RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 136 - Testo della Trasmissione di venerdì 16 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dovere dei battezzati di aiutare le Chiese povere del mondo  richiamato dal Papa nell’udienza ai direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie.

 

L’Università di Roma “La Sapienza” conferisce a Giovanni Paolo II la laurea honoris causa in giurisprudenza. Domattina nell’Aula “Paolo VI” la solenne cerimonia: intervista con il rettore dell’ateneo, Giuseppe D’Ascenzo.

 

Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, partito alla volta del Kazakhstan, per commemorare la visita del Santo Padre nella repubblica asiatica.

 

I centri culturali cattolici e le minoranze cristiane nei Paesi arabi: ce ne parla il cardinale Paul Poupard.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Anche la Slovacchia alle urne, per il decisivo referendum sull’ingresso nell’Unione Europea: con noi, il portavoce della Conferenza episcopale, mons. Marian Gavenda.

 

Istituzioni ed economia, le grandi sfide dell’Argentina con il nuovo presidente Nestor Kirchner: l’opinione di Omero Ciai.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’evangelizzazione della cultura nell’intervento di mons. John Foley al secondo Congresso internazionale “Chiese e mezzi di comunicazione” a Murcia, in Spagna.

 

Restituita la parte mancante dell’aquila in pietra, simbolo dello Zimbabwe, scultura risalente al XII-XV secolo e presa dai coloni inglesi ai primi del ‘900.

 

Il cardinale Vithayathil, arcivescovo di Ernakulam-Angamaly, che è giunto nei giorni scorsi in Vaticano per la visita ad limina , ha illustrato le linee guida della Chiesa indiana siro-malabarese.

 

“Siamo davvero interessati a colloqui di pace”: questa la risposta del Fronte di liberazione islamico moro al presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, l’arcivescovo Orlando Quevedo.

 

Il Festival di Cannes: oggi la proiezione di ‘Matrix reloaded’ e di ‘Ce Jour-là’ del cileno Ruiz.

 

24 ORE NEL MONDO:

La Russia lavorerà a nuove armi strategiche: lo ha detto il presidente russo Putin davanti alle Camere riunite.

 

In Medio Oriente, si dimette il ministro palestinese Erekat.

 

Accordo di cessate il fuoco siglato nella Repubblica democratica del Congo tra governo e milizie in lotta.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 maggio 2003

 

 

“TENETE SEMPRE PRESENTI, NEL VOSTRO LAVORO DI ‘COOPERAZIONE MISSIONARIA’,

 LE CRESCENTI NECESSITÀ DELLA CHIESA IN VARIE PARTI DEL MONDO”. E’ QUANTO

 HA RIBADITO IL PAPA NELL’UDIENZA AI DIRETTORI NAZIONALI

 DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

 

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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“Continuate ad offrire a tutte le Chiese, antiche e nuove, il privilegio di ‘aiutare il Vangelo’ perché esso venga proclamato a tutti i popoli della Terra”. E’ l’appello rivolto dal Papa ai direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, ricevuti stamani in udienza a conclusione della loro Assemblea annuale svoltasi a Roma dallo scorso 12 maggio. Giovanni Paolo II ha ricordato il diritto ed il dovere di tutti i battezzati alla cooperazione missionaria, indispensabile strumento per l’evangelizzazione del mondo. “Tenete sempre presenti le crescenti necessità della Chiesa in varie parti del mondo”, ha detto il Pontefice rimarcando la preoccupante diminuzione degli “aiuti materiali” alle chiese più povere.

 

“Nelle Pontificie Opere Missionarie – ha detto il Papa – s’esprime il dovere e l’ansia di tutta la Chiesa, di compiere la sua ‘opera maxima’, cioè l’evangelizzazione del mondo”.

 

“Loro compito è di promuovere e sostenere l’animazione missionaria in tutto il popolo di Dio, mantenendo vivo anzitutto lo spirito apostolico nelle singole Chiese e sforzandosi di sovvenire ai bisogni di quelle che sono in difficoltà”.

 

Queste strutture possono, perciò, ben qualificarsi come “Opere del Papa” e al tempo stesso “Opere dei vescovi” perché esprimono ed attuano il dovere dell’annuncio della Buona Novella.

 

Il Papa ha aggiunto poi di aver appreso con soddisfazione l’opportuno lavoro di revisione compiuto per adeguare gli statuti delle Pontificie opere missionarie alle mutate condizioni dei tempi. In proposito il Pontefice ha elogiato “tutti coloro che stanno impegnandosi in questo rinnovamento che mira a favorire sempre più la collaborazione e l’opportuna utilizzazione dei mezzi di assistenza alle Chiese”.

 

Giovanni Paolo II ha quindi ricordato la celebrazione del 160° anniversario della Pontificia Opera della Santa Infanzia che ricorre quest’anno. Rievocando il grande impegno di animazione e sensibilizzazione che quest’Opera compie “fin dall’infanzia” per promuovere la causa missionaria, il Papa ha espresso la propria gioia per la prossima visita di una vivace delegazione di bambini di tutto il mondo.

 

La Chiesa missionaria – ha ricordato il Papa - dà quello che riceve, distribuisce ai poveri quello che i suoi figli più dotati di beni materiali le mettono generosamente a disposizione. C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

 

Il Pontefice ha infine rivolto l’invito ad invocare Maria, “Regina delle Missioni”, con la recita del Rosario.

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ALTRE UDIENZE DI OGGI

 

Il Papa ha ricevuto in udienza questa mattina l’arcivescovo di Calcutta, mons. Lucas Sirkar, e altri tre vescovi della Conferenza Episcopale dell’India, in visita “ad Limina”.

 

In fine mattinata, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

 

UN PROMOTORE STRAORDINARIO DEI DIRITTI UMANI:

L’UNIVERSITA’ DI ROMA “LA SAPIENZA” CONFERISCE A GIOVANNI PAOLO II

 LA LAUREA HONORIS CAUSA IN GIURISPRUDENZA. DOMANI, IN AULA PAOLO VI

LA SOLENNE CERIMONIA CON LA LECTIO MAGISTRALIS  DEL PAPA

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Per la straordinaria opera svolta a “tutela dei diritti umani in tutte le loro forme storiche” e per aver aperto la strada al riconoscimento dei “nuovi diritti, richiesti dalle esigenze del mondo contemporaneo”: è un passaggio della motivazione con la quale, domani, l’Università di Roma “La Sapienza” conferirà a Giovanni Paolo II la laurea honoris causa in giurisprudenza. La cerimonia di conferimento si svolgerà nell’Aula Paolo VI, dove il Pontefice terrà la Lectio Magistralis. Un riconoscimento prestigioso sullo sfondo di due eventi straordinari: il 25.mo anno di pontificato e i 700 anni dalla nascita dell’ateneo romano. Quella di domani è l’11.ma laurea honoris causa, conferita a Giovanni Paolo II. Segno tangibile dell’eccezionale contributo dato alla cultura dal Santo Padre, come sottolinea il rettore de “La Sapienza”, Giuseppe D’Ascenzo:

 

R. – La figura del Pontefice è una delle figure dominanti di questo periodo, non soltanto dal punto di vista etico e religioso, ma anche dal punto di vista culturale. E’ una figura, che ha fatto sì che non trasformassimo una guerra in guerra di religione. Ha permesso, soprattutto, in un momento critico di evitare uno scontro tra etnie e popoli. Questo ci ha portati a valutare nell’insieme la figura del Papa. L’insieme della figura del Papa spazia in tutti i settori. Avremmo potuto conferirgli una laurea honoris causa praticamente dalla Scienza della comunicazione all’Economia, alla Giurisprudenza, alla Filosofia. Abbiamo scelto la laurea in Giurisprudenza solamente perché è la più antica dell’Università “La Sapienza”. La scelta è stata fondamentalmente dettata da questo, e da ciò che è stato il suo impegno nel diritto internazionale, che è stato veramente cospicuo, e che ci ha portato a questa scelta.

 

D. – Quali aspetti della figura e del magistero di Giovanni Paolo II destano maggiore attenzione negli uomini di studi, delle scienze e della cultura?

 

R. – La cosa più importante che noi abbiamo rilevato è stata la sua volontà di armonizzare i popoli e le culture. Dovremmo cercare di seguire l’approccio della filosofia del Papa. Come Università siamo preparati ad un certo tipo di cultura. Adesso l’immigrazione sta portando ad un cambiamento anche di quella che sarà la visione universitaria futura. Noi avremo studenti di tutte le etnie, di tutte le religioni. Dovremmo far sì che si possa arrivare alla situazione per cui ognuno di loro si senta a casa nell’Università. Dovremo noi stessi impegnarci su quello che il Papa ha cominciato ad insegnarci e cioè capire le religioni degli altri, comprendere le altre etnie. Questo credo sia forse la cosa più di spicco che il Papa è riuscito a comunicare all’Università e farci entrare nella filosofia del cambiamento del sistema culturale.

 

D. – E’ possibile indicare delle costanti, immutate nel tempo, nella storia ultrasecolare dell’Università più grande d’Europa?

 

R. – La cosa più affascinante di tutte è che l’Università della Sapienza è nata quando già esisteva la scuola pontificia vera e propria. Nasce come un sistema a cavallo tra i due, in cui non è una scuola esclusivamente pontificia, perché riceve quelli che sono i contributi della città a questa scuola. E questa è stata forse l’idea più affascinante che ha avuto Bonifacio VIII quando ha cominciato a lavorare su questo tema. La Sapienza nasce all’interno di questi due sistemi e pian piano si muove nella direzione di diventare lei l’università cittadina, mentre le università pontificie assumono una loro struttura, una loro caratteristica prettamente ecclesiastica. Questo ha portato ad una continuità di quella che è la filosofia della Sapienza, cioè una continua collaborazione con quello che è il territorio che la circonda, con quelli che sono stati i suoi sistemi fondatori. La Sapienza si pone e si è sempre posta come un sistema di comunicazione, tanto è vero che allo stato attuale delle cose stiamo cercando anche di stringere sempre più i rapporti con gli atenei pontifici perché, gravitando tutti su uno stesso territorio, vorremmo cercare di farlo diventare sempre più importante.

 

D. – In un’era caratterizzata da nuovi straordinari modi di propagazione del sapere, quali sono le sfide più significative per l’istituzione universitaria?

 

R. – Le sfide più significative sono quelle di uscire dalle mura eburnee, che hanno sempre contornato l’Università. Cominciare a colloquiare sempre più col mondo che ci circonda. Noi stiamo cominciando a portare corsi di laurea della Sapienza in altri Paesi e questo ci porta a colloquiare sempre più strettamente con tutti gli altri Paesi del mondo, a portare i loro studenti da noi e a mandare i nostri studenti, i nostri professori in queste regioni. Forse, in modo molto più piccolo di quello che ha fatto Giovanni Paolo II, che è stato capace di viaggiare in tutto il mondo per portare la sua voce in tutti i Paesi, vorremmo cercare anche noi di portare la nostra piccola voce, rispetto alla sua, e far sì che questi insegnamenti vengano portati avanti.

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IL CARDINALE ANGELO SODANO IN KAZAKHSTAN,

PER COMMEMORARE LA VISITA DEL PAPA NELLA REPUBBLICA ASIATICA

 

Il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, è partito quest’oggi alla volta del Kazakhstan, ove rimarrà fino a lunedì 19 maggio per commemorare il pellegrinaggio apostolico che il Santo Padre Giovanni Paolo II compì in quella capitale, Astana, nel 2001.

 

Il porporato si è recato nella grande Repubblica dell’Asia centrale su invito ufficiale degli ordinari del Kazakhstan e del presidente della Repubblica, Nursultan Nazarbayev. In rappresentanza del governo kazakho, inoltre, due membri dell’esecutivo, Erzhan Utembaev ed Alexiei Kekshaev, hanno accompagnato il porporato durante il volo speciale da Roma ad Astana.

 

Domani, il cardinale segretario di Stato compirà una visita ufficiale al capo dello Stato, celebrerà la Santa Messa nella cattedrale di Astana ed incontrerà i sacerdoti, i religiosi e la comunità cattolica della capitale. Sono inoltre previste visite alla chiesa ortodossa ed alla moschea. Domenica, nella città di Karaganda, il cardinale Sodano presiederà una solenne concelebrazione eucaristica, benedirà la prima pietra della nuova chiesa cattedrale e visiterà il seminario intitolato a “Maria Regina della Chiesa2.

 

Sempre a Karaganda, nella giornata di lunedì, il cardinale segretario di Stato celebrerà una Santa Messa durante la quale incontrerà i sacerdoti ed i religiosi che lavorano in quella diocesi. Nella medesima città, prima del rientro a Roma, il cardinale Sodano visiterà la chiesa greco-cattolica ed il monastero delle Suore Carmelitane Scalze.

 

 

UNA RIFLESSIONE CON IL CARDINALE PAUL POUPARD

SULL’INCONTRO DI BARCELLONA DEI CENTRI CULTURALI CATTOLICI DEI PAESI

CHE SI AFFACCIANO SUL MEDITERRANEO

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il Pontificio Consiglio della Cultura, assieme alla fondazione Joan Maragall di Barcellona, ha organizzato questo incontro regionale di Centri culturali cattolici del Mediterraneo, sulla scia di analoghi convegni tenutisi negli anni precedenti, sul tema “I Centri culturali cattolici delle due sponde del Mediterraneo: il loro contributo alla convivenza fra le culture”. Vi hanno partecipato i responsabili dei Centri culturali di 18 Paesi del Mediterraneo occidentale (Europa e Maghreb), nonché alcuni rappresentanti di Centri dei Balcani e del Medio Oriente.

 

La riflessione, a partire da una vasta diversità di azione, ha incoraggiato a promuovere una vera pastorale della cultura,  tenendo conto dell’attualità degli argomenti fondamentali dell’incontro, specialmente il dialogo fra le diverse culture, incentrato sul rapporto tra Cristianesimo e Islam.

 

Nel suo intervento, il cardinale Paul Poupard, che ha presieduto i lavori, ha ricordato la portata storica del Mediterraneo, come culla di civiltà e di culture, che fanno parte tuttora della nostra civiltà. Mare interno e tuttavia aperto all’universalità, il Mediterraneo è il luogo dove è nata e si è sviluppata la più universale delle religioni: il Cristianesimo. Ma esso è attraversato oggi da molteplici tensioni e fratture, non ultimo a causa degli attentati dell’11 settembre, la guerra in Iraq e il fenomeno migratorio. Nella costruzione di un modello di convivenza tra le culture, i Centri culturali cattolici hanno un ruolo imprescindibile. Le minoranze cristiane in paesi arabi, a partire dalla loro esperienza secolare, possono e devono offrire il loro contributo a questo processo di intendimento reciproco. Su cosa si è concentrato particolarmente il dibattito? Ce lo dice il cardinale Poupard:

 

“Soprattutto sul fatto che viviamo una situazione di cambiamenti profondi in entrambe le sponde del Mediterraneo. In una parola: la globalizzazione, che sta modificando profondamente la società e che dà vita ad una nuova cultura. In Europa, da una parte si avverte l’impatto negativo della secolarizzazione, come il disprezzo del credente; si vedono statistiche preoccupanti riguardanti la crisi della cultura e quindi anche la trasmissione della fede. Dall’altra, però, ci sono anche segni positivi: una nuova ricerca religiosa soprattutto da parte dei giovani, che si esprime al di fuori dei canali istituzionali. Se passiamo all’altra sponda del Mediterraneo, il mondo musulmano, è stato detto che la secolarizzazione avrebbe un impatto positivo, cioè per la prima volta una rilettura critica della storia, l’abbandono di certi miti fondazionali, accento sulla dignità della persona, passaggio, pur timido, da una fede sociale ad una credenza personale, tentativo di conciliare Islam e modernità, attenzione a nuovi valori soprattutto in relazione al ruolo della donna. Per quanto riguarda i suoi aspetti negativi, invece, la secolarizzazione spinge in direzione del fondamentalismo e del materialismo opportunista. Due le priorità sulle quali si è soffermata la discussione: il dialogo con le nuove generazioni e il dialogo con l’Islam”.

 

L’attenzione dei partecipanti all’incontro di Barcellona si è incentrata poi su alcuni compiti e sfide che hanno davanti a sé i Centri culturali cattolici: essi devono essere sentinelle dei mutamenti culturali, strumenti di diffusione di convinzioni cristiane, luoghi di dialogo creativo, visibilità dell’azione dei cristiani; nonché luoghi di ascolto, di rispetto e di tolleranza al servizio dell’intelligenza della fede, e luoghi di testimonianza della carità e della speranza.

 

Il programma di Barcellona ha previsto anche una giornata al celebre santuario di Montserrat, nonché diverse visite guidate nella capitale catalana. L’incontro si è svolto sotto il patrocinio e con l’aiuto del Governo della Generalitat de Catalunya.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Continuate ad offrire a tutte le Chiese, antiche e nuove, il privilegio di "aiutare il Vangelo" è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al discorso di Giovanni Paolo II all'Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie.

All'interno, l'indirizzo d'omaggio rivolto al Papa dal cardinale Crescenzio Sepe, all'inizio dell'udienza.

Sempre in prima, la drammatica notizia che in Uganda sono stati uccisi quattro dei 41 seminaristi rapiti a Lachor.

Riguardo al terrorismo, si sottolinea lo stato di massima allerta in Africa Orientale per la minaccia di attentati da parte di "Al Qaeda".

 

Nelle vaticane, l'omelia del cardinale Saraiva Martins durante la celebrazione Eucaristica, a Cova da Iria, per la festa liturgica della Beata Vergine di Fatima. 

I messaggi dei vescovi del Cile e del Messico in occasione delle loro rispettive Assemblee Generali.

Il saluto del cardinale Giacomo Biffi per l'inaugurazione, a Bologna, della nuova sede della Galleria d'arte moderna "Raccolta Lercaro".

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: il tragico conteggio dei morti segna ogni giorno i Territori.

Iraq: si profila la revoca delle sanzioni Onu.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Marco Testi dal titolo "Uno sguardo nostalgico venato di ironia": "Stampe dell'Ottocento" di Aldo Palazzeschi.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia.

In rilievo anche la questione dell'immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 maggio 2003

 

 

È L’ORA DEL REFERENDUM,

LA SLOVACCHIA AD UN PASSO DALL’EUROPA

- Intervista con mons. Marian Gavenda -

 

Dopo Lituania, Ungheria, Malta e Slovenia, oggi e domani tocca alla Slovacchia recarsi alle urne per decidere sull’ingresso nell’Unione Europea. Un referendum, secondo i sondaggi, dall’esito piuttosto scontato, con l’unico rischio che non si raggiunga il quorum. Alle urne sono chiamati quattro milioni di elettori, in maggioranza euro-entusiasti. Ma non mancano i motivi di scetticismo, come ci conferma mons. Marian Gavenda, portavoce della Conferenza episcopale slovacca, nell’intervista di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Paradossalmente, proprio questo è il periodo più sfavorevole. Dopo il crollo del comunismo, infatti, ci furono grandi illusioni e grandi sogni sull’Europa: l’opinione comune era che, entrando in Europa, il Paese avrebbe ripetuto il miracolo dell’Irlanda o del Portogallo che, abbastanza rapidamente, hanno raggiunto una buona occupazione, una certa stabilità politica nonché sicurezza e stabilità economiche. Solo negli ultimi cinque mesi, purtroppo, sono stati pubblicati studi economici più approfonditi, dai quali si deduce che nei prossimi 15 anni la situazione potrebbe essere ancora più difficile di quella attuale: così, dall’illusione si è passati alla delusione. Ma va detto che le speranze sono comunque maggiori dei dubbi, ed i cittadini sanno bene che, al momento attuale, non abbiamo un’alternativa migliore. Speriamo che, con l’entrata in Europa, almeno alcune zone possano progredire.

 

D. – Ma come sono divisi gli elettori riguardo all’ingresso in Europa?

 

R. – Mentre nelle grandi città molti giovani vedono aperta la possibilità di studiare, di trovare lavoro – da Bratislava a Vienna sono 60 chilometri, e già adesso sono in tanti a spostarsi ogni giorno per lavoro e per studio in Austria – invece la generazione media, quella dei padri di famiglia, è preoccupata perché teme che, ai livelli più bassi, il campo del lavoro non si apra.

 

D. – Ci sono state difficoltà nel cammino della Slovacchia verso l’integrazione europea?

 

R. – Sì, specialmente negli anni passati. La colpa si dà al governo di Mecier, che era orientato fortemente a livello nazionale – non voglio dire nazionalista – e questa ideologia della nazione non era di per sé favorevole all’integrazione. Nonostante Mecier stesso ed il suo partito stiano ora cambiando, bisogna dire che questa loro posizione ha rappresentato un ostacolo: la Slovacchia è stata guardata a lungo con grande sospetto per quanto riguardava il rispetto dei diritti umani, la libertà, e questi aspetti hanno reso più complesse le trattative e rimandato la decisione.

 

D. – Alcuni osservatori sostengono che la Slovacchia porterà in Europa un piccolo Terzo Mondo, perché porta con sé il problema della comunità zingare...

 

R. – Questo è veramente un problema serio, per il quale spesso si rischia di passare per razzisti. Questa etnia rappresenta un problema serio per qualsiasi governo, e finora non sono servite le sovvenzioni, né i progetti educativi e di integrazione: la situazione in Slovacchia rimane problematica, considerando – tra l’altro – che si tratta di una minoranza abbastanza numerosa. Sicuramente, l’ingresso in Europa rappresenterà un grosso punto interrogativo al riguardo, perché gli zingari sono molto inclini a spostarsi ed a viaggiare, e se avranno questa possibilità cercheranno di approfittarne. Ma ribadisco che si tratta di un problema serio anche per il governo di Bratislava: trovare una soluzione, finora, non è stato possibile.

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ISTITUZIONI ED ECONOMIA, LE GRANDI SFIDE DELL’ARGENTINA,

CON IL NUOVO PRESIDENTE NESTOR KIRCHNER

- Intervista con Omero Ciai -

 

Riconciliare le istituzioni con la popolazione e affrontare subito i temi economici e sociali. Sono queste le priorità elencate dal neo presidente argentino Nestor Kirchner, nella sua prima uscita ufficiale dopo la rinuncia al ballottaggio del 18 maggio da parte di Carlos Menem. In questo modo, il governatore di Santa Cruz è divenuto di fatto il successore di Eduardo Duhalde alla Casa Rosada per il periodo 2003-2007. Ma cosa ha indotto Menem a rinunciare al ballottaggio? A.V. lo ha chiesto a Omero Ciai, inviato del quotidiano ‘La Repubblica’ in Argentina:

 

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R. – La situazione di Menem era molto difficile; tutti gli istituti di sondaggio lo davano per sconfitto, la sua poteva diventare una disfatta, era sotto il 30 per cento e di fronte a questa ipotesi ha preferito ritirarsi. Kirchner, giustamente, lo accusa di un gesto antidemocratico perché – appunto – non si è mai visto ... anche Le Pen, sapendo perfettamente che avrebbe perso il ballottaggio in Francia contro Chirac nelle ultime elezioni francesi, non ha mai pensato di ritirarsi. Cioè, andare al ballottaggio è comunque una procedura della democrazia. Il problema rimarrà all’interno del movimento peronista: tutte le sue anime continueranno a confrontarsi e continueranno a confrontarsi in maniera molto dura.

 

D. – Un ritratto di Nestor Kirchner, che ora è il nuovo presidente argentino ...

 

R. – Kirchner, in realtà, è l’uomo scelto da Duhalde; è una situazione di continuità. In realtà, è un leader abbastanza sconosciuto, comunque la sua vittoria rappresenta una novità continentale nel senso che, sicuramente, Kirchner sarà un alleato – per esempio – del presidente brasiliano Lula; sarà anche un buon alleato della parte che resta di mandato a Lagos in Cile e quindi, in qualche modo, sarà meno condiscendente con gli Stati Uniti ...

 

D. – Con quale programma si prepara a governare l’Argentina?

 

R. – Kirchner, fondamentalmente, ha una strada davanti a sé, che è quella di re-industrializzare l’Argentina: dopo la crisi del 2001 e la svalutazione del peso, il programma fondamentale è appunto quello di riattivare l’industria interna argentina e su questa base, poi, di ricreare posti di lavoro e di riattivare le esportazioni. Questo è fondamentalmente il programma che sta seguendo Duhalde e quello che cercherà di seguire Kirchner.

 

D. – Qual è la situazione attuale dell’Argentina?

 

R. – I grandi numeri stanno migliorando; comunque, la situazione è ancora molto pericolosa, molto difficile, non è assolutamente una situazione stabilizzata. Io temo che quest’inverno – adesso in Argentina sta arrivando l’inverno – sarà di nuovo un inverno difficile; non mi pare – almeno da quello che so – che i problemi di fondo siano stati risolti e affrontati nonostante – appunto – sì, gli aiuti internazionali, ma comunque il rischio di nuove situazioni, come quelle che si sono vissute l’anno scorso, è sempre possibile.

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CHIESA E SOCIETA’

16 maggio 2003

 

 

È IN CORSO DA IERI IL SECONDO CONGRESSO INTERNAZIONALE “CHIESA E MEZZI

DI COMUNICAZIONE” A MURCIA, IN SPAGNA. PRESENTI L’ARCIVESCOVO JOHN PATRICK FOLEY,

PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI  SOCIALI

E JOAQUIN NAVARRO VALLS, PORTAVOCE DEL VATICANO

 

MURCIA. = “Chiesa e mezzi di comunicazione cattolici nel XXI secolo”: questo il titolo del secondo congresso internazionale iniziato ieri a Murcia, in Spagna, nel monastero di Los Jerònoimos, sede dell’Università cattolica. Tra i partecipanti l’arcivescovo John Patrick Foley, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, che è intervenuto sul tema dell’etica nella comunicazione. “L’attuale situazione culturale – ha detto il presule nel suo discorso – registra chiaramente un’ondata di crisi dei valori, ed i media non contribuiscono proprio ad orientare con dei contenuti validi il pubblico. Ma non bisogna pensare che la società non aspiri ai valori: in questo clima di relatività della società contemporanea non passano inosservate persone capaci di mantenere le proprie convinzioni”. Inoltre “se la coerenza è un valore adatto per tutte le persone, tale valore si addice in modo particolare a chi sceglie di seguire Cristo: nel campo della fede la coerenza corrisponde alla testimonianza con la vita, senza la quale non può esserci credibilità”. A concludere i lavori, sabato prossimo Joaquìn Navarro Valls, portavoce delle Santa sede. Tra i temi toccati durante i giorni dell’avvenimento: la dimensione etica e morale dei media, l’evangelizzazione della cultura nel contesto di una società mediatica, i mezzi di comunicazione cattolici, e la formazione dei giornalisti cattolici. (S.C.)

 

 

“RACCONTANDO LA TENEREZZA DI DIO”, TEMA DI UN CONVEGNO DI SPIRITUALITA’

DELLE SUORE FRANCESCANE MISSIONARIE DI ASSISI, PRESSO LA PRO CIVITATE

CRISTIANA, PER IL TERZO CENTENARIO DI FONDAZIONE DELL’ISTITUTO

 

ASSISI. = Raccontare “la tenerezza di Dio” nella propria storia e nel mondo di oggi. Su questo tema di ispirazione biblica è in corso da ieri un Convegno di Spiritualità organizzato dalle Suore Francescane Missionarie di Assisi, presso la Pro Civitate Cristiana, per celebrare il terzo centenario di fondazione e il primo centenario della missione di questa famiglia religiosa. Fu infatti nel 1702 che l’Istituto nacque dall’incontro tra un giovane frate minore conventuale, padre Giuseppe Antonio Marcheselli, ed una terziaria francescana, Angela del Giglio. Le Suore Francescane Missionarie di Assisi sono oggi circa 600, diffuse con una novantina di case in vari Paesi del mondo. “La tenerezza: un bisogno irrinunciabile” è il tema trattato ieri pomeriggio dalla professoressa Giuliana Martirani, docente all’Università “Federico II” di Napoli, dopo l’intervento inaugurale del vescovo di Assisi, mons. Sergio Goretti, e quello della superiora generale, suor Isabella Ciruzzi. Con una preghiera per la pace nello “spirito di Assisi”, si concluderà questa sera un pellegrinaggio di ringraziamento in memoria dei fondatori nella Basilica inferiore di San Francesco. Per domani pomeriggio, in programma una tavola rotonda sul tema “Testimoni della tenerezza di Dio oggi”, svolta da alcune suore di Africa, Asia, America ed Europa. (P.Sv.)

 

 

RESTITUITA LA PARTE MANCANTE DELL’AQUILA IN PIETRA, SIMBOLO DELLO ZIMBABWE, RISALENTE AL XII-XIV SECOLO.

ALTRE QUATTRO STATUE SIMILI SONO STATE RICONSEGNATE AL PAESE DALLA REPUBBLICA SUDAFRICANA

 

HARARE. = Con una cerimonia altamente simbolica, il corpo di un’aquila in pietra, uccello simbolo dello Zimbabwe che compare come effigie anche sulla bandiera nazionale e sulle banconote, è stato oggi finalmente riunito alla sua testa. Il reperto archeologico era stato portato via dagli inglesi quando il Paese si chiamava ancora Rhodesia, dopo essere stato divelto dalle mura della più importate città dell'antica e poco conosciuta civiltà Munhumatapa: ‘Zimbabwe’, da cui ha preso poi il nome lo Stato africano. La scultura, datata tra il XII e XIV secolo, era stata presa nel 1906 da coloni inglesi, e dopo essere passata per le mani di un collezionista privato, era poi stata acquisita dal Museo etnologico di Berlino. Con la caduta nella seconda guerra mondiale della capitale tedesca, l’aquila senza testa era stata trasferita dall’armata russa al museo di Leningrado, per poi tornare di nuovo a Berlino. Già altre quattro statue di aquile in pietra saponaria sono state consegnate dal Sud Africa ad Harare negli ultimi anni; ne resterebbe una quinta nelle mani di Pretoria sul cui destino le autorità culturali dei due Paesi africani stanno discutendo. (S.C.)

 

 

IL CARDINALE VITHAYATHIL ILLUSTRA LE LINEE GUIDA DELLA CHIESA INDIANA

SIRO-MALABRESE: UNA CHIESA DEDICATA ALLA VOCAZIONE ED ALLA MISSIONE,

FONDATA NEL 52 D.C. DA SAN TOMMASO APOSTOLO.

 

CITTÀ DEL VATICANO. = Giunto in Vaticano nei giorni scorsi per la visita ad limina dei vescovi siro-malabaresi il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly, ha spiegato le linee della Chiesa indiana siro-malabarese, di rito caldeo, nata dalla predicazione di San Tommaso apostolo nel 52.d.C. “Chiesa autonoma” in piena comunione con Roma, ha il suo centro nello Stato indiano del Kerala (India sud occidentale) con 3,9 milioni di fedeli. La sua grande vitalità appare soprattutto nel campo vocazionale: oltre 6mila sacerdoti (211 nuovi ordinati nel 2002) 30mila suore. “Il Santo Padre ha ricordato che la nostra Chiesa non è mai stata separata dalla Sede di Pietro”. “Le famiglie pregano molto in casa; è abitudine che, prima di cena, genitori e figli recitino insieme il rosario.” La Chiesa siro-malabarese ha anche un autentico spirito missionario: “Vogliamo essere missionari, come ha sottolineato il Concilio Vaticano II, riconoscendo a tutte le Chiese. Sulla delicata situazione dell’India, dove i missionari sono accusati di nascondere ambizioni di proselitismo sotto la maschera di servizio sociale, il cardinale Vithayathil commenta: “In India nostri missionari sono ben visti. I fondamentalisti insistono sul fatto che i missionari hanno volti e nomi europei, e sono quasi tutti stranieri. Noi, invece, siamo una Chiesa del tutto indiana.” (S.C.)

 

 

LA RISPOSTA DEL FRONTE DI LIBERAZIONE ISLAMICO MORO AL PRESIDENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLE FILIPPINE, L’ARCIVESCOVO ORLANDO QUEVEDO:

“SIAMO DAVVERO INTERESSATI A COLLOQUI DI PACE”

 

MANILA. = In risposta alla recente lettera dei vescovi filippini, i ribelli del Fronte di liberazione islamico moro si sono detti ancora “realmente interessati a colloqui di pace sinceri” con il governo. La fazione indipendentista ha inviato ieri al all’arcivescovo Orlando Quevedo, presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp) un messaggio in cui il principale movimento ribelle filippino ha cercato di esporre le ragioni della propria battaglia, esprimendo cordoglio per le morti di civili innocenti,  e inoltre ricordando i tanti musulmani deceduti nel 2000, quando i governativi sganciarono una potente bomba su villaggi vicini al quartier generale del Milf, Camp Abubakar. Nella lettera dei ribelli si legge una esplicita condanna del terrorismo, tuttavia si difendono i recenti attacchi sferrati contro le località di Maigo e Siocon. Le morti di civili sono definite “danni collaterali”, probabilmente causati proprio dalle truppe regolari. (S.C.)

 

 

FESTIVAL DI CANNES: OGGI LA PROIEZIONE DI ‘MATRIX RELOADED’ E DI ‘CE JOUR-LÀ’ DEL CILENO RUIZ.

PRESENTI ANCHE L’ARGENTINA E CUBA. INOLTRE 20 SCENE INEDITE DA ‘APRILE’ DI MORETTI

E L’OMAGGIO DI WIM WENDERS AL BLUES, CON ‘THE SOUL OF A MAN’

- A cura di Nicola Falcinella -

 

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CANNES. = Divertimenti cinefili nella giornata di ieri, la seconda, del Festival del cinema di Cannes, sia per l’ipertecnologico The Matrix Reloaded che Ce jour-là di Raoul Ruiz, che ha aperto il concorso pescando a piene mani in cento anni di cinema. Il cileno Ruiz racconta una svizzera carica di luoghi comuni, in un grottesco gioco al rialzo di uccisioni, segno di una società in disfacimento. Un film ambizioso, a lungo intrigante, che si perde in una critica qualunquistica. Conciliare divertimento e pensiero, all’americana si intende, è l’obiettivo che si propone invece The Matrix, ed entro certi limiti raggiunge lo scopo. Il film dei fratelli Wachowski, tra una settimana sugli schermi italiani, presenta diversi livelli di lettura e accontenta tutti: chi cerca l’intrattenimento puro e chi si interroga sul futuro. Deludono i primi due film sudamericani presentati, entrambi provenienti da Paesi in gravi crisi. La Cruz del Sur dell’argentino Pablo Reyero è un road movie senza speranza, tra la ricerca dell’amore, fuga e traffico di droga. Entre Cyclones del cubano Enrique Colina è una commedia scialba su una Cuba di maniera, evitando ogni legame con l’attualità e il sociale. Oggi è la giornata di Nanni Moretti, che presenta 20 scene mai montate del suo lungometraggio Aprile del ’97 e un documentario su una famiglia di farmacisti italo-americani a New York. Infine, Wim Wenders, con The soul of a man, omaggio al blues attraverso le storie di genialità disperate di Willie Johnson, J.B. Lenoir e Skip James. Uno stato d’animo più che un genere musicale in un film nostalgia che riscopre musicisti quasi dimenticati.

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24 ORE NEL MONDO

16 maggio 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

Il terrorismo ceceno non vincerà e la Russia, di fronte alle nuove minacce, si prepara a produrre altre armi strategiche. E’ l’annuncio del presidente russo Putin, nell'ultimo discorso del suo mandato davanti alle Camere riunite, prima delle presidenziali del 2004. La Russia - ha annunciato il capo del Cremlino - sta elaborando una riforma militare che prevede la realizzazione di ''armi di nuova generazione, comprese quelle strategiche'' per garantire difesa e sicurezza, e si prepara a ''rafforzare e modernizzare le armi nucleari deterrenti''. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Nella sala di marmo del Cremlino, oggi era presente tutta la Russia che conta: parlamentari, ministri, rappresentanti religiosi e regionali. In circa un’ora, Putin ha parlato in maniera assai realistica dei risultati ottenuti nei suoi 3 anni di presidenza e delle riforme in corso. L’economia migliora, ma non a sufficienza. Ancora un quarto della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Il tenore di vita è disomogeneo. Persistono gravi problemi sociali e poi il rublo deve diventare completamente convertibile. “La Russia non può vivere isolata”, ha detto Putin. Importante è l’entrata del Paese nel G8. Presto si spera nell’adesione al Wto. La Cecenia rimane la spina nel fianco, ma il presidente è apparso fiducioso con la sua soluzione politica del conflitto coi separatisti e le prossime elezioni generali nella Repubblica caucasica.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Il nuovo governo palestinese del premier Abu Mazen subisce le prime defezioni, alla vigilia dell'incontro previsto per domani sera tra il premier israeliano Ariel Sharon e lo stesso Abu Mazen. Il ministro palestinese Saeb Erekat, incaricato dei negoziati di pace, ha infatti rassegnato le dimissioni nelle mani del primo ministro. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Erekat, sostenuto da Arafat, vorrebbe essere lui a condurre le trattative. Contesta che Abbas gli abbia affiancato anche il ministro per gli Affari di sicurezza, Mohammed Dahlan. Intanto, si accentua la divisione tra Stati Uniti ed Unione Europea sul ruolo di Yasser Arafat. Il colloquio di domani tra Sharon e Abbas, a poche ore dalla partenza del primo ministro israeliano per Washington, dovrebbe riguardare la prima fase della ‘Road Map’, il piano di pace del presidente Bush, ovvero i modi per far cessare le violenze nei Territori, in particolare quelle della guerriglia palestinese che continua a lanciare dalla Striscia di Gaza razzi e proiettili di mortaio. Sul territorio israeliano, decine di mezzi blindati proseguono l’occupazione, cominciata ieri, della zona frontaliera di Beit Hanoun.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Nuova ondata di arresti stamani in Iraq ad opera delle forze americane. Cinquantacinque iracheni accusati di saccheggio sono stati catturati, mentre sono  state rafforzate tutte le misure di sicurezza. Già ieri il nuovo amministratore americano Paul Bremer, parlando per la prima volta a Baghdad, si era soffermato sui piani per riportare l’ordine nel Paese. E gli Stati Uniti contemporaneamente hanno proposto all’Onu una nuova risoluzione per togliere le sanzioni all’Iraq. Washington, appoggiata da Londra, spera che il documento possa essere discusso, votato e approvato già mercoledì prossimo.

 

Ed un appello per la revoca “il prima possibile” delle sanzioni internazionali contro l’Iraq è giunto anche dal segretario di Stato americano Colin Powell e dal cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, nel loro incontro di stamani a Berlino. Il faccia a faccia è avvenuto dopo le divergenze sulle opposte prese di posizioni di Stati Uniti e Germania a proposito della crisi irachena: quando il presidente Bush decise di attaccare il regime di Saddam Hussein, Schroeder infatti si oppose all’operazione militare.

 

Stamani all’alba è atterrato all'aeroporto di Londra-Heathrow l'ultimo aereo della British Airways proveniente dal Kenya. Ieri il ministero dei Trasporti di Londra, a seguito di un allarme su possibili attentati di Al Qaeda, ha deciso la sospensione fino a nuovo ordine di tutti i voli da e per il Paese africano. Sentiamo Alessandro Scafi:

 

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Fonti di polizia del Kenya hanno segnalato la presenza nel Paese di militanti di Al Qaeda, mentre le autorità statunitensi hanno espressamente sconsigliato ai cittadini americani di recarsi in Kenya. Il governo di Nairobi ha criticato la misura cautelativa, che ha definito estrema e che, secondo le autorità locali, fa il gioco degli eventuali terroristi concedendo loro una vittoria morale. Ma le misure, insistono le autorità responsabili dell’aviazione britannica, sono state prese per via delle informazioni fornite dai servizi segreti sulla presenza di Al Qaeda nel Paese e in considerazione della storia dell’attività terroristica in Kenya. Nel novembre scorso, vicino a Mombasa, 15 persone erano rimaste uccise in un attacco suicida contro un albergo di proprietà israeliana, in coincidenza con un tentativo fallito di abbattere un velivolo carico di turisti provenenti da Israele.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Alessandro Scafi.

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''Per ora questo dibattito può avvenire solo in seno alla Convenzione''. Così il presidente della Commissione europea Romano Prodi risponde, in una lettera, a Valéry Giscard d'Estaing: il presidente della Convenzione Ue lo aveva invitato nei giorni scorsi ad un confronto sulla nuova Costituzione, respingendo però la posizione di Prodi di tenerlo nella plenaria della stessa Convenzione.

 

“L'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Nadia Desdemona Lioce è un nuovo importante risultato” per assicurare alla giustizia gli assassini dei professori D'Antona e Biagi. A dichiararlo è stato il ministro dell'Interno italiano, Giuseppe Pisanu, a seguito dell'ordinanza nei riguardi della brigatista rossa firmata oggi dal gip di Bologna. In particolare, il coinvolgimento della Lioce nell'omicidio Biagi – avvenuto nel marzo del 2002 - risulterebbe dalle indagini condotte dalla Digos emiliana in collaborazione con un pool di esperti investigativi. La Lioce inoltre sarebbe stata riconosciuta in un filmato registrato alla stazione di Bologna.

 

Non cessa l’emergenza Sars in Cina. Quattro persone sono morte nelle ultime 24 ore, portando a 275 il totale delle vittime di polmonite atipica nel Paese. Mentre si attende la riunione dell’Organizzazione mondiale della Sanità - la prossima settimana a Ginevra - per fare il punto sull’epidemia, il governo cinese ha deciso di adottare misure drastiche, come l’ergastolo o la pena di morte, per chi rifiuta di sottoporsi alla cura. Ce lo conferma da Pechino, Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano “La Stampa”:

 

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Alcune persone rifiutano di essere messe in quarantena o addirittura alcuni malati rifiutano di essere curati, convinti come sono che il ricovero in ospedale sia una specie di ‘preludio’ alla morte. Ci sono decine, se non centinaia, di casi di persone fuggite dagli ospedali, a cui è stata data la caccia come se fossero criminali, proprio perché volevano morire a casa loro. Contro questi poveretti che hanno tanta paura dell’ospedale e della Sars da non arrendersi alle ragioni che gli vengono offerte per la cura, l’unica norma per il governo sembra quella di minacciarli di pena di morte.

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Un accordo di cessate il fuoco tra il presidente congolese Joseph Kabila e i membri delle milizie Hema e Lendu in lotta nell’ex Zaire è stato siglato oggi a Dar es Salaam, in Tanzania. Non cessano però le tensioni che da giorni sconvolgono Bunia, nel nord est della Repubblica democratica del Congo, dove – si è appreso solo oggi – domenica scorsa sono rimaste uccise due volontarie della Croce Rossa locale. Ora i combattimenti si stanno estendendo anche a località circostanti. Secondo l’Agenzia missionaria Misna, scontri tra miliziani Lendu e uomini dell'Unione patrioti congolesi (Upc), appoggiati da alcuni gruppi armati di Hema, hanno interessato la località di Mbidjo, a qualche decina di chilometri dal capoluogo dell’Ituri.

 

I ribelli del Movimento Aceh Libero (Gam) minacciano di boicottare la riunione per le trattative di pace col governo indonesiano, in programma domani a Tokyo, se le autorità di Jakarta non rilasceranno al più presto la delegazione di cinque negoziatori del movimento separatista di Aceh, fermata stamani. Il vertice ospitato dal Giappone deve riunire rappresentanti del governo indonesiano, dei separatisti e il centro svizzero ‘Henry Dunant’, che patrocinò l'accordo di pace di dicembre per la soluzione della crisi di Aceh.

 

 

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