RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 61 - Testo della Trasmissione di domenica 2 marzo 2003 

 

Sommario   

                                                   

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La pace per il mondo, per l’Iraq e la Terra Santa: Giovanni Paolo II all’Angelus rinnova l’invito alla preghiera e al digiuno per Mercoledì prossimo delle Ceneri

 

Tradizionale incontro del Papa ieri in Vaticano con gli studenti del Pontificio Seminario Romano Maggiore nella festa della Madonna della Fiducia

 

Si celebra oggi in Spagna il “Dia de Hispanoamerica”: messaggio del cardinale Giovanni Battista Re.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi e domani elezioni in Siria per il rinnovo del Parlamento: intervista con Camille Eid

 

La guerra una inutile strage: il pensiero di Igino Giordani dopo 50 anni torna ad interrogare le coscienze dei cristiani. Ai nostri microfoni Alberto Lopresti

 

 La droga veicolo di povertà economica, fonte di ingiustizia sociale, focolaio di guerra: ce ne parla don Egidio Smacchia

 

La condivisione della croce al centro di una mostra nel Palazzo del Laterano a Roma: con noi l’artista Paola de Gregorio.  

 

CHIESA E SOCIETA’:

Continua la guerra di parole tra Stati Uniti ed Iraq. Intanto Baghdad annuncia la distruzione di altri 6 missili

 

La Chiesa cattolica svizzera celebra oggi la “Domenica dei malati”

 

Arrestato in Pakistan Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto il “cervello” degli attentati dell’11 settembre a New York e Washington

 

Consegnate al presidente della Convenzione europea, Valery Giscard D'Estaing, le prime 5 mila firme raccolte a sostegno dell'appello per la difesa della vita e della famiglia

 

Estonia al voto per eleggere i 101 deputati del nuovo Parlamento

 

Intervento umanitario in Pakistan dell’Università cattolica di Roma

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 marzo 2003

            

                  

PACE PER IL MONDO, PER L’IRAQ E LA TERRA SANTA:

IL PAPA RINNOVA L’INVITO ALLA PREGHIERA E AL DIGIUNO

PER MERCOLEDI’ PROSSIMO DELLE CENERI

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“Un più forte impegno di preghiera e di digiuno per la pace, messa in forse da crescenti minacce di guerra”: lo ha chiesto ancora una volta il Papa quando siamo per intraprendere l’itinerario penitenziale verso la Pasqua. Mercoledì prossimo delle Ceneri entreremo nella Quaresima, “tempo di più avvertita esigenza di conversione e di rinnovamento”,  ha ricordato il Santo Padre che già domenica scorsa aveva invitato tutti i cattolici a dedicare questo giorno alla preghiera e al digiuno. Una preghiera “fervorosa” “a Cristo, Principe della Pace”:

 

“La pace, infatti, è dono di Dio da invocare con umile e insistente fiducia. Senza arrendersi dinanzi alle difficoltà, occorre poi ricercare e percorrere ogni strada possibile per evitare la guerra, che sempre porta con sé lutti e gravi conseguenze per tutti.”

 

“Digiuno fisico, e ancor più interiore”, per seguire Cristo ed essere suoi fedeli testimoni in ogni circostanza:

 

“Il digiuno, inoltre, aiuta a meglio comprendere le difficoltà e le sofferenze di tanti nostri fratelli oppressi dalla fame, dalla miseria e dalla guerra. Esso stimola inoltre a un concreto movimento di solidarietà e di condivisione con chi si trova nel bisogno.”

 

“Preghiera e digiuno dunque, pratica penitenziale - ha spiegato  Giovanni Paolo II - che richiama un più profondo sforzo spirituale, la conversione cioè del cuore con la ferma decisione di staccarsi dal male e dal peccato.  

 

Mercoledì da ogni parte della Terra si leverà questa corale preghiera, specialmente mediante la recita del Rosario - ha raccomandato il Santo Padre -che coinvolgerà santuari e parrocchie, comunità e famiglie:

 

“Domanderemo la pace per il mondo, in particolare per l’Iraq e la Terra Santa”.

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TRADIZIONALE INCONTRO DEL PAPA IERI IN VATICANO

CON GLI STUDENTI DEL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE,

NELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA

 

- Servizio di Tiziana Campisi -

 

Ha voluto ricordare la vicenda umana e la devozione di suor Faustina Kowalska Giovanni Paolo II nel tradizionale incontro, che si è svolto ieri in Vaticano, con il Pontificio Seminario Romano Maggiore nella festa della Madonna della Fiducia. Il Pontefice ha incoraggiato i seminaristi a servire generosamente la causa del Vangelo. Poi ha rivelato particolari inediti dei suoi anni in seminario a Cracovia. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Un tripudio di applausi ha accolto il Papa ieri pomeriggio nell’Aula Paolo VI dove il Pontificio Seminario Romano Maggiore ha festeggiato la Madonna della Fiducia, patrona del Collegio, venerata dal 1773. A salutare il Santo Padre anche il nuovo rettore, mons. Giovanni Tani. Nominato proprio ieri, succede a mons. Pietro Fragnelli, eletto vescovo di Castellaneta. Tani, 56 anni, nato a Sogliano al Rubicone, è stato alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore dal ‘67 al ‘74. Ordinato sacerdote nel ‘73, cappellano di sua Santità dal ‘92, ha svolto gli studi filosofici e teologici alla Pontificia Università Lateranense. Ha conseguito la licenza in Diritto Canonico nella stessa Facoltà e il dottorato in teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana. “Chiedo al Signore” - ha detto - “che il mio impegno sia caratterizzato da generosità, entusiasmo, intelligenza; da uno spirito di ascolto e dalla capacità di lavorare bene con i miei collaboratori”.

 

Il discorso del Pontefice è stato preceduto dall’oratorio composto da mons. Marco Frisina, che si è ispirato alla vita e al messaggio di santità di suor Faustina Kowalska. E alla religiosa polacca ha fatto riferimento il Papa, che ha ricordato la sua invocazione “Gesù confido in te”.

 

“E’ semplice ma profondo questo atto di fiducia e di abbandono all’amore di Dio. Esso costituisce un fondamentale punto di forza per l’uomo, perché è capace di trasformare la vita. Nelle immancabili prove e nelle difficoltà dell’esistenza, come nei momenti di gioia e di entusiasmo, affidarsi al Signore infonde pace nell’animo, induce a riconoscere il primato dell’iniziativa divina e apre lo spirito all’umanità vera e alla verità”.

 

Alla fine del suo discorso un fuori programma. Giovanni Paolo II ha ricordato i suoi anni di seminario a Cracovia.

 

“Durante la guerra, l’occupazione nazista, tedesca, in Polonia, a Cracovia, erano chiusi tutti i Seminari. Il cardinale Sapieha, vescovo di Cracovia, aveva organizzato un Seminario clandestino ed io appartenevo a questo Seminario clandestino, si può dire ‘catacombale’. Io ho fatto l’operaio. Andavo in fabbrica per il mio turno di otto ore, di giorno e di notte. Mi portavo alcuni libri. E i miei colleghi operai mi dicevano: “Ti aiuteremo. Puoi dormire un po’, noi cercheremo di sorvegliare il tuo posto”.

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NEL MESSAGGIO PER IL “DIA DE HISPANOAMERICA”, LA PONTIFICIA COMMISSIONE

 PER L’AMERICA LATINA RICORDA IL CONTRIBUTO DATO DALLA SPAGNA

 PER LA DIFFUSIONE DELLA FEDE NEL CONTINENTE

 

- Servizio di Matteo Ambu -

 

“La Spagna continui ad aiutare le chiese sorelle dell’America latina con la preghiera, con l’elemosina e, soprattutto, con l’invio di sacerdoti, religiosi e religiose che collaborino alla nuova evangelizzazione del continente”. Con queste parole il cardinale Giovanni Battista Re, in qualità di presidente della Pontificia Commissione per l’America latina, esorta la Chiesa spagnola ad una rinnovato impegno missionario nel continente americano. Si celebra oggi, infatti, nelle diocesi spagnole il “Dia de Hispanoamerica”, tradizionale appuntamento annuale promosso dalla Conferenza episcopale nazionale, per rafforzare la comunione di fede tra le due sponde dell’Atlantico.

 

Nel suo messaggio il porporato ricorda le parole di Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nunziandi: “Evangelizzare – scrisse il Papa - è la grazia e la vocazione propria della chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”. La vocazione missionaria della Chiesa è ribadita dal motto scelto quest’anno per il “Dìa de Hispanoamerica”: “Collabora con America en el relevo misionero” (Collabora con l’America nel ricambio missionario) e il cardinale Re sottolinea l’importanza della promozione delle vocazioni missionarie: “Bisogna tener presente - afferma - che ai sacerdoti, per speciale vocazione e natura, compete realizzare questa missione”. Fondamentale perciò la pastorale per le vocazioni: “Giovanni Paolo II – ricorda il cardinale Re - ha segnalato come priorità in America latina la cura e la promozione delle vocazioni, perché il continente necessita ancor più sacerdoti”.

 

La generosa apertura della Spagna nei confronti dei bisogni dell’America centrale e meridionale è testimoniata dai numeri: attualmente sono circa 750 i sacerdoti iberici impegnati in missione. In conclusione un’esortazione a continuare questo cammino: “Voi, cattolici di Spagna - scrive il cardinale Re -, fedeli alla vostra secolare tradizione, continuate a prestare un efficace aiuto ai vostri fratelli dell’America latina, continuate la grande epopea evangelizzatrice inaugurata più di 500 anni fa”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 marzo 2003

 

 

IN SIRIA PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO, TRE ANNI FA, BASHAR EL ASSAD

 E’ STATO ELETTO PRESIDENTE, QUASI 11 MILIONI DI ELETTORI SONO CHIAMATI OGGI ALLE URNE PER ELEGGERE I MEMBRI DEL NUOVO PARLAMENTO

- Intervista con Camille Eid -

 

È giorno di elezioni in Siria, dove oggi e domani 11 milioni di cittadini sono chiamati a nominare i 250 membri del nuovo Parlamento, che avrà un mandato di quattro anni. Piuttosto scontato l’esito del voto: il meccanismo elettorale privilegia infatti il partito Baath, al potere dal 1963. Era il partito di Hafez el Assad e lo è oggi di suo figlio Bashar, succeduto al padre alla guida del Paese nel 2000. Sul significato di queste elezioni, Andrea Sarubbi ha intervistato Camille Eid, editorialista del quotidiano Avvenire:

 

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R. - Il Parlamento gioca un ruolo molto limitato all’interno dello Stato. Come sappiamo c’è il partito al potere con una specie di coalizione di altri partiti dove comanda comunque il partito Baath. Sono 6 i partiti che ricevono qualche seggio a testa. Nelle ultime elezioni, per fare un esempio, il partito Baath occupava il 54 per cento dei seggi, dava un 6-7 per cento agli altri partiti e gli altri, invece, diventavano appannaggio di quelli che chiamano i deputati indipendenti. Quindi, nelle ultime elezioni sono cambiate un po’ le quote riservate al partito Baath, nel senso che sono diminuite, ma mantiene comunque il controllo sia sul Parlamento, sia, ovviamente, sull’Esercito e sulle altre istituzioni dello Stato.

 

D. – Queste sono anche le prime elezioni da quando nel 2000 Bashar el Assad ha preso il potere alla morte del padre. Cambierà qualcosa rispetto alle altre elezioni?

 

R. – Io direi sostanzialmente, no, e questo mi dispiace tantissimo, perché Bashar aveva dato prova di voler cambiare le cose. Tutti parlavano di una ‘primavera’ di Damasco, ma quella ‘primavera’ è durata purtroppo 3-4 mesi e le cose sono tornate al corso di prima. Queste elezioni hanno mantenuto anzitutto le stesse quote delle ultime che si sono svolte nel novembre del ’98, quindi il Baath mantiene 135 seggi su i 250 che conta il Parlamento, quegli altri partitini 30 e passa seggi, e gli altri 83 gli indipendenti.

 

D. – Come si è comportato finora Bashar con l’opposizione e quale ruolo gioca l’opposizione oggi?

 

R. – Bashar ha chiuso il carcere di Mazteh, però intanto ha buttato in carcere due deputati che poi hanno perso anche la loro carica parlamentare. Ha permesso inizialmente a circoli politici e culturali, di nascere a Damasco ed in altre città, poi è arrivato l’ordine di vietare le riunioni. Abbiamo 5 partiti dell’opposizione, ovviamente questi sono quasi tutti all’estero, più i partiti curdi, che hanno chiamato al boicottaggio. Alle ultime elezioni, per esempio, il governo ha detto che il 50 per cento dei siriani ha votato.

 

D. – Un’ultima riflessione sulla politica estera della Siria che sembra piuttosto cambiata. 11 anni fa erano al fianco degli Stati Uniti nella guerra contro l’Iraq, ora, invece, sono contro un attacco e difendono Baghdad.

 

R. – Non so fino a che punto la Siria manterrà la sua posizione attuale, forse, me lo auguro come libanese, perché nel ’90, quando la Siria ha adottato quella famosa posizione in cui si è schierata insieme all’Alleanza e ha partecipato anche attivamente, militarmente, mandando quindi delle truppe in Arabia Saudita all’operazione del desert storm, ha ottenuto una compensazione, nel senso che ha ricevuto ‘luce verde’ per completare la sua occupazione del Libano. In effetti, il Libano, dal ’90 ad oggi, è considerato il ‘giardino privato’, o una provincia siriana. Quindi, oggi, se la Siria mantiene questa posizione è un conto, se invece alla fine riesce ad ottenere una compensazione, perché ovviamente prevede una amministrazione americana sulla frontiera orientale della Siria, non è roba da poco. Però, in Libano, ci sono state delle variazioni, dei progressi, si può dire, ad esempio l’Esercito siriano ha abbandonato alcuni posti di blocco nel nord del Libano, ecc, ma siamo ancora a livelli veramente minimi.

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LA GUERRA UNA INUTILE STRAGE: IL PENSIERO DI IGINO GIORDANI

DOPO 50 ANNI TORNA AD INTERROGARE LE COSCIENZE DEI CRISTIANI

- Intervista con Alberto Lopresti -

 

“L’inutilità della guerra”. E’ la tesi sostenuta da Igino Giordani in un libro scritto esattamente 50 anni fa. E’ di sorprendente attualità, tanto che l’editrice Città Nuova lo ha rieditato proprio ora. “La guerra è un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro: e ciò a motivo del terrore che incute, della retorica onde si veste e degli interessi che implica”. Così  Giordani, uomo politico, giornalista, scrittore, uno dei maggiori uomini di cultura del secolo scorso, inizia il primo capitolo dal titolo “A che serve la guerra?”.  “Soprattutto oggi - si legge poco dopo -  con il costo, i morti e le rovine, la guerra si manifesta una “inutile strage”. Strage, e per di più “inutile”, ribadisce. Giordani scriveva queste righe quando la minaccia atomica gravava sull’umanità. Ma scuotono la nostra coscienza ancora oggi in cui spirano venti di una guerra cosiddetta preventiva contro l’Iraq. Lasciamo la parola, al microfono di Carla Cotignoli, al prof. Alberto Lopresti, docente di Scienze politiche alla Pontificia Università Gregoriana. 

 

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R. - Esplicitamente Giordani afferma che la guerra preventiva non è mai una guerra giusta e alla quale il cristiano non dovrebbe mai poter aderire. Qui Giordani scuote le coscienze nostre ancora oggi. Giordani lo dimostra anche storicamente, cioè ogni volta che si è mossi verso un conflitto per risolvere dei problemi, storicamente, l’esperienza ce lo dovrebbe insegnare - dice Giordani - si è potuto ravvisare come alla fine sono più i problemi prodotti dalla guerra che quelli che si è sperato di risolvere all’inizio, proprio con il conflitto.

 

D. – In tutto il dibattito che si sta accendendo sempre di più riguardo all’Iraq, l’ultimo ad essere preso in considerazione è il popolo iracheno. C’è una visione di Giordani riguardo alle popolazioni che entrano in gioco quando c’è di mezzo una guerra?

 

R. – Giordani non pensa ad una guerra dove si fronteggiano i leader o sistemi ideologici. Per Giordani è il popolo che viene costretto a subire efferati omicidi, oppure è costretto ad uccidere altri esseri umani. Non è possibile, secondo Giordani, amare Dio e al tempo stesso, pretendere di farlo uccidendo le sue creature, quindi, il Comandamento “non uccidere”, in Giordani è già da solo l’elemento fondamentale che dovrebbe spronare tutti noi a rifiutare la guerra per principio.

 

D. – Se c’è una caratteristica di Giordani è quella di smascherare quello che certe parole mascherano motivando la guerra. Qual è la sua azione di smascheramento più efficace, che lui opera in questa pubblicazione?

 

R. – E’ interessante questa domanda, perché Giordani aggredisce gli argomenti e con l’immediatezza di un linguaggio chiaro. Oggi si può benissimo dire “va bene è chiaro, i cattolici pensano alla pace, pensano che i conflitti siano evitabili. Però poi chi è realista e pensa alle cose della politica, beh, lui sì che deve invece purtroppo prendere anche la decisione di fare la guerra”. Ecco, questo per Giordani è un atteggiamento impossibile, perché, per usare una sua espressione, “non è possibile che si pensi che la religione vada dai tetti verso il cielo, mentre la politica dai tetti verso gli uomini”. Una delle cose che Giordani ha sempre combattuto, non sono solo i totalitarismi di destra e di sinistra, ma anche quel cristianesimo un po’ tiepido che a volte si riscontra in alcuni che pensano di diluire la radicalità a cui la fede ci chiama all’interno di un discorso di compromesso.

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LA DROGA, VEICOLO DI POVERTA’ ECONOMICA,

FONTE DI INGIUSTIZIA SOCIALE, FOCOLAIO DI GUERRA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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La droga non solo veicolo di dipendenza fisica e deperimento organico fino alla morte per chi la assume ma anche veicolo di dipendenza economica per i Paesi più poveri che la producono. Philip Emafo, presidente del Comitato internazionale per il controllo degli stupefacenti, lo ha denunciato presentando questa settimana il Rapporto annuale dell’Agenzia dell’Onu, che ha sede a Vienna. Solo poco più dell’1 per cento dei profitti del narcotraffico finisce infatti nelle tasche dei contadini-produttori, mentre il restante 99 per cento arricchisce i commercianti di questo ‘mercato di morte’, ed i maggiori guadagni tornano nei Paesi industrializzati, dove sono massima parte degli acquirenti. Il Rapporto dimostra dati alla mano come l’incremento della coltivazione di droghe si sia rivelato nei Paesi in via di sviluppo un ostacolo ed un freno alla crescita economica, allo sviluppo sociale ed umano delle popolazioni. Philip Emafo ha richiamato i Governi di tutto il mondo a non abbassare la guardia sul fronte della lotta alla droga e ad operare unitamente per un azione assolutamente efficace.

 

Ma ascoltiamo la testimonianza di chi vive a contatto diretto con il dramma della droga: al nostro microfono abbiamo il presidente della Federazione italiana delle comunità terapeutiche, che riunisce 47 centri in 17 Regioni, che offrono ogni giorno assistenza residenziale a circa 12 mila persone. Don Egidio Smacchia, responsabile del centro “Ponte di Civitavecchia”, da 25 anni accanto ai tossico-dipendenti, cosa pensa di questo approccio economico al fenomeno droga?

 

R. – Io vedo in questo rapporto delle cose ancora più interessanti. Io credo, infatti, che il traffico di droga sia un elemento che non costruisce la pace, anzi sia un elemento di guerra, perché crea ingiustizia. Quindi, dove c’è ingiustizia nasce la guerra e non si costruisce certamente la pace. Non intendo guerra tra Paesi, ma intendo guerra come atteggiamento, come un fatto secondo il quale chi è schiacciato dalla povertà ha bisogno di promozione umana, e certamente questa non è data dal traffico di droga.

 

D. – Il rapporto, infatti, cita anche il caso dell’Afghanistan dove si documenta che l’incremento della produzione, all’inizio degli anni ’90, non ha fatto che portare maggiore conflittualità all’interno del Paese …

 

R. – Certamente, perché il cartello delle droghe è in mano a pochi, che lo gestiscono naturalmente con la forza e con la violenza.

 

D. – Grandi rischi anche per gli stessi Paesi industrializzati, dove la criminalità organizzata si arricchisce, quindi prende il sopravvento …

 

R. – E’ chiaro che anche nei Paesi occidentali e nei Paesi ricchi si tende a mettere in commercio tutta una serie di sostanze illegali, sintetiche o non, perché questo impoverisce non solo dal punto di vista economico, ma appiattisce la voglia, il senso della vita, e chi sta dall’altra parte e smercia ha due ‘ricchezze’ in una: una di carattere economico ed una di carattere sociale.

 

D. – Lei ha parlato di droghe sintetiche, altro aspetto drammatico che il Rapporto mette in luce, perché il consumo di queste droghe sta crescendo sia nel Nord America, ma soprattutto in Europa …

 

R. – In Italia le statistiche danno il 22-26 per cento i giovani che ne diventano consumatori, abituali o occasionali. Qui si crea un altro problema di povertà. E’ un tipo di sostanza, quella sintetica, che lambisce il cervello e quindi dà delle sconfitte enormi dal punto di vista cerebrale, ma crea anche un’altra grossa difficoltà, perché essendo un nuovo stile di consumo non porta a chiedere aiuto. Quindi la persona che ne fa uso non avverte che deve rimettere in carreggiata la propria vita. Questo è il dramma di oggi. 

 

D. – Il Rapporto infatti attacca frontalmente anche chi propugna la liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere, come la marijuana ...

 

R. – Qui si fa un discorso che è molto distaccato da chi poi ne fa uso. Noi, invece, ne vediamo i danni nei nostri Centri, ed ormai sappiamo bene dalle ricerche quale sia il danno fisico e mentale delle cosiddette droghe leggere. E’ evidente ormai da tutte le parti. A me preme sottolineare un altro aspetto, cioè quello per cui questo tipo di sostanza mette l’individuo in condizione di consumare, ma di ritenersi ‘normale’. Da questo punto di vista l’opinione pubblica ha abbassato la guardia ed anche le istituzioni. Quindi, credo che oggi l’indifferenza verso questi temi uccida più della droga. 

 

D. – Don Smacchia, calando questo rapporto nella nostra vita di tutti i giorni, come educatori, come genitori, tutti quanti, cosa ne dobbiamo trarre per contrastare questa piaga con un impegno concreto?

 

R. – Primo, non renderci complici di queste politiche. Quindi, il nostro ‘no’ è netto e chiaro, ma va accompagnato. Gli adulti hanno perso la gioia e la voglia di accompagnare i ragazzi alla crescita. Bisogna essere protagonisti della propria vita e non protagonisti della propria immagine esteriore, come oggi molte volte la società ci propone; protagonisti di quello che è l’aspetto principale dell’essere uomo e dell’essere persona. 

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LA CONDIVISIONE DELLA CROCE: TEMA AL CENTRO DI UNA MOSTRA

 ALLESTITA NEL PALAZZO DEL LATERANO A ROMA

- Intervista con Paola de Gregorio -

 

Esprimere la propria esigenza di sacro è l’intento di Paola de Gregorio che, fino al 5 marzo, sarà presente al Palazzo del Laterano con una mostra dal titolo “Impronte del sacro”, che vuole esprimere la condivisione di ognuno con la croce di Cristo. Ascoltiamo l’artista al microfono di Davide Martini.

 

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R. – Questo bisogno di sacro mi ha sempre accompagnato da quando ero giovanissima. Vedevo sempre delle immagini nelle chiese, con le figure rappresentate, che non mi soddisfacevano dal punto di vista della vicinanza. Erano delle figure di Cristo che esprimevano soprattutto rassegnazione e dolore, oppure delle Madonne statiche, con cui male si identificavano le donne di oggi. Quindi, ho voluto far sentire anche la voce dell’altra metà del cielo e vederle più dal punto di vista umano.

 

D. – All’interno della mostra c’è, possiamo dire, un nuovo tipo di Cristo. Come è arrivata alla creazione di questo Cristo senza croce, ma con la croce impressa in se stesso?

 

R. – E’ stata lunga e laboriosa questa elaborazione. Inizialmente ho cominciato anch’io con delle croci corpose, pesanti. Poi ho cominciato a trasformare la croce, ad alleggerirla, e addirittura a renderla trasparente. E poi ancora ho sostituito il braccio orizzontale della croce, il patibolo, con le braccia stesse di Gesù, sempre con un braccio rivolto verso l’alto a ricevere i doni della grazia, e l’altro decisamente orientato verso di noi. Piano piano ho visto che non era nemmeno più necessario rappresentare tutte le braccia, ma bastava l’accenno, uno verso l’alto e uno verso il basso, in modo che l’immagine fosse più sintetica, più forte. La croce piano piano si è cominciata a imprimere nel corpo. E questa compenetrazione tra la croce e il corpo per me è molto importante, perché rappresenta la nostra non esibita ma intima comunione con Cristo.

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CHIESA E SOCIETA’

2 marzo 2003

 

 

CONTINUA LA GUERRA DI PAROLE TRA STATI UNITI ED IRAQ. BAGHDAD

ANNUNCIA LA DISTRUZIONE DI ALTRI 6 MISSILI AL SAMOUD 2,

MA WASHINGTON ORA CHIEDE IL CAMBIO DI REGIME

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

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BAGHDAD. = Nella guerra, fino a questo momento solo di parole, tra Stati Uniti e Iraq, la distruzione dei missili Al Samoud II è diventata la posta in gioco più alta e nelle stesso tempo, l’occasione per Saddam di dimostrare la buona volontà di disarmare. Ieri le autorità di Baghdad avevano mantenuto la promessa fatta dallo stesso rais il giorno prima, distruggendo i primi quattro terra-aria con gittata superiore al limite consentito dalle Nazioni Unite. Ed oggi tocca ad altri sei missili, il cui smantellamento è stato annunciato questa mattina dal direttore generale del ministero iracheno dell'informazione Uday al Taei. Per di più sempre in giornata verrà distrutto un sistema di  fusione per la fabbricazione di Al Samoud nel sito al Rashid, a sud di Baghdad. Gli ispettori dell'Onu, intanto, hanno interrogato due scienziati iracheni senza testimoni e senza registrazioni. Un segno di volontà chiara a collaborare da parte irachena, che però non basta al presidente Bush, il quale alza la posta, dicendo: la  distruzione dei missili è solo “una parte degli inganni” di Saddam Hussein, mentre la risoluzione 1441 chiede un disarmo “completo e totale” e non “un disarmo a pezzi”. Poi una nuova stoccata: all'imperativo del disarmo – annuncia il capo della Casa Bianca – si aggiunge quello del cambio di regime a Baghdad. Intanto da Sharm El Sheick, in Egitto, dove si è riunita ieri la sessione Lega Araba, il fronte del rifiuto alla guerra ha incassato il ‘no’ dei leader presenti, che hanno visto il loro vertice concludersi con la tensione tra Gheddafi e i sauditi, e dove gli Emirati arabi hanno proposto l'esilio per Saddam. Sul fronte turco, invece, non è passata al Parlamento di Ankara la mozione che avrebbe dato il via libera a 62 mila soldati statunitensi di invadere l'Iraq attraverso il Kurdistan, partendo dalle basi militari turche. E domani si preannuncia un’altra giornata campale: il capo degli ispettori Onu, Hans Blix, potrà infatti emendare il suo rapporto trasmesso al Consiglio di Sicurezza, rendendo conto degli ultimi sviluppi.

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LA CHIESA CATTOLICA SVIZZERA CELEBRA OGGI LA “DOMENICA DEI MALATI”,

GIORNATA IDEATA PER ATTIRARE L’ATTENZIONE SULLA CONDIZIONE DI SOLITUDINE

IN CUI SPESSO VIVONO LE PERSONE SOFFERENTI

 

GINEVRA. = Si celebra oggi, in Svizzera, la “Domenica dei malati”, iniziativa dell’episcopato nazionale in favore delle persone colpite dalla sofferenza o dalla debolezza fisica. Il vescovo di Sion, mons. Norbert Brunner, ha dedicato a questa giornata un messaggio nel quale descrive la condizione spesso di solitudine in cui vivono i malati e gli anziani. "Avete dovuto lasciare la vostra dimora – scrive il presule –, la casa dove avete trascorso la vostra vita, per andare in una casa di cura o in clinica”. “I malati sono soli – aggiunge il vescovo – hanno lasciato il mondo del loro passato ma non hanno persone con cui poter rivivere i bei ricordi antichi". "Questa solitudine – scrive mons. Brunner – può divenire ancora più pesante quando sentono che la loro vita sta velocemente scivolando verso la sua fine". Il presule perciò rivolge la riconoscenza della Chiesa a coloro che assistono i malati, gli anziani e i disabili perché con il loro lavoro, a volte, sono gli unici a  rompere la loro solitudine. (M.A.)

 

 

ARRESTATO IN PAKISTAN KHALID SHEIKH MOHAMMED, RITENUTO IL “CERVELLO”

DEGLI ATTENTATI DELL’11 SETTEMBRE A NEW YORK E WASHINGTON.

GRANDE SODDISFAZIONE E’ STATA ESPRESSA DAL PRESIDENTE STATUNITENSE BUSH

 

WASHINGTON. = “Un arresto straordinariamente importante”. E’ come gli Stati Uniti hanno definito il fermo di Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto il numero tre della rete terroristica Al Qaida, e ‘cervello’ degli attacchi dell'11 settembre. L’uomo è stato arrestato ieri con altre due persone a Rawalpindi, nei pressi della capitale pakistana Islamabad, durante un’operazione condotta in stretta collaborazione dall'Fbi e da esponenti dei servizi di sicurezza locali. Secondo quanto rivelato dalle autorità pachistane, gli agenti hanno fatto irruzione nell'abitazione di un militante integralista, prendendo tutti di sorpresa mentre dormivano. Inserito dagli Usa nella lista delle 22 persone più ricercate dall'Fbi per aver pianificato nel 1995 attentati a una decina di aerei americani in volo sul Pacifico, secondo le autorità statunitensi, Khalid Sheikh Mohammed “ha probabilmente organizzato e diretto” gli attacchi dell'11 settembre e potrebbe conoscere tutto l'organigramma di Al Qaida. Il Pakistan ha già consegnato il presunto terrorista agli americani, anche se resta ignoto il luogo in cui è detenuto. La notizia è stata appresa con grande soddisfazione dal presidente degli Stati Uniti, Bush. (S.S.)

 

 

5 MILA FIRME A SOSTEGNO DELL’APPELLO PER LA DIFESA DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA INSERITO NELLA COSIDDETTA CARTA DI SUBIACO,

SONO STATE CONSEGNATE  AL PRESIDENTE DELLA CONVENZIONE EUROPEA

VALERIE GISCARD D’ESTAING

 

BRUXELLES. = Consegnate al Presidente della Convenzione europea, Valery Giscard d'Estaing, le prime 5 mila firme raccolte a sostegno dell'Appello per la difesa della vita e della famiglia inserito nella cosiddetta Carta di Subiaco. La consegna è avvenuta a Bruxelles da parte dei rappresentanti della “Fondazione sublacense Vita e Famiglia”. Ricordiamo che Carta di Subiaco, un’iniziativa promossa dall'abate ordinario della celebre abbazia della cittadina laziale, mons. Mauro Meacci e dalla Fondazione Vita e Famiglia, è stata sottoscritta da oltre quaranta vescovi italiani insieme a 32 abati benedettini europei. Firmatari anche la Federation of Catholic Family Associations in Europe, la Federazione Mondiale delle Associazioni dei Medici Cattolici, il Forum delle Associazioni Familiari e numerosi Centri culturali. 

 

 

ESTONIA AL VOTO PER ELEGGERE I 101 DEPUTATI DEL NUOVO PARLAMENTO.

ALLE URNE 860 MILA AVENTI DIRITTO PER UNA VOTAZIONE CHE POTREBBE RISERVARE QUALCHE SORPRESA: LA CRESCITA DEL PARTITO POPULISTA

 

TALLINN. = E’ la quarta volta, dall’indipendenza dall’Unione Sovietica (1991), che l’Estonia torna alle urne per le elezioni legislative. Le operazioni di voto hanno avuto regolarmente inizio alle ore 9 del mattino locali e gli 860 mila aventi diritto al voto avranno tempo fino alle 18 per eleggere 101 deputati fra 953 candidati con ben sei partiti suscettibili di passare il quorum del 5%. In realtà, quella odierna, è una votazione che potrebbe riservare qualche sorpresa. Nonostante, infatti, l'economia sia in forte crescita e le adesioni all'Unione europea e alla Nato siano ormai date per certe, il governo di centrosinistra potrebbe trovarsi di fronte ad una crescita dei populisti. I sondaggi danno il centrosinistra del premier uscente, Siim Kallas, complessivamente in vantaggio, con il Partito di centro del sindaco di Tallinn, Edgar Savisaar in testa con il 27% delle preferenze. Ma in seconda posizione si è infilato il partito populista “Res Publica”, che ha impostato la propria campagna sulla lotta alla corruzione e all'ordine pubblico ed ha ottenuto un successo a sorpresa alle elezioni municipali dello scorso ottobre. (S.S.)

 

 

INTERVENTO UMANITARIO IN PAKISTAN DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI ROMA.

UNA SQUADRA DI MEDICI E INFERMIERI PRONTA AD AIUTARE

L’OSPEDALE “FATIMA HOSPITAL” ATTRAVERSO CORSI DI FORMAZIONE

E SUPPORTO ASSISTENZIALE PER I PAZIENTI

 

ROMA. = Una squadra di medici, operatori sanitari e volontari dell’Università Cattolica di Roma parte oggi per il Pakistan, nell’ambito di un progetto di supporto didattico-formativo e assistenziale all’ospedale cattolico "Fatima Hospital" di Sarghoda, nella diocesi di Islamabad-Rawalpindi. L’intervento umanitario, nato da una richiesta del vescovo locale, mons. Anthony Theodore Lobo e coordinato dal Centro per la cooperazione internazionale della Cattolica di Roma, diretto da mons. Elio Sgreccia, si articolerà in più fasi. La prima, della durata di un mese, coinvolgerà una équipe di medici esperti del Policlinico Gemelli nelle specialità più richieste dalle esigenze sanitarie della regione: chirurgia generale, anestesia, ginecologia. Il Fatima Hospital offre in particolare il suo servizio per i poveri del distretto, ma si trova in una situazione difficile per l’assenza di uno staff medico residente e per la carenza di attrezzature sanitarie indispensabili. Per questo, gli obiettivi principali dell’intervento umanitario saranno quelli di fronteggiare le emergenze chirurgiche dei pazienti ricoverati; migliorare le strutture e la dotazione delle sale operatorie; formare una équipe medica residenziale. (M.A.)

 

 

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