RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 212 - Testo della
Trasmissione di giovedì 31 luglio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Oscurata “Telepace”, nella
zona di Roma
Le Chiese d’Oriente celebrano
da domani la “Quindicina dell’Assunta”
Segni di pace nelle Isole Salomone, sconvolte dalla
guerra civile
Il cardinale Agré leva la sua voce in favore della
riconciliazione nazionale in Costa d’Avorio.
Il
dramma del popolo liberiano. Più di 50 mila profughi aspettano soccorsi nello
stadio di Monrovia Gli Usa danno via libera al dispiegamento della forza
internazionale di pace
Nominato
il primo presidente del governo transitorio iracheno, mentre continuano gli
attacchi antiamericani nel Paese
“Road
map”: si è concluso senza risultati concreti l’incontro fra il ministro
della difesa israeliano e il ministro palestinese per la sicurezza.
31 luglio 2003
IL
POPOLO DEL BELGIO SEGUA L’ESEMPIO DI RE BALDOVINO PER L’EDIFICAZIONE
DI UNA
SOCIETA’ PIU’ GIUSTA E FRATERNA: COSI’, IL PAPA NEL MESSAGGIO
IN
OCCASIONE DEL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL SOVRANO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Un’alta figura “umana, morale e
spirituale”: così, Giovanni Paolo II ricorda la straordinaria personalità del
re dei Belgi, Baldovino, nel decimo anniversario della morte. In un messaggio,
letto stamani dal cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles, durante la Messa
commemorativa nella cattedrale della capitale belga, il Papa assicura la
propria preghiera per il sovrano scomparso dieci anni fa e la sua vicinanza a
tutta la famiglia reale, alle autorità e al popolo del Belgio.
Nel messaggio, il Pontefice sottolinea l’esempio che re
Baldovino ha dato al suo Paese a al mondo. “La sua vita di servizio, radicata
in una profonda relazione con Dio e fondata sui valori essenziali”, si legge,
possa incoraggiare il popolo belga a “seguire le sue tracce per edificare una
società sempre più giusta e fraterna, nel rispetto della dignità delle
persone”. Il Papa impartisce infine la benedizione apostolica a tutti i fedeli,
che si sono raccolti per la messa solenne in memoria di re Baldovino.
NOMINATO NUNZIO IN COSTA RICA, RINUNCIA IN ANGOLA,
PROVVISTA IN CIAD
Il Papa
nominato nunzio apostolico in Costa Rica l’arcivescovo filippino mons. Osvaldo
Padilla, finora nunzio apostolico in Nigeria.
Sempre in Costa Rica, il Pontefice ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Isidro de El General,
presentata dal vescovo mons. Ignacio Nazareno Trejos Picado, per raggiunti
limiti di età. Come nuovo vescovo di San Isidro de El General, il Santo Padre
ha nominato il sacerdote 65.enne Guillermo Lorìa Garita, del clero diocesano di
San José de Costa Rica, finora parroco di San Vicente Ferrer in Moravia.
In Angola, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al
governo pastorale dell’arcidiocesi di Huambo, presentata dall’arcivescovo mons.
Francisco Viti, 70.enne, in conformità alla norma canonica relativi ad
“infermità o altra grave causa”.
In Ciad, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidio-cesi di N’Djamena, presentata dal presule gesuita mons.
Charles Vandame, per limiti di età, avendo compiuto 75 anni lo scorso 4 giugno.
Il Santo Padre ha quindi nominato arcivescovo metropolita di N’Djamena il presule
mons. Mathias N’Gartéri Mayadi, finora vescovo di Moundou.
I PARLAMENTARI CATTOLICI DEVONO OPPORSI IN OGNI MODO
AL RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE
UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI.
COSI’ AFFERMA IL NUOVO DOCUMENTO,
OGGI RESO NOTO,
DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA
DELLA FEDE.
CON NOI IL SEGRETARIO DEL
DICASTERO, L’ARCIVESCOVO ANGELO AMATO
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Il testo reca la data del 3 giugno, memoria dei Santi
Carlo Lwanga e Compagni, Martiri dell’Uganda: erano i paggi del re, i quali
convertitisi al cristianesimo non vollero più soggiacere alle sue brame e
preferirono affrontare la morte fra aspri tormenti. Ma veniamo al contenuto …
Si tratta di un insieme di considerazioni circa le leggi e
i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali già in
atto o in via di elaborazione in alcuni Paesi soprattutto occidentali. C’è una
duplice finalità: proteggere e promuovere la dignità del matrimonio, fondamento
della famiglia e istituzione costitutiva della società; indicare ai politici
cattolici le linee di condotta coerenti con la coscienza cristiana quando essi
sono posti di fronte a progetti di legge concernenti questo problema.
I destinatari del documento sono anzitutto i vescovi che,
come maestri della fede, hanno il compito di illuminare i fedeli su questo
fenomeno morale e sociale inquietante. Trattandosi di considerazioni relative
alla legge morale naturale, esse sono proposte non solo ai credenti ma anche a
coloro che sono impegnati nella promozione e nella difesa della famiglia e del
bene comune della società.
Quali sono i punti essenziali del documento? Ce lo dice
l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina
della Fede, che ha sottoscritto il testo assieme al prefetto, il cardinale
Joseph Ratzinger, dopo che il Papa lo ha approvato nell’udienza concessa il 28
marzo scorso:
R. –
Sono tre. Anzitutto vengono riaffermate le caratteristiche essenziali del matrimonio,
che si fonda sulla complementarità dei sessi. Si tratta di una verità naturale,
confermata dalla rivelazione, per cui l’uomo e la donna realizzano quella
comunione di persone, mediante la quale essi partecipano in modo speciale
all’opera creatrice di Dio accogliendo ed educando nuove vite. Non esiste
fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie tra le unioni omosessuali
e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre
le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale e sono
intrinsecamente disordinate.
D. – Non c’è il rischio di discriminazione nei confronti
delle persone omosessuali?
R. – La Chiesa rispetta gli uomini e le donne con tendenze
omosessuali e le invita a vivere secondo la legge del Signore in castità. Si
deve ricordare che in sé l’inclinazione omosessuale è oggettivamente
disordinata e le pratiche omosessuali sono peccati gravemente contrari alla
castità.
D. – Quali sono gli altri due punti?
R. – Il secondo punto riguarda gli atteggiamenti da
assumere nei confronti di queste unioni omosessuali. Nei loro confronti le
autorità civili adottano un triplice atteggiamento: o di tolleranza o di
riconoscimento legale o di vera e propria equivalenza al matrimonio
propriamente detto, anche con la possibilità dell’adozione. Di fronte ad una
politica di tolleranza il fedele cattolico è chiamato ad affermare il carattere
immorale di questo fenomeno, richiamando lo Stato a contenerlo entro limiti che
non mettano in pericolo il tessuto della società e non espongano i giovani a
una concezione erronea della sessualità e del matrimonio. Di fronte invece al
riconoscimento legale o alla vera e propria equiparazione col matrimonio
eterosessuale è doveroso opporsi in modo chiaro e motivato, rivendicando anche
il diritto all’obiezione di coscienza.
D. – Come motivare questo atteggiamento di deciso rifiuto?
R. – E’ questo il terzo punto del documento, che tratta
proprio delle argomentazioni di vario tipo – di retta ragione e di ordine
bio-antropologico, sociale e giuridico – che giustificano il rifiuto dei
cattolici. La retta ragione non può giustificare una legge non conforme alla
legge morale naturale: in tal modo lo Stato verrebbe meno al dovere di tutela
di una istituzione essenziale per il bene comune, qual è il matrimonio. Altro
è, infatti, l’unione omosessuale come fenomeno privato, altro è invece il suo
riconoscimento legale, come modello di vita sociale, che svaluterebbe
l’istituzione matrimoniale e farebbe perdere la percezione di alcuni valori
morali fondamentali. Nelle unioni omosessuali, inoltre, mancano le condizioni
biologiche ed antropologiche del matrimonio e della famiglia. Nell’ipotesi
dell’inserimento di bambini in esse, questa adozione farebbe violenza a questi
bambini perché mancherebbe loro un ambiente adeguato per il loro pieno sviluppo
umano. Da un punto di vista sociale cambierebbe il concetto di matrimonio, col
suo compito procreativo ed educativo, e sarebbe di grave detrimento al bene
comune, soprattutto se aumentasse la loro incidenza sul tessuto sociale.
Giuridicamente parlando, infine, le coppie matrimoniali garantiscono l’ordine
delle generazioni e quindi sono di eminente interesse pubblico. Non così le
coppie omosessuali.
D. – Quale dovrebbe essere in concreto l’atteggiamento dei
politici cattolici al riguardo?
R. – Se si trova davanti a un primo progetto di legge
favorevole a tale riconoscimento, il parlamentare cattolico ha il dovere morale
di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo, votando contro. Il
voto favorevole sarebbe un atto gravemente immorale. Se invece si trova in
presenza di una legge già in vigore, deve rendere nota la sua opposizione. Se
non fosse possibile l’abrogazione della legge, potrebbe adoperarsi a sostenere
proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti
negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica, a patto che sia
nota a tutti la sua personale opposizione a leggi siffatte e sia evitato il
pericolo di scandalo. Si tratta di un principio espresso dall’Enciclica Evangelium vitae (1995). Le grandi
culture del mondo hanno dato sempre un grande riconoscimento istituzionale non
tanto all’amicizia tra le persone, ma al matrimonio e alla famiglia, in quanto
condizione di vita stabile in favore di un bene comune come la generazione, la
sopravvivenza della società, l’educazione e la socializzazione dei figli.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con il
titolo del Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede:
“Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra
persone omosessuali”. All’interno il testo in lingua italiana del Documento, ed
un articolo di Angel Rodriguez Luno, della Pontificia Università della Santa
Croce.
Per l’Anno del Rosario, un
contributo del vescovo di Sessa Aurunca dal titolo “Sant’Alfonso M. de’
Liguori, il Missionario del Rosario”.
Nelle vaticane, un articolo di
Francesco M. Valiante dal titolo “Un Re esemplare, un cristiano fervente”: il
31 luglio 1993, moriva Baldovino I, per quarant'anni sovrano integerrimo e
illuminato dei Belgi.
Nelle pagine estere,
terrorismo: Bush paventa un nuovo 11 settembre.
Medio Oriente: gli organi
donati da un bimbo palestinese permettono di vivere a tre piccoli israeliani.
Un articolo di Gabriele Nicolò
sulle nuove iniziative della Fao per aiutare i Paesi in via di sviluppo.
Nella pagina culturale, per la
rubrica “incontri”, l’editore Rienzo Colla intervistato da Giuseppe Costa.
Nelle pagine italiane, riguardo
al terrorismo, il ministro Pisanu afferma: “Minacce dall’eversione interna”.
Termoli: il sacrificio di don
Stefano stroncato da un malore dopo aver salvato dall’annegamento i “suoi”
ragazzi.
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31 luglio 2003
NELLA
FESTA DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, UNO SGUARDO ALL’OPERA
DELLA
COMPAGNIA DI GESU’ CON IL PAPA PER LA CHIESA E PER IL MONDO
-
Intervista con il Preposito generale, padre Peter Hans Kolvenbach -
Quando Sant’Ignazio di Loyola morì, il 31 luglio del 1556,
16 anni dopo la fondazione della Compagnia di Gesù, si contavano già mille
gesuiti in tutti i Continenti: in India e in Giappone in Asia, in Etiopia in
Africa, e Brasile in America Latina. Oggi i gesuiti sono circa 21 mila.
Lavorano in 122 Paesi. La Compagnia è in crescita in Asia, Africa e America
Latina e conta 950 novizi che rappresentano il futuro della missione del
Signore che la Compagnia ha come compito. Anche se in diminuzione, in Europa
operano 7 mila gesuiti. Luca Collodi ha chiesto al preposito generale, padre
Peter Hans Kolvenbach, come sta cambiando la proposta religiosa della Compagnia
di Gesù.
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In passato la cultura dominante nella Compagnia era
piuttosto ‘occidentale’ ed ‘uniforme’; oggi, grazie alla ‘inculturazione’,
portare cioè il messaggio di Cristo in un’altra cultura, consideriamo questa
varietà di lingue, di culture come un vero dono di Dio e la diversità, spesso
sconcertante, una grande ricchezza. Senza dubbio, ci spinge anche a lavorare
con impegno per mantenere l’unità di menti e di cuori nella Chiesa del Signore.
Comunque, ancora oggi un gesuita – un gesuita italiano, ma anche un gesuita
indiano – deve vivere una disponibilità apostolica, cioè deve essere pronto a
lasciare la sua cultura, il suo Paese per annunciare altrove il Vangelo del
Signore. E credo che in 463 anni di esistenza della Compagnia di Gesù, i
gesuiti abbiano risposto alle aspettative del Fondatore con generosità ed
impegno.
D. – Padre Kolvenbach, nella storia della Chiesa si è
spesso parlato del rapporto tra la Compagnia di Gesù e il Papa. Oggi, cosa
possiamo aggiungere su questo servizio?
R. – Quando i primi gesuiti sono stati a Roma, hanno
sentito il grande desiderio di annunciare il Vangelo come servitori della
missione di Cristo. Il problema era sapere dove
nel mondo il loro impegno apostolico fosse più necessario ed urgente. L’unico
che poteva sapere, era il Pastore universale, il Papa, il quale – avendo
responsabilità universale – è il testimone privilegiato delle necessità
apostoliche della Chiesa nel mondo. In questo spirito, la Compagnia non intende
fare opera propria, non vuole operare in proprio; i gesuiti sono della Chiesa, nella Chiesa e per la
Chiesa attraverso la mediazione del Santo Padre. E questa è ancora una realtà
oggi: lavoriamo con tanti altri in Siberia, perché il Papa ha mandato i gesuiti
in Siberia; lavoriamo in Albania, nel seminario di Scutari, perché il Papa ha
voluto così. Ma abbiamo ricevuto anche Batanbang, in Cambogia, e il
Kirghizistan: sempre per volontà del Santo Padre. E basti dire che tante opere
della Compagnia nella città di Roma sono pontificie perché c’è stato un Papa
che ha voluto la Radio Vaticana, l’Orientale, il Biblico, la Gregoriana. E
anche i collegi come il Germanicum,
il Russicum, il Pio Latino, il Brasilianum:
tutte queste sono opere volute da un Pontefice.
D. – Un rapporto, qualche volta, non facile padre
Kolvenbach …
R. – Certamente. Quando si lavora, in particolare in un
campo nuovo e difficile, sono sempre possibili malintesi; sbagli e tensioni
sono praticamente inevitabili. Per esempio. Il Santo Padre ha chiesto aiuto nel
campo del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo: è un campo molto delicato e
stiamo facendo del nostro meglio con tanti altri nella Chiesa in questi campi
difficili. Anche al di là ad alcuni nostri fallimenti del passato e del
presente, il legame speciale con il Santo Padre resta forte, al servizio della
Chiesa del Signore.
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SACERDOTE SOLLECITO, GENEROSO E VICINO ALLA
GIOVENTÙ.
ERA
COSÌ DON STEFANO GORZEGNO, MORTO IERI A CAUSA DI UN MALORE
DOPO
AVER SALVATO DAL MARE I SUOI PARROCCHIANI
-
Intervista con mons. Armando Dini -
Ha
suscitato profonda commozione in Italia la morte di don Stefano Gorzegno,
stroncato ieri da un infarto su una spiaggia vicino a Termoli, a sud della penisola,
dopo aver salvato sette suoi parrocchiani che rischiavano di affogare. Nato a
Verona 44 anni fa, dopo la laurea in giurisprudenza e la licenza all’Università
Gregoriana era stato ordinato sacerdote nell’arcidiocesi di Campobasso-Boiano.
Don Stefano, parroco della chiesa dei Santi Erasmo e Martino nel paese molisano
di Boiano da circa due anni, aveva organizzato una gita al mare con 50 suoi parrocchiani.
Mentre si trovavano in acqua, sette di loro, tra cui cinque ragazzi, a causa
della corrente e delle buche presenti sul fondale, si sono trovati improvvisamente
in pericolo di vita. Don Stefano non ha esitato a lanciarsi in acqua per
salvarli, ma lo sforzo gli è stato fatale. I funerali si svolgeranno domani,
alle 16, nell’antica cattedrale di Boiano. Ma ascoltiamo ora il sentito ricordo
dell’arcive-scovo di Campobasso, mons. Armando Dini, al microfono di Matteo
Ambu.
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R. - Un sacerdote molto generoso, molto delicato con
tutti, particolarmente socievole e capace di stare con i giovani, di attirarli
al Signore, di aiutarli a pregare, un sacerdote sempre disponibile, veramente
un buon sacerdote.
D. – Quali sono le sensazioni della Comunità diocesana?
R. – All’inizio addirittura di incredulità, poi tutti
quanti abbiamo domandato più volte “ma siete sicuri? E’ proprio così?” ecc, e
poi di grande costernazione. Credo che molti si siano rifugiati nel Signore
proprio per chiedere forza al Signore di fronte ad una notizia così
incredibile, inattesa, del tutto lontana da ogni capacità di previsionalità.
D. – E’ anche un esempio di pastore che si immola per le proprie
pecore?
R. – Così è andata, perché lui, per salvare i ragazzi, si
è dato da fare in maniera sovrumana. Ha fatto tutto quello che era possibile
per salvare i ragazzi, insieme con altri che poi sono accorsi e grazie a Dio i
ragazzi sono tutti salvi. E poi, dopo aver salvato i ragazzi, stremato di
forze, e probabilmente anche psicologicamente provato per la paura che i
ragazzi morissero, è arrivato sulla battigia, è uscito fuori dal mare, si è
sdraiato sulla spiaggia, ha domandato se i ragazzi erano salvi, gli è stato
risposto di sì e a questo punto è spirato.
D. – Cosa insegna ad ogni cristiano un sacrificio del
genere?
R. – Insegna che la vita degli altri è preziosa e che è
bello far di tutto per salvarla anche a costo di mettere in pericolo la nostra.
D’altra parte noi abbiamo messo sul manifesto la frase di Gesù “nessuno ha un
amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. E poi questo
rientrava nel suo stile, non è che è una situazione di quelle eroiche tra
virgolette, che possono meravigliare, perché una persona in circostanze
eccezionali mette fuori un coraggio ed una generosità che normalmente non gli
si riconosceva, no, ecco, per quel che riguarda don Stefano, diciamo che lo
ritroviamo nel suo gesto, cioè questo suo gesto è perfettamente consono a tutto
il resto della sua vita di prete.
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EUROPA
E AFRICA SI INTERPELLANO AL VI MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO
SULLE
MIGRAZIONI CHE FA PURE LARGO SPAZIO AI GIOVANI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Questo Meeting è diventato ormai un appuntamento
fondamentale per chi vuole riflettere su una delle questioni più rilevanti
della nostra epoca: l’immigrazione. Evento politico, sociale, culturale e
naturalmente religioso, l’appuntamento di Loreto si pone come punto di
riferimento obbligato per rappresentanti del mondo religioso, per politici,
amministratori, soggetti del volontariato, semplici cittadini.
“Tutti
parlano di globalizzazione – ha affermato padre Beniamino Rossi, rappresentante
per l’Europa dei Padri Scalabriniani, ideatori di questo appuntamento – ma noi
vorremmo collegarla all’immigrazione – ha detto – perché questa globalizzazione
costringe tanta gente ad emigrare verso i Paesi ricchi. Un flusso spesso alla
mercé delle mafie che lucrano su questa tratta delle persone”.
Assieme alla globalizzazione, è l’Africa
l’altra grande protagonista dell’ap-puntamento internazionale di Loreto. E’ dal
continente africano che provengono la gran parte dei migranti, è lì che si
concretizzano i grandi drammi della nostra epoca, anche come conseguenza del
tipo di globalizzazione che si sta imponendo. Guerre, carestie, il flagello
dell’Aids, mietono milioni di morti, spesso tra l’indif-ferenza e l’impotenza
di chi dovrebbe agire e non lo fa, o interviene con misure inadeguate.
Ma come si pone l’Europa di
fronte ai flussi migratori, soprattutto in una fase così delicata,
caratterizzata dall’allargamento dell’Unione Europea e dal tentativo di dare al
nostro continente una costituzione che possa farlo diventare un soggetto sempre
più autorevole nello scenario globale? “Allargamento dell’Europa e migrazioni”
e “Il mercato del lavoro di fronte all’allargamento” sono stati i titoli delle
due tavole rotonde di questa mattina su questi aspetti rilevanti della questione
europea,
Il sesto
Meeting cade a un anno circa dall’introduzione della Bossi-Fini. Domattina si
cercherà di trarre un primo bilancio, mettendo a confronto operatori del
volontariato, imprenditori, rappresentanti del Governo per fare il punto della
situazione, per capire come sia possibile conciliare i necessari controlli su
chi entra in Italia con le esigenze del mondo dell’impresa e, soprattutto, col
rispetto della dignità umana. Rispetto non sempre tenuto in dovuto conto dagli
organi di informazione, a volte troppo inclini
alle esigenze dell’audience e propensi a proporre titoli allarmistici,
pur di catturare l’attenzione degli utenti. Il delicato tema di come giornali,
televisione e radio trattano la questione sarà oggetto domani pomeriggio di una
specifica tavola rotonda dal tema: “Mass media e immigrazione: informazione o
disinformazione”, con autorevoli rappresentanti del mondo del giornalismo.
Il
Meeting internazionale di Loreto non si propone soltanto come una settimana ricca di conferenze, dibattiti e seminari,
ma pure come un prezioso spazio dedicato ai giovani, alla loro fantasia, alla
loro capacità di riflettere oltre gli schemi, al di là dei pregiudizi. Grazie a
questa iniziativa, i temi affrontati nelle varie giornate vengono approfonditi
attraverso laboratori tematici, con uno sguardo nuovo ed originale attraverso
metodologie interattive, animate dalla partecipazione e dal coinvolgimento dei
giovani presenti.
Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.
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31 luglio 2003
ROMA. = Da questa mattina le trasmissioni di
“Telepace” nella zona di Roma non sono più ricevibili, in seguito alla
demolizione del traliccio di trasmissione sito a Monte Mario, Parco Mellini. In
una dichiarazione il direttore, mons. Guido Todeschini, fa presente che ciò
avviene dopo 13 anni di servizio gratuito da parte della Emittente, poiché il
Comune di Roma non ha voluto attendere che la Regione Lazio, il ministero delle
Comunicazioni e i sindaci dei Comuni interessati al progetto di
delocalizzazione degli impianti dessero il loro assenso al trasferimento degli
impianti stessi. Mons. Todeschini fa presente di avere da tempo presentato
domanda di trasferimento nel sito di Colle Anfagione, indicato dalla Regione
Lazio come adatto, e di aver avuto la risposta negativa del Sindaco competente.
Il problema non si è dunque risolto per il mancato coordinamento e le contraddizioni
fra le posizioni delle diverse istituzioni. In conseguenza di ciò i
telespettatori della zona di Roma vengono privati di un servizio prezioso che
permette loro di seguire l’attività del Santo Padre e vari altri programmi di
utile formazione e informazione religiosa. Mons. Todeschini ribadisce tuttavia
l’impegno a riattivare al più presto il servizio “costi quello che costi”, e si
dice fiducioso nell’appoggio trovato nel ministro delle Comunicazioni. Anche la
Radio Vaticana – vicina a Telepace per tante forme di vicendevole e preziosa
collaborazione – si augura che la benemerita Emittente possa quanto prima
riprendere la sua feconda attività.
INIZIA DOMANI PER LE
CHIESE ORIENTALI, SIA CATTOLICA CHE ORTODOSSA,
IL PERIODO DI PREPARAZIONE ALLA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE
ROMA. = Il mese d’agosto in tutte le Chiese
d’Oriente – siriaca, copta, etiopica, armena e bizantina – è dedicato con
particolare devozione alla solennità dell’Assunzione delle Beata vergine Maria.
Per questo da oltre dieci secoli, soprattutto le Chiese di rito bizantino, sia
cattolica che ortodossa, nei giorni che precedono l’Assunta, vivono digiunando
e pregando come in Quaresima: l’Assunzione di Maria in anima e corpo in cielo è
infatti la sua Pasqua di gloria. Nei quindici giorni precedenti la solennità, i
fedeli accorrono in chiesa per celebrare la “Paraclisis”, un particolare
ufficio liturgico di supplica e consolazione che chiede alla Vergine di
intercedere presso suo Figlio. Anche a Roma, nella chiesa di Santa Maria in via
Lata, da oltre trent’anni si celebra - adattata
alla sensibilità liturgica occidentale – questa solenne ufficiatura, con canti,
salmi, letture, litanie e alternando ogni due sere le strofe di due antichi
anni bizantini di supplica alla Madre di Dio. La partecipazione a queste
celebrazioni darà modo ai fedeli di respirare, come si augura il Santo Padre,
con i due polmoni della Chiesa, l’Oriente e l’Occidente, e di prepararsi con
gioia all’Assunzione. (M.A.)
INTERVENGA SUBITO IN LIBERIA LA COMUNITÀ
INTERNAZIONALE.
QUESTO L’APPELLO RIVOLTO OGGI DELLA CARITAS
ALL’UNIONE EUROPEA
E ALLE NAZIONI UNITE
ROMA. = L’instabilità politica e
la guerra stanno causando in Liberia un’emergen-za umanitaria che si aggrava
ogni giorno di più. Per questo la Caritas Italia ha rivolto oggi un appello
alla Commissione Europea e alle Nazioni Unite nel quale si chiede il loro
intervento diplomatico. L’organismo umanitario chiede che al più presto avvenga
un intervento di una forza di interposizione tra le parti in conflitto,
affinché venga decretato il cessate-il-fuoco immediato e definitivo per permettere
il soccorso della popolazione. Inoltre la Caritas rileva la necessità di un
ingente intervento umanitario per portare il prima possibile cibo e medicine
alla popolazione stremata e l’urgenza della ripresa dei colloqui di pace e
della ricerca di una soluzione stabile e duratura della crisi. “La totalità del
Paese - si legge nell’appello - vive
uno stato di violenza e di anarchia causato dagli scontri armati tra le truppe
governative e i ribelli. Molte le vittime, centinaia di migliaia gli sfollati e
i rifugiati che lasciano le proprie
terre per i Paesi vicini”. Il direttore di Caritas Liberia, Stanley Sheriff,
attira, invece, l’attenzione sulla mancanza di cibo e acqua potabile che
facilita l’insorgere di malattie intestinali soprattutto tra i bambini ed gli
anziani. Le strutture sanitarie inoltre, sono inutilizzabili perché danneggiate,
prive dei medicinali essenziali e di personale medico. La Caritas, comunque,
nonostante il clima di violenza e i saccheggi che non hanno risparmiato i suoi
magazzini, continua a distribuire generi di prima necessità alla popolazione
sfollata. Ma insicurezza ed instabilità crescenti rendono molto difficile la
prosecuzione delle azioni di aiuto. (M.A.)
LA CHIESA CATTOLICA DEL VENEZUELA HA APPOGGIATO LA
REALIZZAZIONE
DI UN REFERENDUM, PREVISTO DALLA COSTITUZIONE,
PER LA REVOCA DEL MANDATO PRESIDENZIALE DI HUGO
CHAVEZ
CARACAS. = La Chiesa cattolica venezuelana ha deciso
di appoggiare la realizzazione di un processo elettorale, previsto dalla
costituzione, per revocare il mandato del presidente della repubblica, Hugo
Chavez. La decisione è stata comunicato ieri ai giornalisti dal portavoce della
Conferenza episcopale, mons. Pedro Freitas. Secondo i vescovi, il referendum
attraverso il quale è possibile revocare il mandato presidenziale, è l’unica
maniera per uscire dalla crisi politica del Paese. Il sacerdote, a nome della
Chiesa venezuelana, ha invitato le istituzioni statali a rispettare la
costituzione e lo stato di diritto. “E’ arrivato un momento meraviglioso - a detto mons. Freitas - affinché il popolo
venezuelano cominci a riscattare e recuperare la vita che gli corrisponde”. Il
sacerdote ha lanciato, un appello affinché il popolo non ceda alla violenza di
fronte all’instabilità politica del Paese. Il referendum revocatorio permette
di interrompere alla metà il mandato di qualunque governate eletto dal popolo e
la sua convocazione è soggetta ad una serie di requisiti fissati dalla
costituzione. Nel caso di Chavez il processo si potrebbe aprire il prossimo 19
agosto, data che coincide con la metà del periodo di governo. (M.A.)
SEGNI DI PACE NELLE
ISOLE SALOMONE:
I RIBELLI HANNO ANNUNCIATO LA CONSEGNA DELLE ARMI
ALLA FORZA MULTINAZIONALE GUIDATA DAGLI AUSTRALIANI.
HONIARA.
= Passi concreti verso la pace nelle Isole Salomone: il leader delle “Aquile
Malaitiane” (Mef), Jimmy Rasta, ha accettato ieri di consegnare le armi alla
forza multinazionale guidata dagli australiani. Si tratta del primo successo
della missione chiamata dalle autorità delle Isole Salomone a riportare la
sicurezza nel Paese, afflitto dalla guerra civile. Rasta ha affermato che le
armi verranno consegnate il 15 agosto durante una cerimonia rituale presieduta
dalle autorità religiose, come vuole la tradizione dell'isola di Malaita.
Secondo il capo delle milizie, riferisce l’agenzia Misna i suoi uomini avranno
come contropartita la completa immunità. Al riguardo non ci sono, tuttavia,
conferme ufficiali. Mentre Rasta incontrava il coordinatore della missione
multinazionale Nick Warner ad Auki, capoluogo di Mailaita, nella capitale
Honiara si è provveduto ad un rimpasto di governo. Il premier Allan Kemakeza ha
rimosso dal ministero delle finanze Snyder Rini, affidandogli il dicastero
dell’educazione. In tale contesto, la riorganizzazione del dipartimento delle
Finanze delle Isole Salomone è, assieme alla raccolta delle numerose armi
diffuse tra la popolazione, uno dei principali obiettivi della missione
multinazionale di cui fanno parte anche esperti e funzionari oltre che forze
dell’ordine. Nei giorni scorsi, i religiosi dell’arcipelago - riuniti in un
Forum, nella capitale Honiara - hanno ribadito il proprio impegno a collaborare
con le forze di pace per creare nelle Isole Salomone una vita basata sul
rispetto dell’altro, il dialogo, la tolleranza, la giustizia e la non violenza.
Durante l’incontro, si è anche affrontato il problema della difficile
situazione sociale del Paese. (A.G.)
IL CARDINALE AGRÉ LEVA
LA SUA VOCE IN FAVORE
DELLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE IN COSTA D’AVORIO
ABIDJAN. = La situazione in Costa d’Avorio si sta
normalizzando. Il cardinale arcivescovo di Abidjan, Bernard Agré, intervenuto
ad inizio settimana ad un congresso nella capitale ivoriana, ha espresso alcune
considerazioni sulla rinascita del Paese dopo la crisi degli ultimi 10 mesi. “Non solo aperta e solidale – ha detto il porporato
in riferimento alla nuova generazione di ivoriani chiamati a ricostruire il
Paese - ma anche meno tentennante e più determinata a darsi da fare, a costo di
sbagliare”. Un invito particolare è stato rivolto ai cristiani esortati ad
essere più lavoratori, perseveranti, solidali nel rispetto scrupoloso
dell’etica, per costruire insieme agli altri, sullo stesso terreno, una società
più sviluppata ed equilibrata. Proprio per questo, in un’intervista rilasciata
al quotidiano “Fraternité Matin” in occasione del suo 50. mo anno
di sacerdozio, il porporato africano ha lodato
la buone relazioni tra cristiani e musulmani nel Paese. “In
Costa d’Avorio – ha detto il cardinale Agré - non ci sono guerre di religione
tra musulmani e cristiani. Abbiamo creato un forum di confessioni religiose, ci
incontriamo molto spesso, soprattutto se c’è qualcosa di molto importante da
discutere”. Secondo il cardinale Agré, il vero problema in Costa d’Avorio sono
i politici che hanno manipolato le religioni per creare una guerra nel Paese.
Non meno fermo è il giudizio sulla comunità internazionale: “Se i Paesi che
vogliono aiutarci giocassero pulito – afferma il porporato – invece di difendere
unicamente il loro interesse, non saremmo a questo punto”. (M.A.)
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31 luglio 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco e Massimo Donaddio -
In Liberia sono sempre più
drammatiche le condizioni di vita della popolazione civile: circa 52 mila
profughi, stipati all’inverosimile nello stadio di Monrovia, aspettano da
diversi giorni i soccorsi. A causa dei combattimenti in corso infatti, l’ultimo
rifornimento di viveri, da parte della Croce Rossa, è arrivato soltanto lo
scorso 18 luglio. Ma la tragica situazione del Paese, dove gli scontri tra i ribelli
e le forze governative sono proseguiti anche la scorsa notte, sembra aver finalmente
trovato una risposta concreta da parte della comunità internazionale. Gli Stati
Uniti hanno infatti presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
una bozza di risoluzione che autorizza, in Liberia, il dispiegamento di una
forza internazionale di pace. Per i particolari, il servizio di Giulio
Albanese:
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Una squadra di ufficiali guidata
dal generale nigeriano, che comanderà la forza di interposizione, è sbarcata
ieri nella capitale liberiana, Monrovia, per effettuare una ricognizione in
vista del dispiegamento dei 3 mila peacekeeper africani su cui potrà
contare la missione di pace. Anche se in ritardo rispetto alla tabella di
marcia, la comunità internazionale sembra così essere finalmente pronta a
rispondere ai costanti appelli lanciati nelle ultime settimane dalle migliaia
di liberiani disperati che affollano la capitale, teatro della più violenta
offensiva mai portata avanti dalla ribellione. Ieri, però, i combattimenti sono
proseguiti senza sosta su tutti i fronti. Alla battaglia nel centro di Monrovia
si sono aggiunti combattimenti segnalati a Gbarnga, storica roccaforte del presidente
Taylor e a Ganta, altro strategico centro abitato. Intanto a Buchanan le forze fedeli a Taylor hanno
lanciato ieri la loro controffensiva per cercare di strappare la città al
controllo del ‘movimento per la democrazia’ in Liberia che l’aveva conquistata
nei giorni scorsi.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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È di almeno 30 morti il bilancio del crollo di una diga in
Afghanistan. La tragedia, da poco resa pubblica da fonti locali, è avvenuta
martedì scorso nella valle del Panshir, a nordest di Kabul: l’acqua ha spazzato
via un villaggio ai piedi della catena montuosa dell’Hindu Kush. Sempre
nell’Est del Paese, si segnalano nuovi scontri tra le truppe americane e la
guerriglia locale: almeno tre miliziani armati sarebbero stati uccisi dai
soldati statunitensi nei pressi della base di Asadabad, vicino al confine con
il Pakistan.
Sembra davvero non interrompersi
l’ormai lunga catena di attacchi antiamericani nell’Iraq del dopo Saddam
Hussein. Un militare è morto ed altri due sono stati feriti in un agguato
portato ieri sera contro un centro operativo tattico delle forze statunitensi,
ad una quarantina di chilometri ad Est di Baaquba, nella provincia di Diyala,
al confine con l’Iran. Quattro altri soldati sono stati invece feriti oggi in un
attacco sull’autostrada nei pressi dell’aeroporto di Baghdad. Sul versante
politico è da registrare la nomina del primo presidente del governo transitorio,
creato dall’amministrazione americana. Si tratta di Ibrahim Al-Jaafari,
portavoce del partito sciita iracheno Al-Dawa. Per i prossimi giorni, poi, la
priorità sarà la formazione di una commissione per la stesura della
Costituzione. Il presidente americano, George Bush, dalla Casa Bianca, ha
invitato, inoltre, a non abbassare la guardia nei confronti del terrorismo: la
minaccia di Al Qaeda potrebbe infatti ripresentarsi con possibili, nuovi
attentati. Ce lo conferma Paolo Mastrolilli:
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La minaccia di Al Qaeda è reale,
lo ha detto ieri il presidente americano Bush commentando l’allarme dell’intelligence
su possibili nuovi dirottamenti e attentati anche in Italia ed ha confermato
che il rischio è serio e la guerra al terrorismo continua. Bush ha usato
l’occasione per rispondere alle critiche a tutto campo. Il presidente ha detto
che la caccia a Saddam Hussein continua ed oggi la sua cattura è più vicina di
ieri ed ha aggiunto che in 3 mesi sono già stati compiuti progressi importanti
per stabilizzare l’Iraq. Il capo della Casa Bianca si è assunto la
responsabilità personale per alcune denunce non confermate, come quella sul
tentato acquisto da parte di Baghdad di uranio arricchito, in Africa, per
costruire armi atomiche, ma ha difeso la sua consigliera Condoleeza Rice che
avrebbe dovuto vagliare le informazioni ed ha ribadito che Saddam era una minaccia
da eliminare. Bush ha sottolineato che la sua rimozione facilita la pace in
Medio Oriente dicendosi incoraggiato dai progressi nel dialogo tra israeliani e
palestinesi e ribadendo l’obiettivo di far nascere il nuovo Stato entro il
2005.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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“L’obiettivo della creazione di
uno Stato palestinese nel 2005, così come previsto dalla ‘Road map’ è
assolutamente realistico”. Lo ha dichiarato, ieri, il presidente degli Stati
Uniti, George Bush, manifestando anche la propria soddisfazione per gli sforzi
finora compiuti dal premier palestinese, Abu Mazen, nella pianificazione di un
autentico processo di pace in Medio Oriente. Ma il dialogo israelo-palestinese
ha intanto subìto un nuovo rallentamento. Si è infatti concluso senza risultati
concreti l’incontro della scorsa notte, avvenuto nei pressi di Gerusalemme, fra
il ministro israeliano della difesa, Shaul Mofaz, ed il ministro palestinese
per la sicurezza, Mohammed Dahlan. Il servizio di Graziano Motta:
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Mofaz ha detto che la questione
del ritiro dei soldati da altre due città della Cisgiordania, apparentemente
Kalkiliya e Gerico, anche se Dahlan ha insistito per Ramallah, necessita di un
esame più approfondito, perché i palestinesi non hanno risposto ancora alle
esigenze israeliane in materia di sicurezza ed in particolare sullo
smantellamento delle organizzazioni della rivolta impegnate in attentati
terroristici. Dahlan da parte sua ha affermato che i palestinesi rispetteranno
alla lettera gli impegni definiti dalla ‘Road Map’ e quelli che
scaturiscono dalla tregua fissati con Hamas e la Jihad islamica. In precedenza,
in un’intervista a Ramallah, egli aveva detto che l’autorità palestinese non
intende arrestare i dirigenti attivisti di queste organizzazioni, né
combatterli fin quando rispetteranno il cessate-il-fuoco. Anche il primo
ministro Abu Mazen ha sostenuto che tutte le organizzazioni palestinesi debbano
giocare al gioco politico come avviene in ogni Paese. Questo in risposta a Sharon
che in un’intervista televisiva in America ha escluso che Hamas e la Jihad
possano divenire dei partiti politici. Sharon ha inoltre detto che un vero
accordo di pace non si realizzerà fino a quando Arafat controllerà le forze di
sicurezza e boicotterà gli sforzi di pace del suo primo ministro.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Il
governo peruviano ha presentato ufficialmente al Giappone la richiesta di
estradizione dell'ex presidente Fujimori, accusato in patria dei reati di strage
e violazione dei diritti umani. La richiesta, corredata da una documentazione
di oltre 700 pagine, e' stata consegnata stamani dall'ambasciatore peruviano al
ministero degli esteri giapponese. Estromesso dal potere e dichiarato decaduto,
Fujimori nel 2000 si é rifugiato in Giappone, terra di origine della sua
famiglia.
Rilascio immediato e incondizionato, da parte del governo
birmano, del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, e di altri attivisti
dell’opposizione arrestati recentemente nel Paese del sud-est asiatico. E’
questa la richiesta fondamentale che proviene dal rapporto che Amnesty International
ha tracciato sulla situazione della Birmania, attualmente governata da un
regime militare. L’orga-nizzazione manifesta preoccupazione per lo stato di
amministrazione della giustizia, per i circa 1.300 detenuti politici nonché per
la mancanza di sufficienti diritti di espressione. Da registrare che tutta la
comunità internazionale si attende che San Suu Kyi venga al più presto
liberata.
L’economia della zona euro è destinata a rimanere debole
nel 2003, ma nel 2004 potrebbe registrare un’accelerazione, fino a raggiungere
un tasso di crescita del 2 per cento. E’ quanto osserva l’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che ha diffuso oggi il rapporto
sulla situazione e le prospettive economiche dell’Unione europea. L’Ocse fa
anche notare peraltro che la ripresa economica dovrà scontrarsi ancora per
qualche tempo con alcuni “venti contrari”.
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