RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 150 - Testo della Trasmissione di venerdì 30 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’impegno per la pace e la stabilità internazionale, di fronte ai focolai di tensione e alla recrudescenza del terrorismo, nel discorso del Papa al nuova ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede.

 

Il commento della Santa Sede sulla “assenza” del cristianesimo e sulla “presenza” delle Chiese nella bozza della Costituzione europea: con noi, il portavoce vaticano, Joaquìn Navarro Valls.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Al Kirchentag ecumenico di Berlino, l’intervento del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani: “Identità confessionale, ricchezza e sfida”.

 

Nel Capitolo generale dei Dehoniani, riunito a Roma, il carisma dell’Istituto a confronto con le esigenze della Chiesa e del mondo di oggi: intervista con il nuovo superiore generale, padre José Ornelas Carvalho.

 

L’incontro tra Ariel Sharon e Abu Mazen, prima tappa per realizzare la road map, il piano di pace internazionale in Medio Oriente: ai nostri microfoni, Guido Olimpio.

 

“Un cuore che ama”, il nuovo libro di Marco Cardinali presentato ieri a Roma: con noi, l’autore e l’arcivescovo Edward Nowak.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I presidenti degli organismi episcopali d’Europa e di Africa e Madagascar in una lettera al G 8: fate della globalizzazione un’opportunità per tutti, non solo per i più ricchi.

 

L’arcidiocesi di New Delhi, di rito latino, ha istituito 9 parrocchie per i fedeli di rito orientale. Tentativo di risolvere il contenzioso tra la Chiesa latina e quelle indiane che richiedono maggiore autonomia.

 

Realtà, fede e arte a confronto, nel 55.mo Congresso nazionale dell’Associazione cattolica italiana “Maria Cristina di Savoia”, che si apre a Roma domani pomeriggio.

 

Allarme della Fao per i progetti agricoli a rischio in Afghanistan: urgenti 25 milioni di dollari per attività di sviluppo a lungo termine.

 

Nell’Amazzonia ecuadoriana sono stati uccisi 30 indigeni. Secondo l’Organizzazione delle nazionalità Hourani, dietro la strage si nasconderebbero gli interessi dei mercanti di legname.

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuovi attentati in Cecenia e in Spagna: un ordigno provoca tre morti a Grozny e un’autobomba causa altre tre vittime a Sangüesa.

 

All’indomani del vertice Sharon-Abu Mazen, Hamas chiede la fine dell’“aggressione israeliana” in cambio della cessazione delle violenze.

 

Il presidente statunitense Bush oggi in Polonia, poi in Russia, Francia e Medio Oriente.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 maggio 2003

 

 

L’IMPEGNO INTERNAZIONALE PER LA PACE DI FRONTE ALLE TENSIONI E AL TERRORISMO, NEL DISCORSO DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE DEL GIAPPONE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Il Giappone, terra di antiche tradizioni religiose e filosofiche, possiede “risorse spirituali in grado di stimolare in maniera efficace” un “ardente desiderio di lavorare per la pace”. Lo ha affermato questa mattina Giovanni Paolo II, nel ricevere le lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, il 61.enne Gunkatsu Kano.

 

La ricerca della pace a livello internazionale ha occupato gran parte del discorso del Papa. “Nonostante l’attuale congiuntura”, segnata “da un rigurgito di tensione e da una recrudescenza delle azioni terroristiche”, non si deve “intaccare - ha detto il Pontefice - la determinazione di tutti coloro che sono già impegnati nella ricerca di soluzioni pacifiche per risolvere i conflitti”. Giovanni Paolo II ha anche ribadito la necessità di proseguire gli sforzi tesi alla “eliminazione progressiva, equilibrata e controllata delle armi di distruzione di massa, così come alla non proliferazione e al disarmo nucleare”.

 

In questo quadro, l’attenzione del Papa si è spostata sul contributo che gli Stati possono offrire per garantire la sicurezza e la stabilità nel mondo. Attiene alla comunità internazionale, ha osservato il Pontefice, “mobilitarsi in modo permanente per prevenire le aggressioni potenziali, senza che queste misure nuocciano alle esigenze fondamentali delle popolazioni civili”. Il vostro Paese, ha detto Giovanni Paolo II al neoambasciatore, “resta, attraverso la visione dolorosa di Hiroshima e Nagasaki, un testimone vivo dei drammi del ventesimo secolo, che invita ognuno a ripetere alla sequela di Papa Paolo VI: 'Mai più la guerra!'”.

 

Nel concludere il suo saluto, il Papa ha voluto mostrare apprezzamento nei riguardi del Giappone e dei suoi programmi d’aiuto in favore dei Paesi poveri dell’Asia. E riferendosi al vertice sull’ambiente, in programma tra due anni nella località giapponese di Aïchi, il Pontefice ha auspicato che le nazioni che prenderanno parte ai lavori possano dibattere “serenamente” sulle “soluzioni concrete” da apportare in merito alla “tutela ambientale e allo sfruttamento delle risorse naturali”. Infine, un saluto ai vescovi e alla comunità dei cattolici del Giappone, invitati dal Papa ad essere “ferventi artigiani della pace e della carità, saldamente uniti ai loro pastori e impegnati a lavorare per un incontro sempre più fecondo tra la fede e la cultura giapponese”.

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ALTRE UDIENZE DI OGGI E PROVVISTA DI CHIESA IN ARGENTINA

 

Il Papa ha proseguito anche oggi gli incontri con i vescovi della Conferenza Episcopale dell’India in visita “ad Limina”, ricevendo altri sette presuli del Paese asiatico.

 

Il Santo Padre ha pure ricevuto in udienza questa mattina l’arcivescovo polacco mons. Henryk Jòzef Nowacki, nunzio apostolico in Slovacchia.

 

Il Pontefice ha nominato vescovo di San Martìn, in Argentina, il presule mons. Guillermo Rodrìguez Melgarejo, finora vescovo ausiliare di Buenos Aires.

 

 

SORPRESA DELLA SANTA SEDE PER L’ASSENZA DI UNA MENZIONE ESPLICITA

DEL CRISTIANESIMO NEL PREAMBOLO DELLA BOZZA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA

E SODDISFAZIONE PER IL RICONOSCIMENTO DEL CONTRIBUTO DELLE CHIESE

- Con noi il portavoce vaticano Joaquìn Navarro Valls -

 

“Sorpresa” per “l’assenza di una menzione esplicita del Cristianesimo” e  “soddisfazione” per la parte che riconosce “l’identità e il contributo specifico” delle Chiese. Così il portavoce vaticano, Joaquìn Navarro Valls, si è espresso questa mattina circa la bozza della Costituzione Europea, che sta suscitando un ampio dibattito. Da oggi il documento è al centro di discussioni e trattative a Bruxelles da parte dei 105 membri della Convenzione,  per giungere alla stesura finale che sarà votata a Salonicco il 20 giugno.  Nel preambolo della Costituzione, dopo il riconoscimento che l’”Europa è un continente portatore di civiltà”, si legge: “Ispirandosi ai retaggi culturali, religiosi e umanistici dell’Europa,  nutrita inizialmente dalle civiltà greca e romana, segnata dallo slancio spirituale che l’ha percorsa e le cui tracce sono presenti nel suo patrimonio, poi dalle correnti filosofiche dei Lumi, ha ancorato nella vita della società la sua percezione del ruolo centrale della persona umana e dei suoi diritti inviolabili e inalienabili.” Ma ascoltiamo, al microfono di Stefano Leszczynski, lo stesso Navarro Valls:

 

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R. - Certamente si è rilevata con sorpresa l’assenza di una menzione esplicita del cristianesimo in questo testo. Per alleviare questa sorpresa si potrebbe dire che siamo ancora al primo progetto del preambolo, nel quale già si fa menzione di diverse importanti componenti che hanno concorso a plasmare il patrimonio europeo. Ma la sorpresa certamente, per questa omissione esplicita al cristianesimo, rimane.

 

D. – Nonostante questo c’è stato anche un piccolo elemento di soddisfazione tuttavia …

 

R. – L’attuale progetto dell’art. 51 prevede un dialogo costante con le Chiese e con le Comunità religiose in Europa, riconoscendone le identità e il contributo specifico. Bisogna dire che questo stava già nella 11.ma dichiarazione, annessa al Trattato di Amsterdam, e la Convenzione europea ha giudicato opportuno mantenere questo principio.

 

D. – Tuttavia quella della Convenzione è pur sempre una bozza, quindi passibile di ulteriori modifiche. In che senso dovrebbero essere queste modifiche?

 

R. – Ci sarebbero diverse possibilità. Già si sono fatte notare queste diverse possibilità. Quello che posso dire è che membri di questa Convenzione, per conto proprio, hanno già proposto l’inclusione di questo elemento, di questa menzione esplicita al cristianesimo, nella successiva versione del preambolo. Quindi, rimane la solida speranza che questo avvenga, che questa inclusione avvenga. La omissione sarebbe una omissione di grande importanza e gravità, anche sotto il profilo puramente storico.

 

D. – A suo giudizio quali conseguenze potrebbero derivare per un’Europa con una convenzione che non faccia diretto riferimento al cristianesimo?

 

R. – Soprattutto, questa insufficienza toglierebbe autorevolezza a questo testo. La maggioranza dell’Europa si riconosce nei valori cristiani, a livello personale, e altri riconoscono il valore storico. Quindi, un testo che non tenga conto di questo importantissimo elemento diventa un testo meno autorevole. Questo è ovvio.

 

D. – Quindi, un buco, diciamo, nella storia dell’Europa …

 

R. – Un buco, come lei lo chiama, soprattutto a livello di Costituzione. Non cambierebbe la realtà né storica, né presente dell’Europa, quello che cambia è una formulazione costituzionale, che avrebbe meno peso, questo è ovvio.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre sottolineando le "reazioni positive" in Israele e nei Territori all'incontro tra Sharon e Abu Mazen.

Sempre in prima, la tragica scoperta in Iraq: un'altra fossa comune, con cinquecento corpi.

 

Nelle vaticane, nel discorso al nuovo ambasciatore del Giappone, il Papa ha esortato a proseguire gli sforzi per l'eliminazione delle armi di distruzione di massa, per la non-proliferazione e per il disarmo nucleare.

L'omelia dell'arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, in occasione della Concelebrazione Eucaristica presieduta nel Santuario nettunense, dove riposa il corpo di Maria Goretti, la "Martire della purezza".

Una pagina dedicata all'"Anno del Rosario".

 

Nelle pagine estere, l'intervento dell'Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Onu durante il Forum permanente delle Nazioni Unite sulle Questioni Indigene: "l'educazione e la promozione dei diritti delle popolazioni indigene".

Repubblica Democratica del Congo: i caschi blu dell'Onu pronti a dispiegarsi nell'Ituri.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Fernando Salsano dal titolo "Neoclassicismo di Foscolo".

 

Nelle pagine italiane, in rilievo le questioni legate alle condizioni dei minori.

Il tema dell'economia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 maggio 2003

 

 

“IDENTITA’ CONFESSIONALE, RICCHEZZA E SFIDA”

E’ IL TITOLO DELL’INTERVENTO TENUTO DAL CARDINALE KASPER

AL KIRCHENTAG ECUMENICO DI BERLINO

 

- Servizio di Angelo Paoluzi -

 

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Tra gli appuntamenti più attesi del Kirchentag ecumenico in corso a Berlino, quello di oggi con il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. ‘L’identità confessionale, ricchezza e sfida’ era il tema dell’intervento probabilmente centrale dei lavori di questi 3 giorni di incontro, che per un’ora ha catturato l’attenzione di oltre mille persone presenti. Kasper ha sottolineato la ricchezza dell’ecumenismo che non ha alternative anche perché la divisione dei cristiani, uno scandalo - ha detto - li rende non credibili agli occhi del mondo. Ciò che oggi li unisce è però più importante di quanto li divide, anche se ha tenuto a precisare i punti sui quali l’unità trova ancora difficoltà, in particolare soffermandosi in termini amichevoli ma fermi, sul problema della celebrazione dell’Eucaristia comune. Il cardinale ha sottolineato quanto in 30 anni di dialogo è stato fatto e ciò che i cattolici e i protestanti hanno reciprocamente imparato. La ricerca dell’unità è saldamente ancorata a Cristo, alla preghiera comune, all’ascolto della parola. I presenti, fra i quali molti giovani, lo hanno interrotto 50 volte con applausi e tutti in piedi alla fine con una ovazione durata oltre un minuto.

 

Da Berlino, Angelo Paoluzi per la Radio Vaticana.  

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I DEHONIANI (SACERDOTI DEL SACRO CUORE DI GESU’) CELEBRANO

IL CAPITOLO GENERALE CONFRONTANDO IL LORO CARISMA

CON LE ESIGENZE DELLA CHIESA E DEL MONDO OGGI.

CON NOI IL NEOELETTO SUPERIORE GENERALE

PADRE JOSE’ ORNELAS CARVALHO DI MADEIRA (PORTOGALLO)

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Hanno appena festeggiato il 160.mo della nascita del fondatore, Leone Dehon, che vide la luce nel nord della Francia, a La Capelle, il 14 marzo 1843. Fondava i sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù il 28 giugno 1878, non senza prove di ogni genere, per diffondere il Regno di Dio nel mondo e il culto al Cuore di Cristo. La Congregazione si diffuse rapidamente perché dava una risposta immediata e adeguata ai bisogni sociali e alle attese spirituali del tempo. E … oggi? Diamo la parola al nuovo superiore generale da poco eletto, padre José Ornelas Carvalho, 49 anni, di Madeira (Portogallo):

 

R. - La nostra presenza, oggi nel mondo, risponde alle necessità più urgenti: missioni, parrocchie, movimenti specializzati all’interno della Chiesa nel seguire la gioventù operaia, la stampa e mass media, l’apostolato sociale, il volontariato internazionale a favore del povero, della classe operaia e degli esclusi dalla società. Noi dedichiamo tutta la nostra vita e le nostre energie a Dio per proclamare il Vangelo dell’Amore e servire particolarmente questi nostri fratelli e sorelle. La nostra vocazione di Dehoniani, concentrati sul mistero del Cuore di Cristo dal quale la Chiesa prende le sue origini, ci inserisce nel cuore della Chiesa come profeti dell’amore e servitori della riconciliazione. Il nostro servizio alla Chiesa è basato su una vita di preghiera ed oblazione: l’adorazione quotidiana e comunitaria ne diviene l’espressione più autentica. Questo servizio si esprime così attraverso il nostro ministero pastorale coi piccoli e gli umili, con gli operai e i poveri; si esprime, ancora, nell’attività missionaria come forma privilegiata del servizio apostolico; nel nostro impegno alla formazione sacerdotale e religiosa e nel nostro servizio alla cultura.

 

D. - I Dehoniani sono attualmente circa 2300 fra sacerdoti e fratelli, e lavorano in 38 nazioni: Albania, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Bielorussia, Camerun, Canada, Cile, Croazia, Repubblica democratica del Congo, Ecuador, Finlandia, Inghilterra, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Madagascar, Messico, Moldavia, Mozambico, Olanda, Filippine, Polonia, Portogallo, Scozia, Sud Africa, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Ucraina, Uruguay, Venezuela. Ma veniamo al capitolo generale che si è aperto il 12 di questo mese e si chiuderà il 13 giugno: quali sono gli obiettivi?

 

R. - Questo XXI Capitolo generale vuole proiettare ancora di più la Congregazione, con cuore aperto e solidale, in quelle situazioni di ingiustizia sociale e di frontiera dove operano già tanti confratelli: il Congo, prima missione voluta dal padre Dehon e dove da anni si combatte una crudele guerra dimenticata; le Filippine, dove due anni fa veniva sequestrato per mesi il nostro confratello padre Giuseppe Pierantoni e il dialogo interreligioso diviene sempre più delicato e necessario; le grandi povertà dell’America Latina; la cristianizzazione dell’Europa; la Chiesa in Asia dove in questi anni sono nati i Distretti dehoaniani dell’India e delle Filippine. Questo Capitolo, inoltre, vuole rispondere all’appello dei vescovi del Vietnam per una presenza dehoniana in quella nazione.

 

D. - Il suo auspicio come nuovo superiore generale?

 

R. - La specifica spiritualità del Sacro Cuore e dell’Eucaristia, tanto cara al nostro venerabile fondatore, padre Giovanni Leone Dehon, faccia sentire forte la presenza ecclesiale come “corpo congregazionale” e il nostro ministero arricchisca la Chiesa con una chiara impronta devoniana.

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L’INCONTRO TRA SHARON E ABU MAZEN,

PRIMA TAPPA PER REALIZZARE LA ROAD MAP,

IL PIANO DI PACE INTERNAZIONALE IN MEDIO ORIENTE

 

Quale sarà il futuro della situazione israelo-palestinese, alla luce del primo incontro tra il premier ebraico, Ariel Sharon, e quello palestinese, Abu Mazen. Ne seguiranno altri, con la presenza sempre più importante della mediazione americana, assunta addirittura in prima persona dal presidente Bush, con lo scopo di creare le condizioni per cercare di far accettare il piano di pace internazionale alle due parti. Ma per ora rimaniamo all’analisi di quanto uscito da questo primo scambio d’opinioni tra Abu Mazen e Sharon. Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Guido Olimpio, corrispondente a Gerusalemme del Corriere della Sera:

 

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R. - Le posizioni espresse e le conclusioni erano largamente attese. Questo vertice era essenzialmente preparatorio all’incontro che sia Abu Mazen che Sharon avranno con Bush fra qualche giorno, ad Aqaba, in Giordania. Le due parti dovevano lanciare un segnale positivo alle rispettive opinioni pubbliche, per far capire che sono incamminati sulla strada giusta, che ci possono essere delle decisioni tangibili, di cui la gente può prendere atto. In questo senso è importante il punto della liberazione dei prigionieri. E su questo tema Abu Mazen ha insistito molto, perché la liberazione dei prigionieri è una cosa che riguarda centinaia di famiglie e se una persona vede tornare a casa un prigioniero suo parente è chiaro che pensi che qualcosa sta realmente cambiando.

 

D. – Fra le varie promesse che Sharon e Abu Mazen si sono fatti, secondo te, qual è quella che, se realizzata, veramente innescherebbe la strada per la pace?

 

R. – Sicuramente è fondamentale la tregua, anche perché se finiranno gli scontri ci sarà questo periodo di calma - proprio ciò che gli israeliani chiedono - e quindi si potrà passare alle fasi successive del piano di pace: ovvero il congelamento degli insediamenti ebraici nei Territori, la rimozione degli avamposti selvaggi, che sono delle piccole colonie che sono state realizzate dagli israeliani negli ultimi due anni. Questo perché gli israeliani danno un’interpretazione consequenziale alla Road map, ossia da un punto si passa ad un altro e così via. I palestinesi, invece, hanno una differente visione: insistono perché tutto avvenga in modo parallelo, la fine della violenza e il congelamento delle colonie. Gli americani in questo momento sono vicini alla posizione israeliana e chiedono assolutamente la fine della violenza. Quindi, è chiaro che se Abu Mazen riesce a strappare il cessate-il-fuoco, da una parte dimostra agli israeliani di essere un interlocutore credibile e di avere potere al suo interno; dall’altra parte, allo stesso tempo, si rafforza la sua posizione, perché vuol dire che è capace di controllare la difficile realtà dell’estremismo palestinese. Molto dipenderà, quindi, anche dall’atteggiamento di questi gruppi radicali che, per adesso, hanno lanciato segnali un po’ ambigui. Apparentemente Hamas, che è il gruppo più significativo, sta cercando anche lui una posizione più pragmatica. Capisce che il momento per gli attentati non è così favorevole e quindi è probabile che cerchi un aggiustamento. Però non vuol perdere la propria capacità decisionale.

 

D. – Si è rivisto quanto sia importante la presenza di un mediatore autorevole come gli Stati Uniti?

 

R. – Assolutamente sì. Se tutto questo sta avvenendo, anche se è ancora poco, è merito soprattutto dell’impegno americano e di Bush in persona. Il fatto stesso che il presidente americano agisca in prima persona nella mediazione, dimostra che si può ottenere qualcosa. Io ritengo che la pressione americana dovrebbe essere ancora più forte. Dovrebbe porre dei limiti precisi e dire cioè: “Oltre questo non potete andare, quindi dovete accettare la Road Map e proseguire con il dialogo”. In questo modo si può arrivare a qualcosa di concreto. Certo, è una strada in salita, però dimostra che se gli americani insistono sono in grado di vincere qualsiasi opposizione e rompere il meccanismo che agli attentati fa seguire le rappresaglie.

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“UN CUORE CHE AMA”:

IL NUOVO LIBRO DI MARCO CARDINALI

DEDICATO AL CUORE UMANO E DIVINO DI GESU’:

CON NOI L’AUTORE E MONS. EDWARD NOWAK

 

“Un cuore che ama”, questo il titolo del volumetto contenente le meditazioni di Marco Cardinali, giornalista della nostra emittente. Un libro, edito da Pro Sanctitate, nato con l’intento di accompagnare il lettore – nel mese di giugno legato, nella tradizione cristiana, alla devozione al Cuore di Gesù - in un percorso ideale per comprendere più a fondo l’amore di Dio verso gli uomini. Alla presentazione del volume, svoltasi ieri pomeriggio all’Oratorio del SS. Sacramento a Roma, sono intervenuti, tra gli altri, anche mons. Edward Nowak, segretario della Congregazione delle Cause dei Santi, e padre Federico Lombardi, direttore dei programmi della Radio Vaticana. Il servizio è di Dorotea Gambardella:

 

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26 meditazioni, contenute nel libro “Un cuore che ama” di Marco Cardinali, per comprendere in modo più profondo il cuore di Gesù, un cuore divino eppure umano, fonte di un amore infinito. Sentiamo l’arcivescovo Edward Nowak:

 

“Mi ha colpito particolarmente l’idea che sottintende tutta la riflessione di Marco Cardinali: il cuore di Cristo non è un cuore isolato, un cuore che fa a meno degli altri, che viveva in se stesso e da se stesso. Il cuore di Gesù è un cuore profondamente umano, un cuore cha ama sua madre, i discepoli, i suoi amici, i peccatori e persino i suoi nemici. E’ un cuore che ama. E’ un cuore che soffre come qualsiasi altro cuore, ma con una speranza in più: quella che nasce dall’amore del Padre”.

 

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D. - Marco Cardinali, nel tuo libro, ti soffermi particolarmente sull’amore di Gesù per Sua madre ...

 

R. - L’amore per la madre penso sia un amore profondo a tal punto da indicarla, anche se non direttamente, come il modello di credente. Maria, in quanto madre di Dio, è proprio anche un modello di amore profondo, ma è un modello vicendevole: Gesù è un modello per Maria, ma Maria diventa modello, in qualche modo, per Gesù.

 

D. - Sfogliando il libro ho notato che hai dedicato varie pagine all’umiltà. Ma che valore ha, oggi, l’umiltà?

 

R. - L’umiltà ha un valore grandissimo. La stessa conoscenza, la stessa curiosità nasce dall’umiltà. Se uno si sente arrivato non si muove. Un cristiano non può non sentirsi umile, perché vorrebbe dire che si sente già arrivato ad un cristianesimo maturo, mentre è un cammino, una pedagogia che Dio usa nei nostri confronti che non finisce in nessuna tappa della nostra vita.

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CHIESA E SOCIETA’

30 maggio 2003

 

 

UNA LETTERA AI G8 DA PARTE DEI PRESIDENTI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI

DELLA COMUNITÀ EUROPEA E DELL’AFRICA E MADAGASCAR:

“FATE DELLA GLOBALIZZAZIONE UN’OPPORTUNITÀ NON SOLO PER I PIÙ RICCHI”

 

EVIAN. = Aiutare lo sviluppo e ridurre il debito dei Paesi poveri: questa è una delle richieste contenute nella lettera congiunta che il vescovo Josef Homeyer, presidente della Commissione della Conferenza dei vescovi della Comunità europea, (Comece) insieme  con l’arcivescovo Laurent Monsegwo Pasinya, presidente del Simposio della Conferenza dei vescovi dell’Africa e Madagascar hanno indirizzato al summit del G8 di Evian, in Francia, in programma per i primi tre giorni di giugno. Incontratisi ieri a Berlino, in margine al Kirchentag ecumenico, i vescovi hanno inviato al presidente francese Jacques Chirac, un appello perché il G8 dia un aiuto concreto all’Organizzazione per lo sviluppo dell’Africa. I presuli hanno inoltre chiesto aiuto al G8 affinché in Africa i singoli Paesi dimostrino la stabilità e la validità dei propri governi interni. I vescovi hanno espresso un parere favorevole per l’iniziativa della presidenza francese di invitare i capi di vari Paesi africani in via di sviluppo ed organizzazioni internazionali a partecipare ad una riunione congiunta con il G8; iniziativa giudicata come un passo in avanti verso la realizzazione di un “Gruppo di governo globale”, che faccia della globalizzazione un’opportunità per tutti e non solo per i più ricchi. Nella loro lettera i vescovi hanno chiesto ai Paesi dell’Unione Europea e ai Paesi del G8 di oltrepassare l’impasse corrente sui negoziati, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio, riguardo al traffico dei prodotti agricoli ed all’accesso ai medicinali: argomenti della massima importanza  per l’Africa. Questo potrebbe costituire un segno della determinazione del G8 di costruire un migliore sistema di governo globalizzato, basato sulla giustizia e sulla solidarietà. (S.C.)

 

 

L’ARCIDIOCESI DI DELHI, DI RITO LATINO, HA ISTITUITO NOVE PARROCCHIE

PER I  FEDELI DI RITO ORIENTALE PRESENTI NEL SUO TERRITORIO.

L’INIZIATIVA VUOLE ANDARE INCONTRO ALLE COMUNITA’ DI RITO ORIENTALE

CHE CHIEDONO MAGGIORE AUTONOMIA.

 

NEW DELHI. = L’arcidiocesi di rito latino di Delhi ha istituito nove parrocchie speciali per i fedeli di rito orientale residenti nel suo territorio. Il relativo decreto, pubblicato il 14 maggio, assegna sei parrocchie ai cattolici di rito siro-malabarese e tre a quelli di rito siro-malankarese. Il loro territorio coinciderà con quello delle parrocchie latine esistenti e i fedeli in esse registrati continueranno a rimanere sotto la giurisdizione dell’arcidiocesi. Lo speciale provvedimento, previsto  dal Codice di Diritto Canonico, è stato adottato dall’arcivescovo Vincent Concessao in seguito ad una raccomandazione in tal senso della speciale Commissione interrituale istituita dal Sinodo diocesano dello scorso ottobre. Esso vuole così venire incontro alle esigenze pastorali dei cattolici orientali della capitale, cercando di risolvere, con un compromesso accettabile, un annoso contenzioso tra la Chiesa latina e le Chiese orientali indiane, che da tempo chiedono maggiore autonomia. Su questi e altri problemi interni nei giorni scorsi si è soffermato il Santo Padre, nel corso delle visite “ad Limina” dei vescovi indiani dei tre riti. Ricevendo il 13 maggio i presuli di rito siro-malankarese e siro-malabarese, il Papa aveva sottolineato, tra l’altro, la necessità di superare queste “paure e incomprensioni”. La Chiesa cattolica di rito siro-malabarese, le cui origini risalgono alla predicazione di San Tommaso Apostolo, conta oggi in India circa 3,5 milioni di fedeli su 16 milioni di cattolici indiani. La maggioranza appartiene alla Chiesa cattolica di Rito Latino, mentre la più piccola è la Chiesa cattolica di Rito Siro Malankarese, stabilita nel 1930, quando due vescovi, un sacerdote, un diacono e una laico della Chiesa  Malankarese Ortodossa, furono ammessi nella Chiesa cattolica. (L.Z.)

 

 

REALTA’, FEDE E ARTE A CONFRONTO, NEL 55° CONGRESSO NAZIONALE

DELL’ASSOCIAZIONE CATTOLICA ITALIANA “MARIA CRISTINA DI SAVOIA”,

CHE SI APRE A ROMA DOMANI POMERIGGIO. L’EVENTO CULTURALE SI CONCLUDERA’

CON UNA VISITA ALLA MOSTRA DI ARTE CONTEMPORANEA DEI MUSEI VATICANI

 

ROMA. = Sul tema generale “Realtà, fede e arte a confronto”, si apre domani pomeriggio a Roma il 55.mo Congresso nazionale dell’Associazione cattolica italiana “Maria Cristina di Savoia”, diffusa in un centinaio di diocesi italiane con cinquemila associate. Il pomeriggio di sabato, dopo la registrazione dei partecipanti, sarà dedicato all’Assemblea nazionale dell’associazione. Domenica mattina, dopo la celebrazione eucaristica, saranno illustrate le linee programmatiche per l’anno 2003-2004, con la relazione della prof.ssa Margherita Elia Leozappa, dell’Università di Lecce, presidente dell’associazione. Seguirà una relazione su “Patto matrimoniale e sacramento del matrimonio”, che sarà svolta dal benedettino don Ildebrando Scicolone, dell’Ateneo romani di Sant’Anselmo. Seguirà una “Antologia sul rapporto familiare”, a cui interverranno il prof. Angelo Serio, dell’Università di Roma, il dott. Giuseppe Magno, giudice della Corte di Cassazione, il dott. Ezio Leozappa, medico psicoterapeuta, e il prof. Pier Luigi Zampetti, dell’Università di Genova. Due gli avvenimenti di lunedì, oltre all’elezione del Consiglio Nazionale: la mattina, una relazione su “Arte e fede nella devozione popolare”, del prof. Piercarlo Grimaldi, dell’Università del Piemonte orientale; e nel pomeriggio una visita alla mostra “I Musei Vaticani e l’arte contemporanea”, con la relazione di Micol Forti, curatrice dell’esposizione. (P.Sv.)

 

 

ALLARME DELLA FAO: A RISCHIO I PROGETTI AGRICOLI IN AFGHANISTAN. NECESSARI

AL PIÙ PRESTO CIRCA 25 MILIONI DI DOLLARI PER ATTIVITA’ DI SVILUPPO A LUNGO TERMINE.

GRAVI LE POSSIBILI RIPERCUSSIONI ANCHE A LIVELLO SOCIALE E POLITICO

 

KABUL. = Le attività agricole in Afghanistan sono a rischio. E’ l’allarme lanciato ieri dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. “Siamo di fronte ad un potenziale disavanzo di circa 25 milioni di dollari”, ha dichiarato Manfred Staab, responsabile del Programma per l’Afghanistan della Fao. “Temiamo che eventi politici in altre parti del mondo costringano i donatori a indirizzare fondi insufficienti lontano dall’Afghanistan”. “Dall’11 settembre 2001, la Fao ha ricevuto 40 milioni di dollari per attività di emergenza”, ha detto Staab, “siamo seriamente preoccupati – ha aggiunto Staab – per la mancanza di nuovi impegni per progetti a lungo termine. Dovremo interrompere più del 70 per cento delle nostre attività entro la fine di quest’anno, con severe ripercussioni sulle comunità agricole che stiamo aiutando e ci impedirebbe di assistere un maggior numero di agricoltori. Perderemmo i risultati di circa due anni di lavoro”. La Fao è diventata una importante protagonista nel sostenere gli agricoltori in Afghanistan. “Inoltre – ha aggiunto Staab – abbiamo contribuito a costruire e rafforzare le istituzioni governative agricole nazionali. Il nostro obiettivo principale è che gli afghani possano finalmente gestire le loro istituzioni e giocare un ruolo chiave nella ristrutturazione del settore agricolo. La Fao, per esempio, sta trasferendo i suoi uffici a Kabul e nelle maggiori città afghane per essere certa di stare a stretto contatto con i responsabili governativi”. Il personale Fao in Afghanistan comprende 275 esperti nazionali e 30 internazionali. Una rete speciale in tutto il Paese fornisce servizi anche nelle zone più remote. (R.G.) 

 

 

NELL’AMAZZONIA ECUADORIANA TRENTA INDIGENI SONO STATI UCCISI

IN SCONTRI FRA GRUPPI RIVALI. SECONDO L’ORGANIZZAZIONE

DELLE NAZIONALITÀ HOURANI, DIETRO LA STRAGE SI NASCONDONO

GLI INTERESSI DEI MERCANTI DEL LEGNAME

 

QUITO. = Trenta indigeni di etnia Huaorani-Tagaeri sono stati uccisi martedì nella provincia di Orellana, nell’Amazzonia ecuadoriana. Stando alle prime documentazioni la strage sarebbe stata perpetrata da un altro gruppo autoctono della regione, al servizio delle imprese di legname che tagliano gli alberi nella selva. “Dietro questo doloroso episodio - denuncia in un comunicato l’Organizzazione della nazionalità Haurani - si nascondono gli interessi dei mercanti di legname che invadono i territori autoctoni senza che le autorità civili o militari facciano qualcosa per impedirlo”. Dolore e rabbia per la strage sono stati espressi dal Coordinamento delle organizzazioni indigene di Quito: “Questo genere di episodi purtroppo non è isolato – si legge in una nota – casi simili sono già accaduti in Ecuador come in Brasile, Colombia, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela. Spetta ai governi nazionali vigilare affinché la vita e i nostri diritti vengano rispettati”. Il Coordinamento ha criticato l’esecutivo del presidente Lucio Gutiérrez per la “mancanza di misure adatte a proteggere i nativi e i loro territori ancestrali". Il Coordinamento ha chiesto che venga compiuta un’indagine esaustiva che porti a identificare “i responsabili materiali e i mandanti del massacro”. (S.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 maggio 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

        

Tornano gli attentati in Cecenia. Tre morti e dieci feriti è il bilancio dell'ultimo ordigno che stamani ha fatto saltare in aria un autobus a Grozny. I passeggeri del pullman erano in maggioranza operai edili: lo ha comunicato il premier ceceno, Anatoly Popov. In città sono state rafforzate tutte le misure di sicurezza. Dal referendum costituzionale del 23 marzo scorso, organizzato da Mosca per ribadire l’appartenenza della Cecenia alla Russia, nella Repubblica caucasica si è assistito ad una recrudescenza della violenza ad opera degli indipendentisti.

 

E la violenza ha colpito stamani anche la Spagna. Tre poliziotti sono morti oggi per l’esplosione di un’autobomba a Sangüesa, nella regione settentrionale della Navarra. I sospetti degli inquirenti si stanno concentrando sui separatisti baschi dell’Eta. Il premier spagnolo Aznar ha sospeso la sua partenza per San Pietroburgo, dove doveva partecipare al vertice Russia - Unione europea.

 

Un incontro “molto positivo”, segno che “il tempo è maturo per cogliere l’opportunità della pace”. Così israeliani e palestinesi hanno commentato il vertice di ieri sera tra i capi dei due governi, Sharon ed Abu Mazen. Sullo sfondo, la richiesta del movimento islamico Hamas della fine dell’“aggressione israeliana” come contropartita alla cessazione di ogni attacco terroristico. Nonostante stamani un kamikaze palestinese sia morto mentre tentava di infiltrarsi dalla Striscia di Gaza in Israele, qualche progresso è stato compiuto nelle tre ore e mezzo di colloqui tra Sharon e Abu Mazen. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Il risultato più importante della riunione è che le parti hanno deciso di porsi alle spalle 32 mesi di Intifada armata. Sharon ha annunciato che i soldati lasceranno gradualmente le aree palestinesi rioccupate e ridurranno la loro presenza in altre, affinché il governo palestinese possa assumere le proprie responsabilità in materia di sicurezza e operare per porre fine al terrorismo. Mahmoud Abbas ha affermato che, dopo aver raggiunto un accordo sul cessate il fuoco con tutte le fazioni palestinesi, sarà in grado di assumersi delle responsabilità sulla sicurezza nei Territori evacuati.

 

Intanto Sharon ha annunciato una serie di provvedimenti destinati a facilitare la vita dei palestinesi e a rafforzare la credibilità del governo Abbas nell’opinione pubblica: revoca del blocco militare, lasciapassare permanente a ministri e funzionari governativi, aumento delle rimesse di tasse e diritti percepiti per conto dell’Autorità palestinese, permessi di lavoro per 25 mila pendolari, scarcerazione di numerosi palestinesi detenuti per reati amministrativi, fra i quali due esponenti dell’Olp.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sarà un viaggio interamente dedicato alla delicata questione mediorientale, al G8 di Evian e ai legami transatlantici quello che il presidente americano Bush inizia oggi. Stasera il capo della Casa Bianca arriverà a Cracovia, in Polonia. Domani sera e domenica invece Bush sarà a San Pietroburgo, in Russia, dove parteciperà ai festeggiamenti per il 300.mo anniversario della città e avrà un incontro bilaterale con il presidente russo Putin. Poi, partenza per Evian, in Francia, per l’avvio del vertice dei ‘Grandi della Terra’. Martedì 3 giugno, quindi, entra nel vivo la parte mediorientale della missione di Bush, con la trasferta in Egitto e Giordania. Sentiamo Paolo Mastrolilli:

 

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Bush ha detto di essere determinato a condurre la sua nuova iniziativa di pace in Medio Oriente, ribadendo che ciò significa la creazione di uno Stato palestinese vivibile. Quindi, ha dichiarato che l’espansione degli insediamenti israeliani contraddice la politica di Washington e ha promesso di fare pressioni sul premier Sharon. Ma poi ha aggiunto anche che il nuovo leader palestinese, Abu Mazen, dovrà fare tutto il possibile per combattere il terrorismo, perché quando la sicurezza migliorerà l’intera regione vedrà emergere democrazia, pace e libertà. Questa prospettiva - per Bush - si realizzerà pure in Iraq, anche se ieri sono nate polemiche dalle dichiarazioni del vice capo del Pentagono, secondo cui le armi di distruzione di massa, ancora non trovate, erano solo un pretesto burocratico per la guerra. Il capo della Casa Bianca, rispondendo alle domande sugli attriti avvenuti prima della guerra, ha detto di essere rimasto deluso dal comportamento di Parigi, ma poi ha aggiunto che resta determinato a lavorare con i francesi, perché ciò che unisce i due Paesi e le due sponde dell’Atlantico è infinitamente più importante delle differenze.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Le armi di distruzione di massa in Iraq saranno trovate, anche se lo scopo prioritario della guerra è stata l'eliminazione del regime di Saddam Hussein. Se ne è detto convito il premier britannico Blair, in una conferenza oggi a Varsavia, a conclusione di un colloquio con il premier polacco, Leszek Miller. Ieri Blair era stato a Bassora, in Iraq: la Gran Bretagna aveva inviato più di 45.000 soldati nel Golfo per combattere a fianco degli Stati Uniti la lotta contro Saddam.

 

Si trova in Iran Suleiman Abu Ghaith, il portavoce della rete terroristica Al Qaeda. L’uomo è nel gruppo dei sospetti arrestati recentemente dalle autorità di Teheran. Lo riferisce il quotidiano arabo internazionale Asharq al Awsat che cita anonime fonti kuwaitiane. Abu Ghaith era apparso in passato in compagnia di Osama Bin Laden, in una videocassetta trasmessa dalla Tv satellitare Al Jazira.

 

E’ temporaneamente chiusa al pubblico l'ambasciata italiana a Nairobi, in Kenya. La decisione è stata presa a seguito di un messaggio di posta elettronica interpretato come una possibile minaccia terroristica. Le presunte intimidazioni sono state rivolte all’International House, l’edificio al centro della capitale kenyana che ospita 11 ambasciate. Anche la rappresentanza norvegese è stata chiusa.

 

E’ ancora altissima la tensione in Perù, dove il governo – impegnato in un rigoroso piano di rimborso del debito estero – non riesce a rispondere alle rivendicazioni di insegnanti e contadini, ormai sotto il limite di sopravvivenza. L’introduzione dello stato di emergenza, due giorni fa, non ha placato le proteste, proseguite anche ieri:

 

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Praticamente in tutto il Paese i manifestanti hanno sfidato lo stato di emergenza sfilando nelle strade. In alcune regioni inoltre le forze sindacali hanno decretato scioperi generali di 48 ore, con tassi di adesione che sono stati altissimi. Scontri ripetuti sono avvenuti in una decina di città, mentre a Lima i dipendenti del settore giudiziario hanno cercato di occupare il palazzo di giustizia. Ma la situazione ha sfiorato la tragedia a Puno, nella parte meridionale del Paese, dove gruppi di studenti, insegnanti e contadini hanno sfidato l’emergenza per cercare di occupare l’edificio universitario. Ad un certo punto un gruppo di militari si è trovato accerchiato dai dimostranti e ha fatto uso delle armi, uccidendo almeno un giovane e ferendone molti altri. Il presidente Alejandro Toledo, che ora ha una scarsissima popolarità, ha convocato il premier e il ministro della Difesa e li ha mandati in Parlamento a fornire una versione ufficiale dell’accaduto.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Un’ondata di caldo senza precedenti sta provocando numerose vittime in India. E' di quasi 600 morti, soprattutto anziani, il bilancio ancora provvisorio dell’aumento delle temperature, in particolare nello Stato meridionale dell’Andhra Pradesh. Il termometro ha già toccato i 47 gradi centigradi.

 

Ha rassegnato le dimissioni il premier del Nepal, Lokendra Bahadur Chand. Il re Gyanendra ha già iniziato le consultazioni per designare un successore e un nuovo governo. La decisione di Chand sarebbe un tentativo per raffreddare la collera montante di molti partiti politici e di migliaia di studenti contro il re: Gyanendra a novembre annullò le elezioni legislative, a causa della ripresa della guerriglia maoista; ora il popolo chiede che il Parlamento riprenda l’attività.

 

E’ decollato alle 10.37 di stamattina dall'aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle di Parigi l'ultimo volo Concorde tra la capitale francese e New York, dopo 27 anni di attività dell’aereo supersonico. Le due compagnie, francese e britannica, che gestiscono il Concorde hanno annunciato il 10 aprile scorso l'addio al supersonico a causa degli alti costi di gestione. Al di là dei motivi finanziari, però, non è mai stata superata la catastrofe aerea di Gonesse, quando il 25 luglio 2000 un Concorde si schiantò sulla pista, provocando la morte dei 113 passeggeri.

 

 

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