RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 132 - Testo della Trasmissione di lunedì 12 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Pace, concordia e buone condizioni di vita per le popolazioni del Medio Oriente, provate da tensioni e ingiuste oppressioni: è l’auspicio ribadito con forza dal Papa, nell’udienza alle comunità di formazione delle Chiese cattoliche orientali in Roma.

 

La figura del vescovo polacco Giuseppe Sebastiano Pelczar, fondatore delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, che sarà proclamato santo domenica prossima.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Solenne celebrazione a Cracovia in onore di Giovanni Paolo II per il 25.mo di Pontificato: dalla città polacca, il servizio di padre Federico Lombardi.

 

Ancora una tragica ondata di violenza nella Repubblica Democratica del Congo. Gli scontri fra le etnie hema e lendu devastano la città di Bunia. Morti anche due sacerdoti. La testimonianza di padre Valerio Shango.

 

Nell’Iraq del dopo Saddam Hussein, Amnesty International scopre gli orrori del passato: intervista con il presidente della sezione italiana, Marco Bertotto.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Uganda 41 seminaristi dell’arcidiocesi di Gulu sequestrati dalla guerriglia. Ucciso purtroppo un ragazzo che si era rifugiato nel seminario.

 

Oltre un milione di persone senza tetto in Kenya, sconvolto dalle alluvioni.

 

“Il dialogo tra islamici e cristiani può superare le frontiere e facilitare l’integrazione”: lo ha detto l’incaricato del Servizio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Milano, don Giampiero Alberti.

 

Si sono concluse ieri a Padova le Giornate nazionali delle sale della comunità, Convegno promosso dall’Associazione Cattolica esercenti cinema in collaborazione con la Cei ed il centro delle comunicazioni sociali della diocesi di Padova.

 

New Delhi interviene sul controverso “Documento sulla libertà di religione” approvato dall’Assemblea del Gujarat.

 

24 ORE NEL MONDO:

Attentato kamikaze dei separatisti ceceni: almeno 40 morti per un camion-bomba davanti ad una sede locale dell’amministrazione filorussa.

 

Powell in Egitto, per cercare una soluzione alla crisi mediorientale. Gli israeliani tornano ad isolare la striscia di Gaza.

 

Giunto in Iraq il nuovo amministratore americano, Bremer. Il generale Franks discioglie il partito di Saddam Hussein.

 

La situazione nella Repubblica democratica del Congo all’esame dell’Onu. Trenta vittime negli ultimi giorni: tra loro, due religiosi.

 

È Vujanovic, candidato del premier Djukanovic, il nuovo presidente del Montenegro.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 maggio 2003

 

 

PACE E BUONE CONDIZIONI DI VITA PER LE POPOLAZIONI DEL MEDIO ORIENTE

PROVATE “DA TENSIONI E INGIUSTE OPPRESSIONI”. LO HA CHIESTO IL PAPA NELL’UDIENZA AI DOCENTI

E AGLI STUDENTI ROMANI DELLE CHIESE ORIENTALI,

INVITANDO A STIMOLARE IL DIALOGO TRA CATTOLICI E ORTODOSSI

 

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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La pace si rafforzi nei Paesi del Medio Oriente e, sull’esempio delle Chiese cattoliche di quelle regioni, si promuova l’inculturazione del Vangelo, evitando “le tensioni fra latini e orientali” e stimolando “il dialogo fra cattolici e ortodossi”. Sono i due auspici di Giovanni Paolo II emersi dal suo discorso rivolto stamani ai sacerdoti, alle religiose e ai seminaristi appartenenti alle Chiese d’Oriente, ma presenti a Roma per il perfezionamento degli studi. In circa 500, sono stati ricevuti in udienza nella Sala Clementina, guidati dal cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

 

Dopo aver precisato di avere “bene presenti le complesse problematiche e le sfide” che l’attualità pone a quelle realtà ecclesiali, il Papa, prima di addentrarsi in temi più prettamente dottrinali e formativi, si è soffermato sulla situazione sociopolitica dei Paesi dell’area mediorientale. “Mi viene spontaneo - ha detto il Pontefice - ribadire con forza l'auspicio che si consolidi sempre più in quelle regioni la pace, e che soluzioni eque e pacifiche restituiscano concordia e buone condizioni di vita a popolazioni già tanto provate da tensioni e ingiuste oppressioni. Voglia il Signore - ha soggiunto - illuminare i responsabili delle nazioni, perché si adoperino coraggiosamente, nel rispetto del diritto, per il bene di tutti e per la libertà di ogni comunità religiosa”.

 

Spostando poi l’attenzione ai vari seminari romani di rito, lingue e percorso di studi orientali, Giovanni Paolo II ha apprezzato gli sforzi prodotti dai vari istituti in campo pastorale, spirituale, formativo, culturale. In particolare, dal punto di vista pedagogico, il Papa ha ribadito l’importanza di approfondire la “conoscenza della liturgia delle Chiese d'Oriente e delle tradizioni spirituali dei padri e dei dottori dell'Oriente cristiano”:

 

“Occorre prendere esempio dalle Chiese d'Oriente per l'inculturazione del messaggio del Vangelo: evitare le tensioni fra latini e orientali e stimolare il dialogo fra cattolici e ortodossi”.

 

Inoltre, ha concluso il Pontefice, “è utile formare in istituzioni specializzate per l'Oriente cristiano teologi, liturgisti, storici e canonisti in grado di diffondere, a loro volta, la conoscenza delle Chiese d'Oriente, come pure impartire nei seminari e nelle facoltà teologiche un insegnamento adeguato su tali materie, soprattutto per i futuri sacerdoti”.

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UDIENZE A VESCOVI DELL’INDIA IN VISITA “AD LIMINA”

 E RINUNCIA CON SUCCESSIONE IN SPAGNA E ANDORRA

 

Il Papa ha ricevuto questa mattina alcuni presuli indiani, sia di rito siro-malabarese che di rito siro-malankarese, in visita “ad Limina”. Si tratta di antiche comunità cattoliche di origine siriaca, della regione del Malabar, nell’India meridionale, la cui nascita secondo la tradizione risale alla predicazione dell’apostolo Tommaso.

 

Fu Pio XI che nel 1923 istituì la provincia ecclesiastica siro-malabarica, direttamente dipendente dalla Santa Sede. Il rito malabarico è sostanzialmente quello caldeo, termine derivante dall’antica Mesopotamia, modificato dal secolo XVI con l’infiltrazione di usanze latine. La lingua è il siriaco, il calendario e il canto seguono l’uso caldeo. Alcune preghiere della Messa provengono dalla liturgia romana.

 

La comunità cattolica siro-malankarese nel IV secolo entrò in contatto con le Chiese siro-caldee, adottando nel culto  le tradizioni liturgiche antiochene e la lingua siriaca. Lo stesso Pio XI, nel 1932, istituì la gerarchia cattolica siro-malankarese, comprendente l’eparchia metropolitana di Trivandrum e l’eparchia di Tiruvalla. In seguito, furono istituite le eparchie di Battery (1978), di Marthandon (1996) e di Muvattupuzha (2003).

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Urgell, in Spagna e principato di Andorra, presentata dal vescovo mons. Joan Marti Alanis, per limiti di età. Gli succede il presule mons. Joan Enric Vives Sicilia, finora vescovo coadiutore della stessa diocesi di Urgell.

 

 

DOMENICA PROSSIMA SARA’ PROCLAMATO SANTO

IL VESCOVO POLACCO GIUSEPPE SEBASTIANO PELCZAR, FONDATORE DELLA

CONGREGAZIONE DELLE ANCELLE DEL SACRO CUORE DI GESU’

 

- A cura di Giovanni Peduto -

 

La Chiesa si arricchisce di quattro nuovi Santi domenica prossima: due suore italiane, una suora e un vescovo polacchi; tutti fondatori. Oggi parliamo di Giuseppe Sebastiano Pelczar nato nel 1842 a Krczyna, un piccolo paese ai piedi dei Monti Carpazi, presso Krosno. Mentre era studente ginnasiale prese la decisione di dedicarsi al servizio di Dio poiché, come possiamo leggere nel suo diario, “gli ideali terreni impallidiscono, l’ideale della vita lo vedo nel sacrificio e l’ideale del sacrificio lo vedo nel sacerdozio”. Completato il sesto anno di scuola entrò nel Seminario minore e, nel 1860, iniziò gli studi teologici presso il Seminario maggiore di Przemysl.

 

Ordinato sacerdote nel 1864, Giuseppe Sebastiano per un anno e mezzo fu vicario della parrocchia di Sambor. Negli anni 1866-1868 proseguì gli studi a Roma, dove, oltre ad acquisire una profonda cultura, sviluppò un grande e mai sopito amore per la Chiesa e per il suo Capo visibile, il Papa. Subito dopo il ritorno in patria, fu docente nel seminario di Przemyl e in seguito, per 22 anni, professore dell’Università Jaghellonica di Cracovia. Come professore e preside della Facoltà di Teologia si guadagnò la fama di uomo illuminato, di ottimo insegnante, di organizzatore e amico dei giovani.

 

Desiderando realizzare l’ideale del sacerdote che pone generosamente la sua vita al servizio del prossimo, ideale che si era prefissato sin dai primi anni, Don Pelczar non si limitò soltanto a svolgere un lavoro scientifico, ma si dedicò con passione anche ad attività sociali e caritative. Diventò membro attivo della Società di San Vincenzo de’ Paoli e della Società dell’Educazione Popolare della quale fu preside per sedici anni. In quel periodo, la società dell’Educazione Popolare fondò centinaia di biblioteche, organizzò molti corsi gratuiti e distribuì tra la gente più di 100 mila libri, come pure aprì una scuola per le persone di servizio. Nel 1891, per iniziativa di Don Pelczar, venne fondata la Confraternita della Santissima Maria Vergine Regina della Polonia, che oltre agli scopi religiosi svolgeva funzioni sociali, come l’aiuto agli artigiani, ai poveri, agli orfani e ai servi malati, e specialmente a quelli disoccupati.

 

Sotto la spinta dei gravi problemi sociali del tempo, sicuro di interpretare la volontà di Dio, nel 1894 fondò a Cracovia la Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, ponendo come suo carisma la diffusione del Regno dell’amore del Cuore di Gesù. Era suo desiderio che le suore della nuova congregazione diventassero segno e strumento di tale amore verso le ragazze bisognose, i malati e quanti avessero bisogno di aiuto. Nel 1899 venne nominato vescovo ausiliare di Przemysl e, un anno dopo, ordinario di quella diocesi della quale per 25 anni ne fu pastore zelante, promuovendo il bene delle anime a lui affidate.

 

Nonostante le condizioni di salute non buone, il vescovo Pelczar si dedicò con impegno instancabile ad attività religiose e sociali. Per ravvivare nei fedeli lo spirito della fede visitava spesso le parrocchie, si prodigava per accrescere il livello morale e intellettuale del clero, dando egli stesso l’esempio di una profonda pietà. Si immedesimò nei bisogni dei suoi fedeli ed ebbe molta cura degli abitanti più poveri della sua diocesi. I giardini d’infanzia, le mense per i poveri, i ricoveri per i senza tetto, le scuole d’avviamento professionale per le ragazze, l’insegnamento gratuito nei Seminari per i ragazzi poveri: sono soltanto alcune delle opere nate grazie alle sue iniziative. In particolare, ebbe molto a cuore la condizione degli operai, i problemi dell’emigrazione, molto attuali in quel periodo, e quelli dell’alcoolismo.

 

Fu insomma un lavoratore instancabile. Ne dà prova, tra l’altro, la sua ricchissima eredità letteraria di cui fanno parte numerose opere teologiche, storiche e di diritto canonico, nonché manuali, libri di preghiere, lettere pastorali, discorsi e omelie. Il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar morì la notte tra il 27 e il 28 marzo del 1924, lasciando il ricordo di un uomo di Dio, che nonostante i tempi difficili in cui ebbe a vivere ed operare aveva fatto sempre la volontà del Signore.

 

Il 2 giugno del 1991, durante il suo quarto pellegrinaggio in Polonia, Giovanni Paolo II lo proclamò Beato. Oltre che nella cattedrale di Przemysl dove si trovano le sue reliquie, egli è particolarmente venerato nella chiesa della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù a Cracovia. La sua memoria liturgica cade il 19 gennaio. Domenica sarà santo.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Parola, Eucaristia, Riconciliazione – tre realtà che la Chiesa e il mondo attendono dal sacerdote” è il titolo che apre il giornale in riferimento alla quarantesima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, nel corso della quale Giovanni Paolo II ha ordinato trentuno nuovi sacerdoti. A centro pagina, in un corsivo del direttore Mario Agnes, il ricordo dell’attentato subito dal Papa il 13 maggio di ventidue anni fa. Sempre in prima pagina, con approfondimenti all’interno, la tragica notizia di massacri nella regione congolese nord-orientale dell’Ituri: sembra siano state uccise non meno di trentadue persone.

 

Nelle vaticane, l’omelia e la cronaca delle ordinazioni sacerdotali della domenica del Buon Pastore. L’udienza del Papa alle Chiese Cattoliche Orientali e l’articolo del nostro inviato a Cracovia sulle celebrazioni in onore di Giovanni Paolo II per il venticinquesimo anniversario del Pontificato.

 

Nelle pagine estere, il punto della situazione Medio Oriente con la missione di Powell che tenta di rilanciare il dialogo. In Iraq il diplomatico Bremer è giunto a Baghdad per sostituire il generale Garner alla direzione dell’Amministrazione provvisoria. A Roma, alla Fao, la ventinovesima sessione del Comitato della sicurezza alimentare.

 

Nella pagina culturale, La recente riscoperta del pittore seicentesco emiliano Ludovico Lana.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell’economia e il problema ecologico a Napoli.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 maggio 2003

 

 

SOLENNE CELEBRAZIONE IN ONORE DI GIOVANNI PAOLO II A CRACOVIA,

PER IL 25.MO DI PONTIFICATO

- Servizio di padre Federico Lombardi -

 

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Nell’Aula magna dell’università Jaghellonica di Cracovia si è svolta stamani una importante celebrazione in occasione del 25.mo Pontificato di Giovanni Paolo II. E’ la prima di una serie di manifestazioni organizzate dal ministero degli Esteri nei diversi Istituti italiani di cultura all’estero sotto il titolo: “La mia seconda patria”. Giovanni Paolo II infatti considera l’Italia sua seconda patria ed è il più famoso utilizzatore della lingua italiana oggi vivente nel mondo. Era giusto che la prima di queste manifestazioni avesse luogo a Cracovia, da dove Karol Wojtyla è partito appunto per Roma 25 anni fa.

 

Il cardinale Macharski ha dato la sua testimonianza sulle radici polacche del Papa, sui luoghi e le persone della prima parte della sua vita, mentre il cardinale Sepe ha tracciato un sintetico quadro del pontificato, letto nella chiave dell’attuazione del Concilio, del Giubileo e della proiezione della Chiesa verso il Terzo Millennio.

 

Il presidente della Camera dei deputati, onorevole Casini, capo della delegazione italiana, ha sviluppato il tema dell’Europa, in cui anche la Polonia si appresta ad entrare, come Europa non allargata ma riunificata ed ha richiesto, ancora una volta, con forza, che la nuova Carta costituzionale contenga una chiara affermazione delle radici cristiane dell’Europa come desiderato dal Papa.

 

Il cardinale Ratzinger, presente anch’egli, ha presieduto ieri qui a Cracovia le celebrazioni per il 750.mo della canonizzazione di Santo Stanislao martire, nel suo saluto conclusivo ha messo in rilievo il ruolo di mediazione,svolto da Giovanni Paolo II fra la cultura polacca e quella italiana, mediazione che apre alla speranza di incontri e non di scontri fra le diverse culture nell’attuale situazione mondiale.

 

Una mattinata ricca di contributi impegnativi, integrati dalla proiezione di immagini del Pontificato, a cura del Centro Televisivo Vaticano e di Telepace e dalla musica di Stelvio Cipriani e dalla voce di Amedeo Minghi. Oggi pomeriggio la manifestazione continua con i rintocchi augurali per Giovanni Paolo II della grande campana della cattedrale del Wawel, che saranno trasmessi in diretta da Rai Uno.

 

Un buon inizio, dunque, per questo interessante ciclo di celebrazioni promosso dal sotto-segretario Mario Baccini e coordinato da Piero Schiavazzi, che continuerà nei prossimi mesi con le conferenze di diversi vaticanisti italiani sui 25 anni di Pontificato nelle sede degli Istituti italiani di New York, Strasburgo, Buenos Aires e di altre città del mondo.

 

Da Cracovia, padre Federico Lombardi.

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NUOVA ONDATA DI VIOLENZA

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:

GLI SCONTRI TRA LE ETNIE HEMA E LENDU

DEVASTANO LA CITTÀ DI BUNIA. MORTI ANCHE DUE SACERDOTI

- Con noi, padre Valerio Shango -

 

Non si ferma la violenza a Bunia, nel nord est della Repubblica Democratica del Congo, sconvolta dalle stragi delle etnie in lotta Hema e Lendu. Anche stamani si sono uditi tiri di armi da fuoco, mentre la città è ormai nelle mani dei ribelli filorwandesi dell’Unione dei patrioti congolesi (Upc). Oggi la situazione nella regione dell’Ituri verrà discussa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ma intanto si è appreso che oltre trenta civili sono stati uccisi nelle ultime ore: tra loro, anche bambini. E la violenza, nella notte tra venerdì e sabato scorsi, ha colpito a morte pure due religiosi cattolici della zona. Ce lo conferma padre Valerio Shango, portavoce in Italia dei vescovi del Congo - ex Zaire, al microfono di Giada Aquilino:

 

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R. – A Bunia c’è una escalation della violenza, ad opera delle milizie Hema e Lendu, in guerra totale tra loro. I danni sono gravissimi e, al di là dei saccheggi alle strutture, ci sono purtroppo tanti morti fra i civili e i religiosi. In una chiesa della periferia di Bunia, a Nyakasunza, sono stati uccisi padre Aimé, che era vice parroco, il parroco Mateseso e, con loro, anche tanti laici e civili inermi.

 

D. – Padre, perché questa violenza tra Hema e Lendu?

 

R. – Questa violenza esiste già da anni. La popolazione Lendu rappresenta la maggioranza a Bunia ed è la popolazione originaria della zona. Gli Hema provengono invece dall’Uganda ed erano alleati di Kampala. Oggi appoggiano il leader dell’Unione dei patrioti congolesi, Thomas Lubanga, filorwandese. Quindi, l’Uganda ha capovolto la propria strategia, appoggiando la popolazione Lendu e questo ha attivato di nuovo l’odio interetnico. Si tratta dunque di uno scontro tra Rwanda ed Uganda per il controllo del territorio e di tutte quelle ricchezze che ci sono a Bunia: i giacimenti d’oro e di petrolio, soprattutto. Questo è il tema di fondo: l’Uganda non vuol perdere il controllo e il Rwanda vorrebbe conquistare tutta l’area.

 

D. – Nella zona sono in azione i caschi blu dell’Onu, con la missione Monuc. Quali sono i loro compiti? Perché non possono evitare questi massacri?

 

R. – Purtroppo la missione della Monuc si limita soltanto all’applicazione degli accordi di cessate il fuoco, alla protezione del personale Onu e dei loro materiali. A dicembre l’Onu ha riconfermato, tramite la risoluzione 1445, gli stessi compiti per la missione. Invece, il governo di Kinshasa aveva chiesto che venisse modificato lo statuto della Monuc, che fosse una missione non solo di interposizione tra le forze belligeranti, ma anche con qualche compito umanitario a favore delle popolazioni civili e con la capacità di disarmare i belligeranti. Si spera che presto il Consiglio di Sicurezza faccia qualcosa per adeguare questa presenza alla realtà del Congo – ex Zaire, per non far naufragare il processo di pace in corso nella Repubblica Democratica del Congo.

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AMNESTY INTERNATIONAL SCOPRE GLI ORRORI DEL PASSATO

NELL’IRAQ DEL DOPO SADDAM HUSSEIN

- Con noi Marco Bertotto -

 

Emergono con il passare del tempo gli orrori del regime di Saddam Hussein in Iraq. Crimini perpetrati nel disprezzo assoluto dei fondamentali diritti dell’uomo. Proprio in questi giorni, una delegazione di Amnesty International - presente nella zona meridionale dell’Iraq - ha visitato una fossa comune. Intanto, i delegati dell’organizzazione umanitaria stanno raccogliendo informazioni e testimonianze sul posto, come spiega Marco Bertotto - presidente di Amnesty Italia - al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – In numerose interviste e contatti con membri della comunità locale abbiamo sostanzialmente rilevato una sete di giustizia ed una necessità di fare i conti con il passato. Continuiamo ad avere notizie dei crimini commessi durante gli anni del regime. Abbiamo ad esempio rilevato una fossa comune ad Abul Khasib dove sembra che si trovino i corpi di moltissime persone che sono state vittime della repressione del 1991. Crimini del passato che continuano ad emergere e quindi la necessità di costruire una giustizia per il futuro.

 

D. – C’è anche la realtà di centinaia, migliaia di persone scomparse sotto il regime di Saddam Hussein e, quindi, anche la tragica pagina di tante persone che cercano in questo momento di trovare delle notizie sui propri cari …

 

R. – Sì, oggi nelle città irachene, a Baghdad come a Bassora, sono tantissimi i famigliari che cercano di avere notizie, di ritrovare parenti scomparsi negli anni precedenti, di avere notizia su quale sia stata la loro sorte. C’è quindi una necessità e per questo abbiamo scritto al presidente Bush e al primo ministro Blair, che le forze occupanti si assumano la responsabilità di proteggere e tutelare tutte le prove che possono essere utili a, eventualmente, ritrovare i corpi di queste persone e forse trovare persone scomparse ancora vive, ma soprattutto identificare quelle che sono state le responsabilità nel passato e fornire prove utili a procedimenti giudiziari, per verificare ed accertare le responsabilità.

 

D. – Il popolo iracheno è vissuto sotto il giogo di una dittatura terribile. Di cosa ha bisogno ora l’Iraq per avviarsi verso una situazione di normalità, soprattutto nel campo dei diritti umani?

 

R. – Nel campo dei diritti umani, l’Iraq ha bisogno di un programma complessivo che metta al centro della ricostruzione sociale del Paese proprio il tema dei diritti umani, a partire dalla giustizia. Noi abbiamo più volte richiamato le forze occupanti a permettere il dispiegamento di una commissione di esperti delle Nazioni Unite, che abbia l’incarico proprio di studiare un programma complessivo sulla giustizia in Iraq. Si dovrebbe partire da questo, così come dal dispiegamento di una componente di osservatori sui diritti umani, che sappiano verificare i crimini commessi nel passato, ricercare gli abusi, ricercare violazioni dei diritti umani e costruire prove e documentazioni che siano utili agli organismi delle Nazioni Unite, alle forze occupanti stesse e poi al nuovo governo dell’Iraq per fare i conti con il passato, per processare i responsabili dei crimini commessi nei decenni precedenti e costruire nuove basi per l’Iraq.

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CHIESA E SOCIETA’

12 maggio 2003

 

 

IN UGANDA 41 GIOVANI SEMINARISTI DELL’ARCIDIOCESI DI GULU

SONO STATI SEQUESTRATI, SABATO SCORSO, DAI RIBELLI DELL’ESERCITO

DI LIBERAZIONE DEL SIGNORE. DURANTE L’AZIONE COMPIUTA DAI MILIZIANI

È RIMASTO PURTROPPO UCCISO UN RAGAZZO

CHE SI ERA RIFUGIATO NELLA STRUTTURA ECCLESIALE

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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KAMPALA. = “I seminaristi sequestrati stanno bene e contiamo di rilasciarli appena possibile”. È quanto ha dichiarato ieri sera in una telefonata all’Agenzia missionaria Misna una voce anonima aggiungendo che i 41 seminaristi rapiti, sono stati vittima, di un’azione compiuta, nella notte tra sabato e domenica scorsi, da un’unità armata dell’Esercito di resistenza del signore (Lra). Nel seminario minore di Lachor, che si trova a circa 10 chilometri dal centro di Gulu, avevano trovato rifugio alcuni civili, soprattutto bambini, che temevano di essere catturati e rapiti dai guerriglieri. Uno di loro è purtroppo rimasto ucciso nel corso di una lunga sparatoria. L’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama, ha detto all'Agenzia Fides che il momento è delicato. “Chiedo la preghiera di tutti – ha affermato il presule - affinché i ragazzi siano liberati il prima possibile”. Sempre nella notte tra sabato e domenica, una missione cattolica è stata saccheggiata dai ribelli dello Lra. Si tratta della parrocchia di Namokora, dell’arcidiocesi di Gulu, situata a 60 chilometri ad est della città di Kitgum. I missionari, i sacerdoti Guido Miotti e Gerardo Fuentes Murillo, sono fortunatamente usciti incolumi dalla terribile esperienza. Intanto, a rendere la situazione della regione sempre più drammatica, sono le notizie di un presunto focolaio di Ebola nel vicino Sudan. Al momento non è ancora stato possibile appurare la causa della febbre emorragica che avrebbe già mietuto alcune vittime in una località nella zona sudanese dell’Equatoria, una sessantina di chilometri dal confine con l’Uganda. L’esercito di Kampala avrebbe intensificato i controlli alla frontiera, vietando l'accesso nel Paese a chiunque, che giungendo dal Sudan, presenti sintomi sospetti. Si teme che l’ingresso di nuovi reparti dello Lra in territorio ugandese, possa causare una nuova epidemia di Ebola.

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DOPO LA SICCITÀ E LA CARESTIA IL KENYA E’ SCONVOLTO, IN QUESTI GIORNI,

DAL DRAMMA DELLE ALLUVIONI CHE HANNO LASCIATO SENZA TETTO

PIÙ DI UN MILIONE DI PERSONE

 

NAIROBI. = Altre nove persone sono morte nel fine settimane in Kenya a causa delle alluvioni che dalla fine di aprile stanno colpendo il Paese. Sale così a 49 il numero totale delle vittime provocate dall’eccezionale ondata di maltempo. Delle nove persone morte nel fine settimane, 6 sono state trascinate dalle acque nel distretto settentrionale di Marsabit e 3 sono annegate nel distretto centrale di Meru. Le alluvioni hanno lasciato un milione di persone senza tetto e continuano a minacciare ampie zone del Paese. La situazione più grave è quella del distretto di Baringo, nel nord del Paese, dove le piogge stanno provocando danni enormi ad un sistema agricolo recentemente già provato dalla siccità. La stessa Nairobi paga ancora le conseguenze delle inondazioni che, in questi giorni, stanno ripetutamente colpendo il Kenya. Da giorni un milione dei suoi abitanti è senza acqua potabile per i danni subiti, a causa delle piogge intense, da un bacino artificiale che rifornisce alcuni quartieri della capitale. Il governo di Nairobi ha iniziato, con la collaborazione della Croce Rossa e degli organismi delle Nazioni Unite, a distribuire medicinali, aiuti alimentari ed impermeabili grazie a speciali voli umanitari in grado di raggiungere anche le zone che finora erano rimaste isolate. (A.L.)

 

 

 “IL DIALOGO TRA ISLAMICI E CRISTIANI PUÒ SUPERARE LE FRONTIERE

E FACILITARE L’INTEGRAZIONE”. LO HA DETTO, COMMENTANDO IL LAVORO

FIN QUI SVOLTO DAL COMITATO ISLAM IN EUROPA,

L’INCARICATO DEL SERVIZIO PER L'ECUMENISMO

E IL DIALOGO DELLA DIOCESI DI MILANO, DON GIAMPIERO ALBERTI

 

MILANO. = Offrire alle Chiese cristiane d'Europa suggerimenti sulle implicazioni del dialogo tra islamici e cristiani, promuovere incontri con il mondo musulmano e facilitare lo scambio d'informazioni e di esperienze. “Era questo il compito affidato al Comitato islam in Europa, una missione che, mi sento di dire, abbiamo sostanzialmente svolto”. A parlare è l’incaricato per i rapporti con l'islam del Servizio per l'ecumenismo e il dialogo della diocesi di Milano, don Giampiero Alberti. A cinque anni dal suo insediamento il Comitato, voluto congiuntamente dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee) e dalla Conferenza delle Chiese d'Europa (Kek), ha concluso il suo mandato con l'incontro di Strasburgo dello scorso marzo. Sulla complessità e sulla difficoltà del dialogo con l'islam don Alberti, unico italiano presente nel Comitato Ccee-Kek, è realista ma moderatamente ottimista. “Credo – ha affermato - che il dialogo si stia sviluppando grazie alla reciproca conoscenza ed alla strada dell’integrazione”. Se i semi del dialogo sono già stati gettati, resta da capire quanto questo incontro possa favorire un'apertura anche nei Paesi d'origine della diaspora musulmana. “Non credo – ha concluso don Alberti - che il mondo musulmano sia intransigente come lo si vuole dipingere oggi. Gli immigrati musulmani che si aprono al dialogo riescono infatti a contagiare con idee nuove anche le realtà dei loro Paesi di provenienza”. E’ questo un fatto che fa ben sperare per il futuro di questo nostro mondo prigioniero, purtroppo, di troppe divisioni. (A.L.)

 

 

SI SONO CONCLUSE IERI A PADOVA LE GIORNATE NAZIONALI DELLE SALE

DELLA COMUNITÀ. IL CONVEGNO È STATO PROMOSSO DALL’ASSOCIAZIONE CATTOLICA

ESERCENTI CINEMA IN COLLABORAZIONE CON LA CEI ED IL CENTRO

DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI DELLA DIOCESI DI PADOVA

 

PADOVA. = “Uno spazio dove autenticamente si fa cultura, cioè si coltiva il gusto, la mente e il cuore”. E’ la definizione della sala della comunità, che emerge dalla nota della Cei in materia, in cui si denuncia anche “una forte omologazione del gusto”. Proprio su questi temi si sono concluse ieri a Padova le Giornate nazionali delle sale della comunità promosse dall’Associazione cattolica esercenti cinema (Acec), in collaborazione con l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, il Servizio Cei per il progetto culturale ed il Centro delle comunicazioni sociali della diocesi di Padova. “Dare visibilità e compattezza, anche nei confronti della realtà ecclesiale e della pubblica amministrazione alle circa 1000 sale della comunità presenti in Italia, costituite per collaborare ad una crescita umana e cristiana delle persone che le frequentano”. Questo, secondo il responsabile del settore cinema e spettacolo dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, don Dario Viganò, è stato il senso dell’iniziativa. “Verso le sale della comunità - ha spiegato - il legislatore è chiamato a rivolgere, proprio per il loro ruolo aggregativo, culturale e formativo, una maggiore attenzione”. Le sale della comunità costituiscono uno spazio sempre più “polifunzionale” in grado di reggere anche la sfida della “competitività” con le sale cinematografiche del circuito commerciale. La maggioranza di questi luoghi, oltre il 23 per cento, hanno alle spalle quasi cinquant’anni di vita, e la metà di essi sono ubicati in centri con meno di 10 mila abitanti. Questi sono alcuni dei dati emersi da una ricerca in materia, effettuata dall’Università cattolica e presentata da Alberto Bourlot e Mariagrazia Falchi nel corso del convegno conclusosi con una tavola rotonda sul tema “Le Sale della comunità e la complessità della comunicazione oggi”. (A.L.)

 

 

INTERVENTO DI NEW DELHI SUL CONTROVERSO “DOCUMENTO SULLA LIBERTÀ

DI RELIGIONE” APPROVATO DALL’ASSEMBLEA DEL GUJARAT. CITANDO LA COSTITUZIONE INDIANA IL GOVERNO HA RICORDATO

CHE “TUTTI SONO UGUALMENTE INVESTITI DEL DIRITTO DI PROFESSARE,

PRATICARE E DIFFONDERE LIBERAMENTE LA RELIGIONE”

 

NEW DELHI. = La Commissione nazionale per le minoranze (Ncm), organismo che dipende dal governo centrale dell’India, ha chiesto al governatore del Gujarat di cancellare un comma della controversa legge, denominata “Documento sulla libertà di religione”, sulle conversioni religiose forzate, approvata dall’assemblea locale il 26 marzo. Nei giorni scorsi il vice presidente della Ncm, Tarlochan Singh, in una lettera inviata al governatore del Gujarat, ha richiamato la sua attenzione sul comma 5 della legge. “Chiunque converta qualsiasi persona da una religione ad un’altra – vi è scritto – dovrà prima chiedere il permesso al magistrato distrettuale”. Tarlochan Singh ha dunque sollecitato il governatore ad eliminare queste frasi dal testo di legge, sostenendo che sono contrarie a quanto stabilito dalla Costituzione indiana, laddove si dice che “tutti sono ugualmente investiti del diritto di professare, praticare e diffondere liberamente la religione”. (M.A.)

  

 

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24 ORE NEL MONDO

12 maggio 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

La violenza in Cecenia continua a mietere vittime: almeno 40 persone sarebbero morte ed una settantina sarebbero rimaste ferite, per l’esplosione di un camion-bomba contenente una tonnellata di tritolo nel distretto di Nadterechny. Il veicolo è esploso mentre si lanciava a grande velocità contro gli edifici dell’amministrazione locale e dei servizi segreti nel villaggio di Snamenskoie, un’ottantina di chilometri a nordovest di Grozny. Per il governo filorusso non sembrano esserci dubbi sulla matrice separatista dell’attentato kamikaze, e lo stesso presidente russo, Vladimir Putin, ha lanciato un monito alla guerriglia: Mosca – ha detto – non permetterà che venga impedito “il processo di soluzione politica” nella regione. Sulla situazione attuale, Giancarlo La Vella ha intervistato Mario Nordio, docente di Storia dell’Asia alla Ca’ Foscari di Venezia:

 

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R. - La situazione è quella conflittuale fra un governo filorusso e una opposizione che è sfrangiata, che ha subito tutte le pressioni del post 11 settembre. Accanto ad una componente tradizionale, che è quella della lunga guerriglia, esistono alcune componenti che tendono invece ad entrare nelle grandi costellazioni di questo network del terrore che ogni tanto porta qualche colpo.

 

D.- Quali obiettivi ha questo network del terrore, come Lei lo definisce?

 

R.- Quello di mantenere molto alta la tensione, tenendo presente che nella dottrina militare russa la sicurezza va al primo posto – così come nella dottrina militare statunitense – e dunque minacciarla significa toccare uno dei punti sensibili. Quello che mi stupisce, nelle modalità operative, è che non ci siano state le due autobombe, che di solito sono il marchio di fabbrica di questo network.

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Ma oltre alla Cecenia, la violenza in Caucaso ha colpito nuovamente anche la vicina repubblica del Daghestan. Un ordigno è scoppiato questa mattina nell’automobile del vice ministro degli Interni, Magomed Omarov, rimasto ferito.

 

Grande attenzione in Medio Oriente sulla missione di Colin Powell. Il segretario di Stato americano è arrivato stamattina al Cairo per un colloquio con il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Javier Solana, responsabile europeo per la politica estera, ha invece annunciato che incontrerà nei prossimi giorni il presidente dell’Anp, Arafat. Nel frattempo, qualcosa sembra muoversi anche tra israeliani e palestinesi: sabato sera, riferisce oggi un quotidiano di Ramallah, si sarebbero incontrati i responsabili per la sicurezza delle due parti, nel tentativo di trovare un accordo su Gaza e Betlemme. Ma la tensione è comunque alta, anche per la decisione israeliana di bloccare nuovamente la striscia di Gaza:

 

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Gaza è di nuovo isolata. Non sono potuti tornare a lavoro in Israele le migliaia di pendolari a cui ieri era stato riattivato il permesso. Ma, precisano fonti militari, il passaggio è consentito per le missioni diplomatiche e per ragioni umanitarie, e le merci possono transitare per il valico di Karmi. Al confine tra Gaza ed Egitto, a Rafah, sempre la scorsa notte i soldati hanno scoperto e distrutto dei passaggi sotterranei. Vista la resistenza, due palestinesi sono stati uccisi e due feriti. E quattro attivisti di Hamas sono stati arrestati, due a Betlemme e due a Ramallah, città in cui opera un gruppo di guerriglieri che - sostengono le autorità militari israeliane – avrebbe la base nel quartiere generale di Arafat. Questo scenario offusca le prospettive di una riattivazione del dialogo di pace, aperto ieri dalla missione del segretario di Stato americano, che ha avuto colloqui con i primi ministri israeliano e palestinese, rispettivamente a Gerusalemme e a Gerico. Powell li ha spronati, riscontrando dichiarazioni di buona volontà di entrambi. E, in effetti, un loro incontro è previsto per il fine settimana: prima, cioè, della partenza di Sharon per Washington.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Continuano le defezioni all’interno del governo britannico a proposito della linea tenuta dal premier Blair sull’Iraq. Il ministro per lo Sviluppo internazionale Clare Short, si è dimessa oggi. In Iraq intanto il nuovo amministratore americano, Paul Bremer, è giunto oggi a Bassora, nel sud del Paese, per cominciare la sua missione. L’ex diplomatico sostituirà l’anziano generale Jay Garner, capo del governo provvisorio. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il Washington Post ha scritto che il reparto incaricato di cercare le armi di distruzione di massa si prepara al ritiro, senza averle trovate. Altri specialisti dovrebbero continuare la caccia alle sostanze chimiche, biologiche e nucleari, che il presidente Bush aveva usato come giustificazione principale della guerra. Il cambio nell’amministrazione americana avviene proprio mentre cresce la pressione da parte della maggioranza sciita. Ieri, l’ayatollah Mohammad Baqer Hakim, rientrato dall’esilio in Iran, ha visitato Nassiriya, chiedendo ancora la creazione di uno Stato islamico e la partenza dei soldati stranieri. Intanto, il generale Franks, comandante delle truppe americane, ha dichiarato disciolto il partito Baath di Saddam Hussein, invitando la popolazione a consegnare tutti i documenti che possiede, per fare luce su anni di dittatura e forse anche sulla sorte della leadership.

 

Per Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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È iniziato nel segno del dialogo il mandato di Domitien Ndayizeve, nuovo presidente del Burundi. Il capo di Stato hutu, succeduto due settimane fa al tutsi Pierre Buyoya, è da ieri in missione nei Paesi vicini: in Uganda – Paese che guida l’iniziativa di pace – ha incontrato il presidente Yoweri Museveni, ed in Tanzania – sede dei negoziati – il collega Benjamin Mkapa. Oggi ultima tappa nella Repubblica democratica del Congo, dove è previsto un colloquio con Joseph Kabila.

 

L’ex premier Filip Vujanovic ha vinto le elezioni presidenziali di ieri in Montenegro, una delle due entità, insieme alla Serbia, della nuova unione che ha preso il posto della Federazione jugoslava. Precedentemente altre due consultazioni per l’alta carica erano fallite per il mancato raggiungimento del quorum. Il servizio di Emiliano Bos:

 

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Con il 63 per cento dei consensi, Filip Vujanovic – il candidato del partito di governo del premier, l’uomo forte Milo Djukanovic – si è aggiudicato la corsa per la massima carica dello Stato. Ma ancora una volta la disaffezione è stata particolarmente elevata: soltanto il 48 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne. Vujanovic aveva già stravinto nelle due tornate elettorali dei mesi scorsi, ma stavolta – grazie ad un recente voto del Parlamento, che ha abolito la soglia della partecipazione minima – ha sconfitto anche il fantasma dell’astensionismo. Alle sue spalle, con il 31 per cento dei voti, il leader dell’alleanza liberale Miodrag Zivkovic, mentre il terzo sfidante, l’ecologista Dragan Hajdukovic, ha raccolto poco più del 4 per cento. “La strada verso l’Europa, la partnership per la Nato, le riforme economiche e sociali: sono queste le priorità per i montenegrini”, ha detto il neo capo di Stato, dopo le prime proiezioni dei risultati che saranno ufficializzati tra oggi e domani dalla Commissione elettorale.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Nove elettori lituani su dieci hanno detto sì all’Europa. In un referendum dall’esito abbastanza prevedibile, salva qualche apprensione per raggiungimento del quorum, il 91 per cento dei votanti ha approvato l’ingresso nell’Unione europea. E questa mattina sono giunte a Vilnius le congratulazioni di Romano Prodi, presidente della Commissione europea, che ha sottolineato la “scelta storica” della repubblica ex sovietica.

 

Si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime di polmonite atipica. Quelle delle ultime 24 ore sono state almeno 18: dodici in Cina (nove delle quali nella sola Pechino) tre ad Hong Kong ed altrettante a Taiwan. Nella stessa Cina, il numero di contagi ha ormai superato quota 5 mila, su un totale di 7 mila nel mondo: la vicepremier, Wu Yi, sottoporrà l’emergenza all’Organizzazione mondiale della Sanità, nella riunione in programma a Ginevra la settimana prossima.

 

 

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