RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 150 - Testo della
Trasmissione di venerdì 30 maggio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nuovi
attentati in Cecenia e in Spagna: un ordigno provoca tre morti a Grozny e
un’autobomba causa altre tre vittime a Sangüesa.
All’indomani
del vertice Sharon-Abu Mazen, Hamas chiede la fine dell’“aggressione
israeliana” in cambio della cessazione delle violenze.
Il
presidente statunitense Bush oggi in Polonia, poi in Russia, Francia e Medio
Oriente.
30 maggio 2003
L’IMPEGNO INTERNAZIONALE PER LA PACE DI FRONTE
ALLE TENSIONI E AL TERRORISMO, NEL DISCORSO DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE DEL
GIAPPONE
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Il Giappone, terra di antiche tradizioni religiose e
filosofiche, possiede “risorse spirituali in grado di stimolare in maniera
efficace” un “ardente desiderio di lavorare per la pace”. Lo ha affermato
questa mattina Giovanni Paolo II, nel ricevere le lettere credenziali del nuovo
ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, il 61.enne Gunkatsu Kano.
La ricerca della pace a livello
internazionale ha occupato gran parte del discorso del Papa. “Nonostante
l’attuale congiuntura”, segnata “da un rigurgito di tensione e da una
recrudescenza delle azioni terroristiche”, non si deve “intaccare - ha detto il
Pontefice - la determinazione di tutti coloro che sono già impegnati nella
ricerca di soluzioni pacifiche per risolvere i conflitti”. Giovanni Paolo II ha
anche ribadito la necessità di proseguire gli sforzi tesi alla “eliminazione progressiva,
equilibrata e controllata delle armi di distruzione di massa, così come alla
non proliferazione e al disarmo nucleare”.
In questo quadro, l’attenzione
del Papa si è spostata sul contributo che gli Stati possono offrire per garantire
la sicurezza e la stabilità nel mondo. Attiene alla comunità internazionale, ha
osservato il Pontefice, “mobilitarsi in modo permanente per prevenire le
aggressioni potenziali, senza che queste misure nuocciano alle esigenze
fondamentali delle popolazioni civili”. Il vostro Paese, ha detto Giovanni
Paolo II al neoambasciatore, “resta, attraverso la visione dolorosa di Hiroshima
e Nagasaki, un testimone vivo dei drammi del ventesimo secolo, che invita
ognuno a ripetere alla sequela di Papa Paolo VI: 'Mai più la guerra!'”.
Nel concludere il suo saluto, il Papa ha voluto mostrare
apprezzamento nei riguardi del Giappone e dei suoi programmi d’aiuto in favore
dei Paesi poveri dell’Asia. E riferendosi al vertice sull’ambiente, in programma
tra due anni nella località giapponese di Aïchi, il Pontefice ha auspicato che
le nazioni che prenderanno parte ai lavori possano dibattere “serenamente”
sulle “soluzioni concrete” da apportare in merito alla “tutela ambientale e
allo sfruttamento delle risorse naturali”. Infine, un saluto ai vescovi e alla
comunità dei cattolici del Giappone, invitati dal Papa ad essere “ferventi
artigiani della pace e della carità, saldamente uniti ai loro pastori e
impegnati a lavorare per un incontro sempre più fecondo tra la fede e la
cultura giapponese”.
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Il Papa
ha proseguito anche oggi gli incontri con i vescovi della Conferenza Episcopale
dell’India in visita “ad Limina”, ricevendo altri sette presuli del Paese asiatico.
Il Santo Padre ha pure ricevuto in udienza questa mattina
l’arcivescovo polacco mons. Henryk Jòzef Nowacki, nunzio apostolico in
Slovacchia.
Il Pontefice ha nominato vescovo di San Martìn, in
Argentina, il presule mons. Guillermo Rodrìguez Melgarejo, finora vescovo
ausiliare di Buenos Aires.
SORPRESA DELLA SANTA SEDE PER L’ASSENZA DI UNA
MENZIONE ESPLICITA
DEL
CRISTIANESIMO NEL PREAMBOLO DELLA BOZZA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA
E SODDISFAZIONE PER IL RICONOSCIMENTO DEL
CONTRIBUTO DELLE CHIESE
- Con noi il portavoce vaticano Joaquìn Navarro
Valls -
“Sorpresa” per “l’assenza di una
menzione esplicita del Cristianesimo” e
“soddisfazione” per la parte che riconosce “l’identità e il contributo
specifico” delle Chiese. Così il portavoce vaticano, Joaquìn Navarro Valls, si
è espresso questa mattina circa la bozza della Costituzione Europea, che sta
suscitando un ampio dibattito. Da oggi il documento è al centro di discussioni
e trattative a Bruxelles da parte dei 105 membri della Convenzione, per giungere alla stesura finale che sarà
votata a Salonicco il 20 giugno. Nel
preambolo della Costituzione, dopo il riconoscimento che l’”Europa è un
continente portatore di civiltà”, si legge: “Ispirandosi ai retaggi culturali,
religiosi e umanistici dell’Europa,
nutrita inizialmente dalle civiltà greca e romana, segnata dallo slancio
spirituale che l’ha percorsa e le cui tracce sono presenti nel suo patrimonio,
poi dalle correnti filosofiche dei Lumi, ha ancorato nella vita della società
la sua percezione del ruolo centrale della persona umana e dei suoi diritti
inviolabili e inalienabili.” Ma ascoltiamo, al microfono di Stefano
Leszczynski, lo stesso Navarro Valls:
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R. - Certamente si è rilevata con sorpresa l’assenza di
una menzione esplicita del cristianesimo in questo testo. Per alleviare questa
sorpresa si potrebbe dire che siamo ancora al primo progetto del preambolo, nel
quale già si fa menzione di diverse importanti componenti che hanno concorso a
plasmare il patrimonio europeo. Ma la sorpresa certamente, per questa omissione
esplicita al cristianesimo, rimane.
D. – Nonostante questo c’è stato anche un piccolo elemento
di soddisfazione tuttavia …
R. – L’attuale progetto dell’art. 51 prevede un dialogo
costante con le Chiese e con le Comunità religiose in Europa, riconoscendone le
identità e il contributo specifico. Bisogna dire che questo stava già nella
11.ma dichiarazione, annessa al Trattato di Amsterdam, e la Convenzione europea
ha giudicato opportuno mantenere questo principio.
D. – Tuttavia quella della Convenzione è pur sempre una
bozza, quindi passibile di ulteriori modifiche. In che senso dovrebbero essere
queste modifiche?
R. – Ci sarebbero diverse possibilità. Già si sono fatte
notare queste diverse possibilità. Quello che posso dire è che membri di questa
Convenzione, per conto proprio, hanno già proposto l’inclusione di questo
elemento, di questa menzione esplicita al cristianesimo, nella successiva
versione del preambolo. Quindi, rimane la solida speranza che questo avvenga, che
questa inclusione avvenga. La omissione sarebbe una omissione di grande
importanza e gravità, anche sotto il profilo puramente storico.
D. – A suo giudizio quali conseguenze potrebbero derivare
per un’Europa con una convenzione che non faccia diretto riferimento al
cristianesimo?
R. – Soprattutto, questa insufficienza toglierebbe
autorevolezza a questo testo. La maggioranza dell’Europa si riconosce nei
valori cristiani, a livello personale, e altri riconoscono il valore storico.
Quindi, un testo che non tenga conto di questo importantissimo elemento diventa
un testo meno autorevole. Questo è ovvio.
D. – Quindi, un buco, diciamo, nella storia dell’Europa …
R. – Un buco, come lei lo chiama, soprattutto a livello di
Costituzione. Non cambierebbe la realtà né storica, né presente dell’Europa,
quello che cambia è una formulazione costituzionale, che avrebbe meno peso,
questo è ovvio.
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La
prima pagina si apre sottolineando le "reazioni positive" in
Israele e nei Territori all'incontro tra Sharon e Abu Mazen.
Sempre in prima, la tragica
scoperta in Iraq: un'altra fossa comune, con cinquecento corpi.
Nelle vaticane, nel discorso al
nuovo ambasciatore del Giappone, il Papa ha esortato a proseguire gli sforzi
per l'eliminazione delle armi di distruzione di massa, per la
non-proliferazione e per il disarmo nucleare.
L'omelia dell'arcivescovo
Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, in occasione della
Concelebrazione Eucaristica presieduta nel Santuario nettunense, dove riposa il
corpo di Maria Goretti, la "Martire della purezza".
Una pagina dedicata
all'"Anno del Rosario".
Nelle pagine estere,
l'intervento dell'Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Onu durante
il Forum permanente delle Nazioni Unite sulle Questioni Indigene:
"l'educazione e la promozione dei diritti delle popolazioni
indigene".
Repubblica Democratica del
Congo: i caschi blu dell'Onu pronti a dispiegarsi nell'Ituri.
Nella pagina culturale, un
contributo di Fernando Salsano dal titolo "Neoclassicismo di
Foscolo".
Nelle pagine italiane, in
rilievo le questioni legate alle condizioni dei minori.
Il tema dell'economia.
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30 maggio 2003
“IDENTITA’ CONFESSIONALE, RICCHEZZA E SFIDA”
E’ IL
TITOLO DELL’INTERVENTO TENUTO DAL CARDINALE KASPER
AL
KIRCHENTAG ECUMENICO DI BERLINO
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Servizio di Angelo Paoluzi -
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Tra gli appuntamenti più attesi del Kirchentag ecumenico
in corso a Berlino, quello di oggi con il cardinale Walter Kasper, presidente
del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. ‘L’identità confessionale,
ricchezza e sfida’ era il tema dell’intervento probabilmente centrale dei
lavori di questi 3 giorni di incontro, che per un’ora ha catturato l’attenzione
di oltre mille persone presenti. Kasper ha sottolineato la ricchezza
dell’ecumenismo che non ha alternative anche perché la divisione dei cristiani,
uno scandalo - ha detto - li rende non credibili agli occhi del mondo. Ciò che
oggi li unisce è però più importante di quanto li divide, anche se ha tenuto a
precisare i punti sui quali l’unità trova ancora difficoltà, in particolare
soffermandosi in termini amichevoli ma fermi, sul problema della celebrazione dell’Eucaristia
comune. Il cardinale ha sottolineato quanto in 30 anni di dialogo è stato fatto
e ciò che i cattolici e i protestanti hanno reciprocamente imparato. La ricerca
dell’unità è saldamente ancorata a Cristo, alla preghiera comune, all’ascolto
della parola. I presenti, fra i quali molti giovani, lo hanno interrotto 50
volte con applausi e tutti in piedi alla fine con una ovazione durata oltre un
minuto.
Da Berlino, Angelo Paoluzi per la Radio Vaticana.
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I DEHONIANI (SACERDOTI DEL SACRO CUORE DI GESU’) CELEBRANO
IL
CAPITOLO GENERALE CONFRONTANDO IL LORO CARISMA
CON LE
ESIGENZE DELLA CHIESA E DEL MONDO OGGI.
CON
NOI IL NEOELETTO SUPERIORE GENERALE
PADRE
JOSE’ ORNELAS CARVALHO DI MADEIRA (PORTOGALLO)
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Hanno appena festeggiato il
160.mo della nascita del fondatore, Leone Dehon, che vide la luce nel nord
della Francia, a La Capelle, il 14 marzo 1843. Fondava i sacerdoti del Sacro
Cuore di Gesù il 28 giugno 1878, non senza prove di ogni genere, per diffondere
il Regno di Dio nel mondo e il culto al Cuore di Cristo. La Congregazione si
diffuse rapidamente perché dava una risposta immediata e adeguata ai bisogni
sociali e alle attese spirituali del tempo. E … oggi? Diamo la parola al nuovo
superiore generale da poco eletto, padre José Ornelas Carvalho, 49 anni, di
Madeira (Portogallo):
R. - La nostra presenza, oggi nel mondo, risponde alle
necessità più urgenti: missioni, parrocchie, movimenti specializzati
all’interno della Chiesa nel seguire la gioventù operaia, la stampa e mass
media, l’apostolato sociale, il volontariato internazionale a favore del
povero, della classe operaia e degli esclusi dalla società. Noi dedichiamo
tutta la nostra vita e le nostre energie a Dio per proclamare il Vangelo
dell’Amore e servire particolarmente questi nostri fratelli e sorelle. La
nostra vocazione di Dehoniani, concentrati sul mistero del Cuore di Cristo dal
quale la Chiesa prende le sue origini, ci inserisce nel cuore della Chiesa come
profeti dell’amore e servitori della riconciliazione. Il nostro servizio alla
Chiesa è basato su una vita di preghiera ed oblazione: l’adorazione quotidiana
e comunitaria ne diviene l’espressione più autentica. Questo servizio si
esprime così attraverso il nostro ministero pastorale coi piccoli e gli umili,
con gli operai e i poveri; si esprime, ancora, nell’attività missionaria come
forma privilegiata del servizio apostolico; nel nostro impegno alla formazione
sacerdotale e religiosa e nel nostro servizio alla cultura.
D. - I
Dehoniani sono attualmente circa 2300 fra sacerdoti e fratelli, e lavorano in
38 nazioni: Albania, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Bielorussia, Camerun,
Canada, Cile, Croazia, Repubblica democratica del Congo, Ecuador, Finlandia,
Inghilterra, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Lussemburgo,
Madagascar, Messico, Moldavia, Mozambico, Olanda, Filippine, Polonia,
Portogallo, Scozia, Sud Africa, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Ucraina,
Uruguay, Venezuela. Ma veniamo al capitolo generale che si è aperto il 12 di
questo mese e si chiuderà il 13 giugno: quali sono gli obiettivi?
R. - Questo XXI
Capitolo generale vuole proiettare ancora di più la Congregazione, con cuore
aperto e solidale, in quelle situazioni di ingiustizia sociale e di frontiera
dove operano già tanti confratelli: il Congo, prima missione voluta dal padre
Dehon e dove da anni si combatte una crudele guerra dimenticata; le Filippine,
dove due anni fa veniva sequestrato per mesi il nostro confratello padre
Giuseppe Pierantoni e il dialogo interreligioso diviene sempre più delicato e
necessario; le grandi povertà dell’America Latina; la cristianizzazione
dell’Europa; la Chiesa in Asia dove in questi anni sono nati i Distretti dehoaniani
dell’India e delle Filippine. Questo Capitolo, inoltre, vuole rispondere
all’appello dei vescovi del Vietnam per una presenza dehoniana in quella nazione.
D. - Il suo
auspicio come nuovo superiore generale?
R. - La
specifica spiritualità del Sacro Cuore e dell’Eucaristia, tanto cara al nostro
venerabile fondatore, padre Giovanni Leone Dehon, faccia sentire forte la
presenza ecclesiale come “corpo congregazionale” e il nostro ministero arricchisca
la Chiesa con una chiara impronta devoniana.
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L’INCONTRO TRA SHARON E ABU MAZEN,
PRIMA
TAPPA PER REALIZZARE LA ROAD MAP,
IL
PIANO DI PACE INTERNAZIONALE IN MEDIO ORIENTE
Quale
sarà il futuro della situazione israelo-palestinese, alla luce del primo incontro
tra il premier ebraico, Ariel Sharon, e quello palestinese, Abu Mazen. Ne
seguiranno altri, con la presenza sempre più importante della mediazione americana,
assunta addirittura in prima persona dal presidente Bush, con lo scopo di creare
le condizioni per cercare di far accettare il piano di pace internazionale alle
due parti. Ma per ora rimaniamo all’analisi di quanto uscito da questo primo
scambio d’opinioni tra Abu Mazen e Sharon. Giancarlo La Vella ha raccolto il parere
di Guido Olimpio, corrispondente a Gerusalemme del Corriere della Sera:
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R. - Le posizioni espresse e le conclusioni erano
largamente attese. Questo vertice era essenzialmente preparatorio all’incontro
che sia Abu Mazen che Sharon avranno con Bush fra qualche giorno, ad Aqaba, in
Giordania. Le due parti dovevano lanciare un segnale positivo alle rispettive
opinioni pubbliche, per far capire che sono incamminati sulla strada giusta,
che ci possono essere delle decisioni tangibili, di cui la gente può prendere
atto. In questo senso è importante il punto della liberazione dei prigionieri.
E su questo tema Abu Mazen ha insistito molto, perché la liberazione dei
prigionieri è una cosa che riguarda centinaia di famiglie e se una persona vede
tornare a casa un prigioniero suo parente è chiaro che pensi che qualcosa sta
realmente cambiando.
D. – Fra le varie promesse che Sharon e Abu Mazen si sono
fatti, secondo te, qual è quella che, se realizzata, veramente innescherebbe la
strada per la pace?
R. – Sicuramente è fondamentale la tregua, anche perché se
finiranno gli scontri ci sarà questo periodo di calma - proprio ciò che gli
israeliani chiedono - e quindi si potrà passare alle fasi successive del piano
di pace: ovvero il congelamento degli insediamenti ebraici nei Territori, la
rimozione degli avamposti selvaggi, che sono delle piccole colonie che sono state
realizzate dagli israeliani negli ultimi due anni. Questo perché gli israeliani
danno un’interpretazione consequenziale alla Road map, ossia da un punto
si passa ad un altro e così via. I palestinesi, invece, hanno una differente
visione: insistono perché tutto avvenga in modo parallelo, la fine della
violenza e il congelamento delle colonie. Gli americani in questo momento sono
vicini alla posizione israeliana e chiedono assolutamente la fine della
violenza. Quindi, è chiaro che se Abu Mazen riesce a strappare il
cessate-il-fuoco, da una parte dimostra agli israeliani di essere un
interlocutore credibile e di avere potere al suo interno; dall’altra parte,
allo stesso tempo, si rafforza la sua posizione, perché vuol dire che è capace
di controllare la difficile realtà dell’estremismo palestinese. Molto
dipenderà, quindi, anche dall’atteggiamento di questi gruppi radicali che, per
adesso, hanno lanciato segnali un po’ ambigui. Apparentemente Hamas, che è il
gruppo più significativo, sta cercando anche lui una posizione più pragmatica.
Capisce che il momento per gli attentati non è così favorevole e quindi è
probabile che cerchi un aggiustamento. Però non vuol perdere la propria capacità
decisionale.
D. – Si è rivisto quanto sia importante la presenza di un
mediatore autorevole come gli Stati Uniti?
R. – Assolutamente sì. Se tutto questo sta avvenendo,
anche se è ancora poco, è merito soprattutto dell’impegno americano e di Bush
in persona. Il fatto stesso che il presidente americano agisca in prima persona
nella mediazione, dimostra che si può ottenere qualcosa. Io ritengo che la
pressione americana dovrebbe essere ancora più forte. Dovrebbe porre dei limiti
precisi e dire cioè: “Oltre questo non potete andare, quindi dovete accettare
la Road Map e proseguire con il dialogo”. In questo modo si può arrivare
a qualcosa di concreto. Certo, è una strada in salita, però dimostra che se gli
americani insistono sono in grado di vincere qualsiasi opposizione e rompere il
meccanismo che agli attentati fa seguire le rappresaglie.
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IL NUOVO LIBRO DI MARCO CARDINALI
DEDICATO AL CUORE UMANO E DIVINO DI GESU’:
CON NOI L’AUTORE E MONS. EDWARD NOWAK
“Un
cuore che ama”, questo il titolo del volumetto contenente le meditazioni di
Marco Cardinali, giornalista della nostra emittente. Un libro, edito da Pro
Sanctitate, nato con l’intento di accompagnare il lettore – nel mese di giugno
legato, nella tradizione cristiana, alla devozione al Cuore di Gesù - in un
percorso ideale per comprendere più a fondo l’amore di Dio verso gli uomini.
Alla presentazione del volume, svoltasi ieri pomeriggio all’Oratorio del SS.
Sacramento a Roma, sono intervenuti, tra gli altri, anche mons. Edward Nowak,
segretario della Congregazione delle Cause dei Santi, e padre Federico
Lombardi, direttore dei programmi della Radio Vaticana. Il servizio è di
Dorotea Gambardella:
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meditazioni, contenute nel libro “Un cuore che ama” di Marco Cardinali, per
comprendere in modo più profondo il cuore di Gesù, un cuore divino eppure
umano, fonte di un amore infinito. Sentiamo l’arcivescovo Edward Nowak:
“Mi ha colpito particolarmente l’idea che sottintende
tutta la riflessione di Marco Cardinali: il cuore di Cristo non è un cuore
isolato, un cuore che fa a meno degli altri, che viveva in se stesso e da se
stesso. Il cuore di Gesù è un cuore profondamente umano, un cuore cha ama sua
madre, i discepoli, i suoi amici, i peccatori e persino i suoi nemici. E’ un
cuore che ama. E’ un cuore che soffre come qualsiasi altro cuore, ma con una
speranza in più: quella che nasce dall’amore del Padre”.
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D. - Marco Cardinali, nel tuo libro, ti soffermi
particolarmente sull’amore di Gesù per Sua madre ...
R. - L’amore
per la madre penso sia un amore profondo a tal punto da indicarla, anche se non
direttamente, come il modello di credente. Maria, in quanto madre di Dio, è
proprio anche un modello di amore profondo, ma è un modello vicendevole: Gesù è
un modello per Maria, ma Maria diventa modello, in qualche modo, per Gesù.
D. - Sfogliando il libro ho notato che hai dedicato varie
pagine all’umiltà. Ma che valore ha, oggi, l’umiltà?
R. - L’umiltà ha un valore grandissimo. La stessa
conoscenza, la stessa curiosità nasce dall’umiltà. Se uno si sente arrivato non
si muove. Un cristiano non può non sentirsi umile, perché vorrebbe dire che si
sente già arrivato ad un cristianesimo maturo, mentre è un cammino, una
pedagogia che Dio usa nei nostri confronti che non finisce in nessuna tappa
della nostra vita.
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30 maggio 2003
UNA LETTERA AI G8 DA PARTE DEI
PRESIDENTI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI
DELLA
COMUNITÀ EUROPEA E DELL’AFRICA E MADAGASCAR:
“FATE
DELLA GLOBALIZZAZIONE UN’OPPORTUNITÀ NON SOLO PER I PIÙ RICCHI”
EVIAN. = Aiutare lo sviluppo e ridurre il debito dei Paesi
poveri: questa è una delle richieste contenute nella lettera congiunta che il
vescovo Josef Homeyer, presidente della Commissione della Conferenza dei
vescovi della Comunità europea, (Comece) insieme con l’arcivescovo Laurent Monsegwo Pasinya, presidente del
Simposio della Conferenza dei vescovi dell’Africa e Madagascar hanno indirizzato
al summit del G8 di Evian, in Francia, in programma per i primi tre giorni di
giugno. Incontratisi ieri a Berlino, in margine al Kirchentag ecumenico, i
vescovi hanno inviato al presidente francese Jacques Chirac, un appello perché
il G8 dia un aiuto concreto all’Organizzazione per lo sviluppo dell’Africa. I
presuli hanno inoltre chiesto aiuto al G8 affinché in Africa i singoli Paesi
dimostrino la stabilità e la validità dei propri governi interni. I vescovi
hanno espresso un parere favorevole per l’iniziativa della presidenza francese
di invitare i capi di vari Paesi africani in via di sviluppo ed organizzazioni
internazionali a partecipare ad una riunione congiunta con il G8; iniziativa
giudicata come un passo in avanti verso la realizzazione di un “Gruppo di
governo globale”, che faccia della globalizzazione un’opportunità per tutti e
non solo per i più ricchi. Nella loro lettera i vescovi hanno chiesto ai Paesi
dell’Unione Europea e ai Paesi del G8 di oltrepassare l’impasse corrente sui
negoziati, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio, riguardo al
traffico dei prodotti agricoli ed all’accesso ai medicinali: argomenti della
massima importanza per l’Africa. Questo
potrebbe costituire un segno della determinazione del G8 di costruire un
migliore sistema di governo globalizzato, basato sulla giustizia e sulla
solidarietà. (S.C.)
L’ARCIDIOCESI DI DELHI, DI RITO
LATINO, HA ISTITUITO NOVE PARROCCHIE
PER
I FEDELI DI RITO ORIENTALE PRESENTI NEL
SUO TERRITORIO.
L’INIZIATIVA
VUOLE ANDARE INCONTRO ALLE COMUNITA’ DI RITO ORIENTALE
CHE
CHIEDONO MAGGIORE AUTONOMIA.
NEW
DELHI. = L’arcidiocesi di rito latino di Delhi ha istituito nove parrocchie speciali
per i fedeli di rito orientale residenti nel suo territorio. Il relativo
decreto, pubblicato il 14 maggio, assegna sei parrocchie ai cattolici di rito
siro-malabarese e tre a quelli di rito siro-malankarese. Il loro territorio
coinciderà con quello delle parrocchie latine esistenti e i fedeli in esse
registrati continueranno a rimanere sotto la giurisdizione dell’arcidiocesi. Lo
speciale provvedimento, previsto dal
Codice di Diritto Canonico, è stato adottato dall’arcivescovo Vincent Concessao
in seguito ad una raccomandazione in tal senso della speciale Commissione
interrituale istituita dal Sinodo diocesano dello scorso ottobre. Esso vuole
così venire incontro alle esigenze pastorali dei cattolici orientali della
capitale, cercando di risolvere, con un compromesso accettabile, un annoso
contenzioso tra la Chiesa latina e le Chiese orientali indiane, che da tempo
chiedono maggiore autonomia. Su questi e altri problemi interni nei giorni
scorsi si è soffermato il Santo Padre, nel corso delle visite “ad Limina” dei
vescovi indiani dei tre riti. Ricevendo il 13 maggio i presuli di rito
siro-malankarese e siro-malabarese, il Papa aveva sottolineato, tra l’altro, la
necessità di superare queste “paure e incomprensioni”. La Chiesa cattolica di
rito siro-malabarese, le cui origini risalgono alla predicazione di San Tommaso
Apostolo, conta oggi in India circa 3,5 milioni di fedeli su 16 milioni di
cattolici indiani. La maggioranza appartiene alla Chiesa cattolica di Rito
Latino, mentre la più piccola è la Chiesa cattolica di Rito Siro Malankarese,
stabilita nel 1930, quando due vescovi, un sacerdote, un diacono e una laico
della Chiesa Malankarese Ortodossa,
furono ammessi nella Chiesa cattolica. (L.Z.)
REALTA’, FEDE E ARTE A CONFRONTO,
NEL 55° CONGRESSO NAZIONALE
DELL’ASSOCIAZIONE
CATTOLICA ITALIANA “MARIA CRISTINA DI SAVOIA”,
CHE SI
APRE A ROMA DOMANI POMERIGGIO. L’EVENTO CULTURALE SI CONCLUDERA’
CON
UNA VISITA ALLA MOSTRA DI ARTE CONTEMPORANEA DEI MUSEI VATICANI
ROMA. =
Sul tema generale “Realtà, fede e arte a confronto”, si apre domani pomeriggio
a Roma il 55.mo Congresso nazionale dell’Associazione cattolica italiana “Maria
Cristina di Savoia”, diffusa in un centinaio di diocesi italiane con cinquemila
associate. Il pomeriggio di sabato, dopo la registrazione dei partecipanti,
sarà dedicato all’Assemblea nazionale dell’associazione. Domenica mattina, dopo
la celebrazione eucaristica, saranno illustrate le linee programmatiche per
l’anno 2003-2004, con la relazione della prof.ssa Margherita Elia Leozappa, dell’Università
di Lecce, presidente dell’associazione. Seguirà una relazione su “Patto
matrimoniale e sacramento del matrimonio”, che sarà svolta dal benedettino don
Ildebrando Scicolone, dell’Ateneo romani di Sant’Anselmo. Seguirà una
“Antologia sul rapporto familiare”, a cui interverranno il prof. Angelo Serio,
dell’Università di Roma, il dott. Giuseppe Magno, giudice della Corte di
Cassazione, il dott. Ezio Leozappa, medico psicoterapeuta, e il prof. Pier
Luigi Zampetti, dell’Università di Genova. Due gli avvenimenti di lunedì, oltre
all’elezione del Consiglio Nazionale: la mattina, una relazione su “Arte e fede
nella devozione popolare”, del prof. Piercarlo Grimaldi, dell’Università del
Piemonte orientale; e nel pomeriggio una visita alla mostra “I Musei Vaticani e
l’arte contemporanea”, con la relazione di Micol Forti, curatrice
dell’esposizione. (P.Sv.)
ALLARME DELLA FAO: A RISCHIO I PROGETTI
AGRICOLI IN AFGHANISTAN. NECESSARI
AL PIÙ
PRESTO CIRCA 25 MILIONI DI DOLLARI PER ATTIVITA’ DI SVILUPPO A LUNGO TERMINE.
GRAVI
LE POSSIBILI RIPERCUSSIONI ANCHE A LIVELLO SOCIALE E POLITICO
KABUL. = Le attività agricole in Afghanistan sono a
rischio. E’ l’allarme lanciato ieri dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’alimentazione e l’agricoltura. “Siamo di fronte ad un potenziale disavanzo di
circa 25 milioni di dollari”, ha dichiarato Manfred Staab, responsabile del
Programma per l’Afghanistan della Fao. “Temiamo che eventi politici in altre
parti del mondo costringano i donatori a indirizzare fondi insufficienti
lontano dall’Afghanistan”. “Dall’11 settembre 2001, la Fao ha ricevuto 40
milioni di dollari per attività di emergenza”, ha detto Staab, “siamo
seriamente preoccupati – ha aggiunto Staab – per la mancanza di nuovi impegni
per progetti a lungo termine. Dovremo interrompere più del 70 per cento delle
nostre attività entro la fine di quest’anno, con severe ripercussioni sulle
comunità agricole che stiamo aiutando e ci impedirebbe di assistere un maggior
numero di agricoltori. Perderemmo i risultati di circa due anni di lavoro”. La
Fao è diventata una importante protagonista nel sostenere gli agricoltori in
Afghanistan. “Inoltre – ha aggiunto Staab – abbiamo contribuito a costruire e
rafforzare le istituzioni governative agricole nazionali. Il nostro obiettivo
principale è che gli afghani possano finalmente gestire le loro istituzioni e
giocare un ruolo chiave nella ristrutturazione del settore agricolo. La Fao,
per esempio, sta trasferendo i suoi uffici a Kabul e nelle maggiori città
afghane per essere certa di stare a stretto contatto con i responsabili
governativi”. Il personale Fao in Afghanistan comprende 275 esperti nazionali e
30 internazionali. Una rete speciale in tutto il Paese fornisce servizi anche
nelle zone più remote. (R.G.)
NELL’AMAZZONIA ECUADORIANA
TRENTA INDIGENI SONO STATI UCCISI
IN
SCONTRI FRA GRUPPI RIVALI. SECONDO L’ORGANIZZAZIONE
DELLE
NAZIONALITÀ HOURANI, DIETRO LA STRAGE SI NASCONDONO
GLI
INTERESSI DEI MERCANTI DEL LEGNAME
QUITO. = Trenta indigeni di etnia Huaorani-Tagaeri
sono stati uccisi martedì nella provincia di Orellana, nell’Amazzonia
ecuadoriana. Stando alle prime documentazioni la strage sarebbe stata
perpetrata da un altro gruppo autoctono della regione, al servizio delle
imprese di legname che tagliano gli alberi nella selva. “Dietro questo doloroso
episodio - denuncia in un comunicato l’Organizzazione della nazionalità Haurani
- si nascondono gli interessi dei mercanti di legname che invadono i territori
autoctoni senza che le autorità civili o militari facciano qualcosa per
impedirlo”. Dolore e rabbia per la strage sono stati espressi dal Coordinamento
delle organizzazioni indigene di Quito: “Questo genere di episodi purtroppo non
è isolato – si legge in una nota – casi simili sono già accaduti in Ecuador
come in Brasile, Colombia, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela. Spetta ai
governi nazionali vigilare affinché la vita e i nostri diritti vengano
rispettati”. Il Coordinamento ha criticato l’esecutivo del presidente Lucio
Gutiérrez per la “mancanza di misure adatte a proteggere i nativi e i loro
territori ancestrali". Il Coordinamento ha chiesto che venga compiuta
un’indagine esaustiva che porti a identificare “i responsabili materiali e i
mandanti del massacro”. (S.C.)
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30 maggio 2003
- A cura di Giada Aquilino -
Tornano
gli attentati in Cecenia. Tre morti e dieci feriti è il bilancio dell'ultimo
ordigno che stamani ha fatto saltare in aria un autobus a Grozny. I passeggeri
del pullman erano in maggioranza operai edili: lo ha comunicato il premier
ceceno, Anatoly Popov. In città sono state rafforzate tutte le misure di
sicurezza. Dal referendum costituzionale del 23 marzo scorso, organizzato da
Mosca per ribadire l’appartenenza della Cecenia alla Russia, nella Repubblica
caucasica si è assistito ad una recrudescenza della violenza ad opera degli
indipendentisti.
E la
violenza ha colpito stamani anche la Spagna. Tre poliziotti sono morti oggi per
l’esplosione di un’autobomba a Sangüesa, nella regione settentrionale della
Navarra. I sospetti degli inquirenti si stanno concentrando sui separatisti
baschi dell’Eta. Il premier spagnolo Aznar ha sospeso la sua partenza per San
Pietroburgo, dove doveva partecipare al vertice Russia - Unione europea.
Un
incontro “molto positivo”, segno che “il tempo è maturo per cogliere
l’opportunità della pace”. Così israeliani e palestinesi hanno commentato il
vertice di ieri sera tra i capi dei due governi, Sharon ed Abu Mazen. Sullo
sfondo, la richiesta del movimento islamico Hamas della fine dell’“aggressione
israeliana” come contropartita alla cessazione di ogni attacco terroristico.
Nonostante stamani un kamikaze palestinese sia morto mentre tentava di
infiltrarsi dalla Striscia di Gaza in Israele, qualche progresso è stato
compiuto nelle tre ore e mezzo di colloqui tra Sharon e Abu Mazen. Ce ne parla
Graziano Motta:
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Il risultato più importante
della riunione è che le parti hanno deciso di porsi alle spalle 32 mesi di
Intifada armata. Sharon ha annunciato che i soldati lasceranno gradualmente le
aree palestinesi rioccupate e ridurranno la loro presenza in altre, affinché il governo
palestinese possa assumere le proprie responsabilità in materia di sicurezza e
operare per porre fine al terrorismo. Mahmoud Abbas ha affermato che, dopo aver
raggiunto un accordo sul cessate il fuoco con tutte le fazioni palestinesi,
sarà in grado di assumersi delle responsabilità sulla sicurezza nei Territori
evacuati.
Intanto Sharon ha annunciato una serie di provvedimenti
destinati a facilitare la vita dei palestinesi e a rafforzare la credibilità
del governo Abbas nell’opinione pubblica: revoca del blocco militare,
lasciapassare permanente a ministri e funzionari governativi, aumento delle
rimesse di tasse e diritti percepiti per conto dell’Autorità palestinese,
permessi di lavoro per 25 mila pendolari, scarcerazione di numerosi palestinesi
detenuti per reati amministrativi, fra i quali due esponenti dell’Olp.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sarà un viaggio interamente dedicato alla delicata
questione mediorientale, al G8 di Evian e ai legami transatlantici quello che
il presidente americano Bush inizia oggi. Stasera il capo della Casa Bianca
arriverà a Cracovia, in Polonia. Domani sera e domenica invece Bush sarà a San
Pietroburgo, in Russia, dove parteciperà ai festeggiamenti per il 300.mo
anniversario della città e avrà un incontro bilaterale con il presidente russo
Putin. Poi, partenza per Evian, in Francia, per l’avvio del vertice dei ‘Grandi
della Terra’. Martedì 3 giugno, quindi, entra nel vivo la parte mediorientale
della missione di Bush, con la trasferta in Egitto e Giordania. Sentiamo Paolo
Mastrolilli:
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Bush ha detto di essere determinato a condurre la sua
nuova iniziativa di pace in Medio Oriente, ribadendo che ciò significa la
creazione di uno Stato palestinese vivibile. Quindi, ha dichiarato che
l’espansione degli insediamenti israeliani contraddice la politica di
Washington e ha promesso di fare pressioni sul premier Sharon. Ma poi ha
aggiunto anche che il nuovo leader palestinese, Abu Mazen, dovrà fare tutto il
possibile per combattere il terrorismo, perché quando la sicurezza migliorerà
l’intera regione vedrà emergere democrazia, pace e libertà. Questa prospettiva
- per Bush - si realizzerà pure in Iraq, anche se ieri sono nate polemiche
dalle dichiarazioni del vice capo del Pentagono, secondo cui le armi di
distruzione di massa, ancora non trovate, erano solo un pretesto burocratico
per la guerra. Il capo della Casa Bianca, rispondendo alle domande sugli attriti
avvenuti prima della guerra, ha detto di essere rimasto deluso dal comportamento
di Parigi, ma poi ha aggiunto che resta determinato a lavorare con i francesi,
perché ciò che unisce i due Paesi e le due sponde dell’Atlantico è infinitamente
più importante delle differenze.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Le armi di distruzione di massa in Iraq saranno trovate,
anche se lo scopo prioritario della guerra è stata l'eliminazione del regime di
Saddam Hussein. Se ne è detto convito il premier britannico Blair, in una
conferenza oggi a Varsavia, a conclusione di un colloquio con il premier
polacco, Leszek Miller. Ieri Blair era stato a Bassora, in Iraq: la Gran
Bretagna aveva inviato più di 45.000 soldati nel Golfo per combattere a fianco
degli Stati Uniti la lotta contro Saddam.
Si trova in Iran Suleiman Abu Ghaith, il portavoce della
rete terroristica Al Qaeda. L’uomo è nel gruppo dei sospetti arrestati
recentemente dalle autorità di Teheran. Lo riferisce il quotidiano arabo
internazionale Asharq al Awsat che cita anonime fonti kuwaitiane. Abu Ghaith
era apparso in passato in compagnia di Osama Bin Laden, in una videocassetta
trasmessa dalla Tv satellitare Al Jazira.
E’ temporaneamente chiusa al pubblico l'ambasciata
italiana a Nairobi, in Kenya. La decisione è stata presa a seguito di un
messaggio di posta elettronica interpretato come una possibile minaccia
terroristica. Le presunte intimidazioni sono state rivolte all’International
House, l’edificio al centro della capitale kenyana che ospita 11 ambasciate.
Anche la rappresentanza norvegese è stata chiusa.
E’
ancora altissima la tensione in Perù, dove il governo – impegnato in un
rigoroso piano di rimborso del debito estero – non riesce a rispondere alle
rivendicazioni di insegnanti e contadini, ormai sotto il limite di sopravvivenza.
L’introduzione dello stato di emergenza, due giorni fa, non ha placato le
proteste, proseguite anche ieri:
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Praticamente in tutto il Paese i manifestanti hanno
sfidato lo stato di emergenza sfilando nelle strade. In alcune regioni inoltre
le forze sindacali hanno decretato scioperi generali di 48 ore, con tassi di
adesione che sono stati altissimi. Scontri ripetuti sono avvenuti in una decina
di città, mentre a Lima i dipendenti del settore giudiziario hanno cercato di
occupare il palazzo di giustizia. Ma la situazione ha sfiorato la tragedia a
Puno, nella parte meridionale del Paese, dove gruppi di studenti, insegnanti e
contadini hanno sfidato l’emergenza per cercare di occupare l’edificio
universitario. Ad un certo punto un gruppo di militari si è trovato accerchiato
dai dimostranti e ha fatto uso delle armi, uccidendo almeno un giovane e
ferendone molti altri. Il presidente Alejandro Toledo, che ora ha una
scarsissima popolarità, ha convocato il premier e il ministro della Difesa e li
ha mandati in Parlamento a fornire una versione ufficiale dell’accaduto.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Un’ondata
di caldo senza precedenti sta provocando numerose vittime in India. E' di quasi
600 morti, soprattutto anziani, il bilancio ancora provvisorio dell’aumento
delle temperature, in particolare nello Stato meridionale dell’Andhra Pradesh.
Il termometro ha già toccato i 47 gradi centigradi.
Ha rassegnato le dimissioni il premier del Nepal, Lokendra
Bahadur Chand. Il re Gyanendra ha già iniziato le consultazioni per designare
un successore e un nuovo governo. La decisione di Chand sarebbe un tentativo
per raffreddare la collera montante di molti partiti politici e di migliaia di
studenti contro il re: Gyanendra a novembre annullò le elezioni legislative, a
causa della ripresa della guerriglia maoista; ora il popolo chiede che il
Parlamento riprenda l’attività.
E’ decollato alle 10.37 di stamattina dall'aeroporto di
Roissy-Charles de Gaulle di Parigi l'ultimo volo Concorde tra la capitale
francese e New York, dopo 27 anni di attività dell’aereo supersonico. Le due
compagnie, francese e britannica, che gestiscono il Concorde hanno annunciato
il 10 aprile scorso l'addio al supersonico a causa degli alti costi di
gestione. Al di là dei motivi finanziari, però, non è mai stata superata la
catastrofe aerea di Gonesse, quando il 25 luglio 2000 un Concorde si schiantò
sulla pista, provocando la morte dei 113 passeggeri.
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