RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 143 - Testo della
Trasmissione di venerdì 23 maggio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Annunciati i temi per i
Premi Balzan 2004: mondo islamico, archeologia, epidemiologia e matematica.
Oggi
a Cannes il film di Clint Eastwood, per domani è atteso l’inglese Peter
Greenaway.
Altre 22 persone sono morte in Sudan a causa di un’epidemia di febbre gialla.
L’Onu vota la fine delle sanzioni all’Iraq. Stati Uniti e Gran Bretagna
gestiranno i proventi del petrolio.
Oltre 1.460 morti, quasi
7.200 feriti: si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime del terremoto
in Algeria.
Lotta senza sosta, in
Colombia, tra l’esercito e la guerriglia: 29 ribelli uccisi in un’operazione
contro il narcotraffico.
L’Europa pensa ad una
forza di pace nella Repubblica democratica del Congo. Appello del cardinale
Etsou, arcivescovo di Kinshasa.
La polmonite atipica
rallenta, ma non è ancora sotto controllo. Cinque vittime in Asia nelle ultime
24 ore.
23 maggio 2003
NON SCORAGGIATEVI DAVANTI ALLE INGIUSTIZIE E ALLE
DISCRIMINAZIONI
CHE
COLPISCONO I CATTOLICI IN INDIA, MA ANNUNCIATE IL VANGELO
E
SERVITE I POVERI CON LA STESSA DEDIZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA.
LO HA
DETTO IL PAPA AI VESCOVI INDIANI DI RITO LATINO,
RICEVUTI
A CONCLUSIONE DELLA VISITA AD LIMINA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Chiese locali vive e sensibili al messaggio del Vangelo,
dove i fedeli sono in crescita, dove il servizio alle fasce sociali più povere
è intenso e ispirato dall’immortale esempio di Madre Teresa. Ma anche Chiese
inserite in un contesto sociale difficile, dove quella che porta a Cristo è
ancora oggi una strada segnata da “un’estrema avversità”. Di fronte ai vescovi
indiani di rito latino delle province ecclesiastiche di Calcutta, Guwahati,
Impal e Shillong – ricevuti questa mattina al termine della visita ad Limina
- Giovanni Paolo II ha mostrato un quadro in chiaroscuro della situazione dei
cattolici nel Paese.
Il Papa si è rallegrato per la vivacità della fede e per
le iniziative intraprese dall’episcopato dell’area per un più netto
miglioramento della formazione dei sacerdoti e dei laici. Ma non ha potuto non
denunciare ancora una volta le discriminazioni che colpiscono i cristiani
dell’immenso subcontinente indiano. Per secoli, ha osservato il Pontefice, i
cattolici in India si sono fatti portatori di opere di evangelizzazione,
“specialmente nei campi dell’educazione e dei servizi sociali, liberamente
offerti a cristiani e non cristiani”. Nonostante ciò, ha proseguito, il rispetto
nei loro riguardi non è ancora pieno. “E’ sconcertante - ha portato ad esempio
il Papa - che coloro che desiderano diventare cristiani debbano richiedere il
permesso delle autorità locali, e che altri abbiano perduto il diritto
all’assistenza sociale e al sostegno familiare”. C’è inoltre il fondamentalismo
di “alcuni movimenti” che sta creando “confusione” tra alcuni cattolici.
Non tutto però è da imputare a questa situazione di
difficoltà, ha aggiunto Giovanni Paolo II. “Gli ostacoli alla conversione - ha
notato - non sono sempre esterni, ma possono accadere tra le nostre comunità”
quando disaccordi, scandali e disunità emergono nelle istituzioni cattoliche.
“Per questa ragione – ha affermato il Pontefice – è importante che sacerdoti e
laici lavorino tutti insieme e in speciale cooperazione con i loro vescovi, che
sono il segno e la fonte dell’unità.
Nell’invitare i presuli indiani a non scoraggiarsi davanti
alle avversità del loro ministero, il Papa li ha esortati ad intensificare la
formazione cristiana del clero e dei catechisti, dai quali – ha sottolineato –
dipende in gran parte il lavoro di evangelizzazione di base in India. Il
pensiero di Giovanni Paolo II è andato anche a Madre Teresa, che tra pochi mesi
verrà beatificata. “La sua vita di gioioso sacrificio e di amore incondizionato
per i poveri risvegli in noi il desiderio di fare altrettanto”, ha detto il
Papa, che ha invitato i vescovi dell’India a prendere a modello le
straordinarie doti di “semplicità, umiltà e carità” della piccola suora di
Calcutta.
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IN UDIENZA DAL PAPA UNA
DELEGAZIONE MACEDONE,
GUIDATA DAL PRIMO MINISTRO, BRANKO CRVENKOVSKI
- Servizio di Roberta Gisotti -
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La festa che si celebra domani dei Santi Cirillo e
Metodio, compatroni d’Europa dal 1980, è l’occasione che ha portato a Roma -
dove sono conservate le reliquie dei due Fratelli, vissuti nel IX secolo dopo
Cristo - una delegazione della Repubblica ex jugoslava di Macedonia, Paese
indipendente dal ’91. E stamane il Papa
accogliendo in Vaticano il capo del governo con il seguito, ha auspicato che la
Macedonia sia sempre rafforzata “nel suo impegno all’unità e alla solidarietà,
ideali che i Santi fratelli di Salonicco hanno così efficacemente incarnato
nelle loro vite, dedicate a predicare la fede cristiana”.
“Questi due santi uomini” – ha ricordato Giovanni Paolo II
–“sono stati ponte d’unione tra Est ed Ovest. Attraverso i
valori insegnati e con l’esempio offerto, hanno reso differenti culture
e tradizioni, unite insieme, una ricca eredità per l’intera famiglia umana.” La
loro testimonianza, ha proseguito il santo Padre, “rivela un eterna verità che
il mondo del terzo Millennio deve riscoprire con urgenza: solo nella carità e
nella giustizia la pace può divenire una realtà che avvolge tutti i cuori
umani, sconfiggendo l’odio e vincendo il male con il bene.” E “questa carità e
giustizia – ha sottolineato il Papa - diviene tangibile realtà quando persone
di buona volontà in ogni parte del globo, come i Fratelli Cirillo e Metodio,
sono fermamente impegnati nella causa della riconciliazione, della coesistenza
fraterna, dello sviluppo umano e del rispetto per l’intrinseca dignità di ogni
nazione.”
Questo pellegrinaggio a Roma - ha concluso Giovanni Paolo
II rivolto ai suoi ospiti macedoni – è anche la testimonianza dei legami di
amicizia tra la vostra nazione e la Chiesa cattolica”, da qui l’incoraggiamento
perché tali vincoli crescano e si rafforzino specialmente tra le comunità
locali della Macedonia.
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Il Papa
ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Madison, negli
Stati Uniti d’America (Wisconsin) presentata dal vescovo mons. William H.
Bullock, per limiti di età. Il Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Madison
il presule mons. Robert C. Morlino, finora vescovo di Helena, nello Stato del
Montana.
IL DIRITTO
DELLE NUOVE GENERAZIONI INDIGENE
ALL’EDUCAZIONE NELLA PROPRIA CULTURA
PER SUPERARE I RISCHI POSTI DALLA GLOBALIZZAZIONE
RIBADITO DALL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE
AL FORUM PERMANENTE DELL’ONU SUGLI INDIGENI
- A cura
di Carla Cotignoli -
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“Nonostante gli impegni
internazionali, razzismo, xenofobia, intolleranza continuano a colpire i
bambini e i giovani indigeni a causa della loro cultura”. E’ quanto ha
rilevato l’arcivescovo Celestino
Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenuto al Forum
Permanente sugli indigeni in corso a New York.
Non solo. Le nuove generazioni indigene rischiano di perdere la ricca
diversità delle loro tradizioni a causa della cultura globalizzata.
Richiamandosi alla Convenzione
sui diritti del bambino, l’osservatore vaticano ha ribadito il diritto
all’educazione e alla pratica della propria religione, usi e lingua. Non è solo
in questione la possibilità di accedere all’educazione – ha affermato – ma sono
in questione i contenuti. La comunità
internazionale – ha detto – dovrebbe “riconoscere e rispettare la
responsabilità primaria della famiglia indigena”, ad “educare i propri figli
dall’infanzia all’adolescenza nella propria lingua, secondo la propria cultura
e i propri valori”.
Mons. Migliore ha sottolineato
l’importanza di una educazione “basata sui valori spirituali, morali ed etici”,
“indispensabili per uno sviluppo integrale”. In loro assenza, i bambini
indigeni, “immersi nella cultura globalizzata”, “rischiano di perdere la ricca
diversità delle loro tradizioni”. Dall’altra parte, l’osservatore della Santa
Sede ha affermato che il popolo indigeno dovrebbe abbracciare “solo i nobili
valori”, che “possono contribuire a modellare il futuro in armonia con la propria
eredità indigena” e “rigettare i falsi valori”.
La comunità internazionale – ha
concluso mons. Migliore - proteggendo il diritto all’educazione dei bambini e
giovani indigeni, contribuirebbe a difendere la loro identità. Crescendo così
nella pace e libertà, le nuove generazioni potranno a loro volta “essere
operatori di pace e costruttori di un mondo di fraternità, armonia e
solidarietà”.
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IL TURISMO, OPPORTUNITA’ PER MIGLIORARE LE REALZIONI UMANE
E
FAVORIRE LA SOLIDARIETA’ TRA I POPOLI:
COSI’
MONS. PIERO MONNI, ALLA RIUNIONE REGIONALE PER L’EUROPA
DELL’ORGANIZZAZIONE
MONDIALE DEL TURISMO, A MALTA
- A
cura di Stefano Cavallo -
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“L’integrazione
dei popoli europei non significa appiattimento e massificazione, bensì sviluppo della conoscenza reciproca nel
rispetto delle differenti tradizioni presenti nel vecchio continente.” Così si
è espresso ieri l’osservatore permanente della Santa sede presso l’Organizzazione
mondiale per il turismo, mons. Piero Monni, nel corso della 40.ma riunione
delle Commissione regionale per l’Europa, che si conclude oggi a Malta. Le
varie società europee – ha poi continuato il rappresentante vaticano – hanno
avviato un movimento di approfondimento della propria identità, oggi segnata da
profonde mutazioni tecnologiche, dal persistere di incertezze economiche e da crescenti pericoli ecologici.
Avanza la disoccupazione di massa, crescono nuove xenofobie e simultaneamente
si verifica anche un aggravio delle preoccupazioni che riguardano il mondo
dell’etica. Le ipotesi di unione, di aggregazione, e di ampliamento della Comunità
europea si fanno complesse. Occorrono strumenti nuovi e decise volontà
politiche, per ridare fiducia alla possibilità di realizzazione dell’idea di una vera “Casa europea”. In
questa prospettiva il turismo può indubbiamente offrire un fattivo contributo,
perché favorisce la conoscenza dei popoli e sollecita un dialogo per concrete iniziative di collaborazione.
L’industria
turistica, oggi unica attività economica ancora legata al territorio, si pone
come mezzo privilegiato per la riscoperta delle radici storico-sociali di ogni
etnìa. Nel contempo contribuisce a ricostruire un tessuto sociale spesso lacerato dagli scontri locali.
Attraverso il turismo si può attivare il senso di solidarietà e di rispetto
culturale, che sono le principali risorse strategiche dello sviluppo
sostenibile. Assume pertanto una particolare rilevanza i ruolo che può svolgere
il turismo sotto l’aspetto sociale. Sono molteplici – ha concluso mons. Monni –
le prospettive per un lavoro comune per la promozione dell’industria turistica: ma non si dovrebbero e non si
possono emarginare i valori spirituali di cui è depositaria la ‘Casa Europea’, basi
fondamentali “per la pace e il benessere dei popoli”.
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La
prima pagina si apre mettendo in evidenza “i febbrili sforzi per strappare vite
alle macerie” in Algeria, colpita da un terrificante terremoto: le conseguenze
del sisma si rivelano di ora in ora sempre più gravi. Si attiva la solidarietà
internazionale.
Sempre in prima, riguardo all’Iraq, l’Onu ha approvato la
risoluzione per la revoca delle sanzioni economiche.
Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi indiani, Giovanni
Paolo II ha esortato a seguire l’esempio di Madre Teresa, nel segno della
semplicità, dell’umiltà e della carità.
Nel ricevere una delegazione dell’ex-Repubblica Jugoslava
di Macedonia, il Papa ha sottolineato che solo nella carità e nelle giustizia
la pace può diventare una realtà.
Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi
italiani.
Un articolo di Gianluca Biccini sulla Concelebrazione
presieduta dall’arcivescovo Bertone, nella cappella del Governatorato:
l’Osservatore Romano e la Tipografia Vaticana hanno celebrato la festa di Santa
Maria Ausiliatrice.
Nelle pagine estere, Medio Oriente: colloqui tra i
palestinesi per sospendere l’Intifada.
Russia: iniziano i festeggiamenti per i 300 anni di San
Pietroburgo.
Nella pagina culturale, un approfondito contributo di
Vittorio Grossi dal titolo “Giuliano di Eclano e l’Hirpinia christiana”: dal 4
al 6 giugno un Convegno internazionale.
Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione
politica.
Il tema della giustizia.
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23 maggio 2003
IL RUOLO DELLA CHIESA PER UN NUOVO ORDINE
INTERNAZIONALE IN PRIMO PIANO
AD UN CONVEGNO APERTOSI STAMANI ALLA
GREGORIANA.
NEL
SUO INTERVENTO, MONS. MARTINO, PRESIDENTE DI GIUSTIZIA E PACE,
HA
RIBADITO LA NECESSITA’ DI CERCARE SEMPRE LA VIA PACIFICA NELLE CONTROVERSIE
INTERNAZIONALI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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Una riflessione profonda sul ruolo della Chiesa in favore
di un ordine internazionale che promuova la pace e i diritti dell’uomo. Con
questo obiettivo si è aperto stamani all’Università Gregoriana in Roma un
convegno di due giorni, promosso dall’ateneo pontificio e dall’istituto
internazionale Jaques Maritain, in occasione del ventennale dell’enciclica Pacem
in Terris. Nella sessione mattutina, presieduta dal presidente emerito
della Corte Costituzionale italiana, Giovanni Conso, è intervenuto anche
l’arcivescovo Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e
Pace. Il presule ha incentrato il suo discorso sulla visione di un nuovo ordine
internazionale secondo la dottrina sociale della Chiesa. Che, ha sottolineato,
fonda l’ordine internazionale su valori etici e giuridici tesi alla solidale
convivenza e collaborazione tra le diverse comunità politiche. Quindi, ha messo
l’accento sulla necessità di legare le relazioni tra gli Stati ad un concetto
di giustizia internazionale ed ha rammentato come il Magistero sociale della
Chiesa solleciti la “costituzione di poteri pubblici sul piano mondiale”,
affinché i contrasti tra i popoli siano superati pacificamente. Un punto,
questo, su cui il presidente del Dicastero vaticano si è soffermato ai nostri
microfoni:
“La
libertà e il ripristino del diritto non sono mai stati raggiunti attraverso
l’uso della forza e la guerra; gli strumenti normativi alternativi alla forza
armata, già esistenti nel diritto internazionale, devono essere ripensati in
modo da renderli rispondenti alle effettive esigenze della comunità internazionale,
rafforzandone anzitutto la portata e la cogenza. Nella prospettiva delineata
dalla dottrina sociale della Chiesa per un rinnovato ordine internazionale, la
comunità internazionale non deve più proporsi come semplice momento di
aggregazione della vita degli Stati, ma trasformarsi in una effettiva struttura
in cui i conflitti possano essere pacificamente risolti e gli interessi delle
singole parti tutelati e ricomposti sulle basi di vera giustizia”.
Il Convegno ha offerto inoltre l’occasione a mons. Martino
per esprimere la propria soddisfazione per la revoca delle sanzioni Onu
all’Iraq. Numerosi sono stati gli interventi di personalità del mondo
intellettuale succedutisi nella mattinata. Nel suo indirizzo di saluto, il
prof. Giuseppe Vedovato, presidente onorario dell’Assemblea parlamentare del
Consiglio d’Europa, ha espresso l’auspicio che venga promosso un “maggiore
spessore etico nei comportamenti degli organismi” nazionali e sopranazionali.
“L’assenza e la riduzione dei valori etici – ha aggiunto – concorre
ineluttabilmente al declino di ogni civiltà”. Il prof. Renato Papini,
segretario generale dell’Istituto Jacques Maritain ha, invece, ricordato
l’impegno di tutti i Pontefici del secolo scorso nel rifiutare il ricorso alla
forza quale mezzo per dirimere le controversie internazionali. Tutto incentrato
sulla Pacem in Terris, l’intervento del prof. Robert J. Araujo, della
Gonzaga University di Spokane. Quando la pubblicò nell’aprile del 1963, ha
affermato, Papa Giovanni XXIII “identificò il punto cruciale per la pace in
tutto il mondo: una solida comprensione della natura della persona umana”.
Proprio questo principio, ha proseguito, è alla base del “coinvolgimento della
Santa Sede all’interno della comunità internazionale”. Una pietra miliare,
dunque, la Pacem in Terris, a cui bisogna guardare anche oggi, come
spiega il prof. Franco Imoda, rettore della Gregoriana:
“Le
relazioni tra gli Stati sono state molto influenzate da una visione
dell’Illuminismo, che si fondava su un criterio più di equilibrio di forze tra
gli Stati. In fondo c’è anche oggi un po’ questa tensione: le stesse Nazioni
Unite hanno ricalcato un po’ tale visione delle relazioni tra gli Stati, più
che un ritorno all’esigenza fondamentale della persona, della persona come cittadino
del mondo. Quindi, in questa situazione è importante riprendere una discussione
sulla Pacem in terris. Con quello che succede nel mondo, può essere di grande
attualità”.
La sessione mattutina si è chiusa con la relazione del
prof. Giorgio Rumi, della Statale di Milano, che ha ripercorso i passaggi
cruciali dell’attività diplomatica vaticana dal 1870 alla Sollicitudo omnium
ecclesiarum del 1969. Oggi pomeriggio, il convegno affronterà il tema
“diritti umani, democrazia e comunicazione: la via alla giustizia
internazionale”. Intanto, c’è attesa per l’intervento di mons. Jean-Louis
Tauran, segretario per i Rapporti con gli Stati, previsto per domani mattina a
conclusione di una tavola rotonda su Etica e ordine mondiale.
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UNA
MOSTRA DI ARTE CONTEMPORANEA DAL 1980 AL 2003
-
Intervista con Micol Forti -
E’
stata inaugurata ieri nella Sala Polifunzionale dei Musei Vaticani,
l’esposizione “I Musei Vaticani e l’arte contemporanea. Acquisizioni dal 1980
al 2003”. La mostra pone l’accento sul particolare interesse con cui Giovanni
Paolo II – continuando nella stessa linea indicata dal suo predecessore Paolo
VI – ha sempre incoraggiato “la privilegiata missione spirituale degli artisti
che si sono cimentati sul soggetto sacro”. Proprio grazie alla sua attenzione,
negli ultimi decenni la Collezione di Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani
si è ampliata con un cospicuo numero di opere di rilevante importanza.
L’esposizione, che ha raccolto le più significative, è stata dedicata al Santo
Padre, in occasione del 25.mo anno di Pontificato. Il servizio è di Dorotea
Gambardella.
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Dal 1980 ad oggi sono entrate a far parte della Collezione
d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani circa trecentocinquanta opere tra
sculture, pitture e disegni. Con questa mostra si sono volute documentare
alcune fasi dell’evoluzione della collezione, intesa soprattutto come
opportunità di riconoscere nelle varie opere un seme della bellezza divina.
Micol Forti, curatrice dell’esposizione, ci spiega come essa è articolata.
R. - La mostra raccoglie una selezione di 60 opere dal
1980, quando fu fatta la prima mostra di nuove acquisizioni della collezione di
arte contemporanea, ad oggi. E’ stata concepita in ordine cronologico per
esecuzione di opere, quindi dagli inizi del ‘900 fino agli anni ’80, ed è
presentata con un progetto di allestimento molto lineare, molto chiaro -
abbiamo scelto il colore bianco come sfondo delle opere – proprio per
permettere ad opere di artisti diversi, di epoche diverse, di linguaggi
diversi, di essere lette nel modo più neutro ed uniforme possibile. Molte delle
opere sono inedite e quindi il pubblico le potrà vedere per la prima volta.
D. – Quali artisti sono presenti in questa esposizione?
R. – Gli artisti sono prevalentemente artisti italiani,
con qualche eccezione per qualche artista francese, spagnolo e un quadro
americano. I nomi sono molto importanti, perché si va da un quadro di Previati
del 1909, che non si vedeva da decenni, fino ad una bellissima collezione di
Marino Marini di opere sia pittoriche che scultoree, che sono state donate
dalla moglie nel 1989. Un bozzetto preparatorio di Bazin del Battistero di
Oudincour ed un bellissimo quadro di Pedro Cano, artista spagnolo, dedicato ad
un episodio della vita di Giovanni Paolo II.
(musica)
Ed è proprio a Giovanni Paolo II, che quest’anno celebra
il 25esimo anno di Pontificato, che è dedicata l’esposizione. Il Santo Padre
del resto ha sempre incoraggiato “la
privilegiata missione spirituale degli artisti che si sono cimentati sul soggetto
sacro”, continuando nella stessa linea indicata dal suo predecessore, Papa
Paolo VI, che in soli dieci anni riuscì a raccogliere un importante nucleo di
arte del Novecento che fu collocato nell’Appartamento Borgia dei Musei Vaticani
e fu aperto al pubblico il 23 giugno 1973. Tra Vangelo e Arte dunque, vi è
un’alleanza feconda, secondo quanto scritto anche da Giovanni Paolo II nella lettera
agli artisti del 1999. Ma qual è l’opera più significativa di questa esposizione?
Ci risponde ancora Micol Forti.
R. – Il quadro che abbiamo scelto come logo della mostra,
“La caduta dell’angelo” di Marino Marini, questa figura quasi astratta di
questo angelo che vola o cade con le sue ali spiegate al cielo dove non c’è
nessun elemento di drammaticità, ma anzi di poeticità, è un po’ un simbolo di
speranza che, penso, sintetizzi bene il cuore della mostra.
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23 maggio 2003
DA LUNEDI’ A MERCOLEDI’ DELLA
PROSSIMA SETTIMANA SI TERRA’ A ROMA
IL IX
CONVEGNO TEMATICO DELLA RIVISTA STUDIUM CHE AVRA’ COME
ARGOMENTO CENTRALE “IL TEMPO” NEL PENSIERO
SCIENTIFICO E FILOSOFICO
- A
cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = Promosso con la
collaborazione di ART’E’, Società Internazionale di Arte e Cultura, e con il
contributo scientifico della Domus Galilaeana di Pisa, si terrà a Roma, nei
giorni 26-28 maggio, nella sede dell’Istituto Italo-Latinoamericano in Piazza
Cairoli, il IX Convegno della Rivista Studium, dedicato quest’anno a un tema
che ha un’importanza centrale nel pensiero scientifico e filosofico: Il Tempo.
L’incontro sarà aperto dalle relazioni di Vittorio Mathieu (Il tempo come durata)
e di Bruno Forte (Il tempo splendore di Dio: una lettura teologica). Vedrà
quindi un confronto fecondo fra biologi, fisici, matematici, antropologi,
giuristi, psicologi, psichiatri e filosofi. Nella cornice di questo Convegno
interdisciplinare, nel pomeriggio di lunedì 26 maggio, verranno presentate al
Teatro Argentina le Confessioni di Sant’Agostino dal cardinale Paul
Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e dall’Accademico
linceo Carlo Ossola, del College de France. Un’ampia scelta di pagine
agostiniane sarà letta da Gerard Depardieu. Il Convengo affronta un nodo
centrale dell’esperienza umana. Quella del tempo e del suo scorrere sembra
un’idea universalmente riconosciuta, e tuttavia chi non ha condiviso
l’imbarazzo di Agostino quando confessa di sapere cosa sia il tempo quando
nessuno glielo chiede, ma di non saperlo quando qualcuno gli chiede di spiegare
cosa sia? Lo studio del tempo pone dunque interrogativi ineludibili e ha una
portata metafisica. L’essere viene dato all’uomo in forma temporale e il
rapporto dell’uomo con il tempo esprime un rapporto con l’essere nei suoi
diversi livelli, fino a giungere al confronto con l’eternità. E’ a questa
meditazione che invita il Convegno promosso da Studium.
‘CONFLITTI E RELIGIONI NELL’AFRICA SUB
SAHARIANA’:
QUESTO
IL TITOLO DELL’INCONTRO IERI AL CENTRO SAN LUIGI DEI FRANCESI.
“BENCHÉ
NON FACCIANO NOTIZIA NELLA STAMPA” HA DETTO PADRE LACUNZA,
PRESIDE
DEL PONTIFICIO ISTITUTO DI STUDI ARABI, I CASI DI COLLABORAZIONE
TRA LE
RELIGIONI, COME IN KENIA O IN TANZANIA, SONO POSSIBILI
ROMA. = “Le religioni possono giocare un ruolo
importante per risolvere le numerose
situazioni di conflitto dell’Africa sub sahariana”. Questo è quanto
inizialmente è emerso nel corso di un dibattito, dedicato al tema dei
‘Conflitti e religioni nell’Africa sub sahariana’, che si è svolto ieri al Centro studi San Luigi dei Francesi,
a Roma. Secondo il preside del Pontificio istituto di studi arabi e
d’islamistica (Pisai), padre Justo Lacunza Balda, “le guerre stanno rovinando
l’Africa”; casi come il Kenia e la Tanzania “attestano come la collaborazione
tra le religioni sia possibile, sebbene tali realtà non fanno notizia sulla
stampa”. Secondo don Matteo Zuppi della Comunità di Sant’Egidio, che ha giocato
un ruolo di primo piano nell’accordo
del 1982 che ha posto fine ad una
sanguinosa guerra civile in Mozambico, occorre “investire di più nel dialogo”.
Il progetto per combattere la diffusione dell’Aids, sostenuto dalla Comunità di
Sant’Egidio, in Mozambico sta dando
risultati favorevoli. “Tale sbocco – ha detto – sta suscitando una forma di
collaborazione concreta anche con i musulmani”. (S.C.)
PREMI BALZAN 2004: MONDO ISLAMICO, ARCHEOLOGIA, EPIDEMIOLOGIA
E MATEMATICA LE QUATTRO MATERIE,
PREMIATE
CIASCUNA CON OLTRE 650 MILA EURO
MILANO. = Il mondo islamico dalla fine del XIX alla fine
del XX secolo, archeologia preistorica, epidemiologia e matematica: sono queste
le materie che il Comitato generale Premi della Fondazione internazionale
Eugenio Balzan, presieduto dall’ambasciatore Sergio Romano, ha deliberato
saranno premiate nel 2004. Il Balzan assegna un milione di franchi svizzeri
(oltre 650 mila euro) a personalità che si sono distinte in due materie
scientifiche e altrettante umanistiche che (caratteristica unica nel panorama
dei grandi riconoscimenti internazionali) vengono decise di anno in anno. La
metà dell’ammontare del premio dovrà essere devoluto dai vincitori a progetti
di ricerca condotti da giovani studiosi nella stessa materia di ciascun premio.
I vincitori dei Premi Balzan sono scelti dal Comitato generale premi sulla base
delle candidature proposte dalle più autorevoli istituzioni mondiali operanti
nel campo della cultura umanistica e scientifica. Nel 2002 vincitori del Premio
Balzan sono stati Dominique Schnapper per la Sociologia, Anthony Grafton per la
Storia degli studi umanistici, Walter Gehring per la Biologia dello sviluppo e
Xavier Le Pichon per la Geologia. I vincitori del 2003 saranno resi noti il
prossimo mese di settembre: le materie premiande sono Storia europea dal 1900,
Psicologia sociale, Genetica ed evoluzione e Astronomia infrarossa. (R.G.)
OGGI A CANNES IL FILM DI CLINT EASTWOOD, PER DOMANI È ATTESO
L’INGLESE
PETER GREENAWAY. DELUDE L’ITALIANO: “BIBI E IL CORMORANO”,
ESORDIO
ALLA REGIA DI EDUARDO GABRIELLINI, GIÀ CONOSCIUTO COME ATTORE
DI
“OVO SODO”. MOLTO INTERESSANTE IL CINGALESE “LA CASA SUL LAGO”
- A
cura di Nicola Falcinella -
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CANNES. = Stancamente verso la conclusione, attendendo gli
ultimi grossi nomi. Oggi, Clint Eastwood con la sua storia di amicizia maschile
“Mystic River”, domani l’inglese Greenaway con lo scientifico “The Tulse Luper
Suitcases”. Ieri in concorso l’ambizioso ma confuso “La farfalla viola” del
cinese Lou Ye: grande sfoggio di scenografie per raccontare episodi di
spionaggio e di terrorismo durante la guerra sino-giapponese tra il 1928 e il
1937, ma troppo compiacimento nella costruzione del racconto tra sogni e
flashback. Sempre in gara, mediocre “La petite Lili”, di Claude Miller, il
quarto dei cinque francesi in concorso. Come sempre, i padroni di casa hanno
inserito troppe loro produzioni nel contesto di gara per la Palma d’oro, una
scelta che ha ancor più abbassato la qualità media di un’edizione del Festival
non eccezionale. Molto interessante, tra le proiezioni speciali, il cingalese
“La casa sul lago”: una nobile famiglia decaduta perde le proprietà al rientro
in Sri Lanka dopo un lungo soggiorno a Londra. Lester James Peries, 74 anni, è
il maggiore regista del suo Paese; racconta con uno stile da feuilleton d’altri
tempi le frizioni tra i famelici nuovi ricchi, i vecchi aristocratici ed i
giovani studenti. Dal chiuso della lussuosa villa si odono gli echi degli
scontri di una società in trasformazione. Mentre in serata si conclude la
retrospettiva dedicata a Federico Fellini, ha deluso l’ultimo film italiano in
programma: “Bibi e il cormorano” è l’esordio alla regia dell’attore Eduardo
Gabriellini, conosciuto soprattutto per “Ovo sodo”: una storia scombinata di
giovani di provincia presentata nella sezione “Settimana della critica”. Oggi
in concorso anche “Padre e figlio” del russo Alexander Sokurov, complessa
relazione familiare esplorata da uno dei cineasti più interessati a scoprire
l’anima dei suoi personaggi.
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VENTIDUE PERSONE SONO MORTE IN SUDAN PER UN’EPIDEMIA
DI FEBBRE
GIALLA, IN UN PRIMO TEMPO CONSIDERATA EBOLA.
L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
CONDURRÀ
UNA MASSICCIA
CAMPAGNA DI VACCINAZIONE
NAIROBI. = Almeno 22 persone
sono morte a causa di un’epidemia propagatasi nello stato del Sudan. Dopo la
prima valutazione iniziale, in cui si era ritenuta un’ondata della terribile
febbre emorragica del virus Ebola, “le analisi effettuate a Nairobi – come ha
dichiarato oggi un portavoce del coordinatore per gli affari umanitari dell’Onu
in Sudan – confermano che si tratta di febbre gialla”. Dieci giorni fa una
squadra di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva raggiunto
Ikotos, nel sudest del Sudan, a circa 50 chilometri dal confine con l’Uganda e
a circa 120 dalla città nordugandese di Gulu, teatro tre anni fa di una grave
epidemia di ebola. Le Nazioni Unite hanno annunciato che ora l’Oms, insieme ad
altre organizzazioni umanitarie presenti nel Sudan meridionale, condurrà una
massiccia campagna di vaccinazioni. (S.C.)
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23 maggio 2003
- A
cura di Andrea Sarubbi -
Tredici anni dopo l'invasione irachena del Kuwait,
il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha doppiamente voltato pagina: ha revocato
le sanzioni economiche contro Baghdad ed ha legittimato i piani di Stati Uniti
e Gran Bretagna per
guidare il Paese ed amministrarne le risorse petrolifere. Tra l’altro, oggi
anche la Siria, che ieri si era astenuta dal voto, ha annunciato di essere favorevole
alla risoluzione dell'Onu. Da New York, Paolo Mastrolilli:
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Francia, Russia, Germania e Cina si sono espresse a
favore, anche per ricucire i rapporti e restituire un ruolo al Palazzo di Vetro
dopo i duri contrasti prima della guerra. Il testo affida il controllo delle
risorse naturali alle potenze occupanti per pagare la ricostruzione e consente
la ripresa della vendita del greggio, chiudendo il programma ‘petrolio per
cibo’ per sei mesi. L’Onu potrà monitorare le spese, ma non deciderle, e
nominerà un rappresentante che lavorerà al fianco degli amministratori
americani. Secondo quanto affermato da Londra, ci sarà un ruolo anche per gli
ispettori, ma il testo non prevede il loro ritorno, anche se finora le armi con
cui Bush aveva giustificato la guerra non sono state trovate. Il capo della
Casa Bianca ha salutato con entusiasmo la decisione del Palazzo di vetro: “Le
Nazioni del mondo – ha detto – hanno dimostrato la loro unità nell’aiutare gli
iracheni a costruire un futuro migliore”. La situazione sul terreno, intanto, resta
tesa, come dimostra l’attacco contro un blindato americano avvenuto a Falluja,
una quarantina di chilometri ad ovest di Baghdad. Due iracheni vi hanno perso
la vita.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L’esercito
iracheno e tutti gli altri corpi di sicurezza dell’ex regime di Saddam Hussein
sono ufficialmente disciolti: ne ha dato annuncio il capo dell'amministrazione civile Usa in Iraq, Paul Bremer. Nel
prossimo futuro verrà creato un nuovo “corpo di autodifesa nazionale”, che a
detta di Washington sarà “rappresentativo di tutti gli iracheni”.
Se in
Iraq gli scontri proseguono, neppure dal Medio Oriente giungono notizie
rassicuranti. Un autobus di coloni israeliani è caduto stamattina in un’imboscata
all’altezza di Netzarim, nei pressi di Gaza: un ordigno è esploso al suo
passaggio, e subito dopo è partita una raffica di spari contro l’automezzo. Tre
passeggeri sono rimasti feriti. Rischi anche per il presidente dell’Anp,
Arafat, che nei giorni scorsi ha ricevuto a Ramallah un pacco contenente
antrace.
Continua
incessantemente l’opera dei soccorritori ad Algeri e nella zona settentrionale
dell’Algeria, colpiti mercoledì scorso da un violento terremoto. Il bilancio,
attualmente di 1.467 morti e circa 7.200 feriti, è ancora provvisorio:
nell’aria c’è l’incubo che si possa ripetere il disastro del 1980, quando le
vittime furono oltre 4 mila. La Caritas internazionale ha già stanziato i primi
25 mila euro ed ha inviato nella regione un suo rappresentante: c’è bisogno di
sangue per le trasfusioni, coperte, viveri, latte per bambini, acqua potabile.
Il servizio di Luciano Ardesi:
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La radio nazionale ha diffuso appelli alla popolazione e
ha fatto da collegamento tra le famiglie in cerca dei loro cari. La rete
telefonica, infatti, è stata gravemente danneggiata, e ciò ha reso difficili i
contatti anche con l’estero. Sconvolte le comunicazioni stradali, a causa dei
cedimenti di ponti e viadotti; la città più colpita risulta quella costiera di
Boumerdes, una settantina di chilometri ad est della capitale: interi edifici
di più piani si sono afflosciati su se stessi. Gravemente danneggiata è anche
la città industriale di Rouiba, non lontana da Algeri. Tutti gli ospedali della
capitale e dei centri vicini sono ormai saturi di feriti. Il governo ha varato
un programma speciale per venire incontro alle migliaia di senzatetto: il
presidente della Repubblica, Bouteflika, ha decretato da oggi un lutto
nazionale per tre giorni ed ha rinviato tutti gli impegni internazionali.
Numerosi sono stati i messaggi di cordoglio e di solidarietà alle vittime
colpite. Da ieri sono sul posto alcune squadre di soccorso inviate da diversi
Paesi europei.
Luciano Ardesi, per la Radio Vaticana.
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Meno drammatico, per fortuna, il bilancio del sisma
che la scorsa notte ha colpito il sud del Kazakhstan. L’epicentro della scossa
– di 6,5 gradi della scala Richter – è stato localizzato nella steppa, circa
300 chilometri ad ovest della capitale. Tre i morti.
In Colombia prosegue senza sosta la lotta tra
l’esercito e la guerriglia. Teatro dell’ultima battaglia – che ha provocato 29
vittime tra i ribelli – la regione di Meta e Vichada, ad est di Bogotà,
considerata un’area strategica soprattutto per il traffico di armi e di droga.
I militari non sono riusciti a catturare Tomás Medina Caracas, tra i leader dei
ribelli in quella zona, ma il governo ha affermato che ci saranno altre
operazioni, per arrivare “al cuore del narcotraffico”.
Su richiesta del segretario generale dell’Onu, Kofi
Annan, l’Unione Europea sta lavorando all'ipotesi di una propria forza di
interposizione e di stabilizzazione per la Repubblica Democratica del Congo,
nel tentativo di fermare i massacri in corso nel nordest del Paese: a Bunia,
capoluogo dell’Ituri, sono state uccise almeno 300 persone nell’ultima
settimana. Anche il cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa e
presidente della Conferenza episcopale congolese, ha ribadito questa mattina a
Roma l’urgenza di un intervento europeo, nella speranza di risolvere la crisi.
Sulla situazione nell’ex Zaire, Giada Aquilino ha intervistato don Valerio
Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia:
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R. – Diamo conferma del genocidio in corso dei Lendu e
degli Hemma ad opera delle stesse etnie in guerra, ma dietro di loro si
nascondono ovviamente rwandesi e ugandesi.
D. – Chi ne fa le spese?
R. – La popolazione congolese. Ci sono tanti sfollati:
questo è il problema di fondo che c’è lì. Ci sono sfollati che per fuggire da
questa violenza si spostano verso Butembo, verso Goma, verso l’Uganda ...
D. – Dietro alle violenze interetniche ci sono i grandi
interessi economici: come potrà risolversi questa questione?
R. – La Conferenza episcopale del Congo ha assunto una
posizione molto netta: aprire un Tribunale penale internazionale non solo per
giudicare questi fatti di crimini contro l’umanità, ma anche per ripristinare
il documento accuratissimo, pubblicato ad ottobre dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu, sul saccheggio delle risorse della Repubblica democratica del Congo.
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Cresce l’allarme anche in Liberia, per i combattimenti in
corso tra il governo ed i ribelli, che ormai controllano gran parte del
territorio. Un appello alle parti in lotta è giunto questa mattina dagli Stati
Uniti, che hanno invitato i propri concittadini a lasciare il Paese ed hanno
chiesto a “tutti i combattenti” di “risparmiare le vite di civili innocenti”.
L’auspicio è di riuscire a fermare la marcia della guerriglia verso la capitale
Monrovia e la località sudorientale di Buchanan. Prosegue tra mille difficoltà
anche il tentativo di mediazione del Ghana, il cui ambasciatore ha rinviato dal
2 al 4 giugno i colloqui di pace tra i fedelissimi del presidente Taylor ed i
ribelli.
Piccoli
segnali positivi dall’area asiatica, sul fronte dell’epidemia di polmonite
atipica: dopo 50 giorni, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha revocato
oggi l'avvertimento a non recarsi ad Hong Kong e nella provincia cinese del
Guangdong. Ma il virus, pur in calo, continua a provocare vittime: due nella
stessa Hong Kong e tre in Cina, in queste ultime 24 ore. 77 i nuovi casi di
infezione, la maggioranza dei quali a Taiwan.
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