RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 143 - Testo della Trasmissione di venerdì 23 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’annuncio del Vangelo e il servizio ai poveri sull’esempio di Madre Teresa, nel discorso di Giovanni Paolo II ai vescovi indiani di rito latino, in visita “ad Limina”.

 

La ricca eredità spirituale dei Santi Cirillo e Metodio, ponte d’unione tra Oriente e Occidente, riproposta dal Papa nell’udienza ad una delegazione della Repubblica ex jugoslava di Macedonia, guidata dal premier Branko Crvenkovski.

 

La comunità internazionale tuteli i bambini indigeni da ogni forma di razzismo, xenofobia e intolleranza: è l’invito di mons. Celestino Migliore al Forum dell’Onu sulle popolazioni indigene.

 

Il turismo, opportunità per migliorare le relazioni umane e favorire la solidarietà tra i popoli: così mons. Piero Monni, all’Organizzazione Mondiale del Turismo, riunita a Malta.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo della Chiesa per un nuovo ordine internazionale, in un Convegno alla Pontificia Università Gregoriana. Ribadita da mons. Renato Martino la necessità di cercare sempre la via pacifica nelle controversie internazionali.

 

Inaugurata ai Musei Vaticani una mostra sull’arte contemporanea dal 1980 al 2003: intervista con Micol Forti.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da lunedì a mercoledì della prossima settimana si terrà a Roma il IX Convegno tematico della rivista Studium che avrà come argomento centrale “Il Tempo” nel pensiero scientifico e filosofico.

 

Conflitti e religioni nell’Africa subsahariana in un incontro al Centro romano San Luigi dei Francesi.

 

Annunciati i temi per i Premi Balzan 2004: mondo islamico, archeologia, epidemiologia e matematica.

 

Oggi a Cannes il film di Clint Eastwood, per domani è atteso l’inglese Peter Greenaway.

 

Altre 22 persone sono morte in Sudan a causa di un’epidemia di febbre gialla.

 

24 ORE NEL MONDO:

 L’Onu vota la fine delle sanzioni all’Iraq. Stati Uniti e Gran Bretagna gestiranno i proventi del petrolio.

 

Oltre 1.460 morti, quasi 7.200 feriti: si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime del terremoto in Algeria.

 

Lotta senza sosta, in Colombia, tra l’esercito e la guerriglia: 29 ribelli uccisi in un’operazione contro il narcotraffico.

 

L’Europa pensa ad una forza di pace nella Repubblica democratica del Congo. Appello del cardinale Etsou, arcivescovo di Kinshasa.

 

La polmonite atipica rallenta, ma non è ancora sotto controllo. Cinque vittime in Asia nelle ultime 24 ore.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 maggio 2003

 

 

NON SCORAGGIATEVI DAVANTI ALLE INGIUSTIZIE E ALLE DISCRIMINAZIONI

CHE COLPISCONO I CATTOLICI IN INDIA, MA ANNUNCIATE IL VANGELO

E SERVITE I POVERI CON LA STESSA DEDIZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA.

LO HA DETTO IL PAPA AI VESCOVI INDIANI DI RITO LATINO,

RICEVUTI A CONCLUSIONE DELLA VISITA AD LIMINA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Chiese locali vive e sensibili al messaggio del Vangelo, dove i fedeli sono in crescita, dove il servizio alle fasce sociali più povere è intenso e ispirato dall’immortale esempio di Madre Teresa. Ma anche Chiese inserite in un contesto sociale difficile, dove quella che porta a Cristo è ancora oggi una strada segnata da “un’estrema avversità”. Di fronte ai vescovi indiani di rito latino delle province ecclesiastiche di Calcutta, Guwahati, Impal e Shillong – ricevuti questa mattina al termine della visita ad Limina - Giovanni Paolo II ha mostrato un quadro in chiaroscuro della situazione dei cattolici nel Paese.

 

Il Papa si è rallegrato per la vivacità della fede e per le iniziative intraprese dall’episcopato dell’area per un più netto miglioramento della formazione dei sacerdoti e dei laici. Ma non ha potuto non denunciare ancora una volta le discriminazioni che colpiscono i cristiani dell’immenso subcontinente indiano. Per secoli, ha osservato il Pontefice, i cattolici in India si sono fatti portatori di opere di evangelizzazione, “specialmente nei campi dell’educazione e dei servizi sociali, liberamente offerti a cristiani e non cristiani”. Nonostante ciò, ha proseguito, il rispetto nei loro riguardi non è ancora pieno. “E’ sconcertante - ha portato ad esempio il Papa - che coloro che desiderano diventare cristiani debbano richiedere il permesso delle autorità locali, e che altri abbiano perduto il diritto all’assistenza sociale e al sostegno familiare”. C’è inoltre il fondamentalismo di “alcuni movimenti” che sta creando “confusione” tra alcuni cattolici.

 

Non tutto però è da imputare a questa situazione di difficoltà, ha aggiunto Giovanni Paolo II. “Gli ostacoli alla conversione - ha notato - non sono sempre esterni, ma possono accadere tra le nostre comunità” quando disaccordi, scandali e disunità emergono nelle istituzioni cattoliche. “Per questa ragione – ha affermato il Pontefice – è importante che sacerdoti e laici lavorino tutti insieme e in speciale cooperazione con i loro vescovi, che sono il segno e la fonte dell’unità.

 

Nell’invitare i presuli indiani a non scoraggiarsi davanti alle avversità del loro ministero, il Papa li ha esortati ad intensificare la formazione cristiana del clero e dei catechisti, dai quali – ha sottolineato – dipende in gran parte il lavoro di evangelizzazione di base in India. Il pensiero di Giovanni Paolo II è andato anche a Madre Teresa, che tra pochi mesi verrà beatificata. “La sua vita di gioioso sacrificio e di amore incondizionato per i poveri risvegli in noi il desiderio di fare altrettanto”, ha detto il Papa, che ha invitato i vescovi dell’India a prendere a modello le straordinarie doti di “semplicità, umiltà e carità” della piccola suora di Calcutta.

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IN UDIENZA DAL PAPA UNA DELEGAZIONE MACEDONE,

GUIDATA DAL PRIMO MINISTRO, BRANKO CRVENKOVSKI

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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La festa che si celebra domani dei Santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa dal 1980, è l’occasione che ha portato a Roma - dove sono conservate le reliquie dei due Fratelli, vissuti nel IX secolo dopo Cristo - una delegazione della Repubblica ex jugoslava di Macedonia, Paese indipendente dal ’91.  E stamane il Papa accogliendo in Vaticano il capo del governo con il seguito, ha auspicato che la Macedonia sia sempre rafforzata “nel suo impegno all’unità e alla solidarietà, ideali che i Santi fratelli di Salonicco hanno così efficacemente incarnato nelle loro vite, dedicate a predicare la fede cristiana”.

 

“Questi due santi uomini” – ha ricordato Giovanni Paolo II –“sono stati ponte d’unione tra Est ed Ovest. Attraverso  i  valori insegnati e con l’esempio offerto, hanno reso differenti culture e tradizioni, unite insieme, una ricca eredità per l’intera famiglia umana.” La loro testimonianza, ha proseguito il santo Padre, “rivela un eterna verità che il mondo del terzo Millennio deve riscoprire con urgenza: solo nella carità e nella giustizia la pace può divenire una realtà che avvolge tutti i cuori umani, sconfiggendo l’odio e vincendo il male con il bene.” E “questa carità e giustizia – ha sottolineato il Papa - diviene tangibile realtà quando persone di buona volontà in ogni parte del globo, come i Fratelli Cirillo e Metodio, sono fermamente impegnati nella causa della riconciliazione, della coesistenza fraterna, dello sviluppo umano e del rispetto per l’intrinseca dignità di ogni nazione.”

 

Questo pellegrinaggio a Roma - ha concluso Giovanni Paolo II rivolto ai suoi ospiti macedoni – è anche la testimonianza dei legami di amicizia tra la vostra nazione e la Chiesa cattolica”, da qui l’incoraggiamento perché tali vincoli crescano e si rafforzino specialmente tra le comunità locali della Macedonia.

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RINUNCIA E NOMINA IN USA

 

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Madison, negli Stati Uniti d’America (Wisconsin) presentata dal vescovo mons. William H. Bullock, per limiti di età. Il Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Madison il presule mons. Robert C. Morlino, finora vescovo di Helena, nello Stato del Montana.

 

 

IL DIRITTO DELLE NUOVE GENERAZIONI INDIGENE

ALL’EDUCAZIONE NELLA PROPRIA CULTURA

PER SUPERARE I RISCHI POSTI DALLA GLOBALIZZAZIONE

RIBADITO DALL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE

AL FORUM PERMANENTE DELL’ONU SUGLI INDIGENI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

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“Nonostante gli impegni internazionali, razzismo, xenofobia, intolleranza continuano a colpire i bambini e i giovani indigeni a causa della loro cultura”. E’ quanto ha rilevato  l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenuto al Forum Permanente sugli indigeni in corso a New York.  Non solo. Le nuove generazioni indigene rischiano di perdere la ricca diversità delle loro tradizioni a causa della cultura globalizzata.

 

Richiamandosi alla Convenzione sui diritti del bambino, l’osservatore vaticano ha ribadito il diritto all’educazione e alla pratica della propria religione, usi e lingua. Non è solo in questione la possibilità di accedere all’educazione – ha affermato – ma sono in  questione i contenuti. La comunità internazionale – ha detto – dovrebbe “riconoscere e rispettare la responsabilità primaria della famiglia indigena”, ad “educare i propri figli dall’infanzia all’adolescenza nella propria lingua, secondo la propria cultura e i propri valori”.

 

Mons. Migliore ha sottolineato l’importanza di una educazione “basata sui valori spirituali, morali ed etici”, “indispensabili per uno sviluppo integrale”. In loro assenza, i bambini indigeni, “immersi nella cultura globalizzata”, “rischiano di perdere la ricca diversità delle loro tradizioni”. Dall’altra parte, l’osservatore della Santa Sede ha affermato che il popolo indigeno dovrebbe abbracciare “solo i nobili valori”, che “possono contribuire a modellare il futuro in armonia con la propria eredità indigena” e “rigettare i falsi valori”.

 

La comunità internazionale – ha concluso mons. Migliore - proteggendo il diritto all’educazione dei bambini e giovani indigeni, contribuirebbe a difendere la loro identità. Crescendo così nella pace e libertà, le nuove generazioni potranno a loro volta “essere operatori di pace e costruttori di un mondo di fraternità, armonia e solidarietà”.

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IL TURISMO, OPPORTUNITA’ PER MIGLIORARE LE REALZIONI UMANE

E FAVORIRE LA SOLIDARIETA’ TRA I POPOLI:

COSI’ MONS. PIERO MONNI, ALLA RIUNIONE REGIONALE PER L’EUROPA

DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO, A MALTA

- A cura di Stefano Cavallo -

 

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“L’integrazione dei popoli europei  non significa  appiattimento  e massificazione, bensì sviluppo della conoscenza reciproca nel rispetto delle differenti tradizioni presenti nel vecchio continente.” Così si è espresso ieri l’osservatore permanente della Santa sede presso l’Organizzazione mondiale per il turismo, mons. Piero Monni, nel corso della 40.ma riunione delle Commissione regionale per l’Europa, che si conclude oggi a Malta. Le varie società europee – ha poi continuato il rappresentante vaticano – hanno avviato un movimento di approfondimento della propria identità, oggi segnata da profonde mutazioni tecnologiche, dal persistere  di incertezze economiche e da crescenti pericoli ecologici. Avanza la disoccupazione di massa, crescono nuove xenofobie e simultaneamente si verifica anche un aggravio delle preoccupazioni che riguardano il mondo dell’etica. Le ipotesi di unione, di aggregazione, e di ampliamento della Comunità europea si fanno complesse. Occorrono strumenti nuovi e decise volontà politiche, per ridare fiducia alla possibilità di realizzazione  dell’idea di una vera “Casa europea”. In questa prospettiva il turismo può indubbiamente offrire un fattivo contributo, perché favorisce la conoscenza dei popoli e sollecita un dialogo  per concrete iniziative di collaborazione.

 

L’industria turistica, oggi unica attività economica ancora legata al territorio, si pone come mezzo privilegiato per la riscoperta delle radici storico-sociali di ogni etnìa. Nel contempo contribuisce a ricostruire un tessuto sociale  spesso lacerato dagli scontri locali. Attraverso il turismo si può attivare il senso di solidarietà e di rispetto culturale, che sono le principali risorse strategiche dello sviluppo sostenibile. Assume pertanto una particolare rilevanza i ruolo che può svolgere il turismo sotto l’aspetto sociale. Sono molteplici – ha concluso mons. Monni – le prospettive per un lavoro comune per la promozione dell’industria  turistica: ma non si dovrebbero e non si possono emarginare i valori spirituali di cui è depositaria la ‘Casa Europea’, basi fondamentali “per la pace e il benessere dei popoli”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

        

La prima pagina si apre mettendo in evidenza “i febbrili sforzi per strappare vite alle macerie” in Algeria, colpita da un terrificante terremoto: le conseguenze del sisma si rivelano di ora in ora sempre più gravi. Si attiva la solidarietà internazionale.

Sempre in prima, riguardo all’Iraq, l’Onu ha approvato la risoluzione per la revoca delle sanzioni economiche.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi indiani, Giovanni Paolo II ha esortato a seguire l’esempio di Madre Teresa, nel segno della semplicità, dell’umiltà e della carità.

Nel ricevere una delegazione dell’ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, il Papa ha sottolineato che solo nella carità e nelle giustizia la pace può diventare una realtà.

Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

Un articolo di Gianluca Biccini sulla Concelebrazione presieduta dall’arcivescovo Bertone, nella cappella del Governatorato: l’Osservatore Romano e la Tipografia Vaticana hanno celebrato la festa di Santa Maria Ausiliatrice.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: colloqui tra i palestinesi per sospendere l’Intifada.

Russia: iniziano i festeggiamenti per i 300 anni di San Pietroburgo.

 

Nella pagina culturale, un approfondito contributo di Vittorio Grossi dal titolo “Giuliano di Eclano e l’Hirpinia christiana”: dal 4 al 6 giugno un Convegno internazionale.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica.

Il tema della giustizia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 maggio 2003

 

 

IL RUOLO DELLA CHIESA PER UN NUOVO ORDINE INTERNAZIONALE IN PRIMO PIANO

 AD UN CONVEGNO APERTOSI STAMANI ALLA GREGORIANA.

NEL SUO INTERVENTO, MONS. MARTINO, PRESIDENTE DI GIUSTIZIA E PACE, 

HA RIBADITO LA NECESSITA’ DI CERCARE SEMPRE LA VIA PACIFICA NELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Una riflessione profonda sul ruolo della Chiesa in favore di un ordine internazionale che promuova la pace e i diritti dell’uomo. Con questo obiettivo si è aperto stamani all’Università Gregoriana in Roma un convegno di due giorni, promosso dall’ateneo pontificio e dall’istituto internazionale Jaques Maritain, in occasione del ventennale dell’enciclica Pacem in Terris. Nella sessione mattutina, presieduta dal presidente emerito della Corte Costituzionale italiana, Giovanni Conso, è intervenuto anche l’arcivescovo Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il presule ha incentrato il suo discorso sulla visione di un nuovo ordine internazionale secondo la dottrina sociale della Chiesa. Che, ha sottolineato, fonda l’ordine internazionale su valori etici e giuridici tesi alla solidale convivenza e collaborazione tra le diverse comunità politiche. Quindi, ha messo l’accento sulla necessità di legare le relazioni tra gli Stati ad un concetto di giustizia internazionale ed ha rammentato come il Magistero sociale della Chiesa solleciti la “costituzione di poteri pubblici sul piano mondiale”, affinché i contrasti tra i popoli siano superati pacificamente. Un punto, questo, su cui il presidente del Dicastero vaticano si è soffermato ai nostri microfoni:

 

“La libertà e il ripristino del diritto non sono mai stati raggiunti attraverso l’uso della forza e la guerra; gli strumenti normativi alternativi alla forza armata, già esistenti nel diritto internazionale, devono essere ripensati in modo da renderli rispondenti alle effettive esigenze della comunità internazionale, rafforzandone anzitutto la portata e la cogenza. Nella prospettiva delineata dalla dottrina sociale della Chiesa per un rinnovato ordine internazionale, la comunità internazionale non deve più proporsi come semplice momento di aggregazione della vita degli Stati, ma trasformarsi in una effettiva struttura in cui i conflitti possano essere pacificamente risolti e gli interessi delle singole parti tutelati e ricomposti sulle basi di vera giustizia”.

 

Il Convegno ha offerto inoltre l’occasione a mons. Martino per esprimere la propria soddisfazione per la revoca delle sanzioni Onu all’Iraq. Numerosi sono stati gli interventi di personalità del mondo intellettuale succedutisi nella mattinata. Nel suo indirizzo di saluto, il prof. Giuseppe Vedovato, presidente onorario dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha espresso l’auspicio che venga promosso un “maggiore spessore etico nei comportamenti degli organismi” nazionali e sopranazionali. “L’assenza e la riduzione dei valori etici – ha aggiunto – concorre ineluttabilmente al declino di ogni civiltà”. Il prof. Renato Papini, segretario generale dell’Istituto Jacques Maritain ha, invece, ricordato l’impegno di tutti i Pontefici del secolo scorso nel rifiutare il ricorso alla forza quale mezzo per dirimere le controversie internazionali. Tutto incentrato sulla Pacem in Terris, l’intervento del prof. Robert J. Araujo, della Gonzaga University di Spokane. Quando la pubblicò nell’aprile del 1963, ha affermato, Papa Giovanni XXIII “identificò il punto cruciale per la pace in tutto il mondo: una solida comprensione della natura della persona umana”. Proprio questo principio, ha proseguito, è alla base del “coinvolgimento della Santa Sede all’interno della comunità internazionale”. Una pietra miliare, dunque, la Pacem in Terris, a cui bisogna guardare anche oggi, come spiega il prof. Franco Imoda, rettore della Gregoriana:

 

“Le relazioni tra gli Stati sono state molto influenzate da una visione dell’Illuminismo, che si fondava su un criterio più di equilibrio di forze tra gli Stati. In fondo c’è anche oggi un po’ questa tensione: le stesse Nazioni Unite hanno ricalcato un po’ tale visione delle relazioni tra gli Stati, più che un ritorno all’esigenza fondamentale della persona, della persona come cittadino del mondo. Quindi, in questa situazione è importante riprendere una discussione sulla Pacem in terris. Con quello che succede nel mondo, può essere di grande attualità”.

 

La sessione mattutina si è chiusa con la relazione del prof. Giorgio Rumi, della Statale di Milano, che ha ripercorso i passaggi cruciali dell’attività diplomatica vaticana dal 1870 alla Sollicitudo omnium ecclesiarum del 1969. Oggi pomeriggio, il convegno affronterà il tema “diritti umani, democrazia e comunicazione: la via alla giustizia internazionale”. Intanto, c’è attesa per l’intervento di mons. Jean-Louis Tauran, segretario per i Rapporti con gli Stati, previsto per domani mattina a conclusione di una tavola rotonda su Etica e ordine mondiale.

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INAUGURATA AI MUSEI VATICANI

UNA MOSTRA DI ARTE CONTEMPORANEA DAL 1980 AL 2003

- Intervista con Micol Forti -

 

E’ stata inaugurata ieri nella Sala Polifunzionale dei Musei Vaticani, l’esposizione “I Musei Vaticani e l’arte contemporanea. Acquisizioni dal 1980 al 2003”. La mostra pone l’accento sul particolare interesse con cui Giovanni Paolo II – continuando nella stessa linea indicata dal suo predecessore Paolo VI – ha sempre incoraggiato “la privilegiata missione spirituale degli artisti che si sono cimentati sul soggetto sacro”. Proprio grazie alla sua attenzione, negli ultimi decenni la Collezione di Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani si è ampliata con un cospicuo numero di opere di rilevante importanza. L’esposizione, che ha raccolto le più significative, è stata dedicata al Santo Padre, in occasione del 25.mo anno di Pontificato. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

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Dal 1980 ad oggi sono entrate a far parte della Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani circa trecentocinquanta opere tra sculture, pitture e disegni. Con questa mostra si sono volute documentare alcune fasi dell’evoluzione della collezione, intesa soprattutto come opportunità di riconoscere nelle varie opere un seme della bellezza divina. Micol Forti, curatrice dell’esposizione, ci spiega come essa è articolata.

 

R. - La mostra raccoglie una selezione di 60 opere dal 1980, quando fu fatta la prima mostra di nuove acquisizioni della collezione di arte contemporanea, ad oggi. E’ stata concepita in ordine cronologico per esecuzione di opere, quindi dagli inizi del ‘900 fino agli anni ’80, ed è presentata con un progetto di allestimento molto lineare, molto chiaro - abbiamo scelto il colore bianco come sfondo delle opere – proprio per permettere ad opere di artisti diversi, di epoche diverse, di linguaggi diversi, di essere lette nel modo più neutro ed uniforme possibile. Molte delle opere sono inedite e quindi il pubblico le potrà vedere per la prima volta.

 

D. – Quali artisti sono presenti in questa esposizione?

 

R. – Gli artisti sono prevalentemente artisti italiani, con qualche eccezione per qualche artista francese, spagnolo e un quadro americano. I nomi sono molto importanti, perché si va da un quadro di Previati del 1909, che non si vedeva da decenni, fino ad una bellissima collezione di Marino Marini di opere sia pittoriche che scultoree, che sono state donate dalla moglie nel 1989. Un bozzetto preparatorio di Bazin del Battistero di Oudincour ed un bellissimo quadro di Pedro Cano, artista spagnolo, dedicato ad un episodio della vita di Giovanni Paolo II.

 

(musica)

 

Ed è proprio a Giovanni Paolo II, che quest’anno celebra il 25esimo anno di Pontificato, che è dedicata l’esposizione. Il Santo Padre del resto ha  sempre incoraggiato “la privilegiata missione spirituale degli artisti che si sono cimentati sul soggetto sacro”, continuando nella stessa linea indicata dal suo predecessore, Papa Paolo VI, che in soli dieci anni riuscì a raccogliere un importante nucleo di arte del Novecento che fu collocato nell’Appartamento Borgia dei Musei Vaticani e fu aperto al pubblico il 23 giugno 1973. Tra Vangelo e Arte dunque, vi è un’alleanza feconda, secondo quanto scritto anche da Giovanni Paolo II nella lettera agli artisti del 1999. Ma qual è l’opera più significativa di questa esposizione? Ci risponde ancora Micol Forti.

 

R. – Il quadro che abbiamo scelto come logo della mostra, “La caduta dell’angelo” di Marino Marini, questa figura quasi astratta di questo angelo che vola o cade con le sue ali spiegate al cielo dove non c’è nessun elemento di drammaticità, ma anzi di poeticità, è un po’ un simbolo di speranza che, penso, sintetizzi bene il cuore della mostra.

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CHIESA E SOCIETA’

23 maggio 2003

 

 

DA LUNEDI’ A MERCOLEDI’ DELLA PROSSIMA SETTIMANA SI TERRA’ A ROMA

IL IX CONVEGNO TEMATICO DELLA RIVISTA STUDIUM CHE AVRA’ COME

 ARGOMENTO CENTRALE “IL TEMPO” NEL PENSIERO SCIENTIFICO E FILOSOFICO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Promosso con la collaborazione di ART’E’, Società Internazionale di Arte e Cultura, e con il contributo scientifico della Domus Galilaeana di Pisa, si terrà a Roma, nei giorni 26-28 maggio, nella sede dell’Istituto Italo-Latinoamericano in Piazza Cairoli, il IX Convegno della Rivista Studium, dedicato quest’anno a un tema che ha un’importanza centrale nel pensiero scientifico e filosofico: Il Tempo. L’incontro sarà aperto dalle relazioni di Vittorio Mathieu (Il tempo come durata) e di Bruno Forte (Il tempo splendore di Dio: una lettura teologica). Vedrà quindi un confronto fecondo fra biologi, fisici, matematici, antropologi, giuristi, psicologi, psichiatri e filosofi. Nella cornice di questo Convegno interdisciplinare, nel pomeriggio di lunedì 26 maggio, verranno presentate al Teatro Argentina le Confessioni di Sant’Agostino dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e dall’Accademico linceo Carlo Ossola, del College de France. Un’ampia scelta di pagine agostiniane sarà letta da Gerard Depardieu. Il Convengo affronta un nodo centrale dell’esperienza umana. Quella del tempo e del suo scorrere sembra un’idea universalmente riconosciuta, e tuttavia chi non ha condiviso l’imbarazzo di Agostino quando confessa di sapere cosa sia il tempo quando nessuno glielo chiede, ma di non saperlo quando qualcuno gli chiede di spiegare cosa sia? Lo studio del tempo pone dunque interrogativi ineludibili e ha una portata metafisica. L’essere viene dato all’uomo in forma temporale e il rapporto dell’uomo con il tempo esprime un rapporto con l’essere nei suoi diversi livelli, fino a giungere al confronto con l’eternità. E’ a questa meditazione che invita il Convegno promosso da Studium.   

 

 

‘CONFLITTI E RELIGIONI NELL’AFRICA SUB SAHARIANA’:

QUESTO IL TITOLO DELL’INCONTRO IERI AL CENTRO SAN LUIGI DEI FRANCESI.

“BENCHÉ NON FACCIANO NOTIZIA NELLA STAMPA” HA DETTO PADRE LACUNZA,

PRESIDE DEL PONTIFICIO ISTITUTO DI STUDI ARABI, I CASI DI COLLABORAZIONE

TRA LE RELIGIONI, COME IN KENIA O IN TANZANIA, SONO POSSIBILI

 

ROMA. = “Le religioni possono giocare un ruolo importante  per risolvere le numerose situazioni di conflitto dell’Africa sub sahariana”. Questo è quanto inizialmente è emerso nel corso di un dibattito, dedicato al tema dei ‘Conflitti e religioni nell’Africa sub sahariana’, che si è svolto  ieri al Centro studi San Luigi dei Francesi, a Roma. Secondo il preside del Pontificio istituto di studi arabi e d’islamistica (Pisai), padre Justo Lacunza Balda, “le guerre stanno rovinando l’Africa”; casi come il Kenia e la Tanzania “attestano come la collaborazione tra le religioni sia possibile, sebbene tali realtà non fanno notizia sulla stampa”. Secondo don Matteo Zuppi della Comunità di Sant’Egidio, che ha giocato un ruolo  di primo piano nell’accordo del 1982 che ha posto fine  ad una sanguinosa guerra civile in Mozambico, occorre “investire di più nel dialogo”. Il progetto per combattere la diffusione dell’Aids, sostenuto dalla Comunità di Sant’Egidio, in Mozambico  sta dando risultati favorevoli. “Tale sbocco – ha detto – sta suscitando una forma di collaborazione concreta anche con i musulmani”. (S.C.)

 

 

PREMI BALZAN 2004: MONDO ISLAMICO, ARCHEOLOGIA, EPIDEMIOLOGIA E MATEMATICA LE QUATTRO MATERIE,

PREMIATE CIASCUNA CON OLTRE 650 MILA EURO

 

MILANO. = Il mondo islamico dalla fine del XIX alla fine del XX secolo, archeologia preistorica, epidemiologia e matematica: sono queste le materie che il Comitato generale Premi della Fondazione internazionale Eugenio Balzan, presieduto dall’ambasciatore Sergio Romano, ha deliberato saranno premiate nel 2004. Il Balzan assegna un milione di franchi svizzeri (oltre 650 mila euro) a personalità che si sono distinte in due materie scientifiche e altrettante umanistiche che (caratteristica unica nel panorama dei grandi riconoscimenti internazionali) vengono decise di anno in anno. La metà dell’ammontare del premio dovrà essere devoluto dai vincitori a progetti di ricerca condotti da giovani studiosi nella stessa materia di ciascun premio. I vincitori dei Premi Balzan sono scelti dal Comitato generale premi sulla base delle candidature proposte dalle più autorevoli istituzioni mondiali operanti nel campo della cultura umanistica e scientifica. Nel 2002 vincitori del Premio Balzan sono stati Dominique Schnapper per la Sociologia, Anthony Grafton per la Storia degli studi umanistici, Walter Gehring per la Biologia dello sviluppo e Xavier Le Pichon per la Geologia. I vincitori del 2003 saranno resi noti il prossimo mese di settembre: le materie premiande sono Storia europea dal 1900, Psicologia sociale, Genetica ed evoluzione e Astronomia infrarossa. (R.G.)

 

 

OGGI A CANNES IL FILM DI CLINT EASTWOOD, PER DOMANI È ATTESO

L’INGLESE PETER GREENAWAY. DELUDE L’ITALIANO: “BIBI E IL CORMORANO”,

ESORDIO ALLA REGIA DI EDUARDO GABRIELLINI, GIÀ CONOSCIUTO COME ATTORE

DI “OVO SODO”. MOLTO INTERESSANTE IL CINGALESE “LA CASA SUL LAGO”

- A cura di Nicola Falcinella -

 

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CANNES. = Stancamente verso la conclusione, attendendo gli ultimi grossi nomi. Oggi, Clint Eastwood con la sua storia di amicizia maschile “Mystic River”, domani l’inglese Greenaway con lo scientifico “The Tulse Luper Suitcases”. Ieri in concorso l’ambizioso ma confuso “La farfalla viola” del cinese Lou Ye: grande sfoggio di scenografie per raccontare episodi di spionaggio e di terrorismo durante la guerra sino-giapponese tra il 1928 e il 1937, ma troppo compiacimento nella costruzione del racconto tra sogni e flashback. Sempre in gara, mediocre “La petite Lili”, di Claude Miller, il quarto dei cinque francesi in concorso. Come sempre, i padroni di casa hanno inserito troppe loro produzioni nel contesto di gara per la Palma d’oro, una scelta che ha ancor più abbassato la qualità media di un’edizione del Festival non eccezionale. Molto interessante, tra le proiezioni speciali, il cingalese “La casa sul lago”: una nobile famiglia decaduta perde le proprietà al rientro in Sri Lanka dopo un lungo soggiorno a Londra. Lester James Peries, 74 anni, è il maggiore regista del suo Paese; racconta con uno stile da feuilleton d’altri tempi le frizioni tra i famelici nuovi ricchi, i vecchi aristocratici ed i giovani studenti. Dal chiuso della lussuosa villa si odono gli echi degli scontri di una società in trasformazione. Mentre in serata si conclude la retrospettiva dedicata a Federico Fellini, ha deluso l’ultimo film italiano in programma: “Bibi e il cormorano” è l’esordio alla regia dell’attore Eduardo Gabriellini, conosciuto soprattutto per “Ovo sodo”: una storia scombinata di giovani di provincia presentata nella sezione “Settimana della critica”. Oggi in concorso anche “Padre e figlio” del russo Alexander Sokurov, complessa relazione familiare esplorata da uno dei cineasti più interessati a scoprire l’anima dei suoi personaggi.

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VENTIDUE PERSONE SONO MORTE IN SUDAN PER UN’EPIDEMIA

DI FEBBRE GIALLA, IN UN PRIMO TEMPO CONSIDERATA EBOLA.

 L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ CONDURRÀ

UNA MASSICCIA CAMPAGNA DI VACCINAZIONE

 

NAIROBI. = Almeno 22 persone sono morte a causa di un’epidemia propagatasi nello stato del Sudan. Dopo la prima valutazione iniziale, in cui si era ritenuta un’ondata della terribile febbre emorragica del virus Ebola, “le analisi effettuate a Nairobi – come ha dichiarato oggi un portavoce del coordinatore per gli affari umanitari dell’Onu in Sudan – confermano che si tratta di febbre gialla”. Dieci giorni fa una squadra di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva raggiunto Ikotos, nel sudest del Sudan, a circa 50 chilometri dal confine con l’Uganda e a circa 120 dalla città nordugandese di Gulu, teatro tre anni fa di una grave epidemia di ebola. Le Nazioni Unite hanno annunciato che ora l’Oms, insieme ad altre organizzazioni umanitarie presenti nel Sudan meridionale, condurrà una massiccia campagna di vaccinazioni. (S.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

23 maggio 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Tredici anni dopo l'invasione irachena del Kuwait, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha doppiamente voltato pagina: ha revocato le sanzioni economiche contro Baghdad ed ha legittimato i piani di Stati Uniti e Gran Bretagna per guidare il Paese ed amministrarne le risorse petrolifere. Tra l’altro, oggi anche la Siria, che ieri si era astenuta dal voto, ha annunciato di essere favorevole alla risoluzione dell'Onu. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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Francia, Russia, Germania e Cina si sono espresse a favore, anche per ricucire i rapporti e restituire un ruolo al Palazzo di Vetro dopo i duri contrasti prima della guerra. Il testo affida il controllo delle risorse naturali alle potenze occupanti per pagare la ricostruzione e consente la ripresa della vendita del greggio, chiudendo il programma ‘petrolio per cibo’ per sei mesi. L’Onu potrà monitorare le spese, ma non deciderle, e nominerà un rappresentante che lavorerà al fianco degli amministratori americani. Secondo quanto affermato da Londra, ci sarà un ruolo anche per gli ispettori, ma il testo non prevede il loro ritorno, anche se finora le armi con cui Bush aveva giustificato la guerra non sono state trovate. Il capo della Casa Bianca ha salutato con entusiasmo la decisione del Palazzo di vetro: “Le Nazioni del mondo – ha detto – hanno dimostrato la loro unità nell’aiutare gli iracheni a costruire un futuro migliore”. La situazione sul terreno, intanto, resta tesa, come dimostra l’attacco contro un blindato americano avvenuto a Falluja, una quarantina di chilometri ad ovest di Baghdad. Due iracheni vi hanno perso la vita.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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L’esercito iracheno e tutti gli altri corpi di sicurezza dell’ex regime di Saddam Hussein sono ufficialmente disciolti: ne ha dato annuncio il  capo dell'amministrazione civile Usa in Iraq, Paul Bremer. Nel prossimo futuro verrà creato un nuovo “corpo di autodifesa nazionale”, che a detta di Washington sarà “rappresentativo di tutti gli iracheni”.

 

Se in Iraq gli scontri proseguono, neppure dal Medio Oriente giungono notizie rassicuranti. Un autobus di coloni israeliani è caduto stamattina in un’imboscata all’altezza di Netzarim, nei pressi di Gaza: un ordigno è esploso al suo passaggio, e subito dopo è partita una raffica di spari contro l’automezzo. Tre passeggeri sono rimasti feriti. Rischi anche per il presidente dell’Anp, Arafat, che nei giorni scorsi ha ricevuto a Ramallah un pacco contenente antrace.

 

Continua incessantemente l’opera dei soccorritori ad Algeri e nella zona settentrionale dell’Algeria, colpiti mercoledì scorso da un violento terremoto. Il bilancio, attualmente di 1.467 morti e circa 7.200 feriti, è ancora provvisorio: nell’aria c’è l’incubo che si possa ripetere il disastro del 1980, quando le vittime furono oltre 4 mila. La Caritas internazionale ha già stanziato i primi 25 mila euro ed ha inviato nella regione un suo rappresentante: c’è bisogno di sangue per le trasfusioni, coperte, viveri, latte per bambini, acqua potabile. Il servizio di Luciano Ardesi:

 

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La radio nazionale ha diffuso appelli alla popolazione e ha fatto da collegamento tra le famiglie in cerca dei loro cari. La rete telefonica, infatti, è stata gravemente danneggiata, e ciò ha reso difficili i contatti anche con l’estero. Sconvolte le comunicazioni stradali, a causa dei cedimenti di ponti e viadotti; la città più colpita risulta quella costiera di Boumerdes, una settantina di chilometri ad est della capitale: interi edifici di più piani si sono afflosciati su se stessi. Gravemente danneggiata è anche la città industriale di Rouiba, non lontana da Algeri. Tutti gli ospedali della capitale e dei centri vicini sono ormai saturi di feriti. Il governo ha varato un programma speciale per venire incontro alle migliaia di senzatetto: il presidente della Repubblica, Bouteflika, ha decretato da oggi un lutto nazionale per tre giorni ed ha rinviato tutti gli impegni internazionali. Numerosi sono stati i messaggi di cordoglio e di solidarietà alle vittime colpite. Da ieri sono sul posto alcune squadre di soccorso inviate da diversi Paesi europei.

 

Luciano Ardesi, per la Radio Vaticana.

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Meno drammatico, per fortuna, il bilancio del sisma che la scorsa notte ha colpito il sud del Kazakhstan. L’epicentro della scossa – di 6,5 gradi della scala Richter – è stato localizzato nella steppa, circa 300 chilometri ad ovest della capitale. Tre i morti.

 

In Colombia prosegue senza sosta la lotta tra l’esercito e la guerriglia. Teatro dell’ultima battaglia – che ha provocato 29 vittime tra i ribelli – la regione di Meta e Vichada, ad est di Bogotà, considerata un’area strategica soprattutto per il traffico di armi e di droga. I militari non sono riusciti a catturare Tomás Medina Caracas, tra i leader dei ribelli in quella zona, ma il governo ha affermato che ci saranno altre operazioni, per arrivare “al cuore del narcotraffico”.

 

Su richiesta del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, l’Unione Europea sta lavorando all'ipotesi di una propria forza di interposizione e di stabilizzazione per la Repubblica Democratica del Congo, nel tentativo di fermare i massacri in corso nel nordest del Paese: a Bunia, capoluogo dell’Ituri, sono state uccise almeno 300 persone nell’ultima settimana. Anche il cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa e presidente della Conferenza episcopale congolese, ha ribadito questa mattina a Roma l’urgenza di un intervento europeo, nella speranza di risolvere la crisi. Sulla situazione nell’ex Zaire, Giada Aquilino ha intervistato don Valerio Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia:

 

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R. – Diamo conferma del genocidio in corso dei Lendu e degli Hemma ad opera delle stesse etnie in guerra, ma dietro di loro si nascondono ovviamente rwandesi e ugandesi.

 

D. – Chi ne fa le spese?

 

R. – La popolazione congolese. Ci sono tanti sfollati: questo è il problema di fondo che c’è lì. Ci sono sfollati che per fuggire da questa violenza si spostano verso Butembo, verso Goma, verso l’Uganda ...

 

D. – Dietro alle violenze interetniche ci sono i grandi interessi economici: come potrà risolversi questa questione?

 

R. – La Conferenza episcopale del Congo ha assunto una posizione molto netta: aprire un Tribunale penale internazionale non solo per giudicare questi fatti di crimini contro l’umanità, ma anche per ripristinare il documento accuratissimo, pubblicato ad ottobre dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sul saccheggio delle risorse della Repubblica democratica del Congo.

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Cresce l’allarme anche in Liberia, per i combattimenti in corso tra il governo ed i ribelli, che ormai controllano gran parte del territorio. Un appello alle parti in lotta è giunto questa mattina dagli Stati Uniti, che hanno invitato i propri concittadini a lasciare il Paese ed hanno chiesto a “tutti i combattenti” di “risparmiare le vite di civili innocenti”. L’auspicio è di riuscire a fermare la marcia della guerriglia verso la capitale Monrovia e la località sudorientale di Buchanan. Prosegue tra mille difficoltà anche il tentativo di mediazione del Ghana, il cui ambasciatore ha rinviato dal 2 al 4 giugno i colloqui di pace tra i fedelissimi del presidente Taylor ed i ribelli.

 

Piccoli segnali positivi dall’area asiatica, sul fronte dell’epidemia di polmonite atipica: dopo 50 giorni, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha revocato oggi l'avvertimento a non recarsi ad Hong Kong e nella provincia cinese del Guangdong. Ma il virus, pur in calo, continua a provocare vittime: due nella stessa Hong Kong e tre in Cina, in queste ultime 24 ore. 77 i nuovi casi di infezione, la maggioranza dei quali a Taiwan.

 

 

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