RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 144 - Testo della
Trasmissione di sabato 24 maggio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La Caritas si mobilità per soccorrere le popolazioni
dell’Algeria colpite dal terremoto
Ancora
scontri nelle Filippine tra esercito e separatisti islamici
Speranze di pace in Medio
Oriente dopo il sì di Sharon al piano di pace road map
Nominato
il nuovo rappresentante Onu in Iraq: è il brasiliano Sergio
Vieira de Mello
Un maggiore impegno dell’Onu nella lotta al
narcotraffico in Colombia: è quanto chiedono i paesi latino americani a Cuzco
per il vertice del gruppo di Rio
Elezioni domani in Armenia: favorita l’attuale
maggioranza repubblicana
Sars:
nuovi casi in Canada, mentre per il primo giorno dall’inizio dell’epidemia oggi
Hong Kong non registra nuovi casi
Spagna in attesa di andare alle urne, domani. Esplode un pacco-bomba a Valencia, quattro i feriti.
24 maggio 2003
L’URGENZA DI PREPARARE APOSTOLI PER LA NUOVA
EVANGELIZZAZIONE
RICHIAMATA DAL PAPA NELL’UDIENZA AI PARTECIPANTI
ALL’ASSEMBLEA PLENARIA
DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI:
CON NOI IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE
- A cura di Giovanni Peduto -
**********
I
lavori, iniziatisi giovedì mattina, si sono conclusi con l’incontro col Santo
Padre in tarda mattinata nella Sala Clementina. Al centro della riflessione, un
aspetto importante della missione della Chiesa: la formazione nei territori
di missione, con riferimento ai sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e
alle religiose, ai catechisti e ai laici impegnati nelle attività pastorali.
Ricordato
che l'urgenza di preparare apostoli per la nuova evangelizzazione è stata
ribadita dal Concilio Vaticano II come pure dai Sinodi dei Vescovi tenutisi in
questi anni, Giovanni Paolo II ha sottolineato come, dal momento che le
comunità ecclesiali di recente fondazione sono in rapida espansione, proprio perché
talora sono state evidenziate deficienze e difficoltà nel loro processo di crescita,
appare urgente insistere sulla formazione di operatori pastorali qualificati,
grazie a programmi sistematici, adeguati alle necessità del momento presente, e
attenti a "inculturare" il Vangelo nei diversi ambienti ...
“Urge una formazione integrale, in grado di preparare
competenti e santi evangelizzatori all'altezza della loro missione. Ciò
richiede un processo lungo e paziente, nel quale ogni approfondimento biblico,
teologico, filosofico e pastorale trova il suo punto di forza nel rapporto
personale con Cristo ‘Via, Verità e Vita’".
Il Pontefice ha
quindi detto che Gesù è il primo ‘formatore’, e fondamentale sforzo di ogni
educatore sarà aiutare i formandi a coltivare una relazione personale con Lui.
Soltanto coloro che hanno imparato a "restare con Gesù" sono pronti
per essere da Lui inviati a evangelizzare. “La Chiesa, specialmente nei Paesi
di missione – ha proseguito il Papa – ha bisogno di persone preparate a servire
il Vangelo in modo gratuito e generoso, pronte perciò a promuovere i valori
della giustizia e della pace abbattendo ogni barriera culturale, razziale,
tribale ed etnica, capaci di scrutare i ‘segni dei tempi’ e di scoprire i ‘semi
del Verbo’, senza indulgere a riduzionismi né a relativismi”.
Il Santo
Padre si è detto infine lieto di profittare di questa occasione per ringraziare
quanti si dedicano generosamente al compito educativo nei territori di
missione. Ha rivolto il suo pensiero ai non pochi seminaristi, sacerdoti,
religiosi, religiose e laici appartenenti ai territori di missione che
completano il loro itinerario formativo qui, a Roma, in Collegi e Centri, molti
dei quali dipendono dal dicastero di Propaganda Fide, in particolare i
Pontifici Collegi Urbano, San Pietro e
San Paolo per i sacerdoti, il Foyer Paolo VI per le religiose, il Centro Mater
Ecclesiae per i catechisti, e il Centro Internazionale di Animazione
Missionaria per il rinnovamento spirituale dei missionari. Ha concluso
augurando di cuore che l'esperienza romana sia per ciascuno di loro vero
arricchimento culturale, pastorale e soprattutto spirituale e, assicurando la
sua preghiera, ha impartito a tutti con affetto la sua speciale benedizione
apostolica.
Al termine dell’udienza con il Santo Padre, abbiamo
avvicinato il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli,
il cardinale Crescenzio Sepe, per chiedergli di farci il punto sui lavori di
questi giorni ...
“Più che di conclusioni, si è trattato di una serie di
suggerimenti che tutti i membri della Congregazione hanno potuto esprimere,
ognuno secondo il proprio punto di vista, quindi i vescovi quelli che sono i
doveri anche dei vescovi riguardo alla formazione nelle rispettive diocesi e
direi anche nei rispettivi continenti; e così pure i sacerdoti, il
coinvolgimento dei sacerdoti nella formazione sia iniziale nei seminari che
permanente dopo; e, quindi, anche le varie strutture da dover creare
all’interno, poi, delle singole diocesi o dei singoli Paesi per questa
formazione permanente. E lo stesso anche il richiamo alla formazione iniziale e
continua dei religiosi e delle religiose. Un punto particolarmente esaminato è
stato la formazione dei laici, particolarmente dei catechisti, perché è una
forza dirompente all’interno della Chiesa soprattutto per quanto riguarda la
prima evangelizzazione. E poi, c’è bisogno di offrire a questi nostri bravi
catechisti quelle strutture pratiche che possono aiutarli a svolgere il loro
ministero nelle zone, nelle aree di prima evangelizzazione”.
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IN
UDIENZA DAL PAPA IL PREMIER SIMEONE DI BULGARIA
E IL
VICE PREMIER DI POLONIA KOLODKO.
NOMINE
DI CURIA E PROVVISTE DI CHIESE IN MALAYSIA, MYANMAR E PARAGUAY
Il Papa
ha ricevuto stamani in udienza il primo ministro della Repubblica di Bulgaria, Simeone di Sassonia Coburgo-Gotha,
con nove persone del seguito.
Il Santo Padre ha inoltre ricevuto in successive udienze
il vice primo ministro e ministro delle Finanze della Repubblica di Polonia,
Grzegorz W. Kolodko; l’ambasciatore di Corea, Hyun-seop Seo, con la consorte,
in visita di congedo, e in fine mattinata il cardinale Giovanni battista Re,
prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Pontefice ha nominato
membri della Congregazione per l’Evangelizza-zione dei Popoli tre
direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, ossia i sacerdoti
Joseph Gyetin, dell’arcidiocesi di Koupéla, per il Burkina Faso e il Niger; Jan
Piotrowski, della diocesi di Tarnòw, per la Polonia; e Ignace Siluvai, della diocesi
di Tuticorin, per l’India.
Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur, in Malaysia, presentata dall’arcivescovo
mons. Antony Soter Fernandez, in conformità alla norma canonica relativa a
“infermità o altra grave causa”. Come nuovo arcivescovo di Kuala Lumpur, il Santo
Padre ha quindi nominato il presule mons. Murphy Nicholas Xavier Pakiam, finora
ausiliare della stessa arcidiocesi.
In Myanmar, il Pontefice ha nominato arcivescovo di
Mandalay mons. Paul Grawng, attualmente vescovo di Myiykyina; arcivescovo di
Yangon mons. Charles Bo, salesiano, finora vescovo di Pathein; e vescovo di
Pathein mons. John Hsane Hgyi, finora
ausiliare della stessa diocesi.
Infine, il Papa ha nominato ordinario militare per il
Paraguay il vescovo mons. Ricardo Valenzuela Rìos, finora ausiliare di
Asunciòn.
SOLENNE RITO INAUGURALE NELLA
CHIESA ROMANA DEI SANTI VINCENZO E ANASTASIO, OFFERTA DAL PAPA PER L’USO
LITURGICO ALLA COMUNITA’ ORTODOSSA BULGARA:CON NOI IL CARDINALE WALTER KASPER
E’ nel segno dell’unità e nel
contesto europeo che assume particolare significato la “Grande preghiera di
ringraziamento”, celebrata questa mattina nella chiesa dei Santi Vincenzo e
Anastasio a Roma. Una celebrazione solenne che ha inaugurato l’uso liturgico di
questa antica chiesa, per la comunità ortodossa bulgara di Roma. E’ questo un
dono promesso da Papa Giovanni Paolo II esattamente un anno fa, durante un
memorabile incontro a Sofia, con sua Beatitudine Maxim. Per l’occasione è
giunta dalla Bulgaria una folta delegazione composta, tra gli altri, da sei
metropoliti del Patriarcato ortodosso. Presente questa mattina alla cerimonia
anche il primo ministro di Bulgaria, Simeone. Servizio di Carla Cotignoli:
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(canto)
Per la prima volta questa
mattina nell’antica chiesa dei martiri Vincenzo e Anastasio, nel cuore di Roma
a Fontana di Trevi, sono risuonati i canti della sacra liturgia ortodossa.
Questa che da oggi ospiterà la comunità ortodossa bulgara, proprio perché dono
del Santo Padre, diventa un segno visibile del desiderio di ortodossi e
cattolici di giungere ad attuare in pienezza la preghiera di Gesù: “che tutti
siano uno”. E’ quanto ha espresso il
metropolita dell’Europa centrale e occidentale del Patriarcato di Bulgaria,
Simeon. Un avvenimento questo che apre “un grande spiraglio di speranza”, come
ha evidenziato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio
per l’unità dei cristiani.
Dalle parole del metropolita
ortodosso sono emerse le profonde radici cristiane della nazione bulgara.
Proprio oggi – ha ricordato – noi festeggiamo e celebriamo la memoria dei Santi
Cirillo e Metodio. Due apostoli che non solo hanno segnato il rinascimento nazionale bulgaro, ma
sono “ponte tra l’Oriente e l’Occidente
cristiano”, “i primi fautori dell’unità nella diversità”, ed “anche via che ci
porta verso la nostra casa comune, l’Europa”. Anche il cardinale Kasper non ha
mancato di riferirsi all’Europa:
“Ritengo che ciascuno di noi ne
sia consapevole, la nostra epoca ci induce a non vivere da solitari, da
isolati, o nell’ignoranza dell’altro. Gli sviluppi sociali, politici, culturali
di questa nostra ora, soprattutto nel contesto del Continente Europeo, ci
incoraggiano all’apertura reciproca”.
La nuova stagione nei rapporti
tra le Chiese ortodossa bulgara e cattolica era stata inaugurata dalla prima
visita di un Papa, lo scorso anno, in Bulgaria. Il metropolita Simeon ha
ricordato con gioia il primo anniversario di quella visita. “Ci ha lasciato –
ha detto – un ricordo indimenticabile per la storia della nostra Patria.
“Questa visita – ha aggiunto - ha risvegliato i fedeli, sia della Chiesa
d’Oriente che di Occidente, portandoli a ripensare non soltanto a quello che ci
divide, ma soprattutto a quello che ci unisce”. Ed ha richiamato il desiderio
che Giovanni Paolo II aveva espresso “già all’inizio del suo pontificato”: che
“ritornasse il tempo in cui la Chiesa di Cristo respirava con due
polmoni.”
Davvero – come ha detto il
cardinale Kasper - “è iniziata una collaborazione più stretta” che “potrà
dilatarsi e rendere più vasto lo spazio di comunione al quale dobbiamo
tendere”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con la situazione in Medio
Oriente: Sharon accetta il piano di pace ma ordina un’incursione militare nei
Territori.
In Algeria
continuano le ricerche di superstiti tra le macerie del sisma.
Sempre in prima, con forte evidenza, quanto il Papa ha
sottolineato in occasione dell’udienza all’Assemblea Plenaria della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli: urge una formazione integrale
in grado di preparare competenti e santi evangelizzatori all’altezza della loro
missione.
All’interno, l’indirizzo d’omaggio rivolto al Santo Padre
dal cardinale Crecsenzio Sepe.
Nelle vaticane, una pagina sull’attualità della
testimonianza di San Filippo Neri.
La preghiera dei poveri di Firenze “con il Papa e per il
Papa”: l’augurio per l’83° genetliaco di Giovanni Paolo II maturato alla
“scuola eucaristica” di La Pira.
Una pagina dedicata alla celebrazione del giubileo
presbiterale di mons. Girolamo Grillo, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia: i
contributi del cardinale Giovanni Battista Re, del cardinale Saraiva Martins e
dell’arcivescovo Giovanni Marra.
Nelle pagine estere, riguardo al terrorismo, in Marocco
sono minacciati obiettivi statunitensi.
Bush per “la linea dura” contro la Corea del Nord se non
abbandona il programma nucleare.
Nella pagina culturale, un articolo di Francesco Valiante
sul libro di Giampaolo Mattei dedicato al sacerdote Giosy Cento, che da più di
30 anni compone canzoni che si propongono come strumento di riflessione e di
preghiera.
Nelle pagine italiane, in primo piano la vigilia delle
elezioni amministrative.
In rilievo il tema
della sanità.
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24
maggio 2003
IL
PRIMATO DEL DIRITTO NELLA SOLUZIONE DELLE CONTESE TRA GLI STATI,
RIBADITO DALL’ARCIVESCOVO JEAN-LOUIS TAURAN
NELL’INTERVENTO CONCLUSIVO
DEL CONVEGNO ALLA GREGORIANA SU “CHIESA E
ORDINE INTERNAZIONALE”
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Solo
una “rigorosa applicazione del dritto da parte di tutti e in ogni circostanza
può impedire che il più debole sia reso vittima” del più forte. Così,
l’arcivescovo Jean-Louis Tauran, segretario per i Rapporti con gli Stati,
nell’intervento pronunciato stamani alla Pontificia Università Gregoriana in
Roma, al termine del convegno su “Chiesa e Ordine Internazionale”. Mons. Tauran
ha ribadito che l’impegno della Santa Sede nella comunità internazionale è
fondato sulla “centralità della persona umana” e i suoi diritti. Per tale
ragione, ha detto, l’impegno primario della diplomazia pontificia è convincere
i responsabili delle società che la violenza e la paura “non possono avere
l’ultima parola”. Quindi, soffermandosi sul grande tema della pace, non ha
mancato di offrire alcune profonde riflessioni sulla recente crisi irachena. Il
Servizio di Alessandro Gisotti:
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Al di fuori della legittima
difesa, “sono sempre da preferire, per risolvere le contese, gli strumenti del
dialogo e della mediazione”. E’ il richiamo di mons. Tauran, che riandando con
la memoria alla recente crisi irachena, ha ricordato come la Santa Sede abbia
“sempre incoraggiato gli sforzi condotti per raggiungere un effettivo disarmo
che vada oltre la dissuasione, fondata sull’equilibrio del terrore”. Nella
consapevolezza che “la violenza genera violenza”, il presule ha affrontato la
drammatica questione delle armi di distruzione di massa. “E’ convinzione della
Santa Sede – ha detto – che la potenza distruttrice e le sofferenze causate da
tali armi” arreca danni “che sono di gran lunga superiori al male che
intendono” cancellare. La corsa agli armamenti, ha proseguito, “lungi
dall’eminare le cause di guerra, rischia di aggravarle”. Non solo, l’impiego di
immense ricchezze per produrre armamenti “impedisce di soccorrere le
popolazioni indigenti ed ostacola lo sviluppo dei popoli”. L’armarsi ad
oltranza, ha avvertito ancora, “moltiplica le cause dei conflitti ed aumenta il
rischio del loro propagarsi”.
Mons. Tauran ha, così, rivolto
l’attenzione all’efficacia del sistema giuridico internazionale. La pace, ha
rilevato, “è molto più che l’assenza di conflitti”. Deve, infatti, poggiare “su
un ordine sociale ed internazionale, fondato sul diritto e sulla giustizia”. Di
qui, il dovere per ogni Paese di rispettare il diritto internazionale. “Senza
diritto non c’è solamente ordine, ma nemmeno libertà e pace”. In tale contesto,
ha rammentato - durante la crisi in Iraq - la Santa Sede ha detto di “non
condividere il principio della guerra preventiva, concetto inventato
all’uopo, ed ha sollecitato il rispetto della Carta” dell’Onu. Se la comunità
internazionale avesse applicato in questi ultimi anni il corpus giuridico
internazionale di cui si è dotata, ha commentato con amarezza, “avrebbe
risparmiato tanti spargimenti di sangue”, evitando molte crisi internazionali.
D’altro canto, l’arcivescovo ha indicato come in un mondo globalizzato “nessuno
si meraviglierà che la Chiesa Cattolica nutra apprezzamento per la democrazia”.
La pace e la convivenza civile, infatti, sono “sempre gravemente minacciate
dalle diverse espressioni di un potere totalitario”. L’apporto etico della
Chiesa all’ordine mondiale, ha aggiunto, è anche “un messaggio profetico”. Il
Papa, ha spiegato, è “profondamente convinto che i mali che affliggono la
società internazionale di oggi non sono una fatalità” perché ognuno di noi “può
sviluppare in se stesso il proprio potenziale di fede” per porre “rimedio a
situazioni di ingiustizia e conflitto”.
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Il convegno alla Gregoriana ha
registrato gli interventi di numerose personalità del mondo intellettuale ed
ecclesiastico, tra cui l’arcivescovo emerito di Canterbury, George Carey.
Molteplici i temi affrontati nella due giorni di studi, dalla promozione dei
diritti umani all’etica nelle relazioni internazionali. Un incontro, di grande
rilievo anche per gli sviluppi dell’attualità internazionale, come spiega – al
microfono di Alessandro Gisotti - il prof. Roberto Papini, segretario
dell’Istituto internazionale Jacques Maritain, promotore del Convegno assieme
all’ateneo pontificio:
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R. - Oggi il tema della pace e
della guerra, a seguito dell’esplosione del terrorismo, è diventato il tema
centrale. Le Chiese cattoliche ed in genere le Chiese cristiane storiche hanno
preso posizioni contro la guerra e contro l’uso delle armi e hanno insistito
sulla prudenza nel risolvere i problemi che sono sul tappeto. Dall’Asia al
Medio Oriente hanno insistito sul tema della giustizia e sul tema del dialogo.
Soprattutto affermando che qualsiasi evento possa sorgere, non si trasformi in
un conflitto di civiltà. E’ a seguito di quest’appello del Papa e delle Chiese
cristiane che è maturata l’idea di una riflessione sul tema fondamentale di
quale possa essere il ruolo della Chiesa per la pace.
D. – Qual è il contributo che oggi
la Chiesa può dare alla costruzione di un ordine internazionale equilibrato che
favorisca la pace ed il rispetto dei diritti umani?
R. – Diciamo che la Chiesa, la
riflessione sull’ordine internazionale l’ha iniziata nel XIX secolo. E’ stato
proprio un gesuita, padre D’Azeglio che ha iniziato questa riflessione tra i
teologi cattolici sull’importanza di un ordine internazionale. Però, possiamo
anche ricorrere già al XVI secolo ai fondatori del diritto internazionale
Francisco Vitoria, Francisco Suàrez o padre Bartolomeo de Las Casas, che
all’epoca dell’occupazione dell’America Latina difendeva i diritti umani degli
indigeni. Oggi la Chiesa può dare un grande contributo perché insieme alle
altre Chiese cristiane può proiettare, nel circolo dell’energie storiche che
muovono il mondo, una sensibilizzazione delle coscienze che già c’è e far
comprendere che le grandi tensioni, i grandi conflitti che purtroppo sono il
pane quotidiano di questi giorni e di questa epoca non possono essere risolti
con le armi, ma che bisogna lavorare per la pace con armi non belliche, con
altri strumenti.
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ELEZIONI AMMINISTRATIVE IN SPAGNA:
IL PREMIER AZNAR CERCA UNA CONFERMA SUI SUOI SETTE ANNI AL POTERE,
I SOCIALISTI SPERANO NEL RECUPERO.
Si svolgono domani in tutta la Spagna le elezioni
amministrative per il rinnovo degli 8111 comuni, i parlamenti di 13 regioni, di
alcune province e di alcuni territori autonomi. Oltre 34 milioni i cittadini
chiamati alle urne per un voto che, alla luce delle ultime scelte del premier
Aznar a livello interno ed internazionale, riveste importanti significati
politici. Al microfono di Giancarlo La Vella lo conferma Javier Fernandez
Bonelli, dell’Ansa di Madrid.
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R. - Queste elezioni sono un test
politico di una certa importanza giacché si tratta del primo voto a livello
nazionale prima delle politiche dell’anno prossimo, che saranno anche le prime
politiche del dopo Aznar, tenendo conto che il premier spagnolo, dopo due
mandati, ha annunciato che non si presenterà alle prossime elezioni. Inoltre,
dopo oltre un decennio di predominio dei Popolari, questa maggioranza potrebbe
essere minacciata tenendo conto che il partito popolare sta soffrendo un
momento di logorio dovuto a tutta una serie di questioni che si sono accumulate
sul governo Aznar: prima la guerra con il Marocco, poi il disastro ecologico in
Galizia della Prestige e forse più gravemente, dal punto di vista elettorale,
l’appoggio esplicito della Spagna alla linea anglo-americana nella crisi
irachena in un momento nel quale perfino le statistiche ufficiali rivelavano
che oltre il 90 per cento degli spagnoli erano contrari ad una guerra in Iraq,
anche con mandato Onu.
D. – Queste elezioni si possono
considerare una sorta di referendum sul governo e sulla scelta che il governo
ha fatto per la guerra in Iraq?
R. – Diciamo che la questione sta
appunto nel sapere fino a che punto, per esempio, il cittadino madrileno, che
dovrà andare a votare per eleggere un nuovo sindaco ed un nuovo presidente
della sua comunità, lo farà a partire da considerazioni meramente locali, o
invece vorrà dare un messaggio più specificatamente politico. Possiamo dire che
in termini generali queste saranno le elezioni in cui si vedrà fino a che punto
lo zoccolo duro dell’elettorato popolare,
ha resistito a mesi e mesi di continui incidenti politici contro il
partito popolare.
D. – Temi politici anche più
prettamente interni in queste consultazioni?
R. – Al di là del test a livello
nazionale fra socialisti e popolari esistono altre questioni: quella del duello
fra socialisti e nazionalisti catalani per il controllo della poltrona di
sindaco di Barcellona e ovviamente quella più sentita dall’opinione pubblica
spagnola nel Paese basco. Queste elezioni dopo la messa al bando legale di
Batasuna, il partito considerato il braccio politico dell’Eta e l’annullamento
delle candidature della piattaforma Aub, che aveva ripreso lo stesso programma,
saranno le prime elezioni dalla fine del franchismo, in cui la cosiddetta
sinistra “abertzale”, ossia i settori più radicali del separatismo basco, non
avranno una espressione politica propria. Il che significa: da una parte una
maggiore conflittività sociale, perché questi settori stanno comunque facendo
sentire la loro voce e d’altro canto una caccia, soprattutto da parte dei
partiti nazionalisti moderati, al voto di questa sinistra “abertzale”, per
cercare ovviamente di recuperarlo e così di consolidare la loro maggioranza
ancora un pò zoppa nel Paese basco.
D. – Secondo te l’Europa si
aspetta qualcosa da queste elezioni?
R. – A livello europeo il vero
significato di queste elezioni sarà vedere forse fino a che punto la figura di
José Maria Aznar ne esce intatta. Molto si è detto sulle aspirazioni di Aznar a
livello continentale. E’ ovvio che in gran parte, queste aspirazioni potrebbero
essere frustrate se, per così dire, l’esito di queste elezioni fosse uno
schiaffo al Partito Popolare spagnolo. In tal caso Aznar rimarrebbe poco meno
di un anno per cercare di recuperare una reputazione politica che lui si è
giocato completamente sull’asse Blair-Berlusconi, dentro l’Europa, e
Blair-Bush, a livello internazionale.
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PER
RAFFORZARE LO SVILUPPO E LA PACE
-
Servizio di Concita De Simone -
Si è aperta questa mattina in Campidoglio la seconda
Conferenza annuale sulla “Glocalizzazione”, organizzata dal Comune di Roma con
l’obiettivo di rafforzare il ruolo della città nelle attività di sviluppo e
nella costruzione della pace. Vi prendono parte oltre 40 sindaci di zone
belliche e post-belliche, tra cui Nablus, in Israele; Sarajevo e Belgrado, nei
Balcani; Kigali, in Rwanda. Concita De Simone ha intervistato Giuliano
Stiglitz, portavoce del Glocal Forum:
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R. –
Per ‘glocalizzazione’ noi intendiamo una riforma del sistema tradizionale della
diplomazia che è riuscito a portare frutti al mondo occidentale, però il mondo
dei Paesi in via di sviluppo è ancora in povertà e colpito da terribili
malattie. Quindi, c’è un completo fallimento sia del sistema della cooperazione
internazionale sia nel sistema della diplomazia, quando si tratta della
risoluzione dei conflitti. Pensiamo che con il nostro approccio, attraverso i
sindaci, potremmo riuscire a dare un’alternativa alle risoluzioni di questi
problemi.
D. – “Glocal Forum” organizza anche la più grande
conferenza di sindaci del 2003. Chi ci sarà?
R. – Ci saranno sindaci da Paesi in conflitto, ci sarà il
sindaco di Karachi, il sindaco di New Delhi, ci saranno sindaci da Paesi in via
di sviluppo, sarà rappresentata la città di San Paolo, ci sarà Kigali, ci sarà
Dar-es-Salaam e poi ci saranno sindaci europei, ci saranno i sindaci asiatici
per cercare di coprire tutte le tematiche, dallo sviluppo alla pace: cerCare di
lavorare con i sindaci per la risoluzione di questi problemi, insieme alle
organizzazioni internazionali.
D. – Quali sono, dunque, gli obiettivi di questa
tre-giorni?
R. – Gli obiettivi di questa tre-giorni sono di formulare
delle proposte di riforma della cooperazione, delle proposte di riforma del
sistema diplomatico mondiale e anche di stabilire dei legami concreti tra
sindaci ed istituzioni internazionali per portare avanti dei progetti.
D. – Finora qual è stato un esempio che si è realizzato
concretamente, dopo le vostre riunioni?
R. – Diversi progetti sono nati e si sono sviluppati; uno
dei tanti è il progetto Roma-Kigali, un progetto di cooperazione che vede la
città di Roma e la città di Kigali coinvolte in progetti di agricoltura
periurbana, per cercare di raggiungere la sufficienza alimentare e anche
progetti che prevedono la distribuzione del cibo e progetti informatici. Roma e
Kigali sono il nostro primo modello di progetto di cooperazione alternativa, da
città a città.
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“LE RELAZIONI TRA CHIESE CRISTIANE NEL FUTURO
DELL’EUROPA”,
IN UN
CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO
-
Servizio di Fabrizio Accatino -
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L’Europa unita passa per i valori prima ancora che per la
politica e per la moneta. E’ questo lo spunto forte del Convegno internazionale
“Le relazioni tra Chiese cristiane nel futuro dell’Europa”, organizzato dal
Centro di studi religiosi comparati “Edoardo Agnelli”. La consistenza culturale
dell’Europa del futuro e i rapporti tra le Chiese che ne fanno parte è stato il
canovaccio su cui si sono mossi i relatori. C’erano i professori Adriano
Roccucci, di Roma III, Thomas Bremer da Münster, Vasilios Makrides da Erfurt;
c’era anche l’arcivescovo Athanasios Hatzopoulos, rappresentante della Chiesa
ortodossa greca presso l’Unione Europea, che ha riflettuto con i presenti sulla
Carta Europea e sul concetto di “territorio canonico”. Hatzopoulos ha sparso
parole di ottimismo sul dialogo tra ortodossia e cristianità occidentale:
“Abbiamo veramente parecchi segni
positivi di rapporti, e dobbiamo lavorare su questo: il dialogo, la
continuazione del dialogo teologico ufficiale tra l’Ortodossia e la Chiesa
cattolica. Questo dialogo ha avuto alcuni problemi tecnici e speriamo bene che
venga ripreso nei mesi prossimi”.
Molti sono i contributi che le Chiese possono fornire
all’Europa, sotto diversi punti di vista: culturale, etico, spirituale; e molti
paiono i punti di contatto, le comunanze. Il cardinale Achille Silvestrini ha
ragionato sulle prospettive del dialogo e sui nodi problematici di questo
rapporto:
“Si nota una convergenza quasi
completa sugli obiettivi. Rispetto all’Europa, la Chiesa cattolica e le Chiese
ortodosse dicono le stesse cose: prima di tutto, la richiesta che nella Carta
d’Europa ci sia la menzione esplicita alle radici cristiane, della tradizione
cristiana da cui nasce la cultura europea; poi, l’altra, che le Chiese siano
consultate. Ancora, che ciascuno sia preservato nella sua identità ecclesiale.
Punto debole invece è che di fronte a questa comunione di obiettivi, che
coincidono praticamente, quasi con le stesse parole, dall’altra parte la
difficoltà nel risolvere la questione che abbiamo tra di noi, tra le Chiese.
L’Europa dovrebbe facilitare, secondo me, per lo meno incrementare uno spirito
ecumenico che a sua volta risolva i problemi che ci sono”.
Da Torino, Fabrizio Accatino, per la Radio Vaticana.
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24
maggio 2003
LA
CARITAS SI MOBILITA PER SOCCORRERE I TERREMOTATI DELL’ALGERIA,
DOVE
DA IERI È AL LAVORO PER COORDINARE GLI AIUTI UN INVIATO DELL’ORGANISMO.
STANZIATI
55 MILA EURO PER I PRIMI INTERVENTI
ALGERI. = Il ministero dell’interno algerino ha reso noto
oggi che il numero delle persone scomparse a causa del terremoto che ha colpito
mercoledì scorso il Paese è salito purtroppo a 1759. I feriti sono invece circa
7400. Nonostante le difficoltà d’intervento (sono saltate le linee telefoniche
e parecchie strade sono inagibili), la rete della Caritas internazionale si è
attivata per portare il proprio contributo ai soccorsi. Ieri è arrivato ad
Algeri l’inviato dell’organismo, Philippe Hemar. Il suo compito è, in
collaborazione con la Caritas locale, fare una prima valutazione dei bisogni e
organizzare gli aiuti. Sollecite nei soccorsi anche le Caritas nazionali di
altri Paesi. La Caritas italiana ha aperto un fondo di 25 mila euro per
finanziare gli aiuti, mentre altri 15 mila euro sono stati messi a disposizione
dalla Caritas spagnola. Identica somma è stata inviata dalla sezione francese.
(M.A.)
ALLA
VIGILIA DELLA PRIMA GIORNATA ECUMENICA DELLE CHIESE TEDESCHE,
I
SEGRETARI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE SI RIUNISCONO
A
BERLINO PER CONFRONTARSI SUL RUOLO DELLA CHIESA
NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
BERLINO.
= L’Europa che prosegue il cammino verso l’integrazione costituisce per le
Chiese europee un momento di rinnovamento delle proprie relazioni e di costruzione
di nuove modalità di azione. Di questo discutono da ieri fino al 28 maggio a
Berlino, i segretari generali di trenta conferenze episcopali del continente.
L’incontro prevede inoltre approfondimenti sul rapporto tra conferenze episcopali
e mezzi di comunicazione, sull’impegno sociale e politico della Chiesa a
livello nazionale ed europeo e sull’organizzazione dei segretariati.
All’interno dell’incontro sarà ospitato anche un dibattito sull’imminente
“Prima giornata ecumenica delle Chiese tedesche” (in tedesco Okumenischer
Kirchentag), per la quale in tutto il Paese c’è grande attesa. La Chiesa
cattolica e la comunità evangelica, per la prima volta nella storia, si
riuniranno a Berlino dal 28 maggio al primo giugno, per una serie di conferenze,
dibattiti e incontri di preghiera miranti alla crescita del loro cammino
ecumenico. Interverranno alla manifestazione alti esponenti delle due
confessioni religiose e rappresentanti dei movimenti ecclesiali laicali. Nella
giornata inaugurale del Kirchentag è prevista la presenza delle massime
autorità della Repubblica Federale, il presidente Johannes Rau ed il cancelliere
Gerhard Schröder. (M.A.)
ANCORA
SCONTRI NELLE FILIPPINE TRA ESERCITO E SEPARATISTI ISLAMICI.
NELL’ULTIMA SETTIMANA SONO MORTI 13 MILITARI
E 60 RIBELLI.
LA
CHIESA CATTOLICA, CON L’ARCIVESCOVO DI DAVAO, MONS. CABALLA,
È
TORNATA A CHIEDERE LA CESSAZIONE DELLE OSTILITÀ
DAVAO. = Continua la spirale di
violenza nelle isole meridionali dell’arcipelago delle Filippine. Nell’ultima
settimana durante le operazioni che il governo di Manila ha lanciato contro i
separatisti del Fronte di liberazione islamico Moro sono morti 13 militari e 60
ribelli. A renderlo noto è stato ieri il ministero della Difesa. Ed è stata
ancora una volta la Chiesa cattolica a lanciare un appello in favore della pace.
In un messaggio che sarà diffuso
domani, l’arcivescovo di Davao (una delle principali città della zona, in cui
sono avvenuti dei gravi attentati), mons. Fernando Capalla, invita chiunque sia
coinvolto nel conflitto ad impegnarsi per fermare i combattimenti tra truppe
governative e ribelli islamici. “Tutti - si legge nel messaggio – siamo in un
modo o nell’altro implicati in questo sanguinoso conflitto. È per questo che
chiedo a tutti, ogni comunità, ogni gruppo o organizzazione non governativa, di
rivolgere insieme a me un appello al Fronte ed al governo per la cessazione
delle ostilità”. Il presule ricorda che nelle scorse settimane anche i leader
religiosi musulmani hanno rivolto analoghe esortazioni alle parti in lotta.
Mons. Capalla sottolinea poi i disastrosi effetti della guerra sullo sviluppo
economico e sociale dell’arcipelago. Nei centri di raccolta per gli sfollati
infatti le precarie condizioni igieniche e sanitarie hanno causato in due mesi
la morte di 54 persone. L’arcivescovo inoltre esprime la sua preoccupazione
perché il conflitto sta avendo conseguenze devastanti sulla vita spirituale
della popolazione. “Stiamo diventando tutti, combattenti e non combattenti, un
popolo violento – ammonisce – e sempre meno umano. Siamo sempre meno figli di
Dio. Ancora una volta siamo ridiventati Caino e Abele”. (M.A.)
PER LA
PRIMA VOLTA IL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI PARLERÀ NELLA BASILICA
CATTOLICA DI SANTO SPIRTO A ISTANBUL. AVVERRÀ IL 17 GIUGNO DURANTE LA
CONFERENZA DAL TITOLO “GIOVANNI PAOLO II E IL SERVIZIO ALLA PACE”. I VESCOVI
CATTOLICI DELLA TURCHIA SOTTOLINEANO IL VALORE ECUMENICO DEL GESTO
ISTANBUL.
= “Giovanni Paolo II e il servizio alla pace” è il tema della conferenza che il
patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I° terrà il prossimo 17 giugno
a Istanbul nella basilica cattolica di Santo Spirito. L’iniziativa è promossa
dal nunzio apostolico in Turchia, mons. Edmond Farhat, con la collaborazione della
Conferenza episcopale turca per celebrare il 25.mo anniversario di pontificato
di Giovanni Paolo II. “Il patriarca ecumenico Bartolomeo I – dichiara il
portavoce della Conferenza episcopale turca, mons. Georges Marovitch – ha
accettato con cortesia l’invito rivolto dal nunzio e dai vescovi turchi. Si
tratta di un gesto ecumenico significativo in questi giorni in cui grande è il
bisogno di pace. E’ la prima volta che un patriarca parla in una chiesa
cattolica a Istanbul”. All’incontro sono stati invitati tutti i capi delle
comunità religiose turche, insieme a politici, uomini di affari, scrittori e
giornalisti. (M.A.)
LA
COMUNITÀ ECCLESIALE SOSTENGA E ACCOLGA CON CARITÀ LE PERSONE
AFFETTE
DAL VIRUS DELL’HIV. QUESTA L’ESORTAZIONE DEL CARDINALE ARCIVESCOVO
DI WASHINGTON IN UNA LETTERA PASTORALE
SULL’AIDS NELLA QUALE INVITA
GLI STESSI MALATI A CERCARE LA PIENEZZA DELLA
VITA IN CRISTO
WASHINGTON.
= In una nuova lettera pastorale sull’Aids, l’arcivescovo di Washington, il
cardinale Theodore McCarrick, ha esortato i fedeli ad assistere con
caritatevole solidarietà i loro fratelli e sorelle colpiti dalla grave
malattia, sia nelle loro comunità
locali sia in ogni parte del mondo essi si trovino a vivere. Il porporato si
rivolge soprattutto alle persone affette dalla malattia o che sono a rischio di
contrarla affinché cerchino la pienezza della vita in Gesù Cristo, attraverso
un’esistenza vissuta nella castità e nella fedeltà matrimoniale. La lettera
pastorale, intitolata “La pienezza della vita”, fa riferimento alle parole del
Vangelo di San Giovanni, quando Gesù dice che è venuto affinché l’uomo abbia la
vita e l’abbia in abbondanza. “Le persone tra noi che stanno vivendo con il
virus dell’Hiv – scrive il cardinale McCarrick – non devono sentirsi come se
fossero soli ed abbandonati. Noi – esorta il porporato statunitense - che siamo
loro fratelli e loro sorelle nella Chiesa cattolica, dobbiamo percorrere in
solidarietà assieme essi il loro cammino. (M.A.)
A “LA
MEGLIO GIOVENTÙ” DEL REGISTA ITALIANO MARCO TULLIO GIORDANA IL PRIMO PREMIO
NELLA SEZIONE “UN CERTAIN REGUARD” DEL FESTIVAL DI CANNES. SUCCESSO IERI PER
“PADRE E FIGLIO” DEL RUSSO ALEXANDER SOKUROV E “MYSTIC RIVAL” DI CLINT
EASTWOOD. DOMANI LA CONSEGNA DELLA PALMA D’ORO. LARS VON TRIER FAVORITO
- A cura di Nicola Falcinella -
CANNES. = Il primo premio ufficiale del 56.mo Festival di
Cannes è per l’Italia. “La meglio gioventù” ha vinto la sezione ‘Un Certain
Reguard’ la più importante dopo il concorso. Un riconoscimento che era
nell’aria dopo l’accoglienza trionfale tributata al film di Marco Tullio
Giordana con Luigi Lo Cascio. Ma anche una sorpresa per un film di sei ore nato
per la televisione e che racconta 40 difficili anni di storia italiana
attraverso le vicende di una famiglia. La settimana della critica è stata invece
vinta dall’americano “Milwaukee,Minnesota”. Il concorso ha vissuto ieri una
delle giornate migliori con due film al maschile di grande spessore. “Padre e
figlio” del russo Alexander Sokurov è un prezioso scavo nei rapporti misteriosi
tra un padre ed un figlio in una Lisbona irriconoscibile. Una relazione ambigua
ma carica di umanità. Un genitore giovane con un figlio adolescente si sentiva
inadeguato al ruolo. Si pone come amico poi come fratello maggiore. Infine rivela
la propria identità riacquistando più forte lo status di padre. “Mystic Rival”
di Clint Eastwood è un filmone di ampio respiro come abituato a fare il regista
de “Gli spietati”. Gli attori, Sean Penn, Tim Robbins e Kevin Bacon sono bravi
nell’interpretare una vicenda di amicizia tradita, delitti, sospetti e colpa.
Il finale è lancinante con i colpevoli impuniti e l’accettazione
dell’inevitabilità della violenza. Eastwood racconta in maniera piana, per
questo la sua durezza non scandalizza ma fa più effetto. Delude ancora in
concorso il francese “Les Côtelettes” di Bertrand Blier con Philippe Noiret,
una commediola di origine teatrale che ha ottenuto il record di fischi. Oggi le
ultime proiezioni. In gara “The Tulse Luper Suitcases” di Peter Greenaway e
“Sharasojyu” di Naomi Kawase. Domani la consegna delle Palme con “Dogville”,
del danese Lars Von Trier, grande favorito.
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24
maggio 2003
- A
cura di Paolo Ondarza e Stefano Cavallo -
Un
palestinese armato è stato ucciso da colpi di arma da fuoco israeliana mentre
tentava di infiltrarsi nel territorio israeliano dalla Striscia di Gaza. Lo ha
annunciato in tarda mattinata la radio militare di Gerusalemme. Intanto si
continua a sperare nella pace, soprattutto dopo il sì di Sharon alla mappa per
la pace presentata da Onu, Ue, Usa e Russia, meglio nota come road map.
Il servizio di Graziano Motta.
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Sharon ha ricevuto l’assicurazione – ribadita
pubblicamente dalla Casa Bianca – che le sue riserve e obiezioni saranno
recepite, solo che non tutti i ministri della coalizione si sentono soddisfatti
e garantiti dalle promesse americane. Non perché non intendono darle credito, quanto
perché gli altri membri del Parlamento sono contrari ad apportare alcuna
modifica alla road-map, e poi i palestinesi – forti di questa spaccatura
– non sono disposti ad accettarla. La gravità delle divisioni all’interno del
quartetto è emersa pure sul metodo del negoziato, e in particolare sul ruolo di
Arafat: è noto che Stati Uniti e Israele lo hanno emarginato, non così Russia,
l’Onu e parecchi Paesi europei. Alla riunione dei ministri degli esteri del G8,
il francese de Villepin ha detto che lunedì si recherà a Ramallah da Arafat.
gli ha replicato seccamente Colin Powell: ‘Gli Stati Uniti preferiscono
spendere il loro tempo e le loro energie per trattare con Mahmud Abbas’. In
questo scenario di divisioni, il presidente Bush spera ugualmente che il processo
di pace possa decollare e si appresta ad invitare per un vertice Abbas e
Sharon.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Se Pyongyang proseguirà il suo programma nucleare,
l’America prenderà “misure più dure”. Lo ha assicurato ieri il presidente
statunitense, George Bush, incontrando in Texas il premier giapponese,
Junichiro Koizumi. Bush si è detto comunque fiducioso in una soluzione pacifica
della crisi.
È il brasiliano Sergio Vieira de Mello il nuovo
rappresentante speciale dell’Onu in Iraq. Il segretario generale, Kofi Annan,
lo ha nominato per un periodo provvisorio di quattro mesi. Dopo la revoca
dell’embargo, per il Paese del Golfo inizia ora una nuova fase. Da New York,
Paolo Mastrolilli:
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Gli amministratori americani hanno cominciato subito ad
agire dopo la risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu,
ordinando lo scioglimento delle forze armate irachene, i servizi di sicurezza e
i ministeri della difesa e dell’informazione. Fonti di intelligence,
invece, hanno detto al Wall Street Journal che il figlio di Saddam, Udai,
sarebbe intenzionato ad arrendersi ma finora non ha potuto farlo perché gli
americani non hanno voluto negoziare il suo trattamento giudiziario. Le forze
americane, invece, hanno intercettato un camion che cercava di trafugare
lingotti d’oro per 500 milioni di dollari verso la Siria. Il segretario di
Stato Powell, in visita in Francia, ha negato l’intenzione di punire Parigi ma
ha aggiunto che le relazioni bilaterali andranno riviste alla luce dei
contrasti sulla guerra in Iraq. Nel frattempo, sono cominciate anche le manovre
per la ricostruzione del Paese, la ripresa della vendita del greggio e la
conclusione del programma ‘petrolio per cibo’ a cui sono interessate anche
aziende italiane. La Becktel, la compagnia americana che ha vinto il contratto
per la ricostruzione, ha tenuto una riunione a Londra dicendo che i Paesi membri
della coalizione saranno avvantaggiati ma gli altri non verranno esclusi.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E’
stato revocato l’avvertimento dell’Organizzazione mondiale della Sanità a non recarsi
ad Hong Kong, dove oggi per la prima volta dall’inizio dell’epidemia non si
sono fortunatamente registrati nuovi contagi di Sars. Uno zibetto starebbe
inoltre secondo l’università medica di Hong Kong all’origine della diffusione
del virus.
“L’Onu deve impegnarsi di più
nella lotta al narcotraffico ed alla guerriglia in Colombia”. Lo chiedono i
presidenti dei Paesi latinoamericani, riuniti nella città peruviana di Cuzco
per il vertice del Gruppo di Rio. La dichiarazione finale, che verrà firmata
oggi, ripropone la questione del rapporto tra governabilità e povertà. Ce ne
parla Maurizio Salvi:
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Considerato l’unico organismo di consultazione politica di
cui dispongono le Nazioni latinoamericane, il Gruppo di Rio ha avuto un
vigoroso rilancio sotto l’impulso del Brasile, che ospiterà il vertice del
prossimo anno e che crede molto nella cooperazione regionale, e questo tema è
ripreso nella dichiarazione finale in cui si afferma che non c’è democrazia
senza sviluppo e superamento della povertà. A questo fine i capi di Stato hanno
dichiarato un’emergenza e proposto ai Paesi industrializzati la possibilità di
utilizzare il 20 per cento dei pagamenti del debito estero per programmi di
investimento tesi a migliorare le condizioni delle popolazioni latinoamericane.
Inoltre, il documento sostiene la volontà di consolidare la democrazia e il
multilateralismo come strumenti per rafforzare la pace e la sicurezza.
Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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A soli tre mesi dalle
contestate elezioni presidenziali, l’Armenia torna domani alle urne. Si vota
per rinnovare il Parlamento: 17 i partiti e 4 le coalizioni in lotta. I
sondaggi danno per favorita l’attuale maggioranza – in particolare i
repubblicani del premier uscente, Margarina – e prevedono una folta presenza di
uomini d’affari tra i 131 deputati. Una delegazione del Consiglio d’Europa vigilerà
sul regolare svolgimento del voto.
Ad un giorno dalle elezioni amministrative in
Spagna stamani in un ufficio postale di Valencia un pacco-bomba è esploso
ferendo 4 persone, una in modo grave. Da escludere, almeno per ora, l’ipotesi
di un attentato da parte dell’Eta.
Si andrà alle urne anche in Italia, domani e lunedì, per il rinnovo delle
amministrazioni provinciali di 12 comuni e 492 amministrazioni comunali. Le
elezioni di domani salutano il decimo anno dall'entrata in vigore della legge
con il sistema maggioritario per i comuni.
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