RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 129 - Testo della Trasmissione di venerdì 9 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa aiuti l’uomo a percepire la nostalgia di Dio. Così Giovanni Paolo II ai partecipanti al Congresso internazionale, promosso dall’Università del Laterano, per i 25 anni del pontificato.

 

Manca la pace nei cuori: l’appello del vescovo ausiliare di Sarajevo, in attesa della visita del Papa in Bosnia-Erzegovina, il 22 giugno. Ai nostri microfoni, mons. Pero Sudar.

 

Si apre lunedì prossimo a Lione, in Francia, il IV Seminario europeo dei cappellani cattolici dell’aviazione civile: con noi, l’arcivescovo Agostino Marchetto.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi, festa dell’Europa sul tema “L’allargamento dell’Unione Europea: un passo storico”. Ce ne parla Paolo Giusta.

 

Una pagina buia della storia repubblicana: l’Italia ricorda commossa lo statista Aldo Moro, ucciso 25 anni fa dalle Brigate Rosse. Intervista con Giorgio Rumi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Comece ha annunciato a Bruxelles l’organizzazione di un pellegrinaggio che partirà il prossimo anno dal monastero benedettino di Santo Domingo del Silos alla volta di Santiago de Compostela.

 

Inondazioni in Africa e in Argentina. In Kenya, Etiopia e Somalia 80 persone sono morte ed oltre 1 milione sono i feriti. Nel Paese latino-americano sono 24 le vittime e 100 mila i senza tetto.

 

“La giustizia, lo sviluppo e la solidarietà sono i nuovi nomi della pace”: lo ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l’arcivescovo Renato Martino, nel discorso rivolto ieri all’arcidiocesi colombiana di Medellin.

 

Una  vibrante preghiera si è innalzata ieri dal Santuario di Pompei in occasione della Supplica alla Madonna del Rosario.

 

Nelle Filippine, cattolici e musulmani hanno invocato la ripresa dei negoziati di pace tra i ribelli ed il governo di Manila.

 

24 ORE NEL MONDO:

Oggi Usa e Gran Bretagna presentano all’Onu una risoluzione finalizzata a revocare le sanzioni economiche all’Iraq.

 

Arrestati a Londra i familiari dell’uomo responsabile dell’attentato dello scorso 30 aprile a Tel Aviv.

 

L’ottimismo degli Stati Uniti per il processo di pacificazione tra India e Pakistan.

 

Condannati in Cina due uomini responsabili di aver organizzato manifestazioni in favore dei disoccupati.

 

Violenza in Cecenia in occasione di una cerimonia di commemorazione della vittoria sul nazismo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 maggio 2003

 

 

LA CHIESA AIUTI L’UOMO A PERCEPIRE LA NOSTALGIA DI DIO.

COSI’ GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE

 PER I 25 ANNI DEL PONTIFICATO, PROMOSSO DALL’UNIVERSITA’ DEL LATERANO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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La Chiesa non abbandoni mai l’uomo: continui a servirlo, continui a rendere servizio alla “verità dell’uomo”, attraverso il Vangelo, in qualunque posto sulla terra. Giovanni Paolo II è tornato questa mattina a parlare di uno dei capisaldi dottrinali e magisteriali del suo pontificato. E lo ha fatto davanti ad una selezionata platea di 800 persone - tra cardinali della Curia, giornalisti, docenti e studenti della Pontificia Università Lateranense - che oggi ha lasciato la sede dell’Ateneo per spostarsi nell’Aula Paolo VI, dove sono proseguiti, prima dell’udienza, gli interventi di prestigiosi relatori incentrati sulla dimensione apostolica del pontificato.

 

Dalle stanze dell’Università di Lublino alla Cattedra di Pietro, l’“attenzione alla persona”,  ha ribadito il Pontefice nel suo discorso, è stata sempre “uno dei punti essenziali di riferimento” del suo ministero: posta al centro di ogni indagine filosofica, come pure della sua prima Enciclica, la Redemptor hominis, della quale il Papa ha ricordato uno dei passaggi centrali:

 

“La Chiesa non può abbandonare l'uomo, la cui ‘sorte’, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo... Quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione”.

 

Dagli anni precedenti all’elezione pontificia che, ha ricordato Giovanni Paolo II, furono ricchi di studi e ricerche, “animati dal desiderio di individuare e percorrere nuove piste per un'evangelizzazione attenta alle sfide dell'epoca moderna”, sino all’impegno pastorale odierno, la convinzione del Papa pellegrino e annunciatore di pace è rimasta saldamente ancorata a quei convincimenti. “Il messaggio del Vangelo - ha osservato il Pontefice - è per l'uomo di ogni razza e cultura, perché gli sia faro di luce e di salvezza nelle diverse situazioni in cui si trova a vivere”:

 

“Questo perenne servizio alla "verità" dell'uomo appassiona quanti hanno a cuore che egli conosca sempre di più se stesso e percepisca, con crescente consapevolezza, l'anelito di incontrare Cristo, piena realizzazione dell'uomo. Ecco un vasto campo di azione anche per voi, che intendete contribuire con dinamismo missionario a individuare nuove strade per l'evangelizzazione delle culture”.

 

Una indicazione ampliata a conclusione dell’udienza quando, pensando all’Università Lateranense come “palestra” di diverse generazioni di apostoli, il Papa ha auspicato che le ricerche teologiche, filosofiche e scientifiche possano “aiutare l'uomo contemporaneo a meglio percepire la nostalgia di Dio nascosta nell'intimo di ogni animo”.

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ALTRE UDIENZE

 

Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto altri quattro presuli indiani di rito siro-malabarese, in questi giorni in visita “ad Limina Apostolorum”; Giovanni Paolo II ha anche concesso udienza al cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e Inviato speciale per la celebrazione di Santo Stanislao a Cracovia, con mons. Angelo Amato, arcivescovo titolare di Sila, segretario della medesima Congregazione.

 

 

MANCA LA PACE NEI CUORI: L’APPELLO DEL VESCOVO AUSILIARE DI SARAJEVO

IN ATTESA DELLA VISITA DEL PAPA

NELLA REPUBBLICA DI BOSNIA-ERZEGOVINA, IL 22 GIUGNO

-  A cura di Roberta Gisotti -

 

Per la seconda volta, Giovanni Paolo II, tornerà in Bosnia-Erzegovina, dopo la prima visita nella città di Sarajevo nell’aprile del ’97:  ieri l’annuncio ufficiale,  che il Papa si recherà il 22 giungo a Banja Luka per la beatificazione del Servo di Dio, Ivan Merz. Una terra, quella della Bosnia-Erzegovina, ferita da 4 anni di sanguinosa guerra civile, scoppiata - dopo la dichiarazione d’indipendenza dalla Jugoslavia, nel ’92 - tra le diverse nazionalità croata, bosniaco-musulmana e serba. Un conflitto davvero aspro, che ha causato più di 300 mila morti, caratterizzato da campagne di cosiddetta ‘pulizia etnica’, che hanno costretto alla fuga 1 milione e 900 mila persone - tra questi 450 mila cattolici - di cui solo in minima parte, circa 20 mila, sarebbero rientrati, mentre 18 mila persone risulterebbero ancora ‘scomparse’. Qui i cattolici erano già una minoranza e sono sempre più in calo, secondo i dati ufficiali il 18 per cento, a fronte di una maggioranza musulmana di oltre il 40 per cento, e di un 30 per cento circa di ortodossi.

 

Un Paese che porta i segni di una società lacerata, in situazione a tutt’oggi di ‘stallo’ politico-economico ? Luca Collodi ne ha parlato con il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons. Pero Sudar.

 

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R. – La pace nei cuori purtroppo ancora non c’è. Non è stata trovata quella soluzione che dia la fiducia agli imprenditori di investire e di dare lavoro alla gente. Molta gente non ha lavoro e a causa di questo tutte le tensioni, rimaste come conseguenze delle ingiustizie nella guerra, diventano ancora più grandi. Speriamo tanto che proprio questo viaggio serva ad invitare la gente a perseverare nella speranza di impegnarsi a costruire questo Paese, ma che serva anche a coloro da cui dipendono le circostanze sia politiche che economiche, che veramente si impegnino perché la Bosnia diventi un modello di convivenza tra gli uomini di diverse culture e soprattutto religioni. E’ possibile …

 

D. – Qual è la situazione per quanto riguarda il dialogo interreligioso?

 

R. – Ci sono due o tre livelli di questa realtà. Prima di tutto quello del dialogo tra i capi religiosi, che si trova su una buona strada. Però ci sono dei gruppi, non si sa bene da quale ideologia vengano nutriti, che da tempo, causano incidenti paurosi. Così che a questa gente semplice, ricordando tutto ciò che purtroppo in questa guerra, ma non soltanto in quest’ultima, è successo, fa capire che la Bosnia è ancora lontana da ciò che poteva essere. In questo senso è un miscuglio di sentimenti …

 

D. – Qual è la situazione della Chiesa cattolica in Bosnia-Erzegovina?

 

R. – La Chiesa cattolica purtroppo durante quest’ultima guerra, ma per secoli, è andata diminuendo. Più della metà dei cattolici non sono tornati in Bosnia. Sono rimasti soprattutto gli anziani, la gente incolta che non ha avuto prospettive altrove. La gente semplice ha bisogno di sentire che non è sola. Delle volte ci sembra che tutte le parti abbiano un appoggio forte da qualcuno, ma la nostra gente, essendo una minoranza, delle volte pensa che il nostro futuro sia altrove e non in Bosnia. Io penso che andar via sarebbe veramente un peccato, non soltanto per noi, ma una mancanza per la Chiesa universale e per l’Europa.

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DA LUNEDI’ A VENERDI’ DELLA PROSSIMA SETTIMANA A LIONE, IN FRANCIA

 IL IV SEMINARIO EUROPEO DEI CAPPELLANI CATTOLICI

DELL’AVIAZIONE CIVILE E DEI MEMBRI DELLE CAPPELLANIE

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Questo Seminario, che segue quelli di Varsavia, Budapest e Bruxelles, è organizzato congiuntamente dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, dal Segretariato europeo dei Cappellani cattolici d’aeroporto e dalla Cappellania Cattolica dell’aeroporto di Lyon-Satolas. La relazione di base sarà fatta dall’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Dicastero, che parlerà ai partecipanti delle sfide che si presentano oggi nella pastorale dell’aviazione civile. La scelta del tema per l’incontro “Unità nella diversità – Sfide per la pastorale dell’aviazione civile”, è infatti particolarmente significativa. Ascoltiamo il presule:

 

R. – Ogni aeroporto è abbastanza ‘diverso’, sia nella struttura sia nell’assistenza spirituale offerta a quanti vi passano e vi lavorano. Infatti, per esempio, in molti aeroporti europei esistono, accanto alla cappella cattolica, centri di spiritualità, luoghi di preghiera e di altro culto, e si vorrebbe unificare il tutto. Come essere, in questi ‘crocevia di culture e religioni’, testimoni della comunione e dell’unità, per la quale Cristo ha pregato il Padre? Quali sono i presupposti per una fruttuosa collaborazione ecumenica e un autentico dialogo interreligioso negli aeroporti? Di fronte all’allargamento dell’Unione Europea, quali sono le prospettive per la Chiesa in Europa e quali saranno le conseguenze per l’apostolato negli aeroporti? Sono alcuni degli interrogativi che vogliamo porre durante questo IV Seminario europeo, per averne qualche risposta.

 

D. – Eccellenza, qual è la natura del lavoro di un cappellano d’aeroporto?

 

R. – I cappellani d’aeroporto operano in un ambiente difficile e molto complesso, dove si incontrano tutte le razze, culture e religioni. Essi si preoccupano in particolare della cura pastorale del personale di volo, compresi coloro che seguono corsi di formazione, del personale di terra, dei meccanici e tecnici, impiegati e dirigenti, personale aeroportuale e operatori di servizi, di ‘catering’ per i passeggeri. La loro attenzione è rivolta anche ai passeggeri e a particolari categorie di persone quali i rifugiati nei centri di detenzione degli aeroporti, per persone in difficoltà, ecc. In questa complessa situazione, i cappellani devono essere un riferimento di ‘unità nella diversità’ per ogni persona. Essi sentono la necessità di avere un’associazione, “per essere maggiormente efficaci nel predicare la Buona Novella a tutte le Nazioni in quei crocevia del mondo che sono i nostri aeroporti”, come afferma lo Statuto dell’Associazione. Ricordiamo che ogni anno i viaggi delle persone che usano l’aereo superano il miliardo e mezzo.

 

I partecipanti all’incontro di Lione saranno 25, su un totale di 39 cappellani d’aeroporti in Europa, per complessive 35 cappelle aeroportuali, che si avvalgono di 27 collaboratori tra diaconi, suore e laici impegnati.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Un perenne servizio alla "verità" dell'uomo è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al discorso del Papa ai partecipanti al Congresso internazionale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense, sul tema "Giovanni Paolo II: 25 anni di Pontificato. La Chiesa a servizio dell'uomo".

 

Nelle vaticane, una pagina con il testo del cardinale Joseph Ratzinger dal titolo " Il rapporto fra Magistero della Chiesa ed esegesi": a 100 anni dalla costituzione della Pontificia Commissione Biblica.

Nel cammino della Chiesa in Asia, un articolo di Irene Iarocci sull'attualità della testimonianza del vescovo Lorenzo Bianchi, "una vita spesa per la Cina".  

 

Nelle pagine estere, Iraq: un contingente multinazionale garantirà la sicurezza.

Medio Oriente: le violenze ostacolano la missione di Colin Powell; uccisi cinque palestinesi.

Serbia: traslate in Kosovo cinquanta salme riesumate da fosse comuni.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Angelo Mundula dal titolo "Autobiografia" di un libro: in margine ad un recente saggio.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 maggio 2003

 

 

OGGI FESTA DELL’EUROPA SUL TEMA:

“L’ALLARGAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA, UN PASSO STORICO”

IL PRESIDENTE PRODI INVITA A GUARDARE ALLA STORIA PASSATA

PER PROIETTARE IL VECCHIO CONTINENTE NEL FUTURO

 

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

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Oggi Festa dell’Europa. Si celebra quest’anno in un momento storico: l’Unione Europea da 15 Paesi, con la firma dell’aprile scorso ad Atene, ha posto le premesse per l’allargamento ad altri 10 Paesi, tutti dell’Est europeo, tranne Cipro. Ed è proprio su questo nuovo passo storico che la festa odierna propone una riflessione. La Festa dell’Europa è stata istituita 18 anni fa, nel 1985 dal Consiglio Europeo, proprio  per sensibilizzare i cittadini alla partecipazione politica, al dibattito sul  futuro. Anche i cittadini infatti possono far arrivare la loro voce alla Convenzione europea che sta elaborando la Costituzione per l’Europa del futuro.

 

Tra le iniziative odierne, molte coinvolgono i giovani. Ed è proprio rivolto ai giovani delle scuole superiori dell’Emilia Romagna, coinvolti in un Concorso su “Comunicare l’Europa”, che il Presidente della Commissione Europea parla del cammino verso l’unità politica del Continente. “La nuova Costituzione – scrive – deve fondare l’Unione sull’equilibrio, sulla comprensione reciproca”. “Deve dar vita a un sistema nuovo che sia capace di adattarsi ai nuovi fatti politici e alle nuove sfide”. Un cammino – riconosce – “difficile”. Ed invita a guardare alla storia passata dell’Europa che indica “la strada verso il futuro”.

 

Significativo è il fatto che la Festa dell’Europa ricorra proprio oggi 9 maggio, giorno in cui Robert Schuman pronunciava un celebre discorso che gettava le fondamenta per la nascita dell’odierna Unione Europea. Ne parliamo con Paolo Giusta della Segretaria generale della Commissione europea

 

R. – Il problema, nel 1950,– all’uscita dalla seconda guerra mondiale – era quello di porre le basi per un’Europa finalmente pacificata; il contenuto della Dichiarazione Schuman era quello di considerare la Germania – cioè la Nazione che era stata sconfitta – come un partner. Era un atto inaudito nelle relazioni internazionali: cominciare a costruire un’Europa nuova, partendo dalla collaborazione tra Stati che erano stati nemici. Come? Mettendo in comune la produzione del carbone e dell’acciaio che erano gli elementi fondamentali dell’economia all’epoca. Quindi, era veramente una visione di pace, per costruire un futuro nuovo per il continente. Ma non solo per il continente, perché già nella Dichiarazione Schuman e poi nel Trattato sulla Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio che ne è nato, si prevedeva già il ruolo dell’Europa nel mondo, in particolare, il contributo che l’Europa avrebbe potuto dare allo sviluppo del Continente africano.

 

D. – Quale lezione ora, dopo 53 anni, siamo chiamati a ‘recuperare’ dai Padri fondatori?

 

R. – Una cosa che vorrei vedere più recuperata oggi è una grande fiducia. Bisogna rimettersi un po’ in quell’epoca in cui Adenauer, De Gasperi, Schuman si trovavano nello studio di uno dei tre e parlavano insieme in modo molto amicale, senza barriere. Naturalmente, andando avanti, la costruzione è diventata anche molto più complessa. C’è sempre una grande tensione tra gli interessi nazionali e gli interessi europei. Si è visto molto bene negli ultimi eventi riguardanti l’Iraq che c’è stata una frattura molto profonda nelle posizioni dei Paesi europei. Bisognerebbe ritrovare una maggiore fiducia, il senso dell’impresa comune che serve a tutti gli Stati che partecipano, e a tutti i cittadini, e non tanto di un ‘club’ in cui ognuno deve trovare il proprio tornaconto.

 

D. – Quanto ha inciso su questo inizio dell’Europa il fatto che queste grandi personalità avessero una radice cristiana molto profonda nella loro vita?

 

R. – Ha inciso tantissimo, secondo me. Penso a Schuman: era ministro degli affari esteri, è arrivato uno dei suoi collaboratori, Jean Monet,  con una proposta totalmente rivoluzionaria, e lui ha avuto il coraggio storico di capire che i tempi erano opportuni per far passare questa proposta e ha preso il coraggio di presentarla al mondo, anche con un grandissimo rischio. Perché ha trovato questo grande coraggio? Perché – a mio avviso – la visione cristiana che lo animava gli ha permesso di cogliere anche l’azione di Dio nella storia che poteva esserci dietro a questa proposta. La stessa cosa, Adenauer: ha combattuto come fante nella prima guerra mondiale. Davanti alla cattedrale di Reims, in Francia, nella sua trincea ha pregato Dio che un giorno tutto questo massacro potesse finire. E quando Jean Monet è venuto a proporgli questa impresa comune, quando stava per partire lo ha salutato dicendogli: ‘Oggi ho ringraziato Dio perché ha esaudito questa mia preghiera. Oggi finalmente vedo di nuovo un futuro per l’Europa’. Quindi, certamente questa loro vita cristiana li ha aiutati a compiere questi passi che erano anche molto importanti. Era la prima volta che degli Stati sovrani si mettevano insieme per mettere in comune parte della loro sovranità. Bisogna pensare anche che era un atto di coraggio storico non indifferente, e quindi ci voleva anche una visione all’altezza della sfida che era posta.

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UNA PAGINA BUIA DELLA STORIA REPUBBLICANA:

L’ITALIA RICORDA COMMOSSA LO STATISTA DEMOCRISTIANO, ALDO MORO,

UCCISO 25 ANNI FA DALLE BRIGATE ROSSE

 

- Con noi, Giorgio Rumi -

 

Un giorno tragico nella storia della Repubblica Italiana: il mondo della politica e della cultura commemora oggi il 25.mo anniversario del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, il leader democristiano ucciso dalle Brigate Rosse, dopo un angosciante sequestro durato 56 giorni. Tante le iniziative per ricordare lo statista: stamani, il presidente della Repubblica, Ciampi, ha deposto una corona in via Caetani, dove i brigatisti abbandonarono il corpo di Moro in una Renault 4 rossa, diventata tristemente nota. Durante la commemorazione ufficiale, a Montecitorio, il presidente della Camera, Casini, ha sottolineato la “straordinaria capacità” che l’esponente della Dc mostrava nel dialogare con l’avversario. “Una caratteristica - ha detto - che non lo ha mai abbandonato e che ha esercitato fino alla fase finale della sua vita”. Ma cosa rimane oggi nella coscienza del popolo italiano di quella terribile vicenda? Alessandro Gisotti ha raccolto l’opinione del prof. Giorgio Rumi, docente di storia contemporanea all'Università statale di Milano:

 

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R. – Purtroppo la storia contemporanea, o troppo contemporanea, così vicina a noi non è insegnata, non è spiegata bene. Quindi, soprattutto i giovani ne hanno un’idea molto vaga. E’ difficile trasmettere consapevolezza di fatti così recenti. Grazie al cielo, il Paese è anche cambiato. Queste cose non succedono più e quindi si allontanano da noi. Tuttavia è bene averne consapevolezza, non solo memoria erudita o libresca. Bisognerebbe che entrasse nella coscienza con una specie di “mai più”.

 

D. – Le ambiguità della politica, gli esiti processuali incerti hanno fatto sì che a 25 anni di distanza il caso Moro sia ancora percepito come una ferita non rimarginata. Quanto ha influito questa vicenda sul modo di relazionarsi, in Italia, tra Stato e società civile?

 

R. – Innanzitutto si sono rafforzate le istituzioni che allora erano in una fase calante. Lo stesso Stato era pressoché disarmato. C’è stata molta confusione. Forse non tutti gli organi dello Stato hanno funzionato come avrebbero dovuto funzionare. Quanto avvenuto è stato figlio di un abbandono, della crisi del ’68 e così via. Quindi, il livello di democrazia partecipata è cresciuto. E’ cresciuto anche l’apprezzamento per il senso del dovere della scorta di Moro, che fortunatamente non è stata dimenticata. E’ cambiato il mondo. E fortunatamente da un certo punto di vista quel mondo non esiste più. Peraltro, è bene che la memoria sia efficace, proprio come antidoto, come un vaccino. E’ bene che sia passato, ma sarebbe ancora meglio se fosse accompagnato non dalla rimozione, non dall’oblio, ma da una memoria consapevole.

 

D. – Gli anni del rapimento Moro sono anni di profonde divisioni nella società italiana, dal mondo della politica a quello della cultura; tuttavia, nonostante un percorso difficile e accidentato, l’Italia ha superato l’epoca buia del terrorismo. C’è una lezione che la classe politica – anche oggi così divisa – può imparare da quella pagina della storia italiana?

 

R. – Certamente. Proprio i limiti stessi della politica che se diventa scontro ideologico, se diventa una guerra civile strisciante porta poi a conseguenze incontrollate e incontrollabili. C’è un senso della responsabilità e del limite, che sarebbe la seconda lezione da apprendere: cioè, la politica non è tutto, esiste anche l’umanità, esiste la democrazia intesa come partecipazione del Paese… insomma, bisogna arrivare ad un’etica compiuta della responsabilità che non significa sopore per le differenze e le divisioni, ma limite alle divisioni stesse. Stabilire proprio dei limiti alle lacerazioni che la politica impone.

 

D. – Lei ha scritto che Moro era forse l’esponente “più alto e significativo di una generazione di laici cattolici impegnati in politica”. Cosa resta oggi del suo messaggio, della sua testimonianza?

 

R. – Il discorso è difficile, perché apparentemente il partito di ispirazione cristiana addirittura egemone non c’è più; c’è la speranza che quei valori siano stati seminati anche in altre formazioni; il dubbio è se – divisi – l’ispirazione di questi cristiani attivi in politica riesca ancora ad incidere sulla vita del Paese o meno.

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CHIESA E SOCIETA’

9 maggio 2003

 

 

LA COMECE, LA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITÀ EUROPEA,

HA ANNUNCIATO A BRUXELLES L’ORGANIZZAZIONE DI UN PELLEGRINAGGIO

CHE PARTIRA’, IL PROSSIMO ANNO, DAL MONASTERO BENEDETTINO DI SANTO DOMINGO DEL SILOS

ALLA VOLTA DI SANTIAGO DE COMPOSTELA

 

- A cura di Laura Forzinetti -

 

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BRUXELLES. = Oggi, 9 maggio, è la festa dell’Europa, l’anniversario di quel giorno storico in cui Robert Schuman lanciò l’idea di creare la Comunità del carbone e dell’acciaio, embrione che ha dato vita all’attuale Unione Europea. In occasione di questa ricorrenza dal grande valore storico, la Comece, la Commissione degli episcopati della Comunità europea, guardando alla futura Europa a 25 ha annunciato a Bruxelles l’organizzazione di un pellegrinaggio che porterà il prossimo anno a Santiago de Compostela, simbolo da secoli dell’unità europea. Nella primavera del 2004, alla vigilia dello storico allargamento dell’Unione, dal 17 al 24 aprile 300 pellegrini marceranno dal Monastero benedettino di Santo Domingo del Silos alla volta del famoso Santuario spagnolo. Sarà una testimonianza della nuova unità europea, un ringraziamento al Signore per la comunione di intenti raggiunti, un atto di speranza di fronte all’ignoto che ci prepara il futuro. Al pellegrinaggio, organizzato in concomitanza con l’Anno santo della cattedrale di Santiago de Compostela, potrebbero partecipare anche le massime cariche dell’Unione europea: il presidente della Commissione, Romano Prodi, quello del Parlamento, Pat Cox, ed il premier irlandese Bertie Ahern, presidente di turno al Consiglio. Queste personalità hanno comunque già espresso il loro sostegno per il pellegrinaggio che ci si augura possa raccogliere in un unico abbraccio mistico i fedeli anche di altre confessioni cristiane. La Commissione degli episcopati è conscia del fatto che l’unificazione politica dell’Europa chiami ad una comunione sempre più stretta delle sue forze religiose e spirituali e vuole che si percorra questa via di fratellanza. Al termine del pellegrinaggio, Santiago darà spazio in un Congresso ad un dibattito sui rapporti tra costruzione europea e fede cristiana, e sancirà l’ingresso dei nuovi fratelli dell’Europa centrale e meridionale nell’Ue a 25, accogliendo i loro rappresentanti a pieno diritto nell’Assemblea plenaria della Commissione degli episcopati.

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GRAVI INONDAZIONI IN AFRICA E IN ARGENTINA.

IN KENYA, ETIOPIA E SOMALIA 80 PERSONE SONO MORTE ED OLTRE 1 MILIONE SONO I FERITI.

NEL PAESE LATINO-AMERICANO SONO 24 LE VITTIME E 100 MILA I SENZA TETTO.

 

- A cura di Stefano Cavallo -

 

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NAIROBI; SANTA FE. = Kenya, Etiopia e Somalia sono le regioni maggiormente colpite dalle intense precipitazioni che da diverse settimane si abbattono sull’Africa orientale. In Kenya è stato dichiarato lo stato di calamità nazionale, e si è fatto intervenire l’Esercito, mentre in Etiopia il governo si è dichiarato impotente ad affrontare l’emergenza. Nei tre Paesi 80 persone sono morte, e solo in Kenya sono un milione i senza tetto. Le acque in piena hanno trascinato fin dentro alcuni villaggi i coccodrilli, che hanno ucciso almeno 4 persone. Sono andati persi anche i raccolti, che dopo due anni di siccità stavano accennando ad una ripresa. Secondo la stima del Programma alimentare mondiale oltre 10 milioni di persone rischiamo la fame. Ma anche in Argentina la situazione è difficile a causa dello straripamento ieri del Rio Salado, dopo le piogge di aprile che in 48 ore hanno raddoppiato la media annuale: a farne le spese gli abitanti di Santa Fe, dove almeno 24 persone sono morte e in 100 mila hanno perso la casa. Le buone condizioni meteorologiche attuali consentono ora all’acqua di refluire, tuttavia si sta diffondendo tra la popolazione la paura del saccheggio delle case e delle epidemie. Sono andati persi circa mezzo milione di capi di bestiame ed il 60 per cento dei raccolti di soia e grano. Ieri il Ministero degli affari esteri della Germania ha stanziato 60 mila euro in aiuto del Paese sudamericano. (S.C.)

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“LA GIUSTIZIA, LO SVILUPPO E LA SOLIDARIETA’ SONO I NUOVI NOMI DELLA PACE”.

LO HA AFFERMATO IL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA

E DELLA PACE, L’ARCIVESCOVO RENATO MARTINO, NEL DISCORSO RIVOLTO IERI ALL’ARCIDIOCESI COLOMBIANA DI MEDELLIN

 

MEDELLIN. = “L’educazione alla pace non è un elemento estrinseco o accidentale, ma intimamente connesso alla missione evangelizzatrice della Chiesa, come maestra di popoli ed esperta in umanità”. Lo ha sottolineato, ieri, il presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, l’arcivescovo Renato Martino, nel suo discorso rivolto al clero dell’arcidiocesi di Medellin. Per il presule questo incontro costituisce un’ulteriore tappa del suo viaggio pastorale in Colombia, dopo l’inaugurazione a Bogotà, lunedì scorso, del II Congresso di riconciliazione nazionale promosso dall’episcopato del Paese. Affrontando il tema “La pastorale sociale e la riconciliazione in tempi di conflitto”, l’arcivescovo ha affermato che “i nuovi nomi della pace sono la giustizia, lo sviluppo e la solidarietà”. Il ‘no’ alla guerra deve essere accompagnato dall’impegno per la giustizia sociale e per la difesa della dignità e per la libertà umana. Secondo mons. Martino l’educazione alla pace presuppone il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e del bene comune planetario. “Compito dell’educazione alla pace – ha aggiunto il presule – è anche quello di ridare un’anima etica alla politica e all’economia evitando gli effetti perversi di un agire economico separato dalla morale e guidato esclusivamente dal profitto e dal lucro”. L’apertura alla giustizia e alla solidarietà possono conferire un nuovo volto all’economia, trasformandola in grande fattore di pace. “E’ necessario – ha concluso mons. Martino – che ciascuno si mobiliti per dare il proprio contributo alla pace, poiché la guerra può essere decisa da pochi, ma la pace presuppone l’impegno solidale di tutti”. (A.L.)

 

 

NELLA SUGGESTIVA CORNICE DEL SANTUARIO DI POMPEI SI È INNALZATA IERI

LA SUPPLICA ALLA MADONNA DEL ROSARIO. LA SOLENNE CERIMONIA

E’ STATA PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO LEONARDO SANDRI

 

POMPEI. = Una vibrante preghiera si è innalzata ieri dal Santuario di Pompei in occasione della Supplica alla Madonna del Rosario. Diverse migliaia di fedeli hanno partecipato alla solenne liturgia e alla Santa Messa presiedute dal sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri. “La preghiera del Rosario – ha detto mons. Sandri durante l’omelia – è semplice e straordinariamente ricca, facile e profondamente evangelica, tradizionale e pienamente moderna, densa e accessibile a tutti”. Il programma delle attività previste a Pompei in questo mese dedicato alla Madonna è ricco di iniziative. Dal 23 al 25 maggio si terrà il Convegno degli ex alunni del Seminario e sabato 24 maggio migliaia di ragazzi delle scuole della Campania parteciperanno all’’VIII Marcia della pace dei bambini e dei ragazzi. Il Convegno nazionale “Giuseppe Toniolo e Bartolo Longo: storia e futuro della carità pompeiana” sarà, inoltre, l’occasione per ricordare, il 28 maggio, l’incontro tra questi due protagonisti del recente passato. Il prossimo 31 maggio avrà inizio il pellegrinaggio dei Seminari maggiori e nei primi giorni di giugno si terrà il VI Convegno nazionale degli sposi cristiani sul tema “La famiglia e il Rosario”. Ma l’attesa di tutti i fedeli della Vergine del Rosario è già proiettata al prossimo 7 ottobre, quando Giovanni Paolo II tornerà a Pompei per venerare nuovamente quell’icona che ha voluto accanto a sé lo scorso 16 ottobre, in occasione dell’inizio del suo 25.mo anno di pontificato, per la firma della Rosarium Virginis Mariae e per la proclamazione dell’Anno del Rosario. (A.L.)

 

 

PER L’ISOLA DI MINDANAO, NELLE FILIPPINE, CATTOLICI E MUSULMANI

HANNO INVOCATO CON UN APPELLO CONGIUNTO LA RIPRESA DEI NEGOZIATI

DI PACE TRA I RIBELLI ED IL GOVERNO DI MANILA

MINDANAO. = La Bishops-Ulama Conference, organizzazione che riunisce presuli cattolici, esponenti del Consiglio nazionale delle Chiese delle Filippine e leader religiosi musulmani dell’isola di Mindanao ha rivolto ieri un appello al governo di Manila e ai ribelli affinché le parti tornino al più presto al tavolo dei negoziati. “Siamo profondamente addolorati dai sanguinosi scontri - si legge nel comunicato diffuso dalla commissione tripartita della Conferenza Vescovi-Ulama - che hanno causato, a Mindanao, la morte di molti civili innocenti”. I componenti della Commissione hanno sottolineato che il Cristianesimo e la religione islamica “insegnano ad impegnarsi per la pace in modo attivo”. Gli scontri a fuoco sono tornati ad esplodere sull’isola di Mindanao lo scorso febbraio, quando i governativi hanno avviato una massiccia offensiva contro i ribelli del Fronte di liberazione islamico Moro (Milf). Presuli cattolici e leader islamici si sono inoltre proposti come osservatori nel caso in cui dovesse essere deciso un nuovo cessate il fuoco. Ieri, intanto, l’Esercito ha diffuso un bilancio dei recenti scontri, accusando il Milf di aver ucciso 192 persone, tra cui 142 civili, in 400 diversi episodi di violenza avvenuti a partire dallo scorso 11 febbraio.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 maggio 2003

 

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

L’Iraq sarà governato per almeno un anno da Stati Uniti e Gran Bretagna, che decideranno l’impiego delle risorse petrolifere per la ricostruzione, mentre gli ispettori Onu non torneranno nel Paese. Sono i passaggi chiave della risoluzione che i rappresentanti di Washington e Londra presenteranno oggi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, allo scopo di revocare le sanzioni economiche all'Iraq.  Intanto nella regione di Bassora, a sud dell’Iraq, sono state scoperte sette fosse comuni, la più grande contiene circa 40 corpi di civili, vittime probabilmente della repressione di Saddam Hussein del 1991. Ma torniamo alla risoluzione angloamericana, ce ne parla da New York Paolo Mastrolilli.

 

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Il testo prevede che la scadenza di un anno venga automaticamente rinnovata se tra 12 mesi il Palazzo di Vetro non si opporrà. E siccome Stati Uniti e Gran Bretagna hanno il potere di veto, in sostanza, dà loro la capacità di bloccare qualunque tentativo di farli ritirare dall’Iraq sotto la spinta dell’Onu. Dopo i contrasti avvenuti prima della guerra, pochi hanno voglia di impegnarsi in una nuova battaglia diplomatica alle Nazioni Unite, ma almeno sulla carta Russia e Francia dovrebbero avere problemi ad approvare questa risoluzione. Mosca infatti vorrebbe il ritorno degli ispettori, mentre Parigi chiede di sospendere le sanzioni, eliminare nel tempo il programma “Petrolio per cibo”, far lavorare insieme i controllori delle armi americani e del Palazzo di Vetro e cancellare l’embargo in maniera definitiva, solo quando un nuovo governo legittimo sarà in carica. Sul terreno intanto, a Baghdad, due soldati americani sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco da assalitori non identificati.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Alla vigilia dell’arrivo del segretario di Stato americano, Powell, il Medio Oriente continua a vivere ore di tensione. Un palestinese è stato ucciso nei pressi di Tulkarem – località sotto coprifuoco da tre giorni – mentre una bambina israeliana è rimasta ferita dal lancio di missili sparati dalla striscia di Gaza sulla cittadina di Sderot. Oggi intanto a Londra sono stati messi in carcere per “attività terroristiche” la moglie, la sorella e il fratello del britannico Omar Khan Sharif, l’uomo che dopo aver innescato la bomba dell’attentato del 30 aprile scorso a Tel Aviv, si era dato alla fuga.

 

Gli Stati Uniti sono ottimisti sul processo di distensione tra India e Pakistan. Il vice segretario di Stato americano Armitage, che sta compiendo una missione in Asia, ha incontrato ieri il presidente pachistano Musharraf, prima di volare - oggi - in Afghanistan e successivamente in India. Sentiamo Maria Grazia Coggiola.

 

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Il vice di Colin Powell ha ricevuto da Islamabad nuove assicurazioni sull’impegno a smantellare i campi di addestramento della Jihad e ad impedire l’infiltrazione di gruppi estremisti nel Kashmir indiano. E’ questa infatti la precondizione dettata dall’India per proseguire sulla strada della pace. Armitage ha mostrato cauto ottimismo su questa nuova iniziativa di pace, frutto di pressioni da parte di Washington, ma anche frutto dell’iniziativa personale del premier moderato indiano, Atal Behari Vajpayee, che una settimana fa, a sorpresa, ha deciso di ristabilire le complete relazioni diplomatiche con il Pakistan. In un discorso al Parlamento, ieri, Vajpayee ha però respinto la proposta di Musharraf di un eventuale disarmo nucleare della regione.

 

Da New Delhi, per Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Condannati in Cina due operai che lo scorso anno guidarono alcune manifestazioni contro la disoccupazione a cui parteciparono migliaia di operai. Yao Fuxin, di 52  anni, e' stato condannato a sette anni di reclusione e Xiao Yunliang, di 57, a quattro anni. I due sono stati riconosciuti  colpevoli di ''sovversione''.

 

E purtroppo anche oggi dobbiamo segnalare l’espandersi senza sosta della polmonite atipica in Asia. 6 decessi in Cina dove i nuovi casi sono 118. Hanno presentato i sintomi della Sars anche 18 persone a Taiwan e 6 a Hong Kong. Nella Repubblica mongola il virus sembra essere sotto controllo. Resta quindi la Cina il paese più segnato: il Giappone ha fatto sapere che invierà a Pechino quattro esperti, attrezzature e medicinali. Chiaretta Zucconi.

 

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Pechino trema, e non soltanto per l’epidemia di Sars, ma anche per le notizie di rivolte che giungono dalle aree rurali, le più densamente popolate in un Paese grande come l’Europa. Perché al rischio delle conseguenze economiche della Sars si aggiunge adesso anche quello di perdere il controllo sulle campagne, da dove continuano ad arrivare le notizie di proteste contro la decisione di istituire centri di quarantena nei villaggi. Un malcontento dilagante, che viene da lontano, perché gli agricoltori delle dimenticate aree centrali del Paese, il cui reddito è la metà di quello di un lavoratore urbano, non hanno mai perdonato al governo centrale di non aver potuto beneficiare delle riforme economiche rivolte soprattutto verso le province del sud, e da anni chiedono occupazione e migliori condizioni di vita. Nel frattempo, un team di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità è arrivato oggi a Baoding, città della provincia settentrionale di Hebei, per ispezionare gli ospedali destinati ai malati di Sars, ma anche per investigare sulla efficacia delle misure adottate dalla provincia contro l’epidemia.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Torna la violenza in Cecenia. Una persona è morta e due sono rimaste ferite da un’esplosione avvenuta oggi nei pressi dello stadio di Grozny, dove era in programma una parata per commemorare la vittoria sul nazismo. Lo scorso anno, nella medesima occasione, un attentato in Daghestan provocò 45 vittime.

 

Numerosi passeggeri di un volo Kinshasa – Lumbashi su cui erano a bordo 200 persone, sono stati dati per dispersi dopo che ieri si è rotto il portello del velivolo.

 

Ci spostiamo in Africa. La Repubblica democratica del Congo chiede aiuto all’Onu per fermare il conflitto in Ituri, nel nordest del Paese. Un approfondimento nel servizio di Giada Aquilino.

 

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“Un’inchiesta internazionale sulle violenze in corso” ed una “modifica del ruolo della Monuc”, la missione di pace schierata nell’ex Zaire dall’inizio del 2000. Di fronte ad una guerra apparentemente tribale, ma in realtà difficile da comprendere, il governo di Kinshasa ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un ruolo più attivo nella difesa della pace: a cominciare dal ruolo dei caschi blu, finora impegnati soltanto come osservatori. Gli scontri in queste ore sono violentissimi: soprattutto alle porte di Bunia, dove le milizie Lendu, protagoniste dei saccheggi dei giorni scorsi, si stanno scontrando con alcuni ribelli. Proprio dal capoluogo dell’Ituri ieri sera sono stati lanciati due razzi, contro un aereo che trasportava il ministro dei Diritti umani, Ntumba Luala: nessuna vittima, ma l’attentato conferma la drammaticità della situazione. La pace sembra dunque molto lontana, e l’incontro di ieri a Londra tra Kagame e Museveni, presidenti di Ruanda ed Uganda, non è andato al di là di una dichiarazione di intenti. I due Paesi sono accusati di alimentare la tensione e gli scontri nel nordest del Congo per favorire lo sfruttamento delle immense risorse naturali del Paese a vantaggio di multinazionali e governi ‘amici’.

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Incontro ieri a Londra tra il presidente ruandese Paul Kagame e il suo omologo ugandese Yoweri Museveni. Il tentativo è quello di facilitare la ‘normalizzazione’ delle relazioni tra i due Paesi africani. In un comunicato i due capi di Stato hanno dichiarato il reciproco impegno a risolvere le controversie che ancora contrappongono Kigali e Kampala.

 

Crescono le polemica in Italia in seguito alle decisione dei vertici RAI di inviare ispettori nella redazione del TG3 per chiarire la vicenda dei servizi trasmessi lunedì scorso, in occasione delle dichiarazioni rese da Silvio Berlusconi al processo Sme. Sotto accusa l’ampio spazio dato alla dura invettiva di un cittadino contro il primo ministro, all’uscita dal Tribunale di Milano.

 

 

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