RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 145 - Testo della Trasmissione di domenica 25 maggio 2003 

 

Sommario   

                                               

                                     

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Soluzioni eque e negoziate per assicurare la pace in Terra Santa: così, Giovanni Paolo II al Regina Coeli, dedicato alla figura di Maria e alla preghiera del Rosario.

OGGI IN PRIMO PIANO:

Fraternità in missione: questo il tema centrale del 185.mo capitolo generale dell’Ordine dei Frati minori, iniziato oggi ad Assisi. Con noi, il ministro generale, padre Giacomo Bini

 

Il film sulla vita a Kabul, “Alle 5 del pomeriggio”, vince il premio ecumenico del Festival di Cannes

 

Un pellegrinaggio di riconciliazione: per la prima volta insieme ad Auschwitz, ebrei, cristiani e musulmani

 

Revocate le sanzioni Onu, torna sul mercato mondiale il petrolio iracheno: ne parliamo con il giornalista Alberto Negri

 

La città di Roma festeggia con una mostra i 300 anni dalla fondazione di San Pietroburgo: ai nostri microfoni, il prof. Vittorio Strada, curatore dell’evento 

 

In questi giorni in libreria il volume “La Chiesa nella Storia”, testo divulgativo sui duemila anni del Cristianesimo: intervista all’autore, Pier Luigi Guiducci.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si e’ spento stamani a Roma, all’età di 102 anni, padre Antonio Ferrua, una vita dedicata all’archeologia.

 

Il governo israeliano ha approvato il piano di pace proposto dal Quartetto-

 

Domenica elettorale per gli armeni, al voto per eleggere il nuovo parlamento.

 

Aumentano le vittime del terremoto in Algeria

 

Elezioni anche per spagnoli e italiani: i primi sono chiamati a rinnovare le amministrazioni municipali. In Italia, invece, si rinnovano le amministrazioni provinciali e 500 consigli comunali.

 

Celebrata ieri dal cardinale Dario Castrillón Hoyos nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, una santa Messa nell’antico rito di San Pio V

 

            

        

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 maggio 2003

 

 

SOLUZIONI EQUE PER ASSICURARE SERENITA’ E PACE IN TERRA SANTA: COSI’, IL PAPA

AL REGINA COELI, DEDICATO A MARIA E ALLA PREGHIERA DEL ROSARIO

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

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Riscoprire e valorizzare il Rosario, preghiera cristologica e contemplativa: è l’invito, che Giovanni Paolo II ha rivolto ai fedeli, raccolti in una soleggiata piazza San Pietro per il Regina Coeli domenicale. Il Papa ha ricordato le “due speciali intenzioni di preghiera per quest’anno” dedicato appunto al Rosario: la famiglia, ha rilevato, “purtroppo seriamente minacciata nei suoi fondamentali principi e valori” e la “pace nel mondo”, con particolare riferimento alla Terra Santa. E qui il Pontefice ha levato un’invocazione:

 

Voglia il Signore che, nonostante la feroce violenza che continua ad imperversare e che offende Dio e l’uomo, si rafforzi la ricerca di soluzioni eque, negoziate, per assicurare a ogni popolo la serenità e la pace.

 

Il Papa ha sottolineato come il mese di maggio, che “segna il pieno rifiorire della natura” è anche il tempo dell’alleluia pasquale, che risuona in tutta la Chiesa. Tempo, ha proseguito, “quanto mai propizio per offrire alle nuove generazioni i doni di Cristo risorto: il Battesimo, la Prima Comunione e la Cresima”. Quindi, ha messo l’accento sulla festa dell’Ascensione di Cristo al cielo, giovedì prossimo, con la quale avrà inizio la novena della Pentecoste. Momento in cui le “comunità cristiane potranno rivivere l’esperienza originaria del Cenacolo, dove i discepoli stavano assidui e concordi nella preghiera” con Maria.

 

La presenza materna di Maria tra gli Apostoli era per loro memoria di Cristo: i suoi occhi portavano impresso il volto del Salvatore; il suo cuore immacolato ne custodiva i misteri, dall'Annunciazione alla Risurrezione e Ascensione al Cielo, attraverso la vita pubblica, la passione e la morte.

 

In questo senso, ha affermato, “si può dire che nel Cenacolo è nata la preghiera del Rosario, perché là i primi cristiani hanno incominciato a contemplare con Maria il volto di Cristo”, ricordando i momenti della sua vicenda terrena.

 

Prima di accomiatarsi, Giovanni Paolo II ha salutato i pellegrini. Tra loro anche i volontari delle Misericordie, che con una rappresentanza di alcune centinaia di confratelli hanno sfilato verso piazza San Pietro con i labari, le vesti storiche e la “buffa”, il cappuccio che, a Firenze nel 1244, fu adottato dalla più antica forma di volontariato sorta nel mondo.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 maggio 2003

 

FRATERNITA’ IN MISSIONE: QUESTO IL TEMA CENTRALE DEL 185.MO CAPITOLO GENERALE DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI, INIZIATO OGGI AD ASSISI. ALL’EVENTO PARTECIPA

anche il cardinale Jorge Arturo Medina EstÉvez, delegato del papa

 

- Servizio di Stefano Cavallo -

 

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Inizia oggi, alla Porziuncola di Assisi, il 185.mo capitolo generale dell’Ordine dei Frati minori, momento di incontro dei frati di tutto il mondo, oltre che “tempo opportuno di verifica, programmazione e rinnovo del Governo”, come spiega il ministro generale dei Frati minori, padre Giacomo Bini. Fino al 21 giugno, data in cui si concluderanno i lavori, i capitolari discuteranno principal-mente sul tema delle missioni, con contributi provenienti dalle Conferenze provinciali di tutto il mondo, ed inoltre saranno chiamati sotto la presidenza del delegato del Papa, il cardinale Jorge Arturo Medina Estevez, all’elezione del nuovo ministro generale, 119.mo successore di San Francesco. Al microfono con noi padre Giacomo Bini, al quale abbiamo chiesto di illustrare la situazione attuale delle missioni dell’Ordine dei Frati minori, anche dal punto di vista del dialogo interreligioso:

 

R. – Noi siamo presenti sin dai tempi di San Francesco come costruttori del dialogo interreligioso,  che oggi è molto attuale. Il dialogo con il mondo musulmano avviene nelle terre del Marocco, dove siamo presenti con 40 frati; in Indonesia, in Pakistan, in Terra Santa; stiamo cercando di gettare ponti, di costruire relazioni e stabilire una comunicazione più fraterna.

 

D. – Quali saranno le attività in programma del Capitolo?

 

R. – Avremo l’elezione del nuovo governo per tutto l’Ordine, c’è la verifica del cammino che abbiamo fatto e che stiamo facendo e, soprattutto, la programmazione per il futuro, per i prossimi sei anni. In queste settimane dovremmo individuare delle priorità che ci guideranno per i prossimi sei anni, per costruire realmente una fraternità missionaria, sempre contemplativa, centrata appunto sull’essenziale. E oggi, vivere in una fraternità interculturale e internazionale, come lo facciamo in molte parti del mondo. Dire a tutti che l’altro, il diverso, non è una minaccia ma una ricchezza di cui abbiamo bisogno per crescere e maturare umanamente e cristianamente.

 

D. - ra i temi in programma, i partecipanti al Capitolo si occuperanno anche della revisione delle strutture degli Statuti generali: qual è l’importanza di un tale tema?

 

R. - Abbiamo scelto questo tema perché – come è noto – il mondo sta cambiando con una rapidità incredibile e quindi noi dobbiamo adattare le strutture, le nostre forme di fraternità, le nostre forme missionarie. Per noi significa innanzitutto rivedere la struttura interna della nostra personalità spirituale. Dovremmo vedere un po’ le relazioni tra il governo centrale e le province e sono le strutture esterne, dove viviamo. Parlare di strutture significa parlare di tutto un mondo che dovremo aggiornare senza paura, una volta che la struttura interna, spirituale è sicura.

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IL FILM  “ALLE 5 DEL POMERIGGIO”, CHE RACCONTA LA VITA

 DI UNA RAGAZZA A KABUL TRA MODERNITA’ E TRADIZIONE,

VINCE IL PREMIO ECUMENICO DEL FESTIVAL DI CANNES

 

- Servizio di Nicola Falcinella –

 

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         Un premio alla speranza di pace quello assegnato stamani dalla Giuria Ecumenica. Il riconoscimento, che sottolinea la spiritualità e l’umanità nei film del concorso di Cannes, è andato a “Alle 5 del pomeriggio” dell’iraniana Samira Makhmalbaf, una regista di soli 25 anni, al suo terzo film, abituata ai riconoscimenti internazionali. Un’artista che porta uno sguardo nuovo di umanità, incontri e apertura tra mondi diversi e lontani. Una regista mediorientale, che conosce bene la società occidentale e se ne fa interprete e mediatrice nel suo film.

 

         “Alle 5 del pomeriggio” racconta di una ragazza di Kabul e della sua famiglia. Speranze  e dramma, sogni e difficoltà quotidiani per Noghé, impegnata ad andare a scuola, nonostante l’opposizione del padre. Un film all’apparenza semplice, ma fresco, sincero e carico di partecipazione e di compassione su questa ragazza che sogna di far la presidentessa dell’Afghanistan. La regista ha ricevuto il premio che porta l’effige della colomba della pace. Samira Makhbalbaf – recita la motivazione stesa dai 6 componenti la Giuria Ecumenica – ha uno sguardo poetico e politico sul rapporto tra tradizione e modernità. I giurati hanno apprezzato la sottolineatura del ruolo della donna all’interno di una società da ricostruire come quella afghana. Un film positivo nonostante tutto che suggerisce prospettive d’avvenire.

 

         In attesa dei premi ufficiali, che saranno annunciati alle 19.15, si è espressa anche la giuria dei giornalisti. I critici hanno assegnato il riconoscimento ad un altro film che antepone la ricerca dell’anima e dell’essenza degli esseri umani allo spettacolo. Si tratta di “Padre e figlio” del russo Alexander Sokurov.

 

         Da Cannes, per la Radio Vaticana, Nicola Falcinella.

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UN GESTO DI CORAGGIO E RICONCILIAZIONE: DOMANI, PER LA PRIMA VOLTA AD AUSCHWITZ, EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI INSIEME IN PELLEGRINAGGIO

- Servizio di Graziano Motta -

 

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Domani per la prima volta ebrei ed arabi d’Israele, e fra questi cristiani e musulmani, saranno insieme ad Auschwitz, uniti nello stesso pellegrinaggio che il suo ideatore ed organizzatore, il parroco greco-melchita-cattolico di Nazareth, l’archimandrita Emile Shoufani, ha chiamato “Memoria per la pace”.

 

Da decenni egli conduce una battaglia per la giustizia e per la pace. In un recente suo libro che ha avuto larga diffusione nel mondo francofono, dal titolo “Viaggio in Galilea”, scrive di avere voluto fare di questa sua terra, la Galilea, un segno di riconciliazione per tutti. Ed il pellegrinaggio ad Auschwitz si presenta come un gesto di coraggio, di sfida innanzitutto alla convinzione diffusa fra i cristiano locali che l’Olocausto degli ebrei non li riguarda, considerato come è stato da loro finora un evento storico lontano dalla loro religione, dalla loro coscienza, che tocca soltanto il mondo occidentale e i cristiani d’Europa al massimo.

 

E’ come una provocatoria ricerca della verità nei confronti dei musulmani, persuasi dalla loro propaganda politica, non solo da quella fondamentalista, che l’esercito dello Stato ebraico stia reprimendo l’Intifada, cioè la rivolta palestinese, con gli stessi metodi ed efferatezze dei nazisti nei loro confronti. Da quando è scoppiata la seconda Intifada, nel settembre del 2000, padre Shoufani, che dirige una grande scuola cattolica a Nazareth, ha constatato che gli incontri con studenti e professori erano divenuti più difficili, e ha riflettuto – afferma – che “forse per continuare il dialogo occorreva fare ritorno alla memoria, tentare di far pace con la storia”. Da qui l’idea del pellegrinaggio e che per comprendere il popolo ebraico occorresse ascoltare quel che dice della Shoa, prendere coscienza della sua storica ferita. L’idea è stata accolta con più apertura di quanto potesse immaginarsi dagli arabi di Galilea e anche di altre regioni d’Israele, anche di musulmani, nonché da moltissimi ebrei che all’inizio erano molto scettici.

 

Hanno aderito al pellegrinaggio, che durerà quattro giorni, 125 arabi d’Israele, 25 cristiani, 100 musulmani e 135 ebrei. Ad essi si uniranno circa 200 francesi e belgi, 140 dei quali arabi, per la metà cristiani e per la metà musulmani; e un centinaio di giornalisti, la metà dei quali partiranno con il pellegrinaggio da Israele. Tra le tappe del pellegrinaggio Wadowice, la cittadina natale di Papa Giovanni Paolo II, “al cui insegnamento e impegno di riconciliazione tra arabi ed ebrei mi sono ispirato”, dice padre Shoufani.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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COME CAMBIA LA GEOGRAFIA DELL’ORO NERO: REVOCATE LE SANZIONI ONU,

 IL PETROLIO IRACHENO TORNA, SENZA PIU’ RESTRIZIONI, SUL MERCATO MONDIALE

 

- Intervista con Alberto Negri -

 

 

Con la fine delle sanzioni all’Iraq, stabilita nei giorni scorsi dall’Onu, rientra sul mercato internazionale l’intera produzione di petrolio del Paese del Golfo. Dopo la discussa decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di gestire i proventi della vendita del greggio iracheno nei prossimi 12 mesi, sopraggiunge ora un altro problema: da chi verrà estratto il petrolio in Iraq? Andrea Sarubbi lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

 

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R. – Gli iracheni non sono in grado, in questo momento, di riprendere l’attività sui pozzi petroliferi, e neppure di riavviare l’esportazione di petrolio. Al contrario, si assiste addirittura ad un paradosso per un Paese petrolifero: in questo momento l’Iraq, proprio per l’inefficienza delle sue raffinerie, è costretto ad importare petrolio raffinato – ossia benzina, carburante – dalla Turchia, mentre proprio in Turchia ci sono 8 milioni di barili di petrolio iracheno che aspettano un venditore. Gli acquirenti ci sono, ma non c’è ancora colui che può decidere a chi venderlo e come venderlo.

 

D. – Come verrà estratto questo petrolio? Secondo quali criteri?

 

R. – Il problema chiave dell’Iraq è stabilire se saranno ancora valide le antiche concessioni, gli antichi contratti stipulati con molte aziende occidentali europee e con le società petrolifere dell’area russa ed ex-sovietica. Il modo in cui verrà estratto il petrolio iracheno, e secondo quali criteri, determinerà delle conseguenze importantissime non soltanto per l’Iraq, ma per tutta l’area della regione mediorientale. Finora, infatti, nei Paesi del Medio Oriente, il petrolio – nazionalizzato ormai da oltre 30 anni – viene assegnato con concessioni in cui le compagnie petrolifere non possono decidere quanto petrolio estrarre, ma la quota viene stabilita in anticipo. Se gli americani, in Iraq, decidessero di assegnare concessioni pure e semplici senza limiti allo sfruttamento di questo petrolio, evidentemente cambierebbe una parte importante della storia petrolifera, ma anche politica ed economica del Medio Oriente.

 

D. – Quanto è a rischio per gli Stati Uniti il petrolio saudita, dopo gli ultimi attentati a Riad?

 

R. – Non credo che gli Stati Uniti abbiano chiuso il rubinetto saudita, anche perché l’Arabia Saudita rimane il principale produttore dell’Opec, con un compito ben preciso, che è quello dello ‘Swing producer’: Riad deve colmare i vuoti produttivi eventuali degli altri Paesi dell’Opec ed in qualche modo regolamentare tutta la produzione dell’Organizzazione dei Paesi petroliferi. Gli Stati Uniti non hanno ancora ‘svestito’ ufficialmente l’Arabia Saudita di questo compito. Se lo facessero, da domani evidentemente a Riad cambierebbe radicalmente il quadro politico non solo saudita, ma di tutti i Paesi del Golfo. Ritengo, invece, che gli americani tenderanno a diversificare sempre di più le fonti di approvvigionamento petrolifero, e di determinare in Iraq una situazione tale che possa poi condizionare l’evoluzione dei contratti petroliferi con tutti gli altri Paesi dell’Opec.

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PIETROBURGO E L’ITALIA: UNA MOSTRA AL VITTORIANO DI ROMA

CELEBRA I 300 ANNI DALLA FONDAZIONE DELLA CITTA’ BALTICA

 E IL CONTRIBUTO DEL GENIO ITALIANO IN RUSSIA

 

- Con noi, il prof. Vittorio Strada -

 

Una città giovane e straordinaria, naturalmente russa ma intimamente europea. Con un calendario denso di appuntamenti culturali e incontri politici, si celebrano, in questi giorni in Russia, i 300 anni della fondazione di San Pietroburgo. Per l’occasione, il prossimo 31 maggio si terrà - nella città baltica - un vertice Russia-Unione europea. Gli eventi per festeggiare San Pietroburgo non mancano anche in Italia, dove una mostra al Vittoriano di Roma si sofferma sul contributo della cultura italiana alla nascita della città fondata da Pietro il Grande. Ma qual è il percorso logico seguito nell’allestimento della mostra? Risponde il curatore dell’evento, il prof. Vittorio Strada, professore di Lingua e Letteratura russa, presso l’Università degli Studi di Venezia, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Prima di tutto, si è voluto testimoniare la presenza e il lavoro dei nostri architetti, che hanno dato un contributo fondamentale alla costruzione di Pietroburgo. Poi, si è voluta dare una rappresentazione visiva del lavoro compiuto dagli architetti, e cioè degli edifici attraverso dei vedutisti, che hanno raffigurato questi monumenti architettonici. Si è anche voluto testimoniare la presenza dei nostri artisti, che hanno lavorato a Pietroburgo, presso la corte dei vari zar, dei vari imperatori. Ecco, attraverso queste sezioni credo che si abbia un’impressione visiva variata e ricca dell’apporto dato dal genio italiano tanto in Russia, naturalmente, quanto nella capitale di San Pietroburgo.

 

D. – Francesco Algarotti definì San Pietroburgo ‘una finestra sull’Europa’: quanto contribuì il genio italiano, così presente fin dalla nascita della città baltica, ad avvicinare la Russia alla cultura europea?

 

R. – Contribuì  prima di tutto attraverso i suoi artisti e poi anche con i suoi uomini di teatro, perché il teatro russo del tempo ha goduto dell’apporto della musica e dei registi italiani. Direi, al di là di questo, anche dei suoi pensatori. Noi pensiamo soprattutto al contributo dato dagli Illuministi, dai filosofi francesi soprattutto durante il regno di Caterina II. Ma dobbiamo considerare l’importanza che ha avuto, per esempio, il nostro Beccaria per il progetto di nuova legislazione di Caterina II. Quindi, c’è stato un contributo variato che non è soltanto di artisti ma anche di pensatori. La presenza italiana è stata preponderante rispetto a quella di altri Paesi europei occidentali.

 

D. – La fondazione di San Pietroburgo è la scelta di Pietro il Grande di essere parte dell’Europa. Cosa può insegnare oggi al Vecchio Continente questa lezione del passato?

 

R. – La fondazione di Pietroburgo è stata proprio l’inizio di una nuova fase della storia russa, cominciata appunto con Pietro il Grande tre secoli fa. E’ l’inizio della cosiddetta modernizzazione o ‘europeizzazione’ della Russia, un processo lungo, drammatico, difficile, che nel ‘900 ha avuto una pausa particolarmente forte e drammatica, quella del periodo sovietico. Adesso, da una decina d’anni, in qualche misura riprende, sia pure faticosamente, nel periodo post-comunista, quel ciclo storico iniziato tre secoli fa. Adesso la Russia entra proprio in un suo nuovo momento particolarmente importante, e direi che proprio adesso comincia una nuova fase della storia russa e della storia europea che si ricongiungono, in qualche misura.

 

D. – Quali sono oggi gli elementi di maggior fascino di San Pietroburgo, città astratta e premeditata nelle parole di Dostojievski?

 

R. – Ecco, intorno a Pietroburgo c’è sempre stata, nella cultura russa, una grande polemica: la sua contrapposizione a Mosca. Che, come veniva definita da un proverbio russo, è ‘il cuore’ della Russia, mentre Pietroburgo veniva definita ‘il cervello’, ‘la testa’ pensante della Russia moderna. Questa contrapposizione ancora oggi vive, in modi diversi. Per quello che riguarda Pietroburgo, direi proprio in questa occasione, acquista nuovamente un suo fascino, specie architettonico. Il periodo in cui Pietroburgo manifesta la sua natura di ‘città astratta’, come la definiva Dostojievski, e ‘premeditata’, è il periodo delle ‘notti bianche’: quindi, fra un paio di mesi Pietroburgo risalterà in tutto il suo carattere fantastico e fantasmagorico. Poi, c’è la sua vita intellettuale, particolarmente ricca, con le sue università, i suoi musei, le sue accademie e la nuova vita intellettuale e culturale e letteraria della Pietroburgo di questo ultimo decennio. Questo fa parte proprio di questa vita nuova di questa che è una delle grandi capitali culturali del nostro Vecchio Continente.

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UN VOLUME DEDICATO AI CATECHISTI, MA ANCHE AI CREDENTI CHE VOGLIANO APPROFONDIRE LE ORIGINI E LO SVILUPPO DELLA PROPRIA FEDE:

E’ IN LIBRERIA “LA CHIESA NELLA STORIA”,

TESTO AGILE SUI DUEMILA ANNI DEL CRISTIANESIMO

 

- Intervista con il prof. Pier Luigi Guiducci -

 

Venti secoli di storia della Chiesa condensati in circa 700 pagine. E’ lo sforzo di sintesi alla base di un libro di recente pubblicazione, intitolato “La Chiesa nella storia”. L’opera, scritta a quattro mani dal vescovo di Velletri, Andrea Maria Erba, e da un docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il prof. Pier Luigi Guiducci, ha precise finalità divulgative. Un testo di base - non privo di rigore scientifico - pensato per catechisti e formatori, ma anche per chi desideri un primo approccio ad una materia vasta e ramificata quel è la sequela degli avvenimenti che portarono il primo annuncio degli apostoli a divenire il nucleo spirituale e missionario di una comunità universale, che oggi conta oltre un miliardo di fedeli in tutto il mondo. Già il titolo suggerisce una chiave di lettura del volume: la Chiesa nella storia. Alessandro De Carolis ne ha chiesto ragione ad uno degli autori, il prof. Guiducci:

 

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R. – Perché stiamo parlando di una realtà dinamica aperta al mondo, che cresce con le chiese locali, che viene rafforzata dalla santità dei suoi membri e quindi non è una visione statica della Chiesa, ma è una visione profondamente dinamica.

 

D. – Quale taglio avete dato alla stesura del vostro libro?

 

R. – Abbiamo cercato di mantenere un taglio divulgativo, pur conservando una struttura scientifica. E questo lo abbiamo fatto per accompagnare un lettore in modo da offrirgli immediatamente la visione dei dati essenziali, ma anche di una serie di collegamenti tra i vari avvenimenti. E’ certamente uno strumento di pastorale per tutte quelle persone che si avviano a diventare insegnanti di religione. E’ strumento per i catechisti, è strumento per i diaconi, per i responsabili ed animatori delle nostre associazioni e dei movimenti ecclesiali.

 

D. – L’ultimo capitolo del libro in particolare - intitolato ‘Verso il 2000, oltre il 2000’ - dedica uno congruo spazio alla Chiesa sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II. Quale lettura ne avete dato?

 

R. – Abbiamo cercato di mettere in evidenza gli aspetti più innovativi, ma anche il collegamento con tutta la tradizione della Chiesa cattolica. Certamente, quello in corso è un Pontificato che ha aperto la strada a sempre nuovi dialoghi, ad esempio in materia ecumenica. Parliamo quindi di un Pontefice che entra nelle sinagoghe, che entra nei luoghi di culto dei protestanti, che entra nelle moschee, ma contemporaneamente di un Pontefice estremamente attento a conservare il patrimonio di fede e a renderlo comprensibile con un linguaggio adatto all’oggi.

 

D. – Come mai la scelta di quella specifica foto sulla copertina del libro?

 

R. – Nella copertina del libro viene inquadrata una scena drammatica. Siamo nel luglio del 1943. Roma subisce il primo di una serie di bombardamenti alleati, che colpiscono in particolare il quartiere di San Lorenzo. Pio XII viene a conoscenza di questo fatto e decide con solo quattro collaboratori ed una sola macchina di raggiungere quel posto. Una sortita durante la quale gli sarà anche salvata la vita perché, mentre l’auto pontificia si apprestava a raggiungere San Lorenzo, l’allora giovanissimo viceparroco, Fiorenzo Angelini, poi diventato cardinale, si metterà davanti alla macchina del Papa, bloccandola, perché più avanti c’è una bomba inesplosa. C’era sul posto anche un cineoperatore dell’allora telegiornale dell’Istituto Luce, che riprende quella storica immagine di Pio XII, circondato dalla folla, che esprime tutta la sua richiesta incessante a Dio di misericordia, di aiuto, di sostegno, allargando le braccia come faceva di solito nelle udienze in Vaticano. Noi abbiamo voluto inserire questa immagine in apertura del testo di storia della Chiesa proprio per significare che il Pontefice è all’interno del popolo di Dio, perché ne è soprattutto padre, perché ne è pastore e perché ne è maestro.

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CHIESA E SOCIETA’

25 maggio 2003

                  

 

 

 

SI E’ SPENTO STAMANI A ROMA, ALL’ETA’ DI 102 ANNI, PADRE ANTONIO FERRUA,

 UNA VITA DEDICATA ALL’ARCHEOLOGIA E ALL’EPIGRAFIA. I FUNERALI MARTEDI’ 27 ALLE ORE 9.00, PRESSO LA SEDE DE “LA CIVILTA’ CATTOLICA”

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

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ROMA. = Oltre quattrocento pubblicazioni relative alle scoperte di catacombe, all’illustrazione di sarcofagi, affreschi e iscrizioni. Sono il frutto di un’esistenza lunga 102 anni, quella del gesuita Antonio Ferrua, spentosi la notte scorsa a Roma. Il suo capolavoro è considerato l’edizione critica degli Epigrammata Damasiana, un testo che rivela tutta quella capacità di lavoro e quel taglio spassionato e laico della ricerca che portò qualcuno ad identificare, e non a torto, in padre Ferrua l’erede del grande Giovan Battista De Rossi, lo studioso che nella seconda metà dell’Ottocento fondò la moderna archeologia cristiana. Ma la maggior parte dei conoscitori dello studioso legheranno la sua figura sicuramente agli importanti scavi archeologici da lui effettuati sotto la basilica vaticana e condotti per volere di Pio XII dal 1944 al 1949. Per lo stesso Pontefice, il religioso coordinò poi la delicata opera di ricostruzione della basilica di san Lorenzo al Verano, gravemente danneggiata in seguito ai bombardamenti, che il 19 luglio 1943 danneggiarono il popoloso quartiere romano. Nel corso delle ricerche di identificazione sulla tomba e le reliquie di S. Pietro, padre Ferrua ebbe una lunga, ma proficua, controversia con la collega Margherita Guarducci, celebre epigrafista laica scomparsa nel 1999. Il vivace e appassionato dibattito diede modo al gesuita di dimostrare, ancora una volta, il grande rigore su cui non agì mai alcuna interferenza di carattere ideologico, né tanto meno confessionale o apologetico. Questa laicità è stata anche rafforzata, tra l’altro, da un’indole, che, seppur seria e meditativa, ha sempre assunto un’ironia sottile e distaccata nei confronti dei propri lavori. Il noto studioso sarà anche ricordato per gli oltre cinquant’anni spesi come docente al pontificio istituto di archeologia cristiana e per la sua partecipazione a numerose e prestigiose istituzioni culturali e accademiche. Fra queste, la carica di conservatore del Museo Sacro della Biblioteca Vaticana ricoperta fin dal 1948.

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TERREMOTO IN ALGERIA: SALGONO A 2047 LE VITTIME.

 NUOVA SCOSSA NELLA NOTTE A THENIA, AD EST DELLA CAPITALE

 

ALGERI. = Ancora drammatiche notizie dall’Ageria: sono saliti a 2047 i morti in seguito al violento sisma, che mercoledì scorso ha colpito il Paese. Non si tratta, peraltro, di dati definitivi. Il quadro complessivo potrebbe peggiorare. A comunicarlo è stato questa mattina il ministero dell’Interno. Si teme nel frattempo il rischio che le gravi condizioni sanitarie in cui versa il Paese, dove sono attive varie squadre internazionali di soccorso, possano contribuire alla diffusione di malattie. Un’ultima scossa di terremoto di assestamento di magnitudo 4,1 sulla scala Richter è stata registrata a Thenia, 60 chilometri ad est di Algeri, località già duramente colpita dal primo sisma (P.O.).

 

 

IL GOVERNO ISRAELIANO HA APPROVATO LA ROAD MAP, IL PIANO DI PACE PER IL MEDIO ORIENTE PROPOSTO DAL QUARTETTO

 

GERUSALEMME.=  Il governo israeliano ha approvato oggi la road map, il piano di pace per il Medio Oriente proposto dal Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu). Stamane in un’intervista al quotidiano “Yediot Ahronot” il premier israeliano Sharon aveva dichiarato:  “Sono giunto alla convinzione che è necessario dire sì agli Usa e spartire questo lembo di terra con i palestinesi”. (P.O.)

 

 

GLI ARMENI ELEGGONO OGGI IL NUOVO PARLAMENTO E VOTANO

UN REFERENDUM SU UNA CONTROVERSA RIFORMA COSTITUZIONALE

 

YEREVAN. = Domenica elettorale per l'Armenia, dove stamani 1865 seggi hanno aperto le porte agli abitanti della repubblica del Caucaso, chiamati ad eleggere il nuovo parlamento e a votare una controversa riforma costituzionale. Sono 2 milioni e 317mila gli armeni chiamati a nominare 131 nuovi membri del Parlamento. Partecipano al voto ventuno forze politiche. La campagna elettorale dei mesi scorsi si è soprattutto caratterizzata per lo scontro tra il partito del presidente Robert Kocharìan ed i suoi oppositori. Kocharian è stato scelto come capo di Stato per la seconda volta nella storia del Paese, lo scorso 5 marzo. La sua elezione è stata duramente contestata dal principale oppositore Stepan Demirchàn che ha parlato di “frode” e “irregolarità” incoraggiando la protesta di massa. Gli armeni sono oggi chiamati anche a votare un referendum su varie modifiche alla Carta Magna, adottata il 5 luglio del 1995. Tra le riforme è inclusa quella relativa all’eliminazione della clausola, che proibisce la doppia nazionalità agli armeni. Tuttavia, maggiori confusioni e polemiche sono state sollevate da altri punti della riforma interpretati in modo diverso da governo e opposizioni. (P.O.)

 

 

SPAGNOLI E ITALIANI OGGI ALLE URNE. I PRIMI SONO CHIAMATI A RINNOVARE LE AMMINISTRAZIONI MUNICIPALI. IN ITALIA, DOVE SI VOTERA’ ANCHE DOMANI, SI SCELGONO INVECE LE NUOVE AMMINISTRAZIONI PROVINCIALI E 500 CONSIGLI COMUNALI

 

MADRID. = A dodici mesi dalle elezioni europee del 2004, due Paesi membri dell’Unione sono oggi convocati alle urne: si tratta di Spagna e Italia. La prima vedrà coinvolti poco più di 34 milioni di elettori, chiamati a rinnovare 8.108 amministrazioni municipali. Circa 19 milioni di cittadini voteranno anche per il rinnovo del governo regionale in 13 delle 17 “comunidades autonomas”. Si tratta di elezioni particolarmente significative per il premier Josè Maria Aznar e il suo Partito Popolare (Pp), da sei anni al governo del Paese, provato negli ultimi mesi dal disastro ecologico della “Prestige” nelle coste nord-occidentali e dall’allineamento angloamericano di Madrid nella guerra in Iraq. Fortunatamente, non si sono al momento verificate le ventilate ipotesi di disordini e attentati nei Paesi Baschi, dove per la prima volta, dalla fine del franchismo, il partito Batasuna - dopo lo scioglimento da parte della magistratura - non partecipa alle votazioni. Sono, invece, 11 i milioni gli italiani, che votano per il rinnovo di 12 amministrazioni provinciali e circa 500 consigli comunali. L’attenzione, per quanto riguarda le provinciali, è particolarmente concentrata su Roma e sulla Sicilia. Alle ore 12 di questa mattina, aveva votato il 10 per cento degli aventi diritto per le province e il 15 per cento per i comuni. (P.O.)

 

 

CELEBRATA IERI DAL CARDINALE DARIO CASTRILLÓN HOYOS,

 NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA MAGGIORE,

UNA SANTA MESSA NELL’ANTICO RITO DI SAN PIO V

 

- Servizio di Antonio Mancini -

 

ROMA.= “Siamo tutti chiamati all’unità nella verità”. Così ha raccomandato il cardinale Dario Castrillón Hoyos concludendo la propria omelia della Santa Messa che ha celebrato sabato pomeriggio, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore. La celebrazione, nell’antico rito cosiddetto di San Pio V secondo il Messale Romano del 1962, ha riempito le navate della Basilica Liberiana ed è stata preceduta dalla recita del Santo Rosario. Il porporato ha voluto prima di tutto accentrare l’attenzione dei fedeli di diverse parti del mondo  sulla Beata Vergine Maria, venerata col  titolo di Auxilium Christianorum, proprio nella chiesa mariana più antica di Roma. Successivamente, il porporato ha parlato a lungo di Giovanni Paolo II: della “sua instancabile difesa della verità”, della sua “dedizione alla causa dell’unità” e della sua “promozione della pace” lungo i 25 anni del suo pontificato. Nei giorni scorsi, un comunicato della Pontificia Commissione Ecclesia Dei aveva preannunciato l’incontro di preghiera a Santa Maria Maggiore presentandolo come “atto di devozione a Sua Santita” per ringraziarlo del Motu Proprio “Ecclesia Dei” e per un augurio “nell’approssimarsi del Suo XXV anniversario di elevazione al Sommo Pontificato, nel contesto dell’Anno del Santo Rosario”. In risposta a queste attenzioni, il Santo Padre ha voluto esprimere il proprio saluto e il proprio compiacimento con un messaggio a firma del Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, letto prima della celebrazione liturgica. La terza figura che il cardinale Castrillón Hoyos ha voluto tratteggiare nella sua omelia è stata quella di Papa San Pio V “le cui spoglie – ha ricordato il porporato – riposano qui, in questa Basilica”. Il presidente della “Ecclesia Dei” non ha mancato di rilevare “la ricchezza dei frutti di santità del rito di San Pio V”, che nella Chiesa “conserva il diritto di cittadinanza” al pari di tutti gli altri Riti. La celebrazione, accompagnata dal canto gregoriano, si è conclusa, tra tanta pietà e commozione, con le note e con le parole del “Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat.”.

 

 

 

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