RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 131 - Testo della
Trasmissione di domenica 11 maggio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
14 morti in una parrocchia nella Repubblica Democratica del Congo. 2 i sacerdoti uccisi
Elezioni presidenziali in Montenegro: vittoria scontata per Filip Vujanovic
Elezioni legislative in
Islanda.
11
maggio 2003
IL
SACERDOTE: L’UOMO DELLA PAROLA, L’UOMO DELL’EUCARISTIA,
MINISTRO
DELLA MISERICORDIA DI DIO
COSI’
IL PAPA ALL’ORDINAZIONE DI 31 NUOVI PRESBITERI
OGGI
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
RICORDATA
DAL PAPA ANCHE AL REGINA COELI
- A
cura di Carla Cotignoli -
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(Veni Sancte Spiritus …)
“Dona Padre onnipotente a
questi tuoi figli la dignità del presbiterato
Rinnova in loro l’effusione
del tuo Spirito di santità…”.
(Manda a noi dal Cielo un tuo
raggio divino …)
E’ questa la preghiera di
ordinazione pronunciata dal Papa dopo che ad uno ad uno, i 31 candidati al
sacerdozio si erano inginocchiati davanti a lui per l’imposizione delle mani.
E’ stato questo il momento più intenso della solenne cerimonia di ordinazione
presbiterale avvenuta questa mattina nella Basilica di San Pietro, presieduta
dal Papa e concelebrata dal cardinale vicario Camillo Ruini, i 7 vescovi
ausiliari di Roma e i superiori dei
seminari di provenienza dei presbiteri tra cui il seminario Maggiore
e il seminario Redemptoris Mater.
I neo-sacerdoti, pur essendo
tutti della diocesi di Roma, provivano dai 5 continenti. Oltre ai 17 presbiteri
italiani, l’Europa era rappresentata da: Germania, Albania, Francia; le Americhe da Colombia, Uruguay, Stati
Uniti e Canada; l’Asia dalla Corea del Sud e l’Africa dalla Costa d’Avorio.
Il Papa ha tratteggiato con
poche linee essenziali chi è il sacerdote “nel progetto salvifico di Dio”. Lo
ha definito “l’uomo della Parola” chiamato a “portare l’annuncio evangelico”.
Ne ha ricordato la responsabilità, che comporta l’impegno “ad essere sempre in
piena sintonia con il magistero della
Chiesa”. Il sacerdote – ha detto – è anche “l’uomo dell’Eucaristia” che lo
porta a “penetrare nel cuore del mistero pasquale”, il mistero di morte e
resurrezione di Gesù. E qui il Papa ha confidato ai neo-ordinati la sua
esperienza personale:
“Cibatevi dunque della parola
di Dio; intrattenetevi ogni giorno con Cristo presente realmente nel sacramento
dell’Altare. Lasciatevi raggiungere dall’amore infinito del suo Cuore,
prolungate l’adorazione eucaristica nei momenti importanti della vostra vita,
in quelli delle decisioni personali e pastorali difficili, all’inizio e al
termine delle vostre giornate. Posso assicurarvi che io ‘ho fatto questa
esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!’”.
Il
sacerdote, ministro della misericordia di Dio. Un altro tratto evidenziato dal
Papa. “Di quanti miracoli e prodigi operati dalla misericordia di Dio nel confessionale
diventerete testimoni!”, ha esclamato, invitando gli stessi sacerdoti a farne esperienza
con una regolare pratica della confessione. Il Santo Padre ha ancora ricordato
la speciale chiamata a “tendere alla santità”,
“a essere testimone dell’amore e della gioia di Cristo”. E qui il Papa
ha messo in particolare risalto Maria, “Donna eucaristica”, Madre e modello di
ogni sacerdote:
“L’‘Eccomi’ poc’anzi
pronunciato da ciascuno con giovanile entusiasmo si esprima ogni giorno nella
generosa adesione ai compiti del ministero e fiorisca nella gioia del “Magnificat”
per le ‘grandi cose’ che la misericordia di Dio vorrà operare attraverso le loro mani”.
(canto)
Prima
della preghiera mariana del Regina Coeli a mezzogiorno, il Papa ha ricordato che oggi si celebra la Giornata Mondiale di
Preghiera per le Vocazioni. E si è soffermato sulla chiamata. “Ogni cristiano è
chiamato ad essere testimone del Vangelo”, ha ricordato. Ma “con speciale vocazione”,
Dio ha sempre invitato giovani e ragazze “ad una più totale donazione di sé
alla causa del Regno”, anche oggi e si è rivolto loro:
“Esorto quanti sentissero
risuonare nel cuore la sua voce a dirgli il proprio sì generoso e ad
alimentarlo poi, giorno dopo giorno, nella preghiera, rimanendo uniti a Cristo
come tralci alla vite”.
Il Papa ha poi rivolto un suo saluto anche agli studenti
delle scuole cattoliche e statali che oggi partecipano alla tradizionale
“Maratona di Primavera”. Il Papa, nell’odierna giornata delle vocazioni, ha
sottolineato “l’importante ruolo che la scuola può svolgere nell’educare i
ragazzi a rispondere generosamente a Dio che li chiama al servizio dei
fratelli”.
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DA DOMANI A VENERDI’ PROSSIMO
LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE
TENGONO
A ROMA LA LORO ASSEMBLEA GENERALE ANNUALE.
CON NOI, PADRE FERNANDO GALBIATI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Anzitutto un cenno sull’origine delle quattro Pontificie
Opere Missionarie. La signorina Pauline Jaricot inizia nel 1818 l’Associazione
per la propagazione della fede, ufficialmente riconosciuta il 3 Maggio 1822.
Pauline è la “fondatrice della più grande agenzia di aiuto alle missioni in
tutta la storia della Chiesa cattolica: l’Associazione per la Propagazione
della Fede”, divenuta poi Opera per la Propagazione della Fede, ed insignita da
Pio XI del titolo “Pontificia” nel 1922.
Il vescovo di Nancy, mons. Charles Auguste Marie de
Forbion-Janson per dare un’impostazione missionaria alla devozione a Gesù
Bambino, sviluppa pure in Francia un movimento di bambini cristiani per l’aiuto
e la salvezza dei bambini pagani. Nasce così il 19 maggio 1843 l’Associazione
della Santa Infanzia, che Pio XI dichiarerà “Opera Pontificia” nel 1922.
Ancora in Francia, la signorina Jeanne Bigard, con
l’incoraggiamento e sotto la guida della madre Stephanie, mette come scopo
della sua vita la preparazione al ministero sacerdotale dei giovani nei Paesi
di missione. Nel 1894 lancia il primo manifesto dell’Opera di San Pietro
Apostolo che inizia la sua attività nel 1886, è ufficialmente stabilita a Caen
nel 1889 ed è riconosciuta “Pontificia” da Pio XI nel 1922.
Il padre Paolo Manna, italiano, missionario in Birmania,
constatata l’immensità del lavoro missionario, è addolorato per l’indifferenza
del clero e si preoccupa per lo scarso numero dei missionari. Fonda perciò
l’Unione Missionaria del Clero per animare i
sacerdoti all’Opera Maxima, l’evangelizzazione del mondo, e promuovere
la conoscenza e la preghiera per le missioni. Il 23 ottobre 1916 Benedetto XV
approva l’Unione che dopo una rapida e feconda diffusione nel mondo, nel 1956 è
dichiarata “Pontificia” da Pio XII.
E veniamo ora all’attualità delle Pontificie Opere
Missionarie. Con noi padre Fernando Galbiati, segretario generale della
Pontificia Unione Missionaria:
R. – L’attualità oggi è data dal fatto che esse sono
rappresentate in tutte le Chiese del mondo. Ora radunati qui a Roma, per il
loro incontro annuale, la loro Assemblea generale, che si costituisce in
Consiglio Superiore per la direzione di tutte e 4 le Opere, abbiamo 120
rappresentanti nominati da tutte le Conferenze episcopali del mondo.
Attualmente essi costituiscono la dimostrazione vera e pratica dell’impegno
missionario di tutta la Chiesa ad ogni livello: vescovi, sacerdoti, religiosi,
religiose e laici. Essendo pontificie, diceva bene Paolo VI, le Pontificie
Opere Missionarie sono pure episcopali, perché sono diffuse in tutte le Chiese
del mondo e animano queste Chiese all’impegno massimo, quello
dell’Evangelizzazione, in risposta al comando di Cristo “Andate, istruite,
battezzate fino ai confini del mondo”. Cercano di animare tutti i cattolici che
hanno il diritto-dovere di evangelizzare per ordine di Cristo, già
dall’infanzia: Rappresentano praticamente tutta la Chiesa in missione e manifestano
il carisma specificatamente missionario delle Chiese.
D. – Padre Galbiati, l’Assemblea generale ha uno scopo
anche pratico: la spartizione degli aiuti alle Missioni. Ci può dire
annualmente a quanto ammontano questi aiuti e con quali criteri vengono
distribuiti?
R. – Le offerte che noi facciamo ogni anno, specialmente
nella Giornata missionaria mondiale ed in altre giornate, appositamente messe
da parte dalle varie Chiese per le Missioni, tutte queste offerte vengono
raccolte dalle Pontificie Opere e, una volta all’anno in questa Assemblea
generale a Roma, i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali si radunano
prima di tutto per animarsi a vicenda, per scambiarsi informazioni sulle
situazioni reali dei loro Paesi, e poi per dividersi questa somma di denaro che
la Chiesa, attraverso i suoi fedeli, ha raccolto nell’anno precedente. Noi possiamo
arrivare attualmente a 120-130 milioni di euro o di dollari raccolti all’anno,
che vengono, per disposizione dello
stesso statuto, distribuiti tutti ogni anno. Non resta niente. Ovviamente le
richieste di offerte per progetti di ogni genere e per assistenza, per esempio,
ai vari seminari che sono nel mondo, sono sempre maggiori di quanto le
Pontificie Opere possono offrire.
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11
maggio 2003
LA
CHIAMATA DI DIO E LA RISPOSTA DELL’UOMO: IN UN LIBRO LE STORIE DI VITA
DI
PERSONALITA’ NOTE E DI PERSONE SCONOSCIUTE
-
Intervista con Padre Vito Magno -
La chiamata a servire Dio ed i fratelli e la risposta
dell’uomo verso la libertà dall’invadenza del proprio io e di responsabilità
verso l’altro: due momenti dell’itinerario vocazionale che può percorrere ogni
essere umano nel corso della sua esistenza. Un’ampia raccolta di testimonianze
in tal senso ci viene dal libro “La risposta, uomini e storie”: 84 interviste a
personaggi noti e meno noti, volume delle Edizioni Rogate. L’autore padre Vito
Magno, giornalista direttore della rivista Rogate ergo, nostro
collaboratore e così anche della Rai, ha già firmato diversi libri e numerosi
speciali e dossier per la radio e la televisione. Ma quale è il filo che unisce
tante diverse esperienze di vita? Ascoltiamo padre Magno al microfono di Roberta
Gisotti.
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R. – E’ semplice. In un mondo, quello in cui viviamo,
bombardato di parole è importante assumersi le proprie responsabilità. Nel
titolo che io ho voluto dare, “La risposta”, c’è proprio questa idea. Prima che
una risposta ad un giornalista è una risposta che ognuno dei miei intervistati
dà a se stesso.
D. – Il libro, dunque, ci presenta una carrellata di
testimonianze, alcune molto significative, commoventi, altre inaspettate, che
lei ha raccolto poi per argomenti, partendo da questo tema: “Non di maestri, ma
di testimoni c’è bisogno”. Qual è l’itinerario?
R. – I temi di attualità sono quelli della pace, quello
della solidarietà, quello della bellezza, quello del perdono, quello della
missione, dell’ignoto, dell’al di là. Ecco, tutto ciò che affascina l’uomo
contemporaneo e per cui quest’uomo cerca di avere delle risposte.
D. – Ma perché “non di maestri, ma di testimoni c’è
bisogno” oggi?
R. – Questo lo diceva Paolo VI. Perché è l’esperienza
della vita, quella che non sale in cattedra, che la gente di oggi accetta più
facilmente. Vedere delle persone con cui ho trattato, che non sono solo dei
personaggi - alcune sono completamente sconosciute, anonime - che magari da
zero, dalla strada, anche da ambienti equivoci, sono arrivate ad una
conversione profonda, anche alla fede religiosa – qualcuno di loro si è
addirittura consacrato a Dio – non solo stupisce, ma fa mettere una mano sulla
coscienza a tutti quanti.
D. – Parlando di interviste a divi, a personaggi famosi
come Gianni Morandi, Alex Britti, Fiorello ed altri, è importante secondo lei
che ci sia la possibilità per queste persone di esprimere altro da quella che è
l’immagine pubblica, stereotipata dei loro personaggi?
R. – Certamente, credo però che io sia favorito, perché
non sono soltanto il giornalista in cerca dello scoop. Io sono sacerdote, per
cui già nei preliminari, negli approcci, loro già sanno che hanno davanti una
figura religiosa e quindi dispongono il loro animo in modo tale da dare determinate
risposte.
D. – Così anche forse è importante far uscire un vissuto
così significativo di persone sconosciute …
R. – Nessuno è sconosciuto a Dio. Quello che io veramente
ho appreso è che per avere la gioia, avere la felicità, non bisogna fare grandi
cose. Questo è il denominatore comune. Bastano le piccole cose di ogni giorno,
purché fatte con il cuore, fatte con passione. Tutti gli intervistati hanno
detto che la felicità l’hanno trovata quando hanno rotto la crosta del proprio
egoismo, quando hanno preso di petto le cause giuste. E qui non ci sono
sconosciuti, chiunque può fare questo. Chiunque può essere felice. Certo, è bello
sentire Fiorello, Morandi ecc., che dicono questo, oppure una donna come
Michela – che poi è un nome d’arte – che viene addirittura da una setta
satanica, che poi si converte e va per le strade di Roma ad aiutare tanta gente
sbandata, come lei era una volta.
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LA
DECISIONE USA DI INSERIRE IL PARTITO
BASCO BATASUNA
NELL’ELENCO
DEI TERRORISTI: UN’AZIONE PREVENTIVA
CHE GLI AMERICANI STANNO GUIDANDO IN DIVERSE AREE
DEL MONDO
-
Intervista con Guido Olimpio -
E’
recente la decisione degli Stati Uniti di inserire nella lista delle organizzazioni
terroristiche anche il Partito radicale basco Batasuna. Considerato come il
braccio politico dell’Eta, secondo il Dipartimento di Stato americano Batasuna
ha cambiato nome nel tempo, dando vita ad altri gruppi per far perdere le
proprie tracce. Proprio nelle ultime ore quattro membri dell’Eta sono stati
arrestati nel sud ovest della Francia. Due sono di nazionalità spagnola, gli
altri due francese. Il partito, che rappresenta la sinistra indipendentista, da
25 anni rivendica la creazione di un grande Paese basco che comprenda
l’Euskadi, Paese basco spagnolo, la Navarra e il Paese basco francese. Su
questa decisione del governo americano, abbiamo intervistato Guido Olimpio,
esperto di intelligence del Corriere della Sera:
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R. – Non c’è dubbio che inserire questo o quel gruppo,
questo o quel partito, possano diventare elementi importantissimi in una lotta
politica ed anche nella gestione di uno Stato. Chiaramente c’è l’obiettivo di
creare un fronte comune. Un fronte comune poi può essere usato per tante cose:
per fare delle pressioni diplomatiche oppure per iniziare una campagna militare
in una regione piuttosto che in un’altra. E’ quest’azione preventiva che gli americani
stanno guidando in diverse aree del mondo. La Spagna ha appoggiato decisamente
la campagna militare americana in Iraq. Aznar è un ottimo partner di Bush e
quindi non possiamo escludere neanche un favore da parte dell’amministrazione
americana al governo spagnolo.
D. – Ma che cosa intendono gli Stati Uniti quando parlano
di terrorismo, visto che applicano la parola a situazioni anche molto diverse?
R. – Non c’è dubbio che ormai con il termine terrorismo
gli americani indichino tantissime cose. Nel loro ultimo rapporto sullo stato
del terrorismo nel mondo vediamo che mettono insieme atti puramente
terroristici a quelli che sono invece gesti di resistenza o, comunque, che non
possono essere considerati tali. E’ chiaro che il dibattito su cosa sia il
terrorismo andrà avanti per sempre, non ci sarà mai un accordo. Ma c’è la
tendenza a far rientrare qualsiasi atto di resistenza in una categoria
terroristica, e questo chiaramente viene respinto e causa polemiche, perchè
molti gruppi, molti movimenti, non si ritengono tali e ritengono di condurre
una lotta legittima in difesa delle proprie aspirazioni e dei propri diritti.
D. – Prendiamo Al Qaeda, simbolo per gli Stati Uniti del
terrorismo. Cosa ha in comune Al Qaeda con il separatismo basco?
R. – Direi assolutamente nulla. Al Qaeda ha degli
obiettivi piuttosto generali. Vuole contestare, vuole fermare la presenza
americana in certe aree e si propone un chiaro obiettivo sovversivo. Per quanto
riguarda l’Eta abbiamo un discorso diverso. Qui è più una lotta etnica, legata
più ad una situazione locale, non ha il carattere globale di Al Qaeda.
Ovviamente dietro c’è un disegno politico, c’è una situazione politica diversa,
che non è paragonabile sicuramente a quella di Al Qaeda.
D. – Ad essere condannato è un partito di 150 mila
elettori, Herri Batasuna. C’è il rischio che un popolo intero si senta
condannato?
R. – Alcune azioni dell’Eta non c’è dubbio che abbiano
avuto il carattere dell’atto terroristico. Dall’altra parte non c’è dubbio che
mettere il marchio su tutto il movimento basco non faccia altro che
generalizzare. Questo è un po’ il problema che si ha ad esempio anche nel mondo
islamico. Non è detto che tutti coloro che sono fondamentalisti o estremisti
siano poi terroristi. Un conto è pensare e ragionare in alcuni termini, un conto
è poi agire, mettere le bombe o uccidere. C’è una grande differenza. Quindi,
ritengo che sia necessario fare la giusta distinzione.
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UNO
STATISTA SEMPRE PRONTO AL DIALOGO:
LA
RIFLESSIONE DEL CARDINALE ROBERTO TUCCI
SULLA
FIGURA DEL LEADER DEMOCRISTIANO,
A 25 ANNI DALLA MORTE PER MANO DELLE BRIGATE
ROSSE
- Intervista con il cardinale
Roberto Tucci -
Il leader del dialogo: a 25 anni dall’assassinio di Aldo
Moro da parte delle Brigate Rosse, l’Italia della politica e della cultura ha ricordato
questa settimana, con commozione, la figura dello statista democristiano.
Ripercorrendone la straordinaria parabola umana e politica - culminata
tragicamente nel rapimento e l’uccisione per mano del terrorismo sovversivo - è
stato messo l’accento, da più parti, sulla grande capacità di Moro di saper
ascoltare, dialogare e confrontarsi costruttivamente con gli avversari
politici. Una qualità peculiare del leader della Dc, come ricorda il cardinale
Roberto Tucci:
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R. – Mi pare che Moro abbia avuto il grande merito di
cercare e di attuare una prima fase dell’allargamento dell’area democratica nel
Paese, il che rendeva più sicuro il Paese e dall’altra parte rendeva più facile
anche l’attuazione delle riforme sociali. Purtroppo questo disegno era un
disegno molto più ampio, per arrivare ad una vera alternativa di governo. E
questo progetto purtroppo è rimasto gravemente ferito dalla morte di Moro. Io
lo ricordo personalmente in un lungo incontro che ebbi con lui alla fine di
novembre del 1962. Soprattutto mi fece impressione la sua pacatezza, la sua
capacità di ascolto, di lasciar parlare l’altro, fino in fondo, stando zitto
per gran parte del tempo, fin quando non avendo capito il complesso delle
nostre posizioni e i dettagli delle nostre posizioni non le riassunse molto
bene, ma con un gran rispetto delle idee altrui.
D. – Quando si parla del delitto Moro si parla anche di
uno dei tanti periodi della storia italiana, dove ancora delle domande non
hanno risposta …
R. – E’ molto triste che non si sia mai potuto appurare
fino in fondo tutto quello che c’era dietro questo: prima, rapimento con il delitto
immediato dei cinque della scorta di Moro, e poi uccisione barbara dello stesso
Moro. D’altra parte, certamente, il movimento terrorista si è quasi suicidato
in quel momento, perchè la reazione fu tremendamente unitaria, e fu una
consolazione in un certo senso, nella tragedia.
D. – Qual era il rapporto di Moro con Papa Giovanni XXIII
prima e Paolo VI dopo?
R. – Innanzitutto Giovanni XXIII certamente desiderava –
me lo disse più di una volta nelle udienze private che ho avuto con lui – che
la Santa Sede si mantenesse fuori il più possibile dalle questioni italiane. E
in un’occasione vicina a quello che fu poi il Congresso, quando Moro rilanciò
il progetto dell’apertura a sinistra per il recupero dei socialisti di Nenni
nell’area democratica, mi disse una frase che mi sembrò una specie di permesso
di andare avanti, quando mi disse: “Io non capisco perché non si possano fare
insieme con forze politiche ideologicamente diverse da noi, delle cose in sé
buone o almeno indifferenti”. Papa Paolo VI evidentemente aveva un rapporto
personale, perchè lo aveva conosciuto giovane, nelle file credo
dell’Organizzazione degli universitari cattolici. Lo stimava molto. Infatti,
sia nella lettera stupenda che scrisse ai brigatisti rossi, sia in altre
occasioni, ed anche soprattutto quando volle presiedere la cerimonia funebre in
San Giovanni in Laterano, ebbe parole di grande stima per l’uomo e per il
cristiano. Un uomo di famiglia veramente integerrima, uomo credente ma aperto
alle idee degli altri, tenace ma non ostinato e uomo di grandi vedute, in
prospettiva, verso l’avvenire. Non si perdeva nel gioco immediato politico.
Credo che per questo, dopo De Gasperi, sia stato l’uomo più illustre dal punto
di vista politico nella vita della nostra Repubblica.
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11 maggio 2003
IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO COLIN POWELL
INCONTRA A GERUSALEMME
IL
PREMIER ISRAELIANO SHARON. OGGI POMERIGGIO L’INCONTRO CON ABU MAZEN
- A cura di Salvatore Sabatino -
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GERUSALEMME.
= ''E' necessario andare avanti'' sul processo di pace e per questo è
obbligatorio il disarmo da parte dei palestinesi di gruppi terroristici e delle
loro infrastrutture e che Israele a sua volta faccia passi per migliorare le
condizioni di vita della popolazione palestinese. Parole bilanciate, quelle pronunciate dal Segretario di Stato
americano Colin Powell, subito dopo aver avuto un lungo incontro con il premier
israeliano Sharon. Un colloquio, durato più di 3 ore, in cui il capo della
diplomazia statunitense ha voluto
parlare del delicato sviluppo della “road-map”, l'itinerario di
pace tracciato dal Quartetto. Sharon, invece, preferisce frenare i facili
entusiasmi: “é finita – ha detto -
l'era delle dichiarazioni e
delle promesse'' da parte dei palestinesi ed è giunta l' ora che ''facciano
passi concreti'', in special modo per quanto concerne la lotta al terrorismo.
Se così sarà – ha poi aggiunto il premier israeliano - Tel Aviv replicherà con passi volti a
migliorare la vita della popolazione palestinese e con ''dolorose concessioni''
per la pace, ''ma non a scapito della sua sicurezza''. Un’apertura alla
pacificazione, in sostanza, mantenendo ben salda la propria idea che la
sicurezza resta e resterà in prima linea. Posizione, quella di Sharon, riferita
ieri a Powell anche da parte del ministro della difesa Shaul Moffaz: Israele – aveva detto – continuerà a lottare
contro il terrorismo fino a quando l' Autorità palestinese non proverà in
concreto di essere decisa a combatterlo. Un’apertura completa ai palestinesi,
però, c’è: Tel Aviv si appresta, infatti,
a rilasciare circa 200
''detenuti amministrativi'' palestinesi, vale a dire reclusi in campi di
prigionia senza specifici capi d'accusa e senza processo. Nel primo pomeriggio
Powell si recherà a Gerico per incontrare il neo premier palestinese Abu Mazen,
mentre a Ramallah è in corso uno sciopero generale dei palestinesi per
protestare contro la decisione del capo della diplomazia di Washington di non
fare visita al presidente dell'ANP – l’Autorità nazionale palestinese Yasser
Arafat.
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ALTRE 14
PERSONE, TRA CUI DUE SACERDOTI, SONO STATE UCCISI IERI A BUNIA
NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,
NEL
CORSO DI UN ASSALTO AD UNA PARROCCHIA
BUNIA.
= Nonostante l’intervento dei 675 caschi blu uruguaiani inviati dall’Onu, la
città di Bunia nella Repubblica democratica del Congo continua ad essere scon-volta
da sanguinosi scontri tra le etnie Lundu e Hema. Nel corso di un assalto ad una
parrocchia che si trova nella periferia della città, sono state uccise ieri –
probabilmente da un gruppo di miliziani di etnia lundu – 14 persone, tra cui
due sacerdoti. Lo riferisce l’agenzia missionaria (Misna), che raccoglie le
testimonianze del personale della missione di peacekeeping dell’Onu nel
Paese (Monuc). Secondo quanto riportato, un sacerdote è stato ucciso con un
arma da taglio all’interno della parrocchia, mentre l’altro è stato raggiunto
nel giardino da alcuni colpi d’arma da fuoco. In una sala parrocchiale sono
stati trovati i corpi di altre dodici persone, civili che si trovavano per caso
in parrocchia o che vi si erano rifugiati a causa dei violenti scontri che da
alcuni giorni avvengono con violenza nelle strade della città. Alcuni testimoni
hanno raccontato che i miliziani, che hanno saccheggiato e devastato la
parrocchia, erano in preda ad una violenta eccitazione causata forse dall’abuso
di sostanze stupefacenti. (M.A.)
ELEZIONI
PRESIDENZIALI IN MONTENEGRO: VITTORIA SCONTATA
PER IL
PRESIDENTE DEL PARLAMENTO E PRESIDENTE AD INTERIM
DELLA
REPUBBLICA, FILIP VUJANOVIC
BELGRADO.
= Montenegro di nuovo alle urne per le presidenziali dopo le due consultazioni
di dicembre e febbraio, fallite per il mancato raggiungimento del quorum. I seggi
sono stati aperti questa mattina alle
8.00 e saranno chiusi alle 21.00 di stasera. Per questa nuova tornata
elettorale, grazie ad una modifica alla legge, la soglia minima di votanti non
c'è: le elezioni, dunque, non dovrebbero riservare sorprese. Il presidente del
parlamento e presidente ad interim della repubblica Filip Vujanovic, braccio
destro del premier Milo Djukanovic, non dovrebbe avere rivali. Secondo i
sondaggi il 49enne , candidato
della maggioranza, dovrebbe ricevere il
36 per cento dei voti, mentre i suoi due concorrenti - Miodrag Zivkovic, 46
anni, leader del partito “Alleanza liberale”, che chiede la secessione da
Belgrado, e Dragan Hajdukovic, 54 anni,
candidato di una lista civica - sono accreditati rispettivamente di un 9% e 3%
di preferenze. Sarà, invece, interessante vedere quale sarà la percentuale dei
votanti : un vero e proprio test per il governo di Djukanovic, il quale
nonostante una plebiscitaria vittoria
nelle legislative dell'ottobre scorso non riesce a risolvere la delicata e
lunga crisi economica in cui versa il Paese. (S.S.)
LA
LITUANIA VOTA LA SUA ADESIONE ALL’UNIONE EUROPEA. NELLA PRIMA GIORNATA
REFERENDARIA SOLO IL 23% DEI VOTANTI SI E’ RECATO ALLE URNE
VILNIUS.
= Seconda giornata referendaria in Lituania, che dovrà decidere la propria
adesione all’Unione Europea. Ieri, nel primo dei due giorni di votazione, solo
il 23% dei 2,6 milioni di elettori si è
recato alle urne, facendo crescere il timore che possa non essere raggiunto il
quorum del 50%. Tale preoccupazione ha spinto il presidente Rolandas Paksas a
lanciare nella serata di ieri un
appello solenne a recarsi alle urne al fine di “votare – ha riferito - per
l'avvenire della Lituania''. I seggi saranno chiusi questa sera alle 22:00 e
circa un'ora dopo la commissione elettorale darà i primi risultati. Secondo i
sondaggi della vigilia il 60% dei lituani si dice favorevole all'integrazione europea, mentre fra i
giovani di età compresa fra i 18 e i 29
anni questa percentuale arriva al 76%. Anche all'interno del Seimas, il parlamento lituano, c'e' un
consenso quasi unanime delle forze
politiche sull'adesione. Molto chiara ed importante anche la posizione
dell'episcopato lituano, che in una messaggio, firmato dal cardinale Audrys
Juozas Baekis e da tutti i vescovi, ha ricordato i molteplici legami storici fra Lituania e l'Europa
cristiana. ''Siamo in Europa da tanti
secoli, ma ora c'è bisogno di confermare che ci vogliamo restare'', hanno scritto i vescovi, paragonando i tredici ultimi anni della dura
trasformazione al passaggio attraverso il deserto. ''Oggi il traguardo
della vita europea è a vostra portata di mano, non lo dissipate”, hanno
concluso.(S.S.)
DUECENTO
ANNI FA VENIVA CELEBRATA LA PRIMA EUCARISTIA IN AUSTRALIA.
LA
CHIESA CATTOLICA DEL PAESE RICORDA LO STORICO AVVENIMENTO
CON
UNA SANTA MESSA PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO DI SYDNEY
SYDNEY.
= La Chiesa cattolica australiana è in festa oggi per commemorare il bicentenario
della prima Messa celebrata nel Paese. Ad officiarla fu, nel 1803, il sacerdote
James Dixon, deportato in Australia dalla contea irlandese di Wexford e
nominato cappellano dei cattolici della colonia penale di Sidney il 20 aprile
dello stesso anno dal governatore Philip King. Le cerimonie di commemorazione
iniziano oggi nella cattedrale di Saint Mary a Sydney, con l’Eucaristia
presieduta dall’arcivescovo della città, mons. George Pell, e concelebrata
dagli altri vescovi cattolici australiani. Le celebrazioni proseguiranno
giovedì prossimo al consolato generale d’Irlanda a Sidney dove Suor Vivienne
Keely presenterà il suo libro “Dixon di Botany Bay: un sacerdote di Wexford tra
i detenuti”, che racconta l’esperienza del sacerdote che celebrò la prima messa
in terra australiana. Infine, giovedì 22 maggio a Parramatta, nel corso di una
cerimonia civica alla presenza delle autorità cittadine e del vescovo
diocesano, mons. Kevin Michael Manning, sarà commemorato l’editto sulla
tolleranza religiosa nella colonia penale, che sancì il riconoscimento da parte
delle autorità civili della presenza cattolica nell’allora colonia britannica.
(M.A.)
ELEZIONI
LEGISLATIVE IN ISLANDA: LA COALIZIONE USCENTE
DEL
PREMIER CONSERVATORE ODDSSON VINCE CON UNA MAGGIORANZA DI 4 SEGGI.
21,
INVECE, PER LA SUA AVVERSARIA, LA SOCIALDEMOCRATICA GISLADOTTIR
REYKJAVIK.
= Vittoria nelle legislative islandesi di ieri per la coalizione uscente del
premier David Oddsson. In sostanza il governo uscente ottiene 33 dei 63 seggi
nel nuovo parlamento. La sua principale avversaria, la socialdemocratica
Ingiborg Solrun Gisladottir, se ne accaparra, invece, 21. I conservatori di
David Oddsson hanno governato l'isola ininterrottamente dal 1944. Sotto la loro
guida l'Islanda ha conosciuto una crescita costante del 5% all'anno, ma sono in
molti ormai a sentire il bisogno di un cambiamento. Il plebiscito previsto
qualche mese fa per il premier – già al
suo terzo mandato - si è neutralizzato dopo l'appoggio da lui offerto agli
Stati Uniti nella guerra all'Iraq senza neanche consultare il parlamento.
(S.S.)
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