RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 131 - Testo della Trasmissione di domenica 11 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La responsabilità del sacerdote chiamato a portare l’annuncio evangelico, sempre in piena sintonia con il magistero della Chiesa, evidenziata dal Papa questa mattina alla cerimonia di ordinazione di 31 nuovi sacerdoti della diocesi di Roma

 

Da domani in assemblea generale le Pontificie Opere missionarie. Intervista a padre Fernando Galbiati

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dibattito sul terrorismo dopo la decisione degli USA di inserire il Partito basco Batasuna nell’elenco dei terroristi: con noi, Guido Olimpio

 

Uno statista sempre pronto al dialogo”. Il cardinale Roberto Tucci dà una testimonianza personale sulla figura di Aldo Moro a 25 anni dalla morte per mano delle Brigate Rosse

 

“La chiamata di Do e la risposta dell’uomo”. 84 interviste in un libro di padre Vito Magno, al nostro microfono.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Importante incontro a Gerusalemme tra il segretario di Stato americano Powell e il premier israeliano Sharon: ribadita la volontà di pace, rispettando la sicurezza

 

14 morti in una parrocchia nella Repubblica Democratica del Congo. 2 i sacerdoti uccisi

 

Elezioni presidenziali in Montenegro: vittoria scontata per Filip Vujanovic

 

La Lituania vota la sua adesione all’Unione Europea – Duecento anni fa veniva celebrata la prima eucaristia in Australia

 

Elezioni legislative in Islanda.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 maggio 2003

 

 

IL SACERDOTE: L’UOMO DELLA PAROLA, L’UOMO DELL’EUCARISTIA,

MINISTRO DELLA MISERICORDIA DI DIO

COSI’ IL PAPA ALL’ORDINAZIONE DI 31 NUOVI PRESBITERI

OGGI GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

RICORDATA DAL PAPA ANCHE AL REGINA COELI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

 

**********

(Veni Sancte Spiritus …)

 

“Dona Padre onnipotente a questi tuoi figli la dignità del presbiterato

Rinnova in loro l’effusione del tuo Spirito di santità…”.

 

(Manda a noi dal Cielo un tuo raggio divino …)

 

E’ questa la preghiera di ordinazione pronunciata dal Papa dopo che ad uno ad uno, i 31 candidati al sacerdozio si erano inginocchiati davanti a lui per l’imposizione delle mani. E’ stato questo il momento più intenso della solenne cerimonia di ordinazione presbiterale avvenuta questa mattina nella Basilica di San Pietro, presieduta dal Papa e concelebrata dal cardinale vicario Camillo Ruini, i 7 vescovi ausiliari di Roma e i superiori dei  seminari di provenienza dei presbiteri tra cui il seminario Maggiore e  il seminario Redemptoris Mater.

 

I neo-sacerdoti, pur essendo tutti della diocesi di Roma, provivano dai 5 continenti. Oltre ai 17 presbiteri italiani, l’Europa era rappresentata da: Germania, Albania, Francia;  le Americhe da Colombia, Uruguay, Stati Uniti e Canada; l’Asia dalla Corea del Sud e l’Africa dalla Costa d’Avorio.

 

Il Papa ha tratteggiato con poche linee essenziali chi è il sacerdote “nel progetto salvifico di Dio”. Lo ha definito “l’uomo della Parola” chiamato a “portare l’annuncio evangelico”. Ne ha ricordato la responsabilità, che comporta l’impegno “ad essere sempre in piena  sintonia con il magistero della Chiesa”. Il sacerdote – ha detto – è anche “l’uomo dell’Eucaristia” che lo porta a “penetrare nel cuore del mistero pasquale”, il mistero di morte e resurrezione di Gesù. E qui il Papa ha confidato ai neo-ordinati la sua esperienza personale:

 

“Cibatevi dunque della parola di Dio; intrattenetevi ogni giorno con Cristo presente realmente nel sacramento dell’Altare. Lasciatevi raggiungere dall’amore infinito del suo Cuore, prolungate l’adorazione eucaristica nei momenti importanti della vostra vita, in quelli delle decisioni personali e pastorali difficili, all’inizio e al termine delle vostre giornate. Posso assicurarvi che io ‘ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!’”.

 

Il sacerdote, ministro della misericordia di Dio. Un altro tratto evidenziato dal Papa. “Di quanti miracoli e prodigi operati dalla misericordia di Dio nel confessionale diventerete testimoni!”, ha esclamato, invitando gli stessi sacerdoti a farne esperienza con una regolare pratica della confessione. Il Santo Padre ha ancora ricordato la speciale chiamata a “tendere alla santità”,  “a essere testimone dell’amore e della gioia di Cristo”. E qui il Papa ha messo in particolare risalto Maria, “Donna eucaristica”, Madre e modello di ogni sacerdote:

 

“L’‘Eccomi’ poc’anzi pronunciato da ciascuno con giovanile entusiasmo si esprima ogni giorno nella generosa adesione ai compiti del ministero e fiorisca nella gioia del “Magnificat” per le ‘grandi cose’ che la misericordia di Dio vorrà  operare attraverso le loro mani”.

 

(canto)

 

Prima della preghiera mariana del Regina Coeli a mezzogiorno, il Papa ha ricordato  che oggi si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. E si è soffermato sulla chiamata. “Ogni cristiano è chiamato ad essere testimone del Vangelo”, ha ricordato. Ma “con speciale vocazione”, Dio ha sempre invitato giovani e ragazze “ad una più totale donazione di sé alla causa del Regno”, anche oggi e si è rivolto loro:

 

“Esorto quanti sentissero risuonare nel cuore la sua voce a dirgli il proprio sì generoso e ad alimentarlo poi, giorno dopo giorno, nella preghiera, rimanendo uniti a Cristo come tralci alla vite”.

 

         Il Papa ha poi rivolto un suo saluto anche agli studenti delle scuole cattoliche e statali che oggi partecipano alla tradizionale “Maratona di Primavera”. Il Papa, nell’odierna giornata delle vocazioni, ha sottolineato “l’importante ruolo che la scuola può svolgere nell’educare i ragazzi a rispondere generosamente a Dio che li chiama al servizio dei fratelli”.

**********

  

 

DA DOMANI A VENERDI’ PROSSIMO LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

TENGONO A ROMA LA LORO ASSEMBLEA GENERALE ANNUALE.

 CON NOI, PADRE FERNANDO GALBIATI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

**********

Anzitutto un cenno sull’origine delle quattro Pontificie Opere Missionarie. La signorina Pauline Jaricot inizia nel 1818 l’Associazione per la propagazione della fede, ufficialmente riconosciuta il 3 Maggio 1822. Pauline è la “fondatrice della più grande agenzia di aiuto alle missioni in tutta la storia della Chiesa cattolica: l’Associazione per la Propagazione della Fede”, divenuta poi Opera per la Propagazione della Fede, ed insignita da Pio XI del titolo “Pontificia” nel 1922.

 

Il vescovo di Nancy, mons. Charles Auguste Marie de Forbion-Janson per dare un’impostazione missionaria alla devozione a Gesù Bambino, sviluppa pure in Francia un movimento di bambini cristiani per l’aiuto e la salvezza dei bambini pagani. Nasce così il 19 maggio 1843 l’Associazione della Santa Infanzia, che Pio XI dichiarerà “Opera Pontificia” nel 1922.

 

Ancora in Francia, la signorina Jeanne Bigard, con l’incoraggiamento e sotto la guida della madre Stephanie, mette come scopo della sua vita la preparazione al ministero sacerdotale dei giovani nei Paesi di missione. Nel 1894 lancia il primo manifesto dell’Opera di San Pietro Apostolo che inizia la sua attività nel 1886, è ufficialmente stabilita a Caen nel 1889 ed è riconosciuta “Pontificia” da Pio XI nel 1922.

 

Il padre Paolo Manna, italiano, missionario in Birmania, constatata l’immensità del lavoro missionario, è addolorato per l’indifferenza del clero e si preoccupa per lo scarso numero dei missionari. Fonda perciò l’Unione Missionaria del Clero per animare i  sacerdoti all’Opera Maxima, l’evangelizzazione del mondo, e promuovere la conoscenza e la preghiera per le missioni. Il 23 ottobre 1916 Benedetto XV approva l’Unione che dopo una rapida e feconda diffusione nel mondo, nel 1956 è dichiarata “Pontificia” da Pio XII.

 

E veniamo ora all’attualità delle Pontificie Opere Missionarie. Con noi padre Fernando Galbiati, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria:

 

R. – L’attualità oggi è data dal fatto che esse sono rappresentate in tutte le Chiese del mondo. Ora radunati qui a Roma, per il loro incontro annuale, la loro Assemblea generale, che si costituisce in Consiglio Superiore per la direzione di tutte e 4 le Opere, abbiamo 120 rappresentanti nominati da tutte le Conferenze episcopali del mondo. Attualmente essi costituiscono la dimostrazione vera e pratica dell’impegno missionario di tutta la Chiesa ad ogni livello: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Essendo pontificie, diceva bene Paolo VI, le Pontificie Opere Missionarie sono pure episcopali, perché sono diffuse in tutte le Chiese del mondo e animano queste Chiese all’impegno massimo, quello dell’Evangelizzazione, in risposta al comando di Cristo “Andate, istruite, battezzate fino ai confini del mondo”. Cercano di animare tutti i cattolici che hanno il diritto-dovere di evangelizzare per ordine di Cristo, già dall’infanzia: Rappresentano praticamente tutta la Chiesa in missione e manifestano il carisma specificatamente missionario delle Chiese.

 

D. – Padre Galbiati, l’Assemblea generale ha uno scopo anche pratico: la spartizione degli aiuti alle Missioni. Ci può dire annualmente a quanto ammontano questi aiuti e con quali criteri vengono distribuiti?

 

R. – Le offerte che noi facciamo ogni anno, specialmente nella Giornata missionaria mondiale ed in altre giornate, appositamente messe da parte dalle varie Chiese per le Missioni, tutte queste offerte vengono raccolte dalle Pontificie Opere e, una volta all’anno in questa Assemblea generale a Roma, i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali si radunano prima di tutto per animarsi a vicenda, per scambiarsi informazioni sulle situazioni reali dei loro Paesi, e poi per dividersi questa somma di denaro che la Chiesa, attraverso i suoi fedeli, ha raccolto nell’anno precedente. Noi possiamo arrivare attualmente a 120-130 milioni di euro o di dollari raccolti all’anno, che vengono,  per disposizione dello stesso statuto, distribuiti tutti ogni anno. Non resta niente. Ovviamente le richieste di offerte per progetti di ogni genere e per assistenza, per esempio, ai vari seminari che sono nel mondo, sono sempre maggiori di quanto le Pontificie Opere possono offrire.

**********

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

11 maggio 2003

 

 

LA CHIAMATA DI DIO E LA RISPOSTA DELL’UOMO: IN UN LIBRO LE STORIE DI VITA

DI PERSONALITA’ NOTE E DI PERSONE SCONOSCIUTE

- Intervista con Padre Vito Magno -

 

La chiamata a servire Dio ed i fratelli e la risposta dell’uomo verso la libertà dall’invadenza del proprio io e di responsabilità verso l’altro: due momenti dell’itinerario vocazionale che può percorrere ogni essere umano nel corso della sua esistenza. Un’ampia raccolta di testimonianze in tal senso ci viene dal libro “La risposta, uomini e storie”: 84 interviste a personaggi noti e meno noti, volume delle Edizioni Rogate. L’autore padre Vito Magno, giornalista direttore della rivista Rogate ergo, nostro collaboratore e così anche della Rai, ha già firmato diversi libri e numerosi speciali e dossier per la radio e la televisione. Ma quale è il filo che unisce tante diverse esperienze di vita? Ascoltiamo padre Magno al microfono di Roberta Gisotti.

 

**********

R. – E’ semplice. In un mondo, quello in cui viviamo, bombardato di parole è importante assumersi le proprie responsabilità. Nel titolo che io ho voluto dare, “La risposta”, c’è proprio questa idea. Prima che una risposta ad un giornalista è una risposta che ognuno dei miei intervistati dà a se stesso.

 

D. – Il libro, dunque, ci presenta una carrellata di testimonianze, alcune molto significative, commoventi, altre inaspettate, che lei ha raccolto poi per argomenti, partendo da questo tema: “Non di maestri, ma di testimoni c’è bisogno”. Qual è l’itinerario?

 

R. – I temi di attualità sono quelli della pace, quello della solidarietà, quello della bellezza, quello del perdono, quello della missione, dell’ignoto, dell’al di là. Ecco, tutto ciò che affascina l’uomo contemporaneo e per cui quest’uomo cerca di avere delle risposte.

 

D. – Ma perché “non di maestri, ma di testimoni c’è bisogno” oggi?

 

R. – Questo lo diceva Paolo VI. Perché è l’esperienza della vita, quella che non sale in cattedra, che la gente di oggi accetta più facilmente. Vedere delle persone con cui ho trattato, che non sono solo dei personaggi - alcune sono completamente sconosciute, anonime - che magari da zero, dalla strada, anche da ambienti equivoci, sono arrivate ad una conversione profonda, anche alla fede religiosa – qualcuno di loro si è addirittura consacrato a Dio – non solo stupisce, ma fa mettere una mano sulla coscienza a tutti quanti.

 

D. – Parlando di interviste a divi, a personaggi famosi come Gianni Morandi, Alex Britti, Fiorello ed altri, è importante secondo lei che ci sia la possibilità per queste persone di esprimere altro da quella che è l’immagine pubblica, stereotipata dei loro personaggi?

 

R. – Certamente, credo però che io sia favorito, perché non sono soltanto il giornalista in cerca dello scoop. Io sono sacerdote, per cui già nei preliminari, negli approcci, loro già sanno che hanno davanti una figura religiosa e quindi dispongono il loro animo in modo tale da dare determinate risposte.

 

D. – Così anche forse è importante far uscire un vissuto così significativo di persone sconosciute …

 

R. – Nessuno è sconosciuto a Dio. Quello che io veramente ho appreso è che per avere la gioia, avere la felicità, non bisogna fare grandi cose. Questo è il denominatore comune. Bastano le piccole cose di ogni giorno, purché fatte con il cuore, fatte con passione. Tutti gli intervistati hanno detto che la felicità l’hanno trovata quando hanno rotto la crosta del proprio egoismo, quando hanno preso di petto le cause giuste. E qui non ci sono sconosciuti, chiunque può fare questo. Chiunque può essere felice. Certo, è bello sentire Fiorello, Morandi ecc., che dicono questo, oppure una donna come Michela – che poi è un nome d’arte – che viene addirittura da una setta satanica, che poi si converte e va per le strade di Roma ad aiutare tanta gente sbandata, come lei era una volta.

********** 

    

 

LA DECISIONE USA DI INSERIRE IL  PARTITO BASCO BATASUNA

NELL’ELENCO DEI TERRORISTI: UN’AZIONE PREVENTIVA

 CHE GLI AMERICANI STANNO GUIDANDO IN DIVERSE AREE DEL MONDO

- Intervista con Guido Olimpio -

 

 

E’ recente la decisione degli Stati Uniti di inserire nella lista delle organizzazioni terroristiche anche il Partito radicale basco Batasuna. Considerato come il braccio politico dell’Eta, secondo il Dipartimento di Stato americano Batasuna ha cambiato nome nel tempo, dando vita ad altri gruppi per far perdere le proprie tracce. Proprio nelle ultime ore quattro membri dell’Eta sono stati arrestati nel sud ovest della Francia. Due sono di nazionalità spagnola, gli altri due francese. Il partito, che rappresenta la sinistra indipendentista, da 25 anni rivendica la creazione di un grande Paese basco che comprenda l’Euskadi, Paese basco spagnolo, la Navarra e il Paese basco francese. Su questa decisione del governo americano, abbiamo intervistato Guido Olimpio, esperto di intelligence del Corriere della Sera:

 

**********

R. – Non c’è dubbio che inserire questo o quel gruppo, questo o quel partito, possano diventare elementi importantissimi in una lotta politica ed anche nella gestione di uno Stato. Chiaramente c’è l’obiettivo di creare un fronte comune. Un fronte comune poi può essere usato per tante cose: per fare delle pressioni diplomatiche oppure per iniziare una campagna militare in una regione piuttosto che in un’altra. E’ quest’azione preventiva che gli americani stanno guidando in diverse aree del mondo. La Spagna ha appoggiato decisamente la campagna militare americana in Iraq. Aznar è un ottimo partner di Bush e quindi non possiamo escludere neanche un favore da parte dell’amministrazione americana al governo spagnolo.

 

D. – Ma che cosa intendono gli Stati Uniti quando parlano di terrorismo, visto che applicano la parola a situazioni anche molto diverse?

 

R. – Non c’è dubbio che ormai con il termine terrorismo gli americani indichino tantissime cose. Nel loro ultimo rapporto sullo stato del terrorismo nel mondo vediamo che mettono insieme atti puramente terroristici a quelli che sono invece gesti di resistenza o, comunque, che non possono essere considerati tali. E’ chiaro che il dibattito su cosa sia il terrorismo andrà avanti per sempre, non ci sarà mai un accordo. Ma c’è la tendenza a far rientrare qualsiasi atto di resistenza in una categoria terroristica, e questo chiaramente viene respinto e causa polemiche, perchè molti gruppi, molti movimenti, non si ritengono tali e ritengono di condurre una lotta legittima in difesa delle proprie aspirazioni e dei propri diritti.

 

D. – Prendiamo Al Qaeda, simbolo per gli Stati Uniti del terrorismo. Cosa ha in comune Al Qaeda con il separatismo basco?

 

R. – Direi assolutamente nulla. Al Qaeda ha degli obiettivi piuttosto generali. Vuole contestare, vuole fermare la presenza americana in certe aree e si propone un chiaro obiettivo sovversivo. Per quanto riguarda l’Eta abbiamo un discorso diverso. Qui è più una lotta etnica, legata più ad una situazione locale, non ha il carattere globale di Al Qaeda. Ovviamente dietro c’è un disegno politico, c’è una situazione politica diversa, che non è paragonabile sicuramente a quella di Al Qaeda.

 

D. – Ad essere condannato è un partito di 150 mila elettori, Herri Batasuna. C’è il rischio che un popolo intero si senta condannato?

 

R. – Alcune azioni dell’Eta non c’è dubbio che abbiano avuto il carattere dell’atto terroristico. Dall’altra parte non c’è dubbio che mettere il marchio su tutto il movimento basco non faccia altro che generalizzare. Questo è un po’ il problema che si ha ad esempio anche nel mondo islamico. Non è detto che tutti coloro che sono fondamentalisti o estremisti siano poi terroristi. Un conto è pensare e ragionare in alcuni termini, un conto è poi agire, mettere le bombe o uccidere. C’è una grande differenza. Quindi, ritengo che sia necessario fare la giusta distinzione.

**********

 

 

UNO STATISTA SEMPRE PRONTO AL DIALOGO:

LA RIFLESSIONE DEL CARDINALE ROBERTO TUCCI

SULLA FIGURA DEL LEADER DEMOCRISTIANO,

 A 25 ANNI DALLA MORTE PER MANO DELLE BRIGATE ROSSE

- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -

 

 

Il leader del dialogo: a 25 anni dall’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, l’Italia della politica e della cultura ha ricordato questa settimana, con commozione, la figura dello statista democristiano. Ripercorrendone la straordinaria parabola umana e politica - culminata tragicamente nel rapimento e l’uccisione per mano del terrorismo sovversivo - è stato messo l’accento, da più parti, sulla grande capacità di Moro di saper ascoltare, dialogare e confrontarsi costruttivamente con gli avversari politici. Una qualità peculiare del leader della Dc, come ricorda il cardinale Roberto Tucci:

 

**********

R. – Mi pare che Moro abbia avuto il grande merito di cercare e di attuare una prima fase dell’allargamento dell’area democratica nel Paese, il che rendeva più sicuro il Paese e dall’altra parte rendeva più facile anche l’attuazione delle riforme sociali. Purtroppo questo disegno era un disegno molto più ampio, per arrivare ad una vera alternativa di governo. E questo progetto purtroppo è rimasto gravemente ferito dalla morte di Moro. Io lo ricordo personalmente in un lungo incontro che ebbi con lui alla fine di novembre del 1962. Soprattutto mi fece impressione la sua pacatezza, la sua capacità di ascolto, di lasciar parlare l’altro, fino in fondo, stando zitto per gran parte del tempo, fin quando non avendo capito il complesso delle nostre posizioni e i dettagli delle nostre posizioni non le riassunse molto bene, ma con un gran rispetto delle idee altrui.

 

D. – Quando si parla del delitto Moro si parla anche di uno dei tanti periodi della storia italiana, dove ancora delle domande non hanno risposta …

 

R. – E’ molto triste che non si sia mai potuto appurare fino in fondo tutto quello che c’era dietro questo: prima, rapimento con il delitto immediato dei cinque della scorta di Moro, e poi uccisione barbara dello stesso Moro. D’altra parte, certamente, il movimento terrorista si è quasi suicidato in quel momento, perchè la reazione fu tremendamente unitaria, e fu una consolazione in un certo senso, nella tragedia.

 

D. – Qual era il rapporto di Moro con Papa Giovanni XXIII prima e Paolo VI dopo?

 

R. – Innanzitutto Giovanni XXIII certamente desiderava – me lo disse più di una volta nelle udienze private che ho avuto con lui – che la Santa Sede si mantenesse fuori il più possibile dalle questioni italiane. E in un’occasione vicina a quello che fu poi il Congresso, quando Moro rilanciò il progetto dell’apertura a sinistra per il recupero dei socialisti di Nenni nell’area democratica, mi disse una frase che mi sembrò una specie di permesso di andare avanti, quando mi disse: “Io non capisco perché non si possano fare insieme con forze politiche ideologicamente diverse da noi, delle cose in sé buone o almeno indifferenti”. Papa Paolo VI evidentemente aveva un rapporto personale, perchè lo aveva conosciuto giovane, nelle file credo dell’Organizzazione degli universitari cattolici. Lo stimava molto. Infatti, sia nella lettera stupenda che scrisse ai brigatisti rossi, sia in altre occasioni, ed anche soprattutto quando volle presiedere la cerimonia funebre in San Giovanni in Laterano, ebbe parole di grande stima per l’uomo e per il cristiano. Un uomo di famiglia veramente integerrima, uomo credente ma aperto alle idee degli altri, tenace ma non ostinato e uomo di grandi vedute, in prospettiva, verso l’avvenire. Non si perdeva nel gioco immediato politico. Credo che per questo, dopo De Gasperi, sia stato l’uomo più illustre dal punto di vista politico nella vita della nostra Repubblica.

**********

 

 

=======ooo======= 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

11 maggio 2003

 

IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO COLIN POWELL INCONTRA A GERUSALEMME

IL PREMIER ISRAELIANO SHARON. OGGI POMERIGGIO L’INCONTRO CON ABU MAZEN

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

**********

GERUSALEMME. = ''E' necessario andare avanti'' sul processo di pace e per questo è obbligatorio il disarmo da parte dei palestinesi di gruppi terroristici e delle loro infrastrutture e che Israele a sua volta faccia passi per migliorare le condizioni di vita della popolazione palestinese.  Parole bilanciate, quelle pronunciate dal Segretario di Stato americano Colin Powell, subito dopo aver avuto un lungo incontro con il premier israeliano Sharon. Un colloquio, durato più di 3 ore, in cui il capo della diplomazia statunitense ha voluto  parlare del delicato sviluppo della “road-map”, l'itinerario di pace tracciato dal Quartetto. Sharon, invece, preferisce frenare i facili entusiasmi: “é finita – ha detto -  l'era delle  dichiarazioni e delle promesse'' da parte dei palestinesi ed è giunta l' ora che ''facciano passi concreti'', in special modo per quanto concerne la lotta al terrorismo. Se così sarà – ha poi aggiunto il premier israeliano -  Tel Aviv replicherà con passi volti a migliorare la vita della popolazione palestinese e con ''dolorose concessioni'' per la pace, ''ma non a scapito della sua sicurezza''. Un’apertura alla pacificazione, in sostanza, mantenendo ben salda la propria idea che la sicurezza resta e resterà in prima linea. Posizione, quella di Sharon, riferita ieri a Powell anche da parte del ministro della  difesa Shaul Moffaz: Israele – aveva detto – continuerà a lottare contro il terrorismo fino a quando l' Autorità palestinese non proverà in concreto di essere decisa a combatterlo. Un’apertura completa ai palestinesi, però, c’è: Tel Aviv si appresta, infatti,  a rilasciare  circa 200 ''detenuti amministrativi'' palestinesi, vale a dire reclusi in campi di prigionia senza specifici capi d'accusa e senza processo. Nel primo pomeriggio Powell si recherà a Gerico per incontrare il neo premier palestinese Abu Mazen, mentre a Ramallah è in corso uno sciopero generale dei palestinesi per protestare contro la decisione del capo della diplomazia di Washington di non fare visita al presidente dell'ANP – l’Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat.

**********

 

 

ALTRE 14 PERSONE, TRA CUI DUE SACERDOTI, SONO STATE UCCISI IERI A BUNIA

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,

NEL CORSO DI UN ASSALTO AD UNA PARROCCHIA

 

BUNIA. = Nonostante l’intervento dei 675 caschi blu uruguaiani inviati dall’Onu, la città di Bunia nella Repubblica democratica del Congo continua ad essere scon-volta da sanguinosi scontri tra le etnie Lundu e Hema. Nel corso di un assalto ad una parrocchia che si trova nella periferia della città, sono state uccise ieri – probabilmente da un gruppo di miliziani di etnia lundu – 14 persone, tra cui due sacerdoti. Lo riferisce l’agenzia missionaria (Misna), che raccoglie le testimonianze del personale della missione di peacekeeping dell’Onu nel Paese (Monuc). Secondo quanto riportato, un sacerdote è stato ucciso con un arma da taglio all’interno della parrocchia, mentre l’altro è stato raggiunto nel giardino da alcuni colpi d’arma da fuoco. In una sala parrocchiale sono stati trovati i corpi di altre dodici persone, civili che si trovavano per caso in parrocchia o che vi si erano rifugiati a causa dei violenti scontri che da alcuni giorni avvengono con violenza nelle strade della città. Alcuni testimoni hanno raccontato che i miliziani, che hanno saccheggiato e devastato la parrocchia, erano in preda ad una violenta eccitazione causata forse dall’abuso di sostanze stupefacenti. (M.A.)

 

 

ELEZIONI PRESIDENZIALI IN MONTENEGRO: VITTORIA SCONTATA

PER IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO E PRESIDENTE AD INTERIM

DELLA REPUBBLICA, FILIP VUJANOVIC

 

BELGRADO. = Montenegro di nuovo alle urne per le presidenziali dopo le due consultazioni di dicembre e febbraio, fallite per il mancato raggiungimento del quorum. I seggi sono stati aperti questa mattina  alle 8.00 e saranno chiusi alle 21.00 di stasera. Per questa nuova tornata elettorale, grazie ad una modifica alla legge, la soglia minima di votanti non c'è: le elezioni, dunque, non dovrebbero riservare sorprese. Il presidente del parlamento e presidente ad interim della repubblica Filip Vujanovic, braccio destro del premier Milo Djukanovic, non dovrebbe avere rivali. Secondo i sondaggi  il 49enne , candidato della  maggioranza, dovrebbe ricevere il 36 per cento dei voti, mentre i suoi due concorrenti - Miodrag Zivkovic, 46 anni, leader del partito “Alleanza liberale”, che chiede la secessione da Belgrado, e  Dragan Hajdukovic, 54 anni, candidato di una lista civica - sono accreditati rispettivamente di un 9% e 3% di preferenze. Sarà, invece, interessante vedere quale sarà la percentuale dei votanti : un vero e proprio test per il governo di Djukanovic, il quale nonostante una  plebiscitaria vittoria nelle legislative dell'ottobre scorso non riesce a risolvere la delicata e lunga crisi economica in cui versa il Paese. (S.S.)

 

 

LA LITUANIA VOTA LA SUA ADESIONE ALL’UNIONE EUROPEA. NELLA PRIMA GIORNATA REFERENDARIA SOLO IL 23% DEI VOTANTI SI E’ RECATO ALLE URNE

 

VILNIUS. = Seconda giornata referendaria in Lituania, che dovrà decidere la propria adesione all’Unione Europea. Ieri, nel primo dei due giorni di votazione, solo il  23% dei 2,6 milioni di elettori si è recato alle urne, facendo crescere il timore che possa non essere raggiunto il quorum del 50%. Tale preoccupazione ha spinto il presidente Rolandas Paksas a lanciare nella serata di ieri  un appello solenne a recarsi alle urne al fine di “votare – ha riferito - per l'avvenire della Lituania''. I seggi saranno chiusi questa sera alle 22:00 e circa un'ora dopo la commissione elettorale darà i primi risultati. Secondo i sondaggi della vigilia il 60% dei lituani si dice favorevole  all'integrazione europea, mentre fra i giovani di età compresa fra i 18 e i 29  anni questa percentuale arriva al 76%. Anche all'interno del  Seimas, il parlamento lituano, c'e' un consenso quasi unanime  delle forze politiche sull'adesione. Molto chiara ed importante anche la posizione dell'episcopato lituano, che in una messaggio, firmato dal cardinale Audrys Juozas Baekis e da tutti i vescovi, ha ricordato i molteplici  legami storici fra Lituania e l'Europa cristiana. ''Siamo in  Europa da tanti secoli, ma ora c'è bisogno di confermare che ci  vogliamo restare'', hanno scritto i vescovi, paragonando i  tredici ultimi anni della dura trasformazione al   passaggio  attraverso il deserto. ''Oggi il traguardo della vita europea è a vostra portata di mano, non lo dissipate”, hanno concluso.(S.S.)

 

 

DUECENTO ANNI FA VENIVA CELEBRATA LA PRIMA EUCARISTIA IN AUSTRALIA.

LA CHIESA CATTOLICA DEL PAESE RICORDA LO STORICO AVVENIMENTO

CON UNA SANTA MESSA PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO DI SYDNEY

 

SYDNEY. = La Chiesa cattolica australiana è in festa oggi per commemorare il bicentenario della prima Messa celebrata nel Paese. Ad officiarla fu, nel 1803, il sacerdote James Dixon, deportato in Australia dalla contea irlandese di Wexford e nominato cappellano dei cattolici della colonia penale di Sidney il 20 aprile dello stesso anno dal governatore Philip King. Le cerimonie di commemorazione iniziano oggi nella cattedrale di Saint Mary a Sydney, con l’Eucaristia presieduta dall’arcivescovo della città, mons. George Pell, e concelebrata dagli altri vescovi cattolici australiani. Le celebrazioni proseguiranno giovedì prossimo al consolato generale d’Irlanda a Sidney dove Suor Vivienne Keely presenterà il suo libro “Dixon di Botany Bay: un sacerdote di Wexford tra i detenuti”, che racconta l’esperienza del sacerdote che celebrò la prima messa in terra australiana. Infine, giovedì 22 maggio a Parramatta, nel corso di una cerimonia civica alla presenza delle autorità cittadine e del vescovo diocesano, mons. Kevin Michael Manning, sarà commemorato l’editto sulla tolleranza religiosa nella colonia penale, che sancì il riconoscimento da parte delle autorità civili della presenza cattolica nell’allora colonia britannica. (M.A.)

 

 

ELEZIONI LEGISLATIVE IN ISLANDA: LA COALIZIONE USCENTE

DEL PREMIER CONSERVATORE ODDSSON VINCE CON UNA MAGGIORANZA DI 4 SEGGI.

21, INVECE, PER LA SUA AVVERSARIA, LA SOCIALDEMOCRATICA GISLADOTTIR

 

REYKJAVIK. = Vittoria nelle legislative islandesi di ieri per la coalizione uscente del premier David Oddsson. In sostanza il governo uscente ottiene 33 dei 63 seggi nel nuovo parlamento. La sua principale avversaria, la socialdemocratica Ingiborg Solrun Gisladottir, se ne accaparra, invece, 21. I conservatori di David Oddsson hanno governato l'isola ininterrottamente dal 1944. Sotto la loro guida l'Islanda ha conosciuto una crescita costante del 5% all'anno, ma sono in molti ormai a sentire il bisogno di un cambiamento. Il plebiscito previsto qualche mese fa per il premier  – già al suo terzo mandato - si è neutralizzato dopo l'appoggio da lui offerto agli Stati Uniti nella guerra all'Iraq senza neanche consultare il parlamento. (S.S.)

  

 

=======ooo=======