RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 141 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 21 maggio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Terrorismo nel mondo dopo la guerra in Iraq: l’opinione di Lucio Caracciolo
CHIESA E SOCIETA’:
L’Ue
intende migliorare la distribuzione degli aiuti alle Nazioni povere.
Oggi a Malta si riunisce la Commissione europea dell’Organizzazione mondiale del turismo.
Stati Uniti, Gran
Bretagna, Germania e Italia chiudono le ambasciate e i consolati a Riad.
Proteste popolari palestinesi nei Territori contro
l’estremismo islamico.
Ad Aceh, nell’isola indonesiano di Sumatra, ancora
scontri tra esercito di Giakarta e ribelli indipendentisti.
21 maggio 2003
“SOLO COL SOSTEGNO
DIVINO POSSIAMO SUPERARE I PERICOLI E LE DIFFICOLTA’
CHE COSTELLANO OGNI GIORNO DELLA NOSTRA VITA”.
COSI’ OGGI IL PAPA NELLA CATECHESI BIBLICA
ALL’UDIENZA GENERALE
- Servizio di Barbara Castelli -
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Giovanni Paolo II è tornato a parlare del senso
dell’esistenza umana, incontrando stamani i 18 mila fedeli convenuti in Piazza
San Pietro per l’udienza generale del mercoledì. “L’uomo è come un soffio di
vento - ha ricordato il Pontefice - e i suoi giorni come ombra che passa, se il
Creatore non ci conserva in vita”. Ripercorrendo i versi del salmo 143, in cui
re Davide confessa che i suoi successi sono un opera di Dio e si riconosce
fragile e impotente dinanzi al male, il Santo Padre ha sottolineato, ancora una
volta, come Dio non sia “impassibile e indifferente rispetto alle vicende
umane”.
“Solo col sostegno divino
possiamo superare i pericoli e le difficoltà che costellano ogni giorno della
nostra vita. Dio non ci abbandonerà nella lotta contro il male”.
Solo affidandosi con coraggio
alla volontà di Dio, che “ci sostiene nella battaglia contro i perversi poteri
nascosti”, l’uomo “potrà camminare verso la libertà da ogni oppressione”. Alla
fine dell’udienza generale il Papa ha salutato con il consueto affetto i
giovani, i malati e gli sposi novelli, dopo aver abbracciato idealmente i
membri dell’Associazione di volontariato per il sostegno di bambini abbandonati
“Sorriso come dono”. Il sodalizio slovacco si occupa, tra l’altro, di ricercare
fratelli e sorelle dispersi in vari orfanotrofi e di trovare una famiglia che
possa accogliere il bambino. “Dio misericordioso - ha esortato, infine, il Papa
- sarà per voi fortezza e roccia, scudo e rifugio”.
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ALTRE UDIENZE
Nel pomeriggio, il Santo Padre
riceverà quattro presuli indiani della regione di Guwahati, in visita “ad
Limina Apostolorum”.
LA FORMAZIONE NEI
TERRITORI DI MISSIONE AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE
PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI CHE INIZIA DOMANI
IN VATICANO
- Servizio di Giovanni Peduto -
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I partecipanti alla Plenaria,
provenienti da tutti i Continenti, rifletteranno su questo tema che è tra i più
importanti e urgenti per la vita della Chiesa missionaria. Lo faranno alla luce
dell’Instrumentum laboris, che hanno già ricevuto e che è stato redatto
con i contributi che essi stessi avevano in precedenza offerti in risposta
all’apposito questionario inviato loro dal Dicastero. Seguendo le analisi e i
suggerimenti delle risposte, questa sessione si propone di focalizzare il
problema della formazione nei Paesi di missione: stabilendo dei solidi principi
formativi che possano servire come criteri generali; suggerendo le linee per
formulare dei programmi formativi; affrontando alcune precise questioni. Alla
fine si raccoglieranno i suggerimenti offerti dai partecipanti alla Plenaria
per stilare un documento che sarà inviato, tramite le nunziature apostoliche, a
tutti i vescovi e a tutti i rappresentanti degli Istituti che sono presenti nei
territori di missione.
D. – Chi riguarderà
specificatamente la formazione in esame? Ce lo precisa il cardinale Crescenzio
Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli:
R. – Naturalmente questa
formazione riguarda tutti, riguarda sia il clero, a partire dalla formazione
iniziale nei Seminari, quindi i sacerdoti diocesani, ma anche i religiosi e le
religiose. In modo particolare affronteremo il problema della formazione dei
laici e dei catechisti, che sono una forza prorompente e fondamentale per
l’evangelizzazione dei popoli.
D. – Oggi, eminenza, assistiamo
ad una fioritura in questi Paesi di missione, rispetto alla crisi che investe i
Paesi occidentali …
R. – Infatti, mentre prima i
Paesi di antica tradizione cristiana inviavano missionari nei Paesi giovani,
nelle Chiese giovani, oggi c’è una trasmigrazione di sacerdoti, religiosi,
religiose e anche laici delle Chiese giovani, che vengono ad evangelizzare le
Chiese di antica cristianità. Anche questo sarà uno degli argomenti che affronteremo,
perché, come prima i missionari si formavano per poi andare nelle terre di
missione, nelle terre ad gentes, così anche bisogna affrontare una
preparazione, una formazione specifica di coloro che vengono nei nostri Paesi
europei e americani, che vengono ad evangelizzare e a portare l’annuncio di
Cristo. Sarà uno degli argomenti più delicati, ma anche più urgenti che
dobbiamo affrontare per poter dare una risposta a questa situazione.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
prima pagina si apre con il tema del terrorismo, sottolineando i timori legati
alla possibilità di un attentato negli Usa e in Arabia Saudita; chiuse diverse
ambasciate a Riad e rafforzate le misure di sicurezza.
Sempre
in prima, la notizia dell’uccisione, in Sud Africa, di un missionario
francescano di origine irlandese.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Un
contributo dell’arcivescovo Stephen Fumio Hamao dal titolo “Globalizzare la
solidarietà con i fratelli migranti”; primo incontro continentale a Bogotà.
Un articolo di Hermann Geissler dal titolo “‘Cor ad
cor loquitur’, il motto cardinalizio di J. H. Newman”.
Nelle
pagine estere, Medio Oriente: Bush lancia un appello ad Abu Mazen perché fermi
gli attacchi anti-israeliani.
Iraq:
attesa per il voto delle Nazioni Unite per la revoca delle sanzioni; scoperte
altre quattordici fosse comuni.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giovanni Lugaresi sulla mostra “Tesori ritrovati della Chiesa di
Padova”, allestita nel Museo diocesano della città.
Nelle
pagine italiane, in primo piano i temi della giustizia e
dell'allarme-terrorismo.
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21 maggio 2003
LA
LOTTA AL TERRORISMO NELLA NUOVA FASE
INTERNAZIONALE SCATURITA DALLA GUERRA ALL’IRAQ
- Con
noi, Lucio Caracciolo -
L’ondata
di attentati suicidi di questi giorni, che si sta allargando a macchia d’olio,
presenta un nuovo preoccupante fronte d’emergenza a cui i Paesi occidentali,
gli Stati Uniti in particolare, devono trovare con urgenza una soluzione. A
questo si aggiunge l’esigenza di aiutare l’Iraq ad affrontare il dopo guerra, a
trovare un assetto istituzionale democratico e a moderare le varie istanze estremiste
che ancora sopravvivono al conflitto. L’ultimo numero di “Limes”, rivista di
geopolitica definisce questa situazione con un titolo emblematico: “La guerra
continua”. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il direttore, Lucio Caracciolo:
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R. – Il titolo che abbiamo scelto per questo volume di
“Limes” si riferisce proprio al fatto che l’Iraq è stato un ‘episodio’ molto
importante, ma un episodio, di una vicenda molto più lunga e che secondo il
presidente degli Stati Uniti, George Bush, è una guerra molto lunga che
potrebbe durare quanto è durata la Guerra Fredda, cioè dei decenni.
Naturalmente, nessuno può sapere quale sarà il seguito di questa guerra, ma
certamente non è finita.
D. – Questo terrorismo è ‘figlio’ della guerra in Iraq, ma
qual è il suo obiettivo?
R. – No, non credo che sia solo ‘figlio’ e nemmeno principalmente
‘figlio’ della guerra in Iraq; l’obiettivo delle organizzazioni terroristiche
non è uno, nel senso che sono diverse organizzazioni terroristiche e immaginare
che vi sia un’unica centrale che diriga tutto, secondo me è fuorviante nel
senso che ormai vi sono degli obiettivi che possono essere in parte
convergenti, ma il terrorismo ha delle ‘agende nazionali’ essenzialmente per
quanto riguarda l’Arabia Saudita ed il Marocco, per esempio: rovesciare i
regimi e, per quanto riguarda la Palestina, quello di dimostrare che c’è ancora
una resistenza palestinese all’occupazione israeliana, che non accetta di
negoziare alcunché.
D. – La gestione del petrolio iracheno, tra gli obiettivi
non dichiarati della guerra in Iraq, avrebbe dovuto in qualche modo risollevare
l’economia americana: perché ora – anche a causa degli attentati – gli Stati
Uniti continuano a trovarsi in difficoltà?
R. – Perché mentre avevano una pianificazione abbastanza
precisa di quello che doveva essere la guerra in senso militare, non l’avevano
– o l’avevano molto imprecisa – per il dopoguerra. Gli americani non stanno
controllando il territorio e probabilmente non sono nemmeno in grado di farlo.
Questo richiede ovviamente anche il recupero delle Nazioni Unite – almeno
parziale – e di alcuni Paesi che erano stati cacciati dalla porta e rientrano
dalla finestra perché è chiaro che, senza un supporto internazionale molto
vasto questa vicenda non si può gestire.
D. – E a tutto questo si aggiunge un forte senso di
insicurezza che subisce la popolazione occidentale, americana in particolare,
per paura del terrorismo, cosa che appunto non facilita comunque alcuna ripresa
...
R. – Certamente, in ogni caso, il fatto di sentirsi
continuamente, anche dopo la guerra, sotto pressione, sotto minaccia non è
qualcosa di facilmente digeribile per gli americani e neanche per noi, perché
non dimentichiamo che in ogni caso sotto il tiro ci sono anche gli europei ed i
Paesi come l’Italia, che hanno dimostrato in un modo o in un altro qualche
forma di solidarietà agli americani.
D. – Con il senno di poi, quella in Iraq è una guerra
vinta sul campo ma persa, se analizziamo il ritorno che c’è stato, almeno
immediato?
R. – No, penso che sia troppo presto per dire questo.
Sicuramente ci sono molte difficoltà ma mentre forse era troppo facile gridare
alla vittoria militare contro un avversario così debole, così adesso forse è
troppo facile gridare al fallimento.
D. – In tutto questo, ci chiediamo dell’Afghanistan: si
può considerare ormai un’emergenza di secondo piano?
R. – Sì, ma lo è sempre stata, nel senso che l’Afghanistan
interessava innanzitutto dopo l’11 settembre, perché era il bersaglio più ovvio
e più facile, certamente non dal punto di vista geo-strategico o geo-politico,
perché sotto questo aspetto l’Afghanistan ha un valore secondario. Semmai, da
tener d’occhio è il Pakistan, ex-potenza dominante in Afghanistan che resta un
Paese sotto minaccia terroristica e sotto pressione americana.
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OGGI GIORNATA MONDIALE DELLA DIVERSITA’ CULTURALE
INDETTA DALL’ONU PER PROMUOVERE IL DIALOGO TRA LE
CIVILTA’
CRISTIANI E MUSULMANI: IL DIALOGO POSSIBILE
- Con noi, il gesuita padre Thomas Michel -
Oggi si celebra la “Giornata
mondiale della diversità culturale”, indetta dall’Onu per promuovere il dialogo
tra le civiltà. I tragici attentati terroristici per mano di kamikaze di questi
giorni non favoriscono certo questo dialogo. Rischiano di gettare sull’intero
mondo islamico l’immagine della violenza e del fondamentalismo. Di fatto la
realtà è ben diversa. E’ quanto sta
mettendo in luce il seminario in corso promosso dalla Commissione per il
Dialogo Interreligioso dell’Unione dei Superiori Generali, iniziato lunedì
scorso a Roma presso l’Augustinianum, con l’intento di ricordare a noi
cristiani che siamo “chiamati – come recita il titolo – ad una nuova visione degli altri e di noi
stessi attraverso il dialogo interreligioso”. Servizio di Carla Cotignoli:
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E’ proprio sull’Islam, che è
puntato l’obiettivo del seminario. I relatori provengono da vari Paesi tra cui:
Algeria, Turchia, Pakistan, Stati Uniti, Macedonia. Il dialogo di fede, la
collaborazione sul fronte dei diritti umani, l’educazione alla convivenza
pacifica, la promozione della donna.
Temi cruciali approfonditi giorno per giorno con relazioni e
testimonianze di cristiani e musulmani.
Quale immagine dell’Islam sta dunque emergendo? Risponde, uno dei relatori,
padre Thomas Michel, direttore del Segretariato gesuita per il dialogo
interreligioso:
R. – Pochi musulmani sono coinvolti in questi attentati o
nel terrorismo in genere; la stragrande maggioranza dei musulmani del mondo
vuole la pace, come noi. Per loro, l’Islam non ha alcun legame con il
terrorismo o con la violenza. Quanto emerge è piuttosto un desiderio di
collaborazione tra cristiani e musulmani, quanto emerge è che in ogni Paese,
oggi come oggi, ci sono musulmani e cristiani che vogliono costruire una
convivenza pacifica, che vogliono collaborare per i diritti umani, vogliono
sostenere i diritti e la giusta posizione della donna nel mondo moderno, che
affrontano le sfide della modernità.
D. – Quale è la radice più profonda su cui può fiorire
il dialogo tra cristianesimo e islam, così diversi?
R. – Giovanni Paolo II ha detto –
ricordo – che la base più sicura per un vero dialogo tra cristiani e musulmani
è che condividiamo la fede nell’unico Dio, una fede che risale ad Abramo.
D. –
Un contributo importante sarà di certo la testimonianza di questa fede nella
vita di ogni giorno…
R. – Esatto! Ieri abbiamo parlato molto del fatto che il
dialogo a livello più profondo, infatti, non significa ‘discussione’ o uno
studio accademico, ma piuttosto è una vita condivisa tra i credenti di varie
religioni; è per tutti, non solo per i professori o i capi delle religioni. E’
per i commercianti, per i contadini, per i pescatori ... è per noi tutti, come
ha ribadito il Papa nella sua enciclica “Redemptoris Missio”: ‘Il dialogo è un
dovere per ogni cristiano e per ogni comunità cristiana’.
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NELLO
SRI LANKA È EMERGENZA PER LE ALLUVIONI
CHE
STANNO COLPENDO IL CENTRO SUD DEL PAESE
- Con
noi, mons. Patabendige Don Albert Malcom Ranjith -
E’
salito ad almeno 250 morti il bilancio delle inondazioni che da oltre un mese
stanno colpendo la parte centro meridionale dello Sri Lanka, in particolare
l’area di Ratnapura, ad un centinaio di chilometri dalla capitale Colombo.
Anche i ribelli separatisti Tamil - ancora lontani dal raggiungere una
pacificazione definitiva col governo centrale, dopo una ventennale guerra
civile per il controllo della parte nord orientale del Paese - stanno
partecipando agli aiuti per queste che sono le alluvioni più gravi in Sri Lanka
in oltre 50 anni. E i meteorologi prevedono ancora pioggia per le prossime
settimane. Ma com’è la situazione nella zona? Risponde l’arcivescovo
Patabendige Don Albert Malcom Ranjith, già vescovo emerito di Ratnapura e
segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, intervistato
da Giada Aquilino:
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R. – C’è stata una depressione nella baia del Bengala, che
ha causato inondazioni mai successe in tanti anni, con 700 mila persone che
sono dovute scappare da una zona, quella di Ratnapura, dove si trovano anche la
cattedrale e l’episcopio. Circa 100 mila case sono state distrutte a causa
delle valanghe di terra che si sono staccate dai monti. Molte persone non hanno
neanche da mangiare e non trovano aiuto. La situazione è molto difficile in
questo momento.
D. – Quali sono le emergenze più gravi?
R. – Hanno bisogno immediatamente di viveri, tende e
soprattutto medicinali, perché tanti sono i malati a causa dell’acqua che ha
inondato tutta la zona.
D. – I soccorsi stanno arrivando?
R. – Sì, ma gradualmente, perché devono arrivare dalla
capitale. Alcuni Paesi hanno già inviato qualche segno di solidarietà. La
Caritas diocesana è molto attiva. Ho parlato con il vescovo di Ratnapura, che
ha mobilitato anche i monaci buddisti di quella zona per aiutare i senza tetto.
D. – Il Paese era pronto ad un’emergenza così grave, nel
contesto politico di una crisi tra il governo di Colombo e i separatisti Tamil?
R. – Lo Sri Lanka non è un Paese che ha molte risorse. In
un’emergenza così, ha la capacità di venire subito incontro a quanti colpiti
dalla calamità, però per sistemare le cose a lungo termine c’è sicuramente bisogno
di assistenza: sarà soprattutto quando le case distrutte dovranno essere
riparate che sorgeranno i problemi. Non so se a causa della guerra il governo
riuscirà a venire incontro a tutte queste necessità. La guerra ha certamente
indebolito l’economia del Paese, perché c’è stato uno spreco di grosse somme di
capitali per comprare armi e per mantenere un esercito abbastanza forte.
L’economia ne ha sofferto e ciò influisce quando - con una catastrofe del
genere – si deve venire incontro a necessità urgenti.
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PRIMO CONCERTO INTERNAZIONALE
“NOTE NEL MONDO”,
A SOSTEGNO DELL’INFANZIA E IN AIUTO AI BAMBINI ABBANDONATI
Invitare l’umanità a fare di più per i bambini, affinché
da adulti si rendano portatori di amore e di pace. Questo l’obiettivo del I
concerto internazionale “Note nel Mondo”, tenutosi nei giorni scorsi nella
Basilica di San Nicola, a Roma. L’evento è stato promosso dall’associazione a
difesa ed assistenza dei minori “Centro italiano della Città di New York”. Tra
gli obiettivi futuri dell’organizzazione, vi è anche quello di collaborare con
le Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, che si occupano dei bambini in Italia,
India, Africa e Brasile, procurando loro cibo, cure mediche e istruzione. Tutti
possono supportare la loro opera con un’offerta. Il servizio è di Dorotea
Gambardella.
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(musica)
E’ sulle struggenti note dello Stabat Mater che si
è aperto il primo concerto “Note nel mondo”, il cui obiettivo è esortare
l’umanità ad amare e rispettare di più i bambini portatori di pace. Sentiamo il
commendatore Carlo Oscar Fortunato,
presidente dell’Associazione promotrice dell’evento:
R. – Il bambino, se è amato fin dall’infanzia, avrà un
animo buono. Nel futuro potrà dare pace e amore. Certo, se il bambino viene
frustrato, violentato, se si abuserà di lui è normale che sia portatore di
odio, di guerra, di cattiveria.
D. – Che cosa l’ha spinta a questo interesse per i
bambini?
R. – Mi interesso dei bambini da quando trovammo un
bambino, abbandonato e in vita, in un cassonetto dell’immondizia all’Olgiata.
Allora io mi sono scatenato, perché non è concepibile una cosa del genere.
(musica)
Da qui l’avvio del progetto a
difesa dei minori “Lasciami vivere”, che è anche il titolo del brano, composto
dal maestro Stelvio Cipriani.
R. – Da un’idea del commendatore Fortunato, il quale qualche anno fa mi
fece rilevare che da un po’ di tempo si leggeva sui giornali che molte madri abbandonavano
i propri neonati nei cassonetti dell’immondizia. Questa cosa mi colpì molto. Io
non è che potessi risolvere la situazione personalmente, quindi pensai ad un
brano musicale, con un testo importante, finalizzato a questa problematica, che
richiamasse per un momento l’attenzione dell’opinione pubblica.
(musica)
Tra i progetti futuri vi è una
collaborazione con le suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, che si occupano
dell’assistenza e dell’educazione ai bambini in Italia e nel mondo. Sentiamo
suor Renata Sechi, madre generale della Congregazione:
R. – La nostra è una istituzione educativa. Naturalmente se uno deve
educare deve provvedere anche ai mezzi primari per la sussistenza. Con questa
formazione comunque educhiamo alla vita, in un ambiente familiare, aiutati da
psicologi e medici. Con l’amore cerchiamo di aiutarli anche nella scelta della
loro vita, perché possano scegliere quello che il Signore ha deciso e stabilito
per loro.
(musica)
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21 maggio 2003
L’UNIONE
EUROPEA INTENDE MIGLIORARE LA DISTRIBUZIONE
DEGLI
AIUTI ALLE NAZIONI POVERE: ADOTTATE NUOVE MISURE PER COINVOLGERE
I PAESI
DESTINATARI E OTTIMIZZARE LA GESTIONE AMMINISTRATIVA
- A
cura di Gian Andrea Garancini -
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BRUXELLES. = I ministri degli Esteri dei 25 hanno deciso
di migliorare la qualità delle iniziative per la distribuzione degli aiuti, al
fine di renderle coerenti con l’obiettivo fondamentale della riduzione della
povertà nel mondo. Da un lato Bruxelles intende coinvolgere maggiormente i
destinatari delle risorse, soprattutto nei settori prioritari della mancanza di
cibo, della carenza di medicinali, della scarsità di acqua potabile o della
bassissima offerta di istruzione. Dall’altro, l’Ue è consapevole della
necessità di riformare la gestione amministrativa dell’assistenza allo sviluppo
per renderla più efficace. Il Consiglio che si è felicitato per i 500 milioni
di euro spesi nel 2002 per l’aiuto umanitario, che fanno dell’Ue il primo
donatore a livello mondiale, ha inoltre adottato due misure specifiche volte
rispettivamente a combattere le malattie legate alla povertà e a migliorare le
condizioni igienico-sanitarie delle donne nei Paesi meno avanzati. Per la lotta
contro l’Aids, la malaria e la tubercolosi sono stati stanziati 351 milioni di
euro, mentre per quanto attiene al discusso regolamento sull’igiene riproduttiva
e sessuale, i ministri si sono messi d’accordo su un pacchetto di 73 milioni di
euro con l’obiettivo di ridurre di tre quarti il tasso di mortalità materna,
fermo restando il divieto per l’Unione di finanziare le pratiche della
sterilizzazione e dell’aborto.
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IL
RILANCIO DEL PAESE PASSA PER LA RISCOPERTA DEI VALORI MORALI E DEL
DIALOGO
COSTRUTTIVO E PLURALISTA. QUESTO IL SENSO DELLE DICHIARAZIONI
DEI
VESCOVI ARGENTINI DOPO L’ELEZIONE DI KIRCHNER A CAPO DELLO STATO
BUENOS
AIRES. = Dopo le consultazioni elettorali che hanno portato alla “casa
rosada” Néstor Kirchner, i
rappresentanti della Chiesa cattolica argentina esortano il popolo e i
governanti affinché il Paese possa superare la crisi e si apra ad un futuro
sereno. L’arcivescovo di Corrientes, mons. Domingo Salvador Castagna, ha ricordato
che le regole della democrazia esigono il rispetto del risultato delle tornate elettorali,
per quanto “singolari” siano state. Il presule si augura che ciò che prima
differenziava le persone e le loro preferenze politiche, adesso converga verso
una rispettosa sintesi orientata al bene comune. “Maggioranza e opposizione –
ha dichiarato – plasmino il benessere del popolo e la grandezza della patria.
Sarà richiesta una vera maturità morale, perché abbiamo sperimentato i gravi
inconvenienti causati dalla meschinità e dall’avarizia settaria di molte persone”.
Per questo mons. Castagna ha invitato chiaramente i fedeli a confidare in
Cristo affinché siano sostenuti nell’esercizio delle virtù cristiane e civiche.
Si rivolge invece ai politici l’arcivescovo di Resistencia, mons. Carmelo Juan
Giaquinta, che, in una messaggio ai fedeli, analizza il panorama politico
nazionale: “Mentre la gente in teoria avverte che i Partiti sono veicoli
necessari per il dialogo politico – scrive il presule – in pratica constata che
essi soffrono un alto livello di disgregazione”. Il presule lamenta la linea
elettorale dei singoli Partiti che non hanno saputo arrivare al loro interno ad
una accordo per la presentazione di un unico candidato alle elezioni
presidenziali. “Qual è – si chiede mons. Giaquinta – la capacità di dialogo
posseduta dai Partiti ai fini dalla costruzione della convivenza democratica se
il dialogo non trova spazio al loro interno?”. Da qui l’invito del presule ad
adottare una maggiore propensione al dialogo per recuperare i valori morali del
Paese. (M.A.)
SI È
SVOLTO IERI A ROMA, ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO DI TEOLOGIA PASTORALE
E
SANITARIA CAMILLIANUM, UN CONVEGNO SUL SUICIDIO,
IN
AUMENTO TRA GLI ADOLESCENTI DEI PAESI PIU’ RICCHI D’EUROPA.
MILLE
I DECESSI OGNI GIORNO IN TUTTO IL MONDO
ROMA. = Ogni giorno nel mondo circa mille persone si
tolgono la vita. Il preoccupante dato è emerso durante il Convegno “Suicidio:
scelta, follia o mistero?”, svoltosi ieri a Roma per iniziativa dell’Istituto
internazionale di teologia pastorale e sanitaria “Camillianum”. A rendere ancor
più allarmante la statistica, purtroppo il forte aumento dei decessi tra gli
adolescenti. L’incremento si verifica in Paesi come Germania, Danimarca,
Finlandia, Austria e Svizzera, nei quali il tenore di vita è più alto. Secondo
il vice direttore dell’Istituto, padre Arnaldo Pangrazzi, proprio la vita dei
giovani abituati ad un buon tasso di benessere è esposta ad alto rischio a
causa della scarsa tenuta psichica di fronte al dolore e, a volte,
all’incapacità di fronteggiare disappunti, contrasti, conflitti, vuoto
interiore e spirituale, mancanza di ideali e progetti di vita. Padre Pangrazzi
ha osservato che nei Paesi ricchi le persone che tentano il suicidio avvertono
il contrasto tra la bellezza e la tranquillità esteriore ed il loro mondo
interno lacerato da profondi conflitti. Dalle conclusioni del Convegno è emerso
che la stagione in cui ci sono più suicidi è la primavera: di fronte ad un generale
risveglio della natura e delle attività sociali, le persone che attraversano
profonde crisi esistenziali, acuiscono il loro malessere e faticano a trovare
una senso alla loro vita. Così anche la morte causata dalla ricerca di emozioni
estreme, come l’alta velocità stradale, costituiscono forme di suicidio, di
scarso amore per la propria vita. (M.A.)
DURANTE
UNA RAPINA IN UNA PARROCCHIA SUDAFRICANA
È
STATO UCCISO QUESTA NOTTE DA IGNOTI PADRE MANUS PATRICK CAMPBELL,
MISSIONARIO
FRANCESCANO IRLANDESE
ROMA. =
Un missionario francescano di origine irlandese è stato ucciso la notte scorsa
in Sudafrica. La notizia è stata fornita questa mattina all’agenzia missionaria
Misna da padre Gianfranco Pinto Ostini, responsabile dell’ufficio stampa della
Curia generale dell’Ordine francescano a Roma. Intorno alle 3.00, ora locale,
padre Manus Patrick Campbell, 71 anni e originario di Belfast, è stato sorpreso
nel sonno da ladri introdottisi nella casa parrocchiale di Amanzimtoti, abitato
nei pressi di Durban. Il corpo è stato rinvenuto questa mattina da un
collaboratore della parrocchia. Secondo le prime informazioni, il religioso
sarebbe morto per strangolamento. (M.A.)
SI
RIUNISCE OGGI A MALTA LA COMMISSIONE EUROPEA DELL’ORGANIZZAZIONE
MONDIALE
DEL TURISMO. ATTENZIONE RIVOLTA AGLI EFFETTI DELL’AMPLIAMENTO DELL’UE SUI
FLUSSI TURISTICI.
LA
SANTA SEDE PARTECIPA AI LAVORI ATTRAVERSO
IL SUO
OSSERVATORE PERMANENTE PRESSO L’ORGANISMO INTERNAZIONALE
LA VALLETTA. = L’imminente allargamento dell’Unione
Europea costituirà per i differenti Paesi un momento di revisione delle loro
relazioni e dei loro accordi di collaborazione. Anche l’importante risorsa del
turismo sarà interessata da questi cambiamenti. Con lo scopo di affrontare
queste problematiche si tiene da oggi sino a venerdì prossimo a La Valletta,
capitale di Malta, la 40.ma riunione della Commissione regionale europea
dell’Organizzazione mondiale del turismo (Omt). Parallelamente si svolgerà il
Seminario sul tema “L’integrazione europea nell’era dell’ampliamento dell’Ue e
lo sviluppo del turismo”. Nell’ambito della riunione si prepareranno i
contributi della Commissione per la prossima Assemblea generale dell’Omt prevista
in ottobre a Pechino. La Santa Sede è rappresentata a Malta dal mons. Piero
Monni, osservatore permanente presso l’Organizzazione mondiale del turismo.
(M.A.)
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21 maggio 2003
- A cura di
Giancarlo La Vella -
Negli
Stati Uniti è sempre più alta l’emergenza terrorismo. L’allarme è stato elevato
ieri a livello “arancione”, appena sotto il livello massimo che viene definito
“rosso”. Secondo i servizi di sicurezza i terroristi avrebbero in mente grandi piani d'attacco contro l'America. Per l’Fbi,
inoltre, è imminente la minaccia di nuovi attentati in Arabia Saudita ai danni
di interessi occidentali. Per questo Washington, Londra, Berlino e Roma hanno
chiuso ambasciate e consolati a Riad. Sentiamo Paolo Mastrolilli:
**********
Gli avvertimenti sono partiti tanto da Riad quanto da
Washington. Secondo i sauditi in Arabia c’erano almeno tre cellule di Al Qaida:
quella che ha colpito il 12 maggio nella capitale, una ancora nascosta nel
Paese e una che sarebbe fuggita all’estero, in Europa o America. Proprio ieri,
intanto, è scoppiata una bomba in un bar di Ankara, ma le autorità turche hanno
attribuito l’attentato ad un gruppo di estremisti di sinistra. L’Fbi ha preso
sul serio le minacce e ha spedito alle forze di pubblica sicurezza un bollettino
di avvertimento per possibili attacchi contro gli Stati Uniti. Quindi, il
Dipartimento di Stato ha annunciato la chiusura dell’ambasciata di Riad e i
consolati di Gedda e Dhahran. Il presidente Bush ha convocato alla Casa Bianca
un vertice straordinario del Consiglio per la sicurezza interna e ha riportato
il livello di allerta al colore arancione, ossia il secondo più alto dopo
quello rosso. “Al Qaida”, si legge nel comunicato, “è entrata in una nuova fase
operativa e attentati sono possibili anche da parte di altri gruppi antiamericani”.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
L’Iran, intanto, risponde alle
accuse degli Stati Uniti di fiancheggiare il terrorismo. Il governo di Teheran
ha affermato oggi di avere arrestato, solo nell’ultimo anno, circa 500 persone
sospettate di appartenere ad Al Qaida. Tutti i sospetti, ha aggiunto un
portavoce dell’esecutivo, erano entrati illegalmente in Iran e nelle operazioni
che hanno portato alla loro cattura sono anche rimasti uccisi alcuni agenti dei
servizi di sicurezza. Gli arrestati
sarebbero stati poi estradati verso i
loro paesi d'origine: in Europa, in Asia e nel mondo arabo.
Mentre dall’Iraq giunge la
notizia che l’amministrazione anglo-americana potrebbe durare più del previsto,
perché – secondo fonti britanniche – ci vorranno quasi due anni per preparare
elezioni democratiche, in Afghanistan la presenza dei militari americani e
occidentali non riesce a riportare l’ordine. La tensione è particolarmente alta
nei pressi dell’ambasciata americana di Kabul, dove stamani sono stati uccisi
per errore quattro soldati afghani; il contingente statunitense li aveva
scambiati per guerriglieri.
La località palestinese di Beit Hanun, nel nord della
striscia di Gaza, si ribella al terrorismo. Centinaia di abitanti hanno protestato
stamattina contro il movimento integralista islamico Hamas, che utilizza il
villaggio come base di lancio dei razzi Qassam, scatenando la rappresaglia
israeliana; una nuova operazione si è verificata anche stamani. Nel tentativo
di porre fine agli attacchi si è mossa ieri anche la Casa Bianca: Bush ha
telefonato al nuovo premier palestinese, Abu Mazen. Intanto giunge notizia che
la stragrande maggioranza dei palestinesi sarebbe favorevole alla fine degli
attentati all'interno d'Israele, in cambio di progressi politici nella ricerca
di una soluzione negoziale del conflitto. E’ quanto emerge da un sondaggio
condotto dall'università di Bir Zeit, in Cisgiordania, e i cui risultati sono
stati resi noti oggi dal quotidiano palestinese “Al-Quds”, edito a Gerusalemme
est.
Il governo di Giakarta continua ad essere impegnato sul
fronte di Aceh, nel nord dell’isola indonesiana di Sumatra, ed ha deciso di
rafforzare le proprie truppe impegnate contro la guerriglia dall’inizio della
settimana nella provincia separatista. Segnalati 17 morti negli scontri. Il servizio
di Maria Grazia Coggiola:
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E’ la più grande operazione militare indonesiana dopo
quella di Timor Est nel ’75 e, come nel caso dell’isola diventata indipendente
un anno fa, la preoccupazione maggiore è quella di abusi e violenze sulla popolazione
civile di Aceh. Mentre sono continuati anche ieri, per il secondo giorno,
attacchi aerei e navali contro le basi dei ribelli: oltre 150 scuole pubbliche
sarebbero state incendiate. Pare che Giakarta questa volta, dopo il fallimento dei
colloqui di pace a Tokyo, abbia intenzione di piegare i separatisti che da
oltre 26 anni si battono per l’indipendenza della provincia. Il generale
Endriartono Sutarto, che guida le operazioni, avrebbe ordinato ai suoi uomini
di sterminare i ribelli che non si arrendono, cercando però di risparmiare i
civili. Attualmente ci sono circa 28 mila soldati nella provincia. I
guerriglieri del movimento per Aceh libera sarebbero invece circa 5 mila.
Per la
Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Due poliziotti e due civili
sono morti in Birmania nell'esplosione di quattro bombe avvenuta alle prime ore
di oggi nei pressi di Tachilek, lungo il confine con la Thailandia, area da
tempo teatro di forti tensioni. Secondo fonti birmane, gli attentati sarebbero
opera di trafficanti di droga, in risposta alle operazioni compiute contro di
loro dalle forze di sicurezza di entrambi i Paesi.
Sono 670 le vittime in tutto il mondo della Sars, la
polmonite atipica. In oriente si segnalano giornalmente nuovi casi di contagio.
Colpita soprattutto la Cina, anche se, secondo Pechino, le contromisure
adottate cominciano a dare i primi frutti. Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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Decisamente
molto più ottimiste le autorità cinesi. Nel corso della Conferenza stampa il
responsabile della squadra istituita dal governo ha detto che la Cina è
prossima a contenere l’epidemia di Sars nel Paese e che il declino dei casi a
Pechino dimostra che le misure intraprese finora sono efficaci. Appena tornata
ieri da un ispezione al centro del Paese, oggi la task force della
Organizzazione Mondiale della Sanità è ripartita per un altro viaggio per
visitare cliniche e ospedali, ma anche per verificare la veridicità dei dati
numerici forniti finora dalla Cina. E intanto la vicina isola di Taiwan ha
registrato oggi 35 nuovi casi di polmonite atipica, che portano il totale dei
contagi a 418, mentre le vittime sono 32.
Per Radio
Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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In Repubblica Democratica del
Congo almeno 231 persone sono morte nella città settentrionale di Bunia, da
quando sono iniziati, due settimane fa, gli scontri fra le etnie Hema e Lendu.
Lo ha denunciato il portavoce della missione degli osservatori dell'Onu,
affermando che i corpi senza vita, soprattutto di civili, sono stati trovati
nelle strade. Gli scontri fra le due etnie sono iniziati il 4 maggio scorso,
dopo il ritiro delle forze ugandesi. Intanto è arrivato a Bunia un piccolo
contingente militare francese per valutare la possibilità di partecipare ad
un'eventuale forza multinazionale di stabilizzazione.
Il ministro degli interni giordano Qaftan Majali ha
annunciato oggi che 821 candidati si sono registrati per le elezioni politiche
del prossimo 17 giugno, le prime dall’ascesa al trono di re Abdallah II, nel
febbraio 1999. Gli aspiranti deputati, soprattutto esponenti tribali, si
sottoporranno al voto popolare per 110 seggi in Parlamento.
Dopo i recenti sanguinosi attentati, la guerriglia cecena
ha oggi annunciato prossime operazioni di guerra su larga scala contro le
truppe russe. Proprio oggi il Parlamento di Mosca è chiamato ad esprimersi
sulla proposta del presidente Putin di concedere l’amnistia a tutti quei
ribelli ceceni che deporranno le armi.
I rappresentanti dei 192 Stati membri dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità (Oms) hanno approvato oggi a Ginevra il primo Trattato
internazionale per la lotta al fumo. La Convenzione quadro contro il tabagismo,
che entrerà in vigore dopo la ratifica da parte di almeno 40 Paesi, è il primo
trattato internazionale negoziato sotto gli auspici dell’Oms. Anche gli Stati
Uniti, che durante i negoziati e nei giorni scorsi avevano espresso chiare
reticenze, si sono schierati oggi in favore del testo.
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