RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 85 - Testo della Trasmissione mercoledì 26 marzo 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Annunciato dal Papa all’udienza generale un pellegrinaggio al santuario mariano di Pompei il 7 ottobre, per implorare giustizia e pace nel mondo.

 

Diritto umanitario e guerra al terrorismo, temi cruciali al convegno per i cappellani militari organizzato a Roma dalla Santa Sede.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Mobilitazione di preghiera e di solidarietà per il popolo iracheno sotto la tragedia della guerra. Massicci bombardamenti su Baghdad, notizie contrastanti da Bassora: con noi, il cardinale Dionigi Tettamanzi, il generale Luigi Caligaris e il prof. Vincenzo Strika.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Concezione ebraica e cristiana della famiglia, in un Colloquio di studiosi alla Pontificia Università Lateranense.

 

Saranno 30 mila i sieropositivi del Mozambico che nei prossimi 4 anni riceveranno le cure per combattere l’Aids grazie al progetto italiano ‘Dream’ promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.

 

La Conferenza episcopale peruviana ha organizzato a Lima un Seminario internazionale per analizzare il fenomeno delle migrazioni.

 

Si è aperto oggi a Roma il Congresso promosso dalla Fao sul tema “sicurezza alimentare globale e ruolo della fertilizzazione sostenibile”.

 

Appello dell’episcopato cubano al dialogo nazionale per risolvere i problemi della società, nel pieno rispetto dei diritti umani.

 

La Conferenza dei vescovi del Burundi leva la sua voce contro il conflitto che insanguina il Paese dal 1993.

 

24 ORE NEL MONDO:

Attacco dei ribelli islamici ad un villaggio di Mindanao: almeno 12 le vittime.

 

Nuovi scontri in Medio Oriente, Israele presenta una proposta di pace.

 

Tensione nella penisola coreana, per le esercitazioni congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud.

 

Bolivia, si rompe il dialogo tra governo e cocaleros.

 

India e Pakistan ai ferri corti, dopo la strage di domenica in Kashmir. Omicidio politico in Gujarat.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 marzo 2003

 

 

IL PAPA IN PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DI POMPEI IL 7 OTTOBRE

PER INVOCARE LA PACE NEL MONDO. LO HA ANNUNCIATO ALL’UDIENZA GENERALE

DOPO LA CATECHESI BIBLICA SUL SALMO 89,

CHE EVOCA LA CADUCITA’ DELLA VITA UMANA SULLA TERRA

- A cura di Carla Cotignoli -

 

**********

“Si perseveri nella recita della Corona per implorare la pace!” Il nuovo sofferto appello del Papa per la pace, non solo in Iraq, ma per tutti gli altri conflitti. Lo ha lanciato questa mattina al termine della catechesi all’udienza generale in Piazza San Pietro - davanti a oltre 13 mila persone - una catechesi incentrata sulla fragilità umana, illuminata dalla luce della risurrezione. Le parole del Santo Padre prendono spunto dalla solennità dell’Annunciazione “che ricorda l’incarnazione del Figlio di Dio Principe della Pace”, celebrata ieri:

 

Recitando la Corona del Santo Rosario, abbiamo meditato questo mistero con il cuore oppresso dalle notizie che giungono dall'Iraq in guerra, senza dimenticare gli altri conflitti che insanguinano la Terra. Quanto è importante che, durante quest’Anno del Rosario, si perseveri nella recita della Corona per implorare la pace! Chiedo che lo si continui a fare specialmente nei Santuari mariani. A Maria, Regina del Rosario, affido fin d’ora il proposito di recarmi in pellegrinaggio nel suo Santuario a Pompei il prossimo 7 ottobre, in occasione proprio della festa della Madonna del Rosario. La materna intercessione di Maria ottenga giustizia e pace per il mondo intero”.

 

Ma ritorniamo alla catechesi biblica incentrata sul Salmo 89.  Sono parole che ci fanno penetrare nel significato più profondo di quel cambiamento di vita più volte richiamato dal Papa, insieme alla preghiera, come condizione di pace.

 

Le parole del salmo 89 – ha detto Giovanni Paolo II - sono per noi “una grande lezione” che “ci scuote dalle nostre illusioni e dal nostro orgoglio”: ci ricordano fragilità della condizione umana, il senso del nostro limite. “La nostra esistenza ha la fragilità dell’erba spuntata all’alba”. “Ben presto alla freschezza della vita subentra l’aridità della morte”. Non solo. Il salmista – ricorda il Papa – “a questa radicale debolezza associa il peccato: “in noi c’è finitudine, ma anche colpevolezza” e “lo scorrere dei giorni è scandito da ‘fatica e dolore’”. Ma il salmo, “nei nostri giorni segnati dalla prova”, indica la via per giungere “alla sapienza del cuore” e “gustare il sapore della speranza”. “Solo la grazia del Signore – afferma il Papa – può dare consistenza e perennità alle nostre azioni quotidiane”:

 

“Con la preghiera domandiamo a Dio che un riflesso dell’eternità penetri nella nostra breve vita e nel nostro agire. Con la presenza della grazia divina in noi, una luce brillerà sul fluire dei giorni, la miseria diventerà gloria, ciò che pare privo di senso acquisterà significato”.

 

“E’ la risurrezione di Cristo – conclude il Papa citando l’antico scrittore cristiano Origene – a darci la possibilità intravista dal salmista, di ‘esultare e gioire per tutti i giorni della vita’” e oltre la morte. 

**********

 

Presenti all’udienza generale anche 500 pellegrini polacchi, guidati dal cardinale primate Jozef Glemp, che il Papa ha poi ricevuto in udienza.

 

 

DIRITTO UMANITARIO E GUERRA CONTRO IL TERRORISMO, TRA GLI ARGOMENTI

DELLA GIORNATA CONCLUSIVA DEL CORSO DI FORMAZIONE PER CAPPELLANI MILITARI, ORGANIZZATO A ROMA DALLA SANTA SEDE

- A cura di Paolo Scappucci -

 

Temi scottanti come l'applicazione del diritto umanitario e delle sue garanzie nella guerra contro il terrorismo, la responsabilità individuale nel diritto umanitario, i tribunali penali internazionali come sfida per le giurisdizioni degli Stati sono al centro della giornata conclusiva del Corso internazionale di formazione per cappellani militari, promosso a Roma dalla Santa Sede presso gli uffici del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

 

**********

Affrontando il primo di tali argomenti, l'esperto spagnolo José Luis Rodrìguez-Villasante del Comitato Giuridico Militare del suo Paese ha ribadito la condanna assoluta e senza eccezioni da parte del diritto umanitario nei confronti di ogni atto di terrorismo, inteso come impiego di violenza indiscriminata volta a terrorizzare la popolazione civile. Egli ha anche riaffermato il diritto di popoli e nazioni a difendersi dal terrorismo, crimine di lesa umanità, senza tuttavia che la responsabilità penale per atti del genere si possa estendere alle nazioni, etnìe o religioni cui appartengono i terroristi. La lotta contro il terrorismo, poi, implica ineludibilmente un impegno politico, diplomatico ed economico per dare soluzione ragionevole a situazioni di oppressione, di ingiustizia o emarginazione, che costituiscono ìl terreno di coltura del terrorismo stesso. E' stato comunque evidenziato che la protezione del diritto umanitario durante il conflitti si applica anche ai terroristi catturati, i quali debbono godere del trattamento di prigionieri di guerra.

 

Il prof. Silvio Marcus-Helmons dell'Università cattolica di Lovanio, dal canto suo, ha sottolineato la responsabilità individuale, e non solo quella degli Stati, nelle violazioni del diritto umanitario per crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, nel senso che "il fatto d'aver agito per ordine del proprio governo o di un superiore gerarchico non annulla la responsabilità dell'autore secondo il diritto penale internazionale, se ha avuto moralmente la possibilità di scelta".

 

Le conseguenze delle violazioni del diritto umanitario durante i conflitti, le relative sanzioni come obblighi di riparazione, rappresaglie, imputazioni per crimini di guerra e azioni di assistenza umanitaria in favore delle popolazioni colpite sono state illustrate dal presidente della Commissione di diritto internazionale umanitario della Croce Rossa, prof. Paolo Benvenuti, mentre la prof.ssa Flavia Lattanzi ha trattato diffusamente lo spinoso problema dei rapporti e condizionamenti tra tribunali penali internazionali e le giurisdizioni statali. La conclusione è stata che le corti penali internazionali, oltre ad operare da stimolo perché i tribunali statali perseguano i criminali e da guida perché applichino in modo uniforme il diritto umanitario, sono chiamate a svolgere un'importante funzione deterrente contro chi pensi che in guerra tutto sia permesso e che la pacificazione internazionale o nazionale possa realizzarsi a danno della giustizia.  

********** 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"La tragedia della popolazione civile" è il titolo che apre, con forza, la prima pagina.

Numerose vittime a Baghdad in un mercato colpito da un missile.

Sempre in prima, si sottolinea che "con il cuore oppresso dalle notizie di guerra, il Papa incita a perseverare nel Santo Rosario".

Medio Oriente: ancora una bambina assassinata senza pietà.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

La "catena" di preghiere per la pace che lega le diocesi italiane.

Nel cammino della Chiesa in America, un articolo su alcune realizzazioni missionarie in Brasile.

 

Nelle pagine estere, varie iniziative per fermare la guerra.

Appello dell'Unicef ai belligeranti affinché tutelino la vita dei più piccoli.

Filippine: vittime civili in cruenti attacchi di ribelli islamici in città del Sud.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Gino Concetti dal titolo "La democrazia e le sue ragioni": l'opera del cardinale Pietro Pavan riedita a cura di Mario Toso.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con il consueto riferimento all'evolversi della situazione in Iraq.

I temi del fisco e delle pensioni.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

26 marzo 2003

 

 

LA MOBILITAZIONE DELLA PREGHIERA E DELLA SOLIDARIETA’ PER IL POPOLO IRACHENO.

CON NOI L’ARCIVESCOVO DI MILANO DIONIGI TETTAMANZI, PAOLO LORIGA

 DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI, RENZO CIANFANELLI, INVIATO DEL

CORRIERE DELLA SERA IN KUWAIT E FILIPPO UNGARO DI SAVE THE CHILDREN ITALIA

 

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

L’accorato e costante appello alla pace che il Santo Padre non si stanca di pronunciare interpella ogni uomo e in primo luogo ogni cristiano a dire  un “no” deciso alla guerra con gesti concreti, atteggiamenti, ma soprattutto con la potente “arma” della preghiera. Il Rosario, a cui il Papa ha dedicato l’anno in corso, può divenire così una catena che unisce il mondo in unico appello alla pace. Uno strumento efficace  per “globalizzare la pace” e per opporsi alla violenza che “è solo e sempre generatrice di altra violenza”.

 

Queste ultime parole sono state pronunciate lunedì scorso dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, nell’ambito dei “Dialoghi in Cattedrale” in un intervento sul tema “Lavoro, solidarietà, libertà: una società globale in chiave umanistica?”, finalizzato a leggere il fenomeno globalizzazione come opportunità per valorizzare la persona umana. Il cardinale Tettamanzi non ha mancato poi di fare un riferimento ai rapporti tra globalizzazione e l’attuale crisi in Iraq. Ascoltiamolo al microfono di Luca Collodi.

 

**********

R. – Penso che tutto dipenda dal concetto che si ha di globalizzazione. Se per globalizzazione si intende la interdipendenza su problemi estremamente complessi, difficili o addirittura drammatici, da questo punto di vista si può rispondere davvero che la crisi in Iraq sia un segno molto forte di fatica della globalizzazione, proprio perché si è arrivati a questa conclusione saltando quel confronto in chiave diplomatica, di indole propriamente mondiale, precisamente in riferimento all’Onu.

 

D. – A 40 anni della Pacem in terris, la Pacem in terris è un modello di globalizzazione da poter seguire per l’uomo?

 

R. – Direi proprio di sì, perché è proprio in questa enciclica che si parla per la prima volta del bene comune universale e soprattutto si parla della famiglia umana come di una unità profonda, indivisa e indivisibile. In questo senso la convivenza viene presentata come una convivenza veramente pacifica. Questo è l’anelito più profondo che è insito nella famiglia umana a questa quadruplice condizione: che sia il frutto della giustizia, della verità, della solidarietà e della libertà. In questo senso, forse, dovremmo avere il coraggio di usare di meno il termine pace, perché rischia di essere un tema che non ha dei contenuti, e presentare invece la pace come il frutto necessario di queste quattro condizioni. Ecco perché si dice, e giustamente, che la pace non va detta e non va neppure gridata, ma la pace va fatta, e va fatta quando si vive secondo verità, secondo giustizia, secondo solidarietà e secondo libertà.

**********

 

E parlando di pace non si può ignorare il coro delle innumerevoli iniziative di preghiera che, da prima ancora che iniziasse il conflitto, vengono organizzate in varie parti del mondo. Nel Pakistan centrale ad esempio, la commissione Giustizia e Pace dei giovani sta promuovendo per il periodo quaresimale momenti di condivisione fra i giovani cristiani e musulmani. Negli Stati Uniti, nello Stato del Nevada, vicino a una base nucleare, sono stati organizzati momenti di preghiera e digiuno per la pace. In Argentina a Buenos Aires, nella famosissima Plaza de Mayo organizzazioni cattoliche, evangeliche, ebree e musulmane hanno installato una “Tenda di incontro per la Pace”, luogo di preghiera aperto 24 ore su 24.

 

A Roma da ieri pomeriggio a Piazza Colonna, presso la chiesa dei santi Bartolomeo ed Alessandro, il movimento dei Focolari ha dato il via ad un’iniziativa analoga titolata “Avamposto della Pace”. Il progetto vuole favorire incontri di preghiera e testimonianza per la pace realizzati nel cuore della vita politica, culturale e sociale della città, come spiega ai nostri microfoni Paolo Loriga, tra i coordinatori dell’idea.

 

**********

R. – Lungi dal sentirci impotenti di fronte a questa guerra, ed anche sostenuti dalle parole del Papa, volevamo coniugare ogni giorno la pace con la nostra vita quotidiana. Non è infatti l’appuntamento di un giorno, è un cammino che l’avamposto della pace vuol percorrere insieme a tutti quelli che sono sensibili al tema della pace. Pace che è violata in Iraq, ma che è violata in tante altre parti del mondo. Ed anche coniugarla con la nostra vita quotidiana, perché la pace va calata nella nostra quotidianità e nei rapporti di ogni giorno, con chi è diverso da noi. Adesso che c’è e cresce questo timore nei confronti della diversità, noi invece vogliamo scendere in campo con l’arma del dialogo.

 

D. – Quali saranno i momenti principali?

 

R. – L’intento è quello di un’educazione alla pace, e quindi, momenti di riflessione, un rosario meditato, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, ma anche testimonianze di chi lavora in Terra Santa nel dialogo tra israeliani e palestinesi. Si procederà a scoprire sempre di più la pace come condizione ed anche come cultura, ricordandoci anche dell’insegnamento di Giovanni XXIII: la pace va sempre coniugata con la verità, la giustizia, l’amore e la libertà.

 

D. – Quindi, potremmo dire che la preghiera, il canto, la musica, il dialogo, come ricordava, costituiscono la particolarità che distingue questa iniziativa rispetto al variegato movimento pacifista …

 

R. – Vogliamo dare spazi di silenzio nella confusione generale e nel tanto parlare di pace, ma anche educarci alla pace, perché non ne siamo mai consapevoli abbastanza e non ne siamo mai costruttori a sufficienza.

**********

 

E al centro delle iniziative di preghiera è ricorrente la richiesta di intercessione in favore delle vittime della guerra. Oggi il presidente della Commissione Europea Romano Prodi ha parlato di un deterioramento della situazione umanitaria in Iraq. Da parte sua, il  segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, incontrando la consigliera per la sicurezza nazionale, Condoleeza Rice, ha ribadito la disponibilità delle Nazioni Unite ad intervenire nei soccorsi alla popolazione irachena, a patto che siano garantite ai volontari le condizioni di sicurezza necessarie per operare sui luoghi del conflitto. “Fino ad allora – ha continuato Annan - la responsabilità degli aiuti ricadrà su Washington”. In merito alla crisi umanitaria in Iraq ascoltiamo Renzo Cianfanelli, inviato del Corriere della Sera in Kuwait, al microfono di Fabio Colagrande.

 

**********

La cosa che mi ha colpito a Bassora è stata la seguente. La gente mi fermava e mi chiedeva se avevo dell’acqua: cioè, non dico del cibo, ma dell’acqua. Quando hanno visto che avevo delle bottiglie di plastica, mi hanno detto: ‘Per favore, dammi una bottiglia d’acqua’. Senza acqua nelle città naturalmente non si può vivere, non si può vivere in nessun posto, nel deserto meno che mai. Questa è la situazione. Tanto è vero che tra oggi e domani si stanno già organizzando massicci aiuti umanitari nelle zone dove è possibile consegnare questi aiuti, per esempio nel porto mercantile di Um Qasr, che è l’unico porto ad acque profonde dell’Iraq, vicinissimo alla frontiera, e in altre città e anche nella città di Bassora, almeno nella parte che le forze britanniche controllano.

**********

 

L’allarme crisi umanitaria potrebbe essere il preludio di un futuro disastroso per i tanti bambini, vittime innocenti del conflitto appena iniziato. In proposito l’organizzazione per la difesa dell’infanzia Save the Children, presente in Iraq con i suoi volontari, ha avviato una raccolta fondi che prevede la distribuzione di beni di prima necessità. Ma quali sono le condizioni dei bambini in Iraq? Lo chiediamo a Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children Italia.

 

**********

R. – Più di 10 anni di sanzioni economiche, anni di conflitti interni, hanno ridotto il Paese in condizioni abbastanza disastrose, soprattutto per quanto riguarda i bambini: 500 mila bambini nel 1991 sono morti a causa della malnutrizione, della mancanza di farmaci di base; rispetto al 1991 la mortalità infantile è raddoppiata; un bambino su 5 è malnutrito. Quindi, siamo in presenza, ancora prima della guerra, di una crisi umanitaria. E’ chiaro che la guerra non fa altro che accentuare questa crisi umanitaria.

 

D. – Quali prospettive minacciano l’infanzia oggi in Iraq?

 

R. – Si parla di mezzo milione di bambini che potrebbero morire o comunque rimanere feriti, colpiti in qualche modo, da questa guerra. Si parla di due milioni di profughi. Si parla di 3 milioni tra mamme, donne, bambini iracheni che potrebbero aver bisogno di un particolare sostegno alimentare. 150 mila bambini iracheni inoltre potrebbero rimanere separati dalle loro famiglie.

 

D. – Come accennava prima Save the children lavora in Iraq dal 1991. Quale è stato il frutto dei vostri lavori in questi anni?

 

R. – Negli anni precedenti a quest’ultimo conflitto chiaramente ci siamo dedicati molto al problema dei rifugiati, portando loro assistenza nel nord dell’Iraq, ed anche assistenza alla popolazione curda, che è stanziata appunto nel nord. Attualmente abbiamo preparato un piano di emergenza, che prevede vari tipi di interventi: distribuzioni di beni materiali, di cibo, interventi sanitari, distribuzione di medicine, kit di emergenza.

 

D. – Distribuzione che avverrà direttamente sul posto grazie ai vostri volontari?

 

R. – Stiamo continuando a lavorare con uno staff di 60 persone nel nord dell’Iraq. Si tratta di staff locale, di personale locale. Il personale internazionale a causa dello scoppio della guerra è stato evacuato e sta proprio in queste ore ritornando sul posto. Ci siamo preparati per affrontare questa emergenza che si prospetta drammatica.

**********

 

 

ANCORA BOMBARDAMENTI MASSICCI SU BAGHDAD: UN MISSILE FINISCE

SU UN MERCATO PROVOCANDO UNA STRAGE. NOTIZIE CONTRASTANTI DA BASSORA,

MENTRE SAREBBERO CENTINAIA I SOLDATI IRACHENI CADUTI NEGLI SCONTRI

CON LE TRUPPE ANGLO-AMERICANE SULLA VIA VERSO LA CAPITALE IRACHENA

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

E’ un attacco missilistico senza tregua quello in corso su Baghdad in queste ore, mentre le avanguardie delle truppe anglo-americane puntano verso la capitale dopo scontri sempre più cruenti con l’esercito di Saddam Hussein. Secondo un ufficiale statunitense sul posto, sarebbero circa 650 i soldati iracheni uccisi nei combattimenti attorno a Najaf, nell’Iraq centrale. Gravissimo anche il bilancio dell’ultimo raid su Baghdad. Un funzionario del ministero dell'Informazione iracheno ha dichiarato che una bomba ha colpito un mercato nella parte settentrionale della capitale, provocando numerose vittime. Dal canto suo, un giornalista della Reuters riferisce di aver visto i cadaveri di 15 persone giacere in strada dopo il tragico attacco. Decine sarebbero i feriti, mentre un medico del Comitato internazionale della Croce Rossa si sta recando sul luogo colpito per rendersi conto della situazione e verificare se l’ospedale nelle vicinanze abbia bisogno di aiuti.

 Notizie contrastanti giungono, intanto, da Bassora, nel quadrante sud del conflitto. Il ministro della Difesa britannico, Hoon, ha ribadito stamani che i soldati iracheni hanno sparato ieri contro civili inermi per sedare una rivolta popolare contro il regime di Saddam. Una versione confermata anche dal premier inglese, Blair. Tuttavia la tv araba Al Jazira ha affermato che non vi sono segni di una rivolta nella seconda città dell’Iraq. La situazione rimane, quindi, incerta con le truppe britanniche in attesa dell'ordine di attacco. Proprio nei pressi di Bassora, nelle ultime ore, due soldati britannici sono stati uccisi dal “fuoco amico”. Sul fronte nord del conflitto, un campo di Al Qaeda è stato bombardato stanotte dalle forze aeree americane, che hanno già compiuto in questi giorni operazioni analoghe nel Kurdistan iracheno contro postazioni della rete terroristica di Bin Laden. Sempre nella notte, colpita anche la televisione irachena che ha però ripreso le trasmissioni dopo un black out di alcune ore. Baghdad, dunque, spazzata anche oggi da una forte tempesta di sabbia vive ore di angoscia sotto i bombardamenti e in attesa dell’attacco di terra anglo-americano, come testimonia da Baghdad l’inviato speciale de “Il Sole-24 Ore”, Alberto Negri, raggiunto telefonicamente da Sergio Centofanti:

 

**********

R. – La popolazione irachena in questo momento è rintanata in casa; si aspetta il peggio, ha cercato di far scorte in una situazione di attesa carica di tensione e di angoscia per quel che potrà accadere.

 

D. – Tu che sei a Baghdad, come vedi questa guerra?

 

R. – Avete visto le difficoltà incontrate dagli americani soprattutto per espugnare il sud del Paese, perché le città non sono cadute come gli americani si aspettavano. Il regime non è ancora collassato, ma continua a mantenere uno stretto controllo – dove può e dove riesce – sulla popolazione. E questo sarà uno dei fattori che condizioneranno anche l’assedio a Baghdad. E’ certo che si tratta di una guerra più difficile di quanto non pensassero i comandi americani.

**********

 

Si approssima, dunque, il momento in cui le truppe anglo-americane entreranno a Baghdad per affrontare quello che molti considerano lo scontro finale con Saddam Hussein. Un conflitto che assumerà probabilmente le sembianze della guerriglia urbana contro i fedelissimi del rais. Fonti d’agenzia, che citano il comando alleato di Doha, riferiscono che il regime iracheno avrebbe già minato i ponti di accesso alla città e starebbe intensificando il ricorso a “tattiche terroristiche” per contrastare i militari americani e britannici. Ma quali saranno i maggiori rischi che potranno incontrare le forze anglo-americane? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al generale Luigi Caligaris, esperto di strategia e tattica militare:

 

**********

R. – Uno è la possibilità che in qualche modo Saddam Hussein riesca a far uso di aggressivi chimici o di armi biologiche; un’altra è la possibilità che si arrocchino i fedelissimi del regime di Saddam all’interno della città. Allora, in questo caso, bisogna anche fare un discorso sia di capacità militare sia di tenuta psicologica. E’ chiaro che la guerra più difficile è quella urbana, tranne forse durante la notte perché se riuscissero – gli americani – ad eliminare tutte le sorgenti di luce con i sistemi di visori notturni che le forze anglo-americane possiedono ormai a livello individuale, allora in questo caso il vantaggio andrebbe per le forze di questa coalizione. Naturalmente, questo vorrebbe dire che un attacco alla città dovrebbe esser fatto di notte anziché di giorno.

**********

 

Una delle conseguenze politiche più immediate della guerra in Iraq è la tensione sempre più alta tra Washington e Mosca, specie dopo le accuse della Casa Bianca al Cremlino sulla vendita di arme russe a Saddam. Il ministro degli Esteri, Ivanov, ha dichiarato che la Russia chiederà oggi pomeriggio - nella sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - “la sospensione immediata delle operazioni militari in Iraq”. Paese, ha aggiunto il capo della diplomazia russa, che “viene completamente devastato” da questa guerra, con il rischio di provocare una catastrofe umanitaria. La crisi del Golfo sarà quindi al centro dell’attenzione al Palazzo di Vetro dell’Onu, proprio mentre il presidente americano Bush si appresta a ricevere, a Camp David, il premier britannico Blair nel primo incontro tra i due leader della coalizione alleata, dall’inizio della Seconda Guerra del Golfo. L’opinione pubblica americana è, intanto, ancora sotto shock per le immagini dei prigionieri mostrate dalla tv irachena in questi giorni. Per il New York Times, alcuni marine sarebbero stati uccisi in vere e proprie esecuzioni. Il quotidiano americano sostiene che questa ipotesi sarebbe confermata da alcune sequenze trasmesse dalla televisione di Stato irachena, nelle quali sono stati mostrati i cadaveri di quattro uomini, alcuni dei quali uccisi apparentemente con una pallottola alla testa.

 

Ad una settimana dall’inizio della guerra in Iraq, sono ormai state ridimensionate le previsioni di rapido collasso del regime iracheno. La popolazione non si è sollevata contro Saddam Hussein. Un’assenza di reazione dalle ragioni molteplici, come spiega il prof. Vincenzo Strika, docente di Storia contemporanea dei Paesi arabi all’Università di Napoli “L’Orientale”:

 

**********

R. – Su tutto quanto sta succedendo agisce una componente di fondo, e cioè che in sostanza il regime è ben radicato sul terreno. E questo è un argomento. Poi, i tanti anni di embargo, i bombardamenti continui nel sud e nel nord. Non mancano gli argomenti. C’è anche una componente patriottica se vogliamo: uno si sente invaso e reagisce.

 

D. – Quanto influisce sull’assenza di reazione del popolo iracheno la paura della repressione da parte del regime, anche in ragione di quanto successo dopo la prima Guerra del Golfo?

 

R. – Dopo la prima Guerra del Golfo ci fu un’insurrezione molto cruenta, specialmente nel sud. Mentre nel nord la situazione fu più fluida. La repressione maggiore fu nel sud. Lì fu molto cruenta, fu bombardata Kerbala. Però, non ebbe l’appoggio degli alleati e quindi si è spenta. Il regime ha fatto una certa politica di avvicinamento verso queste popolazioni. Anche adesso i curdi sono molto cauti, perché temono i turchi. Quindi, è una situazione molto complessa.

 

D. – In uno dei suoi ultimi discorsi Saddam Hussein ha esortato le tribù irachene a resistere, a combattere. Quanto incide questo elemento tribale, clanico nella struttura sociale dell’Iraq?

 

R. – Le tribù in Iraq sono circa 160. Di queste, 19 sono all’estero e fanno parte dell’opposizione. Anche i capi sono all’estero. Il resto è stato attirato dal regime. Molti capi tribù sono in Parlamento. La tribù incide, perché la tribù è indisciplinata. Naturalmente la tribù può essere stata attirata da una come dall’altra parte. In questo momento si vede che sta con i governativi.

 

D. – Nelle città invece la situazione qual è, proprio in riferimento alle tribù?

 

R. – All’interno della città sono solidali tra loro, così i loro clan si mantengono ancora vivi, per ragioni di affinità tribale.

 

D. – Quali saranno le maggiori difficoltà di governo del Paese nel dopo Saddam Hussein, anche in ragione di queste divisioni?

 

R. – Le cose saranno molto complicate sicuramente, perché l’idea americana di fatto è di mettere lì un generale di origine araba, ma sempre un generale americano. Quindi, sarà un governatorato militare, in attesa che si creino le condizioni per le libere elezioni. Il che, oltretutto, sarà molto difficile, perché se si dovesse votare in Iraq oggi vincerebbero gli sciiti, e gli sciiti guardano a Teheran. I curdi non possono essere molto apprezzati per l’ostilità della Turchia. Sarebbe nuovamente un governo sunnita, e cioè un governo di minoranza, che poi è quello che è stato sempre. E’ l’elite che ha governato il Paese dall’epoca dei turchi fino ad oggi.

********** 

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

26 marzo 2003

 

 

“CONCEZIONE EBRAICA E CRISTIANA DELLA FAMIGLIA”:

QUESTO IL TITOLO DELL’INCONTRO OSPITATO DALL’UNIVERSITÀ LATERANENSE

OGGI E DOMANI. A DIALOGO, PER APPROFONDIRE LA RECIPROCA CONOSCENZA

TRA LE DUE RELIGIONI, STUDIOSI CRISTIANI ED EBREI

 

ROMA. = In questo tempo segnato della divisione, appare sempre più urgente la necessità del dialogo, strumento essenziale per la pace. Per questo studiosi ed esperti ebrei e cristiani si riuniscono oggi e domani a Roma, nella Pontificia università Lateranense per il Colloquio “Concezione ebraica e cristiana della famiglia”. L’incontro è stato proposto dall’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede ed organizzato dal Pontificio Istituto Giovani Paolo II per studi su matrimonio e famiglia di Roma e lo Shalom Hartman Institute di Gerusalemme, ente per l’approfondimento dell’identità ebraica attraverso il dialogo con le altre culture e religioni. Oggi, durante la giornata inaugurale, i partecipanti dedicheranno i loro interventi al matrimonio nella rispettiva visione ebraica e cristiana, mentre domani si affronterà il tema della procreazione responsabile. Oltre alle conferenze pubbliche, il Colloquio prevede sessioni ristrette di discussione, cui prenderanno parte insieme ai relatori anche altri studiosi di diverse nazionalità da loro invitati. (M.A.)

 

 

MIGLIAIA DI CITTADINI DEL MOZAMBICO AFFETTI DAL VIRUS DELL’HIV

SARANNO CURATI GRAZIE A  “DREAM”, IL PROGETTO ITALIANO PROMOSSO

DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO

 

MAPUTO. = Saranno 30 mila i sieropositivi del Mozambico che nei prossimi 4 anni riceveranno le cure per combattere l’Aids grazie al progetto italiano “Dream”. A promuoverlo è stata tre anni fa la Comunità di Sant’Egidio che avvierà nel Paese un programma di cure, formazione e servizi sostenuto dal governo italiano. “L’Aids è come una seconda guerra per il Mozambico – ha detto il coordinatore dell’iniziativa, Leonardo Palombi – ed è ancora più sanguinosa della prima”. Secondo il ministro della sanità del Mozambico, Francisco Ferrera Songane, il progetto è la migliore risposta alle esigenze di pianificazione sanitaria nel territorio. “Abbiamo cominciato a sognare che è possibile contrastare e sconfiggere l’Aids”, ha affermato uno dei responsabili della Comunità di San’Egidio, Mario Marazziti. Al progetto collabora anche la Farmindustria che ha stanziato 350 mila euro per finanziare le ricerche. “Il nostro sforzo – ha spiegato il presidente di Farmindustria, Gian Pietro Leoni – non è solo economico perché ci impegneremo a trasmettere ai medici del Mozambico anche le conoscenze tecniche e scientifiche che abbiamo maturato nella ricerca sull'Aids”. (A.L.)

 

 

LA CONFERENZA EPISCOPALE PERUVIANA HA ORGANIZZATO A LIMA

UN SEMINARIO INTERNAZIONALE PER ANALIZZARE IL FENOMENO DELLE MIGRAZIONI.

L’INCONTRO, INIZIATO LO SCORSO 24 MARZO, SI CONCLUDERÀ DOMANI NELLA CASA DI SANTA ROSA

 

LIMA. = Il fenomeno migratorio, divenuto ormai “fenomeno globale”, coinvolge tutte le nazioni e colpisce milioni di persone nel mondo. La Conferenza episcopale peruviana, consapevole che anche il Paese andino vive questa realtà densa di sfide per l’opera pastorale, ha organizzato un Seminario internazionale per approfondire il tema delle migrazioni seguendo la prospettiva del Vangelo e della Chiesa. L’incontro, iniziato lo scorso 24 marzo, si concluderà domani a Lima nella Casa di “Santa Rosa”. I partecipanti al Seminario hanno proposto la creazione di una rete permanente tra la Chiesa peruviana e gli operatori pastorali per creare una maggiore coscienza ecclesiale e favorire una costante attenzione ai migranti. Per domani è prevista una tavola rotonda con i rappresentanti della Cancelleria, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Omi). Le testimonianze presentate durante i lavori del Seminario contribuiranno a definire un piano di azione coordinato tra gli organismi pastorali presenti nel Paese e le Commissioni episcopali delle nazioni di destinazione degli emigranti. Sarà così possibile accompagnare in modo integrale il processo di inserimento a livello pastorale, sociale, culturale e politico dei peruviani residenti all’estero. (A.L.)

 

 

SI E’ APERTO OGGI A ROMA IL CONGRESSO PROMOSSO DALLA FAO SUL TEMA

“SICUREZZA ALIMENTARE GLOBALE E RUOLO DELLA FERTILIZZAZIONE SOSTENIBILE”

 

ROMA. = Si è aperto oggi a Roma il congresso sul tema "Sicurezza alimentare globale e ruolo della fertilizzazione sostenibile". L’incontro, promosso dall'Associazione internazionale dell’industria del fertilizzante (Ifa) e dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si concluderà venerdì prossimo. I partecipanti, provenienti da più di 50 Paesi, discutono su come l’uso responsabile dei fertilizzanti possa contribuire a dare maggiore sicurezza all’alimentazione. Il vice direttore generale della Fao, David Harcharik, ha detto che la campagna per sradicare la fame ed aumentare la produzione agricola richiede uno sforzo comune di istituzioni pubbliche e private. Secondo il presidente dell’Ifa, Vladimir Puggina, la sicurezza alimentare va ricercata nella giusta combinazione tra le tecniche di fertilizzazione e le misure politiche da adottare per favorirne la migliore applicazione. I dibattiti dei prossimi giorni prenderanno in esame i progressi tecnologici, i sistemi di gestione delle aziende agricole e le sfide dell’agricoltura. (A.L.)

 

 

IN UNA NOTA DIFFUSA IN QUESTI GIORNI L’EPISCOPATO CUBANO

HA INVITATO STATO E COMUNITÀ CIVILE A LAVORARE INSIEME PER RISOLVERE

I PROBLEMI DELLA SOCIETÀ, NEL PIENO RISPETTO DEI DIRITTI DELL’INDIVIDUO

 

CAMAGUEY. = La Commissione giustizia e pace dell’episcopato cubano, riunitasi nella città di Camaguey, ha lamentato in un comunicato diffuso in questi giorni la detenzione di 75 cittadini che, secondo una nota del governo cubano, avrebbero cospirato contro gli interessi nazionali. “Lamentiamo - scrivono i presuli - che nella nostra patria si utilizzino metodi inappropriati per dequalificare e detenere persone perché pensano o agiscono diversamente dall’ideologia ufficiale”. La Commissione invita perciò la società civile e lo Stato ad una costante collaborazione affinché nella soluzione dei problemi di Cuba siano sempre rispettati l’integrità ed i diritti di ogni individuo. “Non si devono confondere - suggeriscono i vescovi - i metodi utilizzati con i malviventi e i modi di trattare chi dissente politicamente. In questo caso bisognerebbe mettere in moto un dibattito pubblico di idee, un dialogo nazionale”. (M.A.)

 

 

“CHE POLITICI E RIBELLI METTANO AL PRIMO POSTO DELLE LORO PREOCCUPAZIONI L’INTERESSE DELLA NAZIONE E DEI CITTADINI”.

QUESTO L’APPELLO DEI VESCOVI DEL BURUNDI, AFFINCHÉ CESSI IL CONFLITTO

CHE IN 10 ANNI HA CAUSATO 200 MILA VITTIME

 

BUJUMBURA. = La Conferenza dei vescovi del Burundi leva la sua voce contro il conflitto che insanguina il Paese dal 1993. In una dichiarazione diffusa nei giorni scorsi i vescovi esprimono il loro dolore per la violazione degli accordi per il cessate il fuoco firmati nel 2000 in Tanzania, tra i governo e le varie formazioni ribelli. “Coloro che hanno concluso gli accordi non li rispettano - scrivono - e continuano le devastazioni. I nostri connazionali, soprattutto la persone semplici, continuano a morire e i loro beni sono saccheggiati o distrutti”. Dal suo inizio, la guerra civile ha causato almeno 200 mila vittime. “Quello che accade ci inquieta molto - dichiarano i vescovi - perché coloro che hanno firmato l’accordo ancora combattono. La tragedia è provocata da politici e ribelli che lottano per il potere senza preoccuparsi per la popolazione così duramente provata. Sembra vogliano governare un paese svuotato della sua popolazione e privato delle sue risorse”. I vescovi perciò lanciano un accorato appello. “Noi vogliamo - scrivono - a nome stesso del Signore, lanciare un grido d’allarme ai politici: che mettano al primo posto delle loro preoccupazioni l’interesse della nazione e dei cittadini; che rinuncino ai loro sterili litigi e finiscano di consacrare le loro energie unicamente alla conquista o al mantenimento del potere a loro solo profitto. Chiediamo - concludono i presuli - ai paesi stranieri e alle organizzazioni internazionali maggiori pressioni per far cessare i combattimenti e maggiori sforzi per aiutare le parti a mettere subito in pratica gli accorsi firmati”. (M.A.)

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

26 marzo 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Ancora violenze a Mindanao, isola delle Filippine meridionali a maggioranza islamica. Almeno 12 persone sono morte in un attacco dei guerriglieri del Fronte di liberazione islamico moro (Milf) contro il villaggio cristiano di M’lang, nel sud dell’isola, seguito da una risposta militare dell’esercito. Tra i morti, sette civili e cinque ribelli. L’attacco giunge alla vigilia di un incontro “esplorativo” tra rappresentati del Milf e del governo previsto per domani a Kuala Lumpur, in Malaysia, per considerare la possibilità di riprendere i colloqui di pace. Ieri pomeriggio, l’assalto ad un camion in marcia verso la città di Carmen aveva provocato due vittime.

 

Nuovi scontri tra soldati israeliani e palestinesi hanno causato vittime a Betlemme ed in altre località mediorientali. Secondo fonti non ancora confermate, un palestinese sarebbe stato ucciso all'alba di oggi mentre cercava di infiltrarsi armato nella colonia ebraica di Morag, nel sud della striscia di Gaza. Intanto, da parte dello Stato ebraico è venuta un’iniziativa di pace. Il servizio di Graziano Motta:

 

**********

A Betlemme, una ragazza di 10 anni ed un adulto sono rimasti uccisi durante uno scontro a fuoco tra guerriglieri e soldati, impegnati in un’operazione nel centro della città. A Jenin, un ragazzo di 12 anni è stato ucciso ed uno di 15 ferito da soldati. Nella stessa città, un’unità speciale dell’esercito ha arrestato il capo locale dei tanzim, accusato di due gravi attentati. Altri arresti a Baalath e a Ramallah. Ma nello stesso tempo si riscalda il campo delle iniziative di pace. Il consigliere di Sharon per gli affari di sicurezza, ex capo dei servizi segreti, ha presentato al ministro della Difesa, Mofaz, un progetto di soluzione del conflitto che prevede l’accettazione israeliana dello Stato palestinese in cambio della fine delle ostilità e della rinuncia al diritto dei ritorno dei profughi.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

**********

 

La Corea del nord ha deciso di interrompere i colloqui regolari con i rappresentanti degli Stati Uniti, per protestare contro le manovre militari congiunte di Washington e Seul in atto nella parte meridionale della penisola. Pyongyang ha, inoltre, lanciato un monito al Giappone, avvertendolo che “rischia l’autodistruzione”, se lancerà in orbita due satelliti spia il prossimo 28 marzo.

 

Sale la preoccupazione negli Stati Uniti, per la sorte dei suoi emissari dei servizi segreti impegnati nella lotta al narcotraffico in Colombia. Per la seconda volta in quaranta giorni, ieri un aereo è precipitato in una zona controllata dalla guerriglia: si tratta di un Cessna, a bordo del quale viaggiavano tre americani. Erano partiti in missione per recuperare altri tre inviati statunitensi, caduti lo scorso 13 febbraio nelle mani delle Farc. La Casa Bianca non ha voluto divulgare dettagli sull’operazione.

 

Torna altissima la tensione in Bolivia, per la protesta dei cocaleros contro il governo di La Paz. Dopo il “no” dell’esecutivo alle richieste di autorizzare la coltivazione di mezzo ettaro di coca per ogni famiglia di contadini, i coltivatori – guidati da Evo Morales, leader del Movimento al socialismo – hanno occupato ieri un ufficio governativo nella località di Ivigarzama, compiendo alcuni atti vandalici. Irruzione anche in un’altra sede, quella di Eterazama. “Il dialogo con il governo è ufficialmente rotto”, ha annunciato Morales, minacciando nuove mobilitazioni per i prossimi giorni.

 

India e Pakistan di nuovo ai ferri corti, dopo la strage di 24 indù avvenuta domenica scorsa in Kashmir. Il governo di New Delhi ne ha addossato la responsabilità a quello di Islamabad, in quanto “il metodo e la natura degli obiettivi di questi atti terroristici sono troppo familiari” per non pensare ad un coinvolgimento degli estremisti islamici infiltratisi nella regione. L’India agirà ora con “forza, determinazione e risolutezza”.

 

Omicidio politico nel Gujarat, Stato dell’India centro-occidentale. Nel capoluogo Ahmedabad è stato ucciso questa mattina Haren Panda, ex ministro del governo locale e figura di spicco del Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito alla guida dell’esecutivo. Proprio gli attuali vertici del partito sono accusati di responsabilità nell’omicidio, giunto al termine di una serie di lotte interne piuttosto cruente.

 

Caschi blu nel Sahara occidentale fino al 31 maggio. Lo ha deciso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, prolungando il mandato della missione di pace nel tentativo di trovare una soluzione al contenzioso che oppone il Marocco ai ribelli del Polisario (Fronte popolare di liberazione del Saguiat el Hamra e del Río de Oro). Nonostante la liberazione di alcuni prigionieri di guerra marocchini da parte dei guerriglieri, le due parti sono ancora distanti sul futuro del territorio, affidato ad un referendum dai contorni ancora incerti. La forza di pace dell’Onu, presente dal 1991, conta 230 caschi blu e 35 agenti di polizia internazionale.

 

 

=======ooo=======