
questo momento, tutti gli iracheni hanno davanti a sé una grande torta, ognuno
può prendersene il pezzo più grande senza pensare agli altri. E’ questo il
punto sul quale i cristiani devono agire per aiutare la gente ad uscire da questa
mentalità di violenza, del proprio interesse ... La guerra santa è una cosa
sbagliata; fare la pace è un processo, un cammino lungo. Tutto questo è compito
dei cristiani e dei loro vescovi.
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S’INASPRISCE
LO SCONTRO IN RUSSIA TRA IL CREMLINO
E I
GRANDI LEADER INDUSTRIALI DEL PAESE
- Con
noi, Giulietto Chiesa -
Si fa sempre più duro, in Russia, lo scontro tra il
presidente Putin ed i grandi capitalisti del Paese. Notevoli le ripercussioni
politiche: dopo aver sostituito il capo dell'amministrazione presidenziale,
Voloshin, dimessosi giovedì, Putin ha convocato gli investitori stranieri per
convincerli che la Russia non intende nazionalizzare l’economia. Sulla vicenda,
Andrea Sarubbi ha interpellato Giulietto Chiesa, esperto di questioni russe del
quotidiano La Stampa:
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R. - Non credo si tratti di una operazione
volta a statalizzare le proprietà della Yukos. Non è questa l’intenzione di
Putin e neanche l’intenzione dei suoi collaboratori – diciamo così – sul fronte
nazionale. Sicuramente Khodorkovski è uscito dal seminato, da un patto che
vigeva da tre anni e sostanzialmente il patto era: “Voi oligarchi state al
vostro posto con le vostre ricchezze accumulate in modo illegale, io non
rivedrò le privatizzazioni, però voi non dovete interferire sul processo
politico”.
D. – Che cosa ha fatto Khodorkovski per
rompere questo patto con Putin?
R. – Ha avviato la formazione di un suo
partito o comunque il suo ingresso in politica. Lo ha fatto negli ultimi mesi
con determinazione, comprando alcuni giornali finanziari, finanziando il
partito comunista, acquistando tra l’altro l’Università umanistica per la cifra
di 100 milioni di dollari e mettendo al posto di direttore uno dei suoi uomini.
Insomma, una grande operazione finanziaria. E’ evidente che ciò ha dato molto
fastidio al gruppo di Putin, che non vuole rivali, non intende averne e non
intende, comunque, trattare con gli oligarchi.
D. – Quindi, è credibile Putin quando
convoca gli investitori internazionali per assicurarli che non è un ritorno al
comunismo?
R. – Non è questo il problema. E’ un
problema tutto interno alle logiche di una nuova nomenclatura eltsiniana,
postcomunista. E’ una battaglia politica tra le due componenti della stessa
squadra, perché Putin e Khodorkovski, insieme a Voloshin, capo
dell’amministrazione presidenziale che pare si sia dimesso, sono tutti uomini
che facevano parte dell’entourage di Boris Eltsin e sono stati messi ai posti
in cui sono da Boris Eltsin. Quindi, sostanzialmente è una lotta interna al
gruppo eltsiniano per decidere quale sarà l’orientamento futuro della Russia
nel campo nazionale e internazionale. Io non credo affatto che si tratti di un
ritorno indietro verso il capitalismo o di un abbandono della logica del
mercato.
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IL
NUOVO LIBRO DI PADRE BERNARDO CERVELLERA
SULLE
CONTRADDIZIONI DEL PAESE ASIATICO
-
Intervista con l’autore -
La Cina
all’esame di un esperto. E “Missione Cina” è il titolo del libro di padre
Bernardo Cervellera, missionario del Pime, che per anni ha lavorato nel Paese
asiatico ed oggi è direttore di Asia News. Il volume, pubblicato ad Ancona e presentato
nei giorni scorsi, consente di scandagliare l’immensa realtà cinese in un’epoca
di cambiamenti radicali, soprattutto in campo economico, accanto ai quali si
affianca la questione sempre aperta della tutela dei diritti umani, compresi
quelli religiosi. Ma perché oggi un libro sulla Cina? Giancarlo La Vella ne ha
parlato con l’autore:
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R. – Per evidenziare, anzitutto, gli elementi del pianeta
Cina che non sono mai agli onori della cronaca. Prima di tutto, la libertà
religiosa che è una questione sempre molto grande e che fa soffrire almeno
della metà della popolazione cinese. Secondo, il fatto che il grande colosso
cinese - colosso economico che fa tanta paura all’Occidente in termini di
competizione – è in realtà un colosso molto fragile perché ha tantissimi problemi
sociali e rischia il tracollo.
D. – La realtà religiosa cinese è quella di una Chiesa a
due volti: in che rapporti sono tra loro?
R. – Il rapporto tra questi due rami della Chiesa è un
rapporto magnifico ed ormai c’è riconciliazione sia della Chiesa ufficiale con
la Santa Sede, sia della Chiesa ufficiale e della Chiesa non ufficiale tra di
loro. C’è una grande collaborazione ormai ovunque e veramente si può dire che
la Chiesa è una.
D. – La Cina ha
oggi bisogno del cristianesimo?
R. – Questo lo dicono diversi sociologi e professori
universitari, secondo i quali il cristianesimo in Cina aiuterebbe il superamento
delle difficoltà della modernità: ovvero, una società in cui i diritti umani
sono rispettati perché innati nell’individuo e non perché concessi dallo Stato.
In secondo luogo, la presenza del cristianesimo creerebbe una percezione della
solidarietà all’interno della società cinese, così divisa e così conflittuale,
e permetterebbe una solidarietà internazionale che contribuirebbe ancor più
allo sviluppo della Cina.
D. – Tanti anni trascorsi in Cina hanno permesso di
evidenziare le molte contraddizioni di questo grande Paese. Ma quali sono gli
aspetti positivi?
R. – Metterei in risalto il cuore del popolo cinese, che
riesce in ogni istante ed in ogni momento, anche il peggiore, a ricostruire la
vita fondandosi su quello che è un principio religioso: la positività della
vita viene dalla presenza della divinità. Per alcuni, tale principio è una
eredità taoista, mentre altri lo vivono grazie all’eredità cristiana. Resta
comunque il fatto che attualmente in Cina si sta assistendo ad una rinascita
religiosa impressionante.
D. – Per quanto riguarda le istanze democratiche, emerse
con forza crescente negli anni scorsi, cosa ne sarà?
R. – Credo che, se ci sarà libertà religiosa, vi sarà
anche libertà democratica. E questo perché la libertà religiosa è il diritto più
fragile, anche più gratuito, ma che garantisce tutti gli altri diritti. Va
detto che il nuovo presidente e segretario generale del partito ha cominciato a
suggerire una maggiore democrazia almeno all’interno del partito … speriamo
bene!
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1
novembre 2003
ORE DECISIVE PER DOMARE GLI
INCENDI CHE STANNO DEVASTANDO LA CALIFORNIA.
LE PIOGGE E IL CALO DELLE
TEMPERATURE DOVREBBERO AIUTARE
I 14 MILA POMPIERI IMPEGNATI IN
LOTTA CONTRO IL TEMPO.
GRAVISSIMO IL BILANCIO: ALMENO 20
MORTI E CENTOMILA SFOLLATI
LOS ANGELES.= L'umidità
portata dalla fitta nebbia, le temperature in calo e qualche temporale hanno
contribuito ad un contenimento degli incendi, che da una settimana stanno
devastando il sud della California. Il tragico bilancio conta almeno 20 morti,
mentre i Vigili del fuoco temono di trovare altre vittime, una volta che
avranno ispezionato i resti delle oltre
2.600 abitazioni divorate dalle fiamme. Se le previsioni meteorologiche saranno
rispettate, si apre un fine settimana decisivo, che potrà consentire di
completare l'accerchiamento delle fiamme, prima che tornino i forti venti
attesi da lunedì prossimo. Le autorità si dicono convinte adesso che, se non ci
saranno sorprese, l'emergenza incendi sarà completamente finita entro l'8
novembre. D’altro canto, le minacce maggiori ai centri abitati sono state
scongiurate e una sola comunità resta in pericolo: l'insediamento turistico di
Big Bear Lake, sulle montagne a nord-est di Los Angeles, da quale sono state
evacuate 15 mila persone. E’ stato invece salvato lo storico villaggio di
Julian, cittadina dell’epoca della corsa all'oro a nord-est di San Diego, ora
ritenuta fuori pericolo. I 14 mila pompieri che combattono gli incendi nel sud
della California sono stati aiutati negli ultimi due giorni da un netto calo
delle temperature. I chilometri quadrati di superficie devastata sono 2.950,
tra Los Angeles, San Bernardino e San
Diego. I danni sono stimati in oltre 2 miliardi di dollari e più di 100 mila
persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni. Intanto, la Casa Bianca ha
annunciato che il presidente americano Bush si recherà martedì prossimo
nell’area devastata dagli incendi. (A.G.)
L’ORGANIZZAZIONE
UMANITARIA JESUIT REFUGEE SERVICE
IN PRIMA LINEA
PER
AIUTARE I PROFUGHI LIBERIANI VITTIME DELLA GUERRA CIVILE
MONROVIA.= Una delegazione del Jesuit Refugee Service
(Jrs), l’organizzazione della Compagnia di Gesù che si occupa dei profughi e
dei rifugiati, ha visitato recentemente la capitale della Liberia, Monrovia,
dove le agenzie umanitarie si stanno riattivando per riprendere i loro
programmi di assistenza a favore dei profughi vittime della guerra civile.
Dalla visita è emersa una situazione drammatica, come riporta l’ultimo numero
del notiziario del Jrs. Secondo il rapporto della delegazione, il Paese
continua ad essere preda di “teppisti, gang organizzate e milizie”. I governi
che si sono succeduti, prosegue, “hanno saccheggiato la popolazione e le
risorse naturali, le compagnie multinazionali hanno saccheggiato le foreste”.
Molte delle milizie, inoltre, “hanno reclutato bambini innocenti, maschi e
femmine” che “non sono pagati da nessuno”, ma “sono autorizzati a saccheggiare
e, occasionalmente, a lasciarsi andare a stupri”. Di fronte a questa situazione,
si sta faticosamente cercando di riavviare un intervento a favore della
popolazione. Dopo avere preso contatti con diverse agenzie umanitarie per
pianificare un’azione concertata e avere incontrato i rappresentanti della
Chiesa e funzionari dell’Unicef, il Jesuit Refugee Service ha riavviato
nelle scorse settimane diversi progetti con lo scopo di accompagnare e offrire
servizi ai profughi aiutandoli a tornare ai loro luoghi di origine. “Un team
del Jrs – riferisce l’ultimo numero del notiziario – composto da cinque persone
è sul posto e sarà impegnato in programmi educativi e pastorali, oltre che in
numerosi mini-progetti di sviluppo”. (L.Z.)
INCREMENTARE LA PRODUZIONE DI RISO
IN FAVORE DEI PAESI POVERI:
E’ L’OBIETTIVO DELLA CAMPAGNA
INTERNAZIONALE LANCIATA IERI DALLA FAO.
SECONDO L’ORGANIZZAZIONE DELL’ONU
PER L’ALIMENTAZIONE,
PER UN MILIARDO DI PERSONE IN
AFRICA ED ASIA
IL
RISO E’ LA PRINCIPALE FONTE DI SUSSISTENZA
ROMA.=
Le Nazioni Unite hanno lanciato una grande campagna internazionale con lo scopo
di incrementare la produzione di riso in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Nel lanciare “l’Anno Internazionale del Riso 2004”, il direttore generale della
Fao, Jacques Diouf, ha sottolineato che “il riso è l’elemento base di più di
metà della popolazione mondiale” ma “la sua produzione sta attraversando un
periodo di grandi difficoltà”. Il riso è la risorsa alimentare in più rapida
ascesa in Africa ed ha un’influenza rilevante sulla nutrizione umana e sulla
sicurezza alimentare di tutto il mondo. Sistemi di produzione sostenibili
basati sul riso possono contribuire a sconfiggere la fame nel mondo e a
raggiungere gli obiettivi del Millennio. Diouf ha fatto notare come a fronte di
una popolazione mondiale in continua crescita, la terra e le risorse idriche a
disposizione della risicoltura sono in continua diminuzione. Le stime della
Fao, l'Agenzia dell’Onu che si occupa di alimentazione, mostrano che per il
2030, la domanda totale di riso sarà più alta del 38 per cento rispetto alle
quantità prodotte tra il 1997 ed il 1999. “Circa un miliardo di famiglie in
Asia, in Africa e nelle Americhe dipende dal riso come fonte principale di
sussistenza e di occupazione”, ha rilevato Diouf ai delegati Onu. “La
risicoltura è un sistema produttivo che sostiene un’ampia varietà di animali e
piante, che a loro volta aiutano ad integrare le diete e i redditi rurali. Il
riso è dunque in prima linea nella lotta contro la fame e la povertà”. Di qui,
la decisione delle Nazioni Unite di prendere l'iniziativa, unica nella sua storia,
di dedicare un anno a questa singola coltura. La Fao coordinerà una serie di
organismi internazionali che si occupano di agricoltura nell'organizzazione di
una campagna dal nome “Il Riso è Vita”. Questa campagna è stata messa in moto
l'anno scorso da una proposta di 44 paesi membri dell'Onu, in cui si parlava di
“crisi incombente” sulla produzione di riso. Nella proposta si affermava
inoltre come, degli 840 milioni di persone che ancora soffrono di fame cronica,
oltre il cinquanta per cento vivesse in zone dipendenti dalla produzione di
riso per il cibo, il reddito e l'occupazione. (A.G.)
LA PRESENZA DELLA CHIESA NELLA FRANCIA DI OGGI
TEMA IN PRIMO PIANO
ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI FRANCESI,
IN PROGRAMMA A LOURDES
DAL 4 AL 10 NOVEMBRE
LOURDES.= La
presenza della Chiesa nella Francia di oggi, nelle relazioni con lo Stato e la
società. E’ il tema centrale su cui si confronteranno i vescovi francesi, che
si riuniranno in assemblea plenaria a Lourdes, dal 4 al 10 novembre. Il
presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Bordeaux, Jean-Pierre
Ricard, svolgerà la relazione d'apertura. All’ordine del giorno, anche la
riforma delle strutture della stessa Conferenza episcopale. In tale contesto,
riveste particolare significato il fatto che, dal dicembre del 2002, in Francia
15 province ecclesiastiche hanno preso il posto delle regioni apostoliche. Alla
plenaria di Lourdes, parteciperanno quasi 150 vescovi, 116 dei quali in
attività, 14 emeriti ed altri 14 quali rappresentanti di altre Conferenze
episcopali. Insieme ai presuli, saranno presenti anche delegati delle
Congregazioni e degli Ordini maschili e femminili. (A.G.)
DA OGGI IN MOSTRA A VENEZIA I CAPOLAVORI DEL
GIORGIONE PER CELEBRARE
IL RESTAURO DELLA PALA
DELLA MADONNA IN TRONO CON BAMBINO,
OPERA SUBLIME DEL
PITTORE DI CASTELFRANCO
VENEZIA.= Sei
quadri di valore inestimabile, tra cui il capolavoro “La tempesta”, un affresco
ed un disegno, tutti del Giorgione, a condurre in un percorso ideale il visitatore verso la restaurata pala della
“Madonna in trono con il Bambino, San Francesco e San Nicasio (o Liberale)”,
anch’essa del celebre pittore di Castelfranco. E’ questo lo spettacolo che
troveranno alle Gallerie dell'Accademia di Venezia i visitatori della mostra
“Giorgione - le maraviglie dell'arte”, aperta da oggi al pubblico fino al 22
febbraio. Una mostra pensata proprio per celebrare il ritorno all’antico
splendore della Pala di Castelfranco, per l'occasione inserita in una teca
protettiva, appositamente pensata per preservarla dagli agenti esterni per lunghissimo
tempo. “L’ultimazione del restauro - ha spiegato la curatrice della mostra,
Giovanna Nepi Sciré - era un evento troppo importante per non essere celebrato
degnamente. Così, abbiamo pensato di
raccogliere tutti i capolavori del Giorgione presenti all’Accademia,
affiancandovi alcune opere di prestigio assoluto. E’ una mostra piccola, e non
potrebbe essere altrimenti, perché la morte prematura del pittore ne ha
limitato la produzione, ma straordinaria”. Per realizzare la mostra è stata
essenziale la collaborazione dei musei proprietari di alcune opere esposte, dal
Kunsthistorisches Museum di Vienna al Museum Boijmans Van Beuningen di
Rotterdam, nel quale era alloggiato prima d'oggi il disegno del pittore di
Castelfranco. “E' stata un’impresa complessa - è il commento di Nepi Sciré - ma
ne è valsa la pena. Il risultato è pari
alla bellezza della Pala di cui celebriamo il restauro”. (A.G.)
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1
novembre 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’interminabile scia di odio e l’allarme per nuovi episodi
di violenza continuano, purtroppo, a flagellare il dopoguerra iracheno. Due soldati americani sono stati uccisi
stamani a Mosul, nel Nord dell’Iraq, a causa dell’esplosione di una bomba e
ieri un militare statunitense è morto per la deflagrazione di un ordigno nei
pressi di Khaldiya, città a cento chilometri ad Ovest da Baghdad. E proprio
nella capitale irachena si è verificato, ieri, un altro grave episodio di
violenza. Nel corso dei gravissimi scontri scoppiati nel mercato di un sobborgo
occidentale sono rimasti uccisi un poliziotto e tre civili iracheni, tra i
quali un bambino di sei anni. In questo drammatico scenario crescono, inoltre,
i timori di nuovi attentati: le forze irachene, che si battono contro la
coalizione guidata dagli Stati Uniti, hanno infatti proclamato, oggi, la
“giornata della resistenza”. In questo quadro così complesso si deve anche
registrare la partenza dello staff delle Nazioni Unite dalla capitale irachena.
Il personale dell’Onu ha lasciato, questa mattina, il proprio quartier generale
partendo per Cipro dove si terranno le consultazioni sul modo con cui continuare
ad operare nel Paese arabo. Sulle indiscrezioni fornite dal quotidiano “New
York Times” che, citando fonti dell’amministrazione statunitense coperte da
anonimato, ha avanzato l’ipotesi di una regia di Saddam Hussein dietro gli
attacchi contro le truppe statunitensi, è intanto intervenuto il segretario di
Stato americano, Colin Powell. In un’intervista al programma dell’emittente
televisiva Abc, Powell ha dichiarato che non ci sono prove a sostegno di tale
tesi.
Restiamo in Iraq. Sui crimini commessi dal regime di
Saddam Hussein è stato trasmesso dall’emittente televisiva americana Cnn un
tragico filmato trovato dai soldati americani lo scorso 22 aprile nei pressi
della stazione di polizia di Al Saadoan. Il Pentagono non ha voluto rilasciare
commenti sul documento, ma il network televisivo di Atlanta ha voluto precisare
che lo ha ottenuto attraverso fonti indipendenti. Il filmato è integrale e
testimonia la brutalità delle indicibili torture che venivano praticate agli
oppositori del regime, ma anche ai membri della famigerata milizia dei
fedelissimi di Saddam, la brigata feddayn. Si tratta di miliziani che erano accusati
di tentativi di diserzione e di insubordinazione.
Spostiamoci in Russia dove si estende alla seconda carica
dello Stato, il primo ministro Kasyanov, il terremoto politico scatenato dalla
controversa offensiva giudiziaria avviata contro il colosso petrolifero Yukos.
A poche ore dalle dimissioni dell’influente capo dello staff presidenziale, Aleksandr Voloshin, ostile alla richiesta e ai suoi metodi,
Kasyanov ha criticato ieri il sequestro del pacchetto di controllo della Yukos
ordinato dalla procura generale. Su questa vicenda ci aggiorna Giuseppe
D’Amato:
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Calma apparente dopo la tempesta di giovedì sera. La
procura generale ha dissequestrato una piccola parte delle azioni del colosso
petrolifero Yukos, precedentemente congelate, e la borsa di Mosca ha lievemente
recuperato le forti perdite, anche perché ai mercati è piaciuta la nomina del liberale
Dmitry Medvedev, come capo dell’amministrazione
presidenziale, al posto del dimissionario Aleksandr Voloshin, uomo da sempre vicino agli oligarchi
e alla famiglia Eltsin. Gli equilibri nelle stanze del potere moscovita
rimarrebbero immutati secondo alcuni esperti, ma non tutti in realtà sono
d’accordo con questo punto di vista. Dopo giorni di silenzio, il premier
Kasyanov ha fatto sentire la sua voce ed ha espresso grossa preoccupazione per
la situazione creatasi. “Il sequestro di azioni di una compagnia privata – ha
detto il primo ministro russo – è un fenomeno nuovo, le cui conseguenze sono
difficilmente prevedibili”. In ballo ci sono la stabilità del Paese e gli
ottimi risultati macroeconomici di questi ultimi anni. Il Cremlino ha tentato
di tranquillizzare gli investitori stranieri, forse riuscendovi. Putin ha
tenuto con loro una riunione urgente, giovedì sera. Da più parti si affermava
ormai pubblicamente che la Russia aveva mutato il proprio corso liberale e si
tornava alle nazionalizzazioni, di fatto rimettendo in discussione le
privatizzazioni degli anni ’90. La vicenda Yukos rimane comunque una bomba ad
orologeria.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Gli Stati Uniti continuano la loro politica “ostile”' nei
confronti della Corea del Nord: è questa l’ennesima denuncia di Pyongyang, che
accusa gli americani di aver condotto, nel mese di ottobre, almeno 200 voli
spia nei cieli della penisola coreana. Secondo l’agenzia di stampa nordcoreana,
aerei da ricognizione americani volano “giorno e notte” sopra il confine tra le
due Coree “per spiare obiettivi strategici della Corea del Nord”. Sul Paese asiatico
non solo gli Stati Uniti ma l’intera comunità internazionale ha espresso le
proprie preoccupazioni per le ambizioni nucleari nordcoreane.
Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (Aiea), Mohamed El Baradei, ha spiegato che saranno necessarie
“almeno due settimane” per poter valutare la risposta dell’Iran alle richieste
degli ispettori sul suo programma nucleare. “Verso la fine della seconda
settimana di novembre - ha detto El Baradei dalla sede delle Nazioni Unite a
New York - presenterò un rapporto al Consiglio dei governatori dell'Aiea con i
primi risultati di questo processo di verifica”.
Trasferiamoci
in Medio Oriente dove non si arresta l’ondata di violenze. Un giovane
dimostrante palestinese è morto, stamani, a Nablus, nel Nord della Cisgiordania.
Lo hanno riferito fonti giornalistiche palestinesi precisando che l’uomo,
Mohammad Hosni Hammad, è stato ucciso in scontri con i soldati israeliani
scoppiati nel campo profughi di Asakar, alla periferia Est di Nablus. Sulla
situazione in Medio Oriente ci riferisce Graziano Motta:
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Almeno 200 mila persone sono attese stasera nel piazzale
antistante il municipio di Tel Aviv, oggi dedicato a Rabin, per ricordare
l’ottavo anniversario della sua uccisione che colà avvenne ad opera di un giovane
dell’estrema destra. L’afflusso forse sarà maggiore, perché il monumento
memoriale dell’assassinio è stato profanato proprio alla vigilia, con lo slogan
“Kahane aveva ragione”. E lo stesso è avvenuto sui muri di parecchie strade ed
in altre località del Paese, per significare l’ostilità ad ogni approccio di
pace con i palestinesi, teorizzato dal rabbino Meir Kahane, fondatore di un piccolo
partito estremista, poi assassinato a New York. Approccio che, invece, Rabin
attuò con gli accordi di Oslo. E per quanto la scorsa notte centinaia di
giovani abbiano montato la guardia al suo monumento, analoghi slogan sono stati
ancora scritti in alcune strade di Tel Aviv. Un clima, quindi, che testimonia
la persistenza di divisioni e di incitazioni all’odio. Nel versante palestinese
il Comitato centrale Al Fatah si è riunito a Ramallah per scegliere il
successore alla presidenza del Consiglio legislativo di Abu Ala, che ha sciolto
le riserve per la formazione di un governo allargato, che dovrà succedere a
quello di emergenza a lui confidato da Arafat. Ma sembra che persistano le
difficoltà sulla scelta di un ministro dell’Interno che abbia ampi poteri in
materia di sicurezza e nei rapporti con i movimenti dei gruppi estremisti,
volendo Arafat mantenere le sue prerogative in materia.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Il
governo del Montenegro ha destituito il vice procuratore generale ed un altro
magistrato in relazione al traffico di esseri umani scoperto nel 2002. Lo ha
reso noto il governo del Montenegro. Il vice procuratore generale, Zoran
Piperovic, e il procuratore di Podgorica, Zoran Radonjic, sono stati
allontanati dal loro incarico su richiesta del procuratore generale.
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