RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 145 - Testo della
Trasmissione di domenica 25 maggio
2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO
PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il governo israeliano ha approvato il
piano di pace proposto dal Quartetto-
Domenica elettorale per gli armeni, al
voto per eleggere il nuovo parlamento.
Aumentano le vittime del terremoto in
Algeria
25 maggio 2003
SOLUZIONI
EQUE PER ASSICURARE SERENITA’ E PACE IN TERRA SANTA: COSI’, IL PAPA
AL
REGINA COELI, DEDICATO A MARIA E ALLA PREGHIERA DEL ROSARIO
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Servizio di Alessandro Gisotti -
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Riscoprire
e valorizzare il Rosario, preghiera cristologica e contemplativa: è l’invito,
che Giovanni Paolo II ha rivolto ai fedeli, raccolti in una soleggiata piazza
San Pietro per il Regina Coeli domenicale. Il Papa ha ricordato le “due
speciali intenzioni di preghiera per quest’anno” dedicato appunto al Rosario:
la famiglia, ha rilevato, “purtroppo seriamente minacciata nei suoi
fondamentali principi e valori” e la “pace nel mondo”, con particolare
riferimento alla Terra Santa. E qui il Pontefice ha levato un’invocazione:
Voglia il Signore che, nonostante
la feroce violenza che continua ad imperversare e che offende Dio e l’uomo, si
rafforzi la ricerca di soluzioni eque, negoziate, per assicurare a ogni popolo
la serenità e la pace.
Il Papa ha sottolineato come il mese di maggio, che
“segna il pieno rifiorire della natura” è anche il tempo dell’alleluia
pasquale, che risuona in tutta la Chiesa. Tempo, ha proseguito, “quanto mai
propizio per offrire alle nuove generazioni i doni di Cristo risorto: il
Battesimo, la Prima Comunione e la Cresima”. Quindi, ha messo l’accento sulla festa
dell’Ascensione di Cristo al cielo, giovedì prossimo, con la quale avrà inizio
la novena della Pentecoste. Momento in cui le “comunità cristiane potranno
rivivere l’esperienza originaria del Cenacolo, dove i discepoli stavano assidui
e concordi nella preghiera” con Maria.
La presenza materna di Maria tra
gli Apostoli era per loro memoria di Cristo: i suoi occhi portavano impresso il
volto del Salvatore; il suo cuore immacolato ne custodiva i misteri,
dall'Annunciazione alla Risurrezione e Ascensione al Cielo, attraverso la vita
pubblica, la passione e la morte.
In questo senso, ha affermato, “si può dire che nel
Cenacolo è nata la preghiera del Rosario, perché là i primi cristiani hanno
incominciato a contemplare con Maria il volto di Cristo”, ricordando i momenti
della sua vicenda terrena.
Prima di accomiatarsi, Giovanni Paolo II ha
salutato i pellegrini. Tra loro anche i volontari delle Misericordie, che con
una rappresentanza di alcune centinaia di confratelli hanno sfilato verso
piazza San Pietro con i labari, le vesti storiche e la “buffa”, il cappuccio
che, a Firenze nel 1244, fu adottato dalla più antica forma di volontariato sorta
nel mondo.
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25 maggio 2003
FRATERNITA’
IN MISSIONE: QUESTO IL TEMA CENTRALE DEL 185.MO CAPITOLO GENERALE DELL’ORDINE
DEI FRATI MINORI, INIZIATO OGGI AD ASSISI. ALL’EVENTO
PARTECIPA
anche il cardinale Jorge Arturo Medina EstÉvez,
delegato del papa
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Servizio di Stefano Cavallo -
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Inizia
oggi, alla Porziuncola di Assisi, il 185.mo capitolo generale dell’Ordine dei
Frati minori, momento di incontro dei frati di tutto il mondo, oltre che “tempo
opportuno di verifica, programmazione e rinnovo del Governo”, come spiega il
ministro generale dei Frati minori, padre Giacomo Bini. Fino al 21 giugno, data
in cui si concluderanno i lavori, i capitolari discuteranno principal-mente sul
tema delle missioni, con contributi provenienti dalle Conferenze provinciali di
tutto il mondo, ed inoltre saranno chiamati sotto la presidenza del delegato
del Papa, il cardinale Jorge Arturo Medina Estevez, all’elezione del nuovo
ministro generale, 119.mo successore di San Francesco. Al microfono con noi
padre Giacomo Bini, al quale abbiamo chiesto di illustrare la situazione
attuale delle missioni dell’Ordine dei Frati minori, anche dal punto di vista
del dialogo interreligioso:
R. – Noi siamo
presenti sin dai tempi di San Francesco come costruttori del dialogo
interreligioso, che oggi è molto
attuale. Il dialogo con il mondo musulmano avviene nelle terre del Marocco,
dove siamo presenti con 40 frati; in Indonesia, in Pakistan, in Terra Santa;
stiamo cercando di gettare ponti, di costruire relazioni e stabilire una
comunicazione più fraterna.
D. – Quali saranno
le attività in programma del Capitolo?
R. – Avremo
l’elezione del nuovo governo per tutto l’Ordine, c’è la verifica del cammino
che abbiamo fatto e che stiamo facendo e, soprattutto, la programmazione per il
futuro, per i prossimi sei anni. In queste settimane dovremmo individuare delle
priorità che ci guideranno per i prossimi sei anni, per costruire realmente una
fraternità missionaria, sempre contemplativa, centrata appunto sull’essenziale.
E oggi, vivere in una fraternità interculturale e internazionale, come lo
facciamo in molte parti del mondo. Dire a tutti che l’altro, il diverso, non è
una minaccia ma una ricchezza di cui abbiamo bisogno per crescere e maturare
umanamente e cristianamente.
D. - ra i temi in
programma, i partecipanti al Capitolo si occuperanno anche della revisione
delle strutture degli Statuti generali: qual è l’importanza di un tale tema?
R. - Abbiamo scelto questo tema perché – come è noto – il
mondo sta cambiando con una rapidità incredibile e quindi noi dobbiamo adattare
le strutture, le nostre forme di fraternità, le nostre forme missionarie. Per
noi significa innanzitutto rivedere la struttura interna della nostra
personalità spirituale. Dovremmo vedere un po’ le relazioni tra il governo
centrale e le province e sono le strutture esterne, dove viviamo. Parlare di
strutture significa parlare di tutto un mondo che dovremo aggiornare senza
paura, una volta che la struttura interna, spirituale è sicura.
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IL
FILM “ALLE 5 DEL POMERIGGIO”, CHE
RACCONTA LA VITA
DI UNA RAGAZZA A KABUL TRA MODERNITA’ E
TRADIZIONE,
VINCE
IL PREMIO ECUMENICO DEL FESTIVAL DI CANNES
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Servizio di Nicola Falcinella –
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Un premio
alla speranza di pace quello assegnato stamani dalla Giuria Ecumenica. Il
riconoscimento, che sottolinea la spiritualità e l’umanità nei film del
concorso di Cannes, è andato a “Alle 5 del pomeriggio” dell’iraniana Samira Makhmalbaf,
una regista di soli 25 anni, al suo terzo film, abituata ai riconoscimenti
internazionali. Un’artista che porta uno sguardo nuovo di umanità, incontri e apertura
tra mondi diversi e lontani. Una regista mediorientale, che conosce bene la
società occidentale e se ne fa interprete e mediatrice nel suo film.
“Alle 5 del
pomeriggio” racconta di una ragazza di Kabul e della sua famiglia.
Speranze e dramma, sogni e difficoltà
quotidiani per Noghé, impegnata ad andare a scuola, nonostante l’opposizione
del padre. Un film all’apparenza semplice, ma fresco, sincero e carico di
partecipazione e di compassione su questa ragazza che sogna di far la
presidentessa dell’Afghanistan. La regista ha ricevuto il premio che porta
l’effige della colomba della pace. Samira Makhbalbaf – recita la motivazione
stesa dai 6 componenti la Giuria Ecumenica – ha uno sguardo poetico e politico
sul rapporto tra tradizione e modernità. I giurati hanno apprezzato la
sottolineatura del ruolo della donna all’interno di una società da ricostruire
come quella afghana. Un film positivo nonostante tutto che suggerisce prospettive
d’avvenire.
In attesa
dei premi ufficiali, che saranno annunciati alle 19.15, si è espressa anche la
giuria dei giornalisti. I critici hanno assegnato il riconoscimento ad un altro
film che antepone la ricerca dell’anima e dell’essenza degli esseri umani allo
spettacolo. Si tratta di “Padre e figlio” del russo Alexander Sokurov.
Da Cannes,
per la Radio Vaticana, Nicola Falcinella.
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UN
GESTO DI CORAGGIO E RICONCILIAZIONE: DOMANI, PER LA PRIMA VOLTA AD AUSCHWITZ, EBREI,
CRISTIANI E MUSULMANI INSIEME IN PELLEGRINAGGIO
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Servizio di Graziano Motta -
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Domani per la prima volta ebrei ed
arabi d’Israele, e fra questi cristiani e musulmani, saranno insieme ad
Auschwitz, uniti nello stesso pellegrinaggio che il suo ideatore ed
organizzatore, il parroco greco-melchita-cattolico di Nazareth, l’archimandrita
Emile Shoufani, ha chiamato “Memoria per la pace”.
Da decenni egli conduce una
battaglia per la giustizia e per la pace. In un recente suo libro che ha avuto
larga diffusione nel mondo francofono, dal titolo “Viaggio in Galilea”, scrive
di avere voluto fare di questa sua terra, la Galilea, un segno di riconciliazione
per tutti. Ed il pellegrinaggio ad Auschwitz si presenta come un gesto di
coraggio, di sfida innanzitutto alla convinzione diffusa fra i cristiano locali
che l’Olocausto degli ebrei non li riguarda, considerato come è stato da loro
finora un evento storico lontano dalla loro religione, dalla loro coscienza,
che tocca soltanto il mondo occidentale e i cristiani d’Europa al massimo.
E’ come una provocatoria ricerca
della verità nei confronti dei musulmani, persuasi dalla loro propaganda
politica, non solo da quella fondamentalista, che l’esercito dello Stato
ebraico stia reprimendo l’Intifada, cioè la rivolta palestinese, con gli stessi
metodi ed efferatezze dei nazisti nei loro confronti. Da quando è scoppiata la
seconda Intifada, nel settembre del 2000, padre Shoufani, che dirige una grande
scuola cattolica a Nazareth, ha constatato che gli incontri con studenti e
professori erano divenuti più difficili, e ha riflettuto – afferma – che “forse
per continuare il dialogo occorreva fare ritorno alla memoria, tentare di far
pace con la storia”. Da qui l’idea del pellegrinaggio e che per comprendere il
popolo ebraico occorresse ascoltare quel che dice della Shoa, prendere
coscienza della sua storica ferita. L’idea è stata accolta con più apertura di
quanto potesse immaginarsi dagli arabi di Galilea e anche di altre regioni
d’Israele, anche di musulmani, nonché da moltissimi ebrei che all’inizio erano
molto scettici.
Hanno aderito al pellegrinaggio,
che durerà quattro giorni, 125 arabi d’Israele, 25 cristiani, 100 musulmani e
135 ebrei. Ad essi si uniranno circa 200 francesi e belgi, 140 dei quali arabi,
per la metà cristiani e per la metà musulmani; e un centinaio di giornalisti,
la metà dei quali partiranno con il pellegrinaggio da Israele. Tra le tappe del
pellegrinaggio Wadowice, la cittadina natale di Papa Giovanni Paolo II, “al cui
insegnamento e impegno di riconciliazione tra arabi ed ebrei mi sono ispirato”,
dice padre Shoufani.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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COME
CAMBIA LA GEOGRAFIA DELL’ORO NERO: REVOCATE LE SANZIONI ONU,
IL PETROLIO IRACHENO TORNA, SENZA PIU’
RESTRIZIONI, SUL MERCATO MONDIALE
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Intervista con Alberto Negri -
Con la fine delle sanzioni
all’Iraq, stabilita nei giorni scorsi dall’Onu, rientra sul mercato
internazionale l’intera produzione di petrolio del Paese del Golfo. Dopo la
discussa decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di gestire i proventi della
vendita del greggio iracheno nei prossimi 12 mesi, sopraggiunge ora un altro
problema: da chi verrà estratto il petrolio in Iraq? Andrea Sarubbi lo ha
chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:
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R. – Gli iracheni non sono in
grado, in questo momento, di riprendere l’attività sui pozzi petroliferi, e
neppure di riavviare l’esportazione di petrolio. Al contrario, si assiste
addirittura ad un paradosso per un Paese petrolifero: in questo momento l’Iraq,
proprio per l’inefficienza delle sue raffinerie, è costretto ad importare petrolio
raffinato – ossia benzina, carburante – dalla Turchia, mentre proprio in Turchia
ci sono 8 milioni di barili di petrolio iracheno che aspettano un venditore.
Gli acquirenti ci sono, ma non c’è ancora colui che può decidere a chi venderlo
e come venderlo.
D. – Come verrà
estratto questo petrolio? Secondo quali criteri?
R. – Il problema
chiave dell’Iraq è stabilire se saranno ancora valide le antiche concessioni,
gli antichi contratti stipulati con molte aziende occidentali europee e con le
società petrolifere dell’area russa ed ex-sovietica. Il modo in cui verrà
estratto il petrolio iracheno, e secondo quali criteri, determinerà delle
conseguenze importantissime non soltanto per l’Iraq, ma per tutta l’area della
regione mediorientale. Finora, infatti, nei Paesi del Medio Oriente, il
petrolio – nazionalizzato ormai da oltre 30 anni – viene assegnato con concessioni
in cui le compagnie petrolifere non possono decidere quanto petrolio estrarre,
ma la quota viene stabilita in anticipo. Se gli americani, in Iraq, decidessero
di assegnare concessioni pure e semplici senza limiti allo sfruttamento di
questo petrolio, evidentemente cambierebbe una parte importante della storia
petrolifera, ma anche politica ed economica del Medio Oriente.
D. – Quanto è a
rischio per gli Stati Uniti il petrolio saudita, dopo gli ultimi attentati a
Riad?
R. – Non credo che
gli Stati Uniti abbiano chiuso il rubinetto saudita, anche perché l’Arabia
Saudita rimane il principale produttore dell’Opec, con un compito ben preciso,
che è quello dello ‘Swing producer’: Riad deve colmare i vuoti produttivi
eventuali degli altri Paesi dell’Opec ed in qualche modo regolamentare tutta la
produzione dell’Organizzazione dei Paesi petroliferi. Gli Stati Uniti non hanno
ancora ‘svestito’ ufficialmente l’Arabia Saudita di questo compito. Se lo
facessero, da domani evidentemente a Riad cambierebbe radicalmente il quadro
politico non solo saudita, ma di tutti i Paesi del Golfo. Ritengo, invece, che
gli americani tenderanno a diversificare sempre di più le fonti di
approvvigionamento petrolifero, e di determinare in Iraq una situazione tale
che possa poi condizionare l’evoluzione dei contratti petroliferi con tutti gli
altri Paesi dell’Opec.
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PIETROBURGO
E L’ITALIA: UNA MOSTRA AL VITTORIANO DI ROMA
CELEBRA
I 300 ANNI DALLA FONDAZIONE DELLA CITTA’ BALTICA
E IL CONTRIBUTO DEL GENIO ITALIANO IN RUSSIA
- Con
noi, il prof. Vittorio Strada -
Una città giovane e straordinaria, naturalmente russa ma
intimamente europea. Con un calendario denso di appuntamenti culturali e
incontri politici, si celebrano, in questi giorni in Russia, i 300 anni della
fondazione di San Pietroburgo. Per l’occasione, il prossimo 31 maggio si terrà
- nella città baltica - un vertice Russia-Unione europea. Gli eventi per festeggiare
San Pietroburgo non mancano anche in Italia, dove una mostra al Vittoriano di
Roma si sofferma sul contributo della cultura italiana alla nascita della città
fondata da Pietro il Grande. Ma qual è il percorso logico seguito
nell’allestimento della mostra? Risponde il curatore dell’evento, il prof.
Vittorio Strada, professore di Lingua e Letteratura russa, presso l’Università
degli Studi di Venezia, al microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – Prima di tutto, si è voluto
testimoniare la presenza e il lavoro dei nostri architetti, che hanno dato un
contributo fondamentale alla costruzione di Pietroburgo. Poi, si è voluta dare
una rappresentazione visiva del lavoro compiuto dagli architetti, e cioè degli
edifici attraverso dei vedutisti, che hanno raffigurato questi monumenti
architettonici. Si è anche voluto testimoniare la presenza dei nostri artisti,
che hanno lavorato a Pietroburgo, presso la corte dei vari zar, dei vari
imperatori. Ecco, attraverso queste sezioni credo che si abbia un’impressione
visiva variata e ricca dell’apporto dato dal genio italiano tanto in Russia,
naturalmente, quanto nella capitale di San Pietroburgo.
D. – Francesco Algarotti definì
San Pietroburgo ‘una finestra sull’Europa’: quanto contribuì il genio italiano,
così presente fin dalla nascita della città baltica, ad avvicinare la Russia
alla cultura europea?
R. – Contribuì prima di tutto attraverso i suoi artisti e
poi anche con i suoi uomini di teatro, perché il teatro russo del tempo ha
goduto dell’apporto della musica e dei registi italiani. Direi, al di là di
questo, anche dei suoi pensatori. Noi pensiamo soprattutto al contributo dato
dagli Illuministi, dai filosofi francesi soprattutto durante il regno di
Caterina II. Ma dobbiamo considerare l’importanza che ha avuto, per esempio, il
nostro Beccaria per il progetto di nuova legislazione di Caterina II. Quindi,
c’è stato un contributo variato che non è soltanto di artisti ma anche di
pensatori. La presenza italiana è stata preponderante rispetto a quella di
altri Paesi europei occidentali.
D. – La fondazione di San
Pietroburgo è la scelta di Pietro il Grande di essere parte dell’Europa. Cosa
può insegnare oggi al Vecchio Continente questa lezione del passato?
R. – La fondazione di Pietroburgo
è stata proprio l’inizio di una nuova fase della storia russa, cominciata
appunto con Pietro il Grande tre secoli fa. E’ l’inizio della cosiddetta
modernizzazione o ‘europeizzazione’ della Russia, un processo lungo,
drammatico, difficile, che nel ‘900 ha avuto una pausa particolarmente forte e
drammatica, quella del periodo sovietico. Adesso, da una decina d’anni, in
qualche misura riprende, sia pure faticosamente, nel periodo post-comunista,
quel ciclo storico iniziato tre secoli fa. Adesso la Russia entra proprio in un
suo nuovo momento particolarmente importante, e direi che proprio adesso
comincia una nuova fase della storia russa e della storia europea che si
ricongiungono, in qualche misura.
D. – Quali sono
oggi gli elementi di maggior fascino di San Pietroburgo, città astratta e
premeditata nelle parole di Dostojievski?
R. – Ecco, intorno
a Pietroburgo c’è sempre stata, nella cultura russa, una grande polemica: la sua
contrapposizione a Mosca. Che, come veniva definita da un proverbio russo, è
‘il cuore’ della Russia, mentre Pietroburgo veniva definita ‘il cervello’, ‘la
testa’ pensante della Russia moderna. Questa contrapposizione ancora oggi vive,
in modi diversi. Per quello che riguarda Pietroburgo, direi proprio in questa
occasione, acquista nuovamente un suo fascino, specie architettonico. Il
periodo in cui Pietroburgo manifesta la sua natura di ‘città astratta’, come la
definiva Dostojievski, e ‘premeditata’, è il periodo delle ‘notti bianche’:
quindi, fra un paio di mesi Pietroburgo risalterà in tutto il suo carattere
fantastico e fantasmagorico. Poi, c’è la sua vita intellettuale,
particolarmente ricca, con le sue università, i suoi musei, le sue accademie e la
nuova vita intellettuale e culturale e letteraria della Pietroburgo di questo
ultimo decennio. Questo fa parte proprio di questa vita nuova di questa che è
una delle grandi capitali culturali del nostro Vecchio Continente.
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UN VOLUME DEDICATO AI CATECHISTI, MA ANCHE AI CREDENTI CHE VOGLIANO
APPROFONDIRE LE ORIGINI E LO SVILUPPO DELLA PROPRIA FEDE:
E’ IN LIBRERIA “LA CHIESA NELLA STORIA”,
TESTO AGILE SUI DUEMILA ANNI DEL CRISTIANESIMO
- Intervista con il prof. Pier Luigi Guiducci -
Venti
secoli di storia della Chiesa condensati in circa 700 pagine. E’ lo sforzo di
sintesi alla base di un libro di recente pubblicazione, intitolato “La Chiesa
nella storia”. L’opera, scritta a quattro mani dal vescovo di Velletri, Andrea
Maria Erba, e da un docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il prof.
Pier Luigi Guiducci, ha precise finalità divulgative. Un testo di base - non
privo di rigore scientifico - pensato per catechisti e formatori, ma anche per
chi desideri un primo approccio ad una materia vasta e ramificata quel è la
sequela degli avvenimenti che portarono il primo annuncio degli apostoli a
divenire il nucleo spirituale e missionario di una comunità universale, che
oggi conta oltre un miliardo di fedeli in tutto il mondo. Già il titolo suggerisce
una chiave di lettura del volume: la Chiesa nella storia. Alessandro De
Carolis ne ha chiesto ragione ad uno degli autori, il prof. Guiducci:
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R. – Perché stiamo parlando di una realtà dinamica aperta
al mondo, che cresce con le chiese locali, che viene rafforzata dalla santità
dei suoi membri e quindi non è una visione statica della Chiesa, ma è una
visione profondamente dinamica.
D. – Quale taglio
avete dato alla stesura del vostro libro?
R. – Abbiamo
cercato di mantenere un taglio divulgativo, pur conservando una struttura
scientifica. E questo lo abbiamo fatto per accompagnare un lettore in modo da
offrirgli immediatamente la visione dei dati essenziali, ma anche di una serie
di collegamenti tra i vari avvenimenti. E’ certamente uno strumento di
pastorale per tutte quelle persone che si avviano a diventare insegnanti di
religione. E’ strumento per i catechisti, è strumento per i diaconi, per i
responsabili ed animatori delle nostre associazioni e dei movimenti ecclesiali.
D. – L’ultimo capitolo del libro in particolare -
intitolato ‘Verso il 2000, oltre il 2000’ - dedica uno congruo spazio alla
Chiesa sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II. Quale lettura ne avete dato?
R. – Abbiamo cercato di mettere in evidenza gli aspetti più
innovativi, ma anche il collegamento con tutta la tradizione della Chiesa
cattolica. Certamente, quello in corso è un Pontificato che ha aperto la strada
a sempre nuovi dialoghi, ad esempio in materia ecumenica. Parliamo quindi di un
Pontefice che entra nelle sinagoghe, che entra nei luoghi di culto dei
protestanti, che entra nelle moschee, ma contemporaneamente di un Pontefice
estremamente attento a conservare il patrimonio di fede e a renderlo
comprensibile con un linguaggio adatto all’oggi.
D. – Come mai la
scelta di quella specifica foto sulla copertina del libro?
R. – Nella
copertina del libro viene inquadrata una scena drammatica. Siamo nel luglio del
1943. Roma subisce il primo di una serie di bombardamenti alleati, che
colpiscono in particolare il quartiere di San Lorenzo. Pio XII viene a
conoscenza di questo fatto e decide con solo quattro collaboratori ed una sola
macchina di raggiungere quel posto. Una sortita durante la quale gli sarà anche
salvata la vita perché, mentre l’auto pontificia si apprestava a raggiungere
San Lorenzo, l’allora giovanissimo viceparroco, Fiorenzo Angelini, poi
diventato cardinale, si metterà davanti alla macchina del Papa, bloccandola,
perché più avanti c’è una bomba inesplosa. C’era sul posto anche un
cineoperatore dell’allora telegiornale dell’Istituto Luce, che riprende quella
storica immagine di Pio XII, circondato dalla folla, che esprime tutta la sua
richiesta incessante a Dio di misericordia, di aiuto, di sostegno, allargando
le braccia come faceva di solito nelle udienze in Vaticano. Noi abbiamo voluto
inserire questa immagine in apertura del testo di storia della Chiesa proprio
per significare che il Pontefice è all’interno del popolo di Dio, perché ne è
soprattutto padre, perché ne è pastore e perché ne è maestro.
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25 maggio 2003
SI E’
SPENTO STAMANI A ROMA, ALL’ETA’ DI 102 ANNI, PADRE ANTONIO FERRUA,
UNA VITA DEDICATA ALL’ARCHEOLOGIA E
ALL’EPIGRAFIA. I FUNERALI MARTEDI’ 27 ALLE ORE 9.00, PRESSO LA SEDE DE “LA
CIVILTA’ CATTOLICA”
- A
cura di Paolo Ondarza -
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ROMA. = Oltre quattrocento pubblicazioni relative
alle scoperte di catacombe, all’illustrazione di sarcofagi, affreschi e
iscrizioni. Sono il frutto di un’esistenza lunga 102 anni, quella del gesuita
Antonio Ferrua, spentosi la notte scorsa a Roma. Il suo capolavoro è
considerato l’edizione critica degli Epigrammata Damasiana, un testo che
rivela tutta quella capacità di lavoro e quel taglio spassionato e laico della
ricerca che portò qualcuno ad identificare, e non a torto, in padre Ferrua
l’erede del grande Giovan Battista De Rossi, lo studioso che nella seconda metà
dell’Ottocento fondò la moderna archeologia cristiana. Ma la maggior parte dei
conoscitori dello studioso legheranno la sua figura sicuramente agli importanti
scavi archeologici da lui effettuati sotto la basilica vaticana e condotti per
volere di Pio XII dal 1944 al 1949. Per lo stesso Pontefice, il religioso coordinò
poi la delicata opera di ricostruzione della basilica di san Lorenzo al Verano,
gravemente danneggiata in seguito ai bombardamenti, che il 19 luglio 1943 danneggiarono
il popoloso quartiere romano. Nel corso delle ricerche di identificazione sulla
tomba e le reliquie di S. Pietro, padre Ferrua ebbe una lunga, ma proficua, controversia
con la collega Margherita Guarducci, celebre epigrafista laica scomparsa nel
1999. Il vivace e appassionato dibattito diede modo al gesuita di dimostrare,
ancora una volta, il grande rigore su cui non agì mai alcuna interferenza di
carattere ideologico, né tanto meno confessionale o apologetico. Questa laicità
è stata anche rafforzata, tra l’altro, da un’indole, che, seppur seria e meditativa,
ha sempre assunto un’ironia sottile e distaccata nei confronti dei propri
lavori. Il noto studioso sarà anche ricordato per gli oltre cinquant’anni spesi
come docente al pontificio istituto di archeologia cristiana e per la sua
partecipazione a numerose e prestigiose istituzioni culturali e accademiche.
Fra queste, la carica di conservatore del Museo Sacro della Biblioteca Vaticana
ricoperta fin dal 1948.
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TERREMOTO
IN ALGERIA: SALGONO A 2047 LE VITTIME.
NUOVA SCOSSA NELLA NOTTE A THENIA, AD EST
DELLA CAPITALE
ALGERI.
= Ancora drammatiche notizie dall’Ageria: sono saliti a 2047 i morti in seguito
al violento sisma, che mercoledì scorso ha colpito il Paese. Non si tratta,
peraltro, di dati definitivi. Il quadro complessivo potrebbe peggiorare. A
comunicarlo è stato questa mattina il ministero dell’Interno. Si teme nel
frattempo il rischio che le gravi condizioni sanitarie in cui versa il Paese,
dove sono attive varie squadre internazionali di soccorso, possano contribuire
alla diffusione di malattie. Un’ultima scossa di terremoto di assestamento di
magnitudo 4,1 sulla scala Richter è stata registrata a Thenia, 60 chilometri ad
est di Algeri, località già duramente colpita dal primo sisma (P.O.).
IL GOVERNO ISRAELIANO HA APPROVATO LA ROAD MAP,
IL PIANO DI PACE PER IL MEDIO ORIENTE PROPOSTO DAL QUARTETTO
GERUSALEMME.= Il governo israeliano ha approvato oggi la road
map, il piano di pace per il Medio Oriente proposto dal Quartetto (Usa,
Russia, Ue, Onu). Stamane in un’intervista al quotidiano “Yediot Ahronot” il
premier israeliano Sharon aveva dichiarato:
“Sono giunto alla convinzione che è necessario dire sì agli Usa e
spartire questo lembo di terra con i palestinesi”. (P.O.)
GLI
ARMENI ELEGGONO OGGI IL NUOVO PARLAMENTO E VOTANO
UN
REFERENDUM SU UNA CONTROVERSA RIFORMA COSTITUZIONALE
YEREVAN. = Domenica elettorale per l'Armenia, dove
stamani 1865 seggi hanno aperto le porte agli abitanti della repubblica del
Caucaso, chiamati ad eleggere il nuovo parlamento e a votare una controversa
riforma costituzionale. Sono 2 milioni e 317mila gli armeni chiamati a nominare
131 nuovi membri del Parlamento. Partecipano al voto ventuno forze politiche.
La campagna elettorale dei mesi scorsi si è soprattutto caratterizzata per lo
scontro tra il partito del presidente Robert Kocharìan ed i suoi oppositori.
Kocharian è stato scelto come capo di Stato per la seconda volta nella storia
del Paese, lo scorso 5 marzo. La sua elezione è stata duramente contestata dal
principale oppositore Stepan Demirchàn che ha parlato di “frode” e
“irregolarità” incoraggiando la protesta di massa. Gli armeni sono oggi
chiamati anche a votare un referendum su varie modifiche alla Carta Magna,
adottata il 5 luglio del 1995. Tra le riforme è inclusa quella relativa
all’eliminazione della clausola, che proibisce la doppia nazionalità agli
armeni. Tuttavia, maggiori confusioni e polemiche sono state sollevate da altri
punti della riforma interpretati in modo diverso da governo e opposizioni.
(P.O.)
SPAGNOLI
E ITALIANI OGGI ALLE URNE. I PRIMI SONO CHIAMATI A RINNOVARE LE AMMINISTRAZIONI
MUNICIPALI. IN ITALIA, DOVE SI VOTERA’ ANCHE DOMANI, SI SCELGONO INVECE LE
NUOVE AMMINISTRAZIONI PROVINCIALI E 500 CONSIGLI COMUNALI
MADRID.
= A dodici mesi dalle elezioni europee del 2004, due Paesi membri dell’Unione sono
oggi convocati alle urne: si tratta di Spagna e Italia. La prima vedrà
coinvolti poco più di 34 milioni di elettori, chiamati a rinnovare 8.108 amministrazioni
municipali. Circa 19 milioni di cittadini voteranno anche per il rinnovo del
governo regionale in 13 delle 17 “comunidades autonomas”. Si tratta di elezioni
particolarmente significative per il premier Josè Maria Aznar e il suo Partito
Popolare (Pp), da sei anni al governo del Paese, provato negli ultimi mesi dal
disastro ecologico della “Prestige” nelle coste nord-occidentali e dall’allineamento
angloamericano di Madrid nella guerra in Iraq. Fortunatamente, non si sono al
momento verificate le ventilate ipotesi di disordini e attentati nei Paesi
Baschi, dove per la prima volta, dalla fine del franchismo, il partito Batasuna
- dopo lo scioglimento da parte della magistratura - non partecipa alle votazioni.
Sono, invece, 11 i milioni gli italiani, che votano per il rinnovo di 12
amministrazioni provinciali e circa 500 consigli comunali. L’attenzione, per
quanto riguarda le provinciali, è particolarmente concentrata su Roma e sulla
Sicilia. Alle ore 12 di questa mattina, aveva votato il 10 per cento degli
aventi diritto per le province e il 15 per cento per i comuni. (P.O.)
CELEBRATA
IERI DAL CARDINALE DARIO CASTRILLÓN HOYOS,
NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA
MAGGIORE,
UNA
SANTA MESSA NELL’ANTICO RITO DI SAN PIO V
-
Servizio di Antonio Mancini -
ROMA.=
“Siamo tutti chiamati all’unità nella verità”. Così ha raccomandato il cardinale
Dario Castrillón Hoyos concludendo la propria omelia della Santa Messa che ha
celebrato sabato pomeriggio, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore. La
celebrazione, nell’antico rito cosiddetto di San Pio V secondo il Messale
Romano del 1962, ha riempito le navate della Basilica Liberiana ed è stata preceduta
dalla recita del Santo Rosario. Il porporato ha voluto prima di tutto accentrare
l’attenzione dei fedeli di diverse parti del mondo sulla Beata Vergine Maria, venerata col titolo di Auxilium Christianorum, proprio nella chiesa mariana
più antica di Roma. Successivamente, il porporato ha parlato a lungo di Giovanni
Paolo II: della “sua instancabile difesa della verità”, della sua “dedizione
alla causa dell’unità” e della sua “promozione della pace” lungo i 25 anni del
suo pontificato. Nei giorni scorsi, un comunicato della Pontificia Commissione
Ecclesia Dei aveva preannunciato l’incontro di preghiera a Santa Maria Maggiore
presentandolo come “atto di devozione a Sua Santita” per ringraziarlo del Motu
Proprio “Ecclesia Dei” e per un augurio “nell’approssimarsi del Suo XXV anniversario
di elevazione al Sommo Pontificato, nel contesto dell’Anno del Santo Rosario”.
In risposta a queste attenzioni, il Santo Padre ha voluto esprimere il proprio
saluto e il proprio compiacimento con un messaggio a firma del Cardinale
Segretario di Stato Angelo Sodano, letto prima della celebrazione liturgica. La
terza figura che il cardinale Castrillón Hoyos ha voluto tratteggiare nella sua
omelia è stata quella di Papa San Pio V “le cui spoglie – ha ricordato il
porporato – riposano qui, in questa Basilica”. Il presidente della “Ecclesia
Dei” non ha mancato di rilevare “la ricchezza dei frutti di santità del rito di
San Pio V”, che nella Chiesa “conserva il diritto di cittadinanza” al pari di
tutti gli altri Riti. La celebrazione, accompagnata dal canto gregoriano, si è
conclusa, tra tanta pietà e commozione, con le note e con le parole del
“Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat.”.
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